ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 206

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

49o anno
29 agosto 2006


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

II   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

 

64a Sessione plenaria del 26 e 27 aprile 2006

2006/C 206/1

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Strategia tematica sull’inquinamento atmosferico e in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa

1

2006/C 206/2

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino (direttiva sulla strategia per l'ambiente marino) e alla Comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo - Strategia tematica per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino

5

2006/C 206/3

Parere del Comitato delle regioni sul tema Le catastrofi naturali (incendi, alluvioni, siccità)

9

2006/C 206/4

Parere del Comitato delle regioni sul tema La politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all'occupazione nelle regioni

17

2006/C 206/5

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Dialogo tra le società civili dell'UE e dei paesi candidate

23

2006/C 206/6

Parere del Comitato delle regioni in merito alla

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un'agenda comune per l'integrazione - Quadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea alla

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Migrazione e sviluppo: orientamenti concreti e alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente

27

2006/C 206/7

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilità transnazionale nella Comunità a fini di istruzione e formazione: La Carta europea di qualità per la mobilità

40

2006/C 206/8

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'Anno europeo del dialogo interculturale 2008

44

IT

 


II Atti preparatori

Comitato delle regioni

64a Sessione plenaria del 26 e 27 aprile 2006

29.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 206/1


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Strategia tematica sull’inquinamento atmosferico e in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa

(2006/C 206/01)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

viste la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa (COM(2005) 447 def. - 2005/0183 (COD)) e la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Strategia tematica sull'inquinamento atmosferico (COM(2005) 446 def.),

vista la decisione della Commissione europea, del 21 settembre 2005, di consultarlo a norma degli articoli 175 e 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea, in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa,

vista la decisione del proprio Presidente, del 25 luglio 2005, di incaricare la commissione Sviluppo sostenibile di elaborare un parere sull'argomento,

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso una strategia tematica sull'ambiente urbano» (COM(2004) 60 def.) - CdR 93/2004 fin (1),

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione relativa al Programma «Aria pulita per l’Europa (CAFE): verso una strategia tematica per la qualità dell'aria» (COM(2001) 245 def.) - CdR 203/2001 fin (2),

visto il progetto di parere (CdR 45/2006 riv. 1) adottato il 27 febbraio 2006 dalla commissione Sviluppo sostenibile (relatore: JAHN, presidente del distretto di Hohenlohe (DE/PPE)),

considerando quanto segue:

1)

L'inquinamento atmosferico colpisce soprattutto i grandi agglomerati urbani; di qui il forte interesse da parte delle città di prendere posizione rispetto alla strategia tematica messa a punto dalla Commissione su questo tipo di inquinamento.

2)

Lo stesso discorso vale anche per la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, tanto più che essa prevede una revisione delle regole di misurazione e di valutazione delle polveri sottili.

3)

Grazie alle esperienze maturate, le città sono in grado di fornire un contributo sostanziale all'incremento dell'applicabilità e, di conseguenza, al successo della politica contro l'inquinamento atmosferico,

ha adottato il seguente parere in data 26 aprile 2006, nel corso della 64a sessione plenaria.

1.   La posizione del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

conviene con la Commissione che, nonostante i progressi registrati di cui la strategia tematica fa menzione, l'inquinamento atmosferico provocato da gas o da altre particelle nocive per la salute e per l'ambiente va ulteriormente ridotto; riconosce inoltre che tale obiettivo è raggiungibile solo attraverso uno sforzo comune da parte di tutti gli attori a livello locale, regionale, nazionale ed europeo, visto che la politica contro l'inquinamento atmosferico attribuisce a tale fenomeno una dimensione sia locale che transnazionale; ricorda che gli enti locali perseguono l'obiettivo della salute dei cittadini, per loro prioritario, attraverso misure di tipo urbanistico (separazione delle aree residenziali da quelle industriali, misure di canalizzazione e riduzione del traffico, creazione di aree verdi e ricreative nelle zone abitate, studio delle condizioni microclimatiche per una migliore circolazione dell'aria nelle zone residenziali);

1.2

accoglie con favore la comunicazione sulla strategia tematica e la proposta di direttiva sulla qualità dell'aria pubblicata in contemporanea, in quanto entrambe consentono di condurre una discussione strategica e di aggiornare gli obiettivi alla luce delle conoscenze scientifiche più recenti;

1.3

rileva che, anche dal punto di vista delle città, si rende necessario un adattamento delle misure per combattere l'inquinamento atmosferico soprattutto ai fini di una loro applicabilità a livello locale;

1.4

ricorda che le città, nel loro territorio di competenza, devono trovare un equilibrio tra le più diverse funzioni e che devono per forza porsi anche dei limiti nella realizzazione di singoli obiettivi settoriali;

1.5

insiste pertanto affinché la normativa europea preveda la possibilità di soluzioni flessibili; è dell'avviso che gli enti locali e regionali, nei loro interventi, dovrebbero avere la possibilità di dare priorità alle aree nelle quali un elevato numero di persone è esposto a un inquinamento atmosferico eccessivo (ad es.: zone residenziali);

1.6

ribadisce con forza che, anche nella lotta all'inquinamento atmosferico, è assolutamente necessario porre al primo posto la prevenzione delle emissioni e che, di conseguenza, l'eliminazione delle immissioni può costituire soltanto una soluzione d'emergenza. Rileva in particolare che:

occorre che vi sia una corrispondenza fra gli obiettivi ambientali stabiliti e gli strumenti disponibili per la riduzione delle emissioni, affinché esista una possibilità realistica di rispettare tali obiettivi ambientali nella maggior parte delle città,

è necessario adottare sufficienti misure di accompagnamento per agevolare un'attuazione efficace delle direttive europee,

a livello europeo il necessario miglioramento delle tecnologie di riduzione delle emissioni e l'introduzione di norme più severe per le emissioni dei veicoli (per es. Euro VI per i veicoli pesanti) devono avvenire in modo da consentire il conseguimento degli standard di qualità dell'aria nelle città,

la lotta contro l'inquinamento di fondo nell'ambiente dovuto al particolato, fattore che contribuisce in misura notevole al mancato rispetto dei valori limite nelle zone urbane, impone l'adozione di misure a livello europeo, quali ad es. l'immediata revisione della direttiva NEC (direttiva sui valori limite nazionali di emissione).

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1   Riguardo alla strategia tematica

2.1.1

riconosce l'utilità della strategia tematica in quanto documento di riferimento per l'elaborazione di politiche contro l'inquinamento atmosferico e chiede che, al fine di realizzare gli obiettivi e di garantire un collegamento con la pratica, vengano condotte modellizzazioni computazionali non solo sulla scorta dei più recenti risultati della ricerca epidemiologica e con l'ausilio di tutti gli strumenti tecnologici disponibili, ma anche in un'ipotesi di applicabilità delle norme in ambiente urbano;

2.1.2

chiede pertanto che la ricerca condotta nell'ambito del programma quadro di R&S si occupi delle possibilità e dei limiti di una politica attiva contro l'inquinamento atmosferico in un contesto locale e territoriale (tramite, ad esempio, studi di singoli casi e di fattibilità a livello locale) e su tale base invita la Commissione ad inserire nel documento questa dimensione;

2.1.3

deplora che la Commissione non abbia, a suo avviso, coinvolto finora a sufficienza nell'elaborazione della strategia tematica i rappresentanti delle associazioni degli enti locali e regionali, i quali sono tra i protagonisti della politica contro l'inquinamento atmosferico, e ritiene assolutamente necessario prevedere la loro partecipazione, tra l'altro, al dialogo strutturato tra la Commissione e le associazioni di enti locali e regionali;

2.1.4

avverte almeno il pericolo che la strategia tematica sia eccessivamente influenzata dalla tendenza da parte della politica contro l'inquinamento atmosferico a dare priorità all'eliminazione delle immissioni ed esorta pertanto la Commissione a perfezionare tale strategia e, per evitare un aumento dell'inquinamento, a dare priorità a una politica basata sulla prevenzione e non sull’eliminazione delle immissioni;

2.1.5

rileva che il collegamento, sostanzialmente positivo, con altre politiche settoriali è citato in alcuni casi solo sotto forma di dichiarazione d'intenti e chiede pertanto che anche a questo proposito siano fornite ulteriori spiegazioni e definizioni;

2.1.6

giudica necessaria, per le ragioni di cui sopra, un perfezionamento della strategia tematica, che va quindi completata o arricchita con i seguenti aspetti:

messa a punto di un'ambiziosa politica di eliminazione delle fonti inquinanti, per l'industria, il settore dell'energia e i trasporti,

definizione di un calendario per l'attuazione di questa politica,

partecipazione di altre politiche alla lotta contro l'inquinamento atmosferico,

integrazione ed estensione della ricerca in funzione dei risultati pratici della politica attuata.

Occorrono inoltre ulteriori chiarimenti riguardo al sostegno finanziario da fornire agli enti territoriali, i quali rivestono un ruolo determinante nell'attuazione della politica di prevenzione e di lotta contro l'inquinamento atmosferico.

2.1.7

raccomanda alla Commissione e agli Stati membri una politica più attiva di promozione del teleriscaldamento e della cogenerazione di calore ed elettricità. Ciò consentirebbe anche di contribuire a prevenire l’inquinamento atmosferico dovuto alla combustione di biomassa in impianti su piccola scala. Al fine di migliorare la qualità dell’aria a livello locale è indispensabile eliminare gli ostacoli nazionali all’impiego del teleriscaldamento, legati ad esempio alle disposizioni in materia di concorrenza. Già nella fase di definizione dell’assetto territoriale bisognerebbe prevedere i metodi di riscaldamento delle nuove zone residenziali e di produzione. Spesso il livello locale è il più adatto per realizzare ciò.

2.2   Riguardo alla proposta di direttiva

2.2.1

rileva che la proposta della Commissione di aggiornare la normativa europea va incontro alle condizioni e alle esigenze di una politica contro l'inquinamento atmosferico di stampo pratico e chiede pertanto agli organismi coinvolti nella discussione a livello nazionale ed europeo di appoggiare quest’impostazione e, in questo contesto, di sostenere soprattutto le disposizioni a favore di una maggiore flessibilità e, di conseguenza, di un rafforzamento dell'applicabilità.

Esclusione dalla valutazione di alcuni fattori inquinanti, proroghe e deroghe

2.2.2

apprezza in particolare l'introduzione di disposizioni che consentono di tener conto delle condizioni locali ed esorta il Parlamento europeo e il Consiglio a mantenere, anche in presenza di pareri contrari:

la proposta di escludere dalla valutazione della qualità dell'aria gli effetti sul carico di polveri sottili attribuibili alla sabbiatura delle strade nella stagione invernale (cfr. articolo 13, paragrafo 3),

la proposta di escludere dalla valutazione della qualità dell'aria le percentuali di sostanze inquinanti imputabili a fonti naturali (cfr. articolo 19); invita al tempo stesso la Commissione ad adottare una guida o degli orientamenti chiari che indichino come stabilire quando si sia effettivamente in presenza di questo tipo di inquinamento,

e la proposta di prevedere deroghe alle disposizioni a causa di condizioni particolarmente avverse e delle specificità del sito (ad es. topografia) (cfr. articolo 20, paragrafo 2),

nonché a introdurre una proroga fino a 10 anni dei termini di cui all'articolo 20, a condizione che sia stato precedentemente dimostrato che sono state adottate tutte le misure per la riduzione delle immissioni;

2.2.3

esorta inoltre a inserire nella direttiva una disposizione che consenta di stipulare convenzioni speciali relative a determinate zone sotto forma di accordi tripartiti (accordi sottoscritti tra l'Unione europea, lo Stato membro interessato e uno o più enti territoriali, con l'obiettivo di attuare misure di integrazione sulla base di specificità locali), in presenza di circostanze eccezionali (ad esempio: topografia) che rendono di fatto impossibile l'osservanza delle disposizioni sul più lungo periodo o in via permanente e della dimostrazione del fatto che sono state adottate tutte le misure per la riduzione delle immissioni;

2.2.4

trova questa proposta giustificata dall'intento, da un lato, di evitare una situazione di incertezza giuridica per gli enti territoriali e, dall'altro, di consentire, tramite questa forma di accordo, una riduzione delle sostanze inquinanti di livello raggiungibile nelle attuali circostanze; ricorda, inoltre, a sostegno di tale proposta, che una parte del mondo scientifico e delle autorità competenti è convinta che i valori fissati come obiettivi non possano essere raggiunti nella pratica, anche con il massimo sforzo.

Misurazione e valutazione delle polveri sottili

2.2.5

rileva che, in materia di polveri sottili, la direttiva contempla tre valori limite e un obiettivo di riduzione. La Commissione infatti affianca alle norme di qualità dell'aria finora vigenti per le polveri sottili (PM10) altre norme che tengono conto delle particelle più fini ancora (PM2,5), sulla scorta dei risultati di ricerche epidemiologiche (programma CAFE, Organizzazione mondiale della sanità, esperienze giapponesi e americane) secondo i quali tali particelle presentano i rischi maggiori, in quanto penetrano fino alle ramificazioni più fini dei polmoni e in quanto un'esposizione al PM2,5 che sia costante e relativamente elevata è più dannosa alla salute di un'esposizione occasionale a carichi massimi;

2.2.6

constata pertanto che, in base alla proposta di direttiva, ai valori limite fissati per il PM10 (in una zona di misurazione, il PM10 preso come parametro per l'inquinamento medio annuo non può superare i 40 μg/m3; inoltre, il suo valore medio giornaliero non può oltrepassare i 50 μg/m3 per più di 35 giorni all'anno) devono aggiungersi altre norme basate sul PM2,5 (mantenimento di un livello massimo di concentrazione di 25 μg/m3 come valore medio annuo e introduzione di un obiettivo di riduzione non vincolante del 20% per il PM2,5 nel caso di siti di fondo urbano, da raggiungere entro il 2020) e ribadisce che nel caso delle polveri sottili sono previsti complessivamente tre valori limite e un obiettivo di riduzione;

2.2.7

teme che questa coesistenza di disposizioni in materia di polveri sottili nell'ambito della politica contro l'inquinamento atmosferico possa creare eccessivi problemi di tipo giuridico e pratico e chiede, di fronte alla forza persuasiva dei risultati della ricerca sugli effetti delle polveri sottili - menzionati nella strategia tematica - di limitare la misurazione e il controllo dell'inquinamento atmosferico da polveri sottili al solo PM2,5, di fissare un valore limite realistico e un obiettivo di riduzione;

2.2.8

fa rilevare inoltre in questo contesto che i valori di PM10 e PM2,5 sono (com'è naturale) fortemente correlati (un metodo di misurazione sostituisce ampiamente l'altro) ed è pertanto opportuno ricorrere a un metodo soltanto; a rigor di logica, è preferibile introdurre obiettivi di qualità dell'aria basati sul PM2,5 in quanto risultano più pertinenti per la politica contro l'inquinamento atmosferico. Occorrerà considerare una revisione della direttiva 2004/107/CE allo scopo di valutare in PM2,5 i metalli contemplati;

2.2.9

motiva questo passaggio a una normazione basata sul PM2,5 e associata all'obiettivo di riduzione delle polveri sottili, anche in considerazione dei requisiti d'igiene e di edilizia urbana, con le seguenti ragioni:

la riduzione del carico di base in un'intera area urbana riduce i rischi per la salute molto più di un intervento volto ad eliminare i picchi in zone della città particolarmente esposte, che spesso non corrispondono a quartieri residenziali,

l'attuale valore limite giornaliero che, se superato, fa scattare eventuali misure, produce una politica contro l'inquinamento atmosferico orientata in pratica verso l'eliminazione delle immissioni, mentre l'introduzione di un valore massimo per le emissioni rende necessaria un'opera di prevenzione di tali emissioni, con il coinvolgimento di tutti i livelli e di tutte le misure;

2.2.10

qualora si mantengano gli obiettivi di qualità dell'aria basati sul PM10, chiede, alla luce di tali considerazioni, di rinunciare al valore limite giornaliero e di prevedere una normazione che dia priorità, nell'ambito della politica contro l'inquinamento atmosferico, all'eliminazione delle emissioni su scala non soltanto locale, ma anche allargata.

Istituzione delle zone

2.2.11

giudica appropriato, in sintonia con la proposta, che la delimitazione di zone e agglomerati sia a cura degli Stati membri, come previsto all'articolo 4. Tale delimitazione non dovrebbe essere eccessivamente dettagliata, bensì presentare un carattere più generale; in tale contesto chiede che venga garantita la comparabilità dei risultati delle misurazioni nel territorio dell'Unione stabilendo l'ubicazione delle stazioni di misurazione in base a criteri uniformi (nel caso delle stazioni già esistenti si potrebbe eventualmente procedere a una ponderazione dei risultati delle misurazioni per compensare l'impatto di specificità locali). Le disposizioni relative all'ubicazione e al numero delle stazioni di misurazione vanno stabilite utilizzando criteri uniformi a livello sia nazionale che locale;

2.2.12

esprime in questo contesto il timore che le misure destinate esclusivamente alla zona più prossima al punto di misurazione, come ad esempio i provvedimenti di deviazione del traffico, possano incrementare l'inquinamento in altre zone e che, nella peggiore delle ipotesi, siano addirittura vanificati gli sforzi profusi dalle città per diminuire il rischio di incidenti e l'inquinamento acustico e atmosferico attraverso la limitazione del traffico nelle zone residenziali; nel quadro della riduzione dell'inquinamento atmosferico la direttiva deve dare priorità alla diminuzione del numero delle persone esposte a tale inquinamento.

Finanziamento solidale

2.2.13

richiede un sostegno finanziario da destinare agli Stati membri e agli enti territoriali che devono sostenere gli oneri maggiori derivanti dall'inquinamento atmosferico.

Attività di ricerca, coinvolgimento di rappresentanti degli enti territoriali

2.2.14

rileva con preoccupazione che le valutazioni dei ricercatori riguardo a una politica contro l'inquinamento atmosferico per quanto possibile riuscita e vantaggiosa in termini di costi risultano ancora in contraddizione tra loro e chiede pertanto di condurre ulteriori studi, intensificando in particolare l'analisi dell'efficacia e dell'impatto di tale politica in un'ottica pratica;

2.2.15

insiste infine sul coinvolgimento diretto di esperti provenienti dalle associazioni che rappresentano gli interessi degli enti locali e regionali nell'elaborazione della politica contro l'inquinamento atmosferico.

Bruxelles, 26 aprile 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 43 del 18.2.2005, pag. 35.

(2)  GU C 107 del 3.5.2002, pag. 78.


29.8.2006   

IT

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C 206/5


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino (direttiva sulla strategia per l'ambiente marino) e alla Comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo - Strategia tematica per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino

(2006/C 206/02)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino (direttiva sulla strategia per l'ambiente marino) (COM(2005) 505 def.) e la Comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo - strategia tematica per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino (COM(2005) 504 def.),

vista la decisione del Consiglio dell'Unione europea del 29 novembre 2005 di consultarlo in materia, a norma dell'articolo 265, primo comma, e dell'articolo 175, primo paragrafo, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del suo Ufficio di presidenza del 12 aprile 2005 di incaricare dell'elaborazione del parere in materia la commissione Sviluppo sostenibile,

visto il suo parere di iniziativa del 12 ottobre 2005 sul tema La politica marittima dell'UE: una questione di sviluppo sostenibile per gli enti regionali e locali (CdR 84/2005),

visto il suo parere del 9 aprile 2003 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Verso una strategia per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino (COM(2002) 539 def. - CdR 24/2003) (1),

visto il suo parere del 13 giugno 2001 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul Sesto programma di azione per l'ambiente della Comunità europea «Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta» e alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma comunitario di azione in materia di ambiente 2001-2010 (COM(2001) 31 def. - 2001/0029 (COD) - CdR 36/2001) (2),

visto il suo progetto di parere (CdR 46/2006 riv. 1) adottato il 27 febbraio 2006 dalla commissione Sviluppo sostenibile (relatore: Michael COHEN, sindaco di Kalkara (MT/PSE)),

ha adottato il seguente parere in data 26 aprile 2006, nel corso della 64a sessione plenaria.

1.   La posizione del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

deplora il degrado significativo dell'ambiente marino e degli ecosistemi da esso sostenuti che si è verificato negli ultimi anni, in cui l'intervento umano e lo sfruttamento eccessivo hanno imposto un pesante tributo allo stato del nostro ambiente marino;

1.2

osserva che nel Sesto programma di azione per l'ambiente si chiede alla Commissione europea di preparare una strategia tematica per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino, al chiaro scopo di promuovere e conseguire un uso sostenibile e la conservazione degli ecosistemi marini;

1.3

attende con interesse il Libro verde sullo sviluppo di una nuova politica marittima dell'UE, la cui presentazione è prevista per la prima metà del 2006 e in cui si intende prendere in considerazione l'importanza economica, sociale ed ambientale della dimensione marittima in Europa;

1.4

nota che la strategia è un passo avanti positivo e apprezzato per il riconoscimento del valore della protezione e della conservazione dell'ambiente marino e della diversità dei suoi ecosistemi;

1.5

considera la strategia il necessario pilastro ambientale della nuova politica marittima dell'UE;

1.6

sottolinea il fatto che l'ambiente marino, e la sua protezione e conservazione, hanno un impatto significativo sulle economie locali e regionali e che gli enti locali e regionali possono avere un ruolo nell'attuazione degli obiettivi stabiliti nella strategia.

