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Document 52001DC0547

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni sui carburanti alternativi per il trasporto stradale e su una serie di misure per promuovere l'uso dei biocarburanti

/* COM/2001/0547 def. */

52001DC0547

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni sui carburanti alternativi per il trasporto stradale e su una serie di misure per promuovere l'uso dei biocarburanti /* COM/2001/0547 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI sui carburanti alternativi per il trasporto stradale e su una serie di misure per promuovere l'uso dei biocarburanti

1. Introduzione

Negli ultimi dieci anni la produzione di petrolio nell'UE è aumentata, in seguito ai successi delle attività di prospezione nel Mare del Nord, mentre il consumo si è mantenuto pressoché invariato, grazie soprattutto al ricorso sempre più ampio ad altre fonti di energia negli impieghi non legati ai trasporti, che ha permesso di compensare la forte crescita del consumo di petrolio nei trasporti. Nei prossimi venti-trent'anni, invece, la produzione di petrolio nell'UE probabilmente diminuirà; in compenso, il consumo aumenterà, dato che le possibilità di sostituzione con fonti alternative saranno già state interamente sfruttate mentre la domanda nei trasporti continuerà a crescere.

Nei prossimi decenni, che nell'UE si preannunciano all'insegna di una maggior dipendenza dalle importazioni, è previsto un forte aumento della domanda di petrolio anche a livello mondiale e stante la distribuzione delle riserve note di petrolio nel mondo, i paesi mediorientali membri dell'OPEC saranno gli unici fornitori in grado di farvi fronte.

Questo scenario è in contrasto con l'esigenza riconosciuta di ridurre le emissioni globali di gas a effetto serra e in particolare con gli impegni assunti a Kyoto dai paesi industrializzati in merito all'avvio di programmi di riduzione nel prossimo decennio.

In questo contesto il libro verde della Commissione "Verso una strategia europea di sicurezza dell'approvvigionamento energetico" stabilisce come obiettivo la sostituzione del 20% del petrolio con combustibili alternativi nel settore dei trasporti stradali entro il 2020, nel duplice intento di migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento e ridurre le emissioni di gas serra.

Questo obiettivo rappresenta una sfida molto più ardua di quelle affrontate in passato dall'industria automobilistica e petrolifera, come la drastica riduzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici convenzionali, l'eliminazione pressoché totale del piombo e dello zolfo dai carburanti per autotrazione o il significativo miglioramento del rendimento energetico a fronte di sviluppi che altrimenti avrebbero portato ad un aumento dei consumi di carburante.

Qualsiasi mutamento radicale dell'offerta di carburanti o della tecnologia dei motori nel settore dei trasporti stradali pone vari problemi. La popolazione è abituata a disporre di vetture che con il passare degli anni sono diventate molto economiche, come del resto i carburanti (specialmente rispetto al reddito disponibile), e che hanno un'autonomia di percorrenza di 400-600 km (o più). Le stazioni di servizio sono distribuite capillarmente, e l'operazione di rifornimento non richiede che pochi minuti. L'auto serve per scopi che vanno dal portare una persona a fare la spesa al supermercato di quartiere al condurre l'intera famiglia all'altro capo di Europa, una o più volte all'anno, per le vacanze. Per di più, pur avendo a bordo una notevole quantità di carburante altamente infiammabile, le vetture non sono soggette in pratica ad alcuna restrizione in materia di parcheggio e circolazione. Si tratta di vantaggi a cui ben poche persone sarebbero disposte a rinunciare, se non in misura marginale.

Il trasporto di merci obbedisce a criteri diversi. Essendo un settore economico caratterizzato da una forte concorrenza interna, i costi e l'affidabilità sono fattori chiave: qualsiasi carburante o tipo di motore alternativo dovrà quindi essere competitivo per affermarsi sul mercato. Peraltro, il trasporto stradale di merci su lunghe distanze è una singola attività funzionale e i punti di rifornimento non devono essere così vicini l'uno all'altro come per il trasporto passeggeri, anche se la copertura geografica (in tutto il territorio europeo) è essenziale.

Il potenziale di penetrazione di qualsiasi carburante alternativo per il futuro dovrà essere valutato alla luce di questi criteri. Opzioni diverse richiederanno tipi e livelli diversi di investimenti per la realizzazione di infrastrutture e impianti. Di queste opzioni, la sostituzione di una piccola percentuale di gasolio o benzina con biodiesel o etanolo è la più semplice, poiché richiede come unico investimento "a lungo termine" la creazione degli impianti per la produzione di questi nuovi carburanti; viceversa, l'introduzione di celle a combustibile alimentate a idrogeno è la più problematica, poiché richiede l'uso di motori basati su una tecnologia alternativa, massicci investimenti per la costruzione degli impianti di produzione dell'idrogeno e la creazione di una rete di distribuzione per il momento inesistente. La conversione del settore dei trasporti all'idrogeno è una decisione importante che si giustifica solo nel quadro di una strategia su vasta scala e a lungo termine che coinvolga in linea di principio anche i paesi al di fuori dell'UE.

La sostituzione a lungo termine del gasolio e della benzina convenzionali è motivata da una parte dall'esigenza di migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, dall'altra dalla necessità di ridurre l'impatto ambientale, in particolare gli effetti sul clima, del settore dei trasporti. Qualsiasi soluzione a lungo termine dovrà quantomeno garantire una riduzione della dipendenza del petrolio e delle emissioni di gas serra rispetto ai veicoli alimentati con carburanti convenzionali che consumano di meno, nonché una diminuzione duratura delle emissioni degli inquinanti atmosferici "convenzionali" prodotti dai veicoli.

