EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 61994CJ0233

Sentenza della Corte del 13 maggio 1997.
Repubblica federale di Germania contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea.
Direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi - Fondamento giuridico - Obbligo di motivazione - Principio di sussidiarietà - Proporzionalità - Tutela del consumatore - Controllo da parte dello Stato membro di origine.
Causa C-233/94.

Raccolta della Giurisprudenza 1997 I-02405

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1997:231

61994J0233

Sentenza della Corte del 13 maggio 1997. - Repubblica federale di Germania contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea. - Direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi - Fondamento giuridico - Obbligo di motivazione - Principio di sussidiarietà - Proporzionalità - Tutela del consumatore - Controllo da parte dello Stato membro di origine. - Causa C-233/94.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-02405


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Enti creditizi - Sistemi di garanzia dei depositi - Direttiva 94/19 - Fondamento giuridico - Art. 57, n. 2, del Trattato - Ammissibilità

(Trattato CE, art. 57, n. 2; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 94/19/CE)

2 Diritto comunitario - Principi - Principio di sussidiarietà - Esposizione, nella direttiva 94/19 relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, dei motivi intesi a enunciare la conformità dell'azione del legislatore con il principio di sussidiarietà - Mancanza di richiamo espresso al principio - Violazione dell'obbligo di motivazione - Insussistenza

(Trattato CE, art. 190; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 94/19/CE)

3 Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Enti creditizi - Sistemi di garanzia dei depositi - Direttiva 94/19 - Divieto, per le succursali create da un ente creditizio autorizzato in uno Stato membro, di offrire una copertura superiore a quella proposta dal sistema di garanzia dello Stato membro ospitante - Violazione dell'obbligo di motivazione, degli artt. 3, lett. s), e 129 A del Trattato e del principio di proporzionalità - Insussistenza

(Trattato CE, art. 190; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 94/19/CE, art. 4, n. 1, secondo comma)

4 Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Enti creditizi - Sistemi di garanzia dei depositi - Direttiva 94/19 - Divieto, per le succursali create da un ente creditizio autorizzato in uno Stato membro, di offrire una copertura superiore a quella proposta dal sistema di garanzia dello Stato membro ospitante - Liceità allo stato attuale dell'armonizzazione - Violazione dell'art. 57, n. 2, del Trattato - Insussistenza

(Trattato CE, art. 57, n. 2; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 94/19/CE, art. 4, n. 1, secondo comma; raccomandazione della Commissione 87/63/CE)

5 Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Enti creditizi - Sistemi di garanzia dei depositi - Direttiva 94/19 - Obbligo per gli Stati membri di accogliere, all'interno dei loro sistemi di garanzia, le succursali di enti creditizi autorizzati in altri Stati membri - Violazione del principio del controllo da parte dello Stato membro di origine - Insussistenza

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 94/19/CE, art. 4, n. 2)

6 Diritto comunitario - Principi - Proporzionalità - Portata - Violazione mediante la direttiva 94/19, che obbliga gli Stati membri ad accogliere, nei loro sistemi di garanzia dei depositi, le succursali degli enti creditizi autorizzati in altri Stati membri - Insussistenza

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 94/19/CE, art. 4, n. 2)

7 Diritto comunitario - Principi - Proporzionalità - Portata - Violazione mediante la direttiva 94/19, che istituisce un obbligo di adesione di tutti gli enti creditizi ai sistemi di garanzia dei depositi - Insussistenza

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 94/19/CE, art. 3, n. 1, primo comma)

Massima


8 Il Parlamento e il Consiglio hanno correttamente adottato la direttiva 94/19, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, in base al solo art. 57, n. 2, del Trattato. Quest'ultima disposizione consente infatti alla Comunità di eliminare, mediante il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, gli ostacoli relativi all'accesso alle attività autonome e al loro esercizio, tenendo conto al tempo stesso dell'interesse generale perseguito dai diversi Stati membri e disponendo un livello di protezione di questo interesse che risulti accettabile nella Comunità.

Orbene, risulta evidente che questa direttiva elimina ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi. Richiamando gli scopi del Trattato che trovano la loro più generale formulazione nell'art. 2 del medesimo, la direttiva in parola si prefigge infatti di promuovere uno sviluppo armonioso delle attività degli enti creditizi nell'insieme della Comunità, eliminando qualsiasi restrizione alla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, rafforzando nel contempo la stabilità del sistema bancario e la tutela dei risparmiatori. Del resto, i meccanismi che essa istituisce, in particolare l'adesione obbligatoria di tutti gli enti creditizi a sistemi di garanzia dei depositi come pure la copertura, ad opera dei sistemi di garanzia di ciascuno Stato membro, dei depositanti delle succursali create da enti creditizi in altri Stati membri, hanno l'effetto d'impedire agli Stati membri di far leva sulla tutela dei depositanti per ostacolare le attività degli enti creditizi autorizzati in altri Stati membri.

9 Il Parlamento e il Consiglio, pur non avendo espressamente fatto menzione del principio di sussidiarietà nella direttiva 94/19 relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, hanno nondimeno ottemperato all'obbligo di motivazione, ad essi incombente in forza dell'art. 190 del Trattato, in quanto hanno indicato i motivi per i quali reputavano la loro azione conforme a tale principio, rilevando come l'obiettivo della loro azione potesse, date le sue dimensioni, essere meglio realizzato a livello comunitario e non potesse essere conseguito in modo adeguato dagli Stati membri.

10 Il divieto di esportazione sancito dall'art. 4, n. 1, secondo comma, della direttiva 94/19, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, in forza del quale la copertura di cui si giovano i depositanti delle succursali create dagli enti creditizi in Stati membri diversi da quelli in cui sono stati autorizzati non può eccedere la copertura offerta dal corrispondente sistema di garanzia dello Stato membro ospitante, divieto considerato necessario dal Consiglio e dal Parlamento che hanno ritenuto, da un lato, che il livello e la portata della copertura offerti dal sistema di garanzia non dovessero divenire strumenti di concorrenza, e precisato, dall'altro, che il mercato avrebbe potuto subire perturbazioni dovute al fatto che le succursali di alcuni enti creditizi offrono livelli di copertura superiori a quelli offerti dagli enti creditizi autorizzati nello Stato ospitante, è correttamente motivato al riguardo e non costituisce né una violazione degli artt. 3, lett. s), e 129 A del Trattato né una violazione del principio di proporzionalità.

Infatti, anche se la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi nel settore bancario, obiettivi che la direttiva intende promuovere, devono essere accompagnati da un elevato livello di tutela dei consumatori, obiettivo enunciato agli artt. 3, lett. s), e 129 A del Trattato, nessuna disposizione del Trattato obbliga tuttavia il legislatore comunitario ad adeguarsi al livello di protezione più elevato riscontrabile in un dato Stato membro. Pertanto, la riduzione del livello di protezione che può prodursi in determinati casi per effetto dell'art. 4, n. 1, secondo comma, della detta direttiva non rimette in discussione il risultato generale cui tende la direttiva stessa, vale a dire il miglioramento sensibile della tutela dei risparmiatori all'interno della Comunità, e non è quindi incompatibile con l'obiettivo enunciato dagli artt. 3, lett. s), e 129 A del Trattato.

D'altra parte, dal limitato controllo giurisdizionale sull'intervento del legislatore comunitario in una situazione economica complessa non è emerso né che le istituzioni comunitarie, scegliendo di evitare ab initio qualsiasi perturbazione del mercato, non perseguissero un obiettivo legittimo, né che il divieto di esportazione fosse manifestamente sproporzionato per gli enti creditizi interessati.

