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Document 52011AE0809

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L'impatto della crisi economica e finanziaria sulla distribuzione della forza lavoro tra i settori produttivi, con particolare riguardo alle PMI» (parere esplorativo)

GU C 218 del 23.7.2011, p. 1–6 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

23.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 218/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L'impatto della crisi economica e finanziaria sulla distribuzione della forza lavoro tra i settori produttivi, con particolare riguardo alle PMI»

(parere esplorativo)

2011/C 218/01

Relatore: PEZZINI

Correlatore: HAVLÍČEK

In data 15 novembre 2010, il rappresentante permanente della Repubblica di Ungheria presso l'Unione europea Péter GYÖRKÖS ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, a nome della futura presidenza ungherese, di elaborare un parere esplorativo sul tema:

L'impatto della crisi economica e finanziaria sulla distribuzione della forza lavoro tra i settori produttivi, con particolare riguardo alle PMI.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 aprile 2011.

Alla sua 471a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 maggio 2011 (seduta del 4 maggio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 153 voti favorevoli, 5 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime grande apprezzamento per l'attenzione della presidenza ungherese verso una tematica cruciale per la società civile organizzata, quale quella dei riflessi dell'attuale crisi economica e finanziaria sulla manodopera e sulla sua distribuzione tra i diversi settori produttivi, con particolare riguardo alle PMI.

1.2   Il CESE ricorda inoltre che ha avuto modo di pronunciarsi, a più riprese, sulle problematiche delle piccole e medie imprese, che rappresentano, con il comparto pubblico e con l'economia sociale il tessuto connettivo dell'economia e dell'occupazione europea.

1.3   Le PMI hanno sofferto pesantemente per gli effetti della crisi economica e finanziaria globale, anche se hanno spesso reagito attraverso maggiore flessibilità e con risposte innovative.

1.4   Il CESE ritiene che l'UE possa fare di più per sostenere le PMI, al di là delle affermazioni di principio. È ora assolutamente necessaria un'azione comunitaria coerente e coordinata, indirizzata su un ventaglio di priorità, a sostegno del miglioramento delle condizioni operative sul mercato interno e mirata anche all'internazionalizzazione delle PMI.

1.4.1   Tra le azioni prioritarie, il CESE individua: lo sviluppo delle potenzialità della nuova imprenditorialità, specie femminile, l'occupazione giovanile, e il sostegno all'iniziativa faro Youth on the Move.

1.4.2   Il CESE raccomanda di organizzare regolarmente una conferenza annuale delle PMI intesa a fare il punto della situazione di tali imprese in Europa, in particolare per quanto riguarda l'occupazione. A tale evento, che potrebbe servire da modello, dovrebbero partecipare differenti organizzazioni professionali nazionali ed europee e tutte le istituzioni dell'UE.

1.5   In particolare, il CESE chiede di varare una tabella di marcia per assicurare, nell'immediato, le condizioni necessarie allo sviluppo di nuove imprese innovative e al sostegno delle PMI già esistenti, onde contribuire alla creazione di nuova occupazione, necessaria per uscire dalla crisi, e rilanciare una crescita sostenibile: le azioni previste dovrebbero essere programmate a livello europeo, nazionale e regionale e includere sia le imprese commerciali e non commerciali sia quelle dell'economia sociale. Oltre a questa tabella di marcia, occorre prevedere una formazione che consenta ai lavoratori disoccupati e ai giovani di accedere ai nuovi posti di lavoro.

1.5.1   L'UE potrebbe sostenere, d'intesa con i paesi membri, nelle regioni della convergenza, l'utilizzo di fondi strutturali, finalizzati al sostegno delle PMI.

1.6   Secondo il CESE, va accelerato il processo di internazionalizzazione delle PMI, aumentando il loro accesso ai nuovi mercati e, quindi, le loro capacità di creare lavoro.

1.6.1   L'accesso ai nuovi mercati dovrebbe essere preceduto da solidi accordi commerciali nei quali si individuino semplici protocolli procedurali di pronto utilizzo da parte delle PMI.

