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Document 62013CJ0648

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 30 giugno 2016.
Commissione europea contro Repubblica di Polonia.
Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Azione dell’Unione europea in materia di acque – Direttiva 2000/60/CE – Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali – Piani di gestione dei bacini idrografici.
Causa C-648/13.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:490

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

30 giugno 2016 ( *1 )

«Inadempimento di uno Stato — Ambiente — Azione dell’Unione europea in materia di acque — Direttiva 2000/60/CE — Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali — Piani di gestione dei bacini idrografici»

Nella causa C‑648/13,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 6 dicembre 2013,

Commissione europea, rappresentata da K. Herrmann e E. Manhaeve, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, K. Majcher e M. Drwięcki, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da F. Biltgen, presidente della Decima Sezione, facente funzione di presidente della Sesta Sezione, M. Berger (relatore) e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 gennaio 2015,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, non trasponendo totalmente o correttamente gli articoli 2, punti 19, 20, 26 e 27, 8, paragrafo 1, 9, paragrafo 2, 10, paragrafo 3, e 11, paragrafo 5, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327, pag. 1, e, per rettifica, GU 2006, L 113, pag. 26), come modificata dalla direttiva 2008/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008 (GU L 81, pag. 60; in prosieguo: la «direttiva 2000/60»), nonché i punti 1.3, 1.3.4, 1.3.5, 1.4 e 2.4.1 dell’allegato V di detta direttiva e la parte A, punti da 7.2 a 7.10, dell’allegato VII della stessa, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi a essa incombenti in forza di tali disposizioni e dell’articolo 24 della medesima direttiva.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

2

L’articolo 2 della direttiva 2000/60, intitolato «Definizioni», prevede ai suoi punti 19, 20, 26 e 27:

«(...)

19

“stato delle acque sotterranee”: espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;

20)

“buono stato delle acque sotterranee”: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno “buono”;

(...)

26)

“stato quantitativo”: espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;

27)

“risorse idriche sotterranee disponibili”: velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all’articolo 4, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;

(...)».

3

L’articolo 4 della direttiva 2000/60, intitolato «Obiettivi ambientali», così dispone:

«1.   Nel rendere operativi i programmi di misure specificate nei piani di gestione dei bacini idrografici:

a)

Per le acque superficiali

i)

gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali, fatta salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e fermo restando il paragrafo 8;

ii)

gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici superficiali, salva l’applicazione del punto iii) per i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;

iii)

gli Stati membri proteggono e migliorano tutti i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;

iv)

gli Stati membri attuano le misure necessarie a norma dell’articolo 16, paragrafo 1, e dell’articolo 16, paragrafo 8, al fine di ridurre progressivamente l’inquinamento causato dalle sostanze prioritarie e arrestare o eliminare gradualmente le emissioni, gli scarichi e le perdite di sostanze pericolose prioritarie,

fermi restando, per le parti interessate, i pertinenti accordi internazionali di cui all’articolo 1.

b)

Per le acque sotterranee

i)

gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire o limitare l’immissione di inquinanti nelle acque sotterranee e per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici sotterranei, salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8 del presente articolo e salva l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera j);

ii)

gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano i corpi idrici sotterranei, e assicurano un equilibrio tra l’estrazione e il ravvenamento delle acque sotterranee al fine di conseguire un buono stato delle acque sotterranee in base alle disposizioni di cui all’allegato V, entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, salvo il paragrafo 8 e salva l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera [j]);

iii)

gli Stati membri attuano le misure necessarie a invertire le tendenze significative e durature all’aumento della concentrazione di qualsiasi inquinante derivante dall’impatto dell’attività umana per ridurre progressivamente l’inquinamento delle acque sotterranee.

Le misure volte a conseguire l’inversione di tendenza vengono attuate a norma dell’articolo 17, paragrafi 2, 4 e 5, tenendo conto degli standard applicabili stabiliti nella pertinente normativa comunitaria, fatta salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8.

c)

Per le aree protette

gli Stati membri si conformano a tutti gli standard e agli obiettivi entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salvo diversa disposizione della normativa comunitaria a norma della quale le singole aree protette sono state istituite.

2.   Quando un corpo idrico è interessato da più di uno degli obiettivi di cui al paragrafo 1, si applica quello più rigoroso.

3.   Gli Stati membri possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

a)

le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:

i)

sull’ambiente in senso più ampio,

ii)

sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o il diporto;

iii)

sulle attività per le quali l’acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l’irrigazione,

iv)

sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo, o

v)

su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;

b)

i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi i quali rappresentino un’opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

Tali designazioni e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di gestione dei bacini idrografici prescritti dall’articolo 13 e sono riesaminate ogni sei anni.

4.   A condizione che non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico in questione, è possibile prorogare i termini fissati dal paragrafo 1 allo scopo di conseguire gradualmente gli obiettivi per quanto riguarda i corpi idrici, [qualora] sussistano tutte le seguenti condizioni:

a)

gli Stati membri stabiliscono che tutti i miglioramenti necessari dello stato dei corpi idrici non possono essere ragionevolmente raggiunti entro i termini fissati nel suddetto paragrafo per almeno uno dei seguenti motivi:

i)

la portata dei miglioramenti necessari può essere attuata, per motivi di realizzabilità tecnica, solo in fasi che superano il periodo stabilito;

ii)

il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente costoso;

iii)

le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato del corpo idrico nei tempi richiesti;

b)

la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate e spiegate nel piano di gestione dei bacini idrografici prescritto dall’articolo 13;

c)

le proroghe non superano il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico, tranne i casi in cui le condizioni naturali non consentono di conseguire gli obiettivi entro tale periodo;

d)

nel piano di gestione del bacino idrografico figurano un elenco delle misure previste dall’articolo 11 e considerate necessarie affinché i corpi idrici raggiungano progressivamente lo stato richiesto entro il termine prorogato, la giustificazione di ogni significativo ritardo nell’attuazione di tali misure, nonché il relativo calendario di attuazione. Negli aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico devono essere inclusi un riesame dell’attuazione di tali misure e un elenco delle eventuali misure aggiuntive.

5.   Gli Stati membri possono prefiggersi di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli previsti dal paragrafo 1, per corpi idrici specifici, qualora, a causa delle ripercussioni dell’attività umana, definita ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, o delle loro condizioni naturali, il conseguimento di tali obiettivi sia non fattibile o esageratamente oneroso, e ricorrano le seguenti condizioni:

a)

i bisogni ambientali e socioeconomici cui sono finalizzate dette attività umane del corpo idrico non possono essere soddisfatti con altri mezzi i quali rappresentino un’opzione significativamente migliore sul piano ambientale e tale da non comportare oneri esagerati;

b)

gli Stati membri garantiscono:

per le acque superficiali, il raggiungimento del migliore stato ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non avrebbero potuto ragionevolmente essere evitati data la natura dell’attività umana o dell’inquinamento,

per le acque sotterranee, le minime modifiche possibili [al buono] stato delle acque sotterranee, tenuto conto degli impatti che non avrebbero potuto ragionevolmente essere evitati data la natura dell’attività umana o dell’inquinamento;

c)

non si verifica alcun ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico in questione;

d)

gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni.

6.   Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali [o] ragionevolmente imprevedibili, in particolare alluvioni violente e siccità prolungate, o in esito a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non costituisce una violazione delle prescrizioni della presente direttiva, purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a)

è fatto tutto il possibile per impedire un ulteriore deterioramento dello stato e per non compromettere il raggiungimento degli obiettivi della presente direttiva in altri corpi idrici non interessati da dette circostanze;

b)

il piano di gestione del bacino idrografico prevede espressamente le situazioni in cui possono essere dichiarate dette circostanze ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;

c)

le misure da adottare quando si verificano tali circostanze eccezionali sono contemplate nel programma di misure e non compromettono il ripristino della qualità del corpo idrico una volta superate le circostanze in questione;

d)

gli effetti delle circostanze eccezionali o imprevedibili sono sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui al paragrafo 4, lettera a), è fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente agli effetti di tali circostanze;

e)

una sintesi degli effetti delle circostanze e delle misure adottate o da adottare a norma delle lettere a) e d) [è] inserita nel successivo aggiornamento del piano di gestione del bacino idrografico.

7.   Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:

il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o

l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,

purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a)

è fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

b)

le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;

c)

le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e

d)

per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.

8.   Gli Stati membri, nell’applicare i paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7, assicurano che l’applicazione non pregiudichi la realizzazione degli obiettivi della presente direttiva in altri corpi idrici dello stesso distretto idrografico e che essa sia coerente con l’attuazione di altri atti normativi comunitari in materia di ambiente.

9.   È necessario prendere provvedimenti per garantire che l’applicazione delle nuove disposizioni, inclusa l’applicazione dei paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7, garantisca almeno il medesimo livello di protezione rispetto alla vigente legislazione comunitaria».

4

L’articolo 8 della direttiva 2000/60, rubricato «Monitoraggio dello stato delle acque superficiali, dello stato delle acque sotterranee e delle aree protette», al paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono a elaborare programmi di monitoraggio dello stato delle acque al fine di definire una visione coerente e globale dello stato delle acque all’interno di ciascun distretto idrografico:

nel caso delle acque superficiali, i programmi in questione riguardano

i)

il volume e il livello o la proporzione del flusso idrico nella misura adeguata ai fini dello stato ecologico e chimico e del potenziale ecologico

ii)

lo stato ecologico e chimico e il potenziale ecologico

nel caso delle acque sotterranee, riguardano il monitoraggio dello stato chimico e quantitativo,

nel caso delle aree protette, i suddetti programmi sono integrati dalle specifiche contenute nella normativa comunitaria in base alla quale le singole aree protette sono state create».

5

L’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2000/60 così recita:

«1.   Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base all’allegato III e, in particolare, secondo il principio “chi inquina paga”.

Gli Stati membri provvedono entro il 2010:

a che le politiche dei prezzi dell’acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della presente direttiva,

a un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell’analisi economica effettuata secondo l’allegato III e tenendo conto del principio “chi inquina paga”.

Al riguardo, gli Stati membri possono tener conto delle ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione.

2.   Nei piani di gestione dei bacini idrografici, gli Stati membri riferiscono circa i passi previsti per attuare il paragrafo 1 che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi ambientali della presente direttiva, nonché circa il contributo dei vari settori di impiego dell’acqua al recupero dei costi dei servizi idrici».

6

L’articolo 10 della direttiva 2000/60, rubricato «Approccio combinato per le fonti puntuali e diffuse», così dispone:

«1.   Gli Stati membri garantiscono che tutti gli scarichi nelle acque superficiali, di cui al paragrafo 2, siano controllati secondo l’approccio combinato indicato nel presente articolo.

2.   Gli Stati membri provvedono all’istituzione e/o alla realizzazione dei:

a)

controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili,

b)

controlli dei pertinenti valori limite di emissione,

c)

in caso di impatti diffusi, controlli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali,

stabiliti:

nella direttiva 96/61/CEE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento [GU L 257, pag. 26],

nella direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane [GU L 135, pag. 40],

nella direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole [GU L 375, pag. 1],

nelle direttive adottate a norma dell’articolo 16 della presente direttiva,

nelle direttive elencate nell’allegato IX,

in ogni altra normativa comunitaria pertinente,

entro 12 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salvo diversa indicazione della normativa in questione.

3.   Qualora un obiettivo di qualità o uno standard di qualità, stabilito a norma della presente direttiva, delle direttive elencate nell’allegato IX o di ogni altra normativa comunitaria, prescriva requisiti più severi di quelli che risulterebbero dall’applicazione del paragrafo 2, sono fissati di conseguenza controlli più rigidi sulle emissioni».

7

L’articolo 11 della direttiva 2000/60, rubricato «Programma di misure», al suo paragrafo 5, così prevede:

«Allorché i dati del monitoraggio o dati di altro tipo indicano che il raggiungimento degli obiettivi enunciati all’articolo 4 per il corpo idrico considerato è improbabile, gli Stati membri assicurano che:

si indaghi sulle cause delle eventuali carenze,

siano esaminati e riveduti, a seconda delle necessità, i pertinenti permessi e autorizzazioni,

siano riesaminati e adattati, a seconda delle necessità, programmi di monitoraggio,

siano stabilite le misure supplementari eventualmente necessarie per consentire il raggiungimento di detti obiettivi, compresa la fissazione di appropriati standard di qualità ambientale secondo le procedure di cui all’allegato V.

Allorché le cause in questione derivano da circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e tali da non poter essere ragionevolmente previste, in particolare alluvioni violente e siccità prolungate[,] lo Stato membro può decretare che le misure supplementari non sono applicabili, fatto salvo l’articolo 4, paragrafo 6».

8

I punti 1.3, 1.3.4, 1.3.5, 1.4 e 2.4.1 dell’allegato V della direttiva 2000/60 prevedono quanto segue:

«1.3. Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali

La rete di monitoraggio delle acque superficiali è istituita a norma dei requisiti dell’articolo 8. Essa è progettata in modo da fornire una panoramica coerente e complessiva dello stato ecologico e chimico all’interno di ciascun bacino idrografico e permettere la classificazione dei corpi idrici in cinque classi, secondo le definizioni normative di cui alla sezione 1.2. Gli Stati membri forniscono una o più mappe indicanti la rete di monitoraggio delle acque superficiali nel piano di gestione dei bacini idrografici.

In base alla caratterizzazione e alla valutazione dell’impatto svolte a norma dell’articolo 5 e all’allegato II, gli Stati membri definiscono, per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione dei bacini idrografici, un programma di monitoraggio di sorveglianza e un programma di monitoraggio operativo. In taluni casi può essere necessario istituire anche programmi di monitoraggio d’indagine.

Gli Stati membri sorvegliano i parametri indicativi dello stato di ogni elemento di qualità pertinente. Nel selezionare i parametri relativi agli elementi di qualità biologica, gli Stati membri individuano il livello tassonomico appropriato per ottenere la necessaria attendibilità e precisione nella classificazione degli elementi di qualità. Nel piano sono fornite stime del livello di attendibilità e precisione dei risultati garantito dai programmi di monitoraggio.

(...)