Non sarà mai possibile soddisfare contemporaneamente e per intero i requisiti di comfort e prestazioni delle vetture, sicurezza di approvvigionamento del carburante, ridotto impatto ambientale, sicurezza elevata e costi di esercizio stabilmente bassi. Le politiche future dovranno dare priorità alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico e all'efficienza dei carburanti (minori emissioni di gas serra). Una crescita economica del 2-3% annuo lascia peraltro un margine sufficiente per un aumento moderato dei costi di trasporto per chi non è disposto ad accettare una riduzione delle dimensioni o delle prestazioni delle vetture. Questo aspetto è particolarmente importante in un periodo di transizione in cui si dovranno gettare le basi per la trasformazione del settore dei trasporti nel senso di una maggiore sostenibilità. La penetrazione di una nuova tecnologia di trasporto dipende innanzitutto dalla disponibilità diffusa del carburante; d'altra parte, la costituzione di una rete di distribuzione capillare comporta costi molto elevati ed è giustificata solo se c'è una domanda sufficiente - in altri termini, se la penetrazione è adeguata. È un circolo vizioso, che rende difficile il decollo dei carburanti alternativi e fa sì che la loro introduzione con una quota di mercato significativa sia realisticamente concepibile solo ad un livello sufficientemente ampio, ad esempio su scala comunitaria.

Alla luce di queste considerazioni, la Commissione ritiene che esistano tre tipologie di carburanti alternativi che potrebbero svilupparsi fino a raggiungere ciascuna il 5% o più del mercato complessivo dei carburanti per autotrazione entro il 2020:

- biocarburanti,

- gas naturale,

- idrogeno.

Esiste poi la tecnologia delle vetture ibride (con propulsione elettrica e a scoppio), che offre una riduzione dei consumi di prodotti petroliferi analoga a quella ottenibile con i carburanti alternativi. La tecnologia e i carburanti alternativi testé elencati sono descritti in appresso, insieme ad altre opzioni che per il momento non appaiono altrettanto promettenti ma che potrebbero comunque offrire un contributo, ancorché limitato.

Lo scopo della presente comunicazione non è fornire soluzioni definitive alle sfide sopra ricordate, bensì delineare un approccio che consenta all'UE di sostituire il 20% dei carburanti convenzionali per autotrazione con carburanti alternativi nel medio periodo e di orientare in questo modo lo sviluppo dei sistemi di trasporto stradale per i decenni successivi al 2020.

2. Le opzioni

2.1 Consumo di carburante degli autoveicoli

Il consumo di carburante in sé non rientra nell'oggetto della presente comunicazione; va tuttavia sottolineato che una strategia economicamente efficace per ridurre la dipendenza dal petrolio e le emissioni di CO2 nel settore dei trasporti deve attribuire a questo aspetto la massima priorità. Del resto, questo concetto è stato riconosciuto ufficialmente nella strategia dell'UE per ridurre le emissioni e migliorare il risparmio di carburante da quando, nel 1997, il Consiglio ha adottato per le vetture nuove un obiettivo di emissione di 120 g di CO2/km entro il 2005 e al più tardi entro il 2010 [1], corrispondente ad una riduzione media del 35% dei consumi di carburante delle vetture nuove rispetto ai livelli del 1995. Da allora questa strategia è stata attuata principalmente con l'impegno dei costruttori automobilistici europei (ACEA), giapponesi (JAMA) e coreani (KAMA) di raggiungere un massimo di 140 g di CO2/km entro il 2008 (2009 per JAMA e KAMA), corrispondenti ad un consumo di 5,8 litri/100 km per la benzina e circa 5,3 litri/100 km per il gasolio. L'obiettivo di 140 g di CO2/km dovrà essere raggiunto principalmente grazie a sviluppi tecnologici e cambiamenti di mercato legati a questi sviluppi. Citiamo che l'osservanza dell'impegno è controllata soltanto per le emissioni dirette di CO2 del veicolo. La quota dei biocarburanti usati non ha quindi ripercussioni dirette sull'impegno.

[1] Consiglio Ambiente del 25 giugno 1996.

Applicando e sviluppando ulteriormente la tecnologia esistente, probabilmente si potrà ottenere un'ulteriore riduzione dei consumi di carburante nel quadro di una strategia globale efficace in rapporto ai costi. L'impegno ACEA sarà riesaminato nel 2003; in tale occasione, oltre a verificare i progressi compiuti rispetto all'obiettivo del 2008, la Commissione cercherà anche di ottenere dall'industria automobilistica impegni per gli anni successivi al 2008.

Inoltre, la Commissione ha avviato colloqui con l'industria automobilistica in merito alle misure da adottare per ridurre i consumi di carburante delle categorie di veicoli escluse dagli accordi esistenti, segnatamente i veicoli commerciali leggeri e i fuoristrada che non sono coperti dagli accordi esistenti.

Nella prospettiva di sostituire una certa percentuale di derivati del petrolio con carburanti alternativi, la riduzione dei consumi offre vantaggi che vanno al di là degli effetti propri delle misure poiché riduce la quantità totale di carburante da sostituire e, dal momento che i carburanti alternativi hanno un costo maggiore, contribuisce a contenere il costo totale. Fatta questa premessa, probabilmente nel quadro globale è molto più importante l'effetto a livello mondiale di una energica iniziativa europea a favore dell'efficienza nei consumi. I costruttori europei di autovetture hanno una forte presenza produttiva in importanti mercati emergenti (Cina, America Latina) che a loro volta hanno interesse a limitare a livello nazionale la dipendenza futura dal petrolio importato. Per tutte le economie che dipendono dal petrolio importato e quindi anche per l'UE, l'allentamento della pressione sul mercato mondiale del petrolio diventa un obiettivo prioritario per i vantaggi che può offrire in un periodo in cui è previsto un aumento della dipendenza dal petrolio importato. Questo tema sarà ripreso dalla Commissione come elemento prioritario nel dialogo transatlantico.

2.2 Biocarburanti

Sin dalla prima crisi petrolifera del 1973 la biomassa è stata considerata - e talvolta promossa - come una fonte di energia alternativa ai combustibili fossili. Grande interesse riveste in particolare la possibilità di usare la biomassa per produrre carburanti alternativi per veicoli diesel o a benzina, vista la dipendenza pressoché totale dal petrolio del settore dei trasporti.

