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Document 52006AE0592

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione — Politica di coesione a sostegno della crescita e dell'occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013 COM(2005) 299 def. — SEC(2005) 904

GU C 185 del 8.8.2006, p. 52–61 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

8.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 185/52


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione — Politica di coesione a sostegno della crescita e dell'occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013

COM(2005) 299 def. — SEC(2005) 904

(2006/C 185/11)

La Commissione europea, in data 5 luglio 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 marzo 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore VEVER.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 21 aprile 2006, nel corso della 426a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 47 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione.

1.   Sintesi

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo deplora che le linee guida della strategia comunitaria in materia di coesione per il periodo 2007-2013 vengano presentate a un anno di distanza dalla pubblicazione delle proposte relative alla programmazione finanziaria e ai regolamenti dei fondi strutturali per lo stesso periodo. Avrebbero invece dovuto essere pubblicate contemporaneamente a queste ultime, se non prima. Nelle condizioni attuali esse vengono quindi ad essere più delle disposizioni complementari che delle vere e proprie linee guida, come avrebbero dovuto essere.

1.2

Questa sfasatura è tanto più deplorevole se si considera che l'esigenza di disporre di linee guida in questo settore si fa urgente di fronte alle molteplici e complesse sfide in materia di coesione per il periodo 2007-2013: accompagnare l'allargamento, consolidare l'euro e recuperare i ritardi accumulati dalla strategia di Lisbona, che deve far fronte all'accelerazione del processo di globalizzazione. In un contesto di crescita insufficiente, di grandi disparità tra gli Stati membri e di un bilancio comunitario troppo limitato, i punti di forza dell'Unione, che pur esistono, rimangono a uno stato potenziale, più che tradursi in atto (consolidamento del mercato unico allargato, infrastrutture per il futuro, riforme di aggiustamento).

1.3

Il CESE ritiene che non siano esplicitati i collegamenti tra le priorità delle linee guida e gli obiettivi dei fondi strutturali e che le condizioni di attuazione dovrebbero essere precisate. Così ad esempio, la prima priorità — attirare maggiormente gli investimenti — solleva la questione centrale della necessità di infondere più fiducia nello stesso sviluppo dell'Unione. La seconda priorità — promuovere l'innovazione e l'imprenditoria — mette in evidenza la persistente inadeguatezza dei mezzi comunitari (blocco del brevetto comunitario, lacune dello status giuridico europeo dell'impresa, il fatto che gli interventi dei fondi troppo spesso si limitano a delle sovvenzioni). La terza priorità — creare un maggior numero di posti di lavoro — rinvia all'esigenza di recuperare i ritardi accumulati dalla strategia di Lisbona e di pervenire ad un'ottimizzazione, purtroppo ancora lontana, del funzionamento economico e sociale del mercato unico di fronte alle pressioni della globalizzazione.

1.4

Il CESE, al pari del Parlamento europeo, è preoccupato per l'esiguità del bilancio comunitario previsto dal Consiglio europeo del dicembre 2005 per il periodo di programmazione 2007-2013: in effetti, il tetto permanente all'1,045 % del reddito nazionale lordo (con lo 0,36 % destinato alla coesione) pone tale bilancio a un livello inferiore a quello del periodo precedente l'ultimo allargamento, mentre nel frattempo si sono notevolmente accresciute le sfide legate ai divari interni e alla concorrenza internazionale. Di conseguenza, l'interrogativo centrale cui devono rispondere le linee guida della strategia comunitaria di coesione per il periodo 2007-2013 è il seguente: come fare meglio con meno mezzi? In risposta a tale interrogativo, il CESE raccomanda di diversificare gli strumenti della politica di coesione, concentrare di più i relativi interventi e modernizzarne le modalità di gestione.

1.5

Il CESE raccomanda di diversificare gli strumenti della politica di coesione attraverso un'ingegneria innovativa degli interventi finanziari dell'Unione.

1.5.1

I fondi strutturali dovrebbero poter ricorrere a strumenti diversi dalle sovvenzioni e offrire, in collegamento diretto con la BEI e il FEI, prestiti, tassi di interesse agevolati, garanzie sui prestiti e forme di sostegno al capitale di investimento e di rischio.

1.5.2

Questa riorganizzazione dell'intervento, su scala molto più vasta rispetto al solo programma Jeremie, conferirebbe agli interventi dei fondi un effetto moltiplicatore, migliorandone la complementarità rispetto agli investimenti pubblici e privati e ovviando così all'esiguità del bilancio.

1.5.3

In quest'ottica il Comitato auspica un sostanziale incremento delle capacità di prestito e di garanzia dell'UE, il rafforzamento della collaborazione con il settore bancario e finanziario e corrispondenti adeguamenti nei nuovi regolamenti dei fondi strutturali. Per realizzare queste tre condizioni servono con urgenza delle proposte in tal senso da parte della Commissione.

1.6

Il CESE raccomanda di concentrare maggiormente gli investimenti dei fondi strutturali in funzione degli interessi prioritari dell'Europa.

1.6.1

Fatta salva l'esigenza di proseguire e anzi di intensificare il sostegno diretto agli Stati e alle regioni più bisognose, ciò significa rafforzare, con il concorso del partenariato pubblico — privato, il finanziamento delle reti infrastrutturali transeuropee e l'assistenza alle regioni frontaliere.

1.6.2

Affinché ciò avvenga, il CESE chiede una rivalutazione consistente del bilancio delle reti transeuropee, trascurato dalla programmazione di dicembre 2005 malgrado gli obiettivi della strategia di Lisbona.

1.6.3

Significa anche che gli interventi comunitari dovranno essere utilizzati maggiormente per aiutare gli Stati membri ad applicare meglio gli orientamenti, le decisioni e gli impegni comunitari, sia che si tratti del recepimento di direttive che dell'attuazione della strategia di Lisbona. In particolare occorrerebbe rivalutare il bilancio degli aiuti alla formazione, anch'esso fortemente ridotto nel dicembre 2005.

1.7

Il CESE raccomanda infine di aggiornare i metodi di gestione della politica di coesione per promuovere una maggiore trasparenza e interattività.

1.7.1

Ciò significa giustificare la piena compatibilità degli aiuti comunitari con la politica della concorrenza, come già avviene per gli aiuti di Stato.

1.7.2

Serve inoltre un maggiore coinvolgimento dei soggetti della società civile organizzata, a iniziare dalle parti sociali, nell'elaborazione, nella conduzione e nel monitoraggio della politica europea di coesione.

1.7.3

In tale ottica il CESE chiede che nelle linee guida della strategia comunitaria vengano inserite specifiche disposizioni che stabiliscono il coinvolgimento delle categorie socioprofessionali, e che le relative condizioni di attuazione in ciascuno Stato membro vengano precisate in allegato ai documenti di programmazione e di revisione.

2.   Introduzione

2.1

La comunicazione adottata dalla Commissione il 5 luglio 2005 sulle linee guida della strategia comunitaria relativa alla politica di coesione per il periodo 2007-2013 completa una serie di proposte precedenti.

2.1.1

Le linee generali del bilancio comunitario per il periodo 2007-2013, presentate il 17 febbraio 2004, sono state calcolate in base a un tasso dell'1,14 % del Reddito nazionale lordo (RNL).