1.7   Il CESE ritiene fondamentale la diffusione della cultura imprenditoriale e dello spirito d'iniziativa in un ambiente che sostenga gli imprenditori, che comprenda i rischi del mercato e valorizzi il capitale umano.

1.8   La formazione, il trasferimento delle conoscenze e delle qualifiche, i nuovi metodi di lavoro, lo sviluppo delle attitudini al cambiamento devono essere incoraggiati, soprattutto in questo momento di crisi, per assicurare la conservazione dei posti di lavoro e per rafforzare il ruolo dei lavoratori come strumento di rafforzamento delle imprese.

1.9   Il CESE sottolinea l'importanza degli appalti pubblici, nel rispetto degli standard sociali e ambientali, come strumento per sostenere la sopravvivenza delle imprese e l'occupazione locale. Think Small First dovrebbe essere obbligatorio in una crisi dove è in gioco molta parte dell'occupazione: un uso corretto, responsabile e intelligente della domanda pubblica dovrebbe stimolare una competizione aperta e l'innovazione.

1.10   Secondo il CESE occorre rafforzare lo sviluppo di clusters e di gruppi settoriali di PMI. La condivisione di contratti e di conoscenze tra grandi e piccole imprese potrebbe imprimere slanci innovativi, attraverso sistemi a rete, anche settoriali.

1.11   Il CESE raccomanda che lo sviluppo delle iniziative settoriali di punta sia meglio coordinato sotto gli aspetti tecnologici, occupazionali, di investimento e di valorizzazione delle risorse umane, per trarre il massimo profitto da queste iniziative.

1.12   Occorre riconoscere la necessità di ideare nuovi meccanismi finanziari: il CESE ritiene che la sfida finanziaria e gli altri fattori di crisi per le PMI siano stati resi più acuti da una incapacità di programmare nuovi interventi, anche potenziando gli strumenti come Jeremie, Jasper e Jessica.

1.13   Secondo il CESE, la Commissione dovrebbe accelerare il Fitness check della legislazione esistente, dando l'esempio agli Stati membri, per ridurre gli effetti cumulativi della legislazione e per ridurre adempimenti e costi.

1.14   Le nuove proposte legislative, a parere del Comitato, dovrebbero essere sottoposte ad un'analisi preventiva, per stabilire il loro impatto sulla competitività, con l'ausilio di schede di impatto operative, comunitarie e nazionali.

1.15   Il CESE invita la Commissione a insistere e ad aumentare i suoi interventi nella promozione delle tecnologie a bassa emissione di carbonio e dell'economia verde, che sono fonte di nuova e migliore occupazione.

1.16   Sarebbe utile, secondo il Comitato, sostenere e favorire la diffusione di reti internazionali, anche settoriali, per i protagonisti della creatività e dell'innovazione. A questo fine esso raccomanda che la Rete impresa Europa (Enterprise Europe Network) svolga un ruolo di informazione e consulenza non soltanto a livello generale, ma anche settoriale, e che a tale rete vengano conferite delle funzioni amministrative di sportello unico.

1.17   Il CESE chiede di accelerare l'adozione dello Statuto europeo delle PMI e l'attuazione, a livello degli Stati membri, dello Small Business Act, su cui il Comitato si è già pronunciato.

2.   Introduzione

2.1   Con il manifestarsi della crisi economica, nel 2008, la tendenza positiva registrata tra il 2002 e il 2008 dalle PMI, ha subito un arresto con stime che valutano la riduzione di posti di lavoro in 3,25 milioni per il periodo 2009-2010 (1).

2.2   Il tasso di disoccupazione nell'UE si è attestato al 9,6 % nel 2010, ed è ancora maggiore nei settori della pubblica amministrazione, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Vi è stata una leggera espansione nei settori delle vendite al dettaglio e nel manifatturiero, mentre il mercato del lavoro giovanile - dai 15 ai 24 anni - permane depresso, con un tasso di disoccupazione intorno al 21 %, cioè ai livelli più elevati dall'inizio della crisi.