I materiali biologici possono essere usati in vari modi come carburanti per autotrazione:

- gli oli vegetali (colza, soia, girasole, ecc.) possono essere convertiti in sostituti del gasolio utilizzabili sia in forma pura che in miscela con il gasolio stesso;

- la barbabietola da zucchero, i cereali e altre colture possono essere sottoposti a fermentazione per produrre alcool (bioetanolo), utilizzabile come componente della benzina, come carburante in forma pura oppure come additivo per la benzina dopo conversione in ETBE per reazione con isobutene (un sottoprodotto della raffinazione). In futuro, gli sviluppi della tecnologia permetteranno probabilmente di produrre bioetanolo a costi competitivi anche a partire dal legno o dalla paglia;

- i materiali organici di rifiuto possono essere convertiti in energia utilizzabile come carburante per autotrazione: gli oli di cucina usati in biodiesel, il letame e la frazione organica dei rifiuti domestici in biogas e i cascami vegetali in bioetanolo. Le quantità sono in genere limitate, ma non comportano costi d'acquisto ed il loro uso consente di ridurre i problemi (e i costi) associati allo smaltimento dei rifiuti;

- con il progresso della tecnologia, a medio termine potrebbero diventare competitivi anche altri biocarburanti liquidi o gassosi ottenuti dalla trasformazione termochimica di biomassa quali il biodimetiletere, il biometanolo, i biooli (oli di pirolisi) e l'idrogeno.

In teoria i biocarburanti rappresentano un'alternativa ideale visto che, quando sono ottenuti da prodotti agricoli coltivati nell'UE, sono una risorsa autoctona praticamente al 100% e neutrale in termini di CO2, in quanto il loro tenore di carbonio era stato catturato in precedenza dall'atmosfera.

In realtà, però, i biocarburanti hanno un costo elevato (almeno 300 EUR in più per 1 000 litri di carburante convenzionale sostituito) e il consumo diretto e indiretto di energia nelle fasi di coltivazione e produzione dei carburanti fa sì che nel processo di produzione del biodiesel e del bioetanolo vadano perse rispettivamente la metà e più della metà del vantaggio in termini di CO2. È possibile ovviare a questo inconveniente alimentando il processo di produzione con cascami agricoli (paglia), anche se ciò aumenta tendenzialmente il sovraccosto rispetto ai carburanti convenzionali.

Il sovraccosto di 300 EUR per 1 000 litri si riferisce agli attuali livelli dei prezzi petroliferi (circa 30 EUR al barile). Per rendere competitivi i biocarburanti rispetto al gasolio e alla benzina convenzionali, il prezzo del petrolio dovrebbe salire a circa 70 EUR al barile.

La percentuale massima di carburante per trasporto stradale sostituibile con la biomassa è generalmente stimata intorno all'8% del consumo attuale, nell'ipotesi di una produzione di biocarburanti limitata al 10% dei terreni agricoli. È difficile valutare oggi quanti ettari di terreno saranno disponibili per le "colture energetiche" nel 2020 e oltre e va tenuto presente, però, che varie colture (ravizzone, frumento, ecc.) hanno un tenore energetico superiore a quello usato per il biocarburante e quindi offrono prospettive più ampie, come fonti di energia rinnovabile, del semplice uso come carburanti alternativi per autotrazione. Inoltre, da queste colture si ricavano come sottoprodotti mangimi ricchi di proteine vegetali. Attualmente l'UE importa circa 30 milioni di tonnellate di semi oleosi all'anno, principalmente per mangimi animali.

La creazione di un mercato UE dei biocarburanti offrirà opportunità anche ai paesi candidati all'adesione. Questi paesi hanno in media una superficie agricola maggiore ed un consumo di gasolio e benzina minore rispetto agli attuali Stati membri dell'UE. La produzione delle colture da cui si ricavano i biocarburanti permetterà di assorbire più facilmente il settore agricolo dei nuovi Stati membri nella politica agricola comune.

I biocarburanti non possono essere considerati sostituti a lungo termine dei carburanti convenzionali nei volumi in cui questi vengono attualmente impiegati, a causa della limitazione dei terreni disponibili; tuttavia, essi meritano di essere sfruttati nel breve-medio periodo perché possono essere usati nei veicoli e nelle reti di distribuzione esistenti e perciò non richiedono investimenti massicci per la creazione delle infrastrutture necessarie. Il consumo attuale di biocarburanti, ancora inferiore allo 0,5% del consumo totale di gasolio e benzina, si concentra soprattutto nelle flotte vincolate ed è sostenuto da diversi regimi di esenzione fiscale.

Per aumentare in misura significativa l'uso dei biocarburanti è necessaria un'azione a livello di Unione europea a causa della differenza di costo rispetto ai carburanti convenzionali, che non è molto elevata agli attuali livelli di sostituzione, ma ammonterà ad oltre 5 miliardi di EUR all'anno quando la quota dei biocarburanti rispetto al totale dei carburanti convenzionali supererà il 5%.

Per potenziare l'uso dei biocarburanti si dovrà compensare questo maggior costo; a tal fine, si possono percorrere varie strade:

a) introduzione di misure di sostegno al settore agricolo non alimentare;

b) differenziazione delle aliquote a favore dei biocarburanti onde renderli competitivi sul mercato;

c) introduzione di disposizioni che stabiliscano che una certa quota dei carburanti per autotrazione messi in commercio debba essere costituita da biocarburanti.

Politica agricola

La Commissione ritiene che vi siano scarsi margini di manovra per una produzione su vasta scala di biocarburanti nell'attuale regime di messa a riposo dei terreni, poiché l'accordo in vigore con gli Stati Uniti (accordo di Blair House) comporta varie limitazioni al sostegno di ravizzone, soia e girasole. Inoltre, l'opinione pubblica non darà il proprio appoggio ad una campagna per i biocarburanti che verrà vista come una fonte di nuove sovvenzioni, non sempre giustificate, all'agricoltura. Infine, il tetto fissato a Berlino per il finanziamento del bilancio non consente un ampliamento del sostegno ai prodotti agricoli.

Misure fiscali

Gli incentivi fiscali potrebbero essere uno strumento efficace per promuovere lo sviluppo dei biocarburanti; ad esempio, applicando opportuni regimi fiscali sarebbe più facile ridurre il divario dei costi di produzione rispetto ai combustibili fossili. Ciò premesso, l'introduzione di regimi fiscali diversificati, prevista dalla legislazione in vigore [2], è in parte ancora frenata dagli obiettivi di funzionamento armonioso del mercato interno, lotta contro le distorsioni di concorrenza, certezza giuridica per gli operatori e gli Stati membri e accelerazione dello sviluppo di taluni settori.

