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Document 52012AE0479

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione — COM(2011) 813 definitivo — 2011/0390 (CNS)

GU C 143 del 22.5.2012, p. 94–101 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

22.5.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 143/94


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione

COM(2011) 813 definitivo — 2011/0390 (CNS)

2012/C 143/18

Relatore: GREIF

Il Consiglio, in data 12 dicembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 100, paragrafo 2, e 304, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione

COM(2011) 813 final - 2011/0390 (CNS).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 gennaio 2012.

Alla sua 478a sessione plenaria, dei giorni 22 e 23 febbraio 2012 (seduta del 22 febbraio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 111 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.

1.   Richieste e raccomandazioni

1.1   Nel quarto anno dall'inizio della crisi finanziaria, in tutta Europa le prospettive del mercato del lavoro continuano a peggiorare. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime la profonda preoccupazione che sullo sfondo degli approcci politici attualmente applicati nell'UE, che vedono nell'austerità la chiave per risolvere la crisi, gli obiettivi di occupazione espressi nella priorità della crescita inclusiva della strategia Europa 2020 vengano probabilmente mancati. Poiché in parallelo nell'UE vengono applicati programmi di risparmio, sussiste il rischio che gli effetti di decelerazione si rafforzino a vicenda e che le prospettive di crescita risultino ulteriormente offuscate, cosa che si ripercuoterà negativamente tanto sulla domanda interna, quale ultimo sostegno della congiuntura, quanto sulla stabilizzazione e sulla crescita dell'occupazione.

1.2   Nei prossimi anni l'Europa si spingerà verso una situazione occupazionale estremamente critica. Alcuni gruppi, come i giovani, i lavoratori meno qualificati, i disoccupati di lunga durata, gli immigrati, i Rom e i genitori soli, sono colpiti in misura maggiore. Per contrastare il fenomeno occorrono rapidamente investimenti europei e nazionali mirati e con un forte effetto occupazionale, da operare in modo coordinato per accrescerne l'efficacia.

1.3   Sullo sfondo di una crescente disoccupazione giovanile e di una disoccupazione di lungo periodo che permane elevata, il CESE esprime le seguenti raccomandazioni politiche ad hoc, concernenti l'attuazione degli orientamenti per l'occupazione.

a integrazione dell'obiettivo di un aumento generale della quota di occupati nell'UE, occorrerebbe definire requisiti quantificati dell'UE per specifici gruppi come i disoccupati di lunga durata, le donne, gli anziani e in particolare i giovani (lotta alla disoccupazione, miglioramento della situazione occupazionale). Il frequente trasferimento della definizione di concreti obiettivi occupazionali a livello degli Stati membri non ha dato buoni risultati;

in tale contesto bisogna pensare in particolare a un indicatore riferito a una riduzione sostanziale del numero di giovani che non lavorano e non partecipano a un corso di formazione (NEET);

il CESE si compiace della proposta della Commissione sulla "garanzia per i giovani", in base alla quale gli Stati membri devono garantire entro quattro mesi dal conseguimento del diploma l'inserimento dei giovani in un posto di lavoro, in un corso di formazione o in misure di attivazione e integrazione sul mercato del lavoro. Occorre che i piani nazionali di riforma menzionino misure concrete in questo senso;

gli Stati membri che risentono di una disoccupazione giovanile particolarmente grave, e che al tempo stesso sono vincolati a una rigida disciplina di bilancio, dovrebbero avere un accesso facilitato alle risorse dei fondi strutturali per misure concernenti la "garanzia per i giovani" (semplificazione dell'impiego di risorse, fino a un'esenzione temporanea dal cofinanziamento nazionale);

malgrado la difficile situazione di bilancio in alcuni Stati membri, la disponibilità di fondi nazionali ed europei per l'istruzione e l'occupazione dei giovani e dei disoccupati di lunga durata va mantenuta e ove necessario aumentata. Occorre pertanto che nel nuovo piano finanziario, a partire dal 2014, vengano garantite risorse sufficienti, a carico del FSE ma anche di altri fondi dell'UE, per specifiche iniziative destinate ai giovani;

in tutti gli Stati membri occorre verificare ed eventualmente migliorare le condizioni di ammissione alle prestazioni destinate ai giovani disoccupati e ai disoccupati di lunga durata in cerca di un posto di lavoro o di formazione. Si raccomanda di includere tale obiettivo nei programmi nazionali di riforma;

il CESE raccomanda di evitare il ricorso a troppe soluzioni precarie e senza prospettive in materia di integrazione dei giovani nel lavoro. Invece di puntare sull'occupazione precaria e su contratti di lavoro incerti, bisogna attuare misure atte a evitare che il lavoro a tempo determinato, mal retribuito e non tutelato divenga la norma;

il CESE raccomanda agli Stati membri di rivolgere un'attenzione particolare anche alla creazione di un secondo mercato del lavoro, in cui si faccia ricorso alle risorse pubbliche per creare un numero adatto di posti di lavoro adeguati. Si potrà così garantire ai disoccupati di lunga durata un collegamento col mondo del lavoro e un miglioramento delle loro conoscenze, in modo da prevenire un aumento dei lavoratori poveri, consentendo loro di passare agevolmente nel primo mercato del lavoro una volta che la crisi sarà terminata;

per quanto riguarda l'iniziativa della Commissione sui tirocini, il CESE è favorevole a un quadro di qualità europeo che promuova situazioni professionali disciplinate da contratti vincolanti. Poiché in alcuni Stati membri si ricorre da lungo tempo con successo al sistema duale del tirocinio associato con istruzione generale e formazione professionale, occorrerebbe valutare la possibilità di applicarlo in parte anche altrove.