1.3.4. Frequenza temporale del monitoraggio

Nel periodo coperto dal monitoraggio di sorveglianza vanno applicate le frequenze sottoindicate per il monitoraggio dei parametri indicativi degli elementi di qualità fisico-chimica, a meno che le conoscenze tecniche e le perizie degli esperti non giustifichino intervalli più lunghi. Riguardo agli elementi di qualità biologica o idromorfologica, il monitoraggio è effettuato almeno una volta nell’arco del periodo coperto dal monitoraggio di sorveglianza.

Nell’ambito del monitoraggio operativo, gli Stati membri fissano per ciascun parametro una frequenza di monitoraggio che garantisca dati sufficienti a delineare una valutazione attendibile dello stato del pertinente elemento qualitativo. In linea di massima, il monitoraggio è effettuato a intervalli non superiori a quelli indicati nella tabella in appresso, a meno che le conoscenze tecniche e le perizie degli esperti non giustifichino intervalli più lunghi.

Le frequenze sono scelte in modo da garantire un livello accettabile di attendibilità e precisione. Il livello di attendibilità e precisione conseguito dal sistema di monitoraggio è definito nel piano di gestione del bacino idrografico.

Per il monitoraggio sono fissate frequenze che tengono conto della variabilità dei parametri derivante da condizioni sia naturali che antropiche. Il momento in cui effettuare il monitoraggio è scelto in modo da minimizzare l’incidenza delle variazioni stagionali sul risultato ed assicurare quindi che quest’ultimo rispecchi i mutamenti intervenuti nel corpo idrico a seguito di cambiamenti dovuti alla pressione antropica. Per conseguire quest’obiettivo sono effettuati, se necessario, monitoraggi supplementari in stagioni diverse del medesimo anno.

Elementi di qualitàFiumiLaghiAcque di transizioneAcque costiereBiologicaFitoplancton6 mesi6 mesi6 mesi6 mesiAltra flora acquatica3 anni3 anni3 anni3 anniMacroinvertebrati3 anni3 anni3 anni3 anniPesci3 anni3 anni3 anniIdromorfologicaContinuità6 anniIdrologiacontinuo1 meseMorfologia6 anni6 anni6 anni6 anniFisico-chimicaCondizioni termiche3 mesi3 mesi3 mesi3 mesiOssigenazione3 mesi3 mesi3 mesi3 mesiSalinità3 mesi3 mesi3 mesiStato dei nutrienti3 mesi3 mesi3 mesi3 mesiStato di acidificazione3 mesi3 mesiAltri inquinanti3 mesi3 mesi3 mesi3 mesiSostanze prioritarie1 mese1 mese1 mese1 mese

1.3.5. Requisiti supplementari per il monitoraggio delle aree protette

I programmi di monitoraggio di cui sopra sono integrati per garantire il soddisfacimento dei requisiti seguenti.

Punti di estrazione per la produzione di acqua potabile

I corpi idrici superficiali individuati a norma dell’articolo 7 che forniscono in media più di 100 m3 al giorno sono designati come siti di monitoraggio e sono sottoposti all’eventuale monitoraggio supplementare necessario al soddisfacimento dei requisiti dell’articolo 8. Il monitoraggio in tali corpi riguarda tutti gli scarichi di sostanze prioritarie e gli scarichi in quantità significativa di qualsiasi altra sostanza che possano incidere sullo stato del corpo idrico e che vengono controllati a norma della direttiva sull’acqua potabile. Il monitoraggio segue le frequenze indicate nella tabella seguente.

Comunità servitaFrequenza< 100004 volte l’annoda 10000 a 300008 volte l’anno> 3000012 volte l’anno

Aree di protezione dell’habitat e delle specie

I corpi idrici che formano queste aree sono compresi nel programma di monitoraggio operativo di cui sopra se, in base alla valutazione dell’impatto e al monitoraggio di sorveglianza, si reputa che essi rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4. È effettuato il monitoraggio per valutare la grandezza e l’impatto di tutte le pertinenti pressioni significative esercitate su detti corpi e, se necessario, per rilevare le variazioni del loro stato conseguenti ai programmi di misure. Il monitoraggio prosegue finché le aree non soddisfano i requisiti in materia di acque sanciti dalla normativa in base alla quale esse sono designate e finché non sono raggiunti gli obiettivi di cui all’articolo 4.

(...)

1.4. Classificazione e presentazione dello stato ecologico

1.4.1. Comparabilità dei risultati del monitoraggio biologico

i)

Gli Stati membri istituiscono dei sistemi di monitoraggio per stimare i valori degli elementi di qualità biologica specificati per ciascuna categoria di acque superficiali o per i corpi idrici superficiali fortemente modificati o artificiali. Nell’applicare ai corpi idrici fortemente modificati o artificiali la procedura sotto esposta, i riferimenti allo stato ecologico vanno intesi come riferimenti al potenziale ecologico. Tali sistemi possono basarsi su determinate specie o gruppi di specie rappresentativi dell’elemento qualitativo nel suo complesso.

ii)

Ai fini della classificazione dello stato ecologico e per assicurare la comparabilità dei sistemi di monitoraggio, i risultati conseguiti in ciascuno Stato membro in base al sistema applicato sono espressi come rapporti di qualità ecologica. Questi rapportano i valori dei parametri biologici riscontrati in un dato corpo idrico superficiale a quelli constatabili nelle condizioni di riferimento applicabili al medesimo corpo. Il rapporto è espresso come valore numerico compreso tra 0 e 1: i valori prossimi a 1 tendono allo stato ecologico elevato, quelli prossimi a 0 allo stato ecologico cattivo.

iii)

Per ciascuna categoria di acque superficiali, ogni Stato membro suddivide la gamma dei rapporti di qualità ecologica nel sistema di monitoraggio in cinque classi, che spaziano dallo stato ecologico elevato a quello cattivo, come definito al punto 1.2, assegnando un valore numerico a ciascuna delimitazione tra le classi. Il valore corrispondente alla delimitazione tra stato “elevato” e “buono” e quello tra stato “buono” e “sufficiente” sono fissati mediante l’operazione di intercalibrazione descritta in appresso.

iv)

La Commissione contribuisce all’operazione di intercalibrazione al fine di assicurare che le classi siano delimitate secondo le definizioni normative di cui al punto 1.2 e siano comparabili tra i vari Stati membri.

v)

In questo contesto la Commissione agevola tra gli Stati membri uno scambio di informazioni che consenta di individuare, in ciascuna ecoregione della Comunità, la serie di siti che formerà la rete di intercalibrazione. Questa è composta di siti selezionati all’interno della gamma dei tipi di corpo idrico superficiale presenti in ciascuna ecoregione. Per ogni tipo di corpo idrico superficiale selezionato, la rete comprende almeno due siti corrispondenti al valore di delimitazione fra le definizioni normative di stato “elevato” e “buono” e almeno due siti corrispondenti a quello tra “buono” e “sufficiente”. I siti sono selezionati mediante una perizia di esperti basata su ispezioni congiunte e su tutte le altre informazioni disponibili.

vi)

Ogni sistema di monitoraggio degli Stati membri è applicato ai siti della rete di intercalibrazione che si trovano nell’ecoregione interessata e contemporaneamente appartengono a uno dei tipi di corpo idrico superficiale cui il sistema è destinato a norma dei requisiti della presente direttiva. I risultati conseguenti a quest’applicazione sono utilizzati per fissare i valori numerici relativi alle corrispondenti delimitazioni tra le classi in ciascun sistema di monitoraggio degli Stati membri.

vii)

La Commissione compila una bozza di registro dei siti destinati a formare la rete di intercalibrazione. Il registro definitivo dei siti è compilato secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 21, paragrafo 2.

viii)

La Commissione e gli Stati membri completano l’operazione di intercalibrazione entro 18 mesi dalla pubblicazione del registro definitivo.

ix)

i risultati dell’operazione di intercalibrazione e i valori fissati per le classificazioni adottate nei sistemi di monitoraggio degli Stati membri a norma dei punti da i) a viii) e intesi a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottati secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 21, paragrafo 3, e pubblicati entro sei mesi dal completamento dell’operazione di intercalibrazione.

1.4.2. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato e del potenziale ecologici

i)

Per le varie categorie di acque superficiali, lo stato ecologico del corpo idrico in questione è classificato in base al più basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio biologico e fisico-chimico relativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la prima colonna della tabella qui riportata. Per ciascun distretto idrografico gli Stati membri forniscono una mappa che riporta la classificazione dello stato ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella seconda colonna della medesima tabella per rispecchiare la classificazione dello stato ecologico del corpo idrico.

Classificazione dello stato ecologicoSchema cromaticoelevatoblubuonoverdesufficientegialloscarsoarancionecattivorosso

ii)

Per i corpi idrici fortemente modificati o artificiali, il potenziale ecologico del corpo idrico in questione è classificato in base al più basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio biologico e fisico-chimico relativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la prima colonna della tabella qui riportata. Per ciascun distretto idrografico gli Stati membri forniscono una mappa che riporta la classificazione del potenziale ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato, per i corpi idrici artificiali, nella seconda colonna della medesima tabella e, per quelli fortemente modificati, nella terza.

Classificazione del potenziale ecologico

Schema cromatico

Corpi idrici artificiali

Corpi idrici fortemente modificati

buono e oltre

rigatura uniforme verde e grigio chiaro

rigatura uniforme verde e grigio scuro

sufficiente

rigatura uniforme giallo e grigio chiaro

rigatura uniforme giallo e grigio scuro

scarso

rigatura uniforme arancione e grigio chiaro

rigatura uniforme arancione e grigio scuro

cattivo

rigatura uniforme rosso e grigio chiaro

rigatura uniforme rosso e grigio scuro

iii)

Gli Stati membri indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui lo stato o il buon potenziale ecologico non è stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità ambientale fissati per il corpo idrico in questione relativamente a determinati inquinanti sintetici e non sintetici (secondo il regime di conformità previsto dallo Stato membro).

1.4.3. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato chimico

Il corpo idrico che soddisfa tutti gli standard di qualità ambientale fissati nell’allegato IX, all’articolo [16] e ai sensi di altri pertinenti atti normativi comunitari che fissano standard di qualità ambientale è classificato “in buono stato chimico”. In caso negativo, il corpo è classificato come corpo cui non è riconosciuto il buono stato chimico.

(...)

2.4. Monitoraggio dello stato chimico delle acque sotterranee

2.4.1. Rete di monitoraggio delle acque sotterranee

La rete di monitoraggio delle acque sotterranee è istituita a norma dei requisiti degli articoli 7 e 8. Essa è progettata in modo da fornire una panoramica coerente e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee all’interno di ciascun bacino idrografico e da rilevare eventuali tendenze antropiche ascendenti a lungo termine riguardo agli inquinanti.

In base alla caratterizzazione e alla valutazione dell’impatto svolte a norma dell’articolo 5 e dell’allegato II, gli Stati membri definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione del bacino idrografico. I risultati del programma sono utilizzati per elaborare un programma di monitoraggio operativo da applicare per il restante periodo coperto dal piano.

Il piano riporta le stime sul livello di attendibilità e precisione dei risultati ottenuti con i programmi di monitoraggio.

(...)».

9

L’allegato VII della direttiva 2000/60, intitolato «Piani di gestione dei bacini idrografici», nella parte A, punti da 7.2 a 7.10, così dispone:

«A.

I piani di gestione dei bacini idrografici comprendono i seguenti elementi.

(...)

7.2.

Relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate in applicazione del principio del recupero dei costi dell’utilizzo idrico in base all’articolo 9.

7.3.

Sintesi delle misure adottate per soddisfare i requisiti di cui all’articolo 7.

7.4.

Sintesi dei controlli sull’estrazione e l’arginamento delle acque, con rimando ai registri e specificazione dei casi in cui sono state concesse esenzioni a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera e).

7.5.

Sintesi dei controlli decisi per gli scarichi in fonti puntuali e per altre attività che producono un impatto sullo stato delle acque a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, lettere g) e i).

7.6.

Specificazione dei casi in cui sono stati autorizzati, a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera j), scarichi diretti nelle acque sotterranee.

7.7.

Sintesi delle misure adottate a norma dell’articolo 16 sulle sostanze prioritarie.

7.8.

Sintesi delle misure adottate per prevenire o ridurre l’impatto degli episodi di inquinamento accidentale.

7.9.

Sintesi delle misure adottate ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 5, per i corpi idrici per i quali il raggiungimento degli obiettivi enunciati all’articolo 4 è improbabile,

7.10.

Particolari delle misure supplementari ritenute necessarie per il conseguimento degli obiettivi ambientali fissati.

(...)».

Il diritto polacco

La legge in materia di acque

10

L’articolo 113 della legge in materia di acque del 18 luglio 2001 (Dz. U. del 2001, n. 115, posizione 1229), nella versione applicabile al 28 agosto 2010 (in prosieguo: la «legge in materia di acque»), così dispone:

«(...)

4.   Il registro delle aree protette comprende elenchi:

1)

delle aree designate per l’estrazione di acque per la fornitura di acqua potabile alla popolazione,

2)

delle aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico,

3)

dei corpi idrici intesi a scopo ricreativo, nonché come acque di balneazione,

4)

delle aree sensibili all’eutrofizzazione dovuta all’inquinamento proveniente da fonti urbane,

5)

delle aree vulnerabili all’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole,

6)

delle aree designate per la protezione degli habitat o delle specie conformemente alla legge sulla protezione della natura, e nelle quali mantenere o migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione.

(...)».

11

L’articolo 113a della legge in materia di acque prevede quanto segue:

«(...)

2.   Le misure di base di cui al paragrafo 1 sono dirette a soddisfare i requisiti minimi e comprendono:

(...)

2)

azioni volte ad attuare il principio del recupero dei costi dei servizi idrici,

(...)

4.   In sede di elaborazione del programma nazionale idro-ambientale, occorre svolgere analisi economiche dell’utilizzo idrico, tenendo conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, nonché proiezioni a lungo termine relative al soddisfacimento dei bisogni in materia di utilizzo delle risorse idriche nei distretti idrografici.

(...)».