11 Il divieto di esportazione istituito dall'art. 4, n. 1, secondo comma, della direttiva 94/19, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, in forza del quale la copertura di cui si giovano i depositanti delle succursali create dagli enti creditizi in Stati membri diversi da quelli in cui sono stati autorizzati non può eccedere la copertura offerta dal corrispondente sistema di garanzia dello Stato membro ospitante, non può essere considerato contrario all'art. 57, n. 2, del Trattato, semplicemente per il fatto che esistono situazioni che non favoriscono le succursali di enti creditizi autorizzati in uno Stato membro determinato.

Nell'ambito di un'armonizzazione può accadere infatti che gli operatori stabiliti in uno Stato membro perdano il vantaggio connesso ad una normativa nazionale che era loro particolarmente favorevole. Inoltre, benché tale «divieto di esportazione» costituisca una deroga all'armonizzazione minima e al reciproco riconoscimento perseguiti in via generale dalla direttiva, tuttavia il Parlamento e il Consiglio erano autorizzati, in considerazione della complessità della materia e delle differenze esistenti tra le legislazioni degli Stati membri, a procedere gradualmente all'armonizzazione necessaria.

Infine, poiché era plausibile che l'esercizio dell'attività bancaria delle succursali di enti creditizi autorizzati in Germania collidesse con l'obbligo di aderire ad un sistema di garanzia in un altro Stato membro istituito in conformità della raccomandazione 87/63 della Commissione, relativa all'instaurazione, nella Comunità, di sistemi di garanzia dei depositi, l'art. 4, n. 1, della detta direttiva contribuisce ad attenuare tale ostacolo e costituisce in ogni caso una limitazione molto meno onerosa dell'obbligo di assoggettarsi a differenti legislazioni sui sistemi di garanzia dei depositi in diversi Stati membri ospitanti.

12 L'art. 4, n. 2, della direttiva 94/19, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, che prevede l'obbligo per gli Stati membri di accogliere nei loro sistemi di garanzia dei depositi le succursali degli enti creditizi autorizzati in altri Stati membri al fine di completare la garanzia di cui già si giovano i loro depositanti per via della loro appartenenza al sistema di garanzia del loro Stato membro di origine, non costituisce una violazione del principio del controllo da parte dello Stato membro di origine.

Infatti, poiché il principio del controllo da parte dello Stato membro di origine non è stato stabilito dal Trattato, da un lato, né è stato posto dal legislatore comunitario nel settore del diritto bancario con l'intendimento di subordinarvi in modo sistematico ogni altra regola in questo settore, dall'altro, quest'ultimo ben poteva discostarsene a condizione di non recare pregiudizio al legittimo affidamento degli interessati, legittimo affidamento che non poteva esistere dal momento che il legislatore comunitario non era ancora intervenuto per disciplinare la materia delle garanzie dei depositi.

13 L'art. 4, n. 2, della direttiva 94/19, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, che prevede l'obbligo per gli Stati membri di accogliere nei loro sistemi di garanzia dei depositi le succursali degli enti creditizi autorizzati in altri Stati membri al fine di completare la garanzia di cui già si giovano i loro depositanti per via della loro appartenenza al sistema di garanzia del loro Stato membro d'origine, non costituisce una violazione del principio di proporzionalità.

Emerge infatti dall'obiettivo perseguito da questa disposizione, che intende porre rimedio agli inconvenienti derivanti dalle differenze di indennizzo e dalle disuguali condizioni di concorrenza tra gli enti creditizi nazionali e le succursali di enti di altri Stati membri nello stesso territorio, come pure dalla volontà del legislatore comunitario di tener conto del costo del finanziamento del sistema di garanzia mediante la fissazione di un livello minimo armonizzato di garanzia, che quest'ultimo non intendeva imporre un onere troppo gravoso agli Stati membri di origine che non disponevano ancora di sistemi di garanzia dei depositi o che disponevano solo di sistemi che prevedevano una garanzia meno ampia rispetto a tale livello minimo, e non poteva di conseguenza porre a loro carico il rischio connesso ad una copertura superiore, conseguente alla scelta politica di un determinato Stato membro ospitante. Qualsiasi altra soluzione, come una copertura supplementare obbligatoria da parte dei sistemi dello Stato membro di origine, non avrebbe quindi consentito di raggiungere lo scopo prefisso.

Del resto, poiché tale obbligo è corredato di varie condizioni finalizzate a facilitare il compito dello Stato membro ospitante, potendo quest'ultimo in particolare obbligare le succursali che intendono aderire a uno dei suoi sistemi di garanzia al pagamento di un contributo ed esigere dallo Stato di origine informazioni in ordine alle succursali, ne risulta che esso non ha l'effetto di porre a carico dei sistemi di garanzia degli Stati membri ospitanti un onere eccessivo.

14 L'art. 3, n. 1, della direttiva 94/19, che istituisce un obbligo per gli enti creditizi di aderire ai sistemi di garanzia dei depositi, non è in contrasto con il principio di proporzionalità.

Infatti, tenuto conto, da un lato, della circostanza che in alcuni Stati membri non esisteva nessun sistema di garanzia dei depositi e, dall'altro, dell'esigenza per il legislatore comunitario di assicurare un livello minimo armonizzato di garanzia dei depositi, indipendentemente dalla localizzazione di questi ultimi all'interno della Comunità, l'effetto di tale obbligo, in quanto costringe all'adesione un esiguo numero di enti creditizi in uno Stato membro nel quale esisteva un sistema volontario di adesione, non può considerarsi eccessivo.

D'altra parte, qualsiasi altra soluzione, come in particolare un obbligo di informare i clienti circa un'eventuale adesione, non avrebbe permesso di raggiungere l'obiettivo di assicurare un livello minimo armonizzato di garanzia per tutti i depositi.

Parti


Nella causa C-233/94,

Repubblica federale di Germania, rappresentata dal signor Bernd Kloke, Oberregierungsrat presso il ministero federale dell'Economia, in qualità di agente, e dall'avv. Hans-Jörg Niemeyer, del foro di Bruxelles, D-53107 Bonn,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato dal signor Johann Schoo, capodivisione presso il servizio giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il segretariato generale del Parlamento europeo, Kirchberg,

e

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dalla signora Jill Aussant, consigliere giuridico, e dai signori Klaus Borchers e Jan-Peter Hix, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Bruno Eynard, direttore della direzione degli affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

convenuti,

sostenuti da

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Dimitrios Gouloussis, consigliere giuridico, e Ulrich Wölker, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro dello stesso servizio, Centre Wagner, Kirchberg,

interveniente,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 1994, 94/19/CE, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU L 135, pag. 5),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, J.L. Murray e L. Sevón, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, D.A.O. Edward, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann (relatore), H. Ragnemalm, M. Wathelet e R. Schintgen, giudici,

avvocato generale: P. Léger

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 5 novembre 1996,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 dicembre 1996,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 18 agosto 1994, la Repubblica federale di Germania ha proposto, ai sensi dell'art. 173 del Trattato CE, un ricorso diretto all'annullamento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 1994, 94/19/CE, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU L 135, pag. 5; in prosieguo: la «direttiva»), e, in subordine, delle disposizioni dell'art. 4, nn. 1, secondo comma, e 2, e dell'art. 3, n. 1, primo comma, seconda frase, della direttiva medesima.

2 La direttiva è stata adottata in base all'art. 57, n. 2, prima e terza frase, del Trattato CE e in conformità del procedimento previsto all'art. 189 B del Trattato. La Repubblica federale di Germania ha espresso un voto contrario alla sua adozione in seno al Consiglio.