2.   Introduzione

2.1   Il Consiglio, in data 21 ottobre 2010, ha deciso di lasciare invariati gli orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione fino al 2014, al fine di mettere in primo piano la loro attuazione. Gli aggiornamenti dovranno limitarsi al minimo.

2.2   Ciononostante, il CESE approfitta della consultazione annuale, a norma dell'articolo 148, paragrafo 2, del TFUE, per ritornare sull'attuazione degli orientamenti,

al fine di valutare se, sullo sfondo delle attuali tendenze del mercato del lavoro e degli approcci politici applicati attualmente nell'UE per far fronte alla crisi, sia possibile progredire nella realizzazione degli obiettivi stabiliti;

inoltre il CESE esaminerà in particolare la situazione sempre più grave della disoccupazione giovanile e di lunga durata, avanzando alcune raccomandazioni politiche urgenti.

2.3   Il CESE si compiace del fatto che, al momento della redazione finale degli orientamenti per il 2010, varie sue proposte (1) siano state incluse nella decisione del Consiglio. Constata tuttavia che una parte delle lacune che ha segnalato non è stata considerata. Desidera pertanto ritornare su alcune delle principali osservazioni formulate nel suo precedente parere, che mantengono una particolare rilevanza. Il CESE aveva tra l'altro osservato che:

tenendo conto della crisi, gli orientamenti non rispecchiavano in misura sufficiente l'assoluta priorità della lotta contro la disoccupazione;

la dimensione europea dei nuovi orientamenti era nettamente indebolita, poiché, a parte alcune finalità fondamentali europee, si lasciava interamente agli Stati membri la responsabilità di definire gli obiettivi di politica occupazionale;

oltre all'obiettivo generale del raggiungimento di una determinata quota di occupazione, era necessario includere requisiti misurabili dell'UE, tra l'altro per gruppi come i disoccupati di lunga durata, le donne, gli anziani e i giovani;

erano inoltre necessari obiettivi misurabili dell'UE, tra l'altro per quanto riguarda la parità tra i sessi, nonché la lotta contro la disoccupazione di lunga durata, i rapporti di lavoro con garanzie sociali insufficienti, la disoccupazione giovanile e la povertà infantile e giovanile;

gli orientamenti non contenevano affermazioni concrete sulla qualità del lavoro.

2.4   Nel presente parere i suddetti punti saranno tenuti in considerazione sullo sfondo delle attuali tendenze dei mercati del lavoro europei nel contesto della crisi economica in corso.

3.   Situazione occupazionale sempre più critica nel contesto della crisi

3.1   La crisi finanziaria si è evoluta in una gravissima crisi economica, debitoria e sociale (2). Fonti ufficiali confermano che il rilancio economico nell'UE si è interrotto. Anche le prospettive occupazionali peggiorano (3). Le ripercussioni della crisi si acuiscono, non solo a causa del rallentamento economico prodottosi in numerosi Stati membri, ma anche e soprattutto perché la grande maggioranza dei governi, nell'intento di riportare la serenità sui mercati finanziari, ha reagito con misure di risparmio draconiane alla cosiddetta crisi del debito, originata innanzi tutto dalla massiccia deregolamentazione dei mercati finanziari degli ultimi anni. Nel quadro dell'applicazione delle regole recentemente modificate per la gestione della politica economica nella zona euro e al di là di essa, in quasi tutti gli Stati membri il consolidamento in atto è incentrato su una riduzione dei deficit pubblici, con sensibili tagli di spesa, in particolare di quella relativa alle prestazioni sociali e ai servizi pubblici (4). Tale politica restringe le opportunità occupazionali, anche per coloro che facevano già parte dei gruppi svantaggiati.

3.2   Date tali circostanze, nei prossimi anni l'Europa vivrà una situazione estremamente tesa in campo occupazionale. Nel quarto anno dall'inizio della crisi finanziaria ed economica, le prospettive occupazionali continuano a peggiorare. Malgrado gli sforzi fatti, come prima reazione alla crisi, per sostenere la congiuntura, e nonostante la ripresa economica in alcuni Stati membri, nel periodo 2008-2011 la disoccupazione nell'UE è salita dal 6,9 % al 9,4 % (5).

3.3   Attualmente i disoccupati nell'UE sono oltre 22 milioni, con differenze sostanziali da una zona all'altra. I tassi di disoccupazione variavano nel secondo trimestre 2011 da poco meno del 5,5 % di Austria, Lussemburgo e Paesi Bassi fino al 14 % e più di Irlanda, Lituania, Lettonia e Grecia e al 21 % della Spagna. I giovani continuano a essere colpiti dalla disoccupazione in misura sensibilmente superiore. In numerosi paesi, non solo del meridione d'Europa, la situazione si è aggravata in maniera allarmante durante la crisi. Il tasso di disoccupazione è raddoppiato in Spagna, Irlanda e, sia pure partendo da un livello più basso, in Danimarca. Tale tasso è addirittura triplicato negli Stati baltici, e si è ridotto, fino al 2010, solo in Germania e Lussemburgo. Malgrado l'ascesa della disoccupazione, in alcuni Stati membri si registra anche un aumento dei posti di lavoro disponibili. A causa dello sviluppo demografico e del mutamento strutturale in corso è da prevedere che questo paradosso diventi ancora più evidente nei prossimi anni.