12

L’articolo 114 della legge in materia di acque così dispone:

«1.   Il piano di gestione dei bacini idrografici comprende i seguenti elementi:

1)

una descrizione generale delle caratteristiche del distretto idrografico, che in particolare contenga:

a)

un elenco dei corpi idrici superficiali che specifichi il loro tipo e le condizioni di riferimento fissate,

b)

un elenco dei corpi idrici sotterranei,

2)

una sintesi dell’individuazione delle pressioni antropiche significative e della valutazione del loro impatto sullo stato delle acque superficiali e sotterranee,

3)

elenchi delle aree protette di cui all’articolo 113, paragrafo 2, punto 5, con relativa rappresentazione cartografica,

4)

una mappa delle reti di monitoraggio con una presentazione dei programmi di monitoraggio,

5)

un elenco degli obiettivi ambientali fissati per i corpi idrici e per le aree protette,

6)

una sintesi dei risultati dell’analisi economica dell’utilizzo idrico,

7)

una sintesi delle azioni previste dal programma nazionale idro-ambientale, incentrata sugli strumenti per conseguire gli obiettivi ambientali fissati,

8)

un elenco di eventuali programmi o piani di gestione più dettagliati adottati per il bacino idrografico e relativi a determinati sottobacini, settori, tematiche o tipi di acque, corredato di una sintesi del contenuto,

9)

una sintesi delle misure adottate in materia di informazione e consultazione pubblica, con relativi risultati e eventuali conseguenti modifiche del piano,

10)

un elenco delle autorità competenti in materia di gestione delle acque per il distretto idrografico,

11)

informazioni sulle modalità e sulle procedure per ottenere i dati e i documenti di riferimento utilizzati per l’elaborazione del piano e le informazioni sui risultati attesi dalla sua attuazione,

(...)

4.   L’aggiornamento del piano di gestione del bacino idrografico deve comprendere, oltre alle informazioni di cui al paragrafo 1:

1)

una sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti al precedente piano di gestione del bacino idrografico,

2)

una valutazione dei progressi registrati per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con presentazione dei risultati del monitoraggio relativi al periodo coperto dal piano precedente, e motivazione per l’eventuale mancato raggiungimento degli stessi,

3)

un’illustrazione delle misure previste nella versione precedente del piano di gestione e non realizzate;

4)

un’illustrazione delle misure supplementari necessarie per l’attuazione del piano.

(...)».

13

L’articolo 155a della legge in materia di acque prevede quanto segue:

«1.   Il monitoraggio delle acque è diretto a ottenere informazioni sullo stato delle acque superficiali e sotterranee per le esigenze della pianificazione della gestione delle acque e della valutazione del raggiungimento degli obiettivi ambientali.

2.   L’analisi e la valutazione dello stato delle acque superficiali e sotterranee sono effettuate nell’ambito del monitoraggio nazionale dell’ambiente.

3.   L’ispettore regionale per la protezione dell’ambiente effettua le analisi delle acque superficiali per quanto riguarda i parametri fisico‑chimici, chimici e biologici.

4.   Il servizio idrometeorologico nazionale effettua le analisi delle acque superficiali per quanto riguarda i parametri idrologici e morfologici.

5.   Il servizio idrogeologico nazionale analizza e valuta lo stato delle acque sotterranee per quanto riguarda i parametri fisico-chimici e quantitativi.

6.   In casi debitamente motivati, l’ispettore regionale per la protezione dell’ambiente effettua, d’accordo con il servizio idrogeologico nazionale, analisi supplementari riguardanti parametri fisico-chimici delle acque sotterranee e fornisce i risultati di tali analisi, tramite l’ispettore principale per la protezione dell’ambiente, al servizio idrogeologico nazionale.

7.   In casi debitamente motivati, l’ispettore principale per la protezione dell’ambiente effettua, d’accordo con il presidente dell’amministrazione nazionale delle acque, sulla base dei risultati delle analisi di cui ai paragrafi da 3 a 6, una valutazione globale dello stato delle acque nei distretti idrografici, tenendo conto della ripartizione in aree idriche e, se le caratteristiche specifiche delle analisi lo giustificano, procede alle analisi di cui al paragrafo 2».

La legge sulla protezione dell’ambiente

14

L’articolo 25, paragrafo 2, della legge sulla protezione dell’ambiente del 27 aprile 2001 (Dz. U. n. 62, posizione 627; in prosieguo: la «legge sulla protezione dell’ambiente») prevede che il monitoraggio ambientale da parte dello Stato consiste in un sistema di misurazione, di valutazione e di diagnosi dello stato ecologico nonché di raccolta, trattamento e diffusione di informazioni sull’ambiente.

15

Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, di tale legge, il monitoraggio ambientale da parte dello Stato contribuisce alle misure di protezione dell’ambiente fornendo sistematicamente informazioni alle autorità dell’amministrazione e al pubblico per quanto riguarda:

«(...)

1)

la qualità degli elementi naturali, il rispetto di standard di qualità ambientale, definiti da disposizioni, e dei livelli di cui all’articolo 3, punto 28, lettere b) e c), nonché le aree di superamento di tali standard e livelli;

2)

le modifiche della qualità degli elementi naturali e le ragioni di tali modifiche, inclusi i rapporti di causa-effetto tra le emissioni e lo stato degli elementi naturali».

La legge sulla protezione della natura

16

In forza dell’articolo 112 della legge sulla protezione della natura del 14 maggio 2013 (versione consolidata della legge del 16 aprile 2004, Dz. U. del 2013, posizione 627; in prosieguo: la «legge sulla protezione della natura»), il monitoraggio ambientale da parte dello Stato include un monitoraggio ambientale della diversità biologica e paesaggistica.

17

Il paragrafo 2 di tale articolo prevede che il monitoraggio ambientale consiste nell’osservazione e nell’esame dello stato e delle modifiche dei componenti di diversità biologica e paesaggistica, inclusi i tipi di habitat naturali e le specie di interesse per l’Unione europea, segnatamente i tipi di habitat naturali e le specie prioritarie, nonché nella verifica dell’efficacia dei metodi di protezione della natura.

Il regolamento del 3 ottobre 2005

18

Il regolamento del Ministro dell’ambiente del 3 ottobre 2005, relativo alle condizioni particolari che i documenti idrologici e geologico-ingegneristici devono soddisfare (Dz. U. n. 201; in prosieguo: il «regolamento del 3 ottobre 2005»), al suo articolo 2, paragrafi 1, punto 13, e 2, così dispone:

«1.   Ai fini del presente atto si intende per:

(...)

13)

risorse disponibili: la quantità di acque sotterranee che è possibile estrarre in un’area in equilibrio in determinate condizioni ambientali e idrologiche, senza indicazione di localizzazione specifica né di condizioni tecniche o economiche in materia di estrazione delle acque;

(...)

2.   Le risorse disponibili di acque sotterranee dell’area di bilancio determinate nella documentazione idrogeologica consentono:

1)

di valutare il grado di utilizzo delle risorse di acque sotterranee e la quantità delle riserve disponibili o la carenza di risorse idriche nell’area di bilancio, nonché nell’area idrica o nel sottobacino;

2)

di individuare i siti potenziali per la costruzione di opere di presa di acque sotterranee;

3)

di procedere al bilancio delle risorse nelle aree di sfruttamento intensivo e concentrato delle acque sotterranee e di verificare tali risorse;

4)

di effettuare una stima idro-economica per la definizione delle condizioni di utilizzo delle acque dell’area idrica o del sottobacino;

(...)».

Il regolamento del 23 luglio 2008

19

L’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento del Ministro dell’ambiente del 23 luglio 2008, relativo ai criteri e alle modalità di valutazione dello stato delle acque sotterranee (Dz. U. n. 143, posizione 896; in prosieguo: il «regolamento del 23 luglio 2008») dispone quanto segue:

«La classificazione dello stato delle acque sotterranee secondo i parametri fisico-chimici si basa sulle seguenti cinque classi qualitative:

(...)

2)

Classe II - acque di buona qualità nelle quali:

a)

i valori di alcuni parametri fisico-chimici sono elevati per via di processi naturali che si producono nelle acque sotterranee;

b)

i valori dei parametri fisico-chimici non rivelano alcun impatto dell’attività dell’uomo o rivelano un impatto molto basso,

(...)».

20

A norma dell’articolo 8, paragrafi da 2 a 4, del suddetto regolamento:

«2.   Le valutazioni dello stato quantitativo delle acque sotterranee sono effettuate su corpi idrici sotterranei uniformi.

(...)

3.   La valutazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee viene effettuata determinando l’importanza delle riserve di risorse di corpi idrici sotterranei uniformi e interpretando i risultati del monitoraggio riguardante la situazione delle falde acquifere sotterranee.

(...)

4.   L’importanza delle riserve di risorse di acque sotterranee è determinata confrontando l’effettiva estrazione media nel corso di più anni proveniente da punti di estrazione di acque sotterranee, espressa in m3/giorno, con il volume delle riserve di acque sotterranee disponibili per l’utilizzo, espresse in m3/giorno, fissate sulla base delle risorse disponibili stabilite per un’area in equilibrio, comprendente un dato corpo idrico sotterraneo uniforme; ove un dato corpo idrico sotterraneo non sia interamente coperto dall’area di bilancio per la quale le risorse disponibili sono state determinate, è possibile effettuare il confronto basandosi sul calcolo dello sfruttamento delle risorse previste di acque sotterranee finché non siano determinate le risorse disponibili per tale corpo idrico».

Il regolamento del 20 agosto 2008

21

Il regolamento del Ministro dell’ambiente del 20 agosto 2008, relativo alle modalità di classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali uniformi (Dz. U. n. 162, posizione 1008; in prosieguo: il «regolamento del 20 agosto 2008»), nella parte B, punto XIV, del suo allegato 6, così dispone:

«Classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici superficiali e interpretazione dei risultati dell’analisi degli indicatori di qualità delle acque in funzione dei parametri fisico-chimici, biologici e idromorfologici

(...)

B.

Interpretazione dei risultati dell’analisi degli indicatori di qualità delle acque in funzione dei parametri fisico-chimici, biologici e idromorfologici

(...)

XIV.

Finché non verranno elaborati metodi di valutazione dello stato ecologico sulla base dei parametri idromorfologici, la classificazione dello stato ecologico delle acque può essere effettuata senza tener conto di tali parametri. In tal caso, l’azione 4 sarà omessa e il corpo idrico superficiale che soddisfa il criterio previsto dall’azione 3, punto 1, apparterrà alla classe 1 di stato ecologico».

22

La parte B, punto XV, dell’allegato 7 del regolamento del 20 agosto 2008 così prevede:

«Classificazione del potenziale ecologico dei corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati, e interpretazione dei risultati dell’analisi degli indicatori di qualità delle acque in funzione dei parametri fisico-chimici, biologici e idromorfologici

(...)

B.

Interpretazione dei risultati dell’analisi degli indicatori di qualità delle acque in funzione dei parametri fisico-chimici, biologici e idromorfologici

(...)

XV.

Finché non verranno elaborati metodi di valutazione del potenziale ecologico sulla base dei parametri idromorfologici, la classificazione del potenziale ecologico delle acque può essere effettuata senza tener conto di tali parametri. In tal caso, l’azione 2 sarà omessa».

Il regolamento del 13 maggio 2009

23

L’articolo 5, paragrafo 2, punto 3, del regolamento del Ministro dell’ambiente del 13 maggio 2009, relativo alle modalità di gestione del monitoraggio dei corpi idrici superficiali e sotterranei uniformi (Dz. U. n. 81, posizione 685; in prosieguo: il «regolamento del 13 maggio 2009») dispone quanto segue:

«Il monitoraggio operativo dei corpi idrici superficiali è effettuato per i seguenti scopi:

(...)

3)

determinare lo stato delle acque superficiali nelle aree indicate negli elenchi di cui all’articolo 113, paragrafo 4, della legge in materia di acque (...)

(...)».

24

L’allegato 1 del regolamento del 13 maggio 2009 prevede quanto segue:

«(...)

2.

Criteri di selezione dei corpi idrici superficiali da sottoporre al monitoraggio operativo:

(...)

6)

la classificazione del corpo idrico superficiale tra le acque che costituiscono l’habitat di pesci, crostacei e molluschi, o il rapporto di interdipendenza tra il corpo idrico e le aree protette di cui all’articolo 113, paragrafo 4, della legge in materia di acque (...)

(...)».

25

Le «Osservazioni ‑ tabella 2» contenute nel regolamento del 13 maggio 2009 così recitano:

«(...)

2)

La portata e la frequenza delle analisi relative ai diversi parametri di classificazione realizzate presso i punti di misurazione dei controlli mirati non situati in corpi idrici superficiali intesi a scopo ricreativo, o come acque di balneazione, riprendono unicamente gli indicatori e le frequenze definiti negli accordi internazionali che vincolano la Repubblica di Polonia e nelle disposizioni specifiche in vigore, segnatamente quelle adottate in applicazione dell’articolo 50, paragrafi 1 e 2, della legge in materia di acque (...); in mancanza, corrispondono agli elementi definiti per i punti di misurazione del monitoraggio operativo.

(...)

4)

Qualora, in un corpo idrico superficiale, venga accertata o sia stata accertata la presenza di una fonte di inquinamento che può emettere sostanze particolarmente nocive per l’ambiente acquatico, segnatamente le sostanze prioritarie di cui alla tabella 1, nel gruppo degli indicatori chimici caratteristici della presenza di sostanze particolarmente nocive per l’ambiente acquatico, o qualora i risultati del monitoraggio diagnostico indichino che una di tali sostanze è presente in quantità eccedenti i limiti di concentrazione, l’analisi presso il punto di misurazione del monitoraggio operativo situato in tale corpo idrico dev’essere effettuata in modo da includere le sostanze la cui presenza nelle acquee è stata accertata o è probabile. In un caso simile, il monitoraggio operativo relativo al corpo idrico interessato è effettuato annualmente per tali sostanze presso ogni punto di misurazione. La frequenza di verifica dei parametri biologici resta immutata. La frequenza della determinazione, in uno specifico corpo idrico, di ognuna delle sostanze di cui alla tabella 1, nel gruppo delle sostanze prioritarie in materia di politica delle acque e in quello degli indicatori di altri inquinanti (...), può essere ridotta laddove i risultati ottenuti nel corso del primo ciclo annuale completo del ciclo di pianificazione di sei anni attestino che la concentrazione di una tale sostanza non supera i valori limite ammissibili. L’analisi della presenza di una specifica sostanza pericolosa in un punto di misurazione del monitoraggio operativo può non essere realizzata laddove tutti i risultati ottenuti in tale punto nel corso dell’anno trascorso nell’ambito del monitoraggio operativo dimostrino che tale sostanza non è presente nell’acqua o che le azioni volte a migliorare lo stato delle acque non sono state attuate».