2.   Lo stato di degrado dell'ambiente marino europeo

2.1

È consapevole del fatto che l'ambiente marino è fondamentale per la sostenibilità della vita e della ricca diversità biologica che esso contribuisce a mantenere;

2.2

riconosce lo stato di degrado dell'ambiente marino in Europa, causato principalmente da fattori di origine umana, tra cui si contano, fra l'altro, l'inquinamento e la contaminazione dei mari e l'impatto della pesca commerciale non sostenibile;

2.3

sottolinea l'importanza di promuovere un approccio sostenibile all'uso delle risorse marine disponibili, nell'interesse delle generazioni presenti e future;

2.4

è consapevole del fatto che, se non vengono presi quanto prima adeguati provvedimenti correttivi, è grande il rischio di cambiamenti potenzialmente irreversibili degli ecosistemi marini europei;

2.5

sottolinea la necessità di adottare misure urgenti per fermare ed invertire il processo di degrado;

2.6

rileva che un tale approccio è necessario sia per considerazioni puramente ambientali, sia per ragioni economiche e sociali.

3.   Un quadro istituzionale adeguato per la gestione dei mari

3.1

Osserva che l'ambiente marino non coincide con i confini geopolitici esistenti;

3.2

è consapevole che esistono barriere istituzionali potenziali al miglioramento della protezione dell'ambiente marino europeo, a livello sia mondiale, sia comunitario, sia nazionale, e che i meccanismi esistenti per garantire l'attuazione delle misure sono spesso deboli ed insufficienti;

3.3

condivide l'idea secondo cui per consolidare i progressi compiuti grazie alle istituzioni, alle politiche e alle convenzioni esistenti e per adottare misure che consentano di continuare su questa strada va sviluppato un quadro globale chiaro per l'ambiente marino e per le politiche relative;

3.4

sottolinea l'importanza di sviluppare una solida politica dell'UE per la regolamentazione delle questioni marittime, tesa anche ad assicurare l'uso sostenibile delle risorse marine disponibili, intensificando in questo modo gli sforzi per promuovere la protezione dei mari.

4.   Una base di conoscenze inadeguata

4.1

Rileva che una buona politica dipende dalla disponibilità di informazioni valide;

4.2

è consapevole del fatto che gli esistenti programmi di monitoraggio e di valutazione a livello europeo non sono né integrati né completi, e che le informazioni sullo stato dell'ambiente marino in Europa presentano lacune significative;

4.3

accoglie favorevolmente l'idea di una nuova strategia in materia di monitoraggio e valutazione dell'ambiente marino, che punti a raggiungere un maggior grado di armonizzazione e una diffusione ed un utilizzo più estesi dei dati, nonché uno scambio delle informazioni disponibili a livello nazionale, con una conseguente una maggiore efficienza.

5.   Affrontare la sfida

5.1

È d'accordo sul fatto che per arrestare la perdita progressiva della biodiversità e il degrado dell'ambiente marino e favorire il ripristino di tale diversità biologica è necessario disporre di una politica integrata per la protezione e la ricostituzione dell'ambiente marino;

5.2

crede che tale politica integrata per avere risultati positivi debba tenere conto di tutti gli interessi e fissare obiettivi chiari.

6.   La strategia

6.1

Prende atto con soddisfazione del fatto che l'obiettivo dichiarato della strategia è quello di proteggere e ripristinare l'equilibrio ecologico dei mari e degli oceani europei e garantire che in futuro le attività umane siano svolte in modo sostenibile;

6.2

afferma che le generazioni presenti e future hanno diritto ad un ambiente marino biologicamente diverso e dinamico oltre che sicuro, pulito, sano e produttivo;

6.3

è consapevole del fatto che si tratta di un obiettivo ambizioso, che non sarà facile da raggiungere in pratica, e che i risultati arriveranno solo nel lungo periodo;

6.4

conferma che questa strategia può conseguire i suoi obiettivi soltanto se si coinvolgono tutte le parti interessate;

6.5

pur rilevando che le finalità e gli obiettivi dovrebbero essere definiti a livello sovranazionale, accoglie favorevolmente l'intenzione, conforme al principio di sussidiarietà, di fare in modo che nella realtà la progettazione e l'applicazione delle misure rimangano nella sfera di responsabilità delle regioni marine, in modo da tener conto quindi delle condizioni, dei problemi e delle esigenze di ciascuna di esse;

6.6

nutre, tuttavia, la preoccupazione che in certi casi, per esempio quello di una regione marina confinante con diversi Stati non membri, l'applicazione concreta possa essere ostacolata per mancanza di coordinamento e d'impegno delle parti in causa.

7.   Un nuovo strumento politico

7.1

Concorda sulla necessità di intensificare le azioni se l'Europa vuole proteggere e conservare il suo ambiente marino;

7.2

sostiene il quadro di cooperazione definito nella strategia rafforzata, volto a garantire un elevato livello di protezione per i mari e gli oceani d'Europa mediante una base più ampia di conoscenze, interventi integrati e vantaggiosi in termini di costi e un'azione efficace in materia di monitoraggio e valutazione;

7.3

accoglie favorevolmente l'approccio flessibile (rispettoso del principio di sussidiarietà) adottato che, sebbene ambizioso in termini di campo d'applicazione, non è eccessivamente prescrittivo nei suoi strumenti, riuscendo così a tener conto delle circostanze delle singole regioni.

8.   La direttiva sulla strategia per la protezione dell'ambiente marino

8.1

Crede che, in considerazione dei dati attuali che denunciano il rapido degrado dell'ambiente marino europeo, si debba intervenire rapidamente per assicurarsi che l'obiettivo prefissato del raggiungimento di un buono stato ecologico dell'ambiente marino europeo sia raggiunto ben prima della data limite del 2021;

8.2

ritiene che, dando prova di buona volontà, il buono stato ecologico possa essere raggiunto in tempi molto più brevi;

8.3

accoglie favorevolmente l'idea di istituire delle regioni e delle sottoregioni marine europee ai fini dell'applicazione concreta delle misure;

8.4

è del parere, tuttavia, che il Mar Nero, regione marina importante delimitata da due paesi in via di adesione (Romania e Bulgaria) e dalla Turchia, con la quale i negoziati d'adesione sono in corso, dovrebbe essere incluso nella strategia sin dall'inizio;

8.5

ritiene che anche le diverse isole e aree che fanno parte geograficamente dell'UE ma che sono situati al di fuori delle regioni e delle sottoregioni marine istituite dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della politica in oggetto;

8.6

osserva che per raggiungere gli obiettivi prefissati, gli Stati membri e le singole regioni devono cooperare strettamente tra loro e con la Commissione europea;

8.7

segnala che nei casi in cui le questioni individuate dagli Stati membri o dalle regioni rientrino nella competenza comunitaria, la Commissione europea non solo dovrebbe essere informata e consultata, ma dovrebbe anche essere, nel quadro del processo previsto dalla strategia, il partner fondamentale che coordina l'attuazione delle misure politiche;

8.8

reputa che non sia sufficiente prevedere che uno Stato membro, per corroborare la sua affermazione secondo cui una determinata questione non può essere affrontata con provvedimenti adottati a livello nazionale, debba fornire alla Commissione europea informazioni e prove;

8.9

raccomanda che in tali casi la Commissione europea si assuma la responsabilità di eseguire i programmi di valutazione, monitoraggio e applicazione necessari per affrontare la suddetta questione. Occorre inoltre che la Commissione definisca con chiarezza le conseguenze derivanti dalla non conformità sia degli obiettivi che delle misure proposte dagli Stati membri, e quindi dalla loro mancata approvazione da parte della Commissione;

8.10

inoltre, considera essenziale che la Commissione europea conservi un ruolo nel monitoraggio dell'applicazione concreta e che, se necessario, essa intervenga per coordinare e agevolare l'applicazione congiunta tra i diversi stati ed i diversi attori di ogni regione marina;

8.11

esorta la Commissione europea ad accertarsi che nelle strategie che dovranno elaborare gli Stati membri tengano conto della presenza, all'interno delle loro regioni marine, di altre comunità biologiche, come le alghe e le tartarughe marine;

8.12

invita la Commissione europea a considerare quale possa esser l' impatto sull'ambiente marino dell'introduzione di organismi geneticamente modificati, le cui conseguenze ambientali sono attualmente difficili da prevedere;

8.13

invita gli Stati membri ad attenersi rigorosamente alle disposizioni dell'articolo 4 della direttiva, nel condurre le valutazioni, nello stabilire gli obiettivi ambientali e nel definire i programmi di monitoraggio;

8.14

ritiene che, in questo contesto, gli enti locali e regionali delle regioni marine debbano anche essere direttamente coinvolti nell'elaborazione di queste valutazioni e nella definizione degli obiettivi e dei programmi di monitoraggio;

8.15

esprime perplessità sul calendario stabilito nell'articolo 4 della direttiva, in particolare per quanto riguarda i programmi di misure da adottare;

8.16

consapevole del fatto che risultati adeguati possono realisticamente essere ottenuti soltanto nel lungo periodo, sostiene l'idea di un processo iterativo ed adattivo dell'applicazione, che tenga conto dei nuovi dati raccolti dai programmi di monitoraggio, dei nuovi sviluppi e dell'impatto delle misure introdotte. In questo modo, se fosse necessario, potranno essere adottati provvedimenti correttivi a breve e medio termine per far fronte agli effetti negativi sullo stato dell'ambiente marino;

8.17

osserva che, sebbene ci possano essere costi sociali ed economici significativi nel breve e medio periodo, si prevede che i vantaggi ambientali, sociali ed economici a lungo termine saranno di gran lunga superiori;

8.18

ritiene, tuttavia, che questi oneri a breve e a medio termine non dovrebbero essere considerati come responsabilità esclusiva dei livelli nazionali o regionali di governo, o peggio ancora, essere sostenuti dalle singole persone e dalle singole comunità da sole.

9.   Sinergie con altre politiche

9.1

È consapevole del bisogno crescente di una strategia integrata per raggiungere un equilibrio adeguato tra gli interessi ambientali ed economici in gioco, spesso concorrenti tra loro;

9.2

prende atto dell'importanza attribuita allo sviluppo di una nuova politica marittima europea, particolarmente alla luce degli obiettivi ambiziosi fissati nella strategia di Lisbona e nella strategia di Göteborg;

9.3

rileva che la questione di un quadro generale di gestione, che consenta di disciplinare utilizzatori e usi di mari e oceani, sarà affrontata nel Libro verde sulla nuova politica marittima europea. È importante che la Commissione faccia in modo che nella politica marittima europea si tenga conto delle questioni ambientali e provveda affinché il quadro generale di gestione relativo agli utilizzatori e agli usi di mari e oceani venga regolamentato in modo soddisfacente;

9.4

osserva inoltre che la strategia è concepita in modo tale da sostenere e sviluppare le misure e le iniziative esistenti che, sebbene non specificamente dirette a proteggere l'ambiente marino, contribuiscono in certa misura alla sua protezione;

9.5

approva lo sviluppo di una strategia quadro generale, che dovrebbe fungere da pilastro ambientale della futura politica marittima europea;

9.6

nota che, per quanto riguarda la protezione dell'ambiente marino, questa strategia permetterà alla Comunità e agli Stati membri di ottemperare meglio agli obblighi ed agli impegni assunti con la firma di diversi accordi internazionali.

9.7

chiede alla Commissione europea di garantire che le strategie marine che gli Stati membri dovranno elaborare integrino, nei loro programmi di misure, gli aspetti relativi alla gestione delle zone costiere, considerato che la maggior parte dei fattori che influiscono sull'ambiente marino hanno origine in queste zone;

10.   le raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

10.1

raccomanda che la data limite per il raggiungimento del buono stato ecologico dell'ambiente marino europeo sia fissata al più tardi al 2018;

10.2

raccomanda inoltre che le scadenze per lo sviluppo e l'applicazione del programma di misure siano rispettivamente il 2013 e il 2015;

10.3

esorta la Commissione europea ad includere tra le regioni marine il Mar Nero;

10.4

si aspetta dalla Commissione la definizione di criteri del «buono stato ecologico», ambiziosi, chiari, coerenti e comparabili e tali da tradursi in uno stesso livello di «buono stato ecologico» contemporaneamente in tutta l'UE;

10.5

reputa essenziale che le misure di applicazione siano monitorate continuamente e che i risultati e i dati ottenuti siano pubblicati regolarmente;

10.6

chiede alla Commissione europea di monitorare l'applicazione concreta della politica nelle diverse regioni marine, e di svolgere una funzione efficace di coordinamento e di agevolazione dei processi relativi, agendo in qualità di intermediario tra i diversi attori in queste regioni;

10.7

confida che la Commissione pubblicherà a intervalli regolari le relazioni di valutazione sull'applicazione della strategia e sull'impatto della direttiva, presentando scenari di buone pratiche;

10.8

confida che tutte le relazioni della Commissione europea saranno presentate al Comitato delle regioni, oltre che al Parlamento europeo e al Consiglio;

10.9

esprime inoltre fiducia nel fatto che anche le sue osservazioni e le risposte a tali osservazioni saranno incluse nelle relazioni della Commissione europea;

10.10

è convinto che attraverso un'attività di informazione adeguata sia possibile ottenere la partecipazione e l'appoggio attivi della popolazione;

10.11

riconosce che i costi di breve e medio termine possono avere un impatto negativo sul benessere socioeconomico delle comunità o degli individui, e che questo potrebbe, a sua volta, ripercuotersi negativamente sul grado di partecipazione e di appoggio della popolazione, che è così necessario; sollecita pertanto lo sviluppo a livello europeo di programmi d'assistenza, destinati ad aiutare quelle persone e quelle comunità che siano state direttamente colpite, per attenuare qualsiasi effetto negativo;

10.12

si rivolge a tutti gli attori politici, compresi gli Stati membri, la Commissione europea ed il settore privato, perché adottino un piano a lungo termine volto a sostenere un aumento significativo del finanziamento della ricerca sull'ambiente marino, garantendo così l'esistenza di fondi sufficienti per tale ricerca;

10.13

ritiene che gli enti locali e regionali, per la loro maggiore vicinanza ai cittadini, possano ottenere risultati significativi nel fornire informazioni e nell'ottenere l'appoggio della popolazione;

10.14

a tale proposito, si dichiara disposto a svolgere un ruolo significativo come partner della Commissione europea e degli Stati membri, e raccomanda una campagna d'informazione che coinvolga gli enti locali e regionali, studiata per proiettarsi nel lungo periodo e finanziata dall'UE.

Bruxelles, 26 aprile 2006

Il presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 244 del 10.10.2003, pag.14.

(2)  GU C 357 del 14.12.2001, pag.44.


29.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 206/9


Parere del Comitato delle regioni sul tema Le catastrofi naturali (incendi, alluvioni, siccità)

(2006/C 206/03)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la decisione del Parlamento europeo del 4 aprile 2006 di consultarlo su questo argomento, conformemente al disposto dell'articolo 265, quarto comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente del 23 marzo 2006 di nominare, conformemente al disposto dell'articolo 40, paragrafo 2, del Regolamento interno, Valcárcel Siso (presidente della Comunità autonoma della regione di Murcia, ES/PPE) relatore generale del presente parere,

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Rafforzamento della capacità di protezione civile dell'Unione europea (COM(2004) 200 def. - CdR 241/2003 fin) (1),

considerando quanto segue:

1.

le catastrofi naturali, gli incendi forestali, le alluvioni e la siccità rappresentano una minaccia crescente per la vita umana, incidono profondamente sullo sviluppo equilibrato delle regioni, mettono a repentaglio le loro risorse economiche e il loro patrimonio naturale e culturale, provocano lo spostamento di persone e infine compromettono le attività economiche e la stessa qualità della vita delle popolazioni che vi risiedono.

2.

Le catastrofi naturali non conoscono frontiere, il che rende indispensabile una cooperazione tra le zone esposte agli stessi rischi.

3.

Le conseguenze dei cambiamenti climatici come la desertificazione, l'erosione e la salinizzazione riguardano tutti gli Stati membri, anche se in misura diversa, e l'Unione europea deve considerare il contenimento delle catastrofi naturali come un elemento fondamentale dello sviluppo sostenibile.

4.

Occorre tener presente il principio della coesione economica, sociale e territoriale nelle diverse fasi di programmazione e attuazione delle politiche comunitarie, al fine di prevenire e gestire le catastrofi naturali e ridurre le loro conseguenze sulle regioni e le città dell'Unione.

5.

È necessario adottare misure di protezione dalle catastrofi naturali in tutte le politiche comunitarie pertinenti, in particolare la politica delle zone rurali, la politica ambientale, la politica in materia di infrastrutture, la politica di ricerca e di sviluppo.

6.

Il Fondo di solidarietà dell'UE si è rivelato inadeguato in caso di catastrofi naturali, una situazione aggravata dalla mancanza di coordinamento tra i meccanismi di ambito nazionale e regionale esistenti nei vari Stati membri,

ha adottato il seguente parere in data 26 aprile 2006, nel corso della 64a sessione plenaria.

Considerazioni e raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.

è preoccupato per l'aumento significativo del numero, della gravità e dell'intensità delle catastrofi naturali verificatesi negli ultimi anni nelle regioni dell'Unione europea;

2.

si compiace dell'interesse mostrato dal Parlamento europeo nei confronti di questo tema;

3.

sottolinea l'importanza di altri tipi di catastrofi naturali, ad esempio i terremoti, i maremoti, gli tsunami, le eruzioni vulcaniche e altri eventi geologici, e dei fenomeni collegati al cambiamento climatico e al riscaldamento globale che danno luogo all'innalzamento del livello del mare sulle nostre coste, alla scomparsa di spiagge, all'inondazione di zone abitate, alla perdita di infrastrutture e di impianti; sottolinea inoltre i rischi connessi alle nevicate e alle ondate di freddo di intensità estrema;

4.

fa osservare che le regioni e i comuni, in quanto enti maggiormente vicini al cittadino, sono i primi ad essere colpiti e coinvolti in caso di catastrofe e che pertanto la loro piena partecipazione all'elaborazione, all'applicazione e al controllo delle politiche e delle azioni in questo campo risulta essenziale. Ogni Stato membro dell'Unione europea deve pertanto provvedere a che le regioni e i comuni dispongano di strumenti razionali ed efficaci di tipo giuridico, materiale e finanziario per poter adempiere alle proprie funzioni;

5.

ricorda che l'azione comunitaria deve completare quella degli enti nazionali, regionali e locali e pertanto invita la Commissione ad orientare le iniziative comunitarie verso i diversi livelli di governo;

6.

reputa indispensabile applicare totalmente i principi di solidarietà, cooperazione, coordinamento e assistenza tra i paesi, le regioni e gli enti locali dell'Unione, al fine di prevenire ed evitare le catastrofi naturali, di ridurne gli effetti e porvi rimedio;

7.

sottolinea la necessità di un impegno preciso da parte sia delle pubbliche amministrazioni sia dei cittadini al fine di limitare le circostanze che causano le catastrofi o che aggravano le loro conseguenze e i loro effetti;

8.

approva la richiesta del Parlamento europeo di elaborare una strategia europea di lotta alle catastrofi naturali (incendi, alluvioni e siccità), facendo riferimento ai diversi strumenti finanziari per la sua applicazione, garantendo l'assegnazione di fondi comunitari al settore della protezione civile e prestando attenzione in special modo alle regioni più lontane, a quelle caratterizzate da una bassa densità di popolazione, alle zone ultraperiferiche e a quelle che per ragioni strutturali intrinseche sono particolarmente esposte a tali fenomeni;

9.

chiede alle istituzioni comunitarie di valutare l'opportunità di introdurre in questa strategia i terremoti e i fenomeni ad essi associati, nonché le eruzioni vulcaniche che possono avere conseguenze disastrose;

10.

chiede che detta strategia affronti le catastrofi naturali in base ad un approccio integrato che comprenda misure preventive (analisi e correzione dei rischi), misure di programmazione e attuazione (organizzazione funzionale, mobilitazione di risorse, ecc.) e infine misure di riabilitazione e di monitoraggio;

11.

sottolinea l'importanza di inserire, in tutte le fasi della strategia, misure d'informazione, formazione e sensibilizzazione dei cittadini circa i rischi di catastrofe e i programmi di attuazione, prestando attenzione soprattutto alla popolazione infantile e giovanile e ad altri gruppi particolarmente vulnerabili in caso di emergenza, ad esempio gli anziani e i cittadini a mobilità ridotta;

12.

mette in risalto il ruolo importante dei mezzi di comunicazione affinché la pubblica opinione sia correttamente informata e capace di condurre un'azione efficace nella prevenzione e nella riduzione dei danni causati dalle catastrofi;

13.