3 La direttiva è stata preceduta dalla raccomandazione della Commissione 22 dicembre 1986, 87/63/CEE, relativa all'instaurazione, nella Comunità, di sistemi di garanzia dei depositi (GU 1987, L 33, pag. 16; in prosieguo: la «raccomandazione della Commissione»). A mente del punto 1, lett. b), di questa raccomandazione, i sistemi di garanzia dei depositi erano finalizzati a tutelare i depositanti di tutti gli enti creditizi autorizzati, ivi compresi i depositanti di succursali di enti la cui sede sociale si trovava in un altro Stato membro.

4 Ritenendo che tale raccomandazione non avesse consentito di conseguire compiutamente il risultato auspicato, la Commissione ha presentato, il 14 aprile 1992, una proposta di direttiva del Consiglio relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU C 163, pag. 6).

5 L'art. 3 della direttiva prevede quanto segue:

«1. Ogni Stato membro provvede affinché sul suo territorio vengano istituiti e ufficialmente riconosciuti uno o più sistemi di garanzia dei depositi. Fatti salvi i casi di cui al secondo comma e al paragrafo 4, nessun ente creditizio autorizzato in tale Stato membro ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 77/780/CEE [prima direttiva del Consiglio 12 dicembre 1977, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio, GU L 322, pag. 30] può accettare depositi a meno che non abbia aderito ad uno di tali sistemi.

Uno Stato membro può tuttavia esonerare un ente creditizio dall'obbligo di aderire ad un sistema di garanzia dei depositi qualora tale ente appartenga ad un sistema che protegge l'ente creditizio stesso e segnatamente garantisce la sua liquidità e la sua solvibilità, assicurando ai depositanti una protezione almeno equivalente a quella offerta da un sistema di garanzia dei depositi e che, secondo le autorità competenti, soddisfa le seguenti condizioni:

- il sistema esiste ed è stato ufficialmente autorizzato all'atto dell'adozione della presente direttiva;

- il sistema è volto ad evitare che i depositi degli enti creditizi che rientrano in tale sistema possano diventare indisponibili e dispone dei mezzi necessari a tal fine;

- il sistema non consiste in una protezione concessa all'ente creditizio dallo Stato membro stesso o dai suoi enti locali regionali;

- il sistema garantisce che i depositanti siano informati secondo le modalità e alle condizioni di cui all'articolo 9 della presente direttiva.

Lo Stato membro che si avvale di tale facoltà ne informa la Commissione; esso comunica segnatamente le caratteristiche di questi sistemi di protezione e gli enti creditizi coperti da questi ultimi, nonché le ulteriori modifiche alle informazioni trasmesse. La Commissione ne informa il Comitato consultivo bancario.

(...)

4. Laddove l'ordinamento nazionale lo permetta e con l'espresso consenso delle autorità competenti che hanno rilasciato l'autorizzazione, un ente creditizio escluso da un sistema di garanzia dei depositi può continuare ad accettare depositi se, prima dell'esclusione, ha concluso accordi alternativi di garanzia che assicurino ai depositanti un livello e una portata di protezione per lo meno equivalenti a quelli offerti dal sistema di garanzia ufficialmente riconosciuto».

6 L'art. 4 così dispone:

«1. I sistemi di garanzia dei depositi istituiti ed ufficialmente riconosciuti in uno Stato membro conformemente all'articolo 3, paragrafo 1, tutelano i depositanti delle succursali costituite dagli enti creditizi in altri Stati membri.

Sino al 31 dicembre 1999 il livello e la portata, compresa la percentuale, di copertura forniti non devono superare il livello e la portata di copertura massimi offerti dal corrispondente sistema di garanzia dello Stato membro ospitante nel suo territorio.

Anteriormente a tale data la Commissione elabora una relazione sulla scorta dell'esperienza acquisita nell'applicazione del secondo comma e valuta se sia necessario mantenere le pertinenti disposizioni. Se del caso la Commissione presenta una proposta di direttiva al Parlamento europeo ed al Consiglio, per una proroga della validità delle disposizioni stesse.

2. Qualora il livello o la portata, compresa la percentuale, di copertura offerti dal sistema di garanzia dello Stato membro ospitante sia superiore al livello o alla portata di copertura forniti nello Stato membro in cui è autorizzato l'ente creditizio, lo Stato membro ospitante provvede affinché vi sia, nel proprio territorio, un sistema di garanzia dei depositi ufficialmente riconosciuto cui possa aderire volontariamente una succursale al fine di completare la tutela già offerta ai suoi depositanti in virtù della sua appartenenza al sistema dello Stato membro d'origine.

Il sistema a cui la succursale aderirà deve coprire la categoria di enti a cui essa appartiene o quella che è corrispondente nello Stato membro ospitante.

3. Gli Stati membri si adoperano affinché siano stabilite condizioni obiettive e generalmente applicabili per l'appartenenza di succursali al sistema di uno Stato membro ospitante conformemente al paragrafo 2. L'ammissione è subordinata all'osservanza degli obblighi derivanti dall'appartenenza a tale sistema, compreso in particolare il pagamento di tutti i contributi e gli altri oneri. Nell'applicazione del presente paragrafo gli Stati membri si conformano agli orientamenti che figurano nell'allegato II.

4. Se una succursale ammessa ad aderire in via facoltativa ad un sistema di garanzia dei depositi in forza del paragrafo 2 non adempie agli obblighi derivanti dall'adesione medesima, ne vengono informate le autorità competenti che hanno rilasciato l'autorizzazione, le quali, in cooperazione con il sistema di garanzia, adottano tutte le misure appropriate al fine di garantire che l'ente creditizio adempia agli obblighi anzidetti.

Qualora dette misure non siano tali da garantire il rispetto degli obblighi summenzionati da parte della succursale, dopo un adeguato periodo di notifica di almeno dodici mesi, il sistema di garanzia può, con l'assenso delle autorità competenti che hanno rilasciato l'autorizzazione, escludere la succursale. I depositi effettuati prima della data di esclusione restano coperti dal sistema facoltativo fino alla data di scadenza. I depositanti sono informati del ritiro della copertura supplementare.

5. La Commissione riferisce sul funzionamento dei paragrafi 2, 3 e 4 entro e non oltre il 31 dicembre 1999 e propone, se del caso, pertinenti modifiche».

7 Il successivo art. 7 così dispone:

«1. I sistemi di garanzia dei depositi prevedono che il totale dei depositi del medesimo depositante sia coperto fino ad un importo di 20 000 ECU, in caso di indisponibilità di depositi.

Fino al 31 dicembre 1999 gli Stati membri in cui, all'atto dell'adozione della presente direttiva, i depositi non sono coperti fino a 20 000 ECU, possono conservare l'importo massimo previsto nei loro sistemi di garanzia a condizione che detto importo non sia inferiore a 15 000 ECU.

2. Gli Stati membri possono prevedere che per taluni depositanti o depositi la garanzia sia esclusa o ridotta. L'elenco di tali esclusioni figura nell'allegato I.

3. Il presente articolo non osta al mantenimento in vigore o all'adozione di disposizioni che aumentino la copertura dei depositi o la estendano. I sistemi di garanzia dei depositi possono in particolare coprire completamente taluni tipi di depositi per ragioni di carattere sociale.

(...)».

8 Gli artt. 8-10 stabiliscono le condizioni relative all'adattamento del sistema di garanzia dei depositi.

Sulle conclusioni formulate in via principale

9 A sostegno delle proprie conclusioni formulate in via principale, dirette all'annullamento totale della direttiva, il governo federale deduce due motivi, relativi, il primo, all'erroneo fondamento giuridico della direttiva e, il secondo, alla violazione dell'obbligo di motivazione sancito dall'art. 190 del Trattato CE.