[2] Per l'attuazione, da parte degli Stati membri, di misure di esenzione o riduzione dell'aliquota di accisa sui combustibili minerali, la direttiva 92/81/CEE prevede due possibilità:

È opportuno, quindi, che la Commissione e il Consiglio adottino un quadro chiaro e trasparente al fine di ridurre l'accisa sui biocarburanti sotto controllo fiscale. Questa esigenza era già stata riconosciuta nel 1992 nella proposta di direttiva sull'aliquota delle accise applicabile ai carburanti derivati da fonti agricole (nota come "proposta Scrivener") [3], quindi di nuovo nel 1997 nella proposta di direttiva del Consiglio sulla ristrutturazione del quadro comunitario per l'imposizione dei prodotti energetici [4], il cui articolo 14, paragrafo 1, lettere b) e c) (biomassa e rifiuti) autorizza gli Stati membri ad applicare esenzioni e/o riduzioni dell'accisa ai biocarburanti. Purtroppo la proposta Scrivener non è stata adottata dal Consiglio [5] e la proposta del 1997 è in discussione al Consiglio da quando è stata presentata.

[3] Proposta del 19.2.1992 (COM(92) 36 definitivo, pubblicata nella GU C 73 del 24.3.1992, pag. 6), modificata l'1.7.1994 (COM(94) 147 definitivo).

[4] COM(97) 30 definitivo del 12.3.1997.

[5] Proposta ritirata dalla Commissione nel 1999.

Lo strumento fiscale risulta spesso più efficace quando le misure di sgravio fiscale fanno parte di un insieme coerente di misure tecniche, regolamentari ed economiche. Questo accadrà quando saranno adottate insieme due proposte di direttiva, la prima per rendere obbligatoria negli Stati membri la vendita di una certa quota di biocarburanti, la seconda per mettere a disposizione degli Stati membri uno strumento flessibile che consenta di attuare la prima proposta andando anche oltre gli obiettivi della stessa.

Quota minima di biocarburante nel carburante per autotrazione messo in commercio

L'obbligo di mettere in commercio una certa quota minima di biocarburante rispetto al totale del carburante in vendita nell'UE può essere attuato senza problemi tecnici e i costi (modesti) di una siffatta misura saranno ripartiti fra tutti gli utilizzatori. L'introduzione di una quota minima di biocarburante fino al 2%, prevista nella prima fase di una strategia a lungo termine sui biocarburanti, non avrà implicazioni significative per la tecnologia dei veicoli, né altri effetti ambientali al di là della riduzione di CO2. Per contro, creerebbe un mercato stabile, richiederebbe una quintuplicazione della capacità di produzione dei biocarburanti in Europa e permetterebbe di maturare esperienza prima dell'aumento della quota dei biocarburanti previsto nelle fasi successive della strategia. La Commissione ritiene che il sistema più semplice per promuovere la penetrazione su larga scala dei biocarburanti a lungo termine sia la miscelazione obbligatoria di una certa quantità di biocarburante alla benzina e al gasolio messi in commercio in Europa. Questa soluzione può essere attuata senza apportare alcuna modifica ai veicoli esistenti e permette di sfruttare la rete di distribuzione esistente senza in pratica alcun costo aggiuntivo. Un approccio di questo genere, tuttavia, non terrebbe conto delle differenze esistenti nella produzione agricola di materie prime, che in alcune regioni d'Europa favorirebbe i sostituti del gasolio e in altre i prodotti a base di alcool. Inoltre, esistono già molti programmi che prevedono l'uso di biocarburanti puri e/o in miscela nelle flotte vincolate, spesso sulla base di accordi locali tra produttori e comuni o regioni.

Pertanto, per garantire nel modo più efficace sul piano economico l'introduzione su vasta scala dei biocarburanti continuando allo stesso tempo a sfruttare l'impulso dato dalla visibilità dei programmi locali d'uso di biocarburanti puri, la Commissione ritiene che l'approccio indicato in appresso rappresenti la soluzione migliore.

In una prima fase, gli Stati membri dovranno provvedere affinché una certa percentuale, destinata a crescere col tempo, dei carburanti per trasporti venduti sul loro territorio sia costituita da biocarburanti. Una misura di questo genere permetterà di conseguire un duplice obiettivo: da una parte garantirà la sostituzione di una determinata quantità di carburanti convenzionali, dall'altra offrirà la flessibilità necessaria per proseguire i progetti in atto o previsti a livello locale o regionale. In una seconda fase, poiché i programmi di uso esclusivo di biocarburanti potranno assorbire solo quantitativi limitati, l'aumento della percentuale di sostituzione oltre il 5% avverrà necessariamente attraverso la miscelazione obbligatoria di una certa quota di biocarburanti a tutti i tipi di carburanti messi in commercio.

2.3 Gas naturale

Il gas naturale è costituito principalmente da metano (CH4) e può essere usato nei normali motori a benzina. Tuttavia, esso richiede serbatoi ed iniettori speciali ed un suo uso su vasta scala nel settore dei trasporti presuppone l'esistenza di un parco di veicoli costruiti espressamente per questo carburante, non essendo proponibile la conversione di una percentuale elevata degli automezzi a benzina esistenti.

Per poter essere usato come carburante per autotrazione, il gas naturale deve essere immagazzinato a bordo dei veicoli a pressione elevata (200 bar) o in forma liquefatta a - 162 °C al fine di garantire un'autonomia di percorrenza sufficiente (+ 400 km). Delle due soluzioni possibili, la preferita, per motivi tecnici, sembrerebbe la prima (serbatoi in pressione).

La tecnologia è già ampiamente sviluppata e collaudata. In Italia circolano 300 000 veicoli che funzionano con gas naturale, distribuito da una rete di 300 stazioni di rifornimento. Nel resto d'Europa circolano altri 50 000 veicoli, normalmente in un'area geografica limitata, che si riforniscono presso una o più stazioni di servizio specifiche.

Teoricamente, il gas naturale ha grandi potenzialità come carburante per autotrazione: è economico, ha un numero di ottano elevato, è pulito e non presenta problemi circa l'osservanza delle norme sulle emissioni. Rispetto alla benzina, permette di ridurre del 20-25% le emissioni di CO2, anche se non presenta vantaggi significativi rispetto ai più efficienti motori diesel. Negli autobus, permette anche di ridurre l'inquinamento acustico nelle città.