raccomanda di concentrare gli sforzi nella creazione dei sistemi d'informazione necessari per migliorare la previsione, il monitoraggio e la valutazione di tutte le catastrofi naturali, attraverso l'uso di nuove tecnologie; sostiene, in particolare, le indicazioni del Parlamento europeo volte a promuovere il sistema Galileo e ad estendere l'ambito di azione del GMES (monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza) in modo da coprire tutte le catastrofi naturali;

14.

ritiene necessario intensificare, nell'ambito del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo, la ricerca per la prevenzione delle catastrofi, finanziando azioni volte allo sviluppo di modelli di previsione e al miglioramento dei sistemi di allarme precoce;

15.

raccomanda di dare priorità, nell'ambito dei programmi nazionali e regionali di sviluppo rurale, a quelle misure destinate ad evitare le cause delle catastrofi (lotta contro l'erosione, rimboschimento mediante specie adeguate, opere idrauliche, pulitura e vigilanza dei boschi, azioni agroambientali per il risparmio di risorse idriche, ecc.);

16.

ribadisce la necessità di concentrare l'azione dell'Unione europea sulla lotta alle cause degli incendi, al fine di ridurne la frequenza e la gravità, definendo misure adeguate di prevenzione e vigilanza dei boschi, e invita la Commissione a garantire la corretta applicazione della legislazione comunitaria esistente in materia;

17.

si rammarica che le misure di prevenzione degli incendi previste dal programma Forest Focus non figurino tra le priorità del nuovo programma LIFE Plus;

18.

sottolinea l'aggravarsi della siccità, la cui intensità e durata si sono estese a numerose regioni dell'Unione le quali hanno visto recentemente le proprie risorse idriche ridursi in maniera drastica, con gravi ripercussioni sul piano sociale, ambientale ed economico;

19.

accoglie l'iniziativa presentata da diversi Stati membri nel Consiglio dei ministri dell'Ambiente dell'UE e relativa alla gestione dei rischi collegati al fenomeno della siccità; invita la Commissione europea ad adottare le misure necessarie per migliorare il livello di protezione contro la siccità e per ridurre il rischio potenziale per i cittadini, l'economia e l'ambiente;

20.

raccomanda la creazione di un Osservatorio europeo della siccità e della desertificazione, che rientri tra le attività previste dal VII programma quadro di ricerca e sviluppo, nonché l'adozione di misure di sensibilizzazione circa l'uso sostenibile delle risorse idriche;

21.

ritiene che in considerazione della gravità e dell'intensità delle catastrofi naturali che si sono verificate negli ultimi anni occorra intensificare le misure in materia di assetto del territorio e rafforzare le azioni territoriali integrate nelle zone rurali;

22.

accoglie favorevolmente la proposta di direttiva relativa alla valutazione e alla gestione delle alluvioni e sottolinea la necessità di non trascurare le importanti alluvioni che si verificano nel bacino mediterraneo a causa di fenomeni quali le piogge torrenziali o le fiumane. Occorre inoltre considerare che altri paesi dell'Unione europea presentano condizioni alluvionali totalmente diverse, per le quali occorre prevedere soluzioni specifiche;

23.

raccomanda di garantire, in funzione delle condizioni specifiche di ciascun paese, un buon coordinamento tra le direttive in vigore e quelle che saranno adottate in materia di gestione delle risorse e/o dei fenomeni naturali;

24.

chiede di rafforzare il meccanismo comunitario di protezione civile e, in tale contesto, appoggia la proposta del Parlamento europeo di potenziare il Centro di monitoraggio e d'informazione del meccanismo comunitario e raccomanda l'elaborazione di modelli di azione o di lotta contro ciascun tipo di catastrofe, modelli che assicurino un miglior coordinamento dei meccanismi nazionali e regionali di gestione delle catastrofi;

25.

ritiene opportuno valutare l'istituzione di una forza europea di protezione civile e richiama l'attenzione sulla necessità che gli Stati membri adottino formule per garantire un'adeguata interoperabilità tra le forze civili e militari, raccomandando l'integrazione delle unità militari di emergenza nel sistema comunitario di protezione civile;

26.

accoglie favorevolmente, in linea di massima, la proposta relativa al nuovo Fondo di solidarietà, che include le gravi crisi dovute alle catastrofi industriali e tecnologiche, le minacce alla salute pubblica e gli atti terroristici; tuttavia chiede alla Commissione di riconsiderare il limite di 1.000 milioni di euro o dello 0,5% del RNL, di assicurare l'adeguata flessibilità, trasparenza e semplicità delle procedure e di tener conto delle necessità specifiche delle zone colpite e della dimensione regionale di taluni fenomeni naturali;

27.

chiede che la siccità figuri come ambito tematico ammissibile al Fondo di solidarietà, tenendo conto che si tratta di un problema strutturale a lungo termine, che difficilmente si adatta ai termini di registrazione stabiliti e che presenta gravi ripercussioni per lo sviluppo sociale ed economico delle regioni colpite; chiede inoltre che il Fondo continui a fornire un sostegno in caso di crisi locali di carattere eccezionale;

28.

sottolinea che i fondi strutturali rappresentano uno strumento importantissimo per finanziare le misure preventive e di gestione delle catastrofi; in tale contesto giudica essenziale colmare le lacune in termini di sinergie tra i fondi strutturali e il Fondo di solidarietà, mettendo in pratica l'approccio teorico «dalla ricostruzione allo sviluppo», che comporta la partecipazione degli enti locali e regionali nel quadro della gestione delle catastrofi naturali;

29.

chiede che nel corso del periodo finanziario 2007-2013 venga assicurata la necessaria flessibilità e ridistribuzione delle risorse tra i fondi nonché la possibilità di riutilizzare le risorse disimpegnate grazie alla regola N+2 dei fondi strutturali, affinché le regioni possano aumentare, qualora lo considerino opportuno, le risorse a disposizione in caso di catastrofi;

30.

ribadisce che una vera e propria strategia di lotta alle catastrofi nel settore agricolo non deve limitarsi a misure d'urto ma deve prendere in considerazione anche azioni di formazione, informazione e prevenzione, finanziate attraverso il programma Forest Focus, la politica di sviluppo rurale o il Fondo sociale europeo, nonché la creazione di un sistema pubblico di assicurazione finanziato dall'Unione europea;

31.

ritiene che l'iniziativa Interreg si sia dimostrata estremamente efficace nello scambio di buone pratiche sulla prevenzione delle catastrofi naturali e, in tale contesto, fa riferimento agli esempi che figurano nell'allegato; si compiace dell'aumento del bilancio destinato alla cooperazione territoriale, deciso nel quadro dell'accordo sul nuovo quadro finanziario per il periodo 2007-2013;

32.

sottolinea che la creazione dei «Raggruppamenti europei di cooperazione transfrontaliera» in qualità di persone giuridiche può migliorare l'attuazione di misure in materia di protezione civile;

33.

appoggia la richiesta del Parlamento europeo di utilizzare gli aiuti di Stato o i prestiti della Banca europea per gli investimenti in caso di catastrofi naturali;

34.

chiede alla Commissione europea, al Parlamento europeo e al Consiglio di tener conto, nel programmare qualsiasi iniziativa in materia di lotta contro le catastrofi naturali, del punto di vista degli enti locali e regionali, consultando previamente i diretti responsabili della gestione di tali catastrofi.

Bruxelles, 26 aprile 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 43 del 18.2.205, pag. 38.


ALLEGATO

ESEMPI DI BUONE PRATICHE NELLA PREVENZIONE DELLE CATASTROFI NATURALI

1.   Escape - European Solutions by Cooperation and Planning in Emergencies (for costal flooding) (Soluzioni europee attraverso la cooperazione e la programmazione delle emergenze (in caso di alluvioni costiere))

Al fine di attenuare l'impatto delle alluvioni, i partner delle aree maggiormente colpite del Regno Unito, dei Paesi Bassi e del Belgio hanno lanciato il progetto Escape, progetto che va al di là della prevenzione e della gestione dei rischi e che cerca di ridefinire le politiche di assetto del territorio, migliorare le strategie di gestione dei rischi e i piani di emergenza e incrementare la presa di coscienza da parte dei cittadini, al fine di ridurre al minimo i danni arrecati dalle alluvioni alle comunità costiere.

Una delle principali attività nell'ambito di tale progetto è stata quella di lanciare una campagna di sensibilizzazione sulle alluvioni. Attraverso video, convegni e carta stampata si è cercato di responsabilizzare adulti e bambini, popolazione locale e responsabili dei vari settori sui rischi collegati alle alluvioni. La campagna ha inoltre illustrato quale potrebbe essere il compito dei governi e spiegato in che modo i cittadini possono premunirsi. Un'altra importante iniziativa è stata l'elaborazione di un piano di emergenza flessibile e multifunzionale per la protezione degli abitanti locali, dei turisti e delle imprese in caso di inondazioni. Un quadro transfrontaliero per la programmazione delle emergenze è a disposizione di altri soggetti interessati.

Il progetto Escape ha inoltre creato e testato un sistema d'informazione sull'alta marea (High Water Information System, HIS) per le alluvioni costiere, in grado di monitorare le maree, la forza del vento e l'altezza delle onde. Il sistema è affiancato da un meccanismo di sostegno decisionale (Decision Support System, DDS), che calcola il tempo necessario per evacuare una zona colpita e che raccomanda percorsi di evacuazione basandosi su dati quali la capacità stradale e il numero di abitanti. Gli enti locali, regionali e nazionali responsabili sia della programmazione delle emergenze sia dell'assetto territoriale possono ricorrere ai sistemi HIS e DDS per prevedere il momento in cui le inondazioni costiere si verificano e per valutarne gli effetti. http://www.interregnorthsea.org/project-details.asp?id=1-16-31-7-526-02

2.   AWARE - Attention to Warning And Readiness in Emergencies (Prestare attenzione agli allarmi e tenersi pronti in caso di emergenza)

Il progetto Escape è giunto alla conclusione che le emergenze non conoscono frontiere e quindi è necessario che la loro programmazione non si limiti ai confini di un paese. Il progetto AWARE può essere considerato il successore di Escape. Quest'ultimo è circoscritto alle alluvioni, mentre AWARE comprende altri settori. La caratteristica fondamentale di questo progetto è la cooperazione trasversale in caso di catastrofe provocata da fenomeni naturali o da fattori umani, cooperazione che consente di migliorare la qualità dei piani di emergenza e di incrementare la presa di coscienza dei rischi da parte dei cittadini.

Il progetto AWARE mira a rafforzare la presa di coscienza in modo da ridurre la vulnerabilità delle popolazioni che vivono nelle zone transfrontaliere durante e dopo le catastrofi, migliorando le fonti e i canali d'informazione e comunicazione. Al fine di rendere i cittadini, i media, le autorità e i servizi di emergenza maggiormente consapevoli dei rischi possibili e per insegnare loro come comportarsi e reagire in caso di catastrofe, saranno condotte due campagne di sensibilizzazione destinate ai giovani e ai responsabili dei diversi settori. A tali campagne faranno seguito una relazione sugli accordi con i mezzi di comunicazione per quanto concerne la copertura mediatica delle catastrofi nei diversi paesi e uno studio di fattibilità relativo ad uno strumento che consenta alle autorità di tenere informati i parenti e gli amici delle vittime circa la situazione di queste ultime a catastrofe già avvenuta. Un altro ambito di applicazione del progetto AWARE sono il contenuto e la struttura dell'informazione e della comunicazione tra gli enti locali e regionali delle zone transfrontaliere prima, durante e dopo una catastrofe. L'obiettivo è di consentire agli enti locali di tener conto delle implicazioni transfrontaliere delle loro decisioni e di garantire che vengano informati gli enti dall'altra parte della frontiera. Mettendo in comune conoscenze ed esperienze grazie allo scambio di informazioni e agli insegnamenti ottenuti, i partecipanti elaboreranno una relazione concernente un sistema virtuale di gestione delle crisi transfrontaliere, relazione che conterrà raccomandazioni in materia, ed organizzeranno due riunioni di esperti interregionali sulla gestione delle crisi e sui soccorsi in caso di catastrofe. L'obiettivo finale del progetto è di migliorare la qualità dei soccorsi nelle zone transfrontaliere mediante scambi di personale tra la regioni partecipanti nonché esercizi regionali e transfrontalieri (unicamente a livello degli enti pubblici) con la partecipazione di responsabili e di osservatori di entrambe le zone. www.project-aware.com

3.   La Catena della sicurezza, un'iniziativa per la pianificazione delle emergenze alluvionali che copre l'intera zona del Mare del Nord

Visto che le catastrofi non si fermano alle frontiere nazionali o regionali, allo stesso modo non bisogna porre confini alla gestione dei rischi e delle crisi. La Commissione europea ha riconosciuto l'importanza di questo problema e sta attualmente elaborando, in collaborazione con gli Stati membri, diverse iniziative per un approccio europeo alla pianificazione delle emergenze. La "Catena della sicurezza" intende apportare il contributo della zona del Mare del Nord a tali iniziative, lanciando un progetto destinato a creare una struttura per la programmazione delle emergenze alluvionali basata sul modello che porta lo stesso nome e concernente l'intera zona del Mare del Nord. Il progetto è volto a facilitare la cooperazione, lo scambio di esperienze e l'assistenza reciproca nella regione in caso di alluvioni mettendo in comune le conoscenze e le esperienze in materia di inondazioni costiere attraverso una catena di sicurezza che collega tutta la zona del Mare del Nord, al fine di garantire la massima cooperazione interregionale tra le varie zone e ridurre al minimo il numero di vittime e i danni causati dalle inondazioni costiere. L'obiettivo globale del progetto è di avviare un piano di emergenza alluvionale che copra l'intera regione, in collaborazione con tutte le parti interessate, al fine di mettere in comune gli esempi di migliori pratiche ed esperienze delle regioni partecipanti.

Le attività previste nell'ambito di questo progetto possono essere suddivise in tre tematiche principali: analisi comparativa dei piani esistenti a livello regionale e nazionale in materia di alluvioni nella zona del Mare del Nord, definizione di un approccio comune alla Catena della sicurezza nella zona del Mare del Nord, inventario delle attrezzature necessarie e disponibili al fine di mettere in atto un piano comune di emergenza in caso di alluvione.

4.   Miglioramento della base dati Nedies - Natural and Environmental Disaster Information Exchange System (Sistema per lo scambio di informazioni sulle catastrofi naturali e ambientali) del Centro comune di ricerca

I numerosi rischi dovuti a fenomeni naturali rappresentano una sfida continua per la protezione dei cittadini e dell'ambiente in Europa. Pertanto, gli insegnamenti tratti analizzando sistematicamente l'evoluzione delle catastrofi passate e le circostanze che vi hanno contribuito sono di capitale importanza per la riduzione dei rischi futuri e per la fissazione di priorità in termini di gestione della vulnerabilità. L'applicazione su vasta scala e la diffusione degli insegnamenti tratti è un altro passo fondamentale nella prevenzione di eventi indesiderabili e soprattutto nella riduzione delle loro conseguenze. Per sostenere questo obiettivo, il Centro comune di ricerca (CCR) istituisce il Sistema per lo scambio d'informazioni sulle catastrofi naturali e ambientali (Nedies), il cui obiettivo è di preparare e diffondere gli insegnamenti tratti onde prevenire, prepararsi e rispondere alle catastrofi naturali e tecnologiche. Le relazioni relative alle catastrofi naturali contenute nel sistema Nedies sono accessibili a partire da un portale Internet.

Al fine di potenziare ed ampliare la base dati Nedies, che contiene informazioni relative alle catastrofi, compresi gli insegnamenti tratti, è necessario comprendere in modo maggiormente strutturato e completo le circostanze che concorrono ad una catastrofe in modo da fornire un contributo preciso e valido al processo decisionale. Nell'ambito di uno studio commissionato dal CCR e dalla Commissione europea, l'Università della Zelanda (Paesi Bassi) sta elaborando un sistema per analizzare e rilevare in maniera strutturata l'evolversi di una catastrofe nel tempo, le azioni di gestione adottate prima, durante e dopo la catastrofe stessa, gli operatori che intervengono, l'ambiente e altri parametri che incidono sull'efficacia della gestione. L'obiettivo è di fornire un contributo sufficientemente strutturato al fine di mettere più facilmente in evidenza gli insegnamenti tratti. I risultati di questa analisi rientreranno nell'ambito della "Catena della sicurezza", mettendo in tal modo in risalto e collegando tra di loro le diverse conseguenze in ciascuna fase.

5.   Interreg III A - Italia/Slovenia: progetto SIMIS per un sistema di monitoraggio intercollegato del fiume Isonzo - Soca

Il progetto intende migliorare il sistema di monitoraggio del bacino dell'Isonzo, rafforzando in tal modo la sicurezza delle popolazioni contro le alluvioni. Esso rafforzerà inoltre le misure di sicurezza a livello sopranazionale e la cooperazione tra il Friuli Venezia Giulia e la Slovenia con l'aiuto di mezzi tecnici innovativi. Per raggiungere questi obiettivi sono stati collegati i centri operativi di Palmanova e di Lubiana e sono stati definiti protocolli comuni d'intervento in caso di emergenza. Si è inoltre provveduto ad effettuare uno studio approfondito del bacino idrologico e ad istituire delle unità per il monitoraggio avanzato nei punti più critici del bacino stesso al fine di prevedere e di prevenire le alluvioni. http://www.simis.si

6.   Protocollo interregionale di cooperazione transfrontaliera sulla protezione civile - Friuli Venezia Giulia/Carinzia/Slovenia

La Protezione civile della regione autonoma Friuli Venezia Giulia e della Carinzia/Repubblica di Slovenia, consapevoli dei rischi naturali o indotti dalle attività dell'uomo che possono coinvolgere le popolazioni e della necessità che in situazioni di emergenza ad esse sia garantita una tempestiva assistenza reciproca, determinate ad incrementare e favorire la cooperazione transfrontaliera nel settore della Protezione civile esprimono la volontà di perseguire la massima reciproca collaborazione e di concertare in modo sinergico gli interventi necessari per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni contermini, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente, in caso di emergenza o in vista di un rischio di emergenza, compresi gli incendi boschivi. I protocolli di cooperazione transfrontaliera individuano le modalità operative condivise relative alle attività di previsione e prevenzione di eventi calamitosi, scambio dati in tempo reale e comunicazione tempestiva di informazioni relative a situazioni di emergenza e di assistenza reciproca in condizioni di emergenza e coordinamento dei soccorsi alle popolazioni contermini colpite.

Al fine di attuare le attività di previsione, prevenzione e scambio di informazioni di comune interesse in materia di protezione civile, la regione autonoma Friuli Venezia Giulia e la Carinzia/Repubblica di Slovenia realizzano la connessione tra i rispettivi Centri operativi di riferimento, attraverso i quali addivenire alla tempestiva comunicazione reciproca di tutte le informazioni rilevanti ed attuano scambi di conoscenze ed addestramenti comuni. Convengono anche di realizzare la connessione tra i propri Centri operativi di riferimento attraverso la realizzazione di un efficiente sistema di trasmissione e ricezione dati tra i rispettivi Centri operativi di riferimento, tramite i quali effettuare in tempo reale lo scambio reciproco dei dati rilevati dalle reti di sorveglianza sismica, idrometereologica e meteomarina, installate nei rispettivi territori, e la predisposizione di un collegamento dedicato per la videoconferenza tra i Centri operativi di riferimento.

Le regioni si impegnano alla tempestiva comunicazione reciproca, tramite i Centri operativi di riferimento, dell'incombente rischio di emergenza o dell'emergenza in atto, che possa causare pericolo alle popolazioni contermini, ai beni, agli insediamenti e all'ambiente in prossimità dei territori di confine. Stabiliscono un programma di incontri periodici tra le componenti tecniche delle rispettive strutture. Danno anche vita allo scambio di conoscenze sui rispettivi progressi tecnico-scientifici rilevanti ai fini di protezione civile, anche avviando progetti congiunti per il successivo sviluppo ed applicazione ai campi della previsione e della prevenzione dei rischi naturali. Organizzano attività addestrative ed esercitazioni in comune, al fine di condividere le reciproche modalità operative in emergenza. Nelle situazioni di emergenza in atto sul proprio territorio che possano coinvolgere le popolazioni contermini le regioni possono chiedere, tramite i Centri operativi di riferimento, soccorso reciproco. Il soccorso reciproco, compatibilmente alle risorse disponibili, può consistere nell'invio di tecnici specializzati, di squadre di volontari con relativi mezzi ed attrezzature, di aeromobili e di generi di assistenza alla popolazione contermine colpita, nonché nell'adozione di ogni altra attività utile al superamento delle situazioni di emergenza. Le regioni convengono di prestare reciproca collaborazione nelle attività volte allo spegnimento degli incendi boschivi nelle aree contermini. Il reciproco soccorso viene prestato a titolo gratuito.

7.   Desertnet - Monitoraggio e azioni di lotta contro la desertificazione nell'Europa mediterranea

Il progetto "Desertnet", concernente lo studio, il monitoraggio e la gestione sostenibile delle aree a rischio desertificazione all'interno del bacino mediterraneo, intende razionalizzare le informazioni e le esperienze tecniche e scientifiche acquisite ed elaborate per quanto riguarda le zone a rischio identificate dai programmi regionali e nazionali. Nell'ambito di tale progetto si prevede di creare una piattaforma di servizi, una rete di azioni pilota e di utenti e un osservatorio interregionale per la lotta alla desertificazione. L'obiettivo è di contribuire alla realizzazione di un sistema omogeneo che consenta lo scambio di dati ed informazioni ed il monitoraggio del processo di desertificazione.

