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Document 52011AE0802

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intrasocietari COM(2010) 378 definitivo — 2010/0209 (COD)

GU C 218 del 23.7.2011, p. 101–106 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

23.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/101


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intrasocietari

COM(2010) 378 definitivo — 2010/0209 (COD)

2011/C 218/19

Relatore: Oliver RÖPKE

Il Consiglio, in data 29 settembre 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intrasocietari

COM(2010) 378 definitivo — 2010/0209 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 24 marzo 2011.

Alla sua 471a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 maggio 2011 (seduta del 4 maggio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 152 voti favorevoli, 2 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) apprezza gli sforzi della Commissione europea volti a creare, grazie alla proposta di direttiva sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intrasocietari, condizioni di ammissione trasparenti e armonizzate per questo gruppo di lavoratori temporaneamente distaccati.

1.2   Il CESE ha tuttavia espresso serie preoccupazioni in merito a una parte del contenuto della proposta di direttiva e all'approccio adottato dalla Commissione europea nei confronti delle parti sociali europee prima della proposta.

1.3   Il Comitato si rammarica per la scelta dell'articolo 79 del TFUE quale unica base giuridica per la direttiva, sebbene quest'ultima contenga importanti disposizioni relative allo status di manager, specialisti e laureati in tirocinio e sia pertanto destinata ad avere notevoli ripercussioni sul mercato del lavoro degli Stati membri. Per questo motivo, prima di presentare una vera e propria proposta di direttiva, la Commissione avrebbe dovuto consultare formalmente le parti sociali come prevede l'articolo 154 del TFUE. La consultazione non solo avrebbe messo in risalto la volontà, espressa nel Trattato di Lisbona, di rafforzare il ruolo del dialogo sociale nell'UE, ma avrebbe anche e soprattutto offerto l'opportunità di dirimere già a monte, tra le parti sociali, alcune delle questioni attualmente controverse.

1.4   La proposta di direttiva, che definisce le condizioni di ingresso di cittadini di paesi terzi e dei loro familiari nell'ambito di trasferimenti intrasocietari, non riguarda soltanto un numero relativamente limitato di manager, ma anche specialisti e laureati in tirocinio. Tuttavia, ad avviso del Comitato, una direttiva dedicata esclusivamente ai manager avrebbe consentito di trattare in maniera più adeguata lo status particolare di questo gruppo di persone rispondendo meglio alle loro esigenze. Stanti tali premesse, si rivela ancora più importante, per tutti i lavoratori rientranti nell'ambito di applicazione della direttiva, assicurare il rispetto del principio di parità di trattamento e di non discriminazione per quanto riguarda la retribuzione e le condizioni di lavoro, ed evitare un'applicazione abusiva della direttiva.

1.5   Il CESE propone pertanto che, ai lavoratori interessati da un trasferimento intrasocietario, si assicuri un trattamento uguale a quello garantito ai lavoratori del paese ospitante o al personale permanente, non solo in materia di retribuzione ma anche di condizioni di lavoro in generale. Questa parità di trattamento non può limitarsi ai contratti collettivi di applicazione generale, ma deve valere anche per tutte le disposizioni di legge e per tutte le clausole degli altri contratti collettivi, compresi quelli aziendali. Ad avviso del CESE, il ricongiungimento familiare dovrebbe essere disciplinato in maniera analoga a quanto disposto dalla direttiva «Carta blu» (direttiva 2009/50/CE).

1.6   Il momento della pubblicazione della proposta di direttiva in esame coincide con la più grande crisi economica e finanziaria della storia dell'UE. Alcuni Stati membri sono ancora ben lontani dal far registrare una ripresa economica e presentano tassi di disoccupazione così elevati da lasciar prevedere un incremento dei flussi migratori anche all'interno dell'UE. Nella sua analisi annuale della crescita per il 2011 (1), la Commissione europea fa espresso riferimento al rischio che un'incipiente ripresa economica possa non essere accompagnata dalla dinamica necessaria per la creazione di posti di lavoro, per cui si rende necessario accrescere il tasso d'impiego, ancora relativamente limitato, del potenziale di manodopera disponibile all'interno dell'UE. D'altra parte, però, il CESE fa osservare, in linea con l'ultima relazione comune sull'occupazione (2010), che in taluni Stati membri e per talune categorie professionali si continua a registrare una scarsità di manodopera.