Poiché in futuro il gas naturale, come la benzina, sarà in larga misura importato, in termini di sicurezza dell'approvvigionamento esso non offre alcun beneficio complessivo. Il maggiore uso di gas naturale però potrebbe ridurre la dipendenza dal petrolio, cosa che in genere è vista come un vantaggio. Le risorse di gas naturale sono ripartite in modo molto più uniforme nel mondo rispetto alle risorse di petrolio, ma la distribuzione del gas presenta maggiori difficoltà. Prima di prendere una qualsiasi decisione sull'uso su vasta scala del gas naturale come carburante per autotrazione, si dovranno analizzare in modo approfondito gli aspetti legati alla sicurezza dell'approvvigionamento. Tuttavia, un aumento iniziale della quota del gas naturale al 5-10% del totale dei carburanti per autotrazione non desterebbe particolari preoccupazioni dal punto di vista della sicurezza dell'approvvigionamento.

Il metano è un potente gas serra. Il vantaggio teorico rispetto alla benzina in termini di emissioni di CO2 si annullerebbe con il rilascio di quantità anche modeste di metano durante la distribuzione, lo stoccaggio o il rifornimento delle vetture. L'esperienza maturata con le flotte esistenti indica che la riduzione reale dell'emissione di CO2 è del 15-20%, contro il 20-25% teorico. Un ampio uso del gas naturale richiede quindi misure per minimizzare il rilascio in atmosfera. Sostituendo inoltre il gas naturale al gasolio, il vantaggio sarebbe inferiore perché il motore diesel è più efficiente. L'energia usata per comprimere il gas naturale a 200 bar rappresenta un'ulteriore perdita di energia, pari al 4%.

Il trasporto di gas naturale compresso richiede opportune misure di sicurezza anche se, essendo più leggero dell'aria ed avendo un intervallo di infiammabilità limitato e una temperatura di autoaccensione elevata, è meno pericoloso della benzina e del GPL: i veicoli alimentati a gas naturale non dovrebbero quindi essere soggetti a restrizioni in materia di circolazione e parcheggio rispetto ai veicoli a benzina. La realizzazione di infrastrutture sufficienti per la vendita al dettaglio del gas naturale per autotrazione non comporterà costi eccessivi, poiché nell'UE esiste già una rete di distribuzione. Secondo un recente studio, per creare una rete di rifornimento adeguata bisognerebbe costruire altre 1 450 stazioni di servizio, con un costo di investimento totale di circa 800 milioni di EUR.

2.4 Idrogeno

Negli ultimi anni sono state svolte ricerche approfondite sulle potenzialità dell'idrogeno come carburante per autotrazione. L'interesse con cui oggi si guarda all'idrogeno è dovuto soprattutto alla legislazione statunitense, che impone alle case costruttrici di iniziare ad introdurre sul mercato veicoli "ad emissioni zero". L'idrogeno usato nelle celle a combustibile, in cui l'unico "prodotto di combustione" è l'acqua, offre questa possibilità.

L'uso dell'idrogeno come carburante per autotrazione non è limitato alle celle a combustibile: l'idrogeno funziona benissimo anche con i normali motori a benzina. Poiché i motori a scoppio costano molto meno delle celle a combustibile, sembrerebbe questa la soluzione da preferirsi, in attesa che sviluppi futuri non riducano sensibilmente il costo delle celle a combustibile e/o ne migliorino l'efficienza di conversione dell'energia. Usato nei motori a scoppio, l'idrogeno forma NOx che però, essendo l'unica forma di inquinamento, può essere abbattuta quasi totalmente senza particolari difficoltà. Vari grandi costruttori di autovetture stanno già investendo somme cospicue nella tecnologia dell'idrogeno e delle celle a combustibile e ipotizzando che si arrivi a ridurre di dieci volte o più il costo di produzione delle celle a combustibile, nel giro di 3-4 anni potrebbero entrare in funzione le prime linee per la produzione in serie di autovetture alimentate a idrogeno.

L'idrogeno però, non è una fonte di energia bensì un vettore di energia. In genere si dice che l'idrogeno può essere ricavato dall'acqua, ma dal punto di vista strettamente chimico questo è del tutto irrilevante: per produrre idrogeno, bisogna infatti usare energia, esattamente come avviene per l'altro grande vettore di energia, l'elettricità.

Come nel caso dell'elettricità, il vantaggio di usare idrogeno come carburante, in termini di sicurezza dell'approvvigionamento o emissione di gas serra, dipende da come l'idrogeno viene prodotto. Se la fonte di energia è il carbone, aumenta la sicurezza dell'approvvigionamento, ma le emissioni di CO2 sono più elevate. Se è invece ricavato da combustibili non fossili (energia nucleare o fonti rinnovabili), si hanno ricadute positive sia sulla sicurezza dell'approvvigionamento che sulle emissioni di CO2, ma solo se il combustibile non fossile usato è in più rispetto a quello che sarebbe altrimenti usato per produrre elettricità. In altri termini, i vantaggi derivanti da una possibile conversione all'idrogeno possono essere valutati solo formulando una serie di ipotesi sugli sviluppi futuri della politica energetica, che per il momento sono piuttosto incerti.

Come futuro vettore di energia su vasta scala, l'idrogeno ha il vantaggio (come l'elettricità) di poter essere prodotto con qualsiasi fonte di energia e (a differenza dell'elettricità) di poter essere stoccato. Tuttavia, in futuro dovrà competere con l'elettricità generata con fonti di energia a basso tenore di carbonio (gas naturale) o che ne sono esenti (nucleare, rinnovabili) e sarà quindi interessante soltanto se prodotto con risorse energetiche aggiuntive prive di carbonio e/o con forniture aggiuntive di gas naturale. In quest'ultimo caso, resta da dimostrare se i vantaggi complessivi maggiori si abbiano utilizzandolo direttamente come carburante oppure convertendolo in idrogeno da impiegare successivamente nelle celle a combustibile.