Sul motivo relativo all'erroneità del fondamento giuridico della direttiva

10 Il governo tedesco sostiene che l'art. 57, n. 2, prima e terza frase, del Trattato, ai cui termini il Consiglio e il Parlamento stabiliscono le direttive intese al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all'accesso alle attività autonome e all'esercizio delle medesime, non può costituire l'unico fondamento giuridico della direttiva. Secondo lo stesso governo, emerge dal primo, dal secondo, dal quarto, dal sedicesimo e dal diciassettesimo `considerando' della direttiva che la stessa non si limita a regolamentare l'attività delle banche, ma mira prioritariamente a rafforzare la tutela dei depositanti. Conseguentemente, la direttiva avrebbe dovuto essere parimenti fondata sull'art. 235 del Trattato. Infatti, poiché l'art. 57 costituisce una norma speciale rispetto all'art. 100 A, quest'ultimo articolo non troverebbe applicazione nel caso di specie. Quanto all'art. 129 A del Trattato, riguardante specificamente la tutela dei consumatori, ivi compresi i depositanti, esso non conferirebbe al Consiglio il potere di adottare, al di fuori delle misure ai sensi dell'art. 100 A, provvedimenti riconducibili alle categorie di atti normativi previste all'art. 189 del Trattato.

11 Il governo tedesco conclude che, in mancanza dell'unanimità prescritta dall'art. 235 del Trattato, l'adozione della direttiva non è stata regolare.

12 Al riguardo, occorre ricordare che, nell'ambito del sistema di competenze della Comunità, la scelta del fondamento giuridico di un atto deve fondarsi su elementi oggettivi, suscettibili di controllo giurisdizionale. Tra tali elementi figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell'atto (v., da ultimo, sentenza 3 dicembre 1996, causa C-268/94, Portogallo/Consiglio, Racc. pag. I-6177, punto 22).

13 Nella fattispecie si deve constatare che, conformemente al suo primo `considerando', che richiama gli scopi del Trattato che trovano la loro più generale formulazione nell'art. 2 del medesimo, la direttiva si prefigge di promuovere uno sviluppo armonioso delle attività degli enti creditizi nell'insieme della Comunità, eliminando qualsiasi restrizione alla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, rafforzando nel contempo la stabilità del sistema bancario e la tutela dei risparmiatori.

14 In forza dell'art. 3, lett. c), del Trattato, l'azione della Comunità comporta la creazione di un mercato interno caratterizzato dall'eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. L'art. 7 A del Trattato dispone quindi che la Comunità adotta le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato interno conformemente, in particolare, alle disposizioni dell'art. 57, n. 2, del Trattato.

15 Di conseguenza, i provvedimenti adottati ai sensi di quest'ultima disposizione concorrono all'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione, i quali possono derivare, in particolare, dalle disparità esistenti tra le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all'accesso alle attività autonome e all'esercizio delle medesime.

16 Come ha ricorrentemente sottolineato la Corte, in mancanza di un coordinamento comunitario, gli Stati membri possono infatti, a determinate condizioni, imporre provvedimenti nazionali che perseguano un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato e giustificato da ragioni imperative di interesse generale, ivi compresa la tutela dei consumatori (v., segnatamente, sentenza 4 dicembre 1986, causa 205/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 3755).

17 Ne discende che gli Stati membri possono, ricorrendo determinate circostanze, adottare o mantenere in vigore misure che ostacolano la libera circolazione. Sono in particolare ostacoli di questo tipo che l'art. 57, n. 2, del Trattato consente alla Comunità di eliminare mediante il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all'accesso alle attività autonome e all'esercizio delle medesime. Trattandosi di misure di coordinamento, la Comunità tiene conto dell'interesse generale perseguito dai diversi Stati membri e dispone un livello di protezione di questo interesse che risulti accettabile nella Comunità.

18 Nella fattispecie la direttiva prevede l'adesione obbligatoria di tutti gli enti creditizi a sistemi di garanzia che assicurino la copertura del totale dei depositi di un medesimo depositante presso un ente creditizio fino a un importo di 20 000 ECU, in caso di indisponibilità dei depositi. Inoltre, i sistemi di garanzia dei depositi istituiti in uno Stato membro ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva coprono i depositanti delle succursali create da enti creditizi in altri Stati membri.

19 I meccanismi istituiti in tal modo dalla direttiva hanno l'effetto di impedire agli Stati membri di far leva sulla tutela dei depositanti per ostacolare le attività degli enti creditizi autorizzati in altri Stati membri. Ciò premesso, risulta evidente che la direttiva elimina ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi.

20 Pertanto, il Parlamento e il Consiglio hanno correttamente adottato la direttiva in base all'art. 57, n. 2, del Trattato e non erano tenuti a far ricorso ad un altro fondamento giuridico.

21 Conseguentemente, il motivo relativo all'erroneità del fondamento giuridico dev'essere respinto.

Sul motivo relativo alla violazione dell'obbligo di motivazione

22 Il governo federale sostiene che la direttiva dev'essere annullata per violazione dell'obbligo di motivazione enunciato dall'art. 190 del Trattato. Essa non fornirebbe, infatti, alcuna giustificazione in ordine alla sua compatibilità con il principio di sussidiarietà, sancito dall'art. 3 B, secondo comma, del Trattato. Il governo tedesco aggiunge che, poiché questo principio limita le competenze della Comunità e la Corte è competente a verificare che il legislatore comunitario non abbia ecceduto le sue competenze, questo principio deve essere assoggettato al sindacato giurisdizionale della Corte. Per giunta, l'obbligo di motivazione sancito dall'art. 190 imporrebbe di tener conto delle considerazioni essenziali, di fatto e di diritto, sulle quali si fonda un atto normativo e tra le quali rientrerebbe il rispetto del principio di sussidiarietà.

23 In ordine al contenuto concreto dell'obbligo di motivazione alla luce del principio di sussidiarietà, il governo tedesco precisa che le istituzioni comunitarie devono indicare in maniera circostanziata i motivi per i quali la Comunità è l'unica autorizzata a intervenire nel settore considerato, con esclusione degli Stati membri. Orbene, nel caso di specie, la direttiva non indicherebbe né per quale motivo i suoi obiettivi non avrebbero potuto essere conseguiti in modo adeguato mediante un'azione intrapresa a livello degli Stati membri né i motivi per i quali era indispensabile un'azione della Comunità.

24 Occorre preliminarmente rilevare che, nell'ambito di tale motivo, il governo ricorrente non fa valere che la direttiva è in contrasto con il principio di sussidiarietà, ma si limita a contestare al legislatore comunitario di non aver indicato una motivazione idonea a dimostrare la conformità del suo operato a tale principio.

25 In ordine all'obbligo di motivazione, sancito dall'art. 190 del Trattato, va ricordato che esso implica che tutti gli atti considerati contengano un'esposizione dei motivi che hanno indotto l'istituzione ad emanarli, in modo che la Corte possa esercitare il proprio controllo e che sia gli Stati membri sia i cittadini interessati siano posti in grado di conoscere le condizioni nelle quali le istituzioni comunitarie hanno fatto applicazione del Trattato (v., segnatamente, sentenza 17 maggio 1994, causa C-41/93, Francia/Commissione, Racc. pag. I-1829, punto 34).