"

Tra le regioni partecipanti figurano, per l'Italia, la Liguria, la Campania, la Calabria, la Toscana, la Sicilia, l'Emilia Romagna, la Basilicata e la Sardegna e, per la Spagna, le comunità autonome di Murcia e Andalusia. www.desertnet.org

8.   Robinwood - Ridare vitalità alle zone rurali e montane attraverso lo sviluppo sostenibile per mezzo di una gestione integrata delle foreste

Robinwood è un progetto finanziato in parte anche dalla Commissione europea a titolo del programma Interreg III C Sud. Il suo obiettivo è quello di sviluppare le zone rurali dal punto di vista socioeconomico ridando vitalità alla catena di approvvigionamento del legname. Il progetto intende applicare un approccio innovativo basato sulla gestione sostenibile delle foreste, approccio che comprende fattori quali la programmazione, l'ambiente, l'energia, il territorio, l'economia e l'occupazione.

Nel progetto Robinwood figurano cinque tematiche principali:

coordinamento e gestione dei programmi,

conservazione del suolo: l'obiettivo è di ricercare soluzioni per prevenire l'erosione e per controllare le frane e le alluvioni attraverso la gestione delle foreste,

risorse forestali: l'obiettivo è di migliorare la gestione delle foreste attraverso lo scambio di buone pratiche e la ricerca di soluzioni ai problemi di certificazione, gestione e pianificazione delle foreste stesse. Al termine di questa parte del progetto, è prevista l'elaborazione, da parte delle regioni partecipanti, di un piano operativo di gestione forestale in cui sarà valutata la sostenibilità economica ed ambientale dei processi di gestione forestale,

energia: l'obiettivo è di incrementare l'uso della biomassa forestale per produrre energia neutrale in termini di CO2 a partire da una fonte sostenibile,

comunicazione: l'obiettivo è di trasmettere i nuovi sviluppi alle zone rurali e montane delle regioni partecipanti. La comunicazione è uno strumento essenziale per promuovere "l'eccellenza" e diffondere le migliori pratiche tra i partner regionali.

Le regioni partecipanti sono le seguenti: Liguria (Italia), Brandeburgo (Repubblica federale di Germania), Comunità autonoma di Murcia (Spagna), Galles (Regno Unito), Pomerania orientale (Polonia) e Slovacchia orientale (regioni autonome di Kosice e Presov, Repubblica slovacca).


29.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 206/17


Parere del Comitato delle regioni sul tema La politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all'occupazione nelle regioni

(2006/C 206/04)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la lettera della Commissione europea al Presidente STRAUB, del 25 gennaio 2006, con cui si chiede al CdR di elaborare un parere sul tema La politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all'occupazione nelle regioni,

vista la decisione, presa dal proprio Presidente il 10 novembre 2005, di incaricare la commissione Politica di coesione territoriale di elaborare un parere sull'argomento,

visto il documento di lavoro della Commissione Commission staff working paper: Cohesion Policy and cities: the urban contribution to growth and jobs in the regions (La politica di coesione e le città: il contributo alla crescita e all'occupazione nelle regioni) (1),

visto il proprio parere (CdR 232/2004 fin) (2) in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (COM(2004) 492 def. - 2004/0163 (AVC)),

visto il proprio parere (CdR 233/2004 fin) (3) in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) (COM(2004) 495 def. - 2004/0167 (COD)),

visto il proprio parere (CdR 140/2005 fin) in merito alla Comunicazione della Commissione - Politica di coesione a sostegno della crescita e dell'occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013 (COM(2005) 299 def.),

viste le conclusioni del Consiglio informale dei ministri, riunitosi a Bristol il 6 e 7 dicembre 2005, sul tema delle comunità sostenibili,

vista la Relazione del Parlamento europeo sulla dimensione urbana nel contesto dell'allargamento (2004/2258),

visto il proprio progetto di parere (CdR 38/2006 riv. 1), adottato il 23 febbraio 2006 dalla commissione Politica di coesione territoriale (relatore Michael HÄUPL, sindaco di Vienna - AT/PSE),

ha adottato il seguente parere in data 26 aprile, nel corso della 64asessione plenaria.

1.   Punti di vista del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

richiama in primo luogo il fatto che il 78% della popolazione dell'Unione europea risiede in una città, in un agglomerato urbano o in un'area urbana. Oltre il 60% della popolazione vive in aree urbane con più di 50.000 abitanti. Nelle aree urbane si concentrano grandi potenziali, ma anche problemi complessi;

1.2

richiama in proposito l'intenzione espressa dalla Commissione nel suo Terzo rapporto sulla coesione economica e sociale: un nuovo partenariato per la coesione, la convergenza, la competitività e la cooperazione (4), di mettere in primo piano le questioni relative alle città includendole nei programmi regionali;

1.3

segnala l'importanza decisiva di integrare una dimensione urbana in tutte le politiche comunitarie, e non solo nella politica di coesione. Solo se le sue conseguenze positive saranno evidenti e realizzabili per tutte le popolazioni urbane, l'UE riuscirà a (ri)conquistare un certo grado di accettazione politica, indispensabile per l'ulteriore sviluppo e la riuscita del nostro progetto comune;

1.4

appoggia l'iniziativa del Parlamento europeo, presentata nella relazione sulla dimensione urbana nel contesto dell'allargamento (5), volta a rafforzare la dimensione urbana di tutte le politiche comunitarie e delle politiche degli Stati membri, e la diffusione della relazione stessa;

1.5

sottolinea il contributo decisivo delle città nell'attuazione della strategia di Lisbona quale riformulata nel 2005. Precisa, tuttavia, che la crescita non è un fine in sé, bensì un mezzo per aumentare l'occupazione, la coesione sociale e la sostenibilità ambientale. Contribuendo al mantenimento del modello sociale europeo, essa garantisce la qualità della vita dei cittadini dell'Unione. L'occupazione costituisce di fatto il problema centrale per i cittadini europei: la recente tendenza a concentrarsi sulla crescita economica e sull'aumento della produttività non dovrebbe far perdere di vista le altre dimensioni della strategia di Lisbona;

1.6

osserva che le città sono sempre state dei laboratori per ogni tipo di evoluzione: in esse ha avuto infatti inizio la maggior parte dei progressi sociali e tecnologici. Questa trasformazione strutturale caratteristica dei centri urbani comporta tanto delle opportunità quanto dei rischi sia per i cittadini che per la società nel suo insieme. Le città hanno appreso a convivere con tale trasformazione e a reagire ad essa e sono inoltre abituate a compensare i difetti del mercato - in parte originati dalla trasformazione stessa. Al riguardo esse svolgono un ruolo cruciale per conseguire gli obiettivi della strategia di Lisbona, proprio perché in molti settori risulta necessario adeguare le strutture alle nuove sfide;

1.7

rileva quindi criticamente che, a causa dell'impostazione «dall'alto» adottata nello sviluppo e nell'attuazione della strategia di Lisbona, la grande maggioranza delle città europee non sono state coinvolte nell'elaborazione dei programmi nazionali di riforma: se partecipazione c'è stata, ha avuto carattere solo parziale e formale, ma non sostanziale. Uno studio rivela che, in generale, le città sono state maggiormente coinvolte quando nello Stato membro corrispondente esisteva un ministero espressamente responsabile per i centri urbani (come ad esempio nei Paesi Bassi) o quando si trattava di città-regioni (come Berlino, Amburgo, Vienna, ecc.). Lo scarso coinvolgimento del livello urbano fa sì che il potenziale delle città e la loro grande capacità di creare sinergie di cooperazione tra gli operatori pubblici e privati e gli interlocutori sociali vengano sfruttati solo in parte. Essenzialmente alle medesime conclusioni giunge uno studio realizzato dal CdR sul tema Attuazione del partenariato di Lisbona per la crescita e l'occupazione - Il contributo delle regioni e delle città. Sondaggio sulla partecipazione degli enti regionali e locali alla preparazione dei programmi di riforma nazionali nel quadro della strategia di Lisbona rinnovata  (6), secondo cui solo il 17% delle città e delle regioni è soddisfatto della sua partecipazione all'elaborazione dei programmi nazionali di riforma;

1.8

ricorda che, tendenzialmente, si è assistito ad un maggior coinvolgimento delle città quando si sono elaborati i quadri di riferimento strategici nazionali (QRSN) ai sensi degli articoli 25 e 26 della proposta di regolamento del Consiglio concernente i fondi strutturali (7). Per quanto la dimensione urbana continui a essere presa espressamente in considerazione nei QRSN e nei programmi operativi che ne derivano, ciò non è tuttavia ancora un fatto scontato;

1.9

obietta che nell'attuale proposta concernente le linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013 (8) si continua a trascurare in larga misura la dimensione urbana della politica di coesione trattandola soltanto nel contesto delle «peculiarità territoriali». Questa lacuna è emersa con evidenza anche dai risultati del processo di consultazione sulle linee guida della strategia comunitaria per la coesione relative al periodo 2003-2013: più volte, infatti, si è sollecitata una maggiore attenzione al ruolo decisivo svolto dalle città ai fini della crescita e dell'occupazione. Le linee guida dovrebbero riconoscere anche formalmente il ruolo cruciale delle città. Senza una disciplina comunitaria chiara che preveda la partecipazione obbligatoria di queste ultime si rischia che, nel periodo 2007-2013, la dimensione urbana della politica di coesione risulti indebolita anziché rafforzata;

1.10

pertanto, accoglie con favore l'iniziativa presa dalla Commissione europea, con la presentazione del documento di lavoro intitolato Politica di coesione e città: il contributo delle aree urbane alla crescita e all'occupazione nelle regioni  (9), per tener conto delle predette critiche e continuare a rafforzare la dimensione urbana nella futura politica di coesione. Tale documento illustra egregiamente l'importanza centrale delle città per lo sviluppo dell'UE, degli Stati membri e delle regioni, e pone chiaramente in luce il loro contributo decisivo alla crescita e all'occupazione, nonché alla coesione sociale e allo sviluppo sostenibile;

1.11

apprezza particolarmente il fatto che, nel suddetto documento di lavoro, la Commissione europea presenti la dimensione urbana in tutta la sua complessità. Questo approccio olistico è un punto di forza decisivo del documento, che va quindi in ogni caso tenuto fermo. La complessità, evidenziata per mezzo di esempi e dati concreti, può essere presa in considerazione solo adottando un approccio che integri tutte le politiche: la dimensione urbana non può infatti essere circoscritta solo alla politica di coesione, ma va tenuta espressamente presente in tutte le politiche comunitarie;

1.12

segnala in particolare che, nel documento, il contributo delle città si articola in 50 linee di azione operative, che offriranno alle città degli indirizzi per future misure concrete;

1.13

appoggia il processo di consultazione avviato dalla Commissione in relazione al documento di lavoro; si rallegra della sua intenzione di tener conto dei risultati più importanti di tale processo nella versione definitiva delle linee guida della strategia comunitaria per la coesione nonché di pubblicare una versione riveduta del documento di lavoro sotto forma di comunicazione;

1.14

contribuisce al rafforzamento della dimensione urbana organizzando, insieme alla Commissione europea e alla commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo, il Forum delle città, che si terrà il 26 aprile 2006;

1.15

si compiace che la proposta di regolamento del Consiglio che istituisce il Fondo di coesione consenta di finanziare, grazie a questo stesso Fondo, dei trasporti urbani ecologici.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni in merito al documento di lavoro della Commissione Politica di coesione e città: il contributo delle aree urbane alla crescita e all'occupazione nelle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

si compiace con la Commissione europea delle spiegazioni dettagliate e precise sui seguenti punti: lo sviluppo urbano sostenibile nella politica regionale europea, il ruolo delle città (le ragioni della loro importanza, la loro capacità attrattiva), il sostegno all'innovazione, all'iniziativa imprenditoriale e all'economia basata sulla conoscenza, l'aumento e il miglioramento dell'occupazione, le differenze fra le città, la governance e il finanziamento del rinnovamento urbano;

2.2

si compiace del fatto che le linee di attuazione invitino gli Stati membri a sostenere le misure promosse dalle città;

2.3

invita a inserire nelle linee guida della strategia comunitaria una quarta priorità, destinata segnatamente alle città e alle aree metropolitane, e intesa a creare delle comunità sicure, coese e sostenibili (sul piano economico, sociale, ambientale e commerciale), anche nelle zone urbane che presentano condizioni di maggiore disagio;

2.4

segnala la diversità delle situazioni dei centri urbani, che variano soprattutto in funzione della loro dimensione e posizione geografica (ad esempio, perifericità), nonché della ripartizione delle competenze a livello nazionale e del fatto di appartenere o meno ai nuovi Stati membri. Inoltre, propone di tener conto di un altro importante elemento, e cioè delle differenze esistenti fra le città di uno stesso Stato membro determinate dal diverso livello di urbanizzazione e di sviluppo economico;

2.5

condivide il punto di vista della Commissione, secondo cui un proficuo sviluppo delle città e della loro capacità di contribuire in modo significativo allo sviluppo regionale presuppone il generale rafforzamento della loro capacità d'azione. A tal fine, le città dovrebbero essere dotate di sistemi e strumenti che consentano loro di reagire alle trasformazioni economiche e sociali, nonché di una massa critica di risorse finanziarie; queste potrebbero essere loro erogate sotto forma di una sovvenzione globale con sub-delega delle relative funzioni gestionali, come previsto dal nuovo regolamento FESR (articoli 36, 41 e 42);

2.6

sottolinea che per realizzare la strategia di Lisbona mettendo a segno incrementi di crescita e produttività elevati è vitale riconoscere l'importanza che le città e le aree urbane presentano per il conseguimento di tali obiettivi, tenuto conto della massa critica della loro popolazione, dei loro centri di eccellenza nel campo universitario e della ricerca, nonché della loro capacità di applicare le nuove scoperte su scala industriale. Il Comitato giudica pertanto necessario conferire alla politica di coesione una dimensione urbana, riconoscendo il potenziale delle città come centri propulsivi dell'innovazione e dell'economia della conoscenza;

2.7

segnala però, soprattutto in relazione al miglioramento delle condizioni dell'ambiente imprenditoriale e di quelle per l'innovazione, che le città potranno svolgere queste importanti funzioni di «guida» solo se disporranno delle risorse finanziarie necessarie a tal fine. Ciò vale, ovviamente, per tutti gli ambiti d'intervento menzionati;

2.8

sottolinea l'importanza di un modo di procedere coordinato, che tenga conto della realtà delle «regioni funzionali», per ottenere i miglioramenti sostenibili perseguiti con le linee di azione citate. È solo grazie ad una collaborazione e ad un partenariato al di là dei confini amministrativi che sarà possibile trovare delle soluzioni e che si creeranno le opportunità per aumentare le potenzialità. Questa cooperazione, non sempre semplice nella pratica, andrebbe promossa mediante incentivi specifici da parte delle politiche comunitarie quali la promozione di progetti di sviluppo strategico di area vasta. A questo fine rivestono particolare importanza la creazione di nuove reti di cooperazione tra aree metropolitane e regioni urbane ed il potenziamento di quelle già esistenti. Merita in questo contesto un particolare apprezzamento la cooperazione attualmente in corso mediante l'iniziativa Interreg III, cooperazione che si articolerà nel periodo 2007-2013 attorno all'obiettivo di cooperazione territoriale;

2.9

sottolinea il ruolo importante che le città svolgono nella lotta contro i cambiamenti climatici grazie all'entità della loro popolazione e alla loro capacità di generare cambiamenti su vasta scala, ad esempio in settori come i trasporti pubblici e l'uso innovativo dell'energia negli edifici. Il Comitato propone pertanto d'introdurre un requisito ambientale nei programmi dei fondi strutturali;

2.10

segnala l'importanza del contributo che il risanamento e lo sviluppo urbanistici delle aree industriali dismesse e degli spazi pubblici apportano sia al rinnovamento delle città cresciute disordinatamente sia alla riduzione dell'urbanizzazione eccessiva. Ricorda che in questo contesto le città necessitano del sostegno dei livelli nazionale ed europeo; in particolare, le aree metropolitane e le regioni urbane hanno bisogno, per far fronte ai propri problemi specifici, di un sostegno finanziario comunitario che si traduca nella creazione di programmi ad hoc per il risanamento delle zone urbane in declino e nel rafforzamento di iniziative capaci di portare avanti il lavoro avviato da URBAN;

2.11

è consapevole dell'importanza di una «politica della diversità “che abbracci tutti gli ambiti dell'amministrazione pubblica: una tale politica è un requisito indispensabile per sfruttare appieno il potenziale specifico degli immigrati, che in molti casi costituisce ancora una risorsa largamente sottoutilizzata;

2.12

segnala in particolare l'importanza dei servizi di interesse generale per rendere più efficienti i sistemi urbani e più attraenti le città. Al riguardo invita a ricordare che, in linea con il principio di sussidiarietà, gli enti regionali e locali hanno il diritto di scegliere liberamente la loro forma di prestazione dei servizi di interesse (economico) generale; auspica che, in questo campo, d'ora in avanti il quadro giuridico europeo resti aperto alla possibilità della produzione propria e dell'affidamento diretto ad aziende in-house anche in senso lato (10). È necessario inoltre che anche la normativa in materia di appalti e di aiuti di Stato preveda una maggiore flessibilità per le città e le regioni;

2.13

raccomanda che in tutti gli ambiti di intervento si tenga conto in particolare delle esigenze delle donne, dei giovani, degli anziani e di tutti coloro che hanno necessità specifiche;

2.14

ritiene necessario assicurare che le città siano maggiormente “a misura di donna”, prevedendo iniziative a favore dell'imprenditorialità femminile, nonché misure per sviluppare e sostenere il ruolo delle donne come dirigenti e manager dei settori privato e pubblico in zone urbane attraverso servizi adeguati di prossimità e di welfare;

2.15

raccomanda di aggiungere al documento un'apposita sezione dedicata al tema della salute: il tema dovrebbe essere trattato nei suoi tre aspetti principali, vale a dire accessibilità e mobilità, accesso ai servizi e alle istituzioni, ambiente naturale e fisico e, data la sua importanza, dovrebbe essere affrontato esplicitamente da linee guida specifiche;

2.16

sottolinea la particolare importanza di garantire un'offerta ampia e finanziariamente sostenibile di servizi di assistenza all'infanzia, con orari di apertura adeguati alle necessità. Questo consentirà ai genitori di lavorare, creerà una base importante per la successiva istruzione dei figli e contribuirà notevolmente all'integrazione delle varie culture e all'inserimento dei bambini con esigenze particolari;

2.17

rileva criticamente che, per quanto concerne le linee guida relative alle Azioni per le PMI e le microimprese, la semplificazione dell'accesso al finanziamento mediante l'assunzione dei rischi dovrebbe essere realizzata in modo molto restrittivo e con criteri rigorosi; sottolinea in generale la necessità di potenziare il sostegno finanziario per le microimprese;

2.18

segnala che la formazione e l'istruzione in tutti i loro aspetti - compreso l'apprendimento permanente - dovrebbero essere considerate non solo per le loro ripercussioni sulla crescita e sull'occupazione, ma anche nella prospettiva di una comunità sociale e solidale, che accordi priorità soprattutto alla partecipazione di tutti i cittadini ai processi sociali nel loro insieme e non soltanto a quelli economici;

2.19

è consapevole del fatto che, con l'aumento della popolazione anziana, settori come la cura e l'assistenza, come pure i “servizi sociali”, assumeranno maggiore importanza. Tali trasformazioni nella piramide demografica, tuttavia, se da una parte porranno dei problemi notevoli alle città, dall'altra offriranno anche delle opportunità per la crescita e l'occupazione, per esempio nel settore dell'assistenza;

2.20

sottolinea che l'esistenza di un significativo numero di immigrati nelle aree metropolitane e nelle zone urbane dell'Unione rappresenta per le amministrazioni una sfida considerevole, ma anche una nuova nicchia di mercato nella quale tali zone possono cercare nuove opportunità di crescita. I diversi livelli amministrativi dovranno fare in modo che si tragga profitto da tali opportunità;

2.21

sottolinea la crescente importanza, soprattutto per le città, dell'economia sociale (il cosiddetto terzo settore, accanto a quelli delle imprese private [il primo] e pubblico [il secondo]), in quanto mercato del lavoro in espansione; esorta ad assicurare che le linee d'azione prendano espressamente in considerazione l'esigenza di migliori opportunità di mercato per le imprese del terzo settore (per esempio in materia di accesso al credito o di garanzie statali);

2.22

sottolinea in particolare che la creazione di posti di lavoro sostenibili e la lotta alla disoccupazione rivestono un'importanza cruciale per lo sviluppo futuro dell'intera UE. Solo conseguendo chiari successi in questo campo l'UE potrà (ri)conquistare la fiducia dei cittadini. In quanto centri della trasformazione strutturale, le città risentono infatti in modo particolare delle ricadute della disoccupazione;