La produzione dell'idrogeno su larga scala a partire dal gas naturale o dall'elettricità per elettrolisi avviene con processi industriali già maturi, che perciò presentano ristretti margini di innovazione tecnologica e riduzione dei costi. I vantaggi dell'idrogeno come vettore di energia derivano dal fatto che esso può agire da "tampone", offrendo un collegamento flessibile con un mercato decentrato dell'energia fondato su combustibili non fossili. Anche la distribuzione dell'idrogeno in condotte è una tecnologia collaudata. La creazione di una rete di vaste dimensioni è condizionata unicamente dall'estensione del parco clienti: finché questo non avrà raggiunto dimensioni sufficienti, la distribuzione alle stazioni di rifornimento mediante cisterne sembra un'alternativa più probabile.

Lo stoccaggio di una quantità sufficiente di idrogeno nelle autovetture è un altro problema non ancora risolto in modo soddisfacente. Dato che a parità di volume l'idrogeno ha un contenuto di energia pari al 30% del contenuto di energia del gas naturale, i serbatoi necessari per immagazzinare una quantità adeguata di idrogeno sono molto grandi e pesanti. Sono in corso ricerche su varie tecniche di stoccaggio a bordo dei veicoli, ma finora nessuna di queste tecniche si è dimostrata realmente competitiva rispetto ai serbatoi ad alta pressione (fino a 350 bar).

In conclusione, appare evidente che i potenziali vantaggi dell'idrogeno come carburante per autotrazione potranno concretizzarsi solo dopo che saranno state perfezionate le tecniche di stoccaggio dell'idrogeno e la tecnologia delle celle a combustibile e dopo che saranno stati compiuti investimenti massicci nella produzione di idrogeno e nelle infrastrutture di distribuzione. Mentre gli altri carburanti alternativi possono essere usati sui veicoli esistenti (biocarburanti), sui carburanti disponibili (gas naturale) o sulle infrastrutture di distribuzione disponibili (biocarburanti e in parte anche gas naturale), per la tecnologia dell'idrogeno e delle celle a combustibile tutto deve essere sviluppato o creato da zero. L'idrogeno, quindi, rappresenta indiscutibilmente l'alternativa più problematica alla benzina e al gasolio convenzionali, e vi è ampio consenso sul fatto che dovranno passare ancora diversi anni prima che il suo uso possa decollare su scala commerciale.

Ulteriori progressi nella tecnologia dell'idrogeno e delle celle a combustibile potranno venire dalle centinaia di milioni di euro investiti dall'industria automobilistica con l'appoggio dei programmi quadro di RST dell'UE. I tempi di introduzione sul mercato diventeranno sempre più brevi. La Commissione sta cofinanziando un grande progetto di dimostrazione che prevede l'impiego di 30 autobus a idrogeno in 10 città d'Europa al fine di acquisire esperienza pratica su questa nuova tecnologia. Un impegno deciso dei governi dell'UE ad agevolare finanziariamente l'introduzione di veicoli alimentati a idrogeno fornirebbe il sostegno necessario per l'ulteriore sviluppo di questa tecnologia.

2.5 Altri carburanti e/o tecnologie

a. Le automobili elettriche, disponibili sul mercato ormai da diversi anni, non sono riuscite a suscitare grande interesse nei consumatori. Le dimensioni ed il costo delle batterie rispetto all'energia immagazzinata sembrano proibitivi per la produzione di un'auto di dimensioni, potenza e autonomia sufficienti ad un prezzo che l'automobilista sia disposto a pagare. Inoltre, la lentezza di ricarica delle batterie (operazione che normalmente richiede tutta la notte) è vista come uno svantaggio dai potenziali acquirenti.

Le attese riguardo ad innovazioni radicali della tecnologia delle batterie, necessarie per rendere l'auto elettrica interessante per un'ampia fascia di acquirenti, sembrano essere scemate negli ultimi anni. Le vetture elettriche possono ancora avere un mercato di nicchia per i trasporti su brevi distanze, dove sono essenziali l'assenza di rumore e di emissioni, ma se non interverranno miglioramenti sostanziali della tecnologia delle batterie a modificare lo scenario, la Commissione ritiene che le vetture elettriche offrano scarse prospettive come veicoli alternativi, in termini di volumi di vendite.

b. Autovetture ibride

Pur non rientrando nella categoria dei carburanti alternativi, le autovetture ibride sembrano una delle tecnologie alternative possibili per il prossimo futuro.

Esse sono infatti progettate per sfruttare gli aspetti migliori del motore a benzina (o diesel) e delle vetture elettriche, eliminandone allo stesso tempo gli svantaggi.

Le vetture ibride hanno due motori, uno a combustione interna e uno elettrico. A seconda delle condizioni di marcia (fattore di carico, accelerazione), la vettura seleziona automaticamente il motore più efficiente.

Le batterie delle vetture ibride vengono caricate in modo semicontinuo durante la marcia, perciò possono essere molto più piccole (e meno costose) di quelle usate nelle vetture elettriche. Tuttavia, la presenza di due motori e altre soluzioni tecniche sofisticate come la frenatura a recupero di energia aumentano il costo (e il peso) di questi veicoli. Le vetture ibride immesse sul mercato fino ad oggi sono relativamente poche e hanno beneficiato di notevoli sovvenzioni. È difficile prevedere se con la produzione in serie il prezzo potrà scendere fino a giustificare con il risparmio sul carburante il maggior costo d'acquisto. I risparmi sul carburante ovviamente dipendono dalle condizioni di uso della vettura. Spesso i costruttori di vetture ibride indicano una riduzione dei consumi di carburante dell'ordine del 30%, ma questa percentuale è ottenibile soltanto nel traffico urbano, dove le frenate e accelerazioni sono frequenti e il motore funziona a carico ridotto per la maggior parte del tempo. La guida costante ad alta velocità di una vettura ibrida non presenta vantaggi rispetto alle vetture tradizionali.

c. Il metanolo e il dimetiletere (DME), normalmente ricavati dal gas naturale, sono entrambi potenziali carburanti alternativi. Il metanolo può essere usato nei motori a benzina, il DME al posto del gasolio.