2.1.2

Il 14 luglio 2004 sono stati presentati i progetti di regolamento che modificano le disposizioni relative ai fondi strutturali (FESR, FSE, Fondo di coesione) per il periodo 2007-2013 (1); la Commissione ha proposto di assegnare ai fondi tre obiettivi:

2.1.2.1

l'obiettivo Convergenza, che succede all'attuale Obiettivo 1: si tratta di aiuti a favore delle regioni meno sviluppate dell'Unione, in particolare quelle il cui PIL è inferiore al 75 % della media comunitaria: a tale obiettivo dovrebbe essere assegnato il 78,54 % delle risorse dei fondi;

2.1.2.2

l'obiettivo Competitività regionale e occupazione, che va a sostituirsi all'attuale Obiettivo 2, prevede aiuti a favore delle altre regioni europee, più specificamente per sostenerle nell'attuazione della strategia di Lisbona e nel miglioramento della situazione occupazionale: a questo obiettivo dovrebbe essere attribuito il 17,22 % delle risorse dei fondi;

2.1.2.3

l'obiettivo Cooperazione territoriale europea, che subentra all'attuale programma Interreg, disporrà del 3,94 % delle risorse dei fondi.

2.1.3

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha anche presentato un progetto relativo alla creazione di un Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera al fine di facilitare le iniziative intracomunitarie in questo settore (2).

2.2

Nelle linee guida della politica di coesione comunitaria per il periodo 2007-2013, presentate il 5 luglio 2005, la Commissione ha proposto tre priorità che si differenziano, nella formulazione, dai succitati obiettivi di intervento dei fondi strutturali, pur intersecandoli:

2.2.1

la prima priorità delle linee guida è quella di attirare maggiormente gli investimenti;

2.2.2

la seconda priorità è promuovere l'innovazione e l'imprenditoria;

2.2.3

la terza è la creazione di posti di lavoro.

2.3

Le linee guida dovranno essere applicate tramite quadri strategici di riferimento nazionali, che verranno stabiliti in un secondo tempo dalla Commissione, dagli Stati membri e dalle regioni.

2.4

Le linee guida sono state il capitolo mancante del pacchetto complessivo relativo alla politica di coesione per il periodo 2007-2013. Tutto sommato, sarebbe stato più logico che la Commissione aprisse il dibattito sulla politica di coesione con la presentazione delle linee guida, onde definire dapprima il quadro politico globale, anziché con i progetti di regolamento relativi ai fondi, che dovrebbero costituirne le modalità d'applicazione. In assenza di una migliore articolazione complessiva, che affidi alle linee guida un ruolo direttivo ben definito e non di accompagnamento, si corre il rischio di diluire il valore aggiunto della politica europea di coesione e di incoraggiare una rinazionalizzazione delle strategie di sviluppo totalmente nociva alla coerenza, alla competitività e all'efficienza economica e sociale dell'Unione.

2.5

Le discussioni in merito agli orientamenti di bilancio per il periodo 2007-2013 e i regolamenti relativi ai fondi strutturali per lo stesso periodo sono iniziate in circostanze difficili, caratterizzate da notevoli divergenze di valutazione tra i 25 Stati membri circa gli importi e le modalità di intervento. Dopo il primo, fallito tentativo del giugno 2005, il 17 dicembre 2005 il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo sul bilancio su basi molto ridotte: il tetto massimo per il periodo 2007-2013 viene infatti fissato all'1,045 % del RNL, con 252 miliardi di euro, cioè l'82 %, all'obiettivo Convergenza, 48,5 miliardi, ovvero il 15,5 %, all'obiettivo Competitività e occupazione e 7,5 miliardi, pari a meno del 2,5 %, all'obiettivo Cooperazione territoriale europea.

2.6

Il 18 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha respinto tale programmazione finanziaria, molto lontana dalle sue aspettative. Consiglio e Parlamento hanno quindi ripreso le discussioni e il 4 aprile 2006 sono pervenuti a un compromesso che prevede lo stanziamento di altri 4 miliardi di euro (di cui 2 come riserva). Tale accordo deve ancora essere ratificato da entrambe le parti.

3.   Osservazioni in merito alle sfide della politica di coesione 2007-2013

3.1

Il periodo 2007-2013, cui si riferiscono le linee guida in esame, sarà contrassegnato da sfide molto importanti:

3.1.1

in primo luogo, occorrerà proseguire e consolidare l'allargamento. Dopo essere passata da 15 a 25 membri nel 2004, nel 2007 l'Unione europea dovrebbe accogliere altri due membri. Altri ancora potrebbero aderire nel periodo successivo, dopo il 2013 se non prima, in quanto l'elenco delle candidature all'adesione è tutt'altro che chiuso. In ogni caso, malgrado gli allargamenti rafforzino il peso del mercato unico e la sua capacità di generare, nel contesto della globalizzazione, crescita, posti di lavoro, scambi, produzione, consumi e competitività, dal canto loro le crescenti disparità socioeconomiche richiederanno molto probabilmente un vero salto qualitativo nel coordinamento delle politiche europee e nazionali, nella gestione e nel rafforzamento del mercato unico e nella pianificazione collettiva del territorio dell'Unione.

3.1.2

Sarà opportuno portare a compimento anche l'allargamento della zona dell'euro, garantendone al contempo il rafforzamento, l'attrattiva e una migliore efficacia in termini di crescita e posti di lavoro. Dei 25 Stati membri attuali solo 12 fanno parte oggi della zona dell'euro. Potenzialmente, per il 2013 questa dovrebbe estendersi alla maggior parte degli Stati membri, nella misura in cui essi soddisfano le condizioni di ingresso. Analogamente all'allargamento dell'Unione, l'estensione della zona dell'euro necessiterà un rafforzamento della convergenza, in condizioni di competitività innanzitutto sul piano economico, ma anche in numerosi altri settori correlati che vanno dalla fiscalità, in particolare l'armonizzazione delle basi imponibili, alla politica sociale.

3.1.3

I mutamenti strutturali continueranno ad intensificarsi per tutto il periodo considerato:

3.1.3.1

la globalizzazione e l'affermazione delle nuove potenze economiche emergenti accentueranno le pressioni della concorrenza e la portata delle delocalizzazioni;

3.1.3.2

si assisterà a un'ulteriore accelerazione delle trasformazioni tecnologiche, intensificate in particolare dalle innovazioni di una società dell'informazione che acquisisce dimensioni mondiali;

3.1.3.3

in Europa si confermerà il fenomeno dell'invecchiamento demografico, con il pensionamento della generazione protagonista del baby boom postbellico: si modificheranno così le condizioni di vita, di lavoro e di equilibrio previdenziale negli Stati membri;

3.1.3.4

i flussi migratori provenienti dai paesi terzi meno sviluppati dovrebbero continuare ad aumentare: gioverà dunque inquadrarli meglio, da un lato adattandoli maggiormente ai bisogni e alle capacità d'integrazione dell'Unione, dall'altro razionalizzando in modo molto significativo gli aiuti ai paesi di provenienza degli immigrati, onde generare maggiori posti di lavoro e maggiore progresso economico e sociale nelle zone interessate. Occorrerà altresì tenere conto delle esigenze di adattamento degli immigrati nei programmi scolastici e di formazione dei diversi livelli.