2.23

chiede che la politica del mercato del lavoro degli Stati membri prenda in maggiore considerazione le esigenze delle zone urbane e che a tale scopo si mettano a punto programmi adeguati insieme con le regioni funzionali urbane in quanto bacini occupazionali. A questo fine, potrebbero fungere da base accordi formali e patti per il coordinamento delle politiche del mercato del lavoro a livello nazionale, regionale e locale, come mostra l'esempio dei patti territoriali per l'occupazione. Tali patti favoriscono i collegamenti tra politica economica, politica regionale e politica del mercato del lavoro a livello urbano ed andrebbero sviluppati ulteriormente e sostenuti con risorse comunitarie;

2.24

condivide l'idea della Commissione europea che il gran numero di stranieri che vivono nelle città costituiscono delle opportunità, che per essere competitive le città devono attirare e dar lavoro a persone provviste di un ampio ventaglio di competenze, e che spesso i lavoratori immigrati coprono utilmente posti non ambiti da altri. Il Comitato approva pertanto la raccomandazione, formulata dalla Commissione nella recente relazione sul funzionamento degli accordi transitori sulla libera circolazione delle persone, che gli Stati membri esaminino accuratamente se, tenuto conto della situazione del loro mercato del lavoro e di quanto evidenziato nella stessa relazione, sia opportuno mantenere le restrizioni in vigore;

2.25

rileva che la qualità dei posti di lavoro creati riveste un'importanza decisiva. Negli ultimi tempi la crescita dell'occupazione è stata perlopiù determinata da un incremento del lavoro a tempo parziale e di alcune nuove tipologie occupazionali. In certi settori la qualità dei posti di lavoro offerti diminuisce drasticamente e/o non viene offerto alcun posto di lavoro conforme alle norme vigenti in materia. Queste svariate tipologie occupazionali che spesso non garantiscono ai lavoratori una stabilità finanziaria provocano nuove fratture sociali. Il settore privato e le imprese devono offrire posti di lavoro che consentano un'occupazione sostenibile: in effetti, flessibilizzare il mercato del lavoro a scapito della sicurezza sul luogo di lavoro e di quella sociale non costituisce una soluzione accettabile a lungo termine, ragione per la quale le varie amministrazioni pubbliche dovranno contrastare ogni evoluzione in tal senso;

2.26

pone in rilievo che per garantire la qualità della vita nelle città è assolutamente indispensabile evitare l'esclusione sociale e i problemi che ne derivano - dalla creazione di “ghetti” fino alla criminalità. Le amministrazioni pubbliche dovrebbero prestare particolare attenzione ai gruppi maggiormente esposti al rischio di esclusione sociale, tra i quali vanno ricordati in particolare gli immigrati;

2.27

sottolinea che l'aver incorporato le iniziative comunitarie quali URBAN e EQUAL all'interno dei Programmi operativi nazionali e regionali non deve comportare una riduzione della portata innovativa delle prime. Al contrario, è opportuno incoraggiare l'innovatività delle iniziative urbane nell'ambito della nuova politica di coesione e promuovere la messa in rete delle idee e la loro applicabilità in contesti diversi;

2.28

a tal fine chiede alla Commissione che le iniziative in ambito urbano, in quanto attuazione di un indirizzo dell'UE e in considerazione del loro carattere di emblematicità e di trasferibilità - carattere che è opportuno mantengano anche nella prossima programmazione -, siano tra loro comparabili e che l'efficacia degli interventi sia misurabile in termini qualitativi e quantitativi.

3.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

3.1

chiede alla Commissione europea di prendere in considerazione la dimensione urbana in tutte le politiche comunitarie. A tale scopo è necessario un approccio che, oltre a individuare, analizzare e considerare i problemi concreti della realtà urbana, valuti le ripercussioni di tali politiche sulle città. Ciò rende indispensabile coinvolgere i responsabili istituzionali delle città in tutte le fasi di sviluppo delle politiche e dei programmi, nonché della loro attuazione e valutazione;

3.2

segnala la necessità di un migliore coordinamento della dimensione urbana tra tutti i servizi della Commissione europea, in particolare tra le DG REGIO, ENV, TREN, EMPL e SANCO. In tutti i programmi dell'UE si dovrebbe prestare maggiore attenzione alla dimensione urbana nei suoi aspetti sia finanziari che territoriali;

3.3

sottolinea inoltre la necessità di un maggiore coordinamento tra la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio, al fine di realizzare un'agenda più chiara per le azioni comunitarie destinate alle città;

3.4

raccomanda alla Commissione europea di rafforzare il “gruppo di lavoro interservizi” con la partecipazione di esperti di questioni urbane e di creare una task force interservizi, seguendo il modello dell'intergruppo Urban-logement del Parlamento europeo. Inoltre, si raccomanda di costituire dei forum per consentire un dialogo regolare con le città sulle politiche comunitarie che le riguardano, come già avviene in relazione alla politica ambientale;

3.5

chiede alla Commissione europea e agli Stati membri di annunciare un “dialogo territoriale”, analogo a quello sociale e civile: questo dovrebbe consentire ai vari enti regionali e locali, nonché alle loro associazioni nazionali ed europee, di esprimere le proprie posizioni già nelle fasi della preparazione, negoziazione e decisione delle politiche e delle misure riguardanti le città e le regioni, partecipando così alla loro definizione. Il dialogo con le associazioni di enti regionali e locali sull'elaborazione delle politiche comunitarie (11) avviato nel 2003 dalla Commissione europea con la partecipazione del CdR costituisce solo un primo passo in questa direzione;

3.6

è favorevole all'organizzazione da parte del Consiglio e degli Stati membri di un incontro ad alto livello prima di ciascun vertice di primavera. A detto incontro dovrebbero partecipare, oltre agli attori del “dialogo territoriale”, la Commissione europea, il Parlamento europeo, il Comitato delle regioni e le reti delle città. Raccomanda inoltre di tenere riunioni annuali dei ministri che, nei vari Stati membri, sono responsabili delle questioni urbane. Tali riunioni dovrebbero essere precedute da un incontro con i rappresentanti delle reti delle città e delle associazioni nazionali ed europee degli enti locali, come ad esempio il Consiglio dei comuni e delle regioni d'Europa. Inoltre, in tali riunioni il gruppo di lavoro interservizi della Commissione europea dovrebbe riferire regolarmente sullo stato dei suoi lavori;

3.7

chiede ai governi degli Stati membri di tenere maggiormente conto della dimensione urbana nelle politiche nazionali. In particolare, occorrerà garantire alle città le risorse finanziarie necessarie per l'assolvimento dei loro compiti. Inoltre, si dovrebbe approfondire il dialogo con le città e le loro associazioni e conferirgli il carattere di una consultazione formale;

3.8

segnala l'importanza cruciale della ricerca e sviluppo per conseguire gli obiettivi di Lisbona. Esorta quindi a tener conto del ruolo significativo delle città al livello della politica di ricerca nel contesto del Settimo programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) (mainstreaming urbano). Se finora la dimensione urbana è stata tenuta espressamente presente solo nell'ambito delle politiche dell'ambiente e dei trasporti, è invece necessario che gli aspetti della ricerca sulle problematiche urbane vengano considerati in tutti gli altri ambiti e programmi specifici. Al riguardo, occorrerà garantire attraverso misure appropriate un maggiore sostegno al collegamento in rete delle città con le università e gli istituti di ricerca locali. Ciò al fine di suscitare una sinergia per lo sviluppo urbano e una più ampia consapevolezza pubblica dell'attività di RST. Una di tali iniziative potrebbe, ad esempio, consistere in un premio intitolato Città europea della scienza;

3.9

il Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dovrebbe potenziare il ruolo delle città in quanto piattaforme per lo scambio di informazioni e conoscenze, assicurare una ripartizione delle risorse e una definizione delle politiche in materia d'innovazione che rispondano alle necessità della società in generale e dei cittadini in particolare e garantire un sostegno alla ricerca transnazionale sulle problematiche dello sviluppo urbano;

3.10

sottolinea l'importanza della sussidiarietà e della partecipazione dei livelli subnazionali alla programmazione e attuazione della politica di coesione. La gestione decentrata dei fondi strutturali non deve condurre ad una centralizzazione della politica di coesione al livello degli Stati membri;

3.11

chiede alla Commissione europea di tener conto del principio di proporzionalità nell'applicazione dei dispositivi di gestione e di controllo delle iniziative avviate dalle città;

3.12

chiede una partecipazione più ampia e trasparente degli enti locali alla preparazione, messa a punto e attuazione dei Programmi nazionali di riforma. Invita inoltre gli Stati membri a inserire nelle loro relazioni annuali alla Commissione europea un capitolo specifico che illustri le misure di attuazione di detti programmi a livello locale;

3.13

si compiace che la dimensione urbana sia stata tenuta presente nelle proposte della Commissione relative ai fondi strutturali e al Fondo di coesione per il 2007-2013;

3.14

chiede che si rafforzi la dimensione urbana nelle linee guida della strategia comunitaria in materia di coesione per il periodo 2007-2013. La Commissione europea dovrà garantire che tale dimensione venga presa effettivamente in considerazione, ad esempio prevedendone espressamente l'inclusione nella relazione annuale di ogni Stato membro e nella propria, previste dagli articoli 27 e 28 della proposta di regolamento del Consiglio concernente i fondi strutturali (12);

3.15

sottolinea il ruolo fondamentale delle azioni prospettive e strategiche messe in atto dai governi locali per far fronte ai problemi di disoccupazione, in particolare attraverso proposte per la creazione di posti di lavoro alternativi nei cosiddetti “nuovi giacimenti occupazionali”; Per tale motivo raccomanda di tener conto della dimensione urbana in sede di definizione e sviluppo di programmi a favore dell'occupazione e di attribuire alle città le necessarie competenze, gli opportuni strumenti di gestione e adeguate risorse di bilancio;

3.16

si compiace delle iniziative congiunte Jeremie, Jaspers e Jessica promosse dalla Commissione europea e dell'iniziativa EQUAL della BEI. L'accesso a questi sistemi di finanziamento in condizioni di parità per tutti i livelli dell'amministrazione statale costituisce un requisito essenziale per il loro successo;

3.17

raccomanda l'elaborazione, il sistematico aggiornamento e la divulgazione di dati e analisi che riflettano la complessa realtà dei centri urbani e consentano di valutare meglio la loro situazione. In particolare, sostiene le iniziative come ESPON/ORATE (Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo) e l'audit urbano;

3.18

appoggia lo sviluppo di reti di città per la comunicazione delle esperienze e delle migliori prassi. A tal fine occorrerebbe basarsi in primo luogo sulle reti esistenti come Urbact - con il suo progetto pilota Urban European Knowledge Network -, nonché sugli aspetti essenziali della cooperazione urbana interregionale, Eurocities, ecc. Al riguardo si dovrebbe tener conto anche delle iniziative delle associazioni nazionali ed europee che rappresentano gli interessi delle città;

3.19

raccomanda alla Commissione europea di chiedere ai paesi beneficiari del Fondo di coesione di destinare una parte consistente delle risorse ricevute a progetti per trasporti pubblici urbani sostenibili.

Bruxelles, 26 aprile 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  Testo disponibile solo in inglese.

(2)  GU C 231 del 20.9.2005.

(3)  Ibidem

(4)  Terzo rapporto sulla coesione economica e sociale: un nuovo partenariato per la coesione,la convergenza,la competitività e la cooperazionee (COM(2004) 107 def.), adottato dalla Commissione europea il 18 febbraio 2004.

(5)  Risoluzione del Parlamento europeo sulla dimensione urbana nel contesto dell'allargamento (P6_TA(2005) 0387), del 13.10.2005, relatore Jean Marie BEAUPUY, non ancora pubblicata nella GU.

(6)  Attuazione del partenariato di Lisbona per la crescita e l'occupazione - Il contributo delle regioni e delle città. Sondaggio sulla partecipazione degli enti regionali e locali alla preparazione dei programmi di riforma nazionali nel quadro della strategia di Lisbona rinnovata (DI CdR 45/2005).

(7)  Proposta di regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (COM(2004) 492 def.), del 14.7.2004.

(8)  Comunicazione della Commissione - Politica di coesione a sostegno della crescita e dell’occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013 (COM(2005) 299 def.), del 5.7.2005.

(9)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione Politica di coesione e città: il contributo delle aree urbane alla crescita e all’occupazione nelle regioni, del 23.11.2005, disponibile sul sito http://europa.eu.int/comm/regional_policy/consultation/urban/index_it.htm

(10)  Ossia aziende speciali/controllate.

(11)  Comunicazione della Commissione - Dialogo con le associazioni degli enti territoriali sull'elaborazione delle politiche dell'Unione europea (COM(2003) 811 def.), del 19.12.2003.

(12)  Proposta di regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (COM(2004) 492 def.), del 14.7.2004.


29.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 206/23


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Dialogo tra le società civili dell'UE e dei paesi candidate

(2006/C 206/05)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Dialogo tra le società civili dell'UE e dei paesi candidati (COM(2005) 290 def.),

vista la decisione della Commissione europea, del 29 giugno 2005, di consultarlo in materia a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 29 settembre 2005, di incaricare la commissione Relazioni esterne di elaborare un parere in merito alla strategia della Commissione europea sui progressi compiuti nel quadro del processo di ampliamento,

visto il proprio parere sulle prospettive finanziarie: Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Costruire il nostro avvenire comune - Sfide e mezzi finanziari dell'Unione allargata 2007-2013 (COM(2004) 101 def., CdR 162/2004 fin (1) - relatore: Albert BORE, membro del consiglio comunale di Birmingham (UK/PSE)),

visto il proprio parere in merito alla Raccomandazione della Commissione europea sui progressi ottenuti dalla Turchia sulla via dell'adesione (COM(2004) 656 def., CdR 495/2005 - relatrice: Helene LUND, membro del consiglio comunale di Farum (DK/PSE)),

visto il proprio parere in merito alla Proposta di decisione del Consiglio relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni specificate nel partenariato europeo con la Croazia (COM(2004) 275 def., CdR 499/2004 - relatore: Isidoro GOTTARDO, consigliere della regione Friuli Venezia Giulia (IT/PPE)),

visti i risultati della consultazione pubblica on-line effettuata dalla Commissione europea sul tema Il futuro programma per una cittadinanza europea attiva 2007-2013,

vista la Decisione del Consiglio, del 26 gennaio 2004, che istituisce un programma d'azione comunitaria per la promozione della cittadinanza europea attiva (partecipazione civica) (2004/100/CE),

visto il progetto di parere (CdR 303/2005) adottato il 28 febbraio 2006 dalla commissione Relazioni esterne e cooperazione decentrata (relatore: Isidoro GOTTARDO, consigliere della regione Friuli Venezia Giulia (IT/PPE)),

considerando quanto segue:

1)

il ruolo fondamentale svolto dalla società civile dei paesi candidati all'adesione per far conoscere il progetto d'integrazione europea ai cittadini e per sostenere le autorità nazionali, regionali e locali implicate negli sforzi economici, sociali e politici necessari per portare a buon termine il processo di adesione;

2)

la necessità di un dialogo tra la società civile dell'UE e quella dei paesi candidati per accelerare ed approfondire il processo di mutua conoscenza sul piano sociopolitico e di reciproco rispetto sul piano culturale;

3)

il vantaggio di assicurare un approccio decentrato tramite l'istituzione di reti basate sulle rispettive società civili e volte a promuovere la mutua conoscenza e la divulgazione del processo di integrazione europea,

ha adottato il proprio parere all'unanimità in data 27 aprile 2006, nel corso della 64a sessione plenaria.

1.   Posizione del Comitato delle regioni

1.1   Osservazioni generali

Il Comitato delle regioni

1.1.1

accoglie favorevolmente la comunicazione della Commissione europea volta a rendere operativo il «terzo pilastro» della sua strategia, basato sul dialogo tra le società civili e rivolto alla Turchia, alla Croazia ed agli altri possibili paesi candidati all'Unione europea;

1.1.2

condivide in particolare la necessità che le istituzioni europee spostino la loro attenzione verso i cittadini dei paesi candidati, che nei precedenti allargamenti sono apparsi come tenuti in secondo piano per quanto riguarda le decisioni, le conseguenze e le opportunità insite nell'adesione, situazione che ha fatto spesso percepire il processo di integrazione come «subito» piuttosto che «condiviso»;

1.1.3

fa riferimento alla decisione del Consiglio del 3 ottobre 2005 nella quale si sottolinea la necessità di garantire che vi sia un consenso da parte dei cittadini per il processo di adesione, e considera che le informazioni relative alle conseguenze di un progressivo allargamento dell'Unione non vanno comunicate solo ai cittadini dei paesi candidati, ma che occorre coinvolgere anche gli attori della società civile degli Stati membri. La capacità della Comunità di integrare nuovi Stati membri, quale prevista tra i criteri di adesione fondamentali, verrà valutata anche in base al grado di accettazione dei nuovi allargamenti da parte dei cittadini dell'Unione;

1.1.4

condivide la scelta della Commissione di inserire le collettività regionali e locali nel dialogo politico da sviluppare con tutti i paesi candidati durante il loro percorso verso l'adesione all'Unione; si considera un interlocutore privilegiato nell'ambito del terzo pilastro della strategia della Commissione in quanto chiamato direttamente in causa per far progredire il dialogo tra le società civili; chiede quindi di essere coinvolto direttamente nelle future attività della Commissione nell'ambito del dialogo tra le società civili, con particolare riferimento alle misure d'informazione e di comunicazione;

1.1.5

evidenzia lo squilibrio esistente nella comunicazione della Commissione, che risulta dedicata nella sua quasi totalità alla sola Turchia; ritiene che sarebbe stato più utile prevedere una comunicazione sul terzo pilastro di impostazione più orizzontale, valida cioè per tutti i paesi candidati all'adesione, anche al di là di Turchia e Croazia;

1.1.6

nota, più in particolare, la disparità tra gli approcci finanziari previsti nella comunicazione: questa infatti, pur se a titolo provvisorio, stabilisce un quadro minimo di riferimento per le attività dedicate alla Turchia, mentre non prevede nulla per quelle dedicate alla Croazia;

1.1.7

considera necessario lasciare ai paesi membri dell'Unione europea il compito di definire le modalità per pianificare la politica di comunicazione e d'integrazione dei cittadini dei paesi candidati residenti sul loro territorio nazionale; ritiene invece più consono al ruolo della Commissione europea il compito di preparare un approccio comune che porti sulle ragioni, il significato e le potenzialità del processo d'integrazione europeo: tale approccio dovrebbe valere sia per gli attuali che per i futuri potenziali paesi candidati all'adesione e dovrebbe realizzarsi attraverso un piano di comunicazione rivolto ai cittadini di tutti i paesi candidati e articolato tramite le autorità regionali e locali;

1.1.8

sottolinea a tale riguardo la necessità di affidare ad una «Rete europea di società civili», erogandole altresì i finanziamenti adeguati, il compito di illustrare ai cittadini dei singoli paesi candidati la storia, le istituzioni, le ragioni e le prospettive del processo d'integrazione europea, ed in particolare il significato della cittadinanza europea che andrà ad affiancarsi a quella nazionale una volta concluso il processo di adesione; tale rete dovrebbe operare all'interno delle società civili e presso le scuole e le università dei paesi candidati;

1.1.9

suggerisce altresì di prevedere ed istituzionalizzare incontri tra gli eletti regionali e locali dei paesi dell'Unione europea e quelli di tutti i paesi candidati: stando infatti ai primi modelli di Accordi di associazione e stabilizzazione (ASA), una siffatta istituzionalizzazione è lungi dall'essere scontata sia per la Croazia che per i paesi dei Balcani occidentali, potenzialmente candidati.

1.2   Attività in corso e nuove attività: Turchia

1.2.1

Ribadisce la sua convinzione dell'utilità di un comitato consultivo misto con le collettività locali turche, ma nota con preoccupazione che le autorità turche non hanno ancora portato a termine i passi necessari per l'effettiva creazione di un tale comitato con il CdR;

1.2.2

prende nota della proposta della Commissione di coinvolgere le ONG nel processo di integrazione dei cittadini turchi all'interno dei paesi membri dell'Unione, ma sottolinea che per facilitare questo processo è indispensabile un approccio decentrato che coinvolga le collettività locali;

1.2.3

sottolinea l'utilità che potrebbe avere un rapporto annuale specifico della Commissione sul rispetto dei diritti delle minoranze in Turchia e considera opportuno riservare una quota fissa delle dotazioni finanziarie di preadesione alle ONG e alle associazioni di rappresentanti locali attive nella tutela dei diritti delle minoranze e nella promozione dell'uso delle lingue minoritarie e regionali;

1.2.4

si compiace dell'approccio della Commissione in difesa delle organizzazioni operanti a difesa dei diritti delle donne e delle pari opportunità e sottolinea l'esigenza di promuovere e monitorare l'effettiva partecipazione attiva delle donne nella vita politica concreta a livello locale;

1.2.5

si felicita della partecipazione degli studenti turchi ai programmi comunitari Jean Monnet, ma ritiene indispensabile procedere - anche attraverso le nuove tecnologie - a decentralizzare ed allargare tale iniziativa al fine di renderne partecipi, da un lato, anche le università periferiche e, dall'altro, gli studenti che concludono il loro corso di studi prima dell'università;

1.2.6

si felicita dello sviluppo degli scambi interculturali, i quali possono diventare assi portanti del dialogo con l'UE; sprona inoltre la Commissione europea, ed in particolare la sua delegazione ad Ankara, ad adottare un approccio decentrato che tenga in debito conto anche le organizzazioni non governative periferiche e quelle delle regioni della Turchia ove si parlano lingue minoritarie, nonché a promuovere la tutela di queste ultime, anche attraverso i programmi comunitari Cultura e Media;

1.2.7

condivide la necessità di promuovere ulteriormente il dialogo tra comunità e associazioni religiose e chiede di essere adeguatamente tenuto informato dei suoi risultati attraverso le future comunicazioni sul dialogo tra le società civili;

1.2.8

ritiene che sarebbe utile poter essere attivamente coinvolto nella promozione di dibattiti pubblici in rete partecipando alle attività telematiche che saranno organizzate dalla Commissione sul sito web chiamato a fornire informazioni sulla Turchia.