Il regolamento del 18 giugno 2009

26

L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento del Consiglio dei Ministri del 18 giugno 2009, relativo all’esatta portata dell’elaborazione di piani di gestione dei bacini idrografici (Dz. U. n. 106, posizione 882; in prosieguo: il «regolamento del 18 giugno 2009») dispone quanto segue:

«Il quadro dettagliato delle informazioni necessarie all’elaborazione dei piani di gestione dei bacini idrografici comprende:

(...)

2)

gli elenchi dei corpi idrici predisposti in applicazione dell’articolo 113, paragrafo 2, punto 1, della legge in materia di acque (...)

(...)

7)

informazioni sui serbatoi di acque superficiali e sotterranee interne, con una valutazione preliminare effettuata in considerazione del loro utilizzo per la fornitura di acqua potabile alla popolazione;

(...)

9)

i risultati dell’esame dell’impatto delle variazioni dei livelli dei corpi idrici sotterranei;

(...)».

27

L’articolo 3, paragrafo 1, punto 11, del regolamento del 18 giugno 2009 prevede che le specifiche informazioni richieste per predisporre un piano di gestione dei bacini idrografici includono una sintesi delle misure contenute nel programma nazionale sulle acque e sull’ambiente, attualmente previsto all’articolo 113b della legge in materia di acque.

28

L’articolo 5 di tale regolamento così prevede:

«In sede di definizione degli obiettivi ambientali per i corpi idrici e per le aree protette, devono essere soddisfatti i seguenti requisiti:

(...)

3)

giustificare le ragioni della proroga dei termini per il conseguimento degli obiettivi ambientali per quanto riguarda i corpi idrici superficiali e sotterranei per i prossimi cicli di pianificazione, tenendo conto degli aspetti economici, sociali e naturali;

(...)».

Il regolamento del 15 novembre 2011

29

Conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento del Ministro dell’ambiente del 15 novembre 2011, relativo alle modalità di gestione del monitoraggio dei corpi idrici superficiali e sotterranei uniformi (Dz. U. n. 258, posizione 1550; in prosieguo: il «regolamento del 15 novembre 2011»), una modalità di monitoraggio dei corpi idrici superficiali uniformi è quella di monitorare le aree protette.

30

L’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento del 15 novembre 2011 così dispone:

«È istituito un monitoraggio delle aree protette al fine di:

1)

determinare lo stato dei corpi idrici superficiali uniformi presenti nelle aree protette;

2)

determinare gradi di osservanza di requisiti supplementari stabiliti per tali aree in disposizioni separate;

(...)

4)

valutare la modifica dello stato dei corpi idrici superficiali uniformi nelle aree protette (…);

(...)».

31

In forza della sezione 1, punto 7, dell’allegato 1 del regolamento in parola, uno dei criteri di selezione di corpi idrici superficiali uniformi che devono essere monitorati nell’ambito del monitoraggio diagnostico presuppone l’esistenza di corpi idrici uniformi in aree protette, designate per la protezione degli habitat o delle specie per le quali mantenere o migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione, come previsto dall’articolo 113, paragrafo 4, punto 6, della legge in materia di acque.

32

A norma della sezione 2, punto 9, dell’allegato 1 del regolamento del 15 novembre 2011, uno dei criteri di selezione per la sorveglianza nell’ambito del monitoraggio operativo consiste nell’individuazione, sulla base della valutazione dell’impatto di pressioni antropiche significative sullo stato delle acque superficiali e di un monitoraggio diagnostico, di corpi idrici superficiali uniformi in aree protette previste dall’articolo 113, paragrafo 4, punto 6, della legge in materia di acque, i quali rischiano di non conseguire i loro obiettivi ambientali.

33

In forza della parte V, punto 25, dell’allegato 2 di detto regolamento, il monitoraggio delle aree protette prosegue finché le aree non siano conformi ai requisiti previsti da disposizioni specifiche che le hanno istituite e finché non rispondono agli obiettivi ambientali di cui agli articoli 38d, paragrafi 1 e 2, e 38f della legge in materia di acque.

34

L’allegato 3 del medesimo regolamento definisce la portata e la frequenza degli esami effettuati per i diversi parametri di classificazione dello stato ecologico e chimico di corpi idrici superficiali uniformi, nonché la portata degli esami relativi ai diversi parametri di classificazione del potenziale ecologico e dello stato chimico di corpi idrici superficiali uniformi artificiali e fortemente modificati, tra cui i corpi idrici presenti in aree di protezione. La tabella 1 di detto allegato 3 prevede un elenco di indicatori e di parametri di esami del monitoraggio diagnostico così articolati:

«a)

22 indicatori di esami di elementi biologici: fitoplancton (abbondanza o quantità, composizione tassonomica, frequenza delle fioriture e intensità, biomassa, clorofilla “a”), fitobentos (abbondanza o quantità, composizione tassonomica), macroinvertebrati bentonici (abbondanza, composizione tassonomica, presenza di taxa sensibili, diversità), macroalghe e angiosperme (quantità, composizione tassonomica, diversità, presenza di taxa sensibili), macrofite (abbondanza o quantità, composizione tassonomica), fauna ittica (abbondanza o quantità, composizione tassonomica, ciclo di vita o struttura di età, presenza di taxa sensibili),

b)

3 indicatori di esami di elementi idromorfologici, quali regime idrologico (di marea), continuità di ruscelli, affluenti, torrenti, fiumi o canali e condizioni morfologiche,

c)

52 indicatori di esami di elementi fisico-chimici: indicatori caratteristici dello stato fisico, tra cui condizioni termiche (temperatura dell’acqua, colore, trasparenza, materia totale in sospensione), ossigenazione [ossigeno disciolto, richiesta biochimica di ossigeno a cinque giorni (DB05), richiesta chimica di ossigeno (DCO) - Mn (indice di permanganato), carbonio organico totale, percentuale di saturazione delle acque in ossigeno, richiesta chimica di ossigeno DCO-Cr], salinità (salinità, conduttività a 20° C, sostanze disciolte, solfati, cloruri, calcio, magnesio, durezza totale), stato di acidificazione (pH), alcalinità totale, condizione dei nutrienti [ione ammonio, azoto (Kjeldahl), azoto nitrico, nitrito di azoto, azoto totale, fosfati PO4, fosforo totale, silice] e inquinanti sintetici e non sintetici specifici [formaldeide, arsenico, bario, boro, cromo esavalente, cromo totale (somma di Cr3 e Cr6)], zinco, rame, fenoli volatili ‑ indice fenolico, idrocarburi di origine petrolifera ‑ indice di olio minerale, alluminio, cianuri dissociabili, cianuri legati, molibdeno, selenio, argento, tallio, titanio, vanadio, antimonio, fluoruri, berillio, cobalto e stagno],

d)

33 sostanze prioritarie in materia di politica delle acque, quali: alaclor, antracene, atrazina, benzene, difeniletere bromato (pentabromodifeniletere congeneri numerati 28, 47, 99, 100, 153 e 154), cadmio e composti, alcani, C10-13, cloro, clorfenvinfos, clorpyrifos (clorpirifos etile), 1,2-dicloroetano (EDC), diclorometano, ftalato di bis(2-etilesile) (DEHP), diuron, endosulfan, fluorantene, esaclorobenzene (HCB), esaclorobutadiene (HCBD), esaclorocicloesano (HCH), isoproturon, piombo e composti, mercurio e composti, naftalene, nichel e composti, nonilfenolo (p-nonilfenolo), octilfenolo 4-(1,1’,3,3’-tetrametilbutil)-fenolo, pentaclorobenzene, pentaclorofenolo (PCP), idrocarburi policiclici aromatici (IPA), benzo(a)pirene, benzo(b)fluoroantene, benzo(k)fluoroantene, benzo(g,h,i)perilene, indeno(1,2,3-cd)pirene, simazina, composti del tributilstagno (tributilstagno-catione), triclorobenzene (TCB), triclorometano (cloroformio), trifluralin, e

e)

altre 8 sostanze inquinanti [tetraclorometano, aldrina, dieldrina, endrina, isodrina, DDT – para-para isomero, DDT totale, tricloroetilene (TRI), tetracloroetilene (PER)]».

Il procedimento precontenzioso

35

Il 27 giugno 2008, la Commissione ha inviato alla Repubblica di Polonia una lettera di messa in mora nella quale denunciava la presenza di lacune nelle misure nazionali di trasposizione della direttiva 2000/60 che le erano state notificate e affermava che tale Stato membro era venuto meno agli obblighi derivanti dagli articoli da 2 a 11, 13, 14 e 24 nonché dagli allegati da II a V, VII e VIII di tale direttiva.

36

La Repubblica di Polonia ha risposto a tale lettera di messa in mora con lettera del 22 agosto 2008.

37

Il 7 maggio 2009, la Repubblica di Polonia ha notificato alla Commissione, quale atto di trasposizione della direttiva 2000/60, il regolamento del 23 luglio 2008.

38

Il 10 luglio dello stesso anno, la Repubblica di Polonia ha notificato alla Commissione il regolamento del 18 giugno 2009.

39

Il 6 ottobre 2009, la Repubblica di Polonia ha notificato alla Commissione altri tre regolamenti, ossia i regolamenti del 20 agosto 2008, del 13 maggio 2009 e del 22 luglio 2009.

40

Il 28 giugno 2010, la Commissione ha inviato un parere motivato alla Repubblica di Polonia invitando quest’ultima ad adottare le misure necessarie per conformarsi a tale parere entro due mesi dal ricevimento dello stesso. Tale termine è scaduto il 28 agosto 2010.

41

In tale parere motivato, la Commissione ha segnalato che il diritto polacco non garantiva una trasposizione completa e adeguata delle disposizioni della direttiva 2000/60 elencate nella lettera di messa in mora.

42

Con una lettera del 24 agosto 2010, la Repubblica di Polonia ha risposto a tale parere motivato.

43

La trasposizione della direttiva 2000/60 è stata oggetto di discussioni, il 28 settembre 2010, tra i servizi della Commissione e le autorità polacche. Si sono tenute riunioni di lavoro a tale riguardo il 12 ottobre 2010 e il 22 marzo 2011.

44

Il 23 febbraio 2011, ossia dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato, la Repubblica di Polonia ha notificato alla Commissione la legge del 5 gennaio 2011, di modifica della legge in materia di acque e di talune altre leggi (Dz. U. n. 32, posizione 159; in prosieguo: la «legge del 5 gennaio 2011»), la quale è entrata in vigore il 18 marzo 2011.

45

Il 30 novembre e il 7 dicembre 2011, la Repubblica di Polonia ha inoltre notificato alla Commissione, quali atti di trasposizione della direttiva 2000/60, i seguenti regolamenti:

il regolamento del Ministro dell’ambiente del 9 novembre 2011, relativo alla classificazione dello stato ecologico, del potenziale ecologico e dello stato chimico dei corpi idrici superficiali e sotterranei uniformi (Dz. U. n. 258, posizione 1549);

il regolamento del Ministro dell’ambiente del 9 novembre 2011, relativo alle modalità di classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali uniformi e alle norme ambientali di qualità per le sostanze prioritarie (Dz. U. n. 257, posizione 1545; in prosieguo: il «regolamento del 9 novembre 2011 relativo alle modalità di classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali uniformi»), e

il regolamento del 15 novembre 2011.

46

Sebbene tali regolamenti e la legge del 5 gennaio 2011 fossero stati adottati dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato, ossia il 28 agosto 2010, la Commissione li ha presi in considerazione, a condizione che le nuove disposizioni facessero venir meno gli inadempimenti constatati in precedenza.

47

Il 29 marzo 2013, la Repubblica di Polonia ha notificato alla Commissione il regolamento del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2013, relativo all’esatta portata dell’elaborazione di piani di gestione dei bacini idrografici (Dz. U. posizione 578; in prosieguo: il «regolamento del 29 marzo 2013»), entrato in vigore il 20 maggio 2013. La Commissione ha tenuto conto di tale regolamento, in quanto faceva venir meno gli inadempimenti rilevati in precedenza.

48

In considerazione delle risposte e degli atti legislativi notificati, la Commissione, pur avendo desistito da una parte delle sue censure, ha ritenuto che la situazione relativa alla trasposizione della direttiva 2000/60 restasse insoddisfacente e ha, dunque, deciso di proporre il presente ricorso.

49

Il 20 novembre 2014, la cancelleria della Corte ha inviato alle parti una lettera di convocazione all’udienza del 15 gennaio 2015, nella quale alla Commissione è stato, in particolare, chiesto di produrre, entro l’8 dicembre, nella lingua processuale e in francese, il testo integrale delle disposizioni nazionali pertinenti, atte a dimostrare la trasposizione non corretta o incompleta delle disposizioni della direttiva 2000/60, in vigore alla data della scadenza del termine fissato nel parere motivato.

50

Con lettera del 3 dicembre 2014, la Commissione ha inviato i documenti richiesti e ha, inoltre, informato la Corte che l’atto introduttivo della presente causa non menzionava l’esistenza dell’ulteriore parere motivato da essa inviato alla Repubblica di Polonia il 28 febbraio 2012 (in prosieguo: l’«ulteriore parere motivato»). Nell’ulteriore parere motivato, la Repubblica di Polonia è stata invitata ad adottare le misure necessarie per conformarsi ai suoi obblighi entro il termine di un mese dal suo ricevimento, avvenuto anch’esso il 28 febbraio 2012.

51

Nell’ulteriore parere motivato, la Commissione, dopo aver valutato il regolamento del 15 novembre 2011, ha constatato, in aggiunta alle censure dedotte nel suo parere motivato del 28 giugno 2010, una trasposizione non corretta dell’articolo 8, paragrafi 1, primo trattino, i), e 2, della direttiva 2000/60 nonché dei punti 1.1 e 1.3 dell’allegato V di tale direttiva.

52

Orbene, a seguito delle spiegazioni fornite dalla Repubblica di Polonia, il 28 marzo 2012, nella risposta all’ulteriore parere motivato, la Commissione ha deciso di non invocare dinanzi alla Corte la censura dedotta nel parere suddetto.