Nel corso della crisi la disoccupazione è aumentata in particolare tra i giovani e i lavoratori meno qualificati, che già prima erano colpiti nettamente più della media.

Il tasso di disoccupazione delle persone con un livello di istruzione inferiore era del 16,3 % nel secondo trimestre del 2011. Per le persone di istruzione media e superiore le percentuali sono rispettivamente dell'8,6 % e del 5,3 %.

I tassi di disoccupazione sono cresciuti sia per gli uomini che per le donne di tutti i gruppi di età, attestandosi nel secondo trimestre 2011 rispettivamente sul 9,4 e sul 9,5 %. La disoccupazione maschile è aumentata più rapidamente nella prima fase della crisi perché settori di occupazione tipicamente maschile (ad esempio l'industria manifatturiera e le costruzioni) erano stati colpiti in misura maggiore. Nella seconda fase sono cresciuti più rapidamente i tassi di disoccupazione femminile, man mano che settori con una prevalenza di lavoro femminile (ad esempio i servizi e il settore pubblico) venivano colpiti, in particolare a causa delle misure di austerità introdotte.

I lavoratori migranti, il cui tasso di disoccupazione era superiore alla media già prima della crisi, sono più gravemente colpiti da un aumento della disoccupazione. Il relativo tasso era del 16,3 % nel secondo trimestre del 2011.

La disoccupazione di lunga durata (vale a dire protratta per oltre 12 mesi), il cui tasso era fortemente diminuito per un certo tempo a causa dell'effetto statistico del numero considerevole di nuovi disoccupati, ha raggiunto nel secondo trimestre del 2011 la media del 43 %, pari al livello precedente la crisi. I paesi che sono stati colpiti fortemente e precocemente dalla crisi (Spagna, Irlanda, Stati baltici) mostrano considerevoli aumenti del tasso di disoccupazione di lunga durata rispetto al 2008. Nel prossimo futuro questo gruppo crescerà considerevolmente a causa di un ristagno della domanda.

3.4   Alla luce del fatto che la disoccupazione giovanile aveva assunto dimensioni allarmanti già prima della crisi, il CESE ha indicato che essa è diventata uno dei fattori più preoccupanti del mercato del lavoro europeo (6). Il fenomeno è aumentato generalmente in modo drammatico e ammonta attualmente a quasi il 21 %. Oltre 5 milioni di giovani di età compresa tra 15 e 24 anni sono attualmente senza lavoro e senza un contratto di formazione, cosa che comporta conseguenze personali, sociali ed economiche enormi: secondo le più recenti stime (7), i costi di questa esclusione dei giovani dal mercato del lavoro ammontano a oltre 100 miliardi di euro l'anno. In Grecia e in Spagna oltre il 40 % dei giovani è senza lavoro, in Lettonia, Lituania e Slovacchia quasi un terzo.

Le preoccupazioni in merito alla disoccupazione giovanile sono confermate da due indicatori che hanno entrambi registrato un aumento: il tasso di disoccupazione (8) e il tasso NEET (Not in Employment, Education or Training), particolarmente interessante in quanto riferito ai giovani di età compresa tra 15 e 24 anni che non lavorano e non partecipano ad alcun ciclo di istruzione o di formazione.

Vi sono differenze significative tra gli Stati membri: la situazione è migliore in Danimarca, Paesi Bassi, Slovenia e Austria, dove i tassi sono inferiori al 7 %, mentre si presenta particolarmente difficile in Italia e Bulgaria, dove le percentuali vanno dal 19,1 al 21,8 %. La media dell'UE a 27 era del 12,8 % nel 2010. La crisi sembra aver peggiorato i tassi NEET specialmente in Spagna, Irlanda, Lituania, Estonia e Lettonia.

I giovani che interrompono la scuola costituiscono un'altra categoria ad elevato rischio di disoccupazione, a causa del loro livello di istruzione inadeguato. Malgrado il fatto che il tasso di abbandono scolastico si sia ridotto durante la crisi in alcuni Stati membri, tra cui Spagna, Portogallo, Estonia, Lettonia e Regno Unito, la media europea nel 2010 era pari al 14,1 %, sensibilmente al di sopra dell'obiettivo di meno del 10 %, previsto dalla strategia Europa 2020 (9). Le differenze nazionali sono considerevoli: il tasso è superiore al 28 % in Portogallo e Spagna, e giunge quasi al 37 % a Malta, mentre in Slovacchia, Repubblica ceca e Slovenia è inferiore al 5 % (10).