Il metanolo offre pochi vantaggi rispetto al gas naturale, a parte il fatto che è liquido e quindi più facile da immagazzinare nella vettura. A causa della perdita di energia nella conversione del metano in metanolo, l'efficienza complessiva è inferiore e le emissioni totali di CO2 sono più elevate rispetto al gas naturale quando il metanolo viene usato direttamente come carburante. A ridurre ulteriormente l'attrattiva del metanolo come carburante per autotrazione contribuisce anche la sua elevata tossicità. Il DME ha proprietà fisiche simili al GPL; a temperatura ambiente è un gas, ma sottoposto ad una pressione di alcune atmosfere diventa liquido. Essendo un carburante diesel, offre un'efficienza superiore rispetto ai carburanti per motori a benzina, tanto da compensare la perdita di energia che si ha nel processo di conversione dal gas naturale. Per questo, il DME usato nei motori diesel offre vantaggi simili a quelli offerti dal gas naturale nei motori a benzina, per quanto riguarda la sostituzione del petrolio e le emissioni di CO2.

Essendo facilmente liquefattibile, il DME rende possibile l'immissione in commercio di fonti di gas naturale che non giustificherebbero gli investimenti necessari per il trasporto in gasdotto, a causa dell'esiguità delle riserve e/o delle distanze da coprire. Un ulteriore vantaggio del DME è dato dal fatto che brucia in modo più pulito rispetto al gasolio e pone minori problemi dal punto di vista dei dispositivi per l'abbattimento degli inquinanti. Per questo, ha attirato l'attenzione dei costruttori di autocarri e autobus.

Sarebbe difficile giustificare un sostegno comunitario su vasta scala al metanolo o al DME, ma la Commissione seguirà con attenzione gli sviluppi commerciali, sia nell'Unione europea che negli altri paesi.

d. Il gasolio ricavato dal gas naturale con la sintesi di Fischer Tropsch sembra offrire prospettive promettenti come carburante integrativo. Il suo uso appare particolarmente interessante nelle regioni in cui non esiste un mercato del gas naturale nelle vicinanze dei luoghi di produzione.

La conversione del gas naturale in gasolio si attua con un processo articolato in diverse fasi, che comportano un notevole consumo di energia e quindi rilevanti emissioni di CO2: di conseguenza, il gasolio ottenuto con la sintesi di Fischer Tropsch non offre vantaggi dal punto di vista delle emissioni di CO2. Questo gasolio assicura però vantaggi in termini di sicurezza dell'approvvigionamento, dal momento che amplia la gamma delle opzioni disponibili. Ad accrescerne l'interesse contribuisce inoltre l'ottima miscibilità (numero di cetano) con il gasolio convenzionale.

e. Il gas di petrolio liquefatto (GPL), usato ormai da decenni nel settore dei trasporti, si ricava dalla raffinazione del petrolio e dai "gas liquidi naturali", una frazione separata dal metano durante la produzione del gas naturale. Le quantità ottenibili dipendono dal tipo di greggio, dal tipo e dal grado di raffinazione e dalle caratteristiche specifiche dei singoli giacimenti di gas. Non v'è consenso, tuttavia, sull'effettiva appartenenza del GPL alla categoria dei carburanti alternativi.

Il GPL è poco costoso ed è tradizionalmente considerato un carburante "ecologico". Tuttavia, ora che la benzina e il gasolio stanno diventando molto meno inquinanti che in passato, questo vantaggio va rapidamente assottigliandosi.

Una certa quantità di GPL viene usata come materia prima nell'industria chimica e per altri impieghi specifici. La benzina convenzionale contiene anche butano (un componente del GPL) nella quantità consentita dalla pressione di vapore. Produrre deliberatamente il GPL a partire dalle frazioni petrolifere pesanti non ha senso, né dal punto di vista della sicurezza dell'approvvigionamento né dal punto di vista ambientale; si tratta quindi di far sì che il GPL disponibile "naturalmente" sia usato come carburante per autotrazione e non come combustibile da raffineria o come altra fonte di energia di basso valore.

In futuro, l'uso di processi di raffinazione più avanzati e l'aumento della produzione di gas naturale verosimilmente accresceranno la disponibilità di GPL e potranno portare ad un aumento limitato dell'uso di questo gas come carburante per autotrazione. La Commissione seguirà gli sviluppi della situazione e prenderà opportuni provvedimenti qualora potenziali riserve di GPL non vengano utilizzate dall'industria automobilistica o dai consumatori.

3. Conclusioni

Delle numerose alternative possibili nel campo dei carburanti e dei motori, le tre seguenti sembrano le più promettenti, in termini di volume (ciascuna più del 5% del consumo totale di carburante per trasporto), per i prossimi 20 anni:

- biocarburanti,

- gas naturale,

- idrogeno/celle a combustibile.

Per i carburanti alternativi, uno "scenario ottimistico di sviluppo" in questa fase potrebbe essere il seguente (senza escludere altre possibilità come il DME):

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In merito alle percentuali indicate per i biocarburanti, va sottolineato che il 2% del 2005 è stato calcolato ipotizzando che l'attuale situazione negli Stati membri più avanzati in questo campo possa essere estrapolata agli altri Stati membri. Il 6% del 2010 presuppone l'attuazione di una politica di incentivazione dei biocarburanti e si basa sul potenziale disponibile nei settori dell'agricoltura e del trattamento dei rifiuti. Per poter usare il gas naturale, occorreranno nuove infrastrutture di distribuzione e veicoli adattati o appositamente costruiti. Poiché la conversione di una percentuale elevata del parco circolante appare quantomeno improbabile, l'introduzione graduale di questo carburante alternativo dipende dalla vendita di nuovi veicoli costruiti espressamente per utilizzare il gas naturale. Il 2% del 2010 e il 5% del 2015 rappresentano dunque previsioni ottimistiche, formulate ipotizzando una politica di incentivazione di questo carburante. Quanto all'introduzione dell'idrogeno, bisogna considerare anche la questione della capacità di produzione, che rende improbabile una reale penetrazione sul mercato prima del 2015. Il metodo di produzione è inoltre determinante sotto il profilo ambientale. Dall'analisi dei capitoli precedenti risulta evidente che queste cifre sono puramente indicative e dovranno essere aggiustate in base all'esperienza che verrà maturata nei prossimi anni. Nello scenario prospettato, anche se alcune delle alternative prese in considerazione si svilupperanno meno del previsto, sarà ugualmente possibile sostituire il 20% del petrolio entro il 2020 e conseguire così l'obiettivo fissato dalla Commissione. Come già sottolineato in precedenza, qualsiasi strategia a favore dei carburanti alternativi dovrà essere messa in atto tenendo conto dell'evoluzione dei consumi dei motori. Un programma efficace di riduzione dei consumi che diminuisca la percentuale di petrolio da sostituire potrebbe infatti rappresentare la soluzione più vantaggiosa, sul piano economico, per la limitazione delle emissioni di CO2 e offrirà vantaggi anche sotto il profilo della sicurezza dell'approvvigionamento.