1.3   Attività in corso e nuove attività: Croazia

1.3.1

Si rammarica del fatto che l'Accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) con la Croazia non preveda espressamente la creazione di un comitato consultivo misto tra il CdR e le collettività regionali e locali croate e chiede alla Commissione di evitare il ripetersi di un simile errore per gli altri potenziali paesi candidati dell'area dei Balcani occidentali;

1.3.2

prende atto dell'incremento della partecipazione della Croazia ai programmi comunitari; auspica il rafforzamento della pratica del gemellaggio tra città croate ed europee, attraverso il programma «Cittadini per l'Europa», nonché tra contee croate e regioni europee (e in particolare quelle dell'obiettivo 1 dei nuovi Stati membri che hanno aderito all'UE nel 2004), anche attraverso il programma Leonardo da Vinci;

1.3.3

sottolinea la necessità per la Commissione di dedicare particolare attenzione alla promozione, nella società civile croata, del rispetto delle lingue minoritarie, del bilinguismo e dei diritti delle minoranze;

1.3.4

si felicita dell'intenzione della Commissione europea di includere, nei suoi progetti di finanziamento di programmi televisivi destinati a fornire al grande pubblico informazioni sull'Unione, anche programmi realizzati da media europei regionali e locali; in questo contesto e per garantirne il successo, sottolinea l'importanza dell'uso delle lingue regionali e di quelle delle minoranze nazionali;

1.3.5

reputa indispensabile includere, tra le nuove attività da sviluppare con la partecipazione attiva della società civile croata, l'incoraggiamento della cooperazione transfrontaliera, in particolare attraverso la promozione delle Euroregioni e del dialogo interreligioso;

1.3.6

prende nota della volontà del governo croato di sviluppare una «Strategia nazionale per lo sviluppo della società civile», nonché della creazione di un consiglio per lo sviluppo della società civile, con il compito di assicurare la necessaria trasparenza nella valutazione della distribuzione dei fondi nazionali per le attività della società civile.

2   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

2.1   Raccomandazioni generali

Il Comitato delle regioni

2.1.1

ritiene opportuno che, a partire dal 2006, la Commissione predisponga ogni anno un documento complessivo sulla situazione del dialogo tra le società civili; il documento, che dovrebbe essere più equilibrato e più rispettoso delle diverse realtà di tutti i paesi candidati, dovrebbe altresì comprendere un rapporto specifico relativo al dialogo tra le comunità e associazioni religiose;

2.1.2

chiede che a tutte le future comunicazioni sul dialogo tra le società civili venga sistematicamente allegato un quadro finanziario che presenti, per ogni paese candidato, il finanziamento annuo delle attività volte allo sviluppo di tale dialogo;

2.1.3

propone alla Commissione di valutare la possibilità di creare una «Rete europea della società civile» per la conoscenza reciproca della storia, delle culture e del processo d'integrazione europea - nel rispetto delle diversità culturali, nazionali, regionali e locali dell'UE - da parte dei cittadini dei paesi candidati e dell'UE, attraverso le scuole e le università;

2.1.4

sottolinea che il dialogo dovrebbe essere incentrato sugli aspetti positivi dell'integrazione europea;

2.1.5

sollecita la Commissione ad utilizzare la rete Circom e le televisioni private esistenti nelle regioni e città degli Stati membri e dei paesi candidati per realizzare programmi televisivi rivolti al grande pubblico al fine di sviluppare il dialogo tra le società civili dell'UE e dei paesi candidati; invita inoltre in modo particolare la Commissione a promuovere la partecipazione di giornalisti della stampa nazionale, regionale e locale sia turca che croata, ivi compresa quella delle minoranze, ai lavori delle sue sessioni plenarie;

2.1.6

ritiene che una particolare attenzione debba essere posta al rispetto delle pari opportunità e al ruolo delle associazioni femminili e propone pertanto che la Commissione dia priorità ai progetti presentati dalle ONG aventi come obiettivo quello di far rispettare le pari opportunità e di sviluppare la partecipazione delle donne alle attività sociali e politiche. In tale contesto invita la Commissione a prevedere per i paesi candidati programmi specifici volti a combattere i fenomeni di discriminazione diretta ed indiretta sia nella vita economica, sociale e politica che nei settori dell'educazione e dei media;

2.1.7

richiama l'attenzione sul fatto che la Croazia è attualmente esclusa dal programma d'azione comunitaria finalizzato al sostegno degli organismi operanti nel settore della cittadinanza europea attiva (partecipazione civica).

2.2   Turchia

2.2.1

Prende atto della stima dello sforzo finanziario necessario a coprire i costi della programmazione per il dialogo tra le società civili, che secondo la Commissione ammonterebbe per il 2006 a 40 milioni di euro; a tal riguardo sottolinea l'utilità che avrebbe una valutazione a metà percorso dell'utilizzo dei fondi a disposizione e considera più efficace un approccio basato sulle necessità concrete piuttosto che l'attribuzione di una percentuale fissa, come invece proposto nella comunicazione della Commissione, ferma restando la necessità di una quota prestabilita e pluriannuale volta a incoraggiare il lavoro delle ONG e delle associazioni di rappresentanti locali impegnate nella tutela dei diritti delle minoranze e nella promozione delle loro lingue native;

2.2.2

sollecita le autorità turche a fare i passi necessari per creare un comitato consultivo misto tra collettività locali turche ed il CdR;

2.2.3

incoraggia la Commissione a finanziare i programmi Jean Monnet e l'azione Jean Monnet «Insegnamenti sull'integrazione europea nelle università» anche al di fuori dei grandi centri urbani e delle maggiori università turche e sottolinea l'opportunità di predisporre programmi simili anche per gli studenti dei corsi di studio preuniversitari;

2.2.4

raccomanda, al fine di coinvolgere le ONG delle aree periferiche della Turchia, di intensificare ulteriormente i legami con le associazioni che rappresentano le collettività locali ed i media regionali e locali;

2.2.5

sprona la Commissione ad intensificare i suoi appelli verso le autorità turche affinché le donne siano adeguatamente rappresentate nelle istanze politiche locali; a tale proposito auspica la creazione di un riconoscimento europeo annuale volto a premiare l'attivismo delle donne nella politica locale in Turchia;

2.2.6

suggerisce alla Commissione, al fine di promuovere la pratica del gemellaggio tra città turche e città dell'Unione, di far leva sui membri del Comitato affinché «adottino» ogni anno un certo numero di amministrazioni cittadine e le gemellino con altrettante amministrazioni locali europee, ad esempio in occasione di una conferenza annuale organizzata dalla Commissione stessa in cooperazione con il Comitato;

2.2.7

chiede alla Commissione europea di coinvolgerlo nell'attività telematica per la promozione di dibattiti pubblici in rete, nonché nella realizzazione e nel lancio del sito web chiamato a fornire informazioni sull'allargamento e sulle attività promosse in Turchia nell'ambito del dialogo tra le società civili.

2.3   Croazia

2.3.1

Domanda alla Commissione europea di prevedere il finanziamento delle attività relative al dialogo tra le società civili sin dall'esercizio di programmazione 2006, e questo attraverso un'assegnazione specifica di spesa sulla dotazione annuale disponibile nell'ambito del programma di assistenza preadesione;

2.3.2

ribadisce il suo interesse per il dialogo con le collettività regionali e locali croate e chiede di prevedere, negli ASA con gli altri paesi dei Balcani occidentali, la creazione esplicita di un comitato consultivo misto;

2.3.3

propone la creazione di programmi specifici di gemellaggio tra le amministrazioni pubbliche delle contee croate e quelle delle regioni europee dell'obiettivo 1 (o, dal 2007, obiettivo Convergenza) per favorire lo scambio di buone pratiche nel campo dell'utilizzazione dei fondi comunitari di preadesione; raccomanda in particolare di prevedere la programmazione specifica di gemellaggi regionali attraverso il programma di formazione Leonardo da Vinci;

2.3.4

propone la creazione di un programma d'informazione per la conoscenza reciproca e la promozione del messaggio europeo a livello locale: tale programma dovrebbe essere realizzato grazie all'implicazione dei media regionali croati, ivi compresi quelli che rappresentano le minoranze nazionali, anche nelle lingue di queste ultime;

2.3.5

chiede alla Commissione europea di tutelare il lavoro della società civile che rappresenta le minoranze nazionali croate e di predisporre un rapporto annuale sul rispetto dei diritti di tali minoranze, riservando una particolare attenzione all'uso del bilinguismo, quando previsto, nelle amministrazioni locali e regionali;

2.3.6

propone che la Croazia possa partecipare già dal 2007 al Programma d'azione comunitaria finalizzato al sostegno degli organismi operanti nel settore della cittadinanza europea attiva (partecipazione civica);

2.3.7

suggerisce che la Commissione europea chieda che un rappresentante delle società civili dell'UE possa partecipare, come osservatore, ai lavori del consiglio per lo sviluppo della società civile istituito dal governo croato.

Bruxelles, 27 aprile 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 164 del 5.7.2005, pag. 4.


29.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 206/27


Parere del Comitato delle regioni in merito alla

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un'agenda comune per l'integrazione - Quadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea alla

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Migrazione e sviluppo: orientamenti concreti e alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente

(2006/C 206/06)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

viste le comunicazioni della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Migrazione e sviluppo: orientamenti concreti (COM(2005) 390 def.), e Un'agenda comune per l'integrazione - Quadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea (COM(2005) 389 def.),

vista la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente (COM(2005) 391 def.),

vista la decisione della Commissione europea, del 1° settembre 2005, di consultarlo sull'argomento a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 23 settembre 2005, di incaricare la commissione Relazioni esterne di elaborare un parere in materia,

visto l'articolo 63 del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta,

vista la direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti,

vista la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo,

visto il proprio parere in merito al Libro verde sull'approccio dell'Unione europea alla gestione della migrazione economica (CdR 82/2005 fin),

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni su immigrazione, integrazione e occupazione (CdR 223/2003 fin, GU C 109 del 30.4.2004, pagg. 46-49),

visto il progetto di parere (CdR 51/2006 riv. 1), adottato il 2 marzo 2006 dalla commissione Affari costituzionali, governance europea, spazio di libertà, sicurezza e giustizia (relatore: Andreas SCHIEDER (AT/PSE)),

ha adottato il seguente parere in data 27 aprile 2006, nel corso della 64a sessione plenaria.

I.   COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI - UN'AGENDA COMUNE PER L'INTEGRAZIONE - QUADRO PER L'INTEGRAZIONE DEI CITTADINI DI PAESI TERZI NELL'UNIONE EUROPEA (COM(2005) 389 DEF.)

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

si compiace che la Commissione, con la comunicazione in esame, faccia seguito all'invito del Consiglio europeo a presentare proposte relative a un quadro europeo coerente per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi;

1.2

rileva che la Commissione, nella sua prima risposta al Consiglio, si concentra soprattutto su proposte di misure concrete per un'applicazione rigorosa dei principi fondamentali comuni della politica di integrazione e sui meccanismi di sostegno dell'UE (nuove possibilità di azione a livello nazionale e comunitario, nuovi modi per garantire la coerenza fra le misure adottate a livello dell'Unione e quelle nazionali);

1.3

riconosce che le tabelle contenute nella comunicazione in questione, nelle quali sono riportate misure esemplari a livello sia nazionale che comunitario, prendono le mosse dai Principi fondamentali comuni della politica di integrazione degli immigrati nell'Unione europea (adottati dal Consiglio nel novembre 2004), nonché dal Manuale sull'integrazione, dalle misure preparatorie INTI e dai preparativi per la creazione di un Fondo europeo per l'integrazione;

1.4

deplora che l'ordine delle proposte presentate dalla Commissione non rifletta alcuna priorità; la Commissione auspica infatti che siano gli stessi Stati membri a stabilire le priorità;

1.5

è favorevole alla posizione della Commissione secondo la quale l'integrazione è un processo bilaterale;

1.6

ritiene importante che siano previste misure intese a rafforzare la capacità di adattamento della popolazione dello Stato membro di accoglienza (in termini di sensibilizzazione interculturale, di trasmissione di conoscenze e di accettazione del fenomeno migratorio), e che vengano potenziati sia il ruolo degli organismi privati nella gestione della diversità sia la cooperazione con i media (mediante la promozione di codici di condotta volontari per i giornalisti);

1.7

si compiace che l'integrazione debba avvenire sulla base del rispetto dei valori fondamentali dell'Unione europea: al riguardo va evidenziato anzitutto l'aspetto dell'educazione civica nei programmi di accoglienza;

1.8

si compiace dell'attenzione che la Commissione dedica all'istruzione e ribadisce la necessità, in tale contesto, di attuare misure e strumenti specifici al fine di consentire la totale integrazione degli immigrati nel sistema educativo del paese di accoglienza, e in tal modo, nella società nel suo insieme;

1.9

sottolinea che l'occupazione va considerata come una componente fondamentale del processo d'integrazione. Sono importanti in modo particolare le strategie innovative intese, da una parte, a prevenire le discriminazioni e, dall'altra, ad assicurare il riconoscimento della formazione e dell'esperienza professionale - mediante la definizione di procedure in materia comuni a tutti gli Stati membri - il coinvolgimento delle parti sociali nelle varie misure, il sostegno delle capacità di formazione dei piccoli imprenditori, delle organizzazioni professionali e dei sindacati, nonché le azioni positive volte a incoraggiare l'assunzione dei migranti. Fa notare inoltre che andrebbero stabiliti criteri uniformi in tutta l'UE, chiari e non discriminatori per la valutazione dei sistemi di istruzione dei singoli Stati membri e dell'esperienza professionale dei cittadini comunitari;

1.10

ribadisce che l'integrazione costituisce un processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco; in questo contesto le attività di «accoglienza» e l'aiuto offerto da una guida educativa (mentoring) al fine di promuovere la fiducia sono strumenti rilevanti;

1.11

sottolinea l'importanza di sensibilizzare sia i migranti che la popolazione residente ai valori fondamentali dell'Unione europea;

1.12

evidenzia che la promozione dell'accesso al mercato del lavoro e alle possibilità di formazione è un fattore essenziale del processo d'integrazione, come pure il riconoscimento delle qualifiche e dell'esperienza professionale;

1.13

si compiace dell'intenzione di rafforzare la capacità degli organismi pubblici e privati fornitori di servizi di interagire con i cittadini di paesi terzi (servizi di traduzione, competenze interculturali, gestione dell'integrazione e della diversità e programmi di mentoring);

1.14

concorda sul fatto che occorrerebbe promuovere contatti frequenti tra gli immigrati e la popolazione dello Stato membro di accoglienza, forum comuni, il dialogo interculturale, l'informazione sugli immigrati e sulla loro cultura, nonché condizioni di vita propizie all'integrazione nelle città;

1.15

sottolinea che la Carta europea dei diritti fondamentali garantisce il rispetto della diversità culturale e sancisce il diritto alla libertà di culto a condizione che ciò non sia in conflitto con altri diritti inviolabili sanciti a livello europeo, con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo o con le legislazioni nazionali;

1.16

ribadisce l'importanza della partecipazione degli immigrati al processo democratico e alla formulazione delle politiche e delle misure d'integrazione, specie a livello locale;

1.17

si compiace che l'elenco delle misure esemplari sia esauriente ed abbracci tutti gli aspetti fondamentali dell'integrazione. Esso può dunque costituire un punto di partenza prezioso per il coordinamento delle politiche d'integrazione negli Stati membri;

1.18

sottolinea la necessità di definire obiettivi chiari, che andranno controllati mediante indicatori e meccanismi di valutazione per adattare la politica, valutare i progressi compiuti verso l'integrazione e rendere più efficace lo scambio d'informazioni;

1.19

ritiene particolarmente importanti la cooperazione e lo scambio d'informazioni (cellule nazionali di contatto in materia d'integrazione, Manuale sull'integrazione, sito Internet sull'integrazione).

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

evidenzia che la scelta delle misure e le modalità della loro attuazione potranno dipendere dalle condizioni e dalle tradizioni dei singoli Stati membri, fermo restando che in ogni Stato membro le proposte sono considerate come i cardini di tutte le politiche d'integrazione;

2.2

sottolinea che andrebbe posto un accento sulla prospettiva di genere e sulla situazione dei giovani migranti e dei figli di famiglie di migranti;

2.3

raccomanda che una conoscenza di base della lingua, della storia e delle istituzioni della società ospite venga considerata come un presupposto indispensabile per l'integrazione;

2.4

esorta a compiere sforzi nel settore dell'istruzione per preparare gli immigrati ad una partecipazione più effettiva e più attiva alla società, fra l'altro prevedendo programmi scolastici che riflettano la diversità e particolari misure di sostegno scolastico per i giovani migranti. Occorrerebbe inoltre sottolineare l'importanza della formazione prescolare, nonché la necessità di adottare progetti per agevolare la transizione dalla scuola al mondo del lavoro, obiettivo che richiede la messa a punto di programmi adeguati a livello degli Stati membri;

2.5

sottolinea che, oltre alla necessità - evidenziata dalla Commissione - di «affrontare con efficacia il problema della delinquenza giovanile fra i migranti», vi sia anche quella di promuovere un'efficace politica di prevenzione e d'informazione a monte;

2.6

insiste sul fatto che si dovrebbero offrire agli immigrati possibilità di accesso senza discriminazioni ai beni e servizi pubblici e privati, come condizione essenziale per una migliore integrazione;

2.7

sottolinea che l'accettazione di altri stili di vita e di altri modi di vedere incontra un limite invalicabile: il rispetto dei diritti umani e la lotta contro ogni tipo di discriminazione, specie di genere, in conformità con il diritto comunitario e internazionale. Occorre, da un lato, offrire una protezione speciale alle donne immigrate, garantendo loro l'accesso pieno e paritario a un'attività lavorativa, alla formazione e alla vita politica della società democratica europea, e dall'altro, tutelare l'esercizio della loro libertà di scelta, evitando la celebrazione di matrimoni forzati, combattendo la violenza domestica, garantendo i loro diritti sessuali e riproduttivi, vietando pratiche vessatorie come l'infibulazione, ecc. I diritti umani non sono negoziabili e la loro violazione non può essere giustificata da nessuna tradizione e/o cultura. Occorre pertanto definire e attuare misure specifiche di informazione, prevenzione, sostegno e sensibilizzazione, allo scopo di combattere qualsiasi pratica o tradizione discriminatoria e/o umiliante e progredire in tal modo verso il raggiungimento delle pari opportunità sia per gli uomini che per le donne migranti;

2.8

sottolinea che la comunicazione tende ad essere poco vincolante e poco precisa nell'analisi. Nel complesso, infatti, si nota che essa mette in primo piano le misure non vincolanti (come il dialogo, i forum, la trasmissione di informazioni, ecc.), la cui rilevanza non va certo sottovalutata. Le misure strutturalmente importanti per l'integrazione invece, come la partecipazione dei migranti alla vita politica, sembrano avere un peso piuttosto marginale (principio n. 9);

2.9

chiede di operare una chiara distinzione e classificazione a seconda delle diverse competenze politiche, giuridiche, strutturali e istituzionali della società di accoglienza e in funzione dell'importanza delle misure contemplate. In quest'ottica occorrerebbe anche sviluppare meglio i principi fondamentali comuni, rafforzandoli in quanto strumento;

2.10

appoggia i provvedimenti a favore di un approccio coerente a livello dell'UE; in tale contesto sarebbe opportuno consolidare il quadro giuridico per l'ammissione e il soggiorno dei cittadini di paesi terzi, compresi i loro diritti e doveri;

2.11

rileva che nella comunicazione viene sottolineata l'importanza della tematica relativa alle questioni di genere; per questo motivo il testo all'esame andrebbe redatto in un linguaggio che rifletta meglio le specificità di genere;

2.12

chiede che, nel quadro giuridico relativo all'ingresso e al soggiorno, ogni futuro strumento in materia di migrazione tenga conto delle questioni connesse alla parità di trattamento e ai diritti dei migranti;

2.13

sottolinea, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione, l'importanza di coinvolgere i gruppi d'interesse e insiste sull'idea d'istituire un forum europeo dell'integrazione a cui partecipino l'UE e le organizzazioni di coordinamento (consultazione, raccomandazioni, stretta cooperazione con le cellule nazionali di contatto in materia d'integrazione). Il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni dovrebbero essere invitati a partecipare. Il forum europeo dell'integrazione andrebbe associato ai lavori della conferenza che verrà organizzata per preparare ulteriori nuovi manuali sull'integrazione. I lavori relativi alla relazione annuale sulla migrazione e sull'integrazione andrebbero portati avanti e approfonditi ulteriormente;

2.14

sottolinea che molte delle misure citate (iniziative per l'accoglienza, offerte di aiuto, miglioramento delle conoscenze della popolazione residente, possibilità di corsi di formazione, ecc.) vanno attuate da organismi locali; è quindi indispensabile che questi ultimi dispongano delle risorse necessarie. Lo stesso dicasi per il livello regionale (messa a punto di strumenti d'informazione, di programmi culturali e di accoglienza, ecc.);

2.15

chiede di concedere ai comuni e alle regioni risorse finanziarie adeguate per l'attuazione delle misure di integrazione;

2.16

propone di creare una banca dati (contenente p. es. informazioni sul riconoscimento dei percorsi formativi e delle qualifiche, sulle necessità dei migranti, ecc.);

2.17

insiste sul fatto che il livello regionale e quello locale forniscono un contributo importante e indispensabile e possono apportare ampie conoscenze e know-how. Andrebbero pertanto coinvolti ampiamente e in una fase precoce sia nell'elaborazione di strategie che nell'intero processo;

2.18

esorta a prevedere misure ed incentivi per fare in modo che i migranti utilizzino davvero le strategie proposte (p. es. incentivi a cercare un lavoro o a frequentare corsi di formazione);

2.19

sottolinea la necessità di migliorare i metodi di calcolo del numero degli immigrati per poter in tal modo adeguare e sviluppare correttamente le misure di integrazione che si è deciso di applicare.