2.2.1   D'altra parte la crisi economica e fattori come la mondializzazione, i progressi tecnologici, l'invecchiamento della popolazione e il passaggio progressivo ad una economia a basse emissioni di carbonio e di particolato, hanno dato una forte spinta a rapidi cambiamenti nelle qualifiche e nelle competenze richieste sul mercato del lavoro, con nuove professioni in forte crescita.

2.3   A livello settoriale, la recessione sembra aver accelerato l'attuale tendenza al trasferimento dei posti di lavoro dalle attività manifatturiere primarie e di base verso il settore dei servizi con proiezioni che vedono riduzioni sostanziali dell'occupazione nell'industria primaria ed in agricoltura, così come perdite di posti di lavoro sono attese nelle industrie manifatturiere e produttive, nel periodo 2010-2020, mentre una crescita occupazionale è prevista nei servizi, specie nei servizi all'industria e di mercato, e aumenti sono previsti nella distribuzione e nei trasporti, nei settori alberghieri, della ristorazione e del turismo, della sanità, dell'istruzione e della sicurezza.

2.4   Quanto ai profili professionali, l'andamento, che si dovrebbe consolidare e incrementare da qui al 2020, dovrebbe essere quello delle professionalità medio-alte (40 %), quali: personale dirigente, professionisti e tecnici, che rappresentano i cosiddetti knowledge and skill-intensive jobs.

2.4.1   Il calo maggiore è previsto nella percentuale dei lavoratori con qualifiche formali di basso livello o meno qualificati. Si è rilevato che l'occupazione nei settori che producono beni di investimento è più vulnerabile alle crisi economiche generali, perché particolarmente rilevanti sono le competenze, dato che spesso a tali settori sono associate competenze specifiche.

2.5   Il Comitato ha ricordato a più riprese (2) che «l'importanza delle piccole e medie imprese (PMI) per l'economia dell'Unione europea è universalmente riconosciuta», e ha ribadito (3) che «poiché i risultati economici, l'innovazione e l'occupazione dipendono sempre più dalle PMI, una priorità dovrebbe consistere nello sviluppo dell'imprenditorialità tra i giovani».

2.6   Nell'UE le imprese indipendenti sono oltre 20 milioni: tra queste, oltre il 99 % è rappresentato da piccole e medie imprese con meno di 250 dipendenti. La grande maggioranza (92 %) è rappresentata dalle microimprese, che hanno meno di 10 dipendenti. Inoltre l'occupazione, nelle PMI, rappresenta oltre il 67 % dell'occupazione nell'UE (4). Molte delle PMI che hanno resistito alla crisi debbono la loro sopravvivenza all'impegno del personale.

2.7   Occorre peraltro tener presente che molteplici ostacoli, quali:

un ambiente inadatto allo sviluppo dell'imprenditorialità,

difficoltà nell'accesso al credito,

difficoltà nell'internazionalizzazione e nell'accesso ai mercati,

insufficiente flusso di conoscenze o di capacità di gestione,

insufficiente tutela della proprietà intellettuale,

sono suscettibili di frenare la nascita di nuova imprenditorialità e la creazione e il rapido sviluppo di PMI innovative, e di impedire il perseguimento della politica del pieno impiego.

2.8   Nel 2009 il numero di grandi imprese che ha registrato riduzioni dei livelli occupazionali è risultato doppio rispetto alle piccole imprese e più che triplo rispetto alle microimprese. Queste cifre confermano le capacità di questi ultimi tipi di imprese, di fungere da stabilizzatori, rispetto ai cicli economici.

2.9   Gli andamenti del mercato del lavoro comunitario rimangono tuttavia caratterizzati da forti disequilibri tra paesi e paesi, con livelli di disoccupazione giovanile inaccettabili: se è vero che il tasso medio europeo potrà collocarsi nel biennio 2010-2011 intorno a livelli critici di oltre il 10 %, la distribuzione della forza lavoro tra settori, tra territori e, soprattutto, tra fasce d'età, è molto più preoccupante.