Per favorire questo tipo di sviluppo, la Commissione opererà secondo il piano d'azione descritto in appresso.

1. Alla presente comunicazione sono allegate due proposte della Commissione. La prima riguarda una direttiva che stabilisce che una percentuale crescente della benzina e del gasolio venduti negli Stati membri debba essere costituita da biocarburanti e annuncia l'obbligo, in una seconda fase, di miscelare una certa percentuale di biocarburanti a tutta la benzina e tutto il gasolio messi in vendita nell'Unione. La seconda proposta crea un quadro europeo che consentirà agli Stati membri di applicare aliquote fiscali differenziate al fine di incentivare i biocarburanti. Va rilevato a questo proposito che le implicazioni di una graduale introduzione dei biocarburanti sono ben note e che non vi sono ragioni obiettive per ritardare ulteriormente l'introduzione del gas naturale o dell'idrogeno. I biocarburanti sono l'unica opzione praticabile a breve e medio termine; pertanto, la predisposizione degli strumenti politici più adatti a promuovere l'introduzione dei biocarburanti darà un chiaro segnale dell'effettiva volontà della Comunità di sviluppare alternative ai prodotti petroliferi nel settore dei trasporti.

2. Costituzione di un gruppo di contatto ufficiale incaricato di fornire indicazioni in merito all'ulteriore introduzione di carburanti alternativi, in particolare gas naturale e idrogeno nei prossimi 20 anni.

Per il gas naturale, il gruppo formulerà raccomandazioni circa i tipi di veicoli (autobus, autocarri, taxi, tutti i tipi di vetture) e le aree geografiche (in funzione della disponibilità di gas naturale e della concentrazione di automobili) presso cui introdurre questo carburante, la creazione di stazioni di servizio e gli incentivi necessari, prendendo in esame anche la tassazione dei carburanti e dei veicoli.

Per l'idrogeno e le celle a combustibile, il gruppo analizzerà la fattibilità di diversi concetti e proporrà una strategia per risolvere le incertezze, esaminando diversi scenari di mix dell'energia, con riferimento alla produzione di idrogeno e alle implicazioni ambientali. Le misure necessarie per sostituire almeno il 5% del consumo di petrolio con idrogeno entro il 2020 dovranno far parte della strategia.

Il gruppo di contatto potrà inoltre fornire consulenza su altri possibili combustibili alternativi.

Il gruppo di contatto sarà composto da rappresentanti delle principali parti interessate, tra cui l'industria automobilistica, l'industria del gas, l'industria dell'elettricità e le ONG, e sarà presieduto da un rappresentante della Commissione. Presenterà la prima relazione entro la fine del 2002 e in seguito con periodicità regolare (ad esempio ogni 2 anni). Sulla base delle relazioni del gruppo di contatto, la Commissione a sua volta presenterà periodicamente una relazione al Consiglio e al Parlamento; la prima di queste relazioni è prevista per la metà del 2003.

3. La Commissione seguirà in permanenza gli sviluppi relativi ai carburanti e alle tecnologie alternative non direttamente coperti dal piano d'azione di cui sopra (GPL, DME, vetture elettriche), nel quadro degli impegni globali assunti in materia di sicurezza dell'approvvigionamento energetico e sviluppo sostenibile. Qualsiasi nuovo sviluppo tale da richiedere un riesame delle valutazioni contenute nella presente comunicazione sarà comunicato al Consiglio e al Parlamento.

4. I consumatori saranno tenuti aggiornati sulle possibilità di uso dei biocarburanti, tramite i consueti canali di informazione e le indicazioni fornite dai costruttori automobilistici.

Come parte dell'attuazione della strategia per ridurre le emissioni e il consumo di carburante, le attività della Commissione comprenderanno inter alia:

a) presentazione da parte della Commissione -a titolo di terzo pilastro della strategia di riduzione delle emissioni e del consumo di carburante- una comunicazione sulle possibilità di creare un quadro di riferimento per le misure fiscali in modo da colmare il divario di 20 g CO2 tra l'obiettivo della Comunità e l'impegno delle associazioni delle Case automobilistiche;

b) eventuale sostegno all'introduzione accelerata di auto a rendimento elevato. Un impegno dei governi ad acquistare un numero significativo di tali auto per i servizi pubblici rappresenterebbe un utile contributo per verificare se i costi supplementari possono essere ridotti grazie ad una produzione su vasta scala e contribuirebbe altresì a colmare il divario di efficienza a livello di carburante tra l'obiettivo comunitario di 120 g CO2/km e l'impegno delle industrie;

c) in occasione del riesame 2003-2004 degli impegni in materia di CO2, esame da parte della Commissione e dell'industria automobilistica anche degli obiettivi in materia di rendimento del carburante dopo il 2008;

d) continuazione delle discussioni della Commissione con le Case automobilistiche circa le misure opportune per ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli commerciali leggeri.

Anche se queste misure e attività non concernono strettamente l'introduzione di carburanti alternativi, esse sono strettamente associate alla riduzione delle emissioni di CO2 del trasporto stradale e alla dipendenza dalle importazioni di energia e devono quindi essere considerate insieme a qualsiasi strategia di carburanti alternativi.

La Commissione invita il Parlamento europeo ed il Consiglio ad avallare il piano d'azione sopra indicato e ad adottare la proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti nel settore dei trasporti e la proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 92/81/CEE del Consiglio, allegate alla presente comunicazione, che formano un pacchetto coerente volto a potenziare in misura significativa l'uso dei biocarburanti nell'UE in condizioni di stabilità e trasparenza.

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