3.1.3.5

La lotta all'esclusione sociale e alla povertà, sia per quanto riguarda i disoccupati che i lavoratori a basso reddito, rimarrà un'esigenza importante della politica europea di coesione. Se non si risolve questo tipo di problemi, che vanno al di là delle questioni meramente occupazionali, sarà difficile, nel concreto, riuscire a garantire la coesione non solo dal punto di vista sociale, ma anche da quello economico.

3.1.4

La scadenza del 2010, fissata dal Consiglio ancora nel 2000 per la realizzazione della strategia di Lisbona, sarà al centro di questo periodo di profondi mutamenti. Nell'attuazione della strategia di Lisbona si sono tuttavia registrati dei ritardi: per l'Europa sarà quindi al tempo stesso più urgente e più difficile recuperare tali ritardi per rimanere competitiva.

3.2

Per affrontare queste grandi sfide la politica europea di coesione potrà far leva su numerosi e importanti punti di forza. Si citeranno in particolare:

3.2.1

il peso specifico del mercato interno europeo, che conta oltre mezzo miliardo di persone e rappresenta un potenziale economico, commerciale e umano ancora sottoutilizzato, sia sul piano della domanda e dell'offerta che su quello del marcato del lavoro;

3.2.2

il modello europeo di relazioni sociali e il dialogo sociale europeo, che insistono sulla valorizzazione delle risorse umane di fronte alle sfide dell'occupazione, dello sviluppo, della salute e della qualità della vita in un contesto globalizzato;

3.2.3

la dinamica economica dei nuovi Stati membri, il cui tasso di crescita arriva spesso al doppio della media comunitaria, e che dovrebbe contribuire a ridurre le notevoli disparità di sviluppo esistenti e a sostenere il dinamismo economico e commerciale dell'Unione;

3.2.4

le nuove opportunità di pianificazione e di investimento offerte dall'unificazione dell'intero continente europeo, che consentono di riconsiderarne l'organizzazione economica interna e di realizzare modelli innovativi a livello delle infrastrutture e dell'assetto territoriale;

3.2.5

anche le riforme economiche e sociali della strategia di Lisbona, nella misura in cui riusciranno a decollare e a produrre un effetto trainante reciproco, con il contributo attivo delle parti sociali, dovrebbero fornire un sostegno essenziale al successo della politica di coesione dell'Unione europea.

3.2.6

Nel complesso, gli interventi della politica europea di coesione dovrebbero soprattutto cercare di promuovere l'instaurarsi di un circolo virtuoso crescita-occupazione sviluppando le interazioni positive tra diversi fattori (approfondimento e allargamento del mercato interno, investimenti e assetto territoriale, riforme negli Stati membri).

3.3

La politica europea di coesione dovrà altresì fare i conti con alcune grosse difficoltà che le renderanno più arduo il compito:

3.3.1

si citerà in primo luogo la persistente difficoltà a ridare all'Europa una crescita economica forte. Lungi dal recuperare il ritardo accumulato rispetto ai suoi avversari, l'Europa continua anzi a perdere terreno: nel complesso il tasso di crescita rimane mediocre, mentre la disoccupazione, che colpisce i giovani come i più anziani, rimane elevata in numerosi Stati membri e i posti di lavoro creati risultano per lo più insufficienti. A ciò si aggiunge il persistente deficit nel settore della ricerca e l'accelerazione delle delocalizzazioni. La posizione attuale dell'Europa in termini di prestazioni mondiali non rispecchia in alcun modo le ambizioni dichiarate cinque anni fa e per il momento non si intravede alcun miglioramento significativo della situazione.

3.3.2

Un'altra grande sfida deriva dall'ampiezza delle disparità economiche e sociali createsi con gli ampliamenti: ci vorrà molto tempo per riassorbirle. Bisognerà modificare l'approccio e i metodi della politica di coesione rispetto a quelli prevalsi negli anni precedenti, in cui gli Stati membri presentavano differenziali di sviluppo molto meno marcati.

3.3.3

Una delle maggiori debolezze della politica di coesione risiede nel coordinamento delle politiche economiche, comprese quelle fiscali, che rimane troppo debole anche tra i paesi che fanno parte della zona dell'euro. Con l'aumento del numero degli Stati membri urge ora porvi rimedio, proprio nel momento in cui anche rimediare diventa più difficile. Oltre che un maggiore coordinamento economico occorrerebbe anche una migliore concertazione per quanto riguarda le politiche sociali.

3.3.4

Tra le disfunzioni da correggere, si citerà anche l'insufficiente coinvolgimento dei soggetti della società civile rispetto al primato delle amministrazioni pubbliche e alla gestione altamente bilaterale (Commissione e Stati membri) dell'attuazione della politica di coesione (3).

3.3.5

I fondi europei dal canto loro rimangono e continueranno a rimanere proporzionalmente modesti rispetto a dei bisogni in crescita. L'accordo del 17 dicembre 2005, che limita il bilancio europeo all'1,045 % del Reddito nazionale lordo, riduce il bilancio della politica di coesione allo 0,36 % del RNL. I mezzi di bilancio europei sono così portati a un livello inferiore a quello del periodo precedente l'ultimo allargamento, cosa che preoccupa sia il Parlamento europeo che il CESE. Risorse di questo calibro, che non hanno evidentemente niente a che vedere con quelle di un bilancio federale (il bilancio degli USA rappresenta più del 20 % del PIL), appaiono già di per sé stesse eccessivamente limitate rispetto alle sfide di coesione che deve affrontare l'Unione.

3.3.6

L'interrogativo centrale cui dovranno rispondere le linee guida della strategia comunitaria di coesione per il periodo 2007-2013 è quindi il seguente: come fare meglio con meno mezzi? Bisognerà più che mai garantire che venga fatto il migliore uso possibile di queste risorse così limitate, badando non a fornire un'assistenza perenne, bensì a creare le condizioni per uno sviluppo autonomo e duraturo. A questo fine si dovrà da un lato ricercare la massima convergenza e complementarietà con i bilanci nazionali, dall'altro cercare di attivare e appoggiare le forze del mercato: insieme ai finanziamenti pubblici, queste sono infatti in grado di mobilitare risorse commisurate ai bisogni dello sviluppo collettivo dell'Europa.

3.3.7

Per rispondere a tutte queste sfide occorrerà diversificare gli strumenti della politica di coesione, concentrare più efficacemente i suoi interventi e modernizzarne i metodi di gestione. Tali considerazioni vengono sviluppate nei punti successivi.

4.   Osservazioni in merito alle priorità della politica di coesione 2007-2013

4.1

Le linee guida della strategia comunitaria di coesione per il periodo 2007-2013 sono finalizzate al perseguimento di una priorità dominante, ovvero «crescita e occupazione»: esse fanno riferimento, in particolare, al partenariato per la crescita e l'occupazione proposto dal Consiglio europeo di marzo 2005 e alle linee di orientamento, sempre per la crescita e l'occupazione, proposte in giugno dalla Commissione.

4.2

Per contribuire alla crescita e all'occupazione, la comunicazione propone tre priorità specifiche: attirare gli investimenti, sviluppare l'innovazione e l'imprenditorialità, rafforzare l'occupazione e la formazione. Queste tre priorità sono completate da un'attenzione trasversale per la pianificazione territoriale dell'Unione nelle sue componenti urbana e rurale e nelle sue interrelazioni frontaliere, nazionali e regionali.

4.3

La prima priorità — attirare maggiormente gli investimenti — appare particolarmente pertinente: essa dovrebbe essere realizzata in special modo nelle regioni meno sviluppate dell'Unione allargata, che meritano di beneficiare di una certa priorità di intervento, vigilando nel contempo sulle misure transitorie a favore delle ex regioni prioritarie. Occorre rimediare alle limitazioni dei fondi europei d'intervento promovendo l'investimenti di capitali, in particolare quelli del settore privato, al servizio delle priorità di sviluppo dell'economia europea.

4.3.1

Malgrado i progressi registrati nel completamento del mercato interno, nell'attuazione dell'Unione economica e monetaria e in talune delle riforme della strategia di Lisbona, l'Unione europea non è tuttavia ancora riuscita ad assicurarsi un meccanismo di crescita autonomo e vigoroso, che valorizzi le sinergie e la complementarità delle economie dei paesi membri. Per condurre una politica di coesione efficace bisognerà dunque ristabilire la fiducia di tutti i gruppi (imprenditori, lavoratori, investitori) nello sviluppo economico e sociale dell'Unione, nonché, probabilmente, nel suo futuro politico e istituzionale.

4.3.2

A questo fine bisognerà dunque ridurre, nei prossimi anni, i fattori di incertezza che gravano attualmente su questioni essenziali come il completamento del mercato unico, l'affermazione di un'economia competitiva integrata intorno all'euro, il rafforzamento della crescita e dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita, il buon esito della strategia di Lisbona, una governance efficace delle istituzioni dell'Unione, una pianificazione ottimale e sostenibile dell'Unione allargata, che vada verso un'armonizzazione del progresso economico, sociale e ambientale.

4.3.3

La comunicazione della Commissione pone l'accento sugli investimenti nelle reti infrastrutturali, in particolare quelle dei trasporti. Manca tuttavia un'analisi delle cause dei persistenti ritardi registrati in questo settore. Per rimediarvi bisognerebbe dare maggiore priorità al finanziamento delle infrastrutture transeuropee dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni, che influiscono sulla coesione dell'Unione. In questo contesto non possiamo che deplorare la drastica riduzione dei finanziamenti prevista nell'accordo del 17 dicembre 2005: la penalizzazione delle reti transeuropee da parte del Consiglio europeo è in aperta contraddizione con gli impegni legati alla strategia di Lisbona, che giungerà a scadenza proprio a metà del periodo di programmazione 2007-2013. Sulla scia delle posizioni espresse dal Parlamento europeo, il CESE chiede dunque che venga nettamente rivalutato il bilancio relativo al finanziamento delle reti transeuropee.

4.3.4

La comunicazione della Commissione sottolinea altre due priorità d'investimento per la politica di coesione: da un lato la promozione degli investimenti ambientali, dall'altro il rafforzamento dell'autonomia europea sul piano energetico.

4.3.4.1

Gioverà altresì sottolineare la necessità di collegare direttamente queste priorità al succitato sostegno alle reti infrastrutturali europee.

4.3.4.2

Occorrerà inoltre garantire il rispetto delle condizioni ambientali da parte dei beneficiari degli aiuti europei.

4.4

La seconda priorità assegnata alla politica di coesione è quella di migliorare l'innovazione e l'imprenditoria: attraverso essa la Commissione si riallaccia direttamente alle priorità della strategia di Lisbona per quanto riguarda la promozione di un'Europa della conoscenza.

4.4.1

Tale priorità prevede in primo luogo l'aumento degli investimenti a favore della ricerca.

4.4.1.1

È giocoforza constatare che sul piano tecnologico l'Europa perde complessivamente terreno rispetto ai suoi maggiori concorrenti. Negli ultimi anni gli stanziamenti degli Stati membri per la ricerca, spesso inferiori di oltre un terzo all'obiettivo del 3 % del PIL fissato dalla strategia di Lisbona, sono stati bloccati o amputati, anziché aumentati. Il bilancio europeo del programma quadro di ricerca e sviluppo (PQRS) rimane limitato rispetto ai bilanci degli Stati membri in materia di ricerca e carente per quanto riguarda il coordinamento dei programmi nazionali stessi. D'altro canto nei processi istituzionali comunitari permangono, anche ai massimi livelli, gravi strozzature che rappresentano un pessimo segnale. L'insuccesso dei tentativi in corso da 30 anni di pervenire a un brevetto comunitario illustra l'incapacità estremamente preoccupante dell'Europa di dotarsi di mezzi che siano all'altezza delle sue ambizioni.

4.4.1.2

Bisognerebbe quindi avviare una vera politica europea della ricerca, dotata di maggiore credibilità: ciò richiederebbe un significativo incremento dei finanziamenti europei a questa destinati, nel quadro del necessario riassetto del bilancio comunitario, e al tempo stesso un più reale coordinamento dei programmi nazionali. Bisognerebbe altresì sbloccare finalmente il brevetto comunitario, anche a costo di non applicarlo, perlomeno inizialmente, in tutti gli Stati membri, in assenza di un accordo unanime. Che ne sarebbe stato infatti dell'euro, dello spazio Schengen, della politica sociale europea se il loro lancio fosse stato analogamente subordinato a un'applicazione unanime?

4.4.2

Un'altra necessità sottolineata dalla Commissione è quella di incoraggiare la creazione e lo sviluppo delle imprese, in particolare nei nuovi settori tecnologici, e di promuoverne la messa in rete su scala europea.

4.4.2.1

Si deve deplorare, in questo contesto, il fatto che le piccole imprese non abbiano ancora la possibilità di optare per uno statuto giuridico europeo semplificato che ne faciliti le attività transfrontaliere.

4.4.2.2

Il CESE ribadisce pertanto la richiesta, formulata nel parere di iniziativa sul tema L'accesso delle PMI ad uno statuto di diritto europeo  (4), che venga presentato quanto prima dalla Commissione e adottato rapidamente uno statuto giuridico europeo delle piccole e medie imprese.

4.4.2.3

Lamenta peraltro il fatto che nell'autunno 2005 la Commissione abbia ritirato le proposte concernenti lo statuto europeo delle mutue e delle associazioni europee, la cui necessità continua a farsi sentire ora più che mai.

4.4.3

La comunicazione in esame sottolinea d'altronde l'importanza della questione del finanziamento delle imprese e la necessità di facilitare l'accesso ai finanziamenti, in particolare per le imprese innovative.

4.4.3.1

In questa sede si sottolineerà che attualmente la capacità dei fondi strutturali di facilitare in modo significativo l'accesso delle imprese ai finanziamenti rimane necessariamente limitata e probabilmente marginale in questo campo, sebbene in alcuni settori mirati ed esemplari i finanziamenti complementari di sostegno e il cofinanziamento di progetti pilota possano avere una certa utilità. Il CESE rileva con soddisfazione l'avvio delle iniziative Jaspers e Jeremie, realizzate in collaborazione dalla Commissione, la Banca europea per gli investimenti, il Fondo europeo per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. L'iniziativa Jaspers ha lo scopo di assistere gli enti nazionali e regionali degli Stati che soddisfano le condizioni di ammissibilità ai finanziamenti dell'obiettivo Convergenza nella preparazione di grandi progetti infrastrutturali, mentre Jeremie si ripropone di migliorare l'accesso ai finanziamenti per le piccole imprese. Il CESE si augura che tali iniziative siano rese veramente operative e trasparenti a livello locale, affinché questo nuovo quadro d'azione produca il massimo effetto in termini di sviluppo economico e creazione di attività, e quindi di posti di lavoro, in loco.

4.4.3.2

Affinché i fondi abbiano un impatto diretto e più incisivo sui finanziamenti delle imprese, occorrere metterli in condizione di esercitare un effetto più ampio attraverso la concessione di prestiti bancari, l'offerta di capitali di rischio, l'accesso al microcredito e alle garanzie per le piccole imprese. Ciò presupporrebbe una ridefinizione degli strumenti dei fondi e in particolare della loro ingegneria finanziaria, oggi essenzialmente limitata alla concessione di sovvenzioni. Si tratterebbe di trasformare queste sovvenzioni in prodotti finanziari, sul modello del programma Jeremie ma su scala molto più vasta: un euro versato per garantire un prestito in capitale di rischio consentirebbe così di finanziare dai 5 ai 10 euro di investimento di una PMI, assicurando agli interventi dei fondi europei un effetto moltiplicatore. Le raccomandazioni del CESE su questo tema centrale sono esposte al capitolo 5 del presente parere.

4.4.3.3

Si ricorderà inoltre che un completamento rapido ed effettivo del mercato unico finanziario in Europa, unito a un'efficace politica della concorrenza e al consolidamento dell'unione economica e monetaria, consentirebbe di migliorare in modo decisivo l'accesso ai finanziamenti per le imprese di qualsiasi dimensione. Questo punto non viene tuttavia affatto sottolineato dalla Commissione, sebbene uno dei suoi principali compiti nei prossimi anni sarà proprio quello di portare a termine tali processi.

4.5

La terza priorità assegnata dalla comunicazione della Commissione alla politica di coesione è quello di creare più posti di lavoro e di migliorarne la qualità.

4.5.1

La prima condizione per creare più posti di lavoro è rafforzare la crescita economica e così facendo facilitare la creazione di impiego. Il conseguimento di tale obiettivo presuppone l'esistenza di un'economia più dinamica in termini sia di offerta che di domanda, accompagnata da un lato da condizioni amministrative, fiscali e sociali più propizie alla creazione di posti di lavoro, in particolare per quanto riguarda la situazione delle piccole imprese, dei lavoratori autonomi, degli artigiani, e delle professioni che valorizzano le qualifiche professionali. Come è stato detto in precedenza, i fondi strutturali avranno un impatto diretto necessariamente limitato in questi settori, pur potendo apportare un utile sostegno ad azioni specifiche e a progetti pilota attraverso la promozione delle migliori pratiche

4.5.2

Bisognerà altresì, come sottolinea la Commissione, sviluppare l'adattamento del mercato del lavoro. In particolare i fondi strutturali dovrebbero puntare a migliorare il funzionamento del mercato unico in questo settore: per far ciò bisognerà rafforzare la mobilità, anche attraverso la trasferibilità dei regimi pensionistici, e togliere gli ostacoli al mercato europeo del lavoro, in particolare nel campo dei servizi (5), cui si devono oltre due terzi dei nuovi posti di lavoro; nel far ciò bisognerà nondimeno rispettare le condizioni sociali stabilite negli accordi e nei regolamenti collettivi.

4.5.3

La Commissione sottolinea peraltro, opportunamente, l'esigenza di migliorare la formazione professionale. Il CESE esprime tuttavia grave preoccupazione per il dimezzamento, ad opera del Consiglio del dicembre 2005, del bilancio della formazione lungo tutto l'arco della vita proposto dalla Commissione e chiede che questo venga portato a un livello congruo con gli impegni legati alla strategia di Lisbona. In questo campo si andranno ora affermando nuove competenze, che comporteranno più responsabilità e richiederanno maggiore spirito di iniziativa. In tale contesto, i futuri programmi dovranno tenere conto delle priorità regionali. È infatti essenziale che i finanziamenti del Fondo sociale europeo siano quanto più possibile adeguati alle esigenze regionali e non si limitino invece a cofinanziare unicamente le politiche nazionali.

4.5.3.1

Il CESE da parte sua evidenzia in generale la necessità di fare tutto il possibile per favorire la complementarità e l'efficacia dei dispositivi e mobilitare interlocutori pubblici e privati per un partenariato duraturo, incentrato su strategie regionali aventi le priorità seguenti: adoperarsi perché tutti abbiano accesso all'innovazione e alla formazione lungo tutto l'arco della vita, migliorare la gestione e lo sviluppo delle risorse umane in tutte le imprese, aumentare il tasso di partecipazione delle donne, migliorare il tasso di attività fino alla pensione, conciliare meglio i bisogni dell'economia e le politiche di orientamento e formazione, promuovere l'istruzione professionale e l'apprendimento a tutti i livelli, in particolare nelle professioni in cui si registra una carenza di manodopera, privilegiare i tipi di formazione che conducono a un autentico inserimento, attraverso l'attività economica, di tutto un gruppo di esclusi in continuo aumento.

4.5.3.2

I fondi strutturali dovrebbero inoltre cofinanziare a titolo prioritario programmi di formazione su scala europea, sulla scia del successo dei programmi Erasmo e Leonardo. Tali programmi dovrebbero ora passare alla marcia superiore, per poter raddoppiare o triplicare il numero dei beneficiari.

4.5.4

Merita infine una menzione particolare l'invecchiamento demografico, che necessita un particolare adeguamento dei diversi aspetti sopraccitati in merito alla creazione di posti di lavoro e ai sistemi previdenziali (condizioni amministrative, fiscali e sociali, servizi destinati all'infanzia, tra cui la custodia a un prezzo accessibile, mercato del lavoro, formazione e risorse umane).

4.6

Alle tre priorità delle linee guida va ad aggiungersi un'esigenza di tipo trasversale, che costituisce una specie di quarto obiettivo: quello dell'integrazione della dimensione territoriale nella politica di coesione.

4.6.1

La comunicazione cita il contributo delle città alla crescita e all'occupazione (migliore gestione economica, sociale e ambientale dell'urbanizzazione), auspicando peraltro nel contempo la diversificazione economica delle zone rurali (salvaguardia dei servizi di interesse generale, sviluppo delle reti, promozione di poli di sviluppo). Le interazioni tra tali esigenze e le tre priorità delle linee guida avrebbero dovuto essere sviscerate meglio.

4.6.2

La comunicazione sottolinea anche le esigenze di cooperazione territoriale a tre livelli:

4.6.2.1

la cooperazione transfrontaliera, in particolare per sviluppare gli scambi reciproci e promuovere l'integrazione economica e sociale;

4.6.2.2

la cooperazione transnazionale, specie per rafforzare le azioni comuni di importanza strategica implicanti Stati diversi (trasporti, ricerca, integrazione sociale);

4.6.2.3

la cooperazione interregionale, nella fattispecie per incoraggiare la diffusione delle migliori pratiche economiche, sociali e ambientali.

4.6.3

Il CESE deplora tuttavia il fatto che il riferimento alle esigenze della cooperazione territoriale europea appaia come un elemento complementare, se non accessorio, rispetto alle priorità delle linee guida, anziché essere esplicitamente incorporato in esse.

4.7

Nell'insieme, l'esame delle tre priorità delle linee guida, completate dalla dimensione territoriale, solleva numerosi interrogativi di fondo:

4.7.1

in primo luogo, le priorità delle linee guida non sono sufficientemente precise per formare un vero e proprio quadro «strategico» di intervento e di gestione della politica di coesione. Rappresentano piuttosto un riepilogo delle buone pratiche da promuovere nei diversi interventi.

4.7.2

In particolare, non vi vengono precisati i collegamenti tra le priorità delle linee guida e i tre obiettivi di intervento dei fondi. Questa costituisce una grave lacuna: infatti le linee guida non fanno in realtà che accompagnare gli interventi dei fondi, anziché inquadrarli come dovrebbero. In questo senso esse appaiono come direttive di accompagnamento e di applicazione, piuttosto che come linee guida vere e proprie.

4.7.3

Affinché le linee guida della strategia comunitaria siano degne del loro nome e svolgano più efficacemente il loro ruolo, bisognerebbe in particolare precisarne gli obiettivi prioritari per quanto riguarda:

4.7.3.1

il «valore aggiunto» della politica europea di coesione rispetto alle politiche nazionali e locali;

4.7.3.2

la «concentrazione territoriale» intorno a poli e assi europei di sviluppo, onde ottenere un effetto trainante;

4.7.3.3

il «progetto globale» dei fondi europei, onde garantire che le linee guida costituiscano un quadro efficace e coerente, e non siano delle semplici disposizioni di accompagnamento.

5.   Osservazioni in merito alle risorse della politica di coesione 2007-2013

5.1

La Commissione sottolinea in special modo il ruolo dei fondi strutturali (Fondo europeo di sviluppo regionale e Fondo sociale) e del fondo di coesione a sostegno della politica di coesione. Precisa che il loro intervento, nel quadro degli obiettivi strategici citati sopra, mira a stimolare la crescita, sfruttare meglio le opportunità offerte dal mercato unico, promuovere una maggiore convergenza tra gli Stati membri, rafforzare la competitività regionale, sviluppare una migliore integrazione del territorio dell'Unione nella sua dimensione economica, sociale e culturale.

5.2

Si constata in primo luogo che l'Unione europea si troverà di fronte a uno scarto crescente tra la limitazione del bilancio dei fondi da un lato e, dall'altro, la portata dei bisogni (disparità di sviluppo tra Stati membri, ritardi nella pianificazione delle infrastrutture, ritardi del mercato unico, ritardi a livello di competitività, ritardi nell'attuazione della strategia di Lisbona). La ridefinizione interna delle priorità del bilancio comunitario, ivi compreso attraverso il proseguimento della riforma della politica agricola comune, rappresenta senz'altro una necessità, ma i margini per l'aumento dei finanziamenti dei fondi strutturali saranno molto limitati, nella misura in cui l'importo globale dello stesso bilancio comunitario continuerà ad essere limitato. In ogni caso, con il bilancio limitato all'1,045 % del PIB, lo 0,36 % (308 miliardi di euro su di un totale di 862 miliardi salvo maggiorazione di 4 miliardi come da accordo del 4 aprile 2006, accordo in attesa di ratifica da parte del Parlamento e del Consiglio) previsto per la politica di coesione non è in sé sufficiente, agli occhi del CESE, per permettere all'Unione di conseguire i suoi obiettivi di coesione per il periodo 2007-2013.

5.3

Occorrerà dunque dedicare la massima attenzione:

5.3.1

da un lato, alle modalità di intervento dei fondi, che dovranno avere un maggiore effetto leva sugli investimenti: per far ciò occorrerà innovare più di quanto non si sia fatto in passato in questo settore;

5.3.2

dall'altro, alla concentrazione reale degli interventi dei fondi, che dovrà avere un effetto più strutturante, specie a livello transnazionale e transfrontaliero.

5.4

Per quanto riguarda le modalità di intervento dei fondi, vi sono parecchie osservazioni che meritano di essere sottolineate:

5.4.1

si ricorderà innanzitutto che gli interventi dei fondi svolgono unicamente un ruolo di accompagnamento della politica di coesione dell'Unione. Essi non possono esserne né lo strumento esclusivo né quello dominante, ma devono essenzialmente promuovere, in funzione degli orientamenti comuni, la mobilitazione dei capitali disponibili sul mercato e un uso più convergente dei bilanci nazionali e regionali. Devono dunque innanzitutto garantire un effetto leva. In questo contesto, gli strumenti strutturali dell'Unione devono costituire un dispositivo centrale per la pianificazione del territorio europeo, accompagnando al tempo stesso le politiche comunitarie e le trasformazioni socioeconomiche in atto.

5.4.2

A questo fine, i fondi dell'Unione e quelli della Banca europea per gli investimenti dovrebbero essere utilizzati in funzione di una concezione dell'ingegneria finanziaria più flessibile e innovativa. Come ammette in modo pertinente la Commissione, essi non dovrebbero più essere limitati alle sovvenzioni, ma essere impiegati a sostegno di altri strumenti, come prestiti, garanzie di prestito, strumenti convertibili e capitale di investimento e di rischio. Il CESE non soltanto appoggia tali considerazioni, ma chiede che si traggano tutte le conseguenze del caso e che si intraprenda una vera e propria riforma delle modalità di intervento finanziario dell'Unione.

5.4.2.1

Esso è del parere che lo sviluppo di tali strumenti alternativi da parte dei fondi strutturali, in stretto collegamento con il Fondo europeo per gli investimenti e la Banca europea per gli investimenti, consentirebbe di aumentare sensibilmente l'impatto degli interventi comunitari e di coordinarli meglio con gli investimenti pubblici e privati. In particolare contribuirebbe a ripartire il finanziamento degli investimenti tra settore pubblico e privato, specie quelli a favore delle PMI, che vengono considerate a rischio dai partner finanziari tradizionali e che in futuro potrebbero veder inasprire ulteriormente le condizioni dei prestiti loro accordati, a seguito degli accordi di Basilea II. Essi sarebbero un mezzo efficace per ovviare ai limiti del bilancio europeo. In effetti, in molti casi un euro concesso a titolo di sovvenzione sarebbe stato meglio utilizzato per garantire dai 5 ai 10 euro di prestito: interventi di questo tipo consentirebbero di aumentare il numero dei beneficiari e al tempo stesso di responsabilizzarli maggiormente, rispetto alla concessione di sovvenzioni a fondo perduto.

5.4.2.2

Questi nuovi strumenti di intervento dovrebbero essere messi in atto il più vicino possibile ai beneficiari, in modo da ottenere il massimo effetto leva sullo sviluppo socioeconomico. Potrebbero inoltre essere mobilitate altre risorse coordinando meglio gli interventi tra i fondi strutturali e le altre istituzioni finanziarie già attive nello sviluppo europeo come la BERS. Un campo di intervento prioritario per l'Unione dovrebbe essere la promozione, molto più ampia e attiva di quanto non lo sia attualmente, dei partenariato tra pubblico e privato a livello europeo, in condizioni di concorrenza trasparenti e aperte, in particolare per finanziare grandi progetti di infrastrutture indispensabili sia alla coesione globale che alla competitività collettiva dell'Europa. Come già detto in precedenza (6), la dotazione di bilancio prevista per le reti transeuropee dovrebbe in ogni caso essere oggetto di una rivalutazione consistente, in quanto il partenariato pubblico-privato per le infrastrutture europee non riuscirà nell'intento senza una base sufficiente di fondi pubblici comunitari.

5.4.2.3

Per poter attuare una tale riforma delle modalità di intervento dei fondi comunitari occorrerebbe aumentare la capacità dell'Unione europea di ottenere e accordare prestiti. Occorrerebbe inoltre, accanto a un coordinamento intensificato tra la BEI e le altre istituzioni finanziarie, un vero e proprio partenariato con la rete bancaria e finanziaria europea, accompagnato da una maggiore condizionalità degli aiuti sia a livello degli Stati membri che dei beneficiari diretti. Sarebbe infine opportuno completare in questo senso la riforma dei fondi europei per il 2007-2013, al fine di rendere pienamente operativi i nuovi sistemi di ingegneria finanziaria: il CESE chiede quindi che la Commissione formuli nuove proposte in questi tre settori.

5.4.3

Si deplora peraltro l'opacità della gestione stessa dei fondi strutturali negli ultimi anni e l'eccessivo predominio delle relazioni bilaterali tra amministrazione comunitaria e amministrazioni nazionali, senza evidenza di un coordinamento generale efficace, né di un sufficiente monitoraggio del buon uso dei fondi. La Corte dei conti dell'Unione europea ha deplorato spesso questa situazione, ma gli adeguamenti che ne sono seguiti sono rimasti troppo circoscritti. Il principio generale di una maggiore trasparenza nella concezione, adozione e attuazione delle politiche comunitarie non si è ancora esteso, come avrebbe dovuto, al funzionamento e alla gestione dei fondi. Le linee guida strategiche delle politica di coesione dovrebbero ora porre le basi per una svolta chiara e netta in questa direzione.

5.4.4

Per quanto riguarda le innovazioni necessarie per assicurare una migliore gestione degli aiuti europei, si citerà l'esigenza di verificare più sistematicamente la compatibilità degli aiuti comunitari con le regole in materia di concorrenza. Alcuni interventi mal gestiti dei fondi realizzati in passato ed intesi a ridurre le disparità regionali hanno causato a volte distorsioni gravi e dannose ai principi di un'equa concorrenza, mentre sarebbe stato perfettamente possibile conciliare i due obiettivi. Gli aiuti dell'Unione sono aiuti pubblici assimilabili agli aiuti di Stato e devono dunque essere sottoposti agli stessi controlli. Questo principio va applicato anche nel senso di un migliore coordinamento reciproco tra aiuti europei e aiuti nazionali e regionali. La relazione sulla concorrenza redatta ogni anno dalla Commissione dovrebbe ora comprendere anche un capitolo sulle condizioni di controllo degli aiuti comunitari a norma della politica della concorrenza dell'Unione. In passato il CESE ha già formulato raccomandazioni in questo senso senza tuttavia sortire, almeno finora, alcun effetto concreto.

5.5

Per quanto riguarda la concentrazione degli interventi, la Commissione dovrebbe cercare di garantire un migliore orientamento degli interventi dei fondi comunitari in funzione di una dimensione più autenticamente europea dell'assetto territoriale dell'Unione: ciò è ben lungi dalla realtà attuale, al di là dei progressi circoscritti introdotti dagli schemi di intervento comunitario.

5.5.1

Finora infatti nei fondi strutturali non si è cercato in alcun modo di privilegiare la dimensione transnazionale degli interventi, malgrado l'attuazione normativa ed economica del grande mercato interno europeo, che oggi comprende 25 Stati membri. I fondi strutturali sono stati gestiti dalla Commissione principalmente in funzione delle priorità nazionali presentate dagli Stati stessi, senza alcun nesso diretto con le nuove esigenze di cooperazione derivanti dalla soppressione degli ostacoli fisici, tecnici e fiscali agli scambi, mentre l'aumento delle disparità economiche e sociali esige il rafforzamento dei collegamenti e delle reti transnazionali.

5.5.2

Bisognerebbe rimediare a questa situazione sviluppando priorità di intervento più chiare per consolidare i punti di contatto tra gli Stati membri sul piano transnazionale, transregionale e transfrontaliero. Per far ciò sarebbe opportuno rivalutare le pertinenti osservazioni della Commissione in merito, sviluppandole e integrandole nelle priorità di intervento dei fondi, e non relegandole invece a semplice complemento aggiuntivo.

6.   Osservazioni in merito all'integrazione della politica di coesione nelle politiche nazionali e regionali

6.1

L'integrazione della politica di coesione nelle politiche nazionali e regionali costituisce un imperativo centrale, opportunamente sottolineato dalla Commissione. In questo contesto si evidenzierà la necessità di progredire in due settori:

6.2

in primo luogo, bisognerebbe fare in modo che gli aiuti comunitari siano effettivamente utilizzati a sostegno di un'attuazione ottimale degli orientamenti, decisioni e impegni comunitari nei diversi Stati membri. In particolare si citeranno:

6.2.1

il corretto e puntale recepimento delle direttive europee;

6.2.2

il rafforzamento della cooperazione amministrativa su scala europea, in particolare ai fini del buon funzionamento del mercato unico;

6.2.3

una migliore applicazione del patto di stabilità e di crescita nelle sue due componenti: esso non dovrebbe essere relegato al ruolo di semplice guardiano del disavanzo, bensì aprire la strada a una gestione economica comune;

6.3

in secondo luogo, bisognerebbe fare in modo che gli aiuti comunitari contribuiscano effettivamente a rafforzare la coerenza tra la politica europea e le politiche nazionali, specie ai fini di un'attuazione più efficace della strategia di Lisbona. In particolare si citeranno:

6.3.1

l'accompagnamento delle riforme strutturali economiche, sociali e amministrative;

6.3.2

la semplificazione del quadro normativo e lo sviluppo degli approcci europei di autoregolamentazione socioprofessionale, che merita sostegno (7);

6.3.3

un più rapido completamento dello spazio finanziario europeo per ottimizzare i vantaggi dell'euro;

6.3.4

il riavvicinamento dei sistemi fiscali in base a un sistema che attiri gli investimenti e promuova l'innovazione, permettendo di inquadrare meglio la concorrenza tra i diversi sistemi degli Stati membri.

6.4

Sarebbe infine opportuno evitare quanto più possibile di aggiungere altri criteri, nazionali o regionali, al quadro fissato dall'UE, onde garantire la flessibilità necessaria nella definizione del contenuto dei futuri programmi. Per lo stesso motivo bisognerebbe evitare di adottare procedure che fissino a priori per 7 anni l'assegnazione dei finanziamenti o negarsi la possibilità di adeguare facilmente i programmi in corso di esecuzione.

6.5

Il CESE auspica inoltre che gli aiuti comunitari contribuiscano a promuovere una strategia industriale europea, che consenta di coordinare ai diversi livelli (europeo, nazionale, regionale) gli interventi dei poteri pubblici e dei soggetti della società civile organizzata (8).

6.6

Si rallegra da ultimo che il Consiglio dell'Unione europea del dicembre 2005 abbia acconsentito in linea di massima alla creazione di un Fondo di adeguamento alla globalizzazione «inteso a fornire un sostegno supplementare ai lavoratori privati del loro impiego in seguito a modifiche strutturali importanti nel commercio mondiale, nonché un'assistenza nella loro riconversione professionale e nella ricerca di un impiego.» I capi di Stato e di governo hanno invitato il Consiglio a definire i criteri di ammissibilità agli aiuti di tale Fondo. Il CESE ritiene che nella definizione di questi criteri si possano coinvolgere anche le parti sociali europee interprofessionali o settoriali.

7.   Osservazioni in merito alla partecipazione degli attori socioprofessionali

7.1

La partecipazione degli attori socioprofessionali alla politica di coesione costituisce un'esigenza forte. Il CESE ne aveva chiesto in particolare il rafforzamento in un parere del 2003 in merito al partenariato per l'attuazione dei fondi strutturali (9). La Commissione dà atto di tale necessità, sottolineando che essa contribuisce in maniera decisiva alla responsabilizzazione in merito a tale politica a livello locale. Essa non avanza tuttavia alcuna proposta per definirne le modalità e integrarle nelle linee guida strategiche.

7.2

Il CESE propone quindi di completare le linee guida della politica di coesione 2007-2013 definendo un vero e proprio quadro per la partecipazione degli attori socioprofessionali. Analogamente alle disposizioni dell'accordo di Cotonou a favore dei soggetti non statali dei paesi ACP, esplicitamente consultati e associati alla gestione degli aiuti europei, questo quadro dovrebbe essere integrato pienamente nelle linee guida ed essere vincolante per gli Stati membri.

7.3

Esso dovrebbe, nella fattispecie, prevedere gli obiettivi seguenti:

7.3.1

far partecipare gli ambienti socioprofessionali e le parti sociali alla definizione europea degli indirizzi di fondo (in particolare il documento strategico generale) e alla loro attuazione decentrata a livello nazionale (specie il quadro di riferimento strategico nazionale stabilito dagli Stati membri), regionale e locale;

7.3.2

approfondire tale dialogo sia nelle sue componenti economiche che in quelle sociali e ambientali, a favore di uno sviluppo efficace, partecipativo e duraturo;

7.3.3

coinvolgere direttamente gli attori socioprofessionali nel miglioramento dell'occupazione, in particolar modo attraverso la politica contrattuale tra le parti sociali, specie per l'aggiornamento dei sistemi di formazione professionale e la promozione di un maggiore adattamento del mercato del lavoro;

7.3.4

incitare le forze della società civile a sfruttare meglio il mercato unico europeo intensificando le reti transeuropee di produzione, scambio e infrastrutture, nonché adottando forme di autoregolamentazione e coregolamentazione socioprofessionali che contribuiscano al completamento del mercato unico;

7.3.5

definire, di concerto con gli attori socioprofessionali, modelli efficaci di partenariato pubblico-privato con adeguate modalità di concessione, incentivazione, garanzia e appalto;

7.3.6

sviluppare, su queste basi, programmi di partenariato pubblico-privato, in particolare per quanto riguarda le infrastrutture e il finanziamento delle PMI a livello locale;

7.3.7

incoraggiare gli attori socioprofessionali a intensificare le iniziative di cooperazione europea nel settore della ricerca e dell'innovazione tecnologica;

7.3.8

sostenere gli approcci innovativi degli attori socioprofessionali che contribuiscono alle prospettive dello sviluppo sostenibile.

7.4

Per essere efficace, tale dialogo dovrà essere organizzato e strutturato meglio, sia a Bruxelles sia nei diversi Stati membri e regioni. Il quadro d'associazione dovrebbe quindi prevedere le disposizioni seguenti:

7.4.1

basare il dialogo su un'informazione efficace, adeguatamente trasmessa dagli organi pubblici degli Stati membri, in merito alle linee guida e alle loro modalità d'attuazione;

7.4.2

avviare le consultazioni in una fase sufficientemente precoce, dando così la possibilità agli attori socioprofessionali di essere coinvolti negli studi di impatto;

7.4.3

informare gli attori socioprofessionali sul seguito dato alle consultazioni e alle loro proposte;

7.4.4

allegare ai documenti ufficiali di programmazione o di revisione una sintesi delle condizioni di consultazione degli attori socioprofessionali;

7.4.5

promuovere, nel caso dei programmi transfrontalieri o interregionali, consultazioni congiunte e partenariati socioprofessionali anch'essi di tipo transfrontaliero o interregionale;

7.4.6

incoraggiare in particolare le iniziative di dialogo sociale sul piano transfrontaliero e interregionale, specie concretizzando il quadro transnazionale opzionale per i negoziati collettivi, come annunciato nell'Agenda sociale 2005-2010.

7.5

Il CESE ribadisce peraltro il suo sostegno alla proposta della Commissione di destinare il 2 % delle risorse del Fondo sociale europeo allo sviluppo delle capacità e alle attività intraprese congiuntamente delle parti sociali.

7.6

Il CESE ha convenuto, con l'appoggio esplicito del Consiglio europeo di marzo 2005, di sviluppare una rete europea di informazione e di sostegno alle iniziative dei soggetti della società civile che partecipano all'attuazione della strategia di Lisbona. Tale rete integrerà pienamente le iniziative da questi adottate per migliorare l'efficacia della politica europea di coesione nel corso del periodo 2007-2013.

Bruxelles, 21 aprile 2006

La presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Pareri del CESE sui fondi strutturali (Disposizioni generali), sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo di sviluppo regionale (GU C 255 del 14.10.2005, pagg. 79, 88 e 91).

(2)  Cfr. parere del CESE in GU C 255 del 14.10.2005, pag. 76.

(3)  Cfr. parere del CESE in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: Costruire il nostro avvenire comune - Sfide e mezzi finanziari dell'Unione allargata 2007-2013 (GU C 74 del 23.1.2005, pag. 32).

(4)  Cfr. GU C 125 del 27.5.2002, pag. 100.

(5)  Cfr. parere CESE in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno (GU C 221 dell'8.9.2005, pag. 113).

(6)  Cfr. punto 4.3.3.

(7)  Cfr. relazione informativa della sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo sul tema La situazione attuale della coregolamentazione e della autoregolamentazione nel mercato unico.

(8)  Si veda il parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione - Attuare il programma comunitario di Lisbona: un quadro politico per rafforzare l'industria manifatturiera dell'UE - Verso un'impostazione più integrata della politica industriale, GU C 110 del 9.5.2006.

(9)  Cfr. GU C 10 del 14.1.2004, pag. 21.


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