Sul ricorso

Sul termine fissato nell’ulteriore parere motivato

53

Occorre rilevare che, nel corso dell’udienza, la Repubblica di Polonia ha affermato che la Corte è tenuta ad accertare, nella presente causa, la sussistenza dell’inadempimento addotto alla data della scadenza del termine impartito nell’ulteriore parere motivato, vale a dire il 28 marzo 2012, e non alla scadenza del termine impartito nel primo parere motivato; ciò per quanto riguarda tutte le censure e non solo quella dedotta nell’ulteriore parere motivato.

54

La Commissione asserisce che, in seguito alle spiegazioni fornite dalla Repubblica di Polonia nella risposta all’ulteriore parere motivato, essa ha deciso di non invocare dinanzi alla Corte la censura distinta dedotta nel suddetto parere e che per questo motivo detta censura non figurava nel suo ricorso introduttivo.

55

A tale riguardo, occorre constatare che la Commissione ha effettivamente inviato l’ulteriore parere motivato alla Repubblica di Polonia, nel quale era stata fissata una data diversa da quella prevista nel parere motivato del 28 giugno 2010, affinché tale Stato membro si conformasse agli obblighi derivanti dalla direttiva 2000/60.

56

Tuttavia, dal tenore dell’ulteriore parere motivato si evince che quest’ultimo riguardava una sola censura specificamente circoscritta, distinta dalle censure dedotte nel parere motivato del 28 giugno 2010, e che il termine fissato dalla Commissione nell’ulteriore parere motivato era indissociabilmente ed esclusivamente connesso a tale censura, senza che ciò mettesse in discussione il termine fissato nel parere motivato del 28 giugno 2010.

57

Ne consegue che, nella fattispecie, poiché la censura dedotta nell’ulteriore parere motivato non è oggetto del presente ricorso, la sussistenza di un inadempimento dev’essere valutata alla luce della situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine fissato nel primo parere motivato, ossia il 28 agosto 2010.

Sulla prima censura, vertente sulla trasposizione incompleta e non corretta delle definizioni di cui all’articolo 2, punti 19, 20, 26 e 27, della direttiva 2000/60

Argomenti delle parti

58

Con la sua prima censura, la Commissione sostiene che alcune definizioni di cui all’articolo 2 della direttiva 2000/60 non sono trasposte nel diritto nazionale. A tale proposito, secondo essa occorrerebbe riprodurre letteralmente, negli atti nazionali di trasposizione di tale direttiva, le definizioni di cui all’articolo 2, punti 19, 20, 26 e 27, di quest’ultima, per garantire la corretta applicazione della direttiva in parola nello Stato membro in questione.

59

Per quanto riguarda le definizioni di «stato delle acque sotterranee», «buono stato delle acque sotterranee» e «stato quantitativo», di cui all’articolo 2, punti 19, 20 e 26 della direttiva 2000/60, la Commissione ricorda che la Repubblica di Polonia, nel corso del procedimento precontenzioso, non ha contestato la censura relativa alla mancata trasposizione distinta di tali definizioni e che essa ha affermato che «avrebbe fatto tutto il possibile per rimediare a tali inadempimenti inserendo le definizioni appropriate nei testi di legge o nelle loro disposizioni di attuazione».

60

Per quanto concerne, più in particolare, la definizione di «stato delle acque sotterranee», la Commissione osserva che, sebbene il regolamento del 23 luglio 2008 abbia introdotto le definizioni di «buono stato chimico delle acque sotterranee» e di «buono stato quantitativo», tuttavia la definizione di «stato delle acque sotterranee», indispensabile per la corretta trasposizione e per l’applicazione del combinato disposto dell’articolo 8 della direttiva 2000/60 e del punto 2.5 dell’allegato V di tale direttiva, manca. La trasposizione di tale definizione sarebbe particolarmente importante in relazione al requisito secondo il quale lo stato delle acquee sotterranee è determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico.

61

Per quanto riguarda la definizione di «buono stato delle acque sotterranee», la Commissione ritiene che l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento del 23 luglio 2008 non abbia correttamente trasposto detta definizione, in quanto esso prevede che nella classe II rientrano acque nelle quali, in primo luogo, i valori di determinati parametri fisico-chimici sono elevati per via di processi naturali che si producono nelle acque sotterranee, e, in secondo luogo, i valori dei parametri fisico-chimici non rivelano alcun impatto dell’attività dell’uomo o rivelano un impatto molto basso.

62

Orbene, secondo la Commissione l’articolo 2, punto 20, della direttiva 2000/60 dispone molto chiaramente che il «buono stato delle acque sotterranee» è lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno «buono». Di conseguenza, la definizione contenuta nel regolamento del 23 luglio 2008, giacché riguarda unicamente parametri fisico-chimici delle acque e non lo stato quantitativo di esse, non corrisponderebbe alla portata più ampia della definizione contenuta nella suddetta direttiva.

63

Orbene, la definizione del «buono stato delle acque sotterranee» sarebbe essenziale per garantire la corretta trasposizione e l’applicazione dell’obbligo imposto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), ii), della direttiva 2000/60, il quale prevede che gli Stati membri sono tenuti a conseguire un buono stato delle acque sotterranee. Secondo la Commissione la trasposizione di detta definizione è altresì essenziale ai fini dell’applicazione delle deroghe a tale obbligo, vale a dire la deroga che consente di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi, prevista dall’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2000/60, ovvero quella che consente di introdurre nuove modifiche o alterazioni del livello dei corpi idrici sotterranei, prevista dall’articolo 4, paragrafo 7, di detta direttiva. In assenza di definizione del «buono stato delle acque sotterranee», non sarebbe possibile introdurre deroghe a detto obbligo senza correre il rischio di non conseguire gli obiettivi ambientali.

64

Per quanto riguarda la definizione di «stato quantitativo», che secondo l’articolo 2, punto 26, della direttiva 2000/60 è «espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette», la Commissione deduce una trasposizione non corretta da parte dell’articolo 8 del regolamento del 23 luglio 2008. Tale articolo 8, paragrafo 2, prevedrebbe che «le valutazioni dello stato quantitativo delle acque sotterranee sono effettuate su corpi idrici sotterranei uniformi», mentre detto articolo 8 al paragrafo 3 disporrebbe che «la valutazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee viene effettuata determinando l’importanza delle riserve di risorse di corpi idrici sotterranei uniformi e interpretando i risultati del monitoraggio riguardante la situazione delle falde acquifere sotterranee».

65

Secondo la Commissione dette disposizioni del diritto polacco non fanno riferimento alle estrazioni dirette e indirette né tantomeno al loro impatto sui corpi idrici sotterranei. Orbene, la definizione dello «stato quantitativo» sarebbe essenziale per garantire la corretta trasposizione e l’applicazione dei requisiti di cui al combinato disposto dell’articolo 8 e dell’allegato V della direttiva 2000/60, sia nell’ambito della classificazione dello stato quantitativo delle acque sia in quello del monitoraggio di tale stato, conformemente ai punti 2.1 e 2.2 di detto allegato.

66

Quanto alla definizione di «risorse idriche sotterranee disponibili», di cui all’articolo 2, punto 27, della direttiva 2000/60, la Commissione ricorda che, nella sua risposta al parere motivato, la Repubblica di Polonia ha confermato che tale espressione non comprare come tale nella normativa polacca. L’articolo 2, paragrafo 1, punto 13, del regolamento del 3 ottobre 2005 conterrebbe la nozione di«risorse idriche disponibili», definita come la «quantità di acque sotterranee che è possibile estrarre in un’area in equilibrio in determinate condizioni ambientali e idrologiche, senza indicazione di localizzazione specifica né di condizioni tecniche o economiche in materia di estrazione delle acque».

67

Orbene, secondo la Commissione dall’analisi dell’ordinamento giuridico polacco emerge chiaramente che nessun elemento della definizione di cui all’articolo 2, punto 27, della direttiva 2000/60 esiste nel diritto polacco.

68

Inoltre, non esisterebbe alcun rapporto tra l’espressione «risorse idriche sotterranee disponibili» di cui alla direttiva 2000/60 e l’espressione «estrazione di acque» di cui al regolamento del 3 ottobre 2005. La prima corrisponderebbe infatti a processi naturali in cui è assente l’intervento umano. Detto intervento, che caratterizza l’estrazione delle acque, rientrerebbe nell’ambito dell’articolo 2, punto 28, di tale direttiva. La Commissione ritiene necessario aggiungere che la definizione dell’espressione «risorse idriche sotterranee disponibili», di cui all’articolo 2, punto 27, di detta direttiva, fa riferimento all’obbligo di monitoraggio previsto dal punto 2.2.1 dell’allegato V di quest’ultima, il quale riguarda tanto i processi naturali quanto quelli generati dall’uomo. Se tali due categorie restassero indifferenziate, si correrebbe il rischio che gli effetti dell’intervento dell’uomo non siano coperti. Sarebbe di conseguenza difficile individuare adeguatamente le misure che occorrerebbe adottare per garantire un buono stato delle acque conformemente all’articolo 4 della direttiva 2000/60.

69

Secondo la Commissione tale espressione della direttiva 2000/60 è tuttavia essenziale alla corretta trasposizione e all’applicazione del combinato disposto dell’articolo 8 e dell’allegato V di tale direttiva, in particolare per procedere a una corretta classificazione dello stato delle acque, come definito dal punto 1.4 dell’allegato V della direttiva in parola, nonché a un corretto monitoraggio dello stato quantitativo delle acque sotterranee, come previsto dal punto 2.2 dell’allegato V della medesima.

70

Per quanto riguarda la prima censura, la Repubblica di Polonia ricorda anzitutto la giurisprudenza costante della Corte secondo la quale la trasposizione nel diritto interno di una direttiva non richiede necessariamente che le sue disposizioni vengano riprese in modo formale e testuale in una norma di legge o di regolamento espressa e specifica e può essere sufficiente un contesto giuridico generale, purché esso garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in modo sufficientemente chiaro e preciso.

71

Secondo la Repubblica di Polonia la Commissione non ha addotto nessun motivo tale da dimostrare che gli Stati membri hanno l’obbligo di trasporre testualmente le nozioni definite dall’articolo 2, punti 19, 20, 26 e 27, della direttiva 2000/60 e non ha precisato come la mancata trasposizione di tali definizioni possa compromettere il conseguimento degli obiettivi di detta direttiva. Inoltre, benché la Commissione ricordi il nesso esistente tra dette definizioni e le disposizioni sostanziali della direttiva 2000/60, tale istituzione non metterebbe affatto in discussione la pertinenza della trasposizione di tali disposizioni sostanziali.

72

Inoltre, la Repubblica di Polonia sottolinea che le definizioni di cui la Commissione lamenta la mancata trasposizione figurano nel progetto di riforma della legge in materia di acque e in talune altre leggi.

Giudizio della Corte

73

Per quanto riguarda l’argomento avanzato dalla Repubblica di Polonia, secondo il quale uno Stato membro non è tenuto a procedere alla trasposizione letterale delle definizioni previste dalla direttiva 2000/60, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, di certo la trasposizione nel diritto interno di una direttiva non richiede necessariamente che le sue disposizioni vengano riprese in modo formale e testuale in una norma di legge o di regolamento espressa e specifica e che può essere sufficiente un contesto giuridico generale, purché esso garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in modo sufficientemente chiaro e preciso (v. sentenza Commissione/Polonia, C‑281/11, EU:C:2013:855, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

74

Tuttavia, nel caso di specie, occorre constatare che la Repubblica di Polonia non è stata in grado di indicare le disposizioni nazionali concrete che consentano di concludere che le disposizioni sostanziali della direttiva 2000/60, basate sulle definizioni controverse, sono state correttamente trasposte. Pertanto, dalla normativa polacca non emerge che la piena applicazione della direttiva 2000/60 è assicurata in maniera sufficientemente chiara e precisa.

75

Orbene, atteso che dette definizioni servono a garantire una corretta trasposizione degli obblighi che incombono agli Stati membri conformemente alle disposizioni sostanziali della direttiva 2000/60, è fondamentale che esse siano correttamente prese in considerazione nell’ambito della trasposizione delle disposizioni sostanziali in cui ricorrono le espressioni definite, ove lo Stato membro rinunci alla loro trasposizione distinta.

76

Per quanto concerne l’espressione «stato delle acque sotterranee» di cui all’articolo 2, punto 19, della direttiva 2000/60, infatti, occorre constatare che il regolamento del 23 luglio 2008 ha introdotto la definizione di «buono stato chimico delle acque sotterranee», prevista dall’articolo 2, punto 25, di tale direttiva, e di «buono stato quantitativo», prevista dall’articolo 2, punto 28, nonché dal punto 2.1.2 dell’allegato V di detta direttiva, ma non la definizione di «stato delle acque sotterranee», che è tuttavia fondamentale per la corretta trasposizione e la corretta applicazione del combinato disposto dell’articolo 8 della direttiva 2000/60 e del punto 2.5 dell’allegato V delle stessa, posto che lo stato delle acque sotterranee è determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico.

77

Inoltre, non risulta da nessun altro atto giuridico polacco che detta definizione sia stata trasposta nel diritto polacco, rilievo che la Repubblica di Polonia non ha contestato né nelle sue memorie né in udienza, nel corso della quale tale Stato membro si è limitato ad affermare che, nella prassi, non vi era alcun dubbio quanto all’ambito di applicazione delle definizioni in questione e che tutte le disposizioni sostanziali erano attuate correttamente.

78

A tale riguardo, è sufficiente ricordare che, per costante giurisprudenza, le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con un’efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per garantire pienamente la certezza del diritto (v., in particolare, sentenza Commissione/Polonia, C‑281/11, EU:C:2013:855, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

79

Semplici prassi amministrative, per natura modificabili a piacimento dall’amministrazione e prive di adeguata pubblicità, non possono essere considerate valido adempimento degli obblighi di trasposizione di una direttiva. Allo stesso modo, un’interpretazione, da parte dei giudici nazionali, delle disposizioni di diritto interno conforme alle disposizioni di una direttiva non può, di per sé sola, presentare la chiarezza e la precisione richieste per garantire la certezza del diritto (v., in particolare, sentenza Commissione/Polonia, C‑281/11, EU:C:2013:855, punto 105 e giurisprudenza ivi citata).