26 Nel caso di specie, si deve prendere atto che, al secondo `considerando' della direttiva, il Parlamento e il Consiglio hanno ritenuto «opportuno preoccuparsi della situazione che può instaurarsi in caso di indisponibilità dei depositi degli enti creditizi che hanno succursali in altri Stati membri» e che era «indispensabile assicurare un livello minimo armonizzato di garanzia dei depositi dovunque essi si trovino all'interno della Comunità». Queste considerazioni dimostrano la convinzione del legislatore comunitario che l'obiettivo della sua azione potesse, date le dimensioni dell'azione considerata, essere meglio realizzato a livello comunitario. Il medesimo ragionamento riaffiora nel terzo `considerando', da cui emerge che la decisione in merito al sistema di garanzia competente in caso di insolvenza di una succursale situata in uno Stato membro diverso da quello della sede sociale dell'ente creditizio produce effetti che vengono avvertiti oltre le frontiere di ciascuno Stato membro.

27 Inoltre, al quinto `considerando', il Parlamento e il Consiglio hanno rilevato come le misure adottate dagli Stati membri in seguito alla raccomandazione della Commissione non avessero permesso di conseguire pienamente i risultati auspicati. Il legislatore comunitario ha preso conseguentemente atto che l'obiettivo della sua azione non poteva essere conseguito in modo adeguato dagli Stati membri.

28 Da tali considerazioni emerge che, in ogni caso, il Parlamento e il Consiglio hanno indicato i motivi per i quali reputavano la loro azione conforme al principio di sussidiarietà e che essi hanno pertanto ottemperato all'obbligo di motivazione enunciato dall'art. 190 del Trattato. Al riguardo, non può pretendersi che questo principio venga menzionato espressamente.

29 Ciò posto, il motivo relativo alla violazione dell'obbligo di motivazione è di fatto infondato e va pertanto respinto.

Sulle conclusioni formulate in subordine

30 In subordine, il governo federale chiede l'annullamento:

- dell'art. 4, n. 1, secondo comma, della direttiva, ai cui termini la copertura di cui si giovano i depositanti delle succursali create dagli enti creditizi in Stati membri diversi da quelli in cui sono stati autorizzati non può eccedere la copertura offerta dal corrispondente sistema di garanzia dello Stato membro ospitante (in prosieguo: il «divieto di esportazione»),

- dell'art. 4, n. 2, in forza del quale lo Stato membro il cui sistema di garanzia dei depositi superi il livello o la portata della copertura prevista in un altro Stato membro deve istituire un sistema di garanzia dei depositi al quale le succursali degli enti creditizi autorizzati in quest'ultimo Stato possano aderire al fine di completare la loro garanzia (in prosieguo: la «garanzia supplementare»), e

- dell'art. 3, n. 1, primo comma, seconda frase, della direttiva, che prevede un obbligo degli enti creditizi di aderire ad un sistema di garanzia (in prosieguo: l'«obbligo di adesione»).

Sull'art. 4, n. 1, secondo comma

31 Il governo tedesco fa valere, in primo luogo, che il «divieto di esportazione», disposto dall'art. 4, n. 1, secondo comma, della direttiva, non è sufficientemente motivato.

32 In secondo luogo, esso sarebbe contrario all'art. 57, n. 2, del Trattato, il cui obiettivo è quello di facilitare l'accesso alle attività autonome e il loro esercizio in un altro Stato membro.

33 In terzo luogo, esso sarebbe incompatibile con l'obiettivo della Comunità, enunciato agli artt. 3, lett. s), e 129 A, di realizzare un livello elevato di protezione dei consumatori.

34 In quarto luogo, il «divieto di esportazione» sarebbe contrario al principio di proporzionalità.

Sul motivo relativo alla violazione dell'obbligo di motivazione

35 Secondo il governo federale, il quattordicesimo `considerando', l'unico ad essere pertinente in questo contesto, contiene solo una motivazione generica e omette di illustrare i motivi per i quali il Consiglio e il Parlamento hanno ritenuto necessario che il livello e la portata della garanzia non divenissero strumenti di concorrenza. In particolare, queste istituzioni avrebbero dovuto precisare le circostanze che, a parer loro, avrebbero potuto provocare le perturbazioni del mercato ivi menzionate.

36 Alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 25 della presente sentenza, si deve constatare che le istituzioni comunitarie hanno rispettato l'obbligo di motivare il «divieto di esportazione». Invero, nel quattordicesimo `considerando', esse hanno precisato che il mercato potrebbe subire perturbazioni dovute al fatto che le succursali di alcuni enti creditizi offrono livelli di copertura superiori a quelli offerti dagli enti creditizi autorizzati nello Stato membro ospitante, aggiungendo che il livello e la portata della copertura offerti dal sistema di garanzia non dovevano divenire strumenti di concorrenza. Premesso ciò, esse hanno concluso che era necessario, quanto meno in una fase iniziale, prevedere che il livello e la portata di copertura offerti dal sistema dello Stato membro di origine ai depositanti delle succursali situate in un altro Stato membro non dovessero eccedere il livello e la portata massimi offerti dal corrispondente sistema nello Stato membro ospitante.

37 Queste considerazioni pongono in chiara evidenza le ragioni per le quali il legislatore ha adottato la disposizione di cui all'art. 4, n. 1, secondo comma, della direttiva.

38 Il motivo relativo alla violazione dell'obbligo di motivazione deve pertanto essere respinto.

Sul motivo relativo alla violazione dell'art. 57, n. 2, del Trattato

39 Il governo federale assume che il «divieto di esportazione», in quanto obbliga le succursali a ridurre l'ammontare della loro garanzia al livello di quello dello Stato membro ospitante, si risolve nel rendere più difficoltoso, se non addirittura impossibile, l'esercizio della loro attività in tale Stato ed è quindi in contrasto con l'obiettivo perseguito dall'art. 57, n. 2, consistente per l'appunto nel facilitare l'accesso alle attività autonome e il loro esercizio. Il «divieto di esportazione» ostacolerebbe inoltre il processo di attenuazione delle disparità esistenti tra sistemi nazionali di garanzia e, per questo stesso motivo, sarebbe in contrasto con l'obiettivo della direttiva di istituire in tutti gli Stati membri sistemi di garanzia dei depositi armonizzando quelli già esistenti. Tali obiettivi dovrebbero essere conseguiti mediante un'armonizzazione minima e il reciproco riconoscimento dei sistemi nazionali.

40 Al riguardo, il governo federale argomenta che il regime tedesco di garanzia dei depositi che trova applicazione a tutela dei risparmiatori nelle succursali situate in altri Stati membri non viene riconosciuto in questi ultimi, con la conseguenza che il livello di tutela ne risulta ridotto. L'obbligo che ne discenderebbe, per gli enti creditizi tedeschi, di istituire livelli di contribuzione differenziati per le succursali situate in altri Stati membri comporterebbe notevoli difficoltà e impedirebbe perfino a questi enti di creare reti di società controllate in questi altri Stati membri, come potrebbero invece fare in assenza di un «divieto di esportazione». Secondo il governo federale, gli enti creditizi italiani, danesi e francesi sono anch'essi interessati dal momento che, in forza della direttiva, essi debbono ridurre il livello di tutela per i depositi effettuati nelle succursali situate in taluni altri Stati membri.

41 Occorre preliminarmente ricordare che l'art. 57, n. 2, del Trattato conferisce al Parlamento e al Consiglio il potere di emanare direttive in materia di accesso alle attività autonome e del loro esercizio, al fine di rimuovere gli ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi. Orbene, è emerso che un ostacolo di questo tipo era rappresentato dalle fondamentali divergenze insite nei sistemi di garanzia dei depositi esistenti nei vari Stati membri. Le normative relative a questi sistemi sono state pertanto armonizzate, allo scopo di agevolare l'attività degli enti creditizi a livello comunitario.