2.9.1   L'ultimo rapporto L'occupazione in Europa 2010 indica che i giovani risultano essere le principali vittime della crisi, con una incidenza della disoccupazione sulla fascia di età 15-24 anni che raggiunge e oltrepassa, in alcuni paesi membri, il 30 %.

2.10   Le analisi degli andamenti della distribuzione della forza lavoro europea nei vari settori (5) - inclusa l'articolazione per età, genere, e tipologia d'impresa - indicano:

un tasso di occupazione generale UE-27 (6) che è passato da 62,2 nel 2000 al 64,6 % nel 2009,

un tasso d'occupazione giovanile (7) che, nello stesso periodo, è passato dal 37,5 al 35,2 %,

un tasso d'occupazione femminile, in generale, che è passato dal 53,7 al 58,6 % e, per le giovani, dal 34,1 al 33,1 %,

il tasso d'occupazione nell'UE-27, nel settore industriale, è passato dal 26,8 %, nel 2000, al 24,1 % nel 2009,

il tasso d'occupazione nei servizi è passato dal 65,9 % nel 2000 al 70,4 % nel 2009,

il tasso d'occupazione in agricoltura è passato da 7,3 % nel 2000 al 5,6 % nel 2009.

2.11   Nell'UE-15 i dati evidenziano una situazione leggermente migliore, sia per quanto concerne il tasso d'occupazione generale (63,4-65,9 %) sia per l'occupazione femminile (54,1-59,9 %).

2.12   Ridare competenze e nuove qualificazioni ai giovani di ambo i sessi è un obiettivo del programma comunitario «Gioventù in movimento», anche se appare limitato rispetto all'enorme rilevanza del problema e necessita di essere integrato con altre iniziative per creare nuove attività e nuove imprese.

2.13   Il Comitato, anche attraverso la propria commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), ha avuto modo di pronunciarsi sui riflessi occupazionali della crisi nel settore manifatturiero, nell'industria dell'automobile, nell'industria tessile, nelle industrie della lavorazione dei metalli, nell'industria aeronautica, nelle industrie culturali e creative, nell'industria navale e cantieristica, nell'industria carbosiderurgica, nell'industria degli elettrodomestici ed altri, nel settore forestale ed agricolo come nel settore dei servizi.

2.14   In tutti i settori, a fianco alle imprese di grandi dimensioni, vi è una presenza significativa di PMI, come in quello manifatturiero (su 2 milioni 376 mila imprese europee, 2 milioni e 357 mila sono PMI) o nel settore della costruzione (2 milioni 914 mila su 2 milioni 916 mila) o nei settori del commercio all'ingrosso e al dettaglio, delle riparazione d'auto e dei motocicli e dei beni di consumo delle famiglie (in totale, 6 milioni 491 mila su 6 milioni 497 mila) per non parlare dei servizi immobiliari, della ristorazione e del settore alberghiero e dei trasporti.

2.15   Il CESE sottolinea la piena complementarietà tra grandi, medie e piccole imprese, che si esprime spesso nella qualità della subfornitura, nell'efficienza dell'outsourcing come nella creazione di spin-off innovativi.

2.16   Le possibilità di creazione di nuova occupazione, quale strumento di lotta alla crisi, di stimolo alla crescita economica sostenibile e competitiva, attraverso le piccole e medie aziende dei settori pubblici, privati e dell'economia sociale, vede alcuni settori dei servizi particolarmente interessati (8):

spin off di ricerca e sviluppo,

il settore informatico e delle attività connesse,

le attività di manutenzione e di ristrutturazione del patrimonio immobiliare,

le attività ausiliarie all'intermediazione finanziaria,

il settore alberghiero e della ristorazione,

il settore turistico e culturale,

il settore delle poste e telecomunicazioni e trasporti,

il settore delle forniture elettriche, di gas e acqua,

i settori previsti nei Lead Market: sanità elettronica; edilizia sostenibile; tessuti intelligenti; prodotti a base biologica; riciclaggio; energie rinnovabili ed economia verde.