80

Per quanto riguarda la definizione di «buono stato delle acque sotterranee», di cui all’articolo 2, punto 20, della direttiva 2000/60, occorre constatare che l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento del 23 luglio 2008 prevede che, nella classe II, le acque di buona qualità sono definite come quelle nelle quali, in primo luogo, i valori di determinati parametri fisico-chimici sono elevati per via di processi naturali che si producono nelle acquee sotterranee, e, in secondo luogo, i valori dei parametri fisico-chimici non rivelano impatto delle attività umane o rivelano un impatto molto basso.

81

Orbene, da un lato, l’articolo 2, punto 20, della direttiva 2000/60 dispone espressamente che il buono stato delle acque sotterranee è lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno «buono». La definizione prevista del regolamento del 23 luglio 2008 contempla tuttavia solo parametri fisico-chimici e non corrisponde quindi alla portata, ben più ampia, della definizione prevista da detta direttiva.

82

Dall’altro lato, la definizione del «buono stato delle acque sotterranee» è essenziale per garantire la corretta trasposizione e l’applicazione dell’obbligo fondamentale imposto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), ii), della direttiva 2000/60, secondo il quale gli Stati membri sono tenuti a conseguire un buono stato delle acque sotterranee. Pertanto, la trasposizione della definizione di cui all’articolo 2, punto 20, della direttiva in parola è parimenti essenziale ai fini dell’applicazione delle deroghe a tale obbligo di conseguire un buono stato delle acque sotterranee, vale a dire la deroga che consente di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi, come previsto dall’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2000/60, ovvero quella che consente di introdurre nuove modifiche o alterazioni del livello dei corpi idrici sotterranei, prevista dall’articolo 4, paragrafo 7, della medesima direttiva. In assenza di determinazione del buono stato delle acque sotterranee, non è possibile introdurre deroghe a tale riguardo, senza correre il rischio di non conseguire gli obiettivi ambientali.

83

Per quanto concerne la nozione di «stato quantitativo», prevista dall’articolo 2, punto 26, della direttiva 2000/60, occorre rilevare che l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento del 23 luglio 2008 prevede che «le valutazioni dello stato quantitativo delle acque sotterranee sono effettuate su corpi idrici sotterranei uniformi», mentre detto articolo 8 al paragrafo 3 dispone che «valutazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee viene effettuata determinando la dimensione delle riserve di risorse di corpi idrici sotterranei uniformi e interpretando i risultati del monitoraggio riguardante la situazione delle falde acquifere sotterranee».

84

Orbene, tali disposizioni nazionali non traspongono correttamente la definizione dello «stato quantitativo» di cui alla direttiva 2000/60, atteso che l’articolo 2, punto 26, di quest’ultima dispone che lo stato quantitativo è espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette. Le disposizioni di diritto polacco non fanno tuttavia riferimento né alle estrazioni dirette e indirette né al loro impatto sui corpi idrici sotterranei. Poiché la definizione dello «stato quantitativo» è tuttavia essenziale per garantire la corretta trasposizione e la corretta applicazione dei requisiti di cui al combinato disposto dell’articolo 8 e dell’allegato V della direttiva 2000/60, sia nell’ambito della classificazione dello stato quantitativo delle acque, previsto dal punto 2.1 di tale allegato, sia in quello del monitoraggio di tale stato, conformemente al punto 2.2 di detto allegato, ne deriva che detta definizione non è stata trasposta correttamente nel diritto polacco.

85

Per quanto riguarda l’espressione «risorse idriche sotterranee disponibili» di cui all’articolo 2, punto 27, della direttiva 2000/60, la cui definizione è caratterizzata da una certa complessità, occorre ricordare che la Repubblica di Polonia afferma che, conformemente a una prassi consolidata e a una terminologia propria del diritto polacco, l’articolo 2, paragrafo 1, punto 13, del regolamento del 3 ottobre 2005 utilizza l’espressione equivalente «risorse idriche a disposizione» («zasoby dyspozycyjne wód»). Tale Stato membro precisa che tale espressione riguarda la quantità di acque sotterranee che è possibile estrarre in un’area in equilibrio in determinate condizioni ambientali e idrologiche, senza indicazione di localizzazione specifica né di condizioni tecniche o economiche in materia di estrazione delle acque.

86

Inoltre, la Repubblica di Polonia sottolinea che la definizione di cui all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento del 23 luglio 2008, che prevede che «l’importanza delle riserve di risorse di acque sotterranee è determinata confrontando l’effettiva estrazione media nel corso di più anni con le estrazioni di acque sotterranee, espresse in m3/giorno, con il volume delle riserve di acque sotterranee disponibile per l’utilizzo, espresse in m3/giorno, fissate sulla base delle risorse disponibili stabilite per un’area in equilibrio, comprendente un dato corpo idrico sotterraneo uniforme», dev’essere interpretata conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, punto 13, del regolamento del 3 ottobre 2005. Infine, dovrebbero essere presi in considerazione l’articolo 38, paragrafo 3, della legge in materia di acque e l’articolo 97, paragrafi 1 e 2, della legge sulla protezione dell’ambiente.

87

A tale riguardo, occorre rilevare che, come già constatato al punto 78 della presente sentenza, secondo costante giurisprudenza le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per garantire pienamente la certezza del diritto (v., in particolare, sentenza Commissione/Polonia, C‑281/11, EU:C:2013:855, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

88

Orbene, occorre osservare che l’interpretazione di una disposizione nazionale relativa alla protezione delle acque conforme a varie altre disposizioni sparse in numerose leggi diverse che, peraltro, non afferiscono, a prima vista, alla protezione delle acque non risponde a tali requisiti.

89

Inoltre, dall’analisi delle disposizioni pertinenti dell’ordinamento giuridico polacco si evince che nessun elemento della definizione di cui all’articolo 2, punto 27, della direttiva 2000/60 esiste in diritto polacco, atteso che non vi è alcun riferimento né alla velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario né alla previsione di raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all’articolo 4 di detta direttiva, né infine alla condizione secondo la quale occorre evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi.

90

Infine, come sostiene la Commissione, non esiste alcun rapporto tra l’espressione «risorse idriche sotterranee disponibili» e l’espressione «estrazione di acque». La prima corrisponde infatti a processi naturali, in quanto la definizione presente nella direttiva 2000/60 si riferisce a uno stato di equilibrio naturale, ossia la velocità di ravvenamento globale del corpo idrico sotterraneo meno la velocità del flusso, senza intervento dell’uomo. Detto intervento, che caratterizza l’estrazione delle acque, rientra nell’ambito dell’articolo 2, punto 28, di tale direttiva. Occorre aggiungere che la definizione di cui all’articolo 2, punto 27, di detta direttiva fa implicitamente riferimento all’obbligo di monitoraggio previsto dal punto 2.2.1 dell’allegato V della stessa, il quale riguarda tanto i processi naturali quanto quelli generati dall’uomo. Se tali due categorie restassero indifferenziate, si correrebbe il rischio che gli effetti dell’intervento dell’uomo non siano coperti. Sarebbe di conseguenza difficile individuare adeguatamente le misure che occorrerebbe adottare per garantire un buono stato delle acque conformemente all’articolo 4 della direttiva 2000/60.

91

Da quanto precede emerge che le definizioni di cui all’articolo 2, punti 19, 20, 26 e 27, della direttiva 2000/60 non figuravano nella normativa pertinente in vigore alla data della scadenza del termine fissato nel parere motivato e che tale mancata trasposizione può compromettere il conseguimento degli obiettivi perseguiti da tale direttiva.

92

A tale proposito, occorre osservare che la Commissione ha precisato, nelle sue memorie, le conseguenze della mancata trasposizione o della non corretta trasposizione delle definizioni di cui all’articolo 2, punti 19, 20, 26 e 27, della direttiva 2000/60 sulla corretta trasposizione delle disposizioni sostanziali di quest’ultima e, in particolare, il loro impatto sul conseguimento degli obiettivi della direttiva in parola.

93

Non è quindi necessario, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, che la Commissione deduca censure relative alla non corretta trasposizione di ciascuna disposizione sostanziale della direttiva 2000/60 che contiene o si riferisce alle definizioni controverse, in aggiunta alla censura relativa alla non corretta trasposizione di dette definizioni, previste dall’articolo 2 di tale direttiva.

94

Infine, occorre ricordare che, per quanto riguarda le definizioni di «stato delle acque sotterranee», di «buono stato delle acque sotterranee» e di «stato quantitativo», di cui all’articolo 2, punti 19, 20, e 26 della direttiva 2000/60, la Repubblica di Polonia, nel corso del procedimento precontenzioso, non ha contestato la mancata trasposizione di tali definizioni e che essa ha affermato che avrebbe fatto tutto il possibile per rimediare a tali inadempimenti inserendo le definizioni appropriate nei testi di legge o nelle loro successive disposizioni di attuazione.

95

Alla luce di quanto precede, la prima censura, vertente sulla mancata trasposizione completa o corretta delle definizioni di cui all’articolo 2, punti 19, 20, 26 e 27, della direttiva 2000/60, dev’essere considerata fondata.

Sulla seconda censura, vertente sulla non corretta trasposizione dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/60, per quanto riguarda il monitoraggio delle aree protette

Argomenti delle parti

96

La Commissione ricorda che l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 impone agli Stati membri di monitorare lo stato delle acque superficiali, delle acque sotterranee e delle aree protette elaborando e applicando programmi di monitoraggio.

97

Per quanto riguarda le aree protette, il terzo trattino di tale disposizione prevedrebbe che i programmi sono integrati dalle specifiche contenute nella normativa dell’Unione in base alla quale le singole aree protette sono state create. La Commissione fa presente che, benché simili elementi si trovino nelle disposizioni pertinenti polacche riguardanti le acque destinate alla balneazione o l’estrazione di acque destinate al consumo, essa constata l’assenza di requisiti adeguati corrispondenti alle specifiche di aree istituite conformemente alle direttive 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7), e 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7), vale a dire di aree denominate «Natura 2000». Inoltre, per quanto riguarda le aree protette, neanche i requisiti supplementari per il monitoraggio previsti dal punto 1.3.5 dell’allegato V della direttiva 2000/60 sarebbero stati adeguatamente trasposti nell’ordinamento giuridico polacco.

98

La Commissione rileva che, nella sua risposta al parere motivato, la Repubblica di Polonia ha ammesso che l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 non era stato correttamente trasposto e ha affermato che la modifica del regolamento del 13 maggio 2009 avrebbe garantito una corretta trasposizione di tale disposizione.

99

L’analisi delle disposizioni della normativa polacca di elaborazione dei programmi di monitoraggio delle aree protette Natura 2000 mostrerebbe che, sebbene un monitoraggio operativo preveda di monitorare determinate sostanze chimiche tra cui, ad esempio, il ferro o il rame, il monitoraggio di tali sostanze non consente tuttavia di accertare l’impatto sul monitoraggio delle acque di tali aree protette. La normativa polacca non avrebbe previsto fattori che consentano di determinare uno stato di conservazione delle specie e degli habitat in relazione alle acque. Non sarebbe possibile ritenere che le disposizioni polacche traspongano correttamente la necessità di integrare i programmi di monitoraggio con specifiche contenute nella normativa dell’Unione in base alla quale dette aree sono state create, per quanto concerne le aree istituite conformemente alle direttive 92/43 e 2009/147.

100

La Commissione rileva che detti programmi di monitoraggio dello stato delle acque, previsti dall’articolo 8 della direttiva 2000/60, devono consentire la raccolta di dati in vista del conseguimento di un buono stato delle acque nelle aree protette, tenendo conto dei requisiti derivanti dalla normativa in base alla quale dette aree sono state create. Il programma di monitoraggio di cui all’articolo 8, paragrafo 1, terzo trattino, della direttiva 2000/60 dovrebbe dunque garantire il monitoraggio dei parametri dello stato delle acque che sono indicatori strutturali e funzionali, o che hanno un impatto sulla valutazione delle prospettive di protezione delle specie e degli ambienti naturali per la protezione dei quali tali aree sono state create.

101

La Repubblica di Polonia afferma, in sostanza, che l’articolo 8, paragrafo 1, terzo trattino, della direttiva 2000/60 è stato trasposto per mezzo di un monitoraggio nazionale dell’ambiente, previsto, segnatamente, dall’articolo 25, paragrafo 2, della legge sulla protezione dell’ambiente e dall’articolo 112 della legge sulla protezione della natura, di un monitoraggio effettuato nelle aree Natura 2000 nell’ambito dei piani di missione di protezione, e dell’articolo 5, paragrafo 4, punto 2, del regolamento del 15 novembre 2011.

102

La portata del monitoraggio definito nell’ambito dei piani di attività di protezione e dei piani di missione di protezione verterebbe sugli habitat e le specie che si trovano in tali zone e che sono protetti nell’ambito della rete Natura 2000 e, anzitutto, sugli habitat o le specie per i quali una zona Natura 2000 è stata creata. Tale monitoraggio sarebbe tuttavia fondato su disposizioni più ampie rispetto alle direttive 92/43 e 2009/147. A tale riguardo, si terrebbe anche conto di tutti gli altri obblighi della Repubblica di Polonia derivanti da convenzioni ratificate in materia di protezione della natura, senza dimenticare quelli derivanti dalla direttiva 2000/60.

103

A norma dell’articolo 5, paragrafo 4, punto 2, del regolamento del 15 novembre 2011, il monitoraggio di aree protette sarebbe istituito al fine di constatare il livello di conformità a requisiti supplementari previsti da altre disposizioni per tali aree. Queste altre disposizioni includerebbero segnatamente disposizioni della legge sulla protezione della natura, in forza delle quali sono state istituite aree protette. Il monitoraggio delle acque dovrebbe quindi tener conto dei risultati del monitoraggio effettuato in applicazione dell’articolo 112 della legge sulla protezione della natura e di piani di attività di protezione o di piani di missione di protezione.