3.5   L'evoluzione dei tassi di disoccupazione si riflette anche nel tasso di occupazione relativo alle persone di età compresa tra 20 e 64 anni, che durante la crisi è sensibilmente sceso, nella media dell'UE, dal 70,5 % del secondo trimestre 2008 al 68,9 % del secondo trimestre 2011. Già al momento del varo degli orientamenti relativi al 2010 era chiaro che occorrerà un intero decennio per ricostruire gli oltre 10 milioni di posti di lavoro che sono andati persi dall'inizio della crisi fino ad ora. La situazione nel frattempo non è molto migliorata. Tra il secondo semestre del 2010 e il secondo semestre del 2011 la crescita dell'occupazione è stata minima. In alcuni Stati membri (Estonia, Lituania, Lettonia e Malta) si è registrato un aumento più deciso, mentre in altri l'occupazione ha continuato a ridursi sensibilmente (Grecia, Bulgaria, Slovenia e Romania). Complessivamente gli Stati membri dell'UE rimangono lontani dall'obiettivo prioritario della strategia Europa 2020, di un tasso generale di occupazione del 75 % per la fascia di età che va da 20 a 64 anni (11). Nel corso della crisi economica i giovani sono stati colpiti dalla disoccupazione molto più acutamente di tutte le altre fasce d'età, e in più hanno registrato il maggior tasso di regresso dell'occupazione.

3.6   In linea con gli sviluppi intervenuti nel periodo di validità della strategia di Lisbona, l'occupazione a tempo parziale ha continuato la sua graduale crescita durante la crisi. Pur con notevoli differenze tra i vari Stati membri, la media del lavoro a tempo parziale rispetto all'occupazione totale nell'UE è aumentata dal 17,6 % del secondo trimestre 2008 al 18,8 % del secondo trimestre 2011.

Le donne lavorano a tempo parziale in proporzione nettamente superiore, con una quota media del 31,6 % nel secondo trimestre 2011, contro l'8,1 % degli uomini.

I lavoratori giovani sono coinvolti nel lavoro a tempo parziale in misura sensibilmente maggiore rispetto ai lavoratori della fascia di età intermedia e a quelli più anziani.

Il lavoro a tempo parziale inoltre è cresciuto di più tra i lavoratori con il livello di istruzione più basso.

Durante la crisi il lavoro a orario ridotto consente di tenere il contatto con il mondo del lavoro e offre un buon punto di partenza per il passaggio alla piena occupazione una volta che la crisi sarà terminata.

Dall'inizio della crisi però è aumentata sensibilmente la quota del lavoro a tempo parziale involontario  (12). Tra il 2008 e il 2010 tale quota è cresciuta nettamente più della media nei paesi maggiormente colpiti dalla crisi (Stati baltici, Spagna, Irlanda). La quota di donne che lavorano a tempo parziale per potersi occupare dei figli o di adulti a carico permane elevata in vari Stati membri.

3.7   L'occupazione a tempo determinato ha raggiunto nell'UE una quota massima del 14,6 % nel secondo trimestre 2007. I dati dell'indagine di Eurostat sulle forze di lavoro classificano sotto questa voce anche i lavoratori interinali, a meno che non dispongano di un contratto scritto di lavoro a tempo indeterminato (13). Poiché i lavoratori con contratto a termine e i lavoratori interinali sono stati fortemente colpiti dalla disoccupazione durante la crisi, la loro quota complessiva è scesa a un minimo del 13,5 % nel secondo trimestre 2009. Tuttavia il recente aumento al 14,2 % nel secondo trimestre 2011 indica che le imprese tendono a riassumere il personale ricorrendo a contratti a termine o al lavoro interinale. Ciò riflette tra l'altro una certa mancanza di fiducia, da parte degli imprenditori, nella durata della ripresa, e indica che stanno compiendo degli sforzi per rispondere alla situazione.

Il ricorso al lavoro temporaneo varia sensibilmente da uno Stato membro all'altro. In alcuni Stati dell'Europa centrorientale, come Romania, Bulgaria, Lituania ed Estonia, la quota è inferiore al 5 %, mentre in Portogallo, Spagna e Polonia è di circa il 23-27 %.

I lavoratori giovani (età compresa tra 15 e 24 anni) sono di gran lunga i più coinvolti nel lavoro temporaneo (42,2 % nel 2010), secondo un modello comune a quasi tutti gli Stati membri. In una certa misura, in molte professioni è diventato abituale che il primo lavoro dei giovani sia temporaneo. Spesso però si tratta di una soluzione non accettata volontariamente, e questo è uno dei motivi del grave deterioramento della situazione occupazionale dei giovani durante la crisi.

Inoltre la quota dei lavoratori meno qualificati che ha un impiego a tempo determinato è pari a circa il 20 %, molto più elevata che per i lavoratori con un livello di qualificazione medio o superiore (12-13 % circa).

La quota del lavoro a tempo determinato involontario è aumentata di circa il 2 % tra il 2008 e il 2010, specie in Lituania e in Irlanda, due dei paesi più colpiti dalla crisi, nonché nella Repubblica ceca, in Danimarca e in Gran Bretagna.

3.8   Lavoratori poveri: dai dati di Eurostat per il 2009 risulta che i lavoratori a tempo determinato o a tempo parziale, i giovani e i genitori soli hanno più probabilità di essere dei lavoratori poveri di quante ne abbiano i lavoratori con contratto permanente e a tempo pieno.

In vari Stati membri il rischio per i lavoratori giovani (18-24 anni) di essere lavoratori poveri  (14) è molto superiore alla media del gruppo di età compreso tra 25 e 64 anni.

Analogamente, i genitori soli, spesso obbligati a lavorare a tempo parziale, e i lavoratori a bassa qualificazione sono coinvolti in misura superiore alla media nel lavoro temporaneo e nel lavoro a tempo parziale, nonché nei lavori a tempo pieno che danno un reddito basso. Tutto ciò fa sì che per questo gruppo di persone la percentuale di lavoratori poveri sia maggiore.

