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Document 52006AE0736

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibile — Una piattaforma d'azione COM(2005) 658 def.

GU C 195 del 18.8.2006, p. 29–37 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

18.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 195/29


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibile — Una piattaforma d'azione

COM(2005) 658 def.

(2006/C 195/08)

La Commissione europea, in data 13 dicembre 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 aprile 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore RIBBE e dal correlatore DERRUINE.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 17 maggio 2006, nel corso della 427a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 137 voti favorevoli, 2 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Sintesi delle conclusioni e raccomandazioni del Comitato

1.1

Il Comitato ha ripetutamente sottolineato la grande importanza che lo sviluppo sostenibile riveste per il futuro dell'Europa e per lo sviluppo globale e, pertanto, accoglie con favore la presentazione di una «piattaforma d'azione» nella quale la Commissione affronta questo argomento.

1.2

La comunicazione della Commissione fa parte di un gruppo di cinque documenti pubblicati nel solo 2005 sul tema «sviluppo sostenibile». Il Comitato, pur sottolineando ripetutamente l'importanza di misure concrete, formula nette riserve sulla pletora e varietà dei documenti, che praticamente impedisce ai normali cittadini interessati alla politica di aver ancora una visione d'insieme della situazione.

1.3

I legami tra la strategia di Lisbona e quella per lo sviluppo sostenibile sono confusi. Affinché i cittadini siano in grado di comprenderli, sono necessari degli sforzi sia sul piano pedagogico che in termini di coerenza. Lo strumento dell'analisi d'impatto va riformato per tener conto della dimensione sociale e ambientale alla stessa stregua di quella economica. La ricerca e l'innovazione raccomandate nel quadro della strategia di Lisbona dovrebbero fornire un supporto esplicito allo sviluppo sostenibile.

1.4

Il Comitato reputa che la «piattaforma d'azione» presentata insieme alla comunicazione non offra una vera strategia riveduta. Sebbene contenga un'analisi corretta della situazione attuale e affermi che «non si può andare avanti così», essa in pratica non va oltre tale analisi. Non spiega, o indica solo in modo alquanto insufficiente, come si potrebbe procedere concretamente.

1.5

Nel documento all'esame la Commissione non ha tenuto conto né della raccomandazione del CESE dell'aprile 2004 né dell'impegno che si era assunta essa stessa nel giugno 2005. In effetti, essa non indica alcun chiaro obiettivo che intende realizzare nel quadro della strategia della sostenibilità.

1.6

Di norma una strategia espone in quale modo si intende raggiungere degli obiettivi. Inevitabilmente, l'assenza di obiettivi comporta dei problemi nella determinazione degli strumenti che ci si propone di utilizzare. Questa è una lacuna fondamentale della comunicazione. Se non si hanno idee chiare sulla direzione da seguire non si può nemmeno precisare come raggiungere il traguardo.

1.7

Le azioni chiave illustrate nella comunicazione risultano vaghe e troppo astratte. Si tratta in parte di annose istanze o vecchi impegni che, dopo più di 30 anni, non hanno ancora trovato attuazione. Il documento non esamina né per quale motivo esigenze di così vecchia data siano rimaste disattese, né se esse permangano di attualità e, soprattutto, se siano ancora adeguate.

1.8

Nei punti contenenti annunci estremamente importanti la Commissione rimane però nel vago, senza assumere impegni. Il Comitato non può che accogliere con favore il fatto che la Commissione designi il commercio internazionale come strumento per lo sviluppo sostenibile. Tuttavia da una «piattaforma d'azione» sarebbe lecito aspettarsi l'indicazione di come s'intende realizzare questo obiettivo.

1.9

La Commissione dovrebbe chiarire il ruolo dei vari attori rispondendo alla domanda «chi deve fare che cosa?» in base alle competenze dell'UE, degli Stati membri, delle parti sociali e delle altre parti interessate.

1.10

Da parte sua, il Comitato esprime la sua intenzione di contribuire al dibattito mettendo a punto progressivamente una banca dati che consenta la diffusione delle migliori pratiche e registri gli ostacoli incontrati dai vari attori sul terreno ecc., in modo da migliorare le conoscenze specialistiche di cui la Commissione e le parti interessate potranno avvalersi.

1.11

Di conseguenza, nella comunicazione sono più i quesiti posti che le risposte fornite e vengono addirittura sollevati nuovi interrogativi ai quali la società ha sinora atteso invano una risposta.

1.12

Il Comitato deplora vivamente questo stato di cose. Infatti, questa comunicazione non presenta alcun vero progresso sul fronte dello sviluppo sostenibile, ma dimostra piuttosto che attualmente sembra di essere a un punto morto.

2.   Punti principali e contesto del parere

2.1

In data 13 dicembre 2005, e quindi poco prima del «vertice finanziario» del Consiglio europeo di Bruxelles, la Commissione ha presentato al Consiglio e al Parlamento europeo la Comunicazione sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibileUna piattaforma d'azione  (1), sulla quale verte il presente parere.

2.2

La strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile attualmente all'esame è stata decisa al vertice di Göteborg, nell'estate 2001. Il Comitato economico e sociale europeo si è pronunciato più volte sia prima dell'elaborazione della strategia sia in merito alla strategia stessa, da ultimo nel quadro dei propri pareri esplorativi rispettivamente dell'aprile 2004 sul tema Valutazione della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile  (2) e del maggio 2005 sul tema Il ruolo dello sviluppo sostenibile nelle prossime prospettive finanziarie  (3). Inoltre, in cooperazione con la Commissione, nell'aprile 2005 ha organizzato lo Stakeholders' Forum, una manifestazione che ha suscitato molto interesse ed è stata giudicata estremamente costruttiva, e nel marzo 2006, nel quadro dell'elaborazione del presente parere, ha organizzato un'ulteriore audizione dei cui risultati, ovviamente, si è tenuto conto.

2.3

Già la Commissione PRODI aveva annunciato che avrebbe riveduto e approvato la strategia per lo sviluppo sostenibile. Tuttavia ciò non è avvenuto in quanto ogni volta ci sono stati notevoli ritardi nell'elaborazione dei vari documenti. Questo può essere indice di quanto sia difficile per la Commissione, ma anche per il Consiglio, portare avanti la strategia per lo sviluppo sostenibile.

2.4

Nel febbraio 2005 la Commissione BARROSO non ha presentato una strategia riveduta, bensì la comunicazione Valutazione 2005 della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile: bilancio iniziale e orientamenti futuri  (4), nella quale si parla fra l'altro di un «accentuarsi delle tendenze non sostenibili», e si afferma che, per quanto riguarda l'inserimento delle considerazioni ambientali nelle politiche settoriali, «i progressi fatti finora sono piuttosto limitati». Si aggiunge inoltre che «il problema della povertà e dell'esclusione sociale sta assumendo proporzioni considerevoli» e che «a mano a mano che aumenta» l'interdipendenza«, s'impone una revisione dei nostri modelli di produzione e di consumo».

2.5

La comunicazione all'esame va vista in questo contesto. Il Comitato può considerarla un ulteriore passo verso una revisione della strategia per la sostenibilità, ma non come il risultato di una revisione già avvenuta. Stando alle informazioni più recenti, però non ufficiali, si prevede che nella riunione del giugno 2006 il Consiglio adotti una revisione della strategia per la sostenibilità del 2001 e che le conclusioni raggiunte in tale occasione costituiscano la strategia comune europea per la sostenibilità fino al 2009. Il Comitato ne deduce anzitutto che la Commissione non ha tenuto fede all'impegno del 2001 di presentare una revisione della strategia all'inizio di ogni suo nuovo mandato. Per di più sono ora all'esame cinque documenti (5) del 2005 che, pur concepibili come spunti e documentazione per una revisione, non possono comunque essere valutati come una nuova strategia per i prossimi quattro anni in grado di affrontare le tendenze attuali, che rivelano tuttora una dinamica inquietante.

2.6

Il Comitato esprime sconcerto per il fatto che, malgrado l'impegno precedentemente assunto al riguardo, la Commissione non abbia formulato osservazioni dettagliate sul suo ultimo parere esplorativo sul tema Valutazione della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile  (6). Molte delle questioni di principio sollevate dal Comitato in tale occasione rimangono ancora senza risposta, rivelando — e confermando — l'assenza di obiettivi, idee e progettualità della «piattaforma d'azione» ora presentata.

2.7

Anche questa volta, come del resto già nel 2004, il Comitato lamenta la mancanza di prese di posizione chiare sul modo in cui le due grandi strategie che ispirano l'attuale attività dell'Unione europea (strategia per lo sviluppo sostenibile e strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione) vengono delimitate e inquadrate conformemente agli obiettivi che l'UE si è data nell'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea (7). Dall'esame dei programmi nazionali di riforma relativi alla strategia di Lisbona emerge che gli Stati membri non considerano lo sviluppo sostenibile una priorità. È inevitabile constatare che c'è una discrepanza rispetto alle conclusioni del Consiglio europeo del marzo 2005, che attribuiscono un'importanza preminente alla strategia per lo sviluppo sostenibile.

2.8

Nel presente parere il Comitato intende soprattutto valutare se le affermazioni, le questioni e le raccomandazioni formulate nei pareri summenzionati dell'aprile 2004 e del maggio 2005 siano state accolte e recepite.

2.9

Il Comitato valuterà inoltre se il documento all'esame sia in grado di soddisfare i requisiti fissati dalla Commissione stessa.

3.   Osservazioni di carattere generale

3.1

Nella comunicazione in esame la Commissione presenta dapprima la situazione generale, come già in molti documenti precedenti. Due citazioni dal terzo capoverso della comunicazione illustrano la situazione in modo molto chiaro: «L'Europa ha già cominciato ad applicare questi principi dello sviluppo sostenibile.» Occorre però «un impegno rafforzato».

3.2

Il Comitato può confermare che quest'affermazione è veritiera e condivide la valutazione generale: in molti ambiti sono state intraprese numerose iniziative esemplari, sia a livello dell'UE che a livello degli Stati membri o da parte di imprese, ONG e privati. Questo loro impegno non è però sufficiente perché si possa già parlare di una svolta.

3.3

Si possono constatare concreti successi a livello nazionale (ad esempio l'impatto positivo, sull'ambiente e sull'occupazione, del programma tedesco per il risanamento degli edifici e l'impiego delle energie rinnovabili), a livello settoriale (ad esempio la decisione di non utilizzare i CFC nocivi per il clima nei sistemi di condizionamento per automobili o il «Piano d'azione per le tecnologie ambientali») e a livello delle imprese (si pensi ad esempio alla società British Petroleum, che nel 1998 si era impegnata a ridurre entro il 2010 le emissioni di gas a effetto serra del 10 % rispetto al 1990 e che, grazie all'efficienza energetica, ha realizzato questo obiettivo già nel 2003). Si rammenta poi anche il documento sottoscritto dalle grandi imprese inglesi e multinazionali a sostegno del premier britannico nella lotta ai cambiamenti climatici (8).

3.4

Questi esempi illustrano come processi sostenibili di produzione e di consumo siano non solo tecnicamente possibili, ma anche economicamente percorribili e contribuiscano al mantenimento o alla creazione di posti di lavoro. Questo aspetto deve essere comunicato in modo più chiaro di quanto non sia avvenuto finora.

3.5

Lo sviluppo sostenibile è un progetto di sviluppo sociale diverso, nuovo, integrato: infatti, le dimensioni economica, sociale ed ecologica dello sviluppo sostenibile si rafforzano reciprocamente e contribuiscono a realizzare dei «valori europei». Lo sviluppo sostenibile promuove quindi il benessere generale della società. Al riguardo il Comitato si compiace dell'impegno profuso in comune dalla Commissione e da Eurostat per mettere a punto un «indicatore del benessere» che, sotto il profilo dello sviluppo sostenibile, offra uno strumento di misura più pertinente del PIL. L'«impronta ecologica» calcolata fra l'altro anche dall'Agenzia europea per l'ambiente potrebbe essere un tale strumento. Un indicatore di questo tipo dovrebbe tener conto non solo dei costi ambientali esterni, ma anche di taluni costi sociali.

3.6

Lo sviluppo sostenibile non significa compensare i deficit delineatisi nello sviluppo di un settore con misure adottate in altri settori. Nel giugno 2005 il Consiglio europeo ha confermato questa interpretazione del concetto di sviluppo, e da numerosi documenti della Commissione europea (9) si evince che un tale approccio funziona effettivamente.

3.7

In primo luogo occorre però un ampio dibattito, nel mondo politico e nella società, sui valori che abbiamo in Europa (talvolta contrariamente ad altre regioni del mondo) e che dobbiamo difendere e sugli obiettivi che vogliamo raggiungere in Europa con lo sviluppo sostenibile. Oltretutto questo dibattito era atteso da tempo. Solo quando si avrà un'idea chiara degli obiettivi da raggiungere e dei valori (europei) da salvaguardare si potrà cominciare a discutere dei modi per conseguire tali obiettivi (ossia della strategia da attuare). Anche qui il Comitato dubita che il dibattito sia già stato condotto a dovere. A questo proposito, esso ribadisce quanto affermato due anni fa, e cioè che il concetto di «sostenibilità» è totalmente sconosciuto a gran parte dei cittadini e che spesso quelli che ne hanno già sentito parlare non sanno di che cosa si tratti. Sono dei presupposti assai sfavorevoli per attuare delle misure politiche (per la strategia di Lisbona la situazione è analoga!).

3.8

Il Comitato è del tutto consapevole del fatto che questo dibattito sui valori e sugli obiettivi non sia facile, specialmente considerato il contesto dei mercati globali. Il fatto che l'Europa svolga un ruolo di avanguardia nel preservare i presupposti fondamentali del vivere può infatti far sì, ad esempio, che le produzioni non sostenibili vengano trasferite dall'Europa in altre parti del mondo (il che, in un'ottica globale, non costituisce un successo) e può influire negativamente sulla competitività delle imprese europee. Tuttavia, proprio poiché si prevedono molti problemi, è necessario avviare finalmente l'ampio dibattito ripetutamente sollecitato dal Comitato.

Concentrazione sui settori chiave

3.9

Nella comunicazione la Commissione si concentra su sei «questioni essenziali», vale a dire:

cambiamenti climatici ed energia pulita,

sanità pubblica,

esclusione sociale, demografia ed immigrazione,

gestione delle risorse naturali,

trasporti sostenibili,

povertà mondiale e sfide dello sviluppo.

3.10

Il Comitato — come ha già affermato ripetutamente nei suoi precedenti pareri — reputa che concentrarsi su tali argomenti sia giusto, ma fa notare che occorre intensificare la riflessione quantomeno nei settori in cui l'UE ha piena responsabilità anche finanziaria, come ad esempio nel caso della politica agricola e regionale. Colpisce che la comunicazione non faccia praticamente alcun riferimento a tali settori. Tutt'al più l'Allegato 2 contiene ad esempio un link Internet alla proposta di decisione presentata dalla Commissione in merito agli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013) [COM(2005) 304 def.], senza però illustrare più in dettaglio il contenuto degli obiettivi e delle misure concernenti lo sviluppo sostenibile.

3.10.1

Nell'introduzione della comunicazione, nel quadro della descrizione degli sforzi compiuti finora dall'UE, si fa riferimento alla riforma della politica agricola e di quella della pesca e viene sottolineato che «il potenziamento della politica di sviluppo rurale [riflette] questo impegno a un'elaborazione integrata delle politiche». Secondo il Comitato questa affermazione è però del tutto incomprensibile poiché non si può affatto parlare di «potenziamento». Nelle prossime prospettive finanziarie 2007-2013 le risorse finanziarie destinate allo sviluppo rurale, contrariamente alle promesse politiche della Commissione e alle raccomandazioni del CESE (10), saranno in molti casi notevolmente inferiori all'attuale bilancio e agli stanziamenti previsti dalla Commissione (11).

3.10.2

Per quanto riguarda la politica della pesca, il Comitato fa solo notare che finora non si è riusciti nemmeno a garantire il rispetto dei limiti di cattura concordati, ragion per cui lo sfruttamento delle risorse alieutiche marine continua ad essere eccessivo. In questa situazione il Comitato giudica dunque insufficiente limitarsi ad elencare diverse pagine Internet riportanti informazioni su precedenti politiche oppure possibili comunicazioni o libri verdi progettati dalla Commissione se in materia di risorse alieutiche si vuole effettivamente realizzare l'obiettivo «operativo» della «produzione massima equilibrata entro il 2015» (12).

Mancanza di obiettivi chiari

3.11

Nella sua comunicazione del febbraio 2005 (COM(2005) 37 def.) la Commissione aveva fatto un'analisi importante, e a parere del Comitato giusta, della situazione e delle tendenze, che continuavano a non essere sostenibili. Nella Parte II («Raccogliere le sfide») aveva assunto posizioni conformi a quanto chiesto in precedenza dal Comitato. Aveva sottolineato infatti la necessità «di conciliare crescita economica, inclusione sociale e tutela dell'ambiente in Europa e nelle altre parti del mondo», specificando che si vuole «porre lo sviluppo sostenibile al centro delle politiche dell'UE». Aveva ribadito inoltre «$la necessità di fissare con maggior precisione obiettivi e scadenze per poter concentrare gli interventi nei settori prioritari e valutare i progressi. Sebbene le tendenze non sostenibili costituiscano problemi a lungo termine che richiedono soluzioni a lungo termine, l'unico modo di accertarsi che la società si stia muovendo nella giusta direzione consiste nel definire obiettivi intermedi chiari e nel valutare i progressi. La definizione di obiettivi a lungo termine non deve giustificare, pertanto, il rinvio degli interventi necessari».

3.12

Anche il Comitato, nel proprio parere dell'aprile 2004, aveva criticato il fatto che la strategia per lo sviluppo sostenibile contenesse obiettivi troppo difficili da comprendere e quindi anche da controllare. Aveva altresì segnalato che non era stato sempre così e che anche nella comunicazione della Commissione che in fondo era servita da base per l'elaborazione della strategia per lo sviluppo sostenibile erano stati formulati obiettivi chiari (13).

3.12.1

Il Comitato, già nel summenzionato parere, aveva spiegato chiaramente che senza obiettivi adeguati e senza la formulazione di obiettivi intermedi la strategia sarebbe stata priva di orientamento. In tale occasione il Comitato aveva anche sollevato la questione di che cosa sia in realtà una «strategia» e aveva osservato che una strategia, per definizione, è un piano preciso dell'azione che un determinato soggetto deve intraprendere per raggiungere un obiettivo, tenendo conto fin dall'inizio dei fattori che potrebbero influire su di essa. Di conseguenza, la futura strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile dovrebbe:

stabilire obiettivi chiari,

illustrare i singoli strumenti per il raggiungimento dell'obiettivo o degli obiettivi, il che comporta anche un'accurata descrizione delle responsabilità, competenze e possibilità di influsso di ognuno,

eventualmente, suddividere gli obiettivi a lungo termine in obiettivi intermedi, il cui rispetto o raggiungimento sarebbe controllato regolarmente mediante indicatori comprensibili,

prestare attenzione ai fattori che potrebbero ostacolare un percorso così strutturato e

garantire che tutte le politiche siano costantemente analizzate e valutate in base a criteri di sostenibilità (14).

3.13

Il difetto più grave della comunicazione all'esame e della «piattaforma d'azione» ivi contenuta consiste però nel fatto che ancora una volta non vengono descritti indicatori e obiettivi veramente chiari e non viene indicata la strada da percorrere per realizzarli, nonostante tutto ciò sia giudicato necessario dalla stessa Commissione. In effetti, il documento annuncia al massimo «azioni chiave» assai vaghe e l'Allegato 2 elenca una serie di «obiettivi operativi» ed «esempi di azioni chiave in corso o previste» che appaiono o arbitrari o poco significativi, o che tutt'al più vanno «studiati» o «presi in considerazione».

3.14

Non viene indicato nemmeno chi in ultima analisi dev'essere responsabile di che cosa, né in che modo vadano collegati tra loro i diversi livelli politici per ottenere le migliori sinergie possibili partendo dalla combinazione delle varie competenze.

Nessun dibattito sugli strumenti

3.15

Il Comitato ha preso atto con grande interesse del capitolo 3.2 e delle osservazioni relative alla combinazione più efficace di strumenti. È verissimo che «i governi e gli altri organi pubblici dispongono di un'ampia gamma di strumenti con cui possono incoraggiare i cittadini a cambiare comportamento: la regolamentazione, la fiscalità, le commesse pubbliche, le sovvenzioni, gli investimenti, le spese e le informazioni. La sfida consiste nel trovare la giusta combinazione di ingredienti politici (…). Il metodo più efficace per promuovere il cambiamento è forse quello di assicurare che il mercato invii i segnali giusti (“fissare prezzi che riflettano i costi”), offrendo così ai cittadini un forte incentivo a cambiare il loro comportamento e modificando di conseguenza il mercato. Questo si può ottenere se tutti noi, produttori e consumatori, sopportiamo pienamente i costi e le conseguenze delle nostre decisioni — quando siamo noi a prendere tali decisioni. Questo significa, ad esempio, integrare nel prezzo del prodotto il costo imposto agli altri membri della società dagli “inquinatori” (…).»

3.16

Il Comitato non può che confermare il suo sostegno a questa impostazione, che coincide con le richieste formulate in molti suoi pareri adottati negli ultimi anni (15). Tuttavia, si duole profondamente che il documento si limiti a un'analisi della situazione e non contenga alcuna indicazione su come si intende procedere a questa internalizzazione dei costi esterni.

3.17

Già nella sua relazione dell'aprile 2004 il Comitato aveva esortato la Commissione ad intervenire e ad avviare e portare avanti un dialogo con tutti gli ambienti interessati. Le parti interessate, infatti, non hanno solo un profondo interesse, ma anche il diritto di sapere come ed entro quando si intende garantire l'internalizzazione dei costi esterni. Il Comitato, già allora, aveva invitato anche a chiarire quali sarebbero state le conseguenze dell'internalizzazione dei costi sulla competitività dell'economia in generale e, in particolare, nel settore dei trasporti. La Commissione stessa aveva infatti rilevato che meno della metà dei costi esterni ambientali è internalizzata nei prezzi di mercato, il che significa che vengono incoraggiati modelli di domanda non sostenibili (16) .

3.18

Il Comitato si chiede quando e in che contesto la Commissione intenda finalmente organizzare questo dibattito. A suo parere la strategia per lo sviluppo sostenibile è proprio il contesto giusto. Si duole che la presentazione di una comunicazione sull'uso degli strumenti di mercato per la politica ambientale nel mercato interno, già promessa da oltre due anni, si faccia ancora attendere.

3.19

Si duole inoltre del carattere relativamente poco vincolante delle affermazioni della Commissione, secondo cui «gli Stati membri, insieme alla Commissione, dovrebbero scambiare le esperienze e le pratiche migliori su come trasferire l'imposizione fiscale dal lavoro al consumo e/o all'inquinamento, senza conseguenze sul reddito, per contribuire agli obiettivi dell'Unione di aumentare l'occupazione e proteggere l'ambiente». Esorta pertanto la Commissione ad intervenire direttamente su questo punto, svolgendo quanto prima ricerche al riguardo e trasmettendone poi i risultati alle istituzioni europee unitamente a una valutazione e ad un'analisi d'impatto, sotto forma di comunicazione.

3.20

Un ulteriore grave difetto della comunicazione all'esame, oltre al mancato rispetto di una vecchia virtù dell'UE, cioè quella di formulare obiettivi chiari e stabilire scadenze chiare, è dato dal fatto che non è previsto alcun dibattito sui possibili strumenti e le relative conseguenze. In questo modo, ovviamente, si evitano possibili conflitti, ma il Comitato ha esortato più volte a cercare attivamente proprio questo confronto critico con tutte le parti coinvolte poiché senza di esso il processo dello sviluppo sostenibile non avanzerà in modo decisivo.

3.21

Il Comitato esprime parere favorevole sull'intenzione di coordinare meglio le strategie nazionali con quelle europee. A tal fine, però, come già affermato, è necessaria dapprima una vera strategia europea e non solo un documento che riunisce posizioni, intenzioni e programmi che sono già noti da tempo, ma non sono stati in grado di invertire sufficientemente le tendenze negative.

3.22

Dal documento in esame si evince che le valutazioni d'impatto svolgono un ruolo fondamentale per migliorare la coerenza tra le diverse iniziative e le varie fasi di ciascuna di esse (pianificazione, attuazione ecc.). Tuttavia è fondamentale tenere presente che queste valutazioni non devono basarsi unicamente sui costi generati, ma devono tener conto anche dei vantaggi economici, sociali e ambientali (17). È quindi importante prevedere un criterio simile al «test della competitività» per sincerarsi che queste due ultime dimensioni non vengano trascurate.

3.22.1

Il Comitato ribadisce quanto affermato, e cioè che l'ammissibilità dei progetti al finanziamento a titolo dei diversi programmi e voci di bilancio dovrebbe basarsi sul criterio dello sviluppo sostenibile (18). Questo criterio andrebbe preso in considerazione anche al momento della valutazione dell'efficacia delle spese.

Assenza di una governance chiara

3.23

Oltre agli obiettivi poco chiari e alla sospensione del dibattito sugli strumenti, il CESE individua un'ulteriore lacuna nel documento in esame. La Commissione, infatti, non fornisce alcuna risposta alla questione della ripartizione delle responsabilità. Si tratta di una questione delicata, dato che alcune delle azioni previste sono di competenza comunitaria (rientrando nella politica commerciale comune) ed altre di competenza degli Stati membri (energia) o sono oggetto di tentativi di coordinamento a livello europeo (politica sociale). A questa diversità di competenze si aggiunge poi un'ulteriore dimensione, ossia l'aspetto globale (di cui si è trattato in precedenza).

3.24

Il CESE ritiene che una delle ragioni per cui non vi sono stati dei veri progressi sul piano dello sviluppo sostenibile sia la molteplicità delle strategie, dei piani d'azione, ecc., nonché le modifiche che vi sono state apportate nel corso degli anni, in base alle priorità politiche del momento. In linea con i principi guida dello sviluppo sostenibile enunciati dal Consiglio europeo del giugno 2005 (19), il Comitato ritiene che, per quanto concerne le misure, spetti alla Commissione stabilire in modo chiaro quale istanza sia competente al riguardo, in modo che tale istanza possa poi farsi garante, nei confronti delle altre parti interessate, della stabilità nel lungo periodo e della coerenza con le altre misure.

3.25

In virtù dei principi enunciati nel Libro bianco sulla governance, considerata la volontà di «colmare il fossato» tra l'UE e i suoi cittadini manifestata nel Libro bianco sulla politica di comunicazione, e in seguito al forum consultivo del 20 e 21 marzo 2006 sullo sviluppo sostenibile, il Comitato reputa che una consultazione strutturata e permanente delle parti interessate sia indispensabile per convertire l'impegno degli attori che operano sul terreno in progressi significativi e per dare forma concreta allo sviluppo sostenibile. Il CESE si impegnerà quindi a mettere a punto una banca dati simile a quella di cui dispone già per il mercato unico (PRISM). L'obiettivo sarà quello di recensire gli ostacoli incontrati dagli attori sul terreno, di diffondere le buone pratiche, fornire informazioni relative alle organizzazioni responsabili dei progetti innovativi, concretizzare l'approccio dal basso verso l'alto e migliorare le conoscenze su cui si basa soprattutto la Commissione per l'elaborazione delle proposte di direttiva, delle analisi d'impatto e delle comunicazioni.

3.26

Inoltre, il Comitato ritiene che la riforma del Fondo monetario internazionale, annunciata per il 2008, offrirà ai rappresentanti europei un'occasione di esprimersi in modo unitario per far sì che il concetto di sviluppo sostenibile divenga uno dei criteri di assegnazione degli aiuti.

3.27

Il Comitato si compiace che la Commissione abbia annunciato di voler controllare regolarmente — e precisamente ogni due anni — il processo di sostenibilità, in base a una relazione sui progressi compiuti, coinvolgendo anche il Consiglio europeo e il Parlamento europeo ed avvalendosi del contributo apportato dal CESE e dal CdR in quanto catalizzatori nella società.

Legami con la politica industriale moderna e con la ricerca

3.28

Nella recente comunicazione sulla nuova politica industriale (20) la Commissione annuncia, da un lato, la creazione di un gruppo ad alto livello sulla competitività, l'energia e l'ambiente e, dall'altro, una riflessione sugli aspetti esterni della competitività e l'accesso ai mercati (primavera 2006), nonché su una gestione delle trasformazioni strutturali nell'industria manifatturiera (fine 2005). Il Comitato si compiace dell'istituzione (nel febbraio 2006) di un gruppo ad alto livello, nonché del mandato (21) ad esso conferito, e si offre di assistere il gruppo nei suoi lavori ove necessario. Inoltre, il Comitato auspica che tali riflessioni, che in futuro verranno precisate ulteriormente dalla Commissione, siano conformi all'impegno assunto, che consiste nel garantire che le sinergie tra le politiche europee siano sfruttate in modo adeguato e che i vantaggi e gli inconvenienti siano tali da poter conseguire l'obiettivo della sostenibilità.

3.29

Se da un lato il Comitato è un instancabile sostenitore dell'obiettivo di destinare il 3 % del PIL alla R&S (i 2/3 di tale importo dovranno provenire dal settore privato), dall'altro esso reputa che tali investimenti e l'innovazione che ne scaturisce debbano iscriversi nella prospettiva della promozione dello sviluppo sostenibile. Sarebbe opportuno che, nei limiti del possibile, la Commissione con l'aiuto di Eurostat e dei suoi omologhi nazionali presentasse periodicamente una relazione per fare il punto della situazione, al fine di conciliare la strategia di Lisbona e la strategia globale per lo sviluppo sostenibile. Se del caso, essa dovrebbe formulare delle raccomandazioni nel quadro degli orientamenti integrati per garantire la compatibilità e la sinergia fra le due strategie.

4.   Osservazioni riguardanti alcuni dei settori chiave illustrati nel documento della Commissione

4.1   Cambiamenti climatici ed energia pulita

4.1.1

Il Comitato constata con estremo disappunto che nella sua comunicazione la Commissione ammette quasi rassegnata che non è più possibile arrestare i cambiamenti climatici e che ormai non resta che attenuarne l'impatto per quanti ne risentono maggiormente.

4.1.2

Le «azioni chiave» in questo ambito consistono in mere dichiarazioni d'intenti e nel cauto annuncio, non formale, d'impegni di più ampia portata e di accordi internazionali. L'assenza di obiettivi chiari in questa particolare politica è tanto più inquietante se si considera che sarà manifestamente impossibile realizzare gli attuali obiettivi riguardanti la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2012, e questo malgrado le crescenti minacce e l'ormai innegabile verificarsi di gravi perturbazioni atmosferiche, con conseguenze devastanti in termini di costi umani ed economici.

4.1.3

Il Comitato si compiace in ogni caso dell'intento, espresso in termini piuttosto generali, di sfruttare il potenziale proprio dell'UE per conseguire maggiore efficienza e realizzare sviluppi tecnologici nel settore delle energie rinnovabili e del consumo energetico. Pur appoggiando questi obiettivi della Commissione, il Comitato raccomanda al Consiglio e alla Commissione di stabilire senza alcun indugio degli obiettivi chiari e al tempo stesso ambiziosi e di illustrare gli strumenti per realizzarli, consultando poi al riguardo tutte le parti interessate.

4.1.4

Attualmente sembra che l'industria stia per ottenere ottimi risultati per quanto riguarda le centrali a carbone che non emettono CO2. Nel quadro di una strategia per lo sviluppo sostenibile ci si può senz'altro aspettare che venga affrontata la questione di quali condizioni generali (e quindi quali strumenti) la politica debba creare per promuovere l'impiego di una tale tecnologia.

4.2   Esclusione sociale, demografia e immigrazione

4.2.1

Se da un lato il Comitato si compiace che nel piano d'azione la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale non si riduca unicamente a una questione di redditi bassi, dall'altro reputa che le azioni chiave proposte siano largamente insufficienti. In particolare, la Commissione dovrebbe procedere ad un aggiornamento degli indicatori di Laeken (22) sulla qualità del lavoro (23) e rafforzare questa dimensione negli orientamenti in materia.

4.2.2

La Commissione annuncia che consulterà le parti sociali sul tema della conciliazione tra vita professionale e vita privata. A parere del Comitato, qualora le parti sociali ritenessero opportuno affrontare la questione ma non riuscissero poi a concretizzare questo approccio in un accordo a norma dell'articolo 139 del Trattato, la Commissione e il legislatore europeo dovrebbero occuparsene. Questo approccio dovrebbe peraltro essere consentito anche negli altri settori previsti.

4.3   Gestione delle risorse naturali

4.3.1

Anche per la priorità relativa alle risorse naturali le «azioni chiave» non sembrano comportare un impegno formale, o risultano assolutamente poco credibili. Basti considerare che la Commissione scrive: «l'Unione e gli Stati membri dovrebbero garantire strumenti di finanziamento e di gestione sufficienti alla rete Natura 2000 delle zone protette e integrare in modo più efficace le preoccupazioni sulla biodiversità nelle politiche interne ed esterne in modo da arrestare la perdita di biodiversità». Considerate le decisioni prese dal Consiglio europeo del dicembre 2005 in merito al bilancio, che hanno comportato dei tagli proprio in questo settore, l'opinione pubblica, ovviamente, capisce subito fino a che punto nella politica dell'UE vi sia un abisso tra le ambizioni e la realtà.

4.3.2

Gli «obiettivi operativi» indicati nella sezione dell'Allegato 2 intitolata «Gestire più efficacemente le risorse naturali» si limitano a ribadire politiche già note ed adottate. È il caso, per esempio, dell'obiettivo di portare al 12 % entro il 2010 la quota di consumo energetico coperta con fonti rinnovabili, obiettivo che la stessa Commissione aveva già indicato in un Libro bianco del 1997 (24) (!) e poi, in una comunicazione del 2004 (25), ritenuto irrealizzabile con le misure attuali. Nonostante tale previsione, nel documento in esame non viene proposta alcuna nuova misura e non è effettuata alcuna analisi delle cause di questo fallimento annunciato.

4.3.3

Il Comitato ritiene che, anche nel campo della gestione delle risorse naturali, prefiggersi degli obiettivi ambiziosi e rivolti al futuro, come quelli enunciati dalla Svezia all'inizio di febbraio del 2006, susciterebbe più clamore, attenzione e sostegno di queste vaghe dichiarazioni di intenti, che non appaiono né nuove né attuali. Come si sa, la Svezia si è posta l'obiettivo a lungo termine non solo di sostituire i combustibili fossili, ma anche di abbandonare il nucleare.

4.3.4

Inoltre, nel campo del risparmio e dell'efficienza energetici si potrebbe indicare un altro obiettivo, altrettanto efficace in termini di visibilità, rivolto verso il futuro e propizio all'innovazione: far sì che, ad esempio entro il 2020, tutti i nuovi edifici costruiti nell'Unione europea siano «edifici a energia zero», ossia che non necessitano di alcun apporto supplementare di energia dall'esterno.

4.4   Trasporti sostenibili

4.4.1

Nella sezione relativa ai trasporti si afferma dapprima che «le tendenze attuali non sono sostenibili».

4.4.2

Dopo di che la Commissione scrive: «I benefici della mobilità possono essere realizzati ad un costo economico, sociale e ambientale nettamente inferiore. Questo obiettivo può essere conseguito riducendo la necessità dei trasporti (ad esempio modificando l'uso dei suoli e favorendo il telelavoro e le videoconferenze), utilizzando più efficacemente le infrastrutture e i veicoli, cambiando le modalità di trasporto, ad esempio ricorrendo al trasporto ferroviario invece che a quello stradale, coprendo brevi distanze a piedi e in bicicletta, potenziando i trasporti pubblici, utilizzando veicoli più puliti e sviluppando alternative al petrolio, quali i biocarburanti e i veicoli a idrogeno». Ciò corrisponde sostanzialmente a quanto affermato nel parere del CESE sul tema Le infrastrutture di trasporto del futuro: pianificazione e paesi limitrofimobilità sostenibilefinanziamento  (26). Inoltre, la Commissione afferma anche che «i benefici che si traggono da trasporti più sostenibili sono significativi e interessano una pluralità di settori».

4.4.3

Il Comitato si compiace, in linea di principio, delle affermazioni e dei riferimenti relativi a situazioni vantaggiose per tutti. Tuttavia si chiede per quale motivo poi, nonostante tutti questi vantaggi e queste possibilità, si registrino ancora le tendenze negative ripetutamente descritte, ad esempio nel settore dei trasporti, e la Commissione debba quindi constatare una tendenziale involuzione al riguardo.

4.4.4

Devono esserci delle ragioni per cui le persone e le imprese puntano su modi di trasporto non sostenibili e li preferiscono in larga misura, nonostante i vantaggi dei trasporti sostenibili illustrati dalla Commissione. I motivi che inducono a questa scelta non vengono analizzati, ma senza una tale analisi non è possibile elaborare le strategie giuste per porvi rimedio.

4.4.5

Nel settore dei trasporti la Commissione cita 3 azioni chiave:

l'UE e gli Stati membri dovrebbero anzitutto rendere economicamente più interessanti le alternative al trasporto su strada per merci e passeggeri (il CESE prende atto del fatto che la Commissione non promette di non investire più nello sviluppo di alternative non sostenibili),

la Commissione europea continuerà ad esaminare il ricorso a sistemi di tariffazione delle infrastrutture nell'UE (il CESE constata che la Commissione non annuncia che procederà a un'imputazione completa dei costi di percorrenza e degli ulteriori costi esterni),

la Commissione proporrà un pacchetto di misure volte a migliorare le prestazioni ambientali delle automobili promuovendo veicoli puliti ed efficienti dal punto di vista energetico (e il CESE se ne compiace).

4.4.6

A giudizio del Comitato è più che dubbio che l'UE, con le summenzionate azioni chiave, riesca a tenere sotto controllo l'«aumento della congestione» tanto deplorato nella strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile (27) e che si possa quindi arrivare, ad esempio, a ridurre il traffico in misura sufficiente. Le richieste e le affermazioni formulate nelle azioni chiave sono decisamente meno ambiziose di quanto affermato in precedenti documenti dell'UE, come ad esempio quello sulla «rete dei cittadini» o il Libro bianco sulla politica dei trasporti (28).

4.4.7

Un obiettivo ben più attraente — ai fini della sensibilizzazione del grande pubblico riguardo alla strategia in esame — e ben più ambizioso e appropriato potrebbe essere invece, ad esempio, quello di autorizzare in Europa, entro il 2020 o il 2025, soltanto i veicoli che non producono emissioni. Ciò rappresenterebbe un notevole incentivo alla ricerca e sviluppo, stimolerebbe l'innovazione tecnologica e aumenterebbe la competitività delle automobili europee, con ricadute positive anche sullo sviluppo economico dell'Unione europea. Si tratterebbe inoltre di un approccio tecnologico che potrebbe contribuire a evitare che lo sviluppo dei trasporti in alcuni paesi emergenti, ansiosi di recuperare il loro ritardo in questo campo, abbia un impatto disastroso sull'ambiente e sul clima.

4.4.8

Un tale obiettivo strategico nel settore dei trasporti, accompagnato dall'attuazione delle misure chieste dal CESE per favorire lo sviluppo sostenibile del settore (29), sarebbe degno di una strategia europea per lo sviluppo sostenibile e consentirebbe di produrre gli effetti positivi per tutte le parti interessate più volte invocati.

4.5   Povertà mondiale e sfide dello sviluppo

4.5.1

Il Comitato è critico sul fatto che nella comunicazione vengano quasi «riciclate» richieste che l'UE formula da anni, ma alle quali non si è ancora dato seguito. Un esempio è dato dall'azione chiave della sesta priorità «Povertà mondiale e sfide dello sviluppo», nella quale si afferma che «l'UE e gli Stati membri dovrebbero aumentare il volume di aiuti fino a raggiungere lo 0,7 % del reddito nazionale lordo (RNL) nel 2015, con un obiettivo intermedio dello 0,56 % nel 2010 e obiettivi individuali dello 0,51 % per l'UE dei 15 e dello 0,17 % per l'UE dei 10». Il Comitato non dubita affatto che si tratti di una richiesta giusta (30). Fa solo presente che le nazioni industrializzate, già nel corso dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 24 ottobre 1970 (cioè oltre 35 anni fa!), avevano promesso di stanziare lo 0,7 % del loro PIL per gli aiuti allo sviluppo (importo che però da solo, ovviamente, non risolverebbe tutti i problemi). Ripetendo continuamente delle promesse che poi non vengono mantenute, la politica non diventa certo più attendibile.

4.5.2

Il Comitato si compiace ovviamente di tutti gli sforzi annunciati per la lotta contro la povertà mondiale. La Commissione si impegna a moltiplicare gli sforzi per garantire che il commercio internazionale venga utilizzato come strumento per promuovere uno sviluppo davvero sostenibile. Si tratta senz'altro di un approccio estremamente importante e forse, in una prospettiva globale, finanche decisivo. Quello raggiunto in sede OMC è un accordo di natura commerciale, che non contempla alcun criterio per lo sviluppo sostenibile, benché gli scambi mondiali abbiano un impatto determinante al riguardo. Il Consiglio e la Commissione, quindi, dovrebbero dare il giusto rilievo a questa importante dichiarazione, ma anche delineare i modi in cui si prevede di darvi attuazione.

4.5.3

Ciò è importante anche per mostrare chiaramente all'opinione pubblica che non si tratta di una mera dichiarazione programmatica. Secondo il CESE, è chiaro che gli aiuti finanziari non possono, da soli, migliorare in modo duraturo le condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni dei paesi emergenti.

Ricordando che nella risoluzione del Consiglio del marzo 2005 sulla dimensione sociale della globalizzazione il concetto di «lavoro dignitoso» è stato posto al centro della politica estera dell'UE, il Comitato non può rassegnarsi ad accettare che alcuni paesi fondino i loro vantaggi comparativi sul mancato rispetto delle norme dell'OIL o di quelle ambientali. Tali norme, infatti, non sono una forma velata di protezionismo sostenuta dai paesi ricchi; al contrario, esse contribuiscono a garantire la dignità umana, il progresso sociale e la giustizia. L'UE dovrebbe monitorare i progressi compiuti in questi settori e imporre ritorsioni commerciali qualora la valutazione — da effettuarsi possibilmente in cooperazione con le parti sociali riconosciute dall'OIL nei paesi interessati (o con organizzazioni rappresentative e riconosciute che lavorano in loco) — dovesse giungere alla conclusione che vi è un deterioramento della situazione. Il CESE deplora che la comunicazione in esame non faccia riferimento a questo aspetto.

4.6

Più in generale, il Comitato invita la Commissione e gli Stati membri a dimostrare ai loro partner commerciali che lo sviluppo sostenibile non va considerato una fonte di costi, ma piuttosto un fattore di ricchezza sia per le loro economie che aspirano a un livello di vita più elevato sia per il mondo intero.

Bruxelles, 17 maggio 2006

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  COM(2005) 658 def.

(2)  GU C 117 del 30.4.2004, pag. 22.

(3)  GU C 267 del 27.10.2005, pag. 22.

(4)  COM(2005) 37 def. del 9.2.2005.

(5)  

1)

COM(2005) 658 def.: Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibile — Una piattaforma d'azione (13.12.2005) (http://europa.eu.int/eur-lex/lex/LexUriServ/site/it/com/2005/com2005_0658it01.pdf).

2)

Relazione dell'Eurostat intitolata Measuring progress towards a more sustainable Europe — Sustainable development indicators for the European Union — Data 1990 — (13.12.2005).

3)

Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005, Allegato I — Dichiarazione sui principi guida dello sviluppo sostenibile. (http://register.consilium.eu.int/pdf/it/05/st10/st10255-re01.it05.pdf).

4)

COM(2005) 37 def.: Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Valutazione 2005 della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile: bilancio iniziale e orientamenti futuri (9.2.2005) (http://europa.eu.int/eur-lex/lex/LexUriServ/site/it/com/2005/com2005_0037it01.pdf).

5)

SEC(2005) 225: Documento di lavoro della Commissione The 2005 Review of the EU Sustainable Development Strategy — Stocktaking of Progress.

(6)  GU C 117 del 30.4.2004, pag. 22.

(7)  GU C 325 del 24.12.2002, pag. 5.

(8)  http://www.cpi.cam.ac.uk/bep/downloads/CLG_pressrelease_letter.pdf (documento in inglese).

(9)  Tra questi, si segnalano in particolare i seguenti documenti di lavoro:

 

The effects of environmental policy on European business and its competitiveness — a framework for analysis, SEC(2004) 769 (disponibile solo in inglese),

 

On the links between employment policies and environment policies, SEC(2005) 1530 (disponibile solo in inglese),

 

Employment and productivity and their contribution to economic growth, SEC(2004) 690 (disponibile solo in inglese, francese e tedesco).

(10)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), GU C 234 del 22.9.2005, pag. 32, e il parere esplorativo sul tema Il ruolo dello sviluppo sostenibile nelle prossime prospettive finanziarie, GU C 267 del 27.10.2005, pag. 22.

(11)  Cfr. anche il discorso pronunciato dalla commissaria all'agricoltura, FISCHER BOEL il 12.1.2006 alla Settimana verde internazionale.

(12)  COM(2005) 658 def., Allegato 2, pag. 27.

(13)  In tale comunicazione erano stati definiti obiettivi in parte molto ambiziosi: si era parlato p. es. della necessità, a lungo termine, di ridurre il CO2 del 70 % (COM(2003) 745 def.)

(14)  GU C 117 del 30.4.2004, pag. 22, punto 2.2.7.

(15)  Da ultimo nel parere di iniziativa sul tema Le fonti energetiche rinnovabili adottato il 15.12.2005, punto 1.3, GU C 65 del 17.3.2006, pag. 105.

(16)  SEC(1999) 1942 del 24.11.1999, pag. 14 (non disponibile in italiano).

(17)  Cfr. la Comunicazione della Commissione relativa a un metodo comune in ambito UE per la valutazione dei costi amministrativi imposti dalla legislazione, COM(2005) 518 def.

(18)  Parere esplorativo sul tema Il ruolo dello sviluppo sostenibile nelle prossime prospettive finanziarie, GU C 267 del 27.10.2005, pag. 22.

(19)  Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005, Allegato I — Dichiarazione sui principi guida dello sviluppo sostenibile.

(20)  Attuare il programma comunitario di Lisbona: un quadro politico per rafforzare l'industria manifatturiera dell'UE — verso un'impostazione più integrata della politica industriale, COM(2005) 474 def.

(21)  Cfr. comunicato stampa IP/06/226.

(22)  Qualità intrinseca del lavoro; competenze, istruzione, formazione permanente e avanzamento di carriera; parità tra i sessi; tutela della salute e sicurezza sul lavoro; flessibilità e sicurezza; integrazione e accesso al mercato del lavoro; organizzazione del lavoro e conciliazione tra la vita professionale e la vita privata; dialogo sociale e partecipazione dei lavoratori; diversità e non discriminazione; prestazioni lavorative complessive.

(23)  Cfr. la comunicazione della Commissione Migliorare la qualità del lavoro: un'analisi degli ultimi progressi, COM(2003) 728 def.

(24)  COM(1997) 599 def.

(25)  COM(2004) 366 def.

(26)  GU C 108 del 30.4.2004, pag. 35.

(27)  COM(2001) 264 def.

(28)  Libro bianco La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte, COM(2001) 370 def.

(29)  Cfr. il parere d'iniziativa del CESE sul tema Le infrastrutture di trasporto del futuro: pianificazione e paesi limitrofi — mobilità sostenibile — finanziamento (GU C 108 del 30.4.2004 pag. 35), nel cui ambito si è discusso fra l'altro anche della possibilità di ricorrere a strumenti fiscali.

(30)  Cfr. il parere del CESE sul tema Integrare ambiente e sviluppo sostenibile nella politica di cooperazione economica e allo sviluppo, GU C 14 del 16.1.2001, pag. 87.


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