II.   COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI - MIGRAZIONE E SVILUPPO: ORIENTAMENTI CONCRETI (COM(2005) 390 DEF.)

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

constata che la comunicazione prevede azioni per migliorare le ricadute della migrazione sullo sviluppo. Il documento, che si basa su una comunicazione del dicembre 2002, è incentrato sulla migrazione sud-nord;

1.2

osserva che, oltre agli effetti dell'emigrazione sullo sviluppo dei paesi di origine, è altrettanto importante studiare gli effetti della cooperazione allo sviluppo sull'emigrazione, poiché si tratta di un fattore determinante per quest'ultima. Sul lungo termine sarà possibile controllare i flussi migratori solo a patto di aiutare i paesi dai quali proviene l'immigrazione ad offrire opportunità adeguate ai loro cittadini;

1.3

riconosce che la comunicazione punta molto sul sostegno al rimpatrio temporaneo e virtuale per promuovere il trasferimento delle conoscenze e delle esperienze a vantaggio dei paesi d'origine e del loro sviluppo («circolazione» anziché «fuga» dei cervelli);

1.4

si compiace che l'integrazione della politica migratoria nella politica di sviluppo, il contributo che il rientro dei migranti apporta sul piano dello sviluppo, l'agevolazione del trasferimento dei capitali e delle rimesse e il cofinanziamento di progetti basati sulle rimesse vengano giudicati particolarmente importanti;

1.5

approva il fatto che la comunicazione, in modo del tutto generale, intenda appoggiare il mantenimento dei contatti fra i paesi d'origine e i migranti (tendenza che si va peraltro delineando sempre più anche nelle politiche dei singoli Stati membri in materia di cittadinanza);

1.6

sottolinea l'importanza di adottare una prospettiva maggiormente incentrata sui migranti quali intermediari nei confronti dei paesi di origine. Questo approccio dovrebbe essere un argomento a favore di un complemento alla formazione effettuata nella lingua del paese di accoglienza mediante corsi complementari di alfabetizzazione e insegnamento nella lingua materna dei migranti;

1.7

rileva che dal dibattito riguardo al Libro verde sull'immigrazione legale emerge chiaramente che in avvenire si punterà anzitutto sull'impiego temporaneo e sull'immigrazione di manodopera altamente qualificata.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

constata che i flussi finanziari possono sì contribuire alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo, però, avendo carattere puramente privato, non possono sostituirsi agli aiuti pubblici. Si tratta dunque di un aspetto che andrebbe tenuto in debito conto;

2.2

sottolinea che i costi e le condizioni dei trasferimenti di denaro sono insoddisfacenti; chiede pertanto provvedimenti intesi a ridurre tali costi, a garantire una maggiore sicurezza e ad accelerare lo svolgimento delle operazioni. Si tratta di misure attuabili nel breve periodo, ma le cui conseguenze sullo sviluppo vanno iscritte in una prospettiva a più lungo termine;

2.3

propone di prevedere misure relative ai seguenti aspetti:

trasferimenti di denaro meno costosi, più rapidi e più sicuri,

dati più affidabili,

trasparenza,

quadro normativo,

quadro tecnico,

accesso ai servizi finanziari;

2.4

si compiace dell'intenzione di assistere i paesi in via di sviluppo a individuare le comunità dei loro emigrati e ad instaurare dei contatti con esse. Occorre creare basi di dati che permettano ai governi dei paesi di origine d'individuare, fra i propri cittadini emigrati, quelli dotati delle maggiori qualifiche. Queste persone potrebbero essere invitate a rientrare in patria in caso di necessità. Andrebbe però precisato chiaramente che la registrazione delle comunità di emigrati nelle banche dati potrà avvenire solo su base volontaria;

2.5

riconosce che le migrazioni temporanee serviranno ad accrescere il potenziale del paese d'origine, ma precisa che ciò non dovrebbe costituire un quadro troppo generale applicabile ai lavoratori stagionali;

2.6

sottolinea che le disposizioni in vigore (direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo) non consentono né il «rientro dei migranti» né il loro ritorno virtuale o temporaneo cui accenna la comunicazione in esame: infatti anche i migranti che beneficiano del diritto di soggiorno a tempo indeterminato perdono questo status se cessano di risiedere nel paese di accoglienza per un periodo prolungato. Per questo motivo accoglie con favore l'intento, annunciato nella comunicazione della Commissione, di esaminare come i cittadini di paesi terzi potrebbero mantenere il diritto di soggiorno nel paese ospitante quando, nel quadro di un programma di rientro, ritornano temporaneamente nel proprio paese di origine;

2.7

propone la definizione di una normativa comune che consenta agli immigrati, già in possesso di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato ovvero che ne abbiano diritto, di recarsi nel loro paese di origine e di restarvi per il periodo di tempo che ritengano opportuno senza che questo comporti la perdita nel paese di accoglienza dello status di cittadino di paese terzo residente di lunga durata o a tempo indeterminato;

2.8

riconosce che la comunicazione in esame rispecchia il dibattito sempre più acceso a livello internazionale che tende a vedere nei migranti dei fattori di sviluppo per i paesi d'origine (rimesse, trasferimento di conoscenze, …). Sotto questo profilo la migrazione temporanea è un fattore positivo; sarebbe tuttavia opportuno esaminare in prima istanza misure che prevedano il rientro volontario o basato su un sistema di incentivi;

2.9

chiede pertanto che in questo contesto si rifletta nuovamente sul significato che la nozione di «transnazionalità» dovrebbe avere per la politica dell'integrazione;

2.10

si compiace che la comunicazione parta da un punto di vista interessante, considerando cioè i paesi d'origine come parti coinvolte nella gestione delle migrazioni. Questi aspetti positivi della migrazione temporanea e del rientro temporaneo richiederebbero tuttavia il riconoscimento di un diritto illimitato al reingresso nei paesi di accoglienza per i migranti che abbiano soggiornato per un periodo più o meno lungo (in netto contrasto con la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, che prevede il decadimento immediato di un diritto di soggiorno già acquisito qualora venga abbandonato il territorio dell'UE);

2.11

accoglie con favore il fatto che la comunicazione ponga l'accento sulla promozione della migrazione temporanea a condizione che essa avvenga su base volontaria e mediante un sistema di incentivi. La migrazione temporanea può essere uno strumento utile ai fini dello sviluppo dei paesi del terzo mondo;

2.12

ritiene che la migrazione temporanea possa funzionare efficacemente solo se ai migranti viene consentito, dopo un ritorno temporaneo nel loro paese di provenienza, di rientrare nel paese ospitante. Chiede pertanto agli Stati membri che attualmente proibiscono gli ingressi multipli di riesaminare il divieto;

2.13

riconosce che l'impiego stagionale offre agli interessati un vantaggio a breve termine in quanto consente loro di percepire un reddito e di maturare un'esperienza lavorativa in tempi brevi. Tuttavia gli interessati ritornano nei paesi d'origine senza la speranza di poter migliorare le proprie condizioni economiche e sociali. Il Comitato delle regioni ritiene che si debba dare la priorità a una prospettiva più a lungo termine;

2.14

si compiace del sostegno accordato ai programmi di rientro, ma sottolinea che questi possono funzionare solo se si attua una politica di sviluppo efficace anche rafforzando gli interventi coordinati di cooperazione decentrata;

2.15

chiede pertanto d'investire a sufficienza nelle infrastrutture e nella formazione e di esercitare controlli sull'impiego delle risorse in loco;

2.16

raccomanda che, con riferimento all'immigrazione per lavori stagionali, potenzialmente più esposta al rischio di sfruttamento, siano predisposte misure adeguate a scongiurare tale rischio;

2.17

rileva che, per quanto le proposte formulate nella comunicazione in esame comportino degli approcci ben mirati e lungimiranti, ci si dovrebbe comunque impegnare per risolvere le summenzionate contraddizioni;

2.18

insiste sulla necessità di evitare che nell'UE finiscano per prevalere gli approcci restrittivi;

2.19

sottolinea l'opportunità di evitare che si arrivi ad una situazione negativa in cui si legittimano ampi provvedimenti di rimpatrio forzato con il pretesto della promozione dello sviluppo, senza che vi sia un sistema che offra ampie possibilità d'immigrazione legale per tutti i diversi livelli di qualificazione (cfr. la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente - COM(2005) 391 def.);

2.20

sottolinea che l'aiuto allo sviluppo dei paesi dai quali provengono i migranti deve avere la massima importanza, e che è necessario promuovere la cooperazione con tali paesi in tutti i settori, mediante accordi e programmi specifici;

2.21

insiste sul fatto che il livello regionale e locale forniscono un contributo importante e indispensabile e possono offrire ampie conoscenze e know-how. Andrebbero pertanto coinvolti largamente e in una fase molto precoce sia nell'elaborazione di strategie che nell'intero processo.

III.   PROPOSTA DI DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO RECANTE NORME E PROCEDURE COMUNI APPLICABILI NEGLI STATI MEMBRI AL RIMPATRIO DI CITTADINI DI PAESI TERZI SOGGIORNANTI ILLEGALMENTE (COM(2005) 391 DEF.)

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

sottolinea che una politica di rimpatrio efficace è una componente necessaria di una politica d'immigrazione opportunamente concepita e credibile;

1.2

fa notare che la direttiva intende garantire procedure eque e trasparenti;

1.3

rileva che una procedura armonizzata in due fasi (decisione di rimpatrio ed esecuzione del provvedimento di allontanamento) dovrà permettere di applicare il principio del rimpatrio volontario (incentivi);

1.4

si compiace che l'introduzione di divieti di reingresso validi in tutta l'UE offra anche lo spunto per creare un sistema d'informazione comune (SIS II).

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

chiede di fare in modo che i principi dello Stato di diritto e del diritto ad un «giusto processo» non vengano sacrificati a favore delle xenofobia e di una visione improntata unicamente alla redditività;

2.2

sottolinea che, nel quadro dell'introduzione di garanzie procedurali minime, occorre prestare particolare attenzione alla proporzionalità delle misure coercitive. Dato che al loro ritorno in patria i migranti rischiano spesso gravi rappresaglie, sarebbe necessario adottare le misure necessarie per garantire la salvaguardia dei diritti umani, dando priorità assoluta alla loro tutela piuttosto che all'esecuzione del rimpatrio;

2.3

si rammarica che non siano state previste norme di tutela specifiche per le donne adulte, le giovani, i minori e i disabili;

2.4

chiede che anche le vittime e i testimoni del traffico di esseri umani e di altri reati commessi nel contesto dei movimenti migratori godano della protezione dell'UE;

2.5

sottolinea che i diritti dell'uomo, così come sanciti nelle disposizioni di diritto comunitario, ma anche e in primo luogo nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), e menzionati nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, devono costituire la base per l'adozione di nuove norme. Con il richiamo esplicito e vincolante ad articoli ben precisi della CEDU e della suddetta Carta s'intende garantire che gli Stati membri ne tengano conto nel quadro dell'attuazione della direttiva. Le formulazioni deboli (quali ad esempio l'espressione «tengono nella dovuta considerazione» o «conformemente») rischiano infatti di essere interpretate in modo da consentire un margine di manovra eccessivamente ampio;

2.6

chiede che un semplice soggiorno illegale nel territorio di uno Stato membro non venga di per sé considerato un indizio determinante del rischio di fuga. Ciò equivarrebbe infatti a una condanna a priori, inammissibile perché viola l'articolo 6 della CEDU (diritto a un processo equo);

2.7

sottolinea l'importanza di tutelare le vittime e i testimoni della tratta degli esseri umani, evitando di utilizzarli solo ai fini di processi penali. Prima del rimpatrio andrebbe piuttosto presa in considerazione la situazione nel paese d'origine in modo da non favorire ricatti e pericolose minacce da parte di criminali;

2.8

auspica che, nella nozione della «minaccia per l'ordine pubblico o per la sicurezza nazionale», vengano fatte rientrare solo le lesioni degli interessi vitali degli Stati membri che oltrepassano una certa soglia di gravità, e che solo tali violazioni giustifichino l'imposizione del divieto di reingresso. Pertanto, questa sanzione non va comminata nel caso di infrazioni aventi conseguenze modeste per il bene comune, come ad esempio un semplice soggiorno illegale;

2.9

raccomanda di concedere il patrocinio a spese dello Stato a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, indipendentemente dalle previsioni relative alla necessità di un tale aiuto. In corso di procedimento non è infatti possibile valutarne seriamente la necessità in anticipo. Per la concessione del patrocinio dovrebbe quindi essere determinante lo stato di indigenza;

2.10

chiede che le misure coercitive (custodia temporanea) siano proporzionate, in quanto i migranti, in caso di rientro in patria, rischiano spesso gravi rappresaglie. Nonostante taluni individui tendano a comportamenti estremi, si dovrà evitare di perdere di vista i diritti umani;

2.11

precisa che gli Stati membri devono essere obbligati a garantire un'assistenza medica adeguata durante la custodia temporanea;

2.12

si pronuncia a favore della trasposizione integrale della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989. In tale contesto vanno sottolineati in modo particolare il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, la tutela della sfera privata, la protezione contro la violenza, i maltrattamenti e l'abbandono, il diritto alle cure sanitarie, all'istruzione, all'insegnamento scolastico e alla formazione professionale, nonché la tutela delle minoranze;

2.13

sottolinea che, ai fini del buon funzionamento del sistema previsto dalla direttiva in esame, occorre garantire che sul territorio di ogni Stato membro siano consentite e vengano riconosciute le notifiche da parte di altri Stati membri. Ciò dovrà avvenire mediante la conclusione di accordi bilaterali o multilaterali che contemplino anche la necessaria assistenza reciproca;

2.14

è favorevole all'istituzione di un sistema telematico centrale per la registrazione dei dati personali; le autorità di esecuzione dei singoli Stati membri avranno accesso a questo sistema e saranno tenute ad effettuare il necessario trasferimento dei dati.

Raccomandazione n. 1

Articolo 5

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 5

Vincoli familiari e interesse superiore del minore

Quando applicano la presente direttiva, gli Stati membri tengono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari del cittadino di paesi terzi, la durata del suo soggiorno nello Stato membro e l'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese d'origine. Tengono altresì conto dell'interesse superiore del minore conformemente alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989.

Articolo 5

Vincoli familiari e interesse superiore del minore

Quando applicano la presente direttiva, gli Stati membri prendono in tengono nella dovuta considerazione i la natura e la solidità dei vincoli familiari del cittadino di paesi terzi, conformemente all'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), la durata del suo soggiorno nello Stato membro e l'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese d'origine. Tengono Rispettano altresì conto dell' l'interesse superiore del minore, conformemente al disposto della alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989.

Motivazione

Per il Comitato delle regioni è particolarmente importante che i diritti dell'uomo, così come sanciti nelle disposizioni di diritto comunitario, ma anche e in primo luogo nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), costituiscano la base per l'adozione di nuove norme. Con il richiamo esplicito e vincolante ad un articolo ben preciso della CEDU viene garantito che gli Stati membri, nel quadro dell'attuazione della direttiva, ne tengano conto.

C'è il rischio che formulazioni deboli (come ad esempio le espressioni «tengono nella dovuta considerazione» o «conformemente») vengano interpretate in modo da consentire un margine di manovra eccessivamente ampio.

Raccomandazione n. 2

Articolo 6, paragrafo 2

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 6

Decisione di rimpatrio

2.

La decisione di rimpatrio fissa un termine congruo per la partenza volontaria di quattro settimane al massimo, salvo quando sussistono elementi oggettivi per ritenere che l'interessato possa tentare la fuga in quel periodo. Per la durata del termine, possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.

Articolo 6

Decisione di rimpatrio

2.

La decisione di rimpatrio fissa un termine congruo per la partenza volontaria di quattro settimane al massimo, salvo quando sussistono elementi oggettivi per ritenere che l'interessato possa tentare la fuga in quel periodo. Per la durata del termine, possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.

2. bis

La presunzione di rischio di fuga non sussiste per il solo fattoche un cittadino di un paese terzo soggiorna illegalmente nel territorio di uno Stato membro.

Motivazione

L'emendamento proposto è inteso a chiarire che un semplice soggiorno illegale nel territorio di uno Stato membro non costituisce di per sé un indizio determinante del rischio di fuga. Ciò equivarrebbe infatti a una condanna a priori, inammissibile perché viola l'articolo 6 della CEDU (diritto a un processo equo).

Raccomandazione n. 3

Articolo 6, paragrafo 5

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 6

Decisione di rimpatrio

5.

In qualsiasi momento, gli Stati membri possono decidere di rilasciare un permesso di soggiorno autonomo o altra autorizzazione che conferisca un diritto di soggiorno per motivi umanitari o altri motivi, a cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente sul loro territorio. In questi casi la decisione di rimpatrio non è presa o, qualora sia stata già presa, è revocata.

Articolo 6

Decisione di rimpatrio

5.

In qualsiasi momento, gli Stati membri possono decidere di rilasciare un permesso di soggiorno autonomo o altra autorizzazione che conferisca un diritto di soggiorno per motivi umanitari o altri motivi, a cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente sul loro territorio. In questi casi la decisione di rimpatrio non è presa o, qualora sia stata già presa, è revocata.

5. bis

Gli Stati membri offrono protezione alle vittime e ai testimoni della tratta di esseri umani. In questi casi non viene presa alcuna decisione di rimpatrio o, qualora una decisione sia già stata presa, essa viene revocata fino a quando non sia garantito che le vittime e i testimoni del traffico di esseri umani potranno essere rimpatriati in un paese terzo sicuro per loro. Per agevolare tali attività di difesa del diritto degli immigrati da parte degli Stati membri, l'Unione europea dovrà introdurre una serie di meccanismi di aiuto finanziario loro destinati.

Motivazione

Con la modifica proposta, il Comitato delle regioni intende sottolineare l'importanza della tutela di questo gruppo di persone perseguitato. Le vittime e i testimoni del traffico di essere umani non vanno utilizzati solo ai fini di processi penali. Prima di rimpatriarli va piuttosto presa in considerazione la situazione nel paese d'origine, per non favorire ricatti e pericolose minacce da parte di criminali.

L'Unione europea deve essere corresponsabile di tutte le politiche di lotta all'immigrazione illegale, un fenomeno che, vista l'attuale situazione, non rappresenta un problema individuale di alcuni Stati membri, bensì una sfida per l'Unione nel suo insieme. Le prospettive finanziarie dell'Unione europea per il periodo 2007-2013 prevedono meccanismi di aiuto economico nell'ambito del programma destinato allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Alcuni aspetti di tale programma riguardano le politiche in materia di migrazione ed integrazione e potrebbero quindi venir destinati in parte a tali obiettivi.

Raccomandazione 4

Articolo 8, paragrafo 2

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 8

Rinvio dell'esecuzione

1.

Gli Stati membri possono differire l'esecuzione di una decisione di rimpatrio per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche per ciascun caso.

2.