2.17   Per quanto riguarda la distribuzione territoriale del contributo delle PMI al valore aggiunto e all'occupazione dell'UE, nel periodo 2002-2007, mentre non sembrano esserci molte differenze in termini occupazionali, il contributo delle PMI in termini di valore aggiunto sembra indicare forti differenze tra l'UE-12 e l'UE-15 con un differenziale di produttività del lavoro PMI/grandi imprese più elevato nei nuovi Stati membri rispetto ai vecchi Stati membri.

2.18   Inoltre, al di là della creazione di nuovi posti di lavoro, le PMI contribuiscono in larga misura al dinamismo e alla performance innovativa dell'economia, quali importanti convettori di spill-over applicativi di conoscenze scientifiche e tecnologiche, attraverso il trasferimento e la commercializzazione di idee e scoperte. In proposito, occorre notare che, a livello europeo, i nuovi approcci enunciati nel principio «Pensare anzitutto in piccolo» e nello Small Business Act non hanno ancora trovato piena applicazione, soprattutto a livello regionale e nazionale.

2.19   Secondo il Comitato, occorre rafforzare lo sviluppo di gruppi (clusters) innovativi di PMI ad alta capacità di sviluppo, quali iniziatori di svolte innovative, attraverso sistemi a rete in grado di arrivare con rapidità sul mercato con prodotti di alta qualità e fruibilità.

2.20   La chiave di volta per rafforzare lo sviluppo e la competitività delle PMI è il sostegno alla loro internazionalizzazione nei mercati globali, e lo sviluppo delle loro potenzialità sul mercato interno, assicurando eque condizioni di concorrenza e di operatività.

2.21   Mentre le PMI concorrono, mediamente, per oltre il 50 % del PIL nazionale, esse contano, in media, solo per il 30 % nelle esportazioni extra UE anche se, spesso, il loro contributo è all'interno di catene globali del valore.

2.22   D'altra parte, si è molto insistito per un accesso più semplice al credito: l'UE ha sostenuto governi, istituzioni finanziarie e grandi imprese durante la crisi, mentre poco o nulla viene fatto per sostenere le PMI e la creazione di occupazione produttiva e durevole a livello locale. Sarebbe opportuno rafforzare strumenti quali Jeremie, Jessica, Jasper.

2.23   Il CESE ritiene che i governi dell'UE debbano sostenere con determinazione:

i programmi nazionali e regionali di stimolo all'imprenditorialità,

gli strumenti per mantenere attive le piccole e medie imprese,

lo sviluppo di nuove attività, legate all'intelligenza dei prodotti e dei servizi,

la riduzione di vincoli burocratici,

la formazione dei disoccupati e dei giovani per consentire loro di accedere ai nuovi posti di lavoro,

la qualificazione e la formazione permanente della manodopera,

il dialogo sociale,

un migliore accesso ai programmi comunitari, con un'attenzione particolare al finanziamento delle PMI,

la lotta contro l'evasione fiscale e il lavoro sommerso,

la riduzione e la semplificazione degli oneri amministrativi, potenziando gli sportelli unici e le reti settoriali.

2.24   In particolare il CESE raccomanda di accelerare la revisione in atto, per facilitare l'accesso a programmi di ricerca e innovazione comunitari.

2.25   È necessario affrontare i fallimenti del mercato, nella promozione di posti di lavoro durevoli, nello sviluppo dello spirito imprenditoriale, nell'innovazione e nella crescita economica sostenibile, con pacchetti d'azione dinamici, che sappiano affrontare e accompagnare la nascita, la crescita e l'uscita dal mercato delle imprese, con condizioni adeguate chiare e trasparenti.