1.7   I lavoratori interessati sono distaccati anche dai paesi terzi in cui i livelli delle retribuzioni e della protezione sociale sono molto inferiori a quelli dell'UE. Per questo motivo è necessario garantire un controllo efficace dell'applicazione della direttiva, evitando così alle imprese oneri burocratici superflui. A tal fine, in collaborazione con gli Stati membri, la Commissione europea sta elaborando un sistema di scambio elettronico per semplificare la cooperazione amministrativa transfrontaliera nell'ambito della direttiva relativa al distacco dei lavoratori (direttiva 96/71/CE). Un sistema di questo tipo dovrebbe comprendere anche i casi di trasferimenti intrasocietari dei cittadini di paesi terzi.

1.8   Il CESE ritiene che sarebbe necessario formulare con maggiore chiarezza le definizioni di «manager», «specialista» e «laureato in tirocinio», al fine sia di offrire alle imprese interessate una maggiore certezza giuridica sia di garantire che esse non vadano al di là degli impegni assunti dall'UE nell'ambito dell'accordo GATS e degli accordi bilaterali con paesi terzi. Le definizioni dovrebbero essere formulate in modo tale da individuare in maniera precisa ciascuna delle tre categorie di lavoratori altamente qualificati di cui la direttiva dovrebbe disciplinare il trasferimento.

1.9   Il CESE reputa che, se si prenderanno in considerazione le esigenze illustrate in questa sede, la direttiva potrebbe effettivamente contribuire ad agevolare i trasferimenti intrasocietari di know-how nell'UE e a rafforzare la competitività dell'Unione.

2.   La proposta di direttiva

2.1   La direttiva in esame è intesa ad agevolare, per i gruppi di imprese composti da entità stabilite sia all'interno che all'esterno dell'UE, il trasferimento di lavoratori cittadini di paesi terzi da un'impresa con sede in un paese terzo a succursali o filiali stabilite in uno Stato membro dell'UE. Questo tipo di trasferimento dovrebbe essere possibile per i manager, gli specialisti e i laureati in tirocinio.

2.2   Per «manager» si intende la persona che occupa una carica elevata preposta direttamente alla direzione dell’entità ospitante sotto la supervisione generale o la direzione del consiglio d'amministrazione o degli azionisti della società o dei loro equivalenti.

2.3   Per «specialista» si intende la persona in possesso di conoscenze non comuni indispensabili all'entità ospitante, tenuto conto non solo delle conoscenze specificamente necessarie per quest'ultima, ma anche dell'eventuale possesso di una qualifica elevata per un tipo di lavoro o di attività che richiede una preparazione tecnica specifica.

2.4   Per «laureato in tirocinio» si intende il titolare di un titolo di studio di livello universitario che attesti il completamento di un corso di studi della durata di almeno tre anni, trasferito in una società per accrescere le proprie conoscenze ed esperienze, in vista di occuparvi un posto dirigenziale.

2.5   La direttiva non si applica ai ricercatori, per i quali esiste una direttiva specifica (direttiva 2005/71/CE).

2.6   Gli Stati membri possono esigere che il lavoratore distaccato presenti un contratto di lavoro con il gruppo di imprese per un periodo di almeno 12 mesi immediatamente precedente al trasferimento, e possono inoltre fissare un numero massimo di persone cui può essere rilasciata l'autorizzazione al trasferimento. La durata massima del distacco è limitata a tre anni per i manager e gli esperti e a un anno per i laureati in tirocinio.

2.7   Una procedura di ammissione accelerata e un titolo combinato comprendente il permesso di soggiorno e il permesso di lavoro dovrebbero rendere più attraenti i trasferimenti di questo tipo.