42 Ciò premesso, il «divieto di esportazione» non può essere considerato contrario all'art. 57, n. 2, semplicemente per il fatto che esistono situazioni che non favoriscono le succursali di enti creditizi autorizzati in uno Stato membro determinato. Nell'ambito di un'armonizzazione può accadere infatti che gli operatori stabiliti in uno Stato membro perdano il vantaggio connesso ad una normativa nazionale che era loro particolarmente favorevole.

43 Inoltre, è pur vero che il «divieto di esportazione» costituisce una deroga all'armonizzazione minima e al reciproco riconoscimento perseguiti in via generale dalla direttiva. Va tuttavia rilevato che, in considerazione della complessità della materia e delle differenze esistenti tra le legislazioni degli Stati membri, il Parlamento e il Consiglio erano autorizzati a procedere gradualmente all'armonizzazione necessaria (v., in tal senso, sentenza 29 febbraio 1996, causa C-193/94, Skanavi e Chryssanthakopoulos, Racc. pag. I-929, punto 27).

44 Infine si deve ricordare che, in forza della raccomandazione della Commissione, i sistemi di garanzia dei depositi dello Stato membro ospitante dovevano tutelare i depositanti delle succursali di enti creditizi con sede sociale in altri Stati membri. Successivamente, la seconda direttiva del Consiglio 15 dicembre 1989, 89/646/CEE, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio e recante modifica della direttiva 77/780/CEE (GU L 386, pag. 1; in prosieguo: la «seconda direttiva bancaria»), non ha trattato il problema dei sistemi di garanzia dei depositi. Stando così le cose, era plausibile che l'esercizio dell'attività bancaria delle succursali di enti creditizi autorizzati in Germania collidesse con l'obbligo di aderire ad un sistema di garanzia in un altro Stato membro istituito in conformità della raccomandazione della Commissione. L'art. 4, n. 1, secondo comma, della direttiva concorre ad attenuare tale ostacolo, riducendo in linea generale l'influenza dei sistemi di garanzia dello Stato membro ospitante ad una semplice limitazione della copertura massima dei depositanti presso succursali create da enti creditizi autorizzati in altri Stati membri ai casi in cui essa superi 20 000 ECU o, eventualmente, 15 000 ECU. In ogni caso, questa limitazione è molto meno onerosa dell'obbligo di assoggettarsi a differenti legislazioni sui sistemi di garanzia dei depositi in diversi Stati membri ospitanti. Ne consegue che, anche per quanto riguarda le succursali di enti creditizi autorizzati in Germania, l'art. 4, n. 1, secondo comma, ha facilitato l'accesso all'attività bancaria e il suo esercizio in altri Stati membri.

45 Il motivo relativo alla violazione dell'art. 57, n. 2, del Trattato deve quindi essere respinto.

Sul motivo relativo all'incompatibilità con l'obiettivo, enunciato agli artt. 3, lett. s), e 129 A del Trattato, di conseguire un livello elevato di protezione dei consumatori

46 Il governo federale sottolinea come la protezione dei consumatori sia, alla luce dell'art. 3, lett. s), del Trattato, un obiettivo imprescindibile della Comunità, e come un titolo specifico, «Protezione dei consumatori», sia stato aggiunto al Trattato con l'art. 129 A. Del resto, risulterebbe parimenti dal primo e dal sedicesimo `considerando' della direttiva che quest'ultima è preordinata al rafforzamento della tutela dei risparmiatori, la quale sarebbe tanto più rilevante quanto più elevato sia l'importo della garanzia.

47 Orbene, prosegue il governo tedesco, il «divieto di esportazione», disposto dall'art. 4, n. 1, secondo comma, svantaggerebbe non soltanto i risparmiatori di uno Stato membro nel quale la copertura sia minima e che abbiano effettuato depositi presso una succursale di un ente creditizio autorizzato in uno Stato membro che prescrive un livello di protezione elevato, ma altresì i risparmiatori che siano titolari di depositi in uno Stato membro con un livello di protezione elevato e che intendano trasferirli ad una succursale in uno Stato membro nel quale il livello di protezione sia più basso. Di conseguenza, la disposizione de qua sarebbe contraria all'obiettivo del Trattato.

48 Sul punto, è sufficiente rilevare che la protezione dei consumatori, pur costituendo uno degli obiettivi della Comunità, non è certamente l'unico. Si è già rilevato, al riguardo, che la direttiva mira a promuovere la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi nel settore bancario. S'intende che queste libertà devono essere accompagnate da un elevato livello di protezione dei consumatori nella Comunità; nessuna disposizione del Trattato obbliga tuttavia il legislatore comunitario ad adeguarsi al livello di protezione più elevato riscontrabile in un dato Stato membro. Pertanto la riduzione del livello di protezione che può prodursi in determinati casi per effetto dell'art. 4, n. 1, secondo comma, della direttiva non rimette in discussione il risultato generale cui tende la direttiva stessa, vale a dire il miglioramento sensibile della tutela dei risparmiatori all'interno della Comunità.

49 Ciò posto, il motivo relativo all'incompatibilità dell'art. 4, n. 1, secondo comma, con l'obiettivo, enunciato agli artt. 3, lett. s), e 129 A del Trattato, di conseguire un elevato livello di protezione dei consumatori va, esso pure, respinto.

Sul motivo relativo alla violazione del principio di proporzionalità

50 Il governo federale fa valere che il legislatore comunitario deve, anche in caso di misure di armonizzazione, attenersi al potere di valutazione che gli viene attribuito e che trova i suoi limiti, in particolare, nel principio di proporzionalità. Ora, tale principio non sarebbe stato rispettato nel caso di specie.

51 Al riguardo, il governo federale argomenta che il «divieto di esportazione» di cui all'art. 4, n. 1, secondo comma, della direttiva è in via di principio incompatibile con l'art. 52 del Trattato poiché esso limita la libertà di stabilimento. Le succursali verrebbero infatti private di un elemento concorrenziale nei confronti degli istituti di credito nazionali dello Stato membro ospitante, al punto che, in determinati casi, gli istituti di credito potrebbero persino essere costretti a rinunciare, per questo motivo, alla creazione di una rete di succursali in un altro Stato membro.

52 Orbene, secondo il governo tedesco, il «divieto di esportazione» non è indispensabile per conseguire l'obiettivo della direttiva, consistente nell'impedire le perturbazioni del mercato che si verificherebbero se i clienti ritirassero i loro depositi presso i loro enti creditizi nazionali per trasferirli in succursali di enti creditizi autorizzati in altri Stati membri, in quanto esistono possibilità alternative a questo divieto le cui conseguenze turberebbero in modo meno grave l'attività degli enti creditizi. Così si sarebbe potuto, ad esempio, istituire a favore degli enti creditizi negli Stati membri in cui la tutela dei depositanti viene meno garantita una clausola di protezione che autorizzasse un intervento solo in caso di imminenza di una perturbazione in uno Stato membro.