3.   Osservazioni

3.1   Il presente parere esplorativo viene elaborato su richiesta della presidenza ungherese sul tema relativo ai riflessi dell'attuale crisi economica e finanziaria sulla manodopera e la sua distribuzione tra i diversi settori produttivi, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese.

3.2   Il CESE ritiene che, se si vuole cercare di uscire dalla crisi ed essere protagonisti nella globalizzazione, sia necessaria un'azione comunitaria immediata, coerente e coordinata, indirizzata su un ventaglio di priorità che vada al di là delle parole e sia effettiva, a sostegno del miglioramento delle condizioni operative, sul mercato interno e su quelli globali, che sostenga l'innovazione nelle piccole e medie imprese, che rilanci lo spirito imprenditoriale, che sappia individuare nuovi percorsi, per la formazione e la qualificazione del personale, e adegui il mercato del lavoro alle nuove sfide.

3.3   Per poter assicurare pienamente il loro apporto positivo all'occupazione, anche nel nuovo quadro della globalizzazione, e malgrado la crisi internazionale in atto nei paesi industrializzati, le PMI devono poter competere su un piano di parità anche in termini di:

varo di una tabella di marcia per creare le condizioni necessarie ad assicurare che le PMI possano contribuire pienamente alla creazione dell'occupazione,

sviluppo delle capacità innovative delle piccole e medie imprese e sostegno delle reti, dei distretti produttivi dei servizi e dei parchi tecnologici (9),

garanzie d'accesso ai mercati esteri, al finanziamento e al rafforzamento di assicurazioni e di garanzie di pagamento negli scambi internazionali,

strutture intelligenti di supporto economico ai mercati (10) insieme con piena reciprocità nell'apertura del mercato europeo e dei mercati esteri,

rispetto degli standard sociali e ambientali e della proprietà industriale e intellettuale,

misure contro l'informazione asimmetrica nell'accesso al credito, assicurando offerte adeguate di crediti, prestiti e partecipazione al capitale di rischio,

strutture di formazione continua, sia per lo sviluppo dell'imprenditorialità e della gestione aziendale, sia per assicurare maestranze qualificate in un quadro di flessicurezza, negoziata tra le parti sociali,

un dialogo sociale, a livello nazionale e europeo, che riconosca le specificità delle PMI, garantendo loro una rappresentanza adeguata a livello comunitario ma anche un dialogo che consenta alle parti sociali di affrontare adeguatamente le ripercussioni della crisi,

lotta all'economia informale e rafforzamento della politica di concorrenza, in tema di aiuti di Stato.

3.4   Il CESE ritiene che sia necessario razionalizzare e semplificare i vincoli amministrativi e regolamentari, relativi alla creazione di imprese, soprattutto a livello degli Stati membri, al fine di garantire che le imprese esistenti possano trarre profitto delle opportunità tecnologiche e commerciali per svilupparsi, e che nuove PMI siano messe in grado di creare nuovi posti di lavoro, dando piena e concreta applicazione ai principi di «Pensare prima in piccolo» e allo Small Business Act.

3.4.1   È altresì necessaria l'adozione dello Statuto delle PMI europee e lo studio della società cooperativa europea, per rafforzarne la diffusione.

3.5   Occorre facilitare il processo di internazionalizzazione delle PMI, aumentando la partecipazione imprenditoriale in partenariati di ricerca, assicurando l'accesso ai mercati esteri.

3.5.1   Tale obiettivo va perseguito anche mediante una strategia che faciliti la costituzione di reti internazionali tra i protagonisti della creatività e dell'innovazione: quadri, ricercatori, membri delle professioni liberali, per favorire sinergie e una migliore internazionalizzazione delle professioni liberali.

3.6   È necessario altresì diffondere la cultura imprenditoriale e rafforzare lo spirito d'iniziativa e l'imprenditorialità femminile, sviluppando le competenze strategiche e gestionali necessarie e rafforzando la formazione.