2.8   I lavoratori trasferiti sono altresì autorizzati a lavorare in qualsiasi altra entità stabilita in un altro Stato membro e appartenente allo stesso gruppo di imprese, nonché nei siti dei clienti dell'entità ospitante negli altri Stati membri, purché la durata del trasferimento in un altro Stato membro non sia superiore a 12 mesi. Esistono tuttavia eccezioni a questa norma.

2.9   Gli accordi in materia di retribuzione minima e i contratti collettivi dello Stato di destinazione devono essere rispettati. La proposta menziona inoltre diritti quali la libertà di associazione, la possibilità di aderire e partecipare ad organizzazioni sindacali e datoriali, il riconoscimento dei diplomi secondo le procedure nazionali applicabili e l'accesso a beni e servizi nonché ai sistemi di sicurezza sociale. Non si prevede tuttavia l'applicazione dell'intera normativa in materia di lavoro e di sicurezza sociale dello Stato di destinazione.

3.   Introduzione

3.1   A partire dal Trattato di Amsterdam, la politica in materia di immigrazione rientra in parte nella competenza dell'UE. Sia il Consiglio europeo che il Consiglio dell'UE hanno sollecitato a più riprese la definizione di una politica in materia (conclusioni del Consiglio di Tampere del 1999, Programma dell'Aia del 2004, Programma di Stoccolma del 2009 e Patto sull'immigrazione e l'asilo).

3.2   In seguito a una consultazione pubblica in forma di Libro verde, nel 2005 la Commissione europea ha presentato un «Piano d'azione sull'immigrazione legale», in cui formulava diverse proposte di direttiva concernenti la migrazione per motivi di lavoro. Una direttiva (2) sulla migrazione dei lavoratori altamente qualificati (direttiva «Carta blu») è già stata adottata dal Consiglio il 25 maggio 2009, mentre la direttiva sul «permesso unico» è ancora oggetto di negoziati presso il Consiglio e il Parlamento europeo. Parallelamente alla proposta in esame, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva sul lavoro stagionale.

3.2.1   In origine la Commissione aveva presentato, già nel 2001, una proposta di direttiva orizzontale concernente tutte le forme di migrazione per motivi di lavoro. Tuttavia, essendosi rivelato impossibile realizzare uno strumento giuridico orizzontale, la Commissione ha poi deciso di adottare un approccio settoriale.

3.3   Il 13 luglio 2010 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva sui trasferimenti intrasocietari, con l'obiettivo di armonizzare in tutta l'UE le norme che disciplinano l'accesso dei lavoratori cittadini di paesi terzi trasferiti da un'impresa stabilita fuori dall'UE a un'impresa dello stesso gruppo con sede all'interno dell'Unione.

3.4   Il progetto di direttiva contiene disposizioni applicabili ai lavoratori cittadini e residenti di un paese terzo, titolari di un contratto di lavoro alle dipendenze di un'impresa appartenente a un gruppo stabilito in tale paese, trasferiti da quest'ultima e inviati a un'altra impresa dello stesso gruppo stabilita in uno Stato membro dell'UE.

3.5   Nella relazione introduttiva la Commissione europea afferma che la direttiva prevista dovrebbe contribuire a realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020. Grazie alla creazione di condizioni trasparenti e armonizzate per i trasferimenti intrasocietari, dovrebbe essere possibile rispondere rapidamente alle esigenze dei gruppi multinazionali che intendano trasferire al loro interno, da un'entità a un'altra, manager e specialisti provenienti da paesi terzi. Per quanto riguarda i laureati in tirocinio, il trasferimento dovrebbe prepararli a occupare un posto dirigenziale all'interno del gruppo di imprese. La Commissione è convinta che la direttiva proposta permetterà di eliminare gli ostacoli amministrativi superflui proteggendo nel contempo i diritti dei lavoratori e offrendo garanzie sufficienti anche durante i periodi di crisi economica.