53 Una tale clausola di salvaguardia per i periodi di crisi sarebbe stata, da un lato, conforme alla teoria delle misure di salvaguardia di diritto comunitario e, dall'altro, del tutto sufficiente nel caso di specie. Infatti non si sarebbero dovute temere perturbazioni del mercato causate da trasferimenti di denaro effettuati da depositanti nelle succursali di istituti di credito autorizzati in altri Stati membri, dal momento che l'art. 9, n. 3, della direttiva limiterebbe l'uso delle informazioni concernenti i sistemi di garanzia dei depositi a fini pubblicitari. In mancanza di pubblicità, i depositanti avrebbero appreso solo in modo graduale l'esistenza di sistemi di garanzia più vantaggiosi e non tutti avrebbero proceduto immediatamente ad effettuare cospicui ritiri dei loro depositi, lasciando così alle autorità interessate il tempo di adottare misure di salvaguardia.

54 Va richiamata, al riguardo, la giurisprudenza della Corte secondo la quale, al fine di stabilire se una norma di diritto comunitario sia conforme al principio di proporzionalità, si deve accertare se i mezzi da essa contemplati siano idonei a conseguire lo scopo perseguito e non eccedano quanto è necessario per raggiungere detto scopo (v., segnatamente, sentenza 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I-5755, punto 57).

55 Per valutare la necessità della misura in questione, si deve sottolineare che la situazione che il legislatore comunitario si è adoperato per regolamentare è economicamente complessa. Prima dell'adozione della direttiva, non esistevano in tutti gli Stati membri sistemi di garanzia dei depositi; oltretutto, la maggior parte di essi non copriva i depositanti presso succursali create dagli enti creditizi autorizzati in altri Stati membri. Il legislatore comunitario si trovava quindi a dover valutare gli effetti futuri e incerti del suo intervento. Nel farlo, esso doveva optare tra la prevenzione generale di un rischio e l'istituzione di un sistema puntuale di salvaguardia.

56 In siffatta situazione, la Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del legislatore comunitario. Essa potrebbe tutt'al più censurare le scelte normative di quest'ultimo soltanto nel caso in cui tali scelte apparissero manifestamente erronee, o se gli inconvenienti che ne derivano per alcuni operatori economici fossero sproporzionati rispetto ai vantaggi che esse per altro verso presentano.

57 Risulta dal quattordicesimo `considerando' della direttiva che il Parlamento e il Consiglio hanno scelto di evitare ab initio qualsiasi perturbazione del mercato risultante dal fatto che le succursali di alcuni enti creditizi offrono livelli di copertura superiori a quelli degli enti creditizi autorizzati negli Stati membri ospitanti. Non potendo essere completamente esclusa l'eventualità di una tale perturbazione, ne consegue che il legislatore comunitario ha adeguatamente dimostrato di perseguire un obiettivo legittimo. Inoltre, la restrizione rappresentata dal «divieto di esportazione» per le attività degli enti creditizi interessati non è manifestamente sproporzionata.

58 Ciò posto, il motivo relativo all'inosservanza del principio di proporzionalità deve anch'esso essere respinto.

59 Per questi motivi, le conclusioni dirette all'annullamento dell'art. 4, n. 1, secondo comma, della direttiva vanno respinte.

Sull'art. 4, n. 2

60 Secondo il governo federale, l'obbligo, enunciato all'art. 4, n. 2, della direttiva, di accogliere succursali nel sistema di garanzia dello Stato membro ospitante al fine di completare la tutela prevista nel loro Stato di origine è in contrasto con il principio del controllo da parte dello Stato membro di origine e con il principio di proporzionalità.

Sul motivo relativo alla violazione del principio del controllo da parte dello Stato di origine

61 Il governo ricorrente fa valere che, al momento dell'adozione della direttiva, il legislatore comunitario era già vincolato dal principio del controllo da parte dello Stato di origine. Infatti questo principio, enunciato in via definitiva dalla seconda direttiva bancaria, che gli Stati membri erano tenuti ad attuare nel loro ordinamento entro il 1_ gennaio 1993, era stato indicato sin dal 1985 nel libro bianco della Commissione come uno strumento decisivo per armonizzare e coordinare le norme nazionali nel settore dei servizi finanziari. Tale libro bianco era stato espressamente approvato dal Consiglio europeo nel 1985.

62 Con l'adozione dell'art. 4, n. 2, il Parlamento e il Consiglio avrebbero violato questo principio. Infatti, argomenta il governo tedesco, se ci si avvale della garanzia supplementare, la vigilanza sulle banche, la competenza in materia di controllo e la garanzia dei depositi non appartengono più esclusivamente all'amministrazione o al sistema di garanzia dello Stato membro di origine, ma tali competenze sono ripartite fra Stato di origine e Stato ospitante. La conseguenza sarebbe che al sistema di garanzia dei depositi dello Stato membro ospitante, che sopporterebbe il rischio di insolvenza della succursale, sarebbe preclusa, in forza della seconda direttiva bancaria, dianzi citata, la possibilità di controllare adeguatamente le liquidità e la solvibilità della succursale stessa.

63 Il governo federale ricorda inoltre che, secondo la giurisprudenza della Corte, il legislatore comunitario non può, nell'esercizio dei propri poteri, discostarsi dalla sua prassi anteriore senza motivazione.

64 Sul punto, occorre constatare, preliminarmente, che non è stato dimostrato che il legislatore comunitario abbia posto il principio del controllo da parte dello Stato di origine nel settore del diritto bancario con l'intendimento di subordinare ad esso, in modo sistematico, ogni altra regola in questo settore. Inoltre, non trattandosi di un principio enunciato dal Trattato, il legislatore comunitario ben poteva discostarsene senza recare pregiudizio al legittimo affidamento degli interessati. Dal momento che esso non era ancora intervenuto per regolamentare la materia delle garanzie dei depositi, un tale legittimo affidamento non poteva esistere.

65 Ciò posto, il motivo relativo alla violazione del principio del controllo da parte dello Stato di origine dev'essere respinto.

Sul motivo relativo alla violazione del principio di proporzionalità

66 Secondo il governo federale, l'art. 4, n. 2, della direttiva è contrario al principio di proporzionalità in quanto la misura in esso disposta non è indispensabile per conseguire l'obiettivo prefisso.

67 A tale proposito, il governo federale constata che i sistemi di garanzia dei depositi dello Stato membro ospitante devono prendere a carico la differenza tra la copertura meno elevata prevista nello Stato membro di origine e la copertura più elevata concessa nello Stato membro ospitante e, in determinati casi, finanche la totalità della garanzia.

68 La garanzia supplementare comporterebbe quindi rischi notevoli per i sistemi di garanzia dei depositi dello Stato membro ospitante in quanto ad essi incomberebbe risarcire i depositanti, ancorché lo Stato membro ospitante non sia più in grado di esercitare un controllo adeguato sulle liquidità e sulla solvibilità della succursale e, quindi, di prevedere o prevenire un eventuale fallimento di una succursale di un ente creditizio straniero. Questi rischi non potrebbero in ogni caso essere esclusi dal fatto che ciascun sistema di garanzia possa esigere, in conformità degli orientamenti di cui all'allegato II della direttiva, la trasmissione di tutte le informazioni pertinenti e il controllo di tali informazioni di concerto con l'autorità di vigilanza dello Stato membro di origine. Nessuna disposizione imporrebbe infatti alle autorità di controllo dello Stato membro di origine di trasmettere le informazioni necessarie.

69 Il governo federale è altresì del parere che una disposizione in forza della quale i sistemi di garanzia dei depositi dello Stato membro di origine forniscano alle succursali situate in un altro Stato membro una garanzia supplementare per consentire loro di raggiungere il livello di garanzia dello Stato membro ospitante avrebbe costituito una soluzione alternativa meno radicale. Il vantaggio di questa regolamentazione, menzionata del resto nel tredicesimo `considerando' della direttiva come un'alternativa alla garanzia supplementare, consisterebbe nel fatto che il rischio di insolvenza - e quindi l'obbligo di indennizzare i depositanti - non verrebbe più trasferito al sistema di garanzia dello Stato membro ospitante, ma resterebbe a carico dello Stato membro di origine, il quale disporrebbe di possibilità di controllo ampiamente superiori.

70 Sul punto, occorre rilevare che, alla luce del tredicesimo `considerando', l'art. 4, n. 2, della direttiva intende porre rimedio agli inconvenienti derivanti dalle differenze di indennizzo e dalle disuguali condizioni di concorrenza tra gli enti creditizi nazionali e le succursali di enti di altri Stati membri nello stesso territorio. Inoltre, al sedicesimo `considerando', il legislatore comunitario ha ritenuto opportuno tener conto del costo del finanziamento del sistema di garanzia ed ha considerato ragionevole fissare il livello minimo armonizzato di garanzia a 20 000 ECU. L'art. 7 della direttiva prevede una possibilità di derogare a tale importo minimo fino al 31 dicembre 1999, disponendo che la garanzia prima di questa data può non eccedere 15 000 ECU.

71 Emerge dai `considerando' e dalle disposizioni sopra richiamate che il legislatore comunitario non intendeva imporre un onere troppo gravoso agli Stati membri di origine che non disponevano ancora di sistemi di garanzia dei depositi o che disponevano solo di sistemi che prevedevano una garanzia meno ampia. Ciò premesso, esso non poteva porre a loro carico il rischio connesso ad una copertura superiore, conseguente alla scelta politica di un determinato Stato membro ospitante. La possibilità alternativa di una copertura supplementare obbligatoria da parte dei sistemi dello Stato membro di origine, prospettata dal governo ricorrente, non avrebbe quindi consentito di raggiungere lo scopo prefisso.

72 Occorre aggiungere che, come rilevato dall'avvocato generale ai paragrafi 136-146 delle sue conclusioni, l'obbligo imposto allo Stato membro ospitante è corredato di varie condizioni finalizzate a facilitare il suo compito. Così lo Stato membro ospitante può, ai sensi dell'art. 4, n. 3, obbligare le succursali che intendono aderire a uno dei suoi sistemi di garanzia al pagamento di un contributo e, in forza del punto a) dell'allegato II della direttiva, esigere dallo Stato di origine informazioni in ordine a queste succursali. Inoltre, l'art. 4, n. 4, della direttiva è inteso ad assicurare il rispetto degli obblighi che incombono ad una tale succursale, in quanto aderente al sistema di garanzia dei depositi. Si evince da queste diverse disposizioni che l'art. 4, n. 2, non ha l'effetto di porre a carico dei sistemi di garanzia degli Stati membri ospitanti un onere eccessivo.

73 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il motivo relativo alla violazione del principio di proporzionalità.

74 Conseguentemente, le conclusioni relative all'annullamento dell'art. 4, n. 2, della direttiva vanno parimenti respinte.

Sull'art. 3, n. 1, primo comma, seconda frase

75 Secondo il governo federale, l'obbligo di adesione di cui all'art. 3, n. 1, primo comma, seconda frase, della direttiva è contrario all'art. 3 B, terzo comma, del Trattato e al generale principio di proporzionalità.

76 Anzitutto, il governo tedesco fa valere che il principio di proporzionalità enunciato all'art. 3 B, terzo comma, del Trattato ha trovato concreta attuazione, in particolare, nelle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo relative a questa disposizione, le quali precisano che la Comunità, nel prendere provvedimenti normativi, si sforza di tener conto di prassi nazionali consolidate e che i provvedimenti adottati dalla Comunità debbono offrire agli Stati membri soluzioni differenziate per la realizzazione degli obiettivi prefissi.

77 Tuttavia, secondo il governo tedesco, nel formulare l'art. 3, n. 1, primo comma, seconda frase della direttiva, il Parlamento e il Consiglio non hanno tenuto conto del sistema esistente in Germania come «prassi nazionale consolidata» ai sensi degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo. Infatti dal 1976 esisterebbe in questo Stato un fondo di garanzia dei depositi dell'associazione delle banche tedesche, l'affiliazione al quale sarebbe facoltativa e che avrebbe sempre funzionato correttamente.

78 Inoltre, l'obbligo di adesione imposto dalla direttiva non lascerebbe alcuno spazio negli Stati membri a «soluzioni differenziate» per l'applicazione della direttiva, quali un sistema facoltativo di garanzia dei depositi. Il governo tedesco ritiene in proposito che, dato che l'adesione facoltativa costituisce un vantaggio per gli enti creditizi dal punto di vista della concorrenza, questi ultimi aderirebbero senza alcuna costrizione da parte dello Stato ad un sistema di garanzia dei depositi. In Germania, infatti, nell'ottobre 1993, solo cinque enti creditizi, per un ammontare di depositi complessivamente modesto, sarebbero rimasti al di fuori di un tale sistema.

79 Infine, l'adesione obbligatoria porrebbe a carico degli enti creditizi un onere eccessivo. Come sarebbe dimostrato dal sistema tedesco, la protezione dei depositanti potrebbe essere realizzata con provvedimenti diversi e meno restrittivi, quali l'obbligo per una banca di informare i propri clienti circa la sua adesione ad un sistema di garanzia dei depositi.

80 Senza che sia necessario accertare l'esatto valore giuridico delle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo, richiamate al riguardo dal governo ricorrente, occorre anzitutto rilevare che, allorché il legislatore comunitario procede ad un'armonizzazione, non tutte le «prassi nazionali consolidate» possono essere rispettate.

81 Risulta inoltre che, nella fattispecie, la Repubblica federale di Germania è l'unico Stato membro a invocare come prassi consolidata l'adesione facoltativa al sistema di garanzia dei depositi.

82 E' poi assodato che il legislatore comunitario reputava indispensabile assicurare un livello minimo armonizzato di garanzia dei depositi, indipentendemente dalla localizzazione di questi ultimi all'interno della Comunità. Alla luce di tale esigenza e della circostanza che, in alcuni Stati membri, non esisteva nessun sistema di garanzia dei depositi, non può biasimarsi il legislatore comunitario per aver prescelto un sistema obbligatorio di adesione, malgrado il buon funzionamento di un sistema di adesione facoltativo in Germania.

83 Infine, si deve aggiungere che lo stesso governo ricorrente riconosce che, nell'ottobre 1993, soltanto cinque enti creditizi su trecento non aderivano ad un sistema di garanzia dei depositi. L'effetto dell'obbligo di adesione si risolve quindi solo nel costringere un esiguo numero di enti creditizi ad aderire e non può, quindi, considerarsi eccessivo.

84 Per gli stessi motivi, non può rimproverarsi al legislatore comunitario la mancata previsione di una soluzione alternativa all'obbligo di adesione, quale in particolare un obbligo di informare i clienti circa una eventuale adesione. Tale altro obbligo non avrebbe infatti permesso di raggiungere l'obiettivo di assicurare un livello minimo armonizzato di garanzia per tutti i depositi.

85 Conseguentemente, le conclusioni dirette all'annullamento dell'art. 3, n. 1, primo comma, seconda frase, della direttiva, devono essere respinte.

86 Risulta dal complesso delle considerazioni che precedono che il ricorso deve essere respinto.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

87 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea hanno concluso in tal senso e la Repubblica federale di Germania, rimasta soccombente, va quindi condannata alle spese. Ai sensi del n. 4, primo comma, la Commissione delle Comunità europee, intervenuta nella lite, sopporterà le proprie spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.

3) La Commissione delle Comunità europee sopporterà le proprie spese.

Top