Gli Stati membri possono differire l'esecuzione di un provvedimento di allontanamento se e fino a quando ricorrano le seguenti circostanze:

(a)

incapacità del cittadino di paesi terzi di viaggiare o essere trasportato nel paese di ritorno, dovuta alle sue condizioni fisiche o mentali;

(b)

ragioni tecniche, come l'assenza di mezzi di trasporto o altre difficoltà che impediscano di eseguire l'allontanamento in maniera umana e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali del cittadino di paesi terzi e della sua dignità;

(c)

non è garantito che il minore non accompagnato possa essere consegnato al punto di partenza o di arrivo a un familiare, rappresentante equivalente, tutore o funzionario competente del paese di ritorno, in base a una valutazione delle condizioni di rimpatrio di quel minore.

3.

Ove sia disposto il rinvio dell'esecuzione di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento ai sensi dei paragrafi 1 e 2, al cittadino di paesi terzi interessato possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.

Articolo 8

Rinvio dell'esecuzione

1.

Gli Stati membri possono differire l'esecuzione di una decisione di rimpatrio per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche per ciascun caso.

2.

Gli Stati membri possono differire l'esecuzione di un provvedimento di allontanamento se e fino a quando ricorrano le seguenti circostanze:

(a)

incapacità del cittadino di paesi terzi di viaggiare o essere trasportato nel paese di ritorno, dovuta alle sue condizioni fisiche o mentali;

(b)

ragioni tecniche, come l'assenza di mezzi di trasporto o altre difficoltà che impediscano di eseguire l'allontanamento in maniera umana e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali del cittadino di paesi terzi e della sua dignità;

(c)

non è garantito che il minore non accompagnato possa essere consegnato al punto di partenza o di arrivo a un familiare, rappresentante equivalente, tutore o funzionario competente del paese di ritorno, in base a una valutazione delle condizioni di rimpatrio di quel minore.

2.bis

In ogni caso gli Stati membri debbono differire l'esecuzione di un provvedimento di allontanamento di un minore non accompagnato fino a quando non è garantito che quest'ultimo può essere consegnato, al punto di partenza o di arrivo, a un familiare, rappresentante equivalente, tutore o a un funzionario competente del paese di ritorno, in base a una valutazione del superiore interesse del minore e delle condizioni di rimpatrio.

3.

Ove sia disposto il rinvio dell'esecuzione di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento ai sensi dei paragrafi 1 e 2, al cittadino di paesi terzi interessato possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.

Motivazione

Sarebbe grave e in contrasto con tutte le convenzioni internazionali di tutela dei diritti dell'uomo, in particolare la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, lasciare agli Stati membri la possibilità di operare il rimpatrio di minori senza tale verifica: questa è infatti essenziale ai fini della valutazione del superiore interesse del minore, vale a dire il criterio fondamentale che dovrebbe improntare ogni decisione in materia.

Raccomandazione n. 5

Articolo 9, paragrafo 3

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 9

Divieto di reingresso

3.

Il divieto di reingresso può essere annullato, in particolare se il cittadino di paesi terzi:

(a)

è per la prima volta destinatario di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento;

(b)

si è presentato al consolato di uno Stato membro;

(c)

ha rimborsato l'intero costo della precedente procedura di rimpatrio.

Articolo 9

Divieto di reingresso

3.

Il divieto di reingresso può essere annullato in qualsiasi momento., in particolare se il cittadino di paesi terzi:

(a)

è per la prima volta destinatario di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento;

(b)

si è presentato al consolato di uno Stato membro;

(c)

ha rimborsato l'intero costo della precedente procedura di rimpatrio.

Motivazione

La modifica proposta è intesa a precisare le disposizioni previste nel presente articolo. Soprattutto il legame esplicito tra l'annullamento del divieto di reingresso e il rimborso dei costi della precedente procedura di rimpatrio di cui alla lettera (c) potrebbe portare ad una ingiustificata discriminazione positiva a favore dei più abbienti o addirittura delle bande dotate di notevoli mezzi finanziari che praticano la tratta degli esseri umani. Secondo il Comitato delle regioni resta altresì da stabilire che senso abbia l'obbligo di presentarsi a un consolato.

Raccomandazione n. 6

Articolo 12, paragrafo 3

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 12

Impugnazione

3.

Gli Stati membri dispongono che il cittadino di paesi terzi interessato abbia la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e possa, ove necessario, avvalersi di un'assistenza linguistica. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

Articolo 12

Impugnazione

3.

Gli Stati membri dispongono che il cittadino di paesi terzi interessato abbia la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e possa, ove necessario, avvalersi di un'assistenza linguistica. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

Motivazione

Il Comitato delle regioni raccomanda di concedere il patrocinio a spese dello Stato a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, indipendentemente dalle previsioni relative alla necessità di tale aiuto. In corso di procedimento non è infatti possibile valutarne seriamente la necessità in anticipo. Per la concessione del patrocinio dovrebbe quindi essere determinante lo stato di indigenza.

Raccomandazione n. 7

Articolo 14, paragrafo 1

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 14

Custodia temporanea

1.

Se vi è fondato sospetto che sussista un rischio di fuga e l'uso di misure meno coercitive come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti, l'obbligo di dimorare in un determinato luogo o altre misure dirette a evitare quel rischio, non è sufficiente, gli Stati membri tengono sotto custodia temporanea il cittadino di paesi terzi nei cui confronti è o sarà disposto l'allontanamento o il rimpatrio.

Articolo 14

Custodia temporanea

1.

Se vi è fondato sospetto che sussista un rischio di fuga e l'uso di misure meno coercitive come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti, l'obbligo di dimorare in un determinato luogo o altre misure dirette a evitare quel rischio, non è sufficiente, gli Stati membri tengono sotto custodia temporanea il cittadino di paesi terzi nei cui confronti è o sarà disposto l'allontanamento o il rimpatrio. Si applica l'articolo 6, paragrafo 2 bis.

Motivazione

La modifica proposta è intesa a chiarire che un semplice soggiorno illegale nel territorio di uno Stato membro non può essere considerato di per sé un indizio determinante del rischio di fuga. Ciò equivarrebbe infatti a una condanna a priori, inammissibile perché viola l'articolo 6 della CEDU (diritto a un processo equo).

Raccomandazione n. 8

Articolo 15, paragrafo 1

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 15

Condizioni della custodia temporanea

1.

Gli Stati membri garantiscono un trattamento umano e dignitoso ai cittadini di paesi terzi sotto custodia temporanea, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità con il diritto nazionale e internazionale. Su richiesta, è data loro facoltà, senza indugio, di entrare in contatto con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti, e con le pertinenti organizzazioni internazionali e non governative.

Articolo 15

Condizioni della custodia temporanea

1.

Gli Stati membri garantiscono un trattamento umano e dignitoso ai cittadini di paesi terzi sotto custodia temporanea, nel pieno rispetto dell'articolo 3 della CEDU dei loro diritti fondamentali e in conformità con il diritto nazionale e internazionale. Viene prestata particolare attenzione alla proporzionalità delle necessarie misure coercitive. Su richiesta, è data loro facoltà, senza indugio, di entrare in contatto con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti, e con le pertinenti organizzazioni internazionali e non governative.

Motivazione

L'emendamento proposto serve a precisare il divieto, di cui all'art. 3 della CEDU, di sottoporre un individuo a tortura, nonché a pene o trattamenti inumani o degradanti.

Il Comitato tiene a sottolineare in modo particolare la richiesta della proporzionalità delle misure coercitive in quanto i migranti, in caso di rientro in patria, rischiano spesso gravi rappresaglie. Nonostante taluni individui tendano a comportamenti estremi, si dovrà evitare di perdere di vista i diritti umani.

Raccomandazione n. 9

Articolo 15, paragrafi 2 e 3

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 15

Condizioni della custodia temporanea

2.

La custodia temporanea avviene presso gli appositi centri di custodia temporanea. Lo Stato membro che non possa ospitare il cittadino di paesi terzi interessato in un apposito centro di custodia temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, provvede affinché quel cittadino sia tenuto costantemente separato, fisicamente, dai detenuti ordinari.

3. Particolare attenzione merita la situazione delle persone vulnerabili. Gli Stati membri dispongono che i minori non siano tenuti sotto custodia temporanea nei normali istituti penitenziari. I minori non accompagnati sono separati dagli adulti, salvo se ritenuto contrario all'interesse superiore del minore.

Articolo 15

Condizioni della custodia temporanea

2.

La custodia temporanea avviene presso gli appositi centri di custodia temporanea. Lo Stato membro che non possa ospitare il cittadino di paesi terzi interessato in un apposito centro di custodia temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, provvede affinché quel cittadino sia tenuto costantemente separato, fisicamente, dai detenuti ordinari. È garantita un'assistenza sanitaria adeguata in caso di problemi fisici e psichici. Viene riservata un'attenzione particolare all'assistenza alle persone traumatizzate.

Si tiene conto specialmente delle esigenze specifiche delle donne. In ogni caso, nella custodia temporanea gli uomini vengono separati dalle donne.

3. Particolare attenzione merita la situazione delle persone vulnerabili. Gli Stati membri garantiscono il rispetto della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 e Gli Stati membri dispongono in particolare che i minori non siano tenuti sotto custodia temporanea nei normali istituti penitenziari. I minori non accompagnati sono separati dagli adulti, salvo se ritenuto contrario all'interesse superiore del minore.

Motivazione

L'emendamento proposto è inteso a precisare che durante la custodia temporanea gli Stati membri sono tenuti a garantire un'assistenza medica adeguata.

I diritti delle donne giovani e adulte vanno sanciti esplicitamente.

La Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 va attuata integralmente. In tale contesto vanno sottolineati in modo particolare il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, la tutela della sfera privata, la protezione contro la violenza, i maltrattamenti e l'abbandono, il diritto alle cure sanitarie, all'istruzione, all'insegnamento scolastico e alla formazione professionale, nonché la tutela delle minoranze.

Raccomandazione n. 10

Articolo 11, paragrafo 1

Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

Emendamento

Articolo 11

Forma

1.

La decisione di rimpatrio e il provvedimento di allontanamento sono adottati in forma scritta.

Gli Stati membri provvedono affinché la decisione e/o il provvedimento siano adeguatamente motivati in fatto e in diritto e al cittadino di paesi terzi interessato siano notificate per iscritto le modalità di impugnazione disponibili.

Articolo 11

Forma

1.

La decisione di rimpatrio e il provvedimento di allontanamento sono adottati in forma scritta.

Gli Stati membri provvedono affinché la decisione e/o il provvedimento siano adeguatamente motivati in fatto e in diritto e al cittadino di paesi terzi interessato siano notificate per iscritto le modalità di impugnazione disponibili.

1. bis

Gli Stati membri riconoscono e consentono la notifica di documenti ufficiali e decisioni di altri Stati membri nel quadro dei summenzionati procedimenti.

Motivazione

Ai fini del buon funzionamento del sistema previsto dalla direttiva in esame occorre garantire che sul territorio dei singoli Stati membri siano consentite e vengano riconosciute le notifiche emesse da altri Stati membri. Ciò dovrà avvenire mediante la conclusione di accordi bilaterali o multilaterali che contemplino anche la necessaria assistenza reciproca.

Raccomandazione n. 11

Articolo 16 bis (nuovo)

Bruxelles, …

COM(2005) 391 def.

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente

Finora il summenzionato documento è formato dai capitoli I-VI.

Il Comitato delle regioni chiede di integrare il testo con il seguente capitolo V bis:

Capitolo V bis

SISTEMA TELEMATICO CENTRALE

Articolo 16 bis

Sistema telematico centrale per la registrazione dei dati personali

1.

Gli Stati membri registrano in un sistema telematico centrale messo a disposizione dall'UE i dati personali, rilevanti ai fini del procedimento, dei cittadini di paesi terzi che soggiornano illegalmente e devono o dovranno essere rimpatriati. Provvedono inoltre al loro aggiornamento.

2.

Le autorità di esecuzione dei singoli Stati membri hanno accesso a questo sistema e sono tenute ad effettuare il trasferimento dei dati di cui al paragrafo 1.

Bruxelles, 27 aprile 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


29.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 206/40


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilità transnazionale nella Comunità a fini di istruzione e formazione: La Carta europea di qualità per la mobilità

(2006/C 206/07)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilità transnazionale nella Comunità a fini di istruzione e formazione: La Carta europea di qualità per la mobilità (COM(2005) 450 def.),

vista la decisione del Consiglio, del 10 ottobre 2005, di consultarlo in materia, a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, in data 10 novembre 2005, di incaricare la commissione Cultura e istruzione di elaborare un parere sull'argomento,

visto il proprio parere (CdR 34/2006 riv. 1), adottato il 1° marzo 2006 dalla commissione Cultura, istruzione e ricerca (relatore: Luciano CAVERI, presidente della regione autonoma Valle d'Aosta (IT/ALDE)),

ha adottato il seguente parere in data 27 aprile 2006, nel corso della 64a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

prende atto che l'Europa ha identificato, all'interno della strategia di Lisbona, il life-long learning come cardine della crescita umana e professionale. L'istruzione e la formazione, non solo in preparazione di una carriera, ma durante tutto l'arco della vita lavorativa, saranno decisive ai fini dell'innovazione tecnologica e della competitività, sia per la creazione di posti di lavoro sia per la preparazione delle persone che li occuperanno;

1.2

insiste che l'apprendimento risulta più efficace se progettato e vissuto come un processo di ricerca attiva e non come una ricezione passiva di contenuti. Ancora oggi le attività di formazione rivolte agli adulti risultano maggiormente efficaci se i cambiamenti che ne derivano attivano capacità e competenze richieste dalla società contemporanea permettendo così agli interessati di gestire in modo consapevole il proprio ruolo ed il proprio futuro professionale, come individui e come cittadini. La partecipazione ad attività formative quindi assume valore nel momento in cui il soggetto programma attivamente il proprio futuro professionale ed esistenziale in modo tale da crescere come individuo, e anche per contribuire al progresso della società;

1.3

sottolinea che le esperienze di istruzione, di formazione professionale e di lavoro, soprattutto in un paese diverso dal proprio, rappresentano uno strumento che porta a riflettere sui propri programmi e strategie cognitive; in questo modo gli interessati, cercando di mettere a fuoco e di adattare le proprie competenze in un contesto diverso, affinano le strategie di gestione delle proprie risorse intellettuali e possono quindi valorizzare e rafforzare la propria autonomia e le proprie capacità di comunicazione;

1.4

afferma che l'esperienza formativa o professionale in un altro paese, se adeguatamente preparata, orientata e sostenuta, assume un significato la cui importanza va ben al di là del coronamento della formazione professionale ed investe una sfera molto più ampia. Se infatti non intendiamo per cultura soltanto una serie di conoscenze, ma tutto l'insieme di comportamenti, valori e saperi operativi di un determinato gruppo di persone, che cosa meglio di un'esperienza all'estero può costituire la base per la costruzione di una vera e propria cultura dell'Unione europea?

1.5

prende atto che un approccio interculturale alle altre realtà ha come prerequisito un atteggiamento di scambio e di empatia e osserva che i campi privilegiati per confrontare le diversità e per riconoscere i caratteri di complessità di ciascuna cultura sono il lavoro e la formazione. È grazie al valore che viene attribuito a tali diversità, alle forme organizzative variate e flessibili, agli aspetti di relazione interpersonale che si possono superare i pregiudizi e le generalizzazioni;

1.6

ritiene che aumentare la qualità delle esperienze di mobilità significa porre le condizioni per poter riconoscere pienamente il ruolo degli individui nel contribuire all'innalzamento del livello di conoscenza e di qualificazione del paese di provenienza e nell'apporto di nuove conoscenze, di stimoli culturali, di tradizioni e di linguaggi al paese ospitante;

1.7

apprezza la proposta della Commissione poiché, nella logica fin qui esposta, essa assolve la funzione di elevare i livelli generali di qualità della formazione europea proponendo un modello che, a partire dal riconoscimento della centralità dell'individuo interessato, garantisce la migliore fruizione dell'opportunità formativa e il suo miglior possibile impatto sull'individuo e sulla società;

1.8

sottolinea che dovrebbe esserci una corrispondenza tra il valore che gli individui attribuiscono alla loro esperienza di scambio e quello che i paesi d'origine ed i paesi ospitanti attribuiscono a loro volta alle singole esperienze nonché ai programmi di mobilità nel loro complesso. Le indicazioni contenute nella Carta europea di qualità per la mobilità rappresentano, a questo proposito, il prerequisito per fare in modo che i partecipanti vivano un'esperienza positiva sia nel paese ospitante sia in quello d'origine, una volta che vi fanno ritorno. Tale paradigma può essere meglio percepito quando sono i contesti locali e regionali a gestire e coordinare le esperienze di mobilità;

1.9

ritiene che è a livello delle collettività o autorità locali e regionali che è possibile assicurare un'informazione corretta e capillare, nonché incentivare gli individui a cogliere l'opportunità di un soggiorno all'estero per motivi di apprendimento, a collocarla nel proprio progetto di sviluppo professionale e, infine, a «rileggere» i risultati dell'esperienza svolta in termini di competenze acquisite e trasferibili a contesti di lavoro del proprio paese di origine. Le amministrazioni locali possono dunque ricoprire un ruolo molto importante nel determinare la qualità e l'efficacia dei programmi di mobilità;

1.10

prende atto che le autorità regionali e locali sono le meglio situate per garantire misure di sensibilizzazione rivolte alla popolazione in generale, ed ai giovani in particolare, onde illustrare le opportunità che la mobilità offre in termini di sviluppo culturale e professionale. Essa permette infatti di superare non solo gli ostacoli economici alla piena realizzazione dell'individuo in campo professionale, ma anche quelli culturali;

1.11

inoltre, il Comitato delle regioni ritiene necessario fornire ai singoli partecipanti non solo un'adeguata preparazione linguistica, pedagogica e pratica, ma anche un supporto orientativo finalizzato all'elaborazione di un proprio progetto di sviluppo culturale e professionale. Oggi più che mai, infatti, i programmi di mobilità professionale europea dovrebbero assumere una valenza fortemente individualizzata e rappresentare una risorsa da spendere nel mondo del lavoro. A tale proposito, al ritorno dal soggiorno, sarà necessario agevolare la «rilettura» delle esperienze svolte in termini di competenze spendibili nel proprio contesto lavorativo, anche mettendo in pratica gli strumenti esistenti di riconoscimento e di valorizzazione delle competenze acquisite (come ad esempio lo strumento Europass Mobilità);

1.12

afferma che oltre ad un ruolo di coordinamento e di contatto con gli organismi dei paesi ospitanti, finalizzato a vigilare sulla qualità del sostegno logistico e del tutoraggio, risulta fondamentale il controllo complessivo in termini di monitoraggio e di valutazione delle ricadute delle esperienze di mobilità sulla popolazione, sui sistemi educativi e sul sistema produttivo. In tal senso, appare fondamentale costituire delle sinergie che coinvolgano aziende, enti di formazione, scuole e università affinché questi ultimi valorizzino nei rispettivi ambiti gli apprendimenti formali ed informali acquisiti dai partecipanti;

1.13

insiste che non bisogna sottovalutare il fatto che nell'attuazione della Carta europea di qualità per la mobilità si sviluppano uno scambio di conoscenze ed un confronto tra enti locali e servizi specialistici di diversi paesi membri tali da permettere di individuare un modus operandi condiviso e partecipato. Il risultato di tali processi sarà indubbiamente foriero di proficua progettualità negli ambiti più vari, dallo sviluppo economico territoriale alla formazione ed allo scambio dei lavoratori, attivando così dei nuovi rapporti di fiducia e di cooperazione come base per il reciproco riconoscimento.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Raccomandazione 1

Allegato punto 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento CdR

Carta europea di qualità per la mobilità

1.

Orientamento e informazioni

I potenziali candidati alla mobilità dovrebbero avere accesso a fonti affidabili di orientamento e d'informazione sulle possibilità di mobilità e sulle condizioni alle quali può essere effettuata.

Carta europea di qualità per la mobilità

1.

Orientamento e informazioni

I potenziali candidati alla mobilità dovrebbero avere accesso a fonti affidabili di orientamento e d'informazione sulle possibilità di mobilità e sulle condizioni alle quali può essere effettuata.

Il livello locale e regionale gioca un ruolo chiave nell'accesso all'informazione e dunque l'importanza della sua vicinanza ai cittadini dovrebbe essere evidenziata nel quadro della discussione sui programmi di mobilità.

Il livello locale e regionale gioca svolge un ruolo chiave nell'accesso all'informazione, e quindi nei programmi di mobilità dovrebbero, se del caso, figurare espressamente i contatti dei partecipanti con gli enti locali e regionali.

Motivazione

Il livello locale e regionale è la sede a cui i potenziali partecipanti ai programmi di scambio si rivolgono prioritariamente per avere informazioni ed orientamento. È il livello più vicino ai cittadini ed il più consapevole dei fabbisogni della propria popolazione; è quindi anche quello maggiormente in grado di evidenziare le opportunità esistenti, nonché di pianificare azioni e servizi orientativi e di supporto agli interessati, al fine di garantire la massima adesione dei cittadini e la maggiore efficacia dei programmi.

Raccomandazione 2

Allegato punto 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento CