EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52018IE2936

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Politica economica della zona euro 2018 (supplemento di parere)» [COM(2017) 770 final]

EESC 2018/02936

GU C 62 del 15.2.2019, p. 312–318 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/312


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Politica economica della zona euro 2018 (supplemento di parere)»

[COM(2017) 770 final]

(2019/C 62/54)

Relatore:

Javier DOZ ORRIT

Decisione dell’Ufficio di presidenza del Comitato

22.5.2018

Base giuridica

Articolo 29, lettera a), delle Modalità d’applicazione del Regolamento interno

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

3.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

132/1/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE condivide gli obiettivi della raccomandazione del Consiglio e accoglie favorevolmente una parte delle sue proposte. Dissente tuttavia in merito alla proposta di un orientamento di bilancio aggregato della zona euro che sia neutro e al modo in cui è formulata la raccomandazione sui salari. Ribadisce pertanto quanto già affermato in un precedente parere sulla proposta di raccomandazione della Commissione (1).

1.2.

La politica economica della zona euro dovrebbe essere concepita nel quadro di un progetto di riforma dell’UEM che non solo superi i deficit strutturali e di funzionamento che essa si trascina dietro sin dalla sua creazione, ma punti anche a una maggiore integrazione e a una governance più democratica. Il CESE esprime preoccupazione per la paralisi subita attualmente dal processo di riforma, per la mancanza di impegno di vari governi e l’ostilità di alcuni, come pure per l’assenza di una forte leadership politica che aspiri a superare tali circostanze.

1.3.

Il CESE ritiene che le raccomandazioni del Consiglio debbano essere elaborate nel quadro di una strategia generale di politica economica che abbia come riferimento l’Agenda 2030, gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’attuazione dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Tale strategia dovrebbe preparare la società europea a un’equa transizione verso un modello economico verde e digitale.

1.4.

A giudizio del CESE, le ragioni interne a favore di un orientamento di bilancio moderatamente positivo sono: la fine della politica monetaria espansiva della Banca centrale europea; il preoccupante deficit di investimenti, in special modo pubblici, di cui l’UE risente e che mette un’ipoteca sul suo futuro economico e sociale; il fatto che tale deficit di investimenti concorre a sua volta a generare tassi di aumento della produttività molto modesti; e il mantenimento, da parte di Stati importanti della zona euro, di saldi attivi eccessivamente elevati delle partite correnti.

1.5.

Alcuni Stati dell’eurozona, con saldi attivi maggiori, non investono: stanno accumulando tassi annuali negativi di formazione netta del capitale pubblico. Il CESE reputa che l’aumento delle spese di investimento in tali paesi sia una necessità di politica economica sia per tali Stati che per l’insieme della zona euro e dell’UE.

1.6.

A giudizio del CESE, la giusta combinazione di politiche monetarie e di bilancio volta a rafforzare la crescita nella zona euro — che è stata reclamata negli ultimi anni dalla BCE, dall’FMI e dall’OCSE — è giustificata anche dai prevedibili effetti del protezionismo commerciale e dell’instabilità imputabili ai rischi geopolitici mondiali.

1.7.

Ci sono anche motivi sociali e politici per chiedere uno sforzo di bilancio maggiore: l’UE e gli Stati devono impegnarsi maggiormente nella lotta contro la povertà e la disuguaglianza e per una maggiore coesione sociale, specie finanziando in misura sufficiente l’applicazione del pilastro europeo dei diritti sociali. A giudizio del CESE, se l’UE e gli Stati non lo fanno, si acuiranno le crisi politiche in corso e ci sarà una recrudescenza delle tendenze antieuropee e nazionaliste, da cui scaturirà un rischio per l’esistenza stessa dell’UE.

1.8.

La raccomandazione di aumentare le retribuzioni, se applicata rigorosamente, interesserebbe solo un numero limitato di paesi. Il CESE ritiene che il contenimento dei costi unitari del lavoro non debba essere realizzato tramite la riduzione o il congelamento delle retribuzioni, ma con un aumento della produttività favorito da un incremento degli investimenti, una maggiore innovazione e una migliore formazione dei lavoratori. In ogni caso, i livelli salariali devono essere stabiliti dalle parti sociali attraverso la contrattazione collettiva. Il semestre europeo dovrebbe proporre modifiche legislative che la rafforzino negli Stati membri in cui essa si è indebolita durante la crisi, e la ripristinino dove essa non esiste, malgrado l’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Occorre parimenti adottare ulteriori misure per alzare i salari più bassi.

1.9.

La creazione di posti di lavoro di qualità dev’essere una delle priorità di politica economica. Il CESE ritiene che anche la riduzione del precariato (elevata incidenza del lavoro a tempo determinato e bassi salari), un fenomeno che colpisce soprattutto i giovani, debba figurare tra le raccomandazioni prioritarie del semestre europeo.

1.10.

Bisogna promuovere la creazione di ambienti favorevoli agli investimenti e all’innovazione imprenditoriale, in particolare per far fronte alla digitalizzazione delle attività economiche.

1.11.

Un’altra priorità della politica economica dev’essere quella di facilitare il finanziamento delle imprese. Il CESE ribadisce che l’Unione bancaria e l’Unione dei mercati dei capitali sono molto importanti per il finanziamento dell’attività economica, ed esprime la sua preoccupazione per i ritardi e gli ostacoli che stanno intralciando lo sviluppo dell’Unione bancaria, tra i quali figura il volume dei crediti in sofferenza in alcuni Stati membri.

1.12.

Il CESE ritiene che le autorità europee debbano impegnarsi efficacemente nella lotta contro l’appropriazione indebita di fondi pubblici, la frode fiscale, la pianificazione fiscale aggressiva, il riciclaggio di denaro, i paradisi fiscali e la concorrenza fiscale sleale tra Stati membri. Si tratta non solo di un’esigenza di etica politica e di attuazione delle leggi, ma anche di un fattore di stabilizzazione delle finanze pubbliche.

2.   Gli orientamenti del Consiglio e della Commissione

2.1.

A differenza di quanto è avvenuto nel 2017, la raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (2) (del 23 gennaio 2018) non differisce sostanzialmente dalla proposta della Commissione (del 22 novembre 2017) (3). Dopo aver concordato che l’orientamento generale della politica di bilancio per il 2018 sia complessivamente neutro, il Consiglio aggiunge che il miglioramento economico dovrebbe essere sfruttato per creare riserve di bilancio.

2.2.

Nelle altre raccomandazioni, il Consiglio e la Commissione concordano nell’affermare che gli Stati membri devono dare la priorità a riforme che aumentino la produttività e il potenziale di crescita, promuovano il miglioramento del contesto imprenditoriale, l’innovazione e gli investimenti, e contribuiscano alla creazione di posti di lavoro di qualità, riducendo le disuguaglianze. Gli Stati membri con elevati avanzi delle partite correnti dovranno promuovere la crescita salariale, mentre quelli che presentano un disavanzo o un elevato debito estero, dovranno contenere la crescita del costo unitario del lavoro. Si chiede infine di proseguire i lavori per il completamento dell’Unione bancaria. Le raccomandazioni specifiche per paese del 2018 sottolineano il buon momento economico per l’UE, che deve servire — secondo la Commissione — a consolidare i miglioramenti strutturali raggiunti negli ultimi anni e a completare la correzione degli squilibri macroeconomici nella maggior parte degli Stati membri.

2.3.

Le raccomandazioni specifiche prendono in esame il pilastro europeo dei diritti sociali, il miglioramento qualitativo dell’occupazione e della contrattazione collettiva, il dialogo sociale e gli aumenti salariali. Anche la riforma della pubblica amministrazione, comprese le misure anticorruzione, e del contesto imprenditoriale, come pure il potenziamento delle relazioni tra i due settori e del finanziamento delle imprese. Mentre difende un orientamento di bilancio neutro, raccomanda di riformare il sistema pensionistico e sanitario per far fronte all’invecchiamento della popolazione.

3.   Osservazioni generali e particolari

Strategia di politica economica e riforma dell’UEM

3.1.

Il CESE torna a sottolineare l’esigenza di una strategia generale di politica economica che tenga conto degli accordi internazionali, degli obiettivi di sostenibilità ambientale, della riduzione della dipendenza energetica, della rivoluzione digitale e di altre sfide globali. Il Comitato apprezza le iniziative della Commissione in questi ambiti ma, come già affermato nel parere in merito al Pacchetto sull’Unione economica e monetaria (4), ritiene che non esista una strategia economica a livello europeo che le inglobi, né risorse sufficienti per finanziarle.

3.2.

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la riforma dell’UEM sta perdendo slancio a causa della mancanza di leadership politica, del ritardo nell’adozione di decisioni e della mancanza di impegno di vari governi della zona euro; aumenta quindi il rischio che l’UE non sia preparata per la prossima recessione.

3.3.

Una politica economica in grado di favorire una crescita sostenibile deve basarsi sia sulla promozione di un contesto imprenditoriale favorevole agli investimenti e al miglioramento della produttività, che sulla promozione della coesione sociale, specie attraverso misure che contribuiscano all’eliminazione della povertà e alla riduzione delle disuguaglianze sociali.

3.4.

Il CESE invita la Commissione a garantire l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e a dare seguito alle raccomandazioni del proprio parere sul tema Finanziare il pilatro europeo dei diritti sociali (5), e si rammarica che le raccomandazioni del Consiglio e la proposta della Commissione sul quadro finanziario pluriennale 2021-2027 non indichino nulla di preciso al riguardo. Bisognerebbe inoltre tenere conto delle raccomandazioni del gruppo ad alto livello sugli investimenti in assistenza e sostegno sociale (6).

3.5.

Il CESE ritiene che le raccomandazioni annuali sugli orientamenti della politica economica della zona euro vadano formulate nel quadro di una strategia generale di politica economica che abbia come riferimento l’Agenda 2030, gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’attuazione dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. La politica economica deve promuovere la costruzione di un modello economico europeo sostenibile, che riduca la dipendenza energetica mediante il ricorso a energie rinnovabili e pulite, e tenga conto delle conseguenze della rivoluzione digitale, garantendo transizioni eque ai lavoratori.

La raccomandazione del Consiglio: ragioni per un orientamento di bilancio moderatamente positivo

3.6.

Il CESE ribadisce le conclusioni del proprio parere in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (7), in cui esprime la propria conformità agli obiettivi della proposta di raccomandazione della Commissione, oltre che a una buona parte delle sue proposte, ma anche un disaccordo rispetto alla proposta di orientamento di bilancio complessivamente neutro per la zona euro. Il CESE ribadisce la richiesta di un orientamento di bilancio aggregato positivo nell’eurozona, essenzialmente sulla base di una espansione di bilancio dei paesi caratterizzati da saldi positivi delle rispettive bilance dei pagamenti e da livelli sostenibili di indebitamento a lungo termine.

3.7.

Secondo il CESE, tale approccio contribuirebbe a superare il lascito negativo derivante dalle prolungate ed eccessive misure di risanamento che sono state applicate in alcuni Stati membri. Gli Stati membri con avanzi delle partite correnti dovrebbero attuare misure volte a promuovere gli investimenti e la spesa sociale sostenibile, a rafforzare la domanda interna e la crescita potenziale e, quindi, a facilitare il riequilibrio.

3.8.

Il CESE riconosce che ci sono limiti a una politica di bilancio efficace a livello dell’UE, dovuti ai limiti insiti in un’unione economica, che si basa principalmente sul coordinamento delle politiche economiche degli Stati aderenti, rispetto a un’unione monetaria completa. In particolare, il Comitato richiama l’attenzione sul fatto che finora la Commissione e il Consiglio hanno dedicato scarsa attenzione al carattere asimmetrico del processo del semestre europeo, volto esclusivamente a garantire che vengano intraprese misure correttive negli Stati membri con saldi negativi. La Commissione e il Consiglio dovrebbero proporre misure volte a evitare sia disavanzi che avanzi di bilancio di proporzioni eccessive.

La carenza di investimenti nella zona euro

3.9.

Un altro motivo per mettere in discussione l’orientamento di bilancio neutro è la carenza di investimenti nella zona euro. Non sono stati recuperati i livelli precedenti la crisi. Gli investimenti pubblici sono diminuiti da una percentuale praticamente costante del 3,2 % del PIL (nel periodo 1997-2007 e tra il 2009 e il 2013) per arrivare al 2,6 % del PIL nel 2017 e nel 2018 (8). Tale carenza costituisce uno degli effetti più negativi della situazione economica, e rappresenta una grave ipoteca per il futuro dell’economia e della società europee. Il CESE rinnova pertanto la richiesta (9) di applicare la cosiddetta «regola d’oro» per il bilancio, secondo cui le spese di investimento non devono essere conteggiate ai fini della conformità con gli obiettivi di disavanzo del Patto di stabilità e crescita, tenendo conto della sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine. Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che anche le spese per investimenti produttivi possono contribuire a tale sostenibilità.

3.10.

Va sottolineato che detta carenza di investimenti si riscontra anche in Stati membri che dovrebbero contribuire a una politica di bilancio europea più attiva. Un esempio significativo potrebbe essere quello degli investimenti pubblici in Germania, paese in cui gli investimenti pubblici rispetto al PIL sono ammontati — nel periodo 2013-2017 — al 2,1 % (10), uno dei livelli più bassi della zona euro. Nello stesso periodo, il suo tasso netto di formazione di capitale pubblico (che tiene conto del deprezzamento dello stock di capitale) è stato negativo (-0,08 %), come lo era stato già nel periodo 2003-2007 (-0,11 %), mentre è ammontato ad appena +0,06 % nel periodo 2008-2012. Nel frattempo il tasso netto di formazione di capitale privato, che negli anni ‘90 era compreso tra il 6 % e l’8 % del PIL, è diminuito tra il 2008 e il 2017 dal 3,2 % al 2,2 % del PIL. In quello stesso arco di tempo, la Germania ha finanziato investimenti in altri paesi. L’avanzo della bilancia dei pagamenti della Germania, che è stato pari all’8,0 % del PIL nel 2017, dovrebbe raggiungere il 7,9 % e il 7,6 % rispettivamente nel 2018 e nel 2019. Le raccomandazioni del Consiglio e della Commissione dovrebbero inviare un segnale importante e contribuire a porre rimedio al basso livello di investimenti interni in Germania. Una maggiore credibilità della sostenibilità delle politiche economiche dovrebbe promuovere gli investimenti del settore privato anche in altri paesi che presentano avanzi delle partite correnti (11).

3.11.

Il CESE invita la Commissione e il Consiglio a stabilire come obiettivo prioritario degli orientamenti di politica economica della zona euro, tenendo conto dell’articolo 3 del TUE, l’aumento dei tassi di investimento, fino al raggiungimento dei livelli precedenti la crisi. Tale aumento dovrebbe orientarsi verso un modello di sviluppo sostenibile nella sua triplice dimensione: economica, sociale e ambientale.

Crescita economica e fattori di rischio

3.12.

Le prospettive di crescita, secondo le previsioni economiche dell’estate 2018 della Commissione (12), indicano una continuità della crescita, con una certa decelerazione: 2,4 % (2017), 2,1 % (2018) e 2,0 % (2019) nella zona euro e 2,6 % (2017), 2,3 % (2018) e 2,1 % (2019) nell’UE27. Nel resto del mondo, senza l’UE, la crescita sarebbe del 3,9 % (2017), 4,2 % (2018) e 4,1 % (2019). La maggiore flessibilità nell’applicazione del Patto di stabilità e crescita, introdotta dalla Commissione nel gennaio 2015 (13), attraverso la clausola sugli investimenti e la clausola sulle riforme strutturali, ha indubbiamente contribuito a produrre tali effetti positivi, come indica la recente valutazione dei risultati riportata nella comunicazione della Commissione sul riesame della flessibilità consentita dal Patto di stabilità e crescita (14).

3.13.

La politica monetaria espansiva sta volgendo al termine. L’allentamento quantitativo (quantitative easing) si concluderà il prossimo dicembre, quando la Banca centrale europea cesserà di acquistare titoli. A partire dall’estate 2019, dopo la valutazione delle prospettive di inflazione a medio termine, i tassi di interesse di riferimento potrebbero iniziare ad aumentare. Da diversi anni, il presidente della BCE Mario Draghi chiede che la politica monetaria sia accompagnata non solo dalla politica di bilancio, ma anche da adeguate riforme strutturali, allo scopo di rafforzare la ripresa e raggiungere gli obiettivi di inflazione. Anche l’FMI, l’OCSE e numerosi ambienti accademici hanno espresso tale richiesta. Per quanto riguarda la politica di bilancio, la richiesta non è stata accettata dai responsabili politici europei. Adesso che la politica monetaria passa la mano, risulta ancor più necessaria una politica di bilancio più attiva nella zona euro.

3.14.

Vi sono altri fattori, economici e sociali, e squilibri politici interni, come pure fattori di rischio economico e incertezze geopolitiche mondiali, che dovrebbero portare a utilizzare anche la politica di bilancio per rafforzare la crescita e correggere le conseguenze della crisi, ancora ben presenti in molti Stati europei. La proposta del CESE contribuisce a garantire meglio la sostenibilità finanziaria a medio termine e a ridurre lo squilibrio degli avanzi eccessivi.

3.15.

L’instabilità politica e le forze centrifughe che dallo scoppio della crisi crescono all’interno dell’UE e mettono in discussione la sua stessa esistenza, richiederebbero, per essere combattute e superate, solidi progetti di riforma dell’UEM e dell’UE che prevedano più integrazione, più democrazia e una dimensione sociale più forte; bisogna anche rafforzare la crescita sulla base della politica di bilancio e di quella fiscale, con un modello che favorisca la riduzione della disuguaglianza nella distribuzione del reddito. Ciò è possibile senza mettere in discussione la futura sostenibilità delle finanze pubbliche. Bisognerebbe inoltre mettere in atto una strategia volta a completare l’Unione economica e monetaria incorporando tutti gli Stati membri dell’UE le cui disposizioni costituzionali non precludano l’adesione all’UEM.

3.16.

I focolai di instabilità geopolitica mondiale (alcuni nel vicinato dell’UE) e il deterioramento delle relazioni transatlantiche nella sfera commerciale, ambientale e della politica estera, oltre che nelle politiche di sicurezza e di difesa, a causa delle decisioni dell’attuale amministrazione statunitense, inducono il CESE a sottolineare l’importanza per l’UE di avere un’economia forte, che sostenga la sua leadership politica nel mondo. Una guerra commerciale su diversi fronti e la conseguente ascesa del nazionalismo economico e politico creerebbero uno scenario economico e geopolitico ad alto rischio. L’UE dovrebbe cercare di prevenire tale scenario e, se del caso, essere pronta ad affrontarlo.

3.17.

Nonostante l’aumento dei prezzi del petrolio e delle materie prime, si prevede un’inflazione stabile nella zona euro, pari a circa l’1,7 % tra il 2017 e il 2019 (previsione d’estate), con un’inflazione di fondo dell’1,1 %, ben lontana dall’obiettivo prefissato. Si tratta, a giudizio del CESE, di nuovi argomenti contro l’opportunità di abbandonare una politica monetaria espansiva nel momento in cui si pratica un orientamento di bilancio neutro, per non parlare di uno di segno negativo, come quello richiesto per il 2019 dal Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (15).

Salari, occupazione e contrattazione collettiva

3.18.

Nel 2017, nei diciannove paesi della zona euro, l’aumento medio reale dei salari è stato solo dello 0,2 % rispetto all’anno precedente. In sette di tali paesi tale variazione è stata negativa, e si prevede che sarà rispettivamente dello 0,9 % e dello 0,3 % nel 2018 e nel 2019 (16). Nei tre anni considerati, il costo reale unitario del lavoro nella zona euro è previsto in diminuzione: 0,3 %, 0,1 % e 0,6 %. Per contro, la produttività reale per lavoratore, che è aumentata dello 0,8 % nel 2017, aumenterà ulteriormente dell’1 % sia nel 2018 che nel 2019 (17).

3.19.

Il tasso di disoccupazione nella zona euro era, nel 2017, del 9,1 %, tuttora più elevato rispetto al valore di prima della crisi (8,4 % tra il 2004 e il 2008). Le differenze tra gli Stati membri sono molto sensibili, poiché nel 2017 il tasso di disoccupazione andava dal 3,8 % della Germania al 21,5 % della Grecia. Il tasso di disoccupazione giovanile permane molto elevato, superiore al 15 %, con notevoli disparità e valori estremi in Grecia (43,2 %), Spagna (35,0 %) e Italia (32,5 %). Il tasso di occupazione a tempo determinato continua ad aumentare: si aggirava mediamente sul 12,2 % nel 2017, contro l’11,5 % nel 2012. Aumenta anche il lavoro a tempo parziale: 19,4 % nel 2017, rispetto al 17,5 % del 2007 (18).

3.20.

Nonostante la ripresa economica, in molti paesi vi è un divario tra i posti di lavoro precedenti e quelli nuovi, che sono più precari e sono retribuiti con salari più bassi. Tale divario è anche generazionale: riguarda i giovani in misura maggiore, come pure molti lavoratori dell’economia digitale, il cui lavoro dipende da piattaforme online. Nelle raccomandazioni del Consiglio e del semestre europeo viene espressa preoccupazione circa il miglioramento della qualità dell’occupazione. Il CESE chiede che venga data attuazione concreta a piani e misure miranti a inserire tale questione tra gli obiettivi prioritari. È essenziale il coinvolgimento delle parti sociali, attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva, nell’adozione delle misure necessarie. Altrettanto essenziale è l’adozione di misure che consentano un significativo aumento dei salari più bassi. Si dovrebbe inoltre incoraggiare la partecipazione delle organizzazioni della società civile al miglioramento delle condizioni sociali e di vita dei lavoratori.

3.21.

La raccomandazione del Consiglio sull’aumento dei salari, se applicata rigidamente, interesserebbe soltanto un piccolo numero di paesi e potrebbero portare a ulteriori divergenze tra essi e a un aumento delle disuguaglianze. Il CESE ritiene che la competitività delle economie europee maggiormente in ritardo dovrebbe migliorare grazie all’aumento di produttività dovuto a maggiori investimenti, a una maggiore innovazione e a una migliore formazione dei lavoratori, e non già per mezzo di svalutazioni interne, le quali, per di più, hanno conseguenze sociali indesiderate. La crescita salariale contribuisce anche alla crescita della domanda interna e promuove l’equilibrio di bilancio attraverso un aumento delle entrate fiscali.

3.22.

In ogni caso, i livelli salariali devono essere stabiliti dalle parti sociali attraverso la contrattazione collettiva. Anche la legislazione può apportare un contribuire al riguardo in una parte degli Stati membri, almeno per quanto concerne il salario minimo. Il semestre europeo dovrebbe promuovere l’adozione, da parte degli Stati membri, di misure volte a rafforzare la contrattazione collettiva, basata sull’autonomia delle parti sociali, e il dialogo sociale, in particolare negli Stati in cui tali istituti sono stati indeboliti dalle politiche di gestione della crisi, o in cui tale diritto attualmente non esiste, malgrado l’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Produttività, contesto imprenditoriale e finanziamento degli investimenti privati

3.23.

Il CESE esprime preoccupazione per la diminuzione del tasso di aumento della produttività dell’UE negli ultimi decenni. Un recente studio dell’OCSE (19) indica che il tasso medio di aumento della produzione per ora di lavoro nell’UE è stato dello 0,6 % nel periodo 2007-2016 (in costante declino dal 2,2 % raggiunto nel periodo 1990-2000), ossia al di sotto del tasso medio dell’OCSE (pari allo 0,8 %) e molto al di sotto di quello dei paesi non OCSE (pari al 5,0 % nello stesso periodo). Alla presentazione dello studio (20), il segretario generale dell’OCSE, Ángel Gurría, ha affermato che la crescita della produttività richiede, oltre a una regolamentazione e a una governance appropriate, un aumento degli investimenti destinati a ricerca, sviluppo e innovazione, come pure a istruzione e formazione professionale. Il CESE condivide pienamente questa posizione.

3.24.

Nello stesso studio l’OCSE sottolinea che il bilancio dell’UE è modesto, e il suo peso rispetto all’RNL europeo si è progressivamente ridotto a partire dal 1993 (21). Il CESE esprime grande preoccupazione, in quanto è conscio che questa tendenza proseguirà se il quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2020 verrà adottato nei termini proposti dalla Commissione, cosa che renderebbe più difficile agire per realizzare una convergenza economica e sociale al rialzo tra gli Stati europei. Come indicato nel proprio parere in merito al Documento di riflessione sull’approfondimento dell’Unione economica e monetaria (22), su questa situazione influisce negativamente il fatto che non sia stato ancora raggiunto un accordo per completare l’UEM secondo le linee esaminate nel documento di riflessione sul futuro dell’Europa.

3.25.

Il CESE condivide la raccomandazione del Consiglio sulla crescita della produttività e il ruolo degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, come pure le raccomandazioni specifiche per paese che fanno riferimento al miglioramento delle amministrazioni pubbliche e del contesto imprenditoriale.

3.26.

Per promuovere la crescita bisogna incoraggiare gli investimenti delle imprese. Il CESE ribadisce l’importanza sia di una rapida introduzione dell’Unione dei mercati dei capitali che del completamento del processo di istituzione dell’Unione bancaria. Il Comitato esprime preoccupazione per i ritardi che sta subendo l’Unione bancaria — a causa dei quali manca tuttora un sostegno comune per il Fondo di risoluzione unico attraverso il meccanismo europeo di stabilità — e per gli ostacoli che sta incontrando la creazione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi (EDIS), che vanno al di là dei giustificati timori che può causare il volume di crediti deteriorati in alcuni paesi (23).

La lotta contro i reati fiscali e per l’equità fiscale

3.27.

È molto difficile garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche e realizzare politiche sociali e di investimento forti se vengono mantenuti gli attuali livelli di frode ed elusione fiscale, di riciclaggio di denaro tramite i paradisi fiscali e di concorrenza fiscale sleale tra gli Stati membri dell’UE. Un importante articolo della rivista Finance & Development dell’FMI (24) indica che circa il 40 % degli investimenti esteri diretti a livello mondiale, ossia 12 000 miliardi di dollari, consiste di investimenti «fantasma», ossia di investimenti finanziari convogliati attraverso società di comodo che non realizzano alcuna reale attività. Il ricorso a intermediari o a enti «di passaggio» (pass-through) non implica di per sé un’elusione fiscale, ma certamente offre maggiori opportunità per eludere o persino evadere le tasse. L’articolo afferma inoltre che il 9,8 % della ricchezza mondiale si trova in paradisi fiscali.

3.28.

Il CESE ribadisce la necessità di attuare con urgenza efficaci misure aggiuntive contro l’appropriazione indebita di fondi pubblici, l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro, i paradisi fiscali e la concorrenza fiscale sleale, a partire dall’applicazione della quinta direttiva sulla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo (25) e dalla creazione di un elenco coerente, affidabile e unico dei veri paradisi fiscali a livello mondiale a cui applicare le dovute sanzioni.

3.29.

Bisogna anche agire efficacemente contro la pianificazione fiscale aggressiva praticata dalle multinazionali, in particolare nel settore dell’economia digitale. Questa sostanziale attività di contrasto deve riuscire a coniugare la promozione di misure globali con altre misure che possano essere applicate nell’UE. Al tempo stesso, bisogna progressivamente realizzare un’adeguata armonizzazione fiscale nella zona euro e nell’UE.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 33).

(2)  Raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro.

(3)  Cfr. COM(2017) 770 final.

(4)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 28.

(5)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 1.

(6)  Investimenti in sostegno e assistenza sociale.Un dovere europeo, novembre 2017.

(7)  GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 33.

(8)  Previsioni economiche europee, primavera 2018. Allegato statistico, pag. 165.

(9)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 33), e altri pareri precedenti.

(10)  Questo dato e i successivi dati sugli investimenti sono tratti da: Alexander Roth e Guntram Wolff, Understanding (the lack of) German public investment [Comprendere la (mancanza di) investimenti pubblici tedeschi]; Bruegel Foundation, Blog Spot, 6 giugno 2018.

(11)  Nella zona euro gli Stati membri in questione sono i Paesi Bassi, l’Irlanda, Malta e la Slovenia, mentre all’esterno di tale zona è il caso della Danimarca.

(12)  Previsioni economiche europee, estate 2018.

(13)  Cfr. la comunicazione della Commissione Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del Patto di stabilità e crescita, COM(2015) 12 final.

(14)  Cfr. COM(2018) 335 final.

(15)  Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche, Assessment of the fiscal stance appropriate for the euro area in 2019 [Valutazione dell’orientamento di bilancio adeguato per la zona euro nel 2019], 18 giugno 2018.

(16)  Previsioni economiche europee, primavera 2018. Allegato statistico, pag. 172.

(17)  Ibid., pagg. 172-174, ed Eurostat.

(18)  Ibid., pag. 171, ed Eurostat.

(19)  2018 OECD Economic Surveys of the Euro Area and the EU [Indagine economica dell’OCSE sulla zona euro e l’UE nel 2018], presentazione e sintesi, 19 giugno 2018, pagina 21.

(20)  Fondazione Bruegel, Bruxelles, 19 giugno 2018.

(21)  Ibid., OCSE, pagg. 25-30.

(22)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 124.

(23)  Il CESE ha preso posizione su tale questione nel parere in merito al Pacchetto «Crediti deteriorati» (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 43).

(24)  J. Damgaard, T. Elkjaer e N. Jahannesen, Piercing The Veil: Some $12 Trillion Worldwide Is Just Phantom Corporate Investment (Alzare il velo: circa 12 000 miliardi di dollari, in tutto il mondo, sono un investimento societario fantasma), Finance&Development, 10 giugno 2018.

(25)  Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 43).


Top