104

Nell’ambito del monitoraggio di corpi idrici superficiali e sotterranei uniformi, si terrebbe quindi conto di altri requisiti previsti per le aree Natura 2000 dipendenti dall’acqua. Il livello di conformità ai requisiti relativi alle aree Natura 2000 sarebbe invece definito nell’ambito di un monitoraggio realizzato in applicazione dell’articolo 112 della legge sulla protezione della natura e in base a piani di attività di protezione. Di conseguenza, secondo la Repubblica di Polonia il diritto polacco soddisfa i requisiti in materia di programmi di monitoraggio, previsti dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/60.

Giudizio della Corte

105

Occorre constatare che la trasposizione dell’articolo 8, paragrafo 1, terzo trattino, della direttiva 2000/60 nel diritto nazionale consiste nel tener conto del requisito secondo il quale i programmi di monitoraggio dello stato delle acque nelle aree protette devono essere integrati dalle specifiche contenute nella normativa dell’Unione in base alla quale le aree protette sono state create.

106

Orbene, l’articolo 25, paragrafo 2, della legge sulla protezione dell’ambiente, considerato disposizione di trasposizione da parte della Repubblica di Polonia, non definisce la nozione di «monitoraggio ambientale». L’articolo 112 della legge sulla protezione della natura prevede, invece, che il monitoraggio della natura si basa sull’osservazione e sulla valutazione dello stato attuale dei componenti di diversità biologica e paesaggistica, prendendo in considerazione, in particolare, gli habitat naturali e le specie d’importanza prioritaria. Quest’ultimo tipo di monitoraggio riguarda piuttosto l’osservazione delle variazioni degli elementi naturali, a differenza del monitoraggio ambientale generale effettuato sulla base dell’articolo 25 della legge sulla protezione dell’ambiente. Queste due disposizioni non consentono quindi di dichiarare che le autorità nazionali competenti sono tenute a utilizzare i risultati ottenuti nell’ambito di tale monitoraggio per monitorare e registrare lo stato delle acque interessate, conformemente al combinato disposto dell’articolo 8 e dell’allegato V della direttiva 2000/60.

107

Neanche le altre disposizioni invocate dalla Repubblica di Polonia soddisfano il requisito derivante dalla trasposizione dell’articolo 8, paragrafo 1, terzo trattino, della direttiva 2000/60 e consistente nell’utilizzare i risultati del monitoraggio svolto nelle diverse aree Natura 2000 nell’ambito del monitoraggio previsto in base a tale direttiva e in sede di classificazione dello stato delle acque, giacché esse si limitano a prevedere un siffatto monitoraggio senza imporre l’obbligo di procedere a un utilizzo dei dati da esso risultanti.

108

Inoltre, occorre rilevare che il primo termine fissato per istituite aree speciali di protezione per le quali è richiesta la preparazione di piani di protezione, conformemente alla direttiva 92/43, è spirato nel corso del 2013. Di conseguenza, se il monitoraggio che sarà effettuato nell’ambito dei piani di missione di protezione e dei piani di attività di protezione dovesse essere considerato una forma di trasposizione dell’articolo 8, paragrafo 1, terzo trattino, della direttiva 2000/60, tale trasposizione dipenderebbe dall’elaborazione di detti piani.

109

Il semplice fatto di disporre eventualmente di dati relativi agli habitat e alle specie o anche allo stato delle acque, come afferma la Repubblica di Polonia, non garantisce tuttavia che i programmi di monitoraggio elaborati conformemente alle disposizioni che traspongono la direttiva 2000/60 siano integrati dalle specifiche contenute nella normativa dell’Unione.

110

Infine, è pacifico che, anche supponendo che si debba tener conto dell’articolo 5, paragrafo 4, punto 2, del regolamento del 15 novembre 2011, adottato sulla base dell’articolo 155b della legge in materia di acque dopo la scadenza del termine impartito nel parere motivato, il quale richiede che sia istituito un monitoraggio delle aree protette al fine di determinare gradi di conformità a requisiti supplementari previsti in disposizioni separate riguardanti tali aree, l’articolo 8, paragrafo 1, terzo trattino, della direttiva 2000/60 non è stato correttamente trasposto nel diritto polacco, poiché la suddetta disposizione di diritto nazionale non dispone che il monitoraggio delle aree protette sia istituito in modo da integrare la portata dei parametri di monitoraggio aggiungendo quelli che figurano nella normativa dell’Unione, in base alla quale le aree Natura 2000 sono state istituite, ma fissa soltanto l’obiettivo di tale monitoraggio, vale a dire la valutazione del grado di conformità a requisiti previsti in disposizioni separate.

111

Occorre dunque ritenere fondata la seconda censura, vertente sulla non corretta trasposizione dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/60, per quanto riguarda il monitoraggio delle aree protette.

Sulla terza censura, vertente sulla non corretta trasposizione dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2000/60

Argomenti delle parti

112

La Commissione ritiene che l’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2000/60, che impone agli Stati membri di riferire, nei piani di gestione dei bacini idrografici, circa i passi previsti per attuare il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi ambientali della direttiva in parola, nonché circa il contributo dei vari settori di impiego dell’acqua al recupero dei costi dei servizi idrici, non sia stato trasposto nel diritto polacco.

113

La Commissione rileva a tale riguardo che non esistono disposizioni nazionali adeguate sotto tale profilo e che l’articolo 113a, paragrafo 2, della legge in materia di acque stabilisce soltanto che le misure di base sono dirette a soddisfare i requisiti minimi e comprendono azioni volte ad attuare il principio del recupero dei costi dei servizi idrici. In tale contesto, secondo la Commissione, occorre anche prendere in considerazione l’analisi economica effettuata conformemente all’allegato III della direttiva 2000/60.

114

Nella sua risposta al parere motivato, la Repubblica di Polonia avrebbe affermato che la trasposizione dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2000/60 era stata realizzata ad opera degli articoli 113a, paragrafo 2, punto 2, e 114, paragrafo 1, punto 6, della legge in materia di acque e che tali disposizioni sarebbero state integrate dall’articolo 113b, paragrafo 2, punto 2, di detta legge, quale modificata dalla legge del 5 gennaio 2011 (in prosieguo: la «legge in materia di acque modificata»), che sostituisce pertanto l’articolo 113a, paragrafo 2, punto 2, della legge in materia di acque.

115

Il 5 gennaio 2011, ossia dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato, sarebbe intervenuta tale modifica e la stessa sarebbe stata presa in considerazione dalla Commissione. Tuttavia, tale istituzione ritiene che detta modifica non abbia messo termine all’inadempimento dedotto.

116

Parimenti, secondo la Commissione, l’articolo 114, paragrafo 1, punto 6, della legge in materia di acque, prevedendo soltanto che il piano di gestione dei bacini idrografici debba comprendere una sintesi dei risultati dell’analisi economica dell’utilizzo idrico, può essere considerato una trasposizione della parte A, punto 6, dell’allegato VII della direttiva 2000/60, che costituisce uno degli elementi che deve presentare il piano di gestione dei bacini idrografici, ossia la sintesi dell’analisi economica, ma non una trasposizione dell’articolo 9, paragrafo 2, di tale direttiva.

117

La Repubblica di Polonia sostiene, per quanto riguarda la terza censura, che, benché l’obbligo di prendere in considerazione le informazioni previste da tale disposizione non sia stato direttamente previsto nelle disposizioni nazionali pertinenti, esso risulta tuttavia in modo incontestabile dall’insieme delle disposizioni del diritto polacco, alla luce del suo impianto e dei suoi obiettivi.

118

Inoltre, tale Stato membro afferma di aver trasposto l’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2000/60, in particolare mediante il regolamento del 29 marzo 2013, in quanto il diritto polacco traspone in maniera combinata gli articoli 9 e 11 di tale direttiva, atteso che le misure adottate, in applicazione dell’articolo 9 di detta direttiva, in materia di recupero dei costi dei servizi idrici, sono uno degli elementi costitutivi del programma di misure di cui a detto articolo 11.

Giudizio della Corte

119

Per quanto riguarda la terza censura, si deve ricordare la costante giurisprudenza secondo la quale le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per garantire pienamente la certezza del diritto (v., in particolare, sentenza Commissione/Polonia, C‑281/11, EU:C:2013:855, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

120

A tale riguardo, occorre constatare che la mera affermazione che un obbligo previsto da una direttiva risulta dall’insieme delle disposizioni dell’ordinamento giuridico dello Stato membro interessato non risponde a detto requisito.

121

Inoltre, la Corte ha ripetutamente statuito che l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che i mutamenti intervenuti in seguito non possono essere presi in considerazione dalla Corte (v., in particolare, sentenza Commissione/Polonia, C‑313/11, EU:C:2013:481, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

122

Posto che la Repubblica di Polonia, nel suo controricorso, sostiene di aver trasposto l’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2000/60 mediante il regolamento del 29 marzo 2013, è sufficiente constatare che quest’ultimo è stato adottato dopo la scadenza del termine impartito nel parere motivato, sicché i cambiamenti intervenuti nella normativa nazionale non possono essere presi in considerazione dalla Corte.

123

Occorre quindi ritenere fondata la terza censura, vertente sulla non corretta trasposizione dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2000/60.

Sulle censure quarta e quinta, vertenti sulla mancata trasposizione degli articoli 10, paragrafo 3, e 11, paragrafo 5, della direttiva 2000/60

Argomenti delle parti

124

Per quanto riguarda la quarta censura, vertente sulla mancata trasposizione dell’articolo 10, paragrafo 3, della direttiva 2000/60, la Commissione ricorda che tale disposizione impone agli Stati membri l’obbligo di fissare controlli più rigidi sulle emissioni qualora un obiettivo o uno standard di qualità, stabiliti a norma di tale direttiva, prescriva requisiti più severi di quelli che risultano dalle direttive dell’Unione citate all’articolo 10, paragrafo 2, della stessa direttiva.

125

La Commissione ritiene che la trasposizione della disposizione controversa sia essenziale affinché gli obiettivi della direttiva 2000/60 possano essere conseguiti. Ove i controlli sulle emissioni o la fissazione di valori limite delle emissioni sulla base delle direttive dell’Unione, come la direttiva 91/676, si rivelino, alla luce dell’elevato livello di alghe verdi di origine agricola nelle acque, insufficienti per conseguire gli obietti ambientali della direttiva 2000/60, lo Stato membro avrebbe l’obbligo di adottare controlli sulle emissioni e criteri più rigidi di quelli derivanti dalla direttiva 91/676.

126

Per quanto concerne la quinta censura, vertente sulla non corretta trasposizione dell’articolo 11, paragrafo 5, della direttiva 2000/60, la Commissione sostiene che, sebbene l’articolo 113b, paragrafo 8, della legge in materia di acque modificata contenga le misure elencate dalla suddetta disposizione della direttiva, il suo ambito di applicazione è più limitato di quello di tale disposizione della direttiva.

127

L’espressione «nel corso dell’elaborazione del progetto di programma nazionale relativo alle acque e all’ambiente», che figura nel suddetto articolo 113b, paragrafo 8, restringerebbe infatti la portata della disposizione di diritto polacco alla sola elaborazione del programma nazionale relativo alle acque e all’ambiente. Di conseguenza, le misure citate all’articolo 113b, paragrafo 8, della legge in materia di acque modificata potrebbero essere adottate, oltre che nella fase dell’elaborazione del progetto di programma, solo nell’ambito dell’esame dei programmi di misure previste dall’articolo 11, paragrafo 8, della direttiva 2000/60, vale a dire nell’ambito degli esami regolari richiesti da tale direttiva.

128

Orbene, l’obbligo derivante da detto articolo 113b, paragrafo 8, non potrebbe essere confuso con quello previsto dall’articolo 11, paragrafo 5, della direttiva 2000/60, la cui ratio è quella di aggiungere agli esami ciclici obbligatori previsti dall’articolo 11, paragrafo 8, di tale direttiva l’obbligo di adottare le misure che sono state ricordate qualora il raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti sia improbabile.

129

La Repubblica di Polonia sostiene, per quanto riguarda le censure quarta e quinta, che gli articoli 10, paragrafo 3, e 11, paragrafo 5, della direttiva 2000/60 dovrebbero essere trasposti nell’ambito del progetto di legge di riforma relativo alla legge in materia di acque e di determinate altre leggi i cui lavori legislativi sono in una fase avanzata.

Giudizio della Corte

130

Per quanto riguarda le censure quarta e quinta, è sufficiente ricordare la giurisprudenza costante della Corte, menzionata al punto 121 della presente sentenza, secondo la quale l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e i mutamenti intervenuti in seguito non possono essere presi in considerazione dalla Corte (v., in particolare, sentenza Commissione/Polonia, C‑313/11, EU:C:2013:481, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

131

Giacché dall’argomento avanzato dalla Repubblica di Polonia risulta che gli articoli 10, paragrafo 3, e 11, paragrafo 5, della direttiva 2000/60 dovrebbero essere trasposti nell’ambito del progetto di modifica della legge in materia di acque e di determinate altre leggi, occorre constatare che dette misure di trasposizione non sono state adottate alla scadenza del termine fissato nel parere motivato.

132

Pertanto, le censure quarta e quinta devono essere considerate fondate.

Sulla sesta censura, vertente sulla non corretta trasposizione dei punti 1.3, 1.3.4, 1.3.5, 1.4 e 2.4.1 dell’allegato V della direttiva 2000/60

Argomenti delle parti

133

Per quanto riguarda la sesta censura, vertente sulla non corretta trasposizione dei punti 1.3, 1.3.4, 1.3.5, 1.4 e 2.4.1 dell’allegato V della direttiva 2000/60, la Commissione fa notare che i punti 1.3, 1.4 e 2.4.1 di tale allegato vertono su requisiti fondamentali della direttiva in parola, poiché stabiliscono un metodo di monitoraggio dello stato ecologico e dello stato chimico delle acque superficiali, una classificazione e una presentazione dello stato ecologico delle acque nonché una rete di monitoraggio delle acque sotterranee. Si tratterebbe quindi di elementi essenziali per permettere di effettuare il monitoraggio richiesto dal combinato disposto degli articoli 7, paragrafo 1, e 8 della direttiva 2000/60.

134

Quanto ai punti 1.3, 1.3.4 e 2.4.1 dell’allegato V della direttiva 2000/60, la Commissione rileva che il problema della trasposizione nel diritto polacco di tali punti concerne l’obbligo di allegare al piano di gestione dei bacini idrografici stime sul livello di attendibilità e di esattezza dei risultati del monitoraggio.