3.6.1   Appare anche opportuno introdurre una tabella di marcia, con statistiche semestrali, relative alle variabili economiche e sociali delle PMI europee.

3.7   La formazione permanente dei quadri e delle maestranze deve permettere la dotazione di risorse umane qualificate ed aggiornate, in un quadro di stimolo della parità di genere. Il CESE chiede un'azione prioritaria a livello comunitario, nazionale e regionale, di lotta alla disoccupazione giovanile moltiplicando le opportunità di apprendistato, stage lavorativi di qualità (work placement), sponsorizzazione dei laureati, specie in discipline scientifiche ed una campagna di valorizzazione del lavoro industriale e manifatturiero e della iniziativa imprenditoriale, specie femminile.

3.8   Il CESE è convinto che le capacità di assorbimento dell'innovazione debbano essere potenziate: occorre rafforzare le reti di competenze e di conoscenze, e sviluppare i distretti industriali di nuova generazione e le infrastrutture di trasferimento tecnologico e di mobilità delle risorse umane tra industria, centri di ricerca e università, anche nell'ambito dell'Istituto di innovazione e tecnologia (EIT), che deve integrare le PMI.

3.9   Lo sviluppo delle iniziative settoriali di punta dovrebbe, a parere del Comitato, essere meglio coordinato sotto gli aspetti tecnologici, di investimento e di formazione e valorizzazione delle risorse umane.

3.10   I mercati del lavoro europei usciranno profondamente modificati dalla crisi, ragion per cui i lavoratori e gli imprenditori devono essere pronti, con le competenze e i sostegni appropriati, per adattarsi ad una realtà che cambia: «La crisi ha azzerato tutti i progressi realizzati in passato, ragion per cui dobbiamo ora riformare urgentemente i mercati del lavoro, far sì che le competenze disponibili siano in linea con la domanda e che le condizioni lavorative siano quelle giuste per incoraggiare la creazione di lavoro» (11).

Bruxelles, 4 maggio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Relazione European SMEs under pressure (2010).

(2)  Cfr. parere CESE sul tema Le diverse misure politiche, al di là di finanziamenti adeguati, atte a contribuire alla crescita e allo sviluppo delle piccole e medie imprese, GU C 27 del 3.2.2009, pag. 7; parere CESE sul tema Come sostenere le PMI nell'adattamento ai cambiamenti del mercato globale, GU C 255 del 22.9.2010, pag. 24; parere CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - «Pensare anzitutto in piccolo» (Think Small First) - Uno «Small Business Act» per l'Europa, GU C 182 del 4.8.2009, pag. 30.

(3)  Cfr. parere CESE sul tema La strategia di Lisbona dopo il 2010, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 3.

(4)  Fonte Eurostat.

(5)  Eurostat - Labour market indicators («Indicatori del mercato del lavoro») UE 27 – 2010.

(6)  Classificazione Eurostat fascia d'età 15-64.

(7)  Classificazione Eurostat fascia d'età 15-24.

(8)  Cfr. Hartmut Schrör, Enterprise Births, Survivals and Deaths - Employment effects («Creazione, sopravvivenza e morte delle imprese - effetti sull'occupazione») (Eurostat, Statistics in Focus, 44/2008).

(9)  Cfr. parere CESE sul tema I distretti industriali europei verso le nuove reti del sapere, GU C 255 del 14.10.2005 pag. 1; parere CESE sul tema Il ruolo dei parchi tecnologici nel mutamento industriale dei nuovi Stati membri dell'UE, GU C 65 del 17.3.2006, pag. 51 e parere CESE sul tema Trasformazioni industriali, sviluppo del territorio e responsabilità delle imprese, GU C 175 del 28.7.2009, pag. 63.

(10)  Cfr. accesso e strutture semplificate della banca dati sull'accesso ai mercati (market access database) (MADB).

(11)  Cfr. László ANDOR, commissario responsabile per l'Occupazione - IP/10/1541 del 23 novembre 2010.


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