3.6   Fondamentalmente, l'obiettivo di una politica europea dell'immigrazione dovrebbe essere, da un lato, quello di attrarre i «cervelli migliori» e, dall'altro, quello di assicurarsi che le norme di diritto del lavoro e della previdenza sociale non vengano eluse, anche grazie all'adozione di misure di controllo appropriate. Sebbene la finalità principale della direttiva in esame non sia la migrazione sostenibile, questo aspetto dovrebbe comunque essere preso in considerazione.

3.7   La promozione di questa mobilità transnazionale esige un ambiente concorrenziale leale e il rispetto dei diritti dei lavoratori, compresa la creazione di uno status giuridico sicuro per il personale interessato da un trasferimento intrasocietario. La proposta garantisce anche alcuni diritti ai lavoratori trasferiti all'interno di un gruppo, ad esempio il pagamento della retribuzione fissata dai contratti collettivi dello Stato di destinazione, pur non prevedendo l'applicazione della legislazione del lavoro nel suo complesso. Se è vero che i manager percepiscono in genere una retribuzione più elevata rispetto a quella minima, questa non è la regola per gli specialisti e i laureati in tirocinio.

3.8   Nel parere in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati  (3), il CESE ha osservato che le disposizioni relative all'ammissione dei lavoratori migranti dipendono tra l'altro dall'evoluzione del mercato del lavoro e che compete pertanto alle autorità nazionali avviare un dialogo in materia con le parti sociali. Allo stesso modo, nel parere in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro  (4), il CESE ha sostenuto che ogni Stato membro può fissare i criteri di ammissione di concerto con le parti sociali.

3.9   Nel parere sul tema «Integrazione dei lavoratori immigrati» (5), il CESE ha affermato che l'integrazione sul luogo di lavoro in condizioni di pari opportunità e pari trattamento rappresenta una sfida per le parti sociali e che queste devono incoraggiare tale integrazione nell'ambito della contrattazione collettiva e del dialogo sociale, anche a livello europeo.

3.10   Come emerge con chiarezza dai punti precedenti, il CESE è convinto che sia necessario coinvolgere le parti sociali nell'elaborazione della normativa sia a livello degli Stati membri che a livello europeo.

3.11   Nel contesto dei trasferimenti intrasocietari occorre esaminare, con riferimento alla questione della outward mobility, le condizioni in presenza delle quali è possibile effettuare il trasferimento di lavoratori cittadini dell'UE verso paesi terzi. In particolare, bisognerebbe assicurarsi che la direttiva proposta non comprometta la capacità dell'Unione di ottenere impegni reciproci nell'ambito della modalità 4 del GATS o di accordi bilaterali. Ciò è particolarmente importante per settori come quello dell'edilizia, che finora non forma oggetto di alcun «vincolo» ai sensi del GATS.

4.   Osservazioni generali

4.1   La proposta di direttiva ha provocato reazioni estremamente diverse tra le parti sociali. Businesseurope, ad esempio, sostanzialmente approva la proposta, che a suo avviso contribuisce a migliorare la trasparenza e a semplificare le procedure di ammissione per i lavoratori interessati da un trasferimento intrasocietario. Tuttavia, anch'essa critica determinate disposizioni della proposta, in particolare la possibilità di richiedere fino a 12 mesi di periodo minimo di impiego nell'impresa di origine prima del trasferimento. Businesseurope ritiene inoltre che le restrizioni imposte agli Stati membri per quanto riguarda l'applicazione di disposizioni più favorevoli potrebbero provocare un peggioramento delle disposizioni nazionali attualmente in vigore.

4.2   Per contro, la Confederazione europea dei sindacati (CES) esprime serie riserve in merito alla proposta di direttiva, e chiede alla Commissione di ritirarla. Essa critica la scelta dell'articolo 79 del TFUE come unica base giuridica della direttiva, benché quest'ultima (come nel caso della direttiva sul lavoro stagionale) sia destinata a produrre effetti non trascurabili sul mercato del lavoro negli Stati membri. Secondo la CES, tali proposte dovrebbero formare oggetto di consultazione tra le parti sociali, conformemente all'articolo 154 del TFUE. Ritiene inoltre che la proposta non garantisca la parità di trattamento dei lavoratori interessati da un trasferimento intrasocietario e non preveda né meccanismi di controllo né sanzioni in caso di violazione delle disposizioni.

4.3   In materia di politica dell'immigrazione, questo approccio della Commissione rappresenta almeno in parte un corollario del concetto di «migrazione circolare»; ad ogni modo, si tratta di un concetto di migrazione transitoria, temporanea, spesso giudicato fallimentare in termini di politica d'integrazione e del mercato del lavoro. Se in Europa dovessimo affrontare una situazione di carenza a lungo termine di personale qualificato e giovane in taluni paesi, settori e professioni, occorrerebbe colmare la lacuna innanzitutto per mezzo di un'offensiva di qualificazione intraeuropea e avvalendosi della libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'UE. Solo in seguito si dovrebbe prevedere il ricorso all'immigrazione controllata di manodopera, cui progressivamente si concederebbero sempre più diritti e una forma più stabile di soggiorno.

4.4   Al contrario, altri vedono il concetto di migrazione temporanea o circolare come una misura appropriata che consente di promuovere in un primo momento l'afflusso verso l'Europa di lavoratori altamente qualificati, i quali in seguito potranno sfruttare nel loro paese d'origine l’esperienza acquisita. Nel contempo, in un contesto di concorrenza mondiale per i «cervelli migliori», l'Europa può creare in questo modo delle condizioni di partenza uguali a quelle dei suoi concorrenti.

4.5   In passato, applicazioni specifiche dell'approccio della «migrazione temporanea» si sono già dimostrate fallimentari in alcuni Stati membri, dove, confidando nel fatto che si trattasse di una migrazione a breve termine, non si è investito nelle misure di integrazione: un fallimento, questo, cui non è stato tuttora possibile rimediare se non in parte.

4.6   Nel 2007 la Commissione europea ha pubblicato un'importante comunicazione sulla migrazione circolare e i partenariati tra l'Unione europea e i paesi terzi (6) che illustrava i vantaggi di questo concetto ma ne indicava anche le specificità. Il CESE ha contribuito al relativo dibattito in maniera obiettiva, con un parere d'iniziativa (7) in cui riconosce la possibile utilità delle procedure di ammissione temporanea e reputa che la rigidità della normativa vigente in Europa rappresenti un grave ostacolo alla migrazione circolare.

4.7   Un aspetto connesso è ovviamente quello del ricongiungimento familiare, che assume un'importanza ancora maggiore quando una migrazione temporanea si protrae per diversi anni o si trasforma in migrazione permanente. Per questo motivo, il ricongiungimento familiare dovrebbe essere disciplinato in maniera analoga a quanto disposto dalla direttiva «Carta blu» (2009/50/CE).

4.8   Non da ultimo, il CESE sottolinea in molti dei suoi pareri l'importanza fondamentale dell'integrazione (8).

4.9   L'UE e le autorità dei singoli Stati membri devono cooperare nella promozione della politica di integrazione. Recentemente, il CESE ha ribadito (9) che la politica comune di immigrazione deve tenere conto dell'integrazione, un processo sociale bidirezionale di reciproco adattamento tra migranti e società di accoglienza, che deve essere favorito nell'Unione europea attraverso una buona gestione a livello nazionale, regionale e locale. Nel suo parere sul tema L'integrazione e l'agenda sociale  (10), il CESE propone che si strutturi un processo di incorporazione sistematica (mainstreaming) dell'integrazione nei diversi strumenti politici, legislativi e finanziari dell'UE, per promuovere, insieme all'integrazione, la parità di trattamento e la non discriminazione.

4.10   La proposta di direttiva in esame è tuttavia in contraddizione con tale volontà di integrazione poiché, confidando nel carattere temporaneo della migrazione, le misure di integrazione potrebbero essere omesse.

4.11   Al fine di evitare una concorrenza sleale, i lavoratori distaccati nell'ambito di trasferimenti intrasocietari devono beneficiare almeno delle stesse condizioni di lavoro del personale permanente del gruppo. Tutto ciò non può limitarsi soltanto alla retribuzione minima, ma deve valere anche per l'intera legislazione del lavoro vigente nel paese di destinazione. In altri termini, il diritto del lavoro dello Stato membro di accoglienza deve quindi essere applicato in tutte le sue parti.

4.12   Nel parere relativo al Libro verde sull'approccio dell'Unione europea alla gestione della migrazione economica  (11), il CESE afferma in merito ai diritti che «il punto di partenza della discussione deve essere il principio della non discriminazione. Il lavoratore migrante, indipendentemente dal periodo di tempo per il quale ha ricevuto i permessi di soggiorno e di lavoro, deve fruire dei medesimi diritti economici, occupazionali e sociali di tutti gli altri lavoratori».

4.13   Nel parere in merito alla direttiva sul Rilascio di un permesso unico  (12), il CESE sottolinea il ruolo delle parti sociali ai fini della promozione della parità di diritti sul lavoro a vari livelli (di impresa, di settore, nazionale, europeo). Tra i contributi fondamentali al riguardo va menzionato anche quello dei comitati aziendali europei, visto che in definitiva la proposta in esame tratta principalmente di grandi gruppi di imprese composti da numerose entità.

4.14   Un’importanza particolare assume al riguardo il controllo dell'osservanza delle norme. Nel parere in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE  (13), il CESE ha fatto presente che tale controllo non sarà un compito facile poiché le autorità ad esso preposte non dispongono di un numero sufficiente di personale qualificato, vi sono difficoltà nella ripartizione delle responsabilità tra i diversi organi interessati, e le imprese da sottoporre ai controlli sono molto numerose. Gli Stati membri devono perciò assicurarsi che le autorità di controllo dispongano delle risorse necessarie per poter assolvere il proprio compito in maniera efficace.

4.15   Il campo di applicazione della direttiva è definito in modo troppo vago: occorre in particolare circoscrivere con precisione la definizione di «specialista» onde evitare che, di fatto, tutti i lavoratori di un gruppo di imprese possano lavorare fino a tre anni nell’entità ospitante stabilita in un determinato Stato membro. Allo stesso modo, è necessario analizzare la definizione di «laureato in tirocinio», in modo che possano effettivamente essere distaccate con questo titolo soltanto le persone che si stiano preparando ad assumere posizioni dirigenziali ben precise. La formulazione dovrebbe tenere conto dell'offerta presentata nel 2005 dall'UE nell'ambito del GATS.

4.16   La possibilità di escludere determinati settori dall'ambito di applicazione della direttiva dovrebbe essere considerata soltanto laddove questo sia richiesto di comune accordo sia dai datori di lavoro che dai sindacati del settore interessato.

4.17   Nel caso di trasferimenti effettuati da uno Stato membro a un altro, esistono problemi concreti riguardo al pagamento della retribuzione cui ha diritto il lavoratore. Le riserve espresse regolarmente in materia di dumping salariale nel contesto dei trasferimenti da altri Stati membri (nell’ambito della direttiva sul distacco dei lavoratori) valgono anche nel campo di applicazione della proposta in esame. Il Comitato economico e sociale europeo sottolinea in particolare, nel suo parere sul Distacco dei lavoratori (14), che l’insufficienza delle possibilità di controllo potrebbe essere fonte di problemi.

5.   Osservazioni specifiche

5.1   La definizione di «specialista» è poco chiara e potrebbe essere applicata a quasi tutti i contratti di lavoro poiché si richiede soltanto di disporre di «conoscenze non comuni indispensabili all'entità ospitante». Inoltre, la definizione fornita («persona in possesso di conoscenze non comuni indispensabili all'entità ospitante, tenuto conto non solo delle conoscenze specificamente necessarie per l'entità ospitante, ma anche dell'eventuale possesso di una qualifica elevata per un tipo di lavoro o di attività che richiede una preparazione tecnica specifica») è molto più ampia di quella contenuta nella parte dell'accordo GATS in cui si fissano gli impegni assunti dall’UE, nella quale non viene richiesta alcuna conoscenza «fuori dal comune». In questo modo, qualsiasi specialista può essere trasferito e il rischio di pressioni salariali aumenta pertanto in maniera considerevole.

5.2   Anche se attualmente sono soprattutto le grandi imprese multinazionali ad avvalersi dei trasferimenti intrasocietari, sarebbe opportuno, al fine di evitare possibili casi di abuso, fissare dei requisiti minimi per l'entità ospitante, che dovrebbe avere determinate dimensioni e occupare in particolare un certo numero di lavoratori. Ciò al fine di evitare che, tramite i trasferimenti intrasocietari, nascano imprese unipersonali composte dallo specialista o dal manager distaccato.

5.3   Bisognerebbe inoltre garantire che le imprese fornitrici di lavoro temporaneo (appartenenti al gruppo) non trasferiscano i loro «prestatori di servizi» nelle entità ospitanti.

5.4   La proposta di direttiva prevede che gli Stati membri possano rifiutare una richiesta di autorizzazione a trasferimenti intrasocietari laddove il datore di lavoro o l’entità ospitante siano stati sanzionati conformemente alla legislazione nazionale per lavoro non dichiarato od occupazione illegale. Tale disposizione dovrebbe essere estesa ai casi di retribuzione inferiore a quella prevista dai contratti collettivi. Ai sensi del principio di proporzionalità, i datori di lavoro dovrebbero essere esclusi dalla possibilità di presentare tale richiesta soltanto temporaneamente, e non permanentemente come previsto nella proposta. Inoltre, è necessario poter operare una distinzione in base alla gravità dell'infrazione.

5.5   Neppure la mera possibilità di un ritorno nell’impresa stabilita nello Stato di distacco pare essere sufficiente: si dovrebbe piuttosto prevedere un rapporto contrattuale che prosegua anche dopo la fine del trasferimento, onde assicurarsi che il lavoratore non venga assunto semplicemente ai fini del distacco.

5.6   La proposta in esame prevede soltanto il rispetto delle disposizioni di diritto interno in materia di retribuzione. Tuttavia, in un settore sensibile come quello dei trasferimenti intrasocietari, occorrerebbe inserire nella direttiva il principio per cui le disposizioni in materia di occupazione (sia di natura legislativa, sia a livello di contratti collettivi) del paese di destinazione vanno applicate nella loro integralità anche ai lavoratori interessati da un trasferimento all'interno della società e garantire che l'entità di origine e/o quella di destinazione si impegnino, prima del trasferimento, a rispettare tali disposizioni. È essenziale evitare i rapporti di lavoro precari così come ogni tipo di differenza rispetto al personale permanente.

5.7   La disposizione di cui all'articolo 16 comporta di fatto la conseguenza di attribuire a uno Stato membro la competenza di concedere permessi di soggiorno e di lavoro anche nel territorio di altri Stati membri. Sul piano giuridico, tuttavia, le autorità dei singoli Stati membri non sono abilitate a rilasciare tali permessi e autorizzazioni. Nemmeno l'UE può trasferire questa competenza, dato che la concessione di permessi di soggiorno o di lavoro per i singoli Stati membri non rientra tra le sue competenze. Inoltre non è prevista alcuna possibilità per il secondo Stato membro di verificare in qualche modo il permesso di lavoro concesso congiuntamente al permesso di soggiorno nel primo Stato membro. Occorre pertanto precisare che un permesso è valido esclusivamente nello Stato membro che lo abbia rilasciato.

5.8   Attualmente non è ancora stato chiarito quale sistema debba essere applicato nel caso di un ulteriore trasferimento in un secondo Stato membro, poiché in tal caso si tratterebbe di un distacco da uno Stato membro a un altro. Ad ogni modo, sarà necessario prevedere delle procedure specifiche di cooperazione amministrativa tra gli Stati membri.

5.9   La proposta prevede l'introduzione di procedure semplificate. Tuttavia, non è chiaro in cosa consisterà concretamente tale semplificazione. Una procedura accelerata (fast track procedure) non può comunque andare a discapito di un esame approfondito della richiesta. È necessario continuare a garantire alle autorità la possibilità di esaminare con attenzione e senza indugio ogni singolo caso, in particolare per quanto riguarda la remunerazione.

5.10   I trasferimenti possono avere una durata massima di tre anni. Per i trasferimenti di tale durata non si può più parlare di occupazione intrasocietaria destinata a coprire i bisogni a breve termine del gruppo. I lavoratori distaccati devono essere integrati normalmente nell'azienda del paese di destinazione. Per questo motivo è necessario applicare nella sua integralità la legislazione in materia di lavoro e sicurezza sociale del paese di destinazione.

5.11   In numerosi settori, i trasferimenti di tre anni superano la durata abituale dei rapporti di lavoro. Tuttavia, trattandosi di immigrazione di lavoratori altamente qualificati, è già stata adottata la direttiva quadro 2009/50/CE (direttiva «Carta blu»).

5.12   Nemmeno la fissazione della retribuzione minima può impedire sistematicamente il dumping salariale. Nel caso in cui un lavoratore sia «trasferito ulteriormente» in un secondo Stato membro, la proposta prevede che vengano applicate le condizioni prevalenti dello Stato che ha autorizzato l'ammissione. Nel caso di ulteriori trasferimenti, ciò comporterebbe l'applicazione della retribuzione minima dello Stato che ha autorizzato l'ammissione e non di quella del paese in cui si presta effettivamente la propria attività, che tuttavia potrebbe rivelarsi più elevata. Occorre pertanto specificare che la retribuzione minima corrisposta deve coincidere con quella in vigore nello Stato in cui si svolge effettivamente la propria prestazione professionale. È altresì necessario garantire l'applicazione dell'insieme delle disposizioni contenute nei contratti collettivi così come il principio della parità di trattamento.

5.13   La proposta di direttiva in esame non prevede alcuna possibilità di ricorso del lavoratore distaccato nei confronti del datore di lavoro dinanzi a un giudice all'interno dell'Unione europea. Per i lavoratori provenienti da paesi terzi, la giurisdizione competente in caso, ad esempio, di remunerazione fissata dalle convenzioni collettive dello Stato di destinazione, si situerebbe normalmente nello Stato di provenienza e non nello Stato membro in questione. Per il lavoratore interessato da trasferimento intrasocietario che desideri far valere le proprie legittime pretese ne deriverebbero delle difficoltà inaccettabili, quando invece l'accesso alla giustizia rappresenta uno dei principi fondamentali di una società democratica e deve pertanto poter aver luogo nel paese di destinazione del lavoratore distaccato.

5.14   Il CESE sollecita il Parlamento europeo e il Consiglio a lavorare per correggere nel futuro iter legislativo le lacune riscontrate nella presente proposta di direttiva allo scopo di garantire che essa contribuisca effettivamente a facilitare i necessari trasferimenti intrasocietari di know-how verso l'UE.

Bruxelles, 4 maggio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2011) 11 definitivo, 12 gennaio 2011.

(2)  COM(2007) 637 definitivo e 638 definitivo, 23 ottobre 2007.

(3)  GU C 27 del 3.2.2009, pag. 108.

(4)  GU C 27 del 3.2.2009, pag. 114.

(5)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 16.

(6)  COM(2007) 248 definitivo.

(7)  GU C 44 del 16.2.2008, pag. 91.

(8)  Cfr. i seguenti pareri del CESE: GU C 125 del 27.5.2002, pag. 112; GU C 80 del 30.3.2004, pag. 92; GU C 318 del 23.12.2006, pag. 128; GU C 347 del 18.12.2010, pag. 19; GU C 354 del 28.12.2010, pag. 16; parere del CESE sul tema Le nuove sfide dell'integrazione (relatore: PARIZA CASTAÑOS).

(9)  GU C 48 del 15.2.2011, pag. 6.

(10)  GU C 347 del 18.12.2010, pag. 19.

(11)  GU C 286 del 17.11.2005, pag. 20.

(12)  Cfr. nota 4.

(13)  GU C 204 del 9.8.2008, pag. 70.

(14)  GU C 224 del 30.8.2008, pag. 95.


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