135

Se è vero che l’articolo 114, paragrafo 1, della legge in materia di acque fissa un determinato numero di elementi da far figurare nel piano di gestione dei bacini idrografici, tale piano non comprenderebbe tuttavia mappe delle reti di monitoraggio né la presentazione dei programmi di monitoraggio. Contrariamente a quanto richiesto dai punti 1.3 e 2.4.1 dell’allegato V della direttiva 2000/60, le disposizioni della normativa nazionale non richiederebbero che detto piano comprenda stime sul livello di attendibilità e di esattezza dei risultati dei programmi di monitoraggio. Neanche le altre disposizioni di diritto polacco prescriverebbero tale requisito.

136

Per quanto concerne il punto 1.3.5 dell’allegato V della direttiva 2000/60, la Commissione precisa che esso esige che i corpi idrici che formano aree di protezione dell’habitat e delle specie siano compresi nel programma di monitoraggio operativo se, in base alla valutazione dell’impatto e al monitoraggio di sorveglianza, si reputa che essi rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 di tale direttiva. Essa correlerebbe quindi espressamente l’obbligo di realizzare un monitoraggio operativo al rischio di non conseguire gli obiettivi ambientali previsti dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva.

137

Orbene, dalla trasposizione effettuata dall’articolo 5, paragrafo 2, punto 3, del regolamento del 13 maggio 2009 si evincerebbe che il monitoraggio operativo per le acque superficiali è istituito al fine di constatare lo stato delle acque superficiali nelle aree di cui agli elenchi previsti dall’articolo 113, paragrafo 4, della legge in materia di acque, ossia, in particolare, le aree di protezione dell’habitat e delle specie. Sarebbero poi elencati, alla sezione 2, punto 6, dell’allegato I di tale regolamento, i criteri che regolano detto monitoraggio operativo. Tuttavia, secondo la Commissione tale disposizione non garantisce che sia realizzata la valutazione della grandezza e dell’impatto delle pressioni esercitate su tali corpi idrici nelle aree protette.

138

Inoltre, non esisterebbe, nella normativa polacca, alcuna disposizione che faccia riferimento all’obiettivo diretto a garantire uno stato di protezione adeguato e all’obbligo di proseguire i controlli finché le aree protette non soddisfino i requisiti in materia di acque sanciti dalla normativa in base alla quale esse sono designate e finché non sono raggiunti gli obiettivi ambientali che sono stati fissati.

139

La Commissione è dell’avviso che il regolamento del 15 novembre 2011 non abbia fatto venir meno l’inadempimento summenzionato poiché esso non si riferisce specificamente al monitoraggio degli habitat e delle specie nelle aree protette.

140

Inoltre, la normativa polacca non menzionerebbe la necessità di proseguire i controlli finché le aree di protezione non soddisfino i requisiti in materia di acque sanciti dalle disposizioni in base alle quali esse sono designate e finché non siano raggiunti gli obiettivi ambientali previsti dall’articolo 4 della direttiva 2000/60.

141

Per quanto concerne il punto 1.4 dell’allegato V della direttiva 2000/60, la Commissione ritiene che la classificazione e la presentazione degli stati ecologici e dei potenziali ecologici delle acque richiedano che si tenga conto dei parametri idromorfologici, atteso che essi costituiscono parametri imprescindibili dello stato ecologico. Il punto 1.4.2, i) e ii), dell’allegato V della direttiva in parola richiederebbe infatti che siano presi in considerazione tutti i parametri nella classificazione dello stato ecologico.

142

Orbene, il regolamento del 20 agosto 2008 avrebbe previsto, nella parte B, punto XIV, del suo allegato 6 e nella parte B, punto XV, del suo allegato 7, che, «finché non verranno elaborati metodi di valutazione del potenziale ecologico sulla base di parametri idromorfologici, la classificazione dello stato ecologico delle acque può essere effettuata senza tener conto di tali parametri». Analogamente, il regolamento del 9 novembre 2011, relativo alle modalità di classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali uniformi, non terrebbe conto dei parametri idromorfologici nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici.

143

Secondo la Commissione l’esclusione dei parametri idromorfologici della classificazione dello stato delle acque comporterebbe inevitabilmente che la valutazione dello stato ecologico sarà incompleta e che tale valutazione incompleta inciderebbe, a sua volta, sulla realizzazione degli obiettivi ambientali di base previsti dall’articolo 4 della direttiva 2000/60.

144

La Commissione rileva a tale riguardo che il punto 1.4.2, i) e ii), dell’allegato V della direttiva 2000/60 menziona gli «elementi qualitativi». Questi ultimi sarebbero elencati al punto 1.1 di tale allegato, intitolato «Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico». Dai punti da 1.1.1 a 1.1.5 di detto allegato risulterebbe che gli elementi idrologici sostengono gli elementi biologici e che gli elementi qualitativi sono effettivamente indispensabili alla valutazione dello stato delle acque. Tale direttiva considererebbe, ai punti 1.1.1 e 1.1.2 del suo allegato V, «elementi idromorfologici dei fiumi e laghi» la massa e dinamica del flusso idrico, il tempo di residenza, la connessione con il corpo idrico sotterraneo, la variazione della profondità, la massa, la struttura e il substrato del letto.

145

La Repubblica di Polonia afferma, in primo luogo, di aver trasposto i punti 1.3, 1.3.4 e 2.4.1 dell’allegato V della direttiva 2000/60 per mezzo dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 5, del regolamento del 29 marzo 2013.

146

In secondo luogo, per quanto riguarda il punto 1.3.5 dell’allegato V di detta direttiva, la Repubblica di Polonia sostiene che esso è stato trasposto, segnatamente, per mezzo dell’articolo 5, paragrafo 4, punto 4, del regolamento del 15 novembre 2011, che definisce l’obiettivo perseguito dalla gestione del monitoraggio delle aree protette, ossia «valutare la modifica dello stato dei corpi idrici superficiali uniformi nelle aree protette».

147

Se ne desume, secondo la Repubblica di Polonia, che le disposizioni di diritto polacco consentono di valutare la grandezza e l’impatto delle pressioni esercitate sui corpi idrici delle aree protette, il che mira a garantire uno stato di protezione adeguato di tali aree.

148

La Repubblica di Polonia rinvia altresì all’allegato 2 del regolamento del 15 novembre 2011, la cui parte V, punto 25, traspone il requisito risultante dal punto 1.3.5, ultima frase, dell’allegato V della direttiva 2000/60.

149

In terzo luogo, quanto al punto 1.4 dell’allegato V della direttiva 2000/60, la Repubblica di Polonia afferma che la presa in considerazione dei parametri idromorfologici nella classificazione e nella presentazione dello stato ecologico sarà oggetto di una riforma del regolamento del 9 novembre 2011 relativo alle modalità di classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali uniformi e alle norme ambientali di qualità per le sostanze prioritarie.

Giudizio della Corte

150

Per quanto riguarda la non corretta trasposizione dei punti 1.3, 1.3.4, 1.4 e 2.4.1 dell’allegato V della direttiva 2000/60, occorre rilevare che la trasposizione addotta, per mezzo del regolamento del 29 marzo 2013, è stata effettuata dopo la scadenza del termine indicato nel parere motivato.

151

Tale constatazione si applica anche alla trasposizione del punto 1.3.5 dell’allegato V della direttiva 2000/60, sebbene la Commissione affermi di riconoscere che il regolamento del 15 novembre 2011 ha soppresso determinati elementi della non corretta trasposizione di detto punto, quali figurano nel regolamento del 13 maggio 2009.

152

A tale proposito, è sufficiente ricordare la giurisprudenza costante della Corte, già menzionata ai punti 121 e 130 della presente sentenza, secondo la quale l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e i mutamenti intervenuti in seguito non possono essere presi in considerazione dalla Corte (v., in particolare, sentenza Commissione/Polonia, C‑313/11, EU:C:2013:481, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

153

Di conseguenza, la sesta censura, vertente sulla non corretta trasposizione dei punti 1.3, 1.3.4, 1.3.5, 1.4 e 2.4.1 dell’allegato V della direttiva 2000/60, dev’essere considerata fondata.

Sulla settima censura, vertente sulla non corretta trasposizione della parte A, punti da 7.2 a 7.10, dell’allegato VII della direttiva 2000/60

Argomenti delle parti

154

Per quanto riguarda la settima censura, vertente sulla non corretta trasposizione della parte A, punti da 7.2 a 7.10, dell’allegato VII della direttiva 2000/60, la Commissione fa presente che, nella sua risposta al parere motivato, la Repubblica di Polonia l’ha informata che i suddetti punti erano stati trasposti mediante gli articoli 113, 113a e 114 della legge in materia di acque nonché dall’articolo 113b della legge in materia di acque modificata, e che essa aveva inoltre fatto riferimento al progetto di legge di modifica della legge in materia di acque nonché ad altre leggi.

155

Orbene, secondo la Commissione le disposizioni nazionali indicate vertono sul programma nazionale relativo alle acque e all’ambiente, che costituisce la trasposizione dell’articolo 11 della direttiva 2000/60, il quale afferisce al programma di misure. Occorrerebbe distinguere tale programma dal piano di gestione dei bacini idrografici ai sensi dell’allegato VII della direttiva 2000/60, il quale richiede invero che figuri, nel piano di gestione dei bacini idrografici, una sintesi del programma di misure adottate a norma dell’articolo 11 di tale direttiva. La trasposizione di detto articolo di per sé non sarebbe quindi sufficiente a trasporre i requisiti di cui ai punti da 7.2 a 7.10 dell’allegato VII della direttiva 2000/60. La Commissione rileva che l’articolo 114, paragrafo 1, punto 7, della legge in materia di acque impone l’obbligo che figuri, nei piani di gestione dei bacini idrografici, una sintesi delle misure contenute nel programma nazionale relativo alle acque e all’ambiente. Tale disposizione sarebbe tuttavia troppo generica per garantire la trasposizione dei requisiti di cui ai punti da 7.2 a 7.10 dell’allegato VII della direttiva 2000/60. Inoltre, risulterebbe chiaramente dal tenore dei diversi sottopunti del punto 7 dell’allegato VII di tale direttiva che l’intenzione del legislatore dell’Unione era che, nei piani di gestione dei bacini idrografici, non vi fosse soltanto una sintesi delle misure da attuare ai sensi dell’articolo 11 di detta direttiva, ma che vi fosse anche una sintesi delle misure adottate in tale settore.

156

Per quanto riguarda la settima censura, la Repubblica di Polonia sostiene che una trasposizione corretta delle disposizioni di cui trattasi della direttiva 2000/60 ha avuto luogo per mezzo dell’articolo 113b della legge in materia di acque modificata, che traspone l’articolo 11 di detta direttiva. Inoltre, il regolamento del 29 marzo 2013 conterrebbe un rinvio a quest’ultima disposizione giacché l’articolo 2, paragrafo 1, punto 10, di tale regolamento prevede che le informazioni particolari richieste per elaborare un piano di gestione dei bacini idrografici includono una sintesi delle misure contenute nel programma nazionale relativo alle acque e all’ambiente, di cui a tale articolo 113b.

157

Ne deriva, secondo la Repubblica di Polonia, che un piano di gestione dei bacini idrografici deve effettivamente includere una sintesi delle misure contenute nel programma nazionale relativo alle acque e all’ambiente, vale a dire un programma delle misure adottate a norma dell’articolo 11 della direttiva 2000/60, il che consente di garantire la trasposizione corretta della parte A, punto 7, dell’allegato VII di tale direttiva, sulla base del quale un piano di gestione dei bacini idrografici comprende informazioni attinenti alle misure adottate conformemente all’articolo 11 di detta direttiva.

Giudizio della Corte

158

Occorre constatare che l’argomento principale presentato dalla Repubblica di Polonia nell’ambito della settima censura è analogo a quello invocato da tale Stato membro nell’ambito della terza censura. La Repubblica di Polonia, infatti, afferma, in sostanza, che è sufficiente, per garantire la corretta trasposizione dei punti da 7.2 a 7.10 dell’allegato VII della direttiva 2000/60, che gli Stati membri prevedano l’obbligo che il piano di gestione dei bacini idrografici contenga una sintesi del programma delle misure adottate ai sensi dell’articolo 11 di detta direttiva. Orbene, nel caso di specie, il rispetto di tale obbligo sarebbe garantito dal riferimento all’articolo 113b della legge in materia di acque modificata e dall’articolo 2, paragrafo 1, punto 10, del regolamento del 29 marzo 2013.

159

A tale riguardo, è sufficiente constatare che tale disposizione del diritto nazionale è stata adottata dopo la scadenza del termine impartito nel parere motivato, sicché, secondo una giurisprudenza costante, essa non può essere presa in considerazione dalla Corte (v., in particolare, sentenza Commissione/Polonia, C‑313/11, EU:C:2013:481, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

160

Pertanto, la settima censura, vertente sulla mancata corretta trasposizione nell’ordinamento giuridico polacco della parte A, punti da 7.2 a 7.10, dell’allegato VII della direttiva 2000/60, è fondata.

161

Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il ricorso deve essere considerato fondato.

162

Di conseguenza, occorre constatare che, non trasponendo totalmente o correttamente gli articoli 2, punti 19, 20, 26 e 27, 8, paragrafo 1, 9, paragrafo 2, 10, paragrafo 3, e 11, paragrafo 5, della direttiva 2000/60 nonché i punti 1.3, 1.3.4, 1.3.5, 1.4 e 2.4.1 dell’allegato V di detta direttiva e la parte A, punti da 7.2 a 7.10, dell’allegato VII della stessa, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi a essa incombenti ai sensi di tali disposizioni e dell’articolo 24 della medesima direttiva.

Sulle spese

163

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica di Polonia è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

 

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Non trasponendo totalmente o correttamente gli articoli 2, punti 19, 20, 26 e 27, 8, paragrafo 1, 9, paragrafo 2, 10, paragrafo 3, e 11, paragrafo 5, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, come modificata dalla direttiva 2008/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008, nonché i punti 1.3, 1.3.4, 1.3.5, 1.4 e 2.4.1 dell’allegato V di detta direttiva e la parte A, punti da 7.2 a 7.10, dell’allegato VII della stessa, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi a essa incombenti ai sensi di tali disposizioni e dell’articolo 24 della medesima direttiva.

 

2)

La Repubblica di Polonia è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.

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