4.   La politica di austerità su scala europea aggrava la situazione del mercato del lavoro e rende più difficile raggiungere gli obiettivi di politica occupazionale

4.1   Poiché nell'UE vengono introdotti in maniera simultanea programmi di risparmio, gli effetti di decelerazione potrebbero rafforzarsi a vicenda, e le prospettive di crescita rischiano di risultarne ulteriormente offuscate. In mancanza di un'attenzione sufficiente, da parte di alcuni paesi, per le riforme strutturali necessarie, nonché di altre opportunità di crescita, le riduzioni di spesa si ripercuotono negativamente sulla domanda interna, quale ultimo sostegno della congiuntura, e portano a un calo delle entrate fiscali e a un aumento delle spese sociali. Vi è il rischio di un aumento ulteriore dei disavanzi di bilancio, e quindi di una progressiva incapacità di azione politica da parte di un numero crescente di Stati membri. Orientare il consolidamento di bilancio principalmente all'austerità quindi non è solo opinabile sul piano sociale, ma compromette anche le possibilità di una ripresa economica orientata al futuro. Il CESE teme fortemente che queste misure non risolvano la crisi e che gli obiettivi indicati nella strategia occupazionale dell'UE risultino irraggiungibili.

4.2   Il CESE rinnova pertanto la richiesta di un ulteriore programma congiunturale europeo, che abbia ampi effetti sul mercato del lavoro, di portata pari al 2 % del PIL (15). Oltre ad investimenti nazionali aggiuntivi da effettuare in modo coordinato per intensificare gli effetti occupazionali, vanno individuati progetti d'investimento a livello europeo. Le spese previste dovrebbero essere destinate nella misura dell'1 % a investimenti con forti effetti occupazionali, e per il resto chiaramente a misure concernenti l'occupazione, che potrebbero assumere forme differenti nell'UE in funzione della situazione regionale del mercato del lavoro.

4.3   Non si può attingere ai bilanci pubblici per tutto, dai salvataggi bancari agli investimenti sociali e nell'innovazione, fino al sostegno alle imprese. Il CESE ritiene che, nel quadro di un intelligente consolidamento dei bilanci, oltre a un taglio delle spese da strutturare in maniera socialmente sostenibile, sia indispensabile anche la creazione di nuove entrate. È soprattutto necessario rafforzare la base imponibile negli Stati membri. Bisognerebbe inoltre riconsiderare in modo generale i regimi fiscali, tenendo conto dei rispettivi contributi delle varie forme di reddito e patrimonio. Ciò deve andare di pari passo con un aumento dell'efficienza ed un impiego più mirato della spesa pubblica.

4.4   A giudizio del CESE le misure di risparmio non dovrebbero accrescere ulteriormente il rischio di povertà e acuire le disuguaglianze, che sono già aumentate negli ultimi anni. Occorre vigilare che tutte le misure adottate per uscire dalla crisi non contrastino con l'obiettivo di stimolare la domanda e l'occupazione durante e dopo la crisi e di attenuare le difficoltà sociali. In tale contesto gli Stati membri devono anche aver cura di evitare che le misure intese a superare la crisi economica e l'indebitamento pubblico mettano a rischio gli investimenti per la politica occupazionale, l'istruzione e la formazione professionale. Il CESE chiede che venga eseguita un'efficace valutazione delle ripercussioni sociali, per valutare come possa essere realizzato l'obiettivo dell'UE di aprire a 20 milioni di persone entro il 2020 la via di uscita dalla povertà e dall'esclusione sociale.

4.5   I tagli alla spesa si ripercuotono più duramente su coloro che dipendono da prestazioni pubbliche, compresi i lavoratori precari e altre categorie sfavorite sul mercato del lavoro. I soggetti maggiormente interessati dalla disoccupazione sono di regola gli stessi che risentono di un accesso difficile e limitato alle misure di sostegno. Servono quindi reti di sicurezza sociale sufficienti, efficaci e sostenibili, e occorre dedicare particolare attenzione ai gruppi maggiormente colpiti e svantaggiati sul mercato del lavoro, tra cui i giovani, gli immigrati, i Rom, i disabili, i genitori soli e le persone con una bassa qualificazione.

4.6   Il CESE si è recentemente espresso sulle sfide che l'invecchiamento demografico in Europa comporta per i mercati del lavoro, osservando che la strategia di gran lunga più efficace consiste nell'utilizzare quanto più possibile il potenziale occupazionale presente. Ciò può essere realizzato solo grazie a una politica di crescita mirata e a un intervento diretto ad estendere le possibilità di inserimento. Tale politica dovrebbe comprendere la creazione di condizioni di lavoro adeguate ai lavoratori anziani, lo sviluppo della formazione e del perfezionamento professionali, la creazione di posti di lavoro produttivi e di qualità, la garanzia di sistemi di sicurezza sociale efficienti, l'adozione di misure generali intese a conciliare la vita professionale e la vita familiare ecc (16). Occorre inoltre sfruttare appieno il potenziale economico della cosiddetta "economia d'argento", che ruota attorno agli anziani.

5.   Richieste e raccomandazioni in materia di occupazione giovanile e disoccupazione di lunga durata

5.1   Definizione di ambiziosi obiettivi dell'UE per l'occupazione giovanile

5.1.1

Negli orientamenti in vigore figura un indicatore relativo alla riduzione del numero di giovani che non lavorano e non partecipano ad alcun ciclo di istruzione o di formazione (NEET). Sebbene gli Stati membri abbiano diversificato le misure in funzione dei sottogruppi di questa categoria di giovani, tenendo conto di quelli particolarmente svantaggiati (17), continuano a mancare obiettivi concreti per la lotta alla disoccupazione giovanile e il miglioramento della situazione occupazionale dei giovani. Il CESE ribadisce la richiesta di dare un rilievo molto maggiore, negli orientamenti, a questi punti essenziali, specie attraverso l'inserimento di indicazioni europee quantificabili in materia di occupazione giovanile: in particolare 1) un obiettivo di riduzione significativa della disoccupazione giovanile e 2) un termine massimo di quattro mesi per l'inserimento di giovani in cerca di un lavoro o di un apprendistato. Il fatto di avere affidato al livello nazionale l'adozione di obiettivi specifici in materia di occupazione giovanile ha prodotto comunque pochi risultati: solo alcuni Stati hanno definito siffatti obiettivi nei rispettivi programmi nazionali di riforma (18).

5.2   Attuazione coerente da parte degli Stati membri della garanzia per i giovani nel settore NEET

5.2.1

Il CESE si compiace del fatto che sia stata accolta nell'iniziativa faro Youth on the Move, sotto forma di "garanzia per i giovani", la sua richiesta in base alla quale gli Stati membri devono garantire, entro quattro mesi dal conseguimento del diploma, l'inserimento dei giovani in un posto di lavoro, in un corso di formazione o in misure di attivazione e integrazione sul mercato del lavoro (19). In tale contesto il CESE si associa pienamente all'invito rivolto dalla Commissione agli Stati membri affinché individuino rapidamente gli ostacoli in questo campo e li eliminino con misure concrete da inserire nei programmi nazionali di riforma. In vari Stati sarà necessario estendere fortemente il sostegno specifico offerto dalle amministrazioni pubbliche competenti per l'occupazione, dedicando particolare attenzione ai soggetti svantaggiati (ad es. immigrati e Rom).

5.2.2

In tale contesto si invitano gli Stati membri ad attuare efficacemente anche per quanto riguarda i giovani le priorità concordate in linea generale nell'ambito degli orientamenti, e a prefiggersi di conseguenza compiti e obiettivi ambiziosi, tra cui l'adozione di misure equilibrate rivolte ad accrescere la flessibilità e la sicurezza, la promozione della mobilità dei lavoratori, la creazione di adeguati sistemi di tutela sociale per garantire l'accesso al mercato del lavoro e il sostegno dell'imprenditorialità, e la realizzazione di adeguate condizioni generali per il mantenimento e la creazione di posti di lavoro, anche e soprattutto nelle PMI.

5.3   Incremento e maggiore accessibilità dei fondi dell'UE per la lotta alla disoccupazione giovanile e di lunga durata

5.3.1

Per ridurre nel breve periodo la disoccupazione giovanile e quella di lunga durata, il CESE invita a adottare, anche in un periodo di ristrettezze di bilancio, misure speciali di politica sociale, dell'istruzione e del mercato del lavoro. Al riguardo la Commissione, nel documento relativo all'iniziativa Opportunità per i giovani (20), ha osservato che occorre un aiuto rapido e senza lungaggini burocratiche, specialmente nei paesi maggiormente colpiti dalla disoccupazione giovanile (21). Gli Stati membri che si trovano in una situazione particolarmente difficile per quanto riguarda l'occupazione giovanile e la disoccupazione di lunga durata e che al tempo stesso devono rispettare delle limitazioni di bilancio dovrebbero beneficiare di un accesso facilitato ai fondi dell'UE in particolare per misure destinate alla "garanzia per i giovani" e agli investimenti per la creazione di posti di lavoro. Bisogna applicare procedure pragmatiche e flessibili e semplificare gli iter amministrativi richiesti per usufruire dei fondi, fino al punto di sopprimere temporaneamente il cofinanziamento nazionale in caso di ricorso al Fondo sociale europeo e ad altri fondi europei.

5.4   Risorse adeguate per la lotta alla disoccupazione giovanile e di lunga durata nel nuovo bilancio dell'UE

5.4.1

Il CESE ha già sottolineato quanto sia importante, malgrado il riesame delle priorità di bilancio che la crisi economica ha reso necessario in tutti gli Stati membri, mantenere e se necessario aumentare gli stanziamenti di risorse nazionali ed europee per l'istruzione, la formazione e l'occupazione dei giovani e dei disoccupati di lunga durata (22). Il Comitato chiede pertanto di garantire nella nuova pianificazione finanziaria a partire dal 2014 fondi adeguati a carico del Fondo sociale europeo per iniziative specifiche a favore dei giovani e dei disoccupati di lunga durata  (23). Inoltre, a giudizio del CESE, occorrerebbe verificare come si possano destinare alla lotta contro la disoccupazione giovanile e di lunga durata anche gli altri fondi dell'UE.

5.5   Migliore accesso dei giovani e dei disoccupati di lunga durata alle prestazioni sociali in caso di disoccupazione

5.5.1

Tra gli Stati membri dell'UE sussistono, non solo per i giovani, considerevoli differenze in termini di accesso e di portata delle prestazioni sociali. Negli orientamenti per l'occupazione gli Stati membri sono giustamente invitati ad adeguare i propri sistemi di sicurezza sociale per evitare che si creino lacune di sicurezza nel contesto di un mercato del lavoro più flessibile. Ciò riguarda tutti i gruppi di età in pari misura. A giudizio del CESE, tuttavia, nella maggior parte degli Stati membri la questione dell'accesso estremamente limitato dei giovani a dette prestazioni non è stato sinora trattato in modo esauriente (24). Nel corso della crisi alcuni Stati hanno migliorato, alle debite condizioni, l'accesso dei gruppi svantaggiati, tra cui i giovani, ai sussidi di disoccupazione. Si tratta però di misure a termine, o che rischiano di essere revocate nel quadro delle previste manovre di bilancio.

5.5.2

Il CESE invita a verificare e se necessario a modificare in tutti gli Stati membri le condizioni di ammissione alle prestazioni destinate ai giovani disoccupati e ai disoccupati di lunga durata che sono disposti a lavorare e sono in cerca di impiego o formazione. Si raccomanda anche di includere nei programmi nazionali di riforma degli obiettivi in questo campo, cosa che costituirebbe un contributo significativo alla lotta contro la precarietà occupazionale di molti giovani in fase di transizione.

5.6   Lotta all'occupazione precaria e non regolamentata nel settore dei tirocini

5.6.1

Il tasso di disoccupazione nella fascia di età compresa tra 15 e 24 anni è due volte più elevato che nella fascia di età superiore. I giovani sono penalizzati anche per quanto riguarda la quota di precariato (superiore al 60 % in alcuni paesi), i sempre più frequenti tirocini non regolamentati (specie negli Stati membri meridionali) (25), e il lavoro di livello inferiore alle qualifiche. Il CESE sconsiglia il ricorso a troppe soluzioni precarie e senza prospettive in materia di integrazione nel mercato del lavoro. Invece di puntare sull'occupazione precaria e su contratti di lavoro incerti, bisogna attuare misure atte a evitare che il lavoro a tempo determinato, mal retribuito e poco tutelato divenga la norma per i giovani.

5.6.2

In numerosi pareri, il CESE ha preso posizione in merito ai campi di intervento necessari in vista dell'adeguamento dell'istruzione e della qualificazione, tra l'altro nell'ottica di garantire che i giovani acquisiscano una formazione che venga poi richiesta sul mercato del lavoro (26). Affinché vengano superati gli attuali divari tra offerta e domanda sul mercato del lavoro, dovuti tra l'altro a carenze di qualificazione, mobilità geografica limitata o retribuzioni insufficienti (27), gli istituti di formazione dovrebbero orientare l'adeguamento dei loro programmi didattici alle esigenze del mercato del lavoro, mentre i datori di lavoro, dal canto loro, dovrebbero estendere i canali di ricerca di nuova manodopera e le autorità pubbliche dovrebbero investire in misure attive ed efficaci per il mercato del lavoro. Anche i giovani in formazione devono rapportarsi con responsabilità alla loro occupabilità futura.

5.6.3

Per quanto riguarda l'iniziativa della Commissione sui tirocini, il CESE è favorevole alla creazione di un quadro di qualità europeo al quale dovrebbero concorrere anche le imprese, affinché queste ultime offrano, anche e soprattutto ai giovani svantaggiati sotto il profilo dell'istruzione, delle situazioni di lavoro disciplinate da contratti reciprocamente vincolanti. Il sistema duale dei tirocini con istruzione generale e formazione professionale sta producendo buoni risultati in vari Stati membri. Occorrerebbe valutare la possibilità di applicarlo anche altrove.

5.7   Principi fondamentali per lottare contro la disoccupazione giovanile

5.7.1

Il CESE propone che per lottare contro la disoccupazione giovanile si adottino misure basate sui seguenti principi fondamentali: migliorare l'occupabilità dei giovani attraverso riforme dei sistemi d'istruzione e di formazione intese ad accrescere la corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro, compresi i partenariati tra le scuole, il mondo economico e le parti sociali; adottare misure attive per il mercato del lavoro, tra cui un maggiore sostegno e migliori incentivi per indurre i giovani ad accettare un posto di lavoro; esaminare gli effetti delle norme a tutela dell’occupazione e infine sostenere l'imprenditorialità giovanile.

5.8   Combattere la disoccupazione di lunga durata e la perdita di contatto col mondo del lavoro

5.8.1

La prolungata stagnazione dovuta alla crisi per quanto riguarda la domanda di manodopera sta causando un aumento della disoccupazione di lunga durata, con la conseguenza di gravi difficoltà d'inserimento nel mercato del lavoro e quindi di un aumento dei lavoratori poveri. Il CESE raccomanda agli Stati membri di rivolgere un'attenzione particolare anche alla creazione di un secondo mercato del lavoro, in cui si faccia ricorso alle risorse pubbliche per creare un numero adatto di posti di lavoro adeguati. Si potrà così garantire ai disoccupati di lunga durata un collegamento col mondo del lavoro e un miglioramento delle loro conoscenze, in modo da prevenire un aumento dei lavoratori poveri, consentendo loro di passare agevolmente nel primo mercato del lavoro una volta che la crisi sarà terminata.

Bruxelles, 22 febbraio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere del CESE in merito alla Proposta di decisione del Consiglio relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione - Parte II degli orientamenti integrati di Europa 2020, relatore: GREIF, GU C 21 del 21.1.2011, pag. 66.

(2)  Il CESE ha preso posizione sugli effetti della crisi e sulle misure necessarie per il suo superamento in numerosi pareri e in differenti occasioni, in special modo nella dichiarazione formulata dal suo Presidente nella sessione plenaria di dicembre 2011 http://www.eesc.europa.eu/resources/docs/di_ces20-2011_di_it.doc.

(3)  Vedere per esempio le recenti prospettive d'autunno della Commissione europea per il periodo 2011-2013.

(4)  Sulle ripercussioni sociali della nuova governance economica vedere il parere del CESE, del 22 febbraio 2012, sul tema Conseguenze sociali della legislazione sulla nuova governance economica, relatrice: BISCHOFF (cfr. pag. 23 della presente Gazzetta ufficiale).

(5)  Ove non altrimenti specificato, i dati citati si basano sul rilevamento statistico della forza lavoro dell'UE (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/labour_market/introduction) e sono riferiti al secondo trimestre 2011. La fascia di riferimento è in genere quella che va da 15 a 64 anni.

(6)  Vedere il capitolo 7 del parere del CESE sul tema Youth on the Move, relatore TRANTINA, correlatore MENDOZA CASTRO (GU C 132 del 3.5.2011, pag. 55).

(7)  Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

(8)  Riferito all'intera popolazione attiva giovanile, per ridurre la possibile distorsione dovuta all'elevato tasso di inattività dei giovani ancora impegnati negli studi.

(9)  http://ec.europa.eu/europe2020/priorities/smart-growth/index_it.htm

(10)  http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/education/introduction

(11)  Cfr. EMCO/28/130911/EN - riv. 3, pag. 27 e seguenti.

(12)  Si parla di lavoro a tempo parziale involontario nel caso di lavoratori che, pur volendolo, non hanno trovato un lavoro a tempo pieno.

(13)  Sarebbe opportuno che in futuro Eurostat distinguesse tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori interinali.

(14)  Ossia lavoratori il cui reddito è inferiore al 60 % del reddito mediano nazionale equivalente.

(15)  Cfr. il capitolo 3.1 del parere del CESE sul tema Risultati del vertice sull'occupazione, relatore: GREIF, GU C 306 del 16.12.2009, pag. 70.

(16)  Parere del CESE sul tema Il futuro del mercato del lavoro in Europa: alla ricerca di una risposta efficace allo sviluppo demografico, relatore: GREIF, GU C 318 del 29.10.2011, pag. 1.

(17)  "Young People and NEETs in Europe: first findings" (I giovani e i NEET in Europa: prime constatazioni) - Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro – EF1172EN http://www.eurofound.europa.eu/pubdocs/2011/72/en/1/EF1172EN.pdf

(18)  Gli Stati membri che hanno definito, nel 2011, obiettivi di lotta alla disoccupazione giovanile nei rispettivi piani nazionali di riforma sono solo quattro: Belgio, Repubblica ceca, Bulgaria ed Estonia.

(19)  Youth on the Move, COM(2010) 477 final, punto 5.4.

(20)  Cfr. le relative proposte della Commissione nella recente iniziativa Opportunità per i giovani COM(2011) 933 final.

(21)  Orientamento 7, decisione del Consiglio 2010/707/UE.

(22)  Cfr. il parere del CESE sul tema Youth on the Move, GU C 132 del 3.5.2011, pag. 55, e il capitolo 8 del parere del CESE sul tema La crisi, l'istruzione e il mercato del lavoro, relatore: SOARES, GU C 318 del 29.10.2011, pag. 50.

(23)  Il CESE chiede quindi che almeno il 40 % delle risorse del Fondo sociale europeo siano destinate alla promozione dell'occupazione e della mobilità professionale, facendo in modo che le misure per i giovani si trovino in gran parte al centro dei progetti avviati. Cfr. i punti 1.5 e 4.1 del parere del CESE sul tema Fondo sociale europeo (cfr. pag. 82 della presente Gazzetta ufficiale), relatore: VERBOVEN, correlatore: CABRA DE LUNA.

(24)  Dall'indagine di Eurostat sulle forze di lavoro risulta che nell'UE a 27 l'accesso dei giovani di età compresa tra 15 e 24 anni ai sussidi di disoccupazione è mediamente tre volte minore di quello di altri gruppi. Nel corso della crisi non sono stati rilevati miglioramenti stabili di questa situazione.

(25)  Il problema è meno frequente nei paesi dell'Europa settentrionale, dove c'è una consolidata esperienza pratica in materia di regolamentazione dei rapporti tra tirocinanti, istituti di formazione e datori di lavoro. Ciò vale anche per i paesi in cui vige un sistema sviluppato e consolidato di formazione duale (Germania, Austria).

(26)  Vedere a questo proposito il parere del CESE, in corso di elaborazione, sul tema Modernizzazione dei sistemi d'istruzione superiore in Europa ((non ancora pubblicato nella GU)); il parere del CESE sul tema Occupazione giovanile, qualifiche professionali e mobilità (GU C 68/11 del 6.3.2012), relatrice: ANDERSEN; il parere del CESE sul tema Rafforzare l'attrattiva dell'istruzione e della formazione professionale post secondaria (GU C 68/1 de 6.3.2012), relatrice: DRBALOVÁ.

(27)  Cfr. COM(2011) 933 - Iniziativa Opportunità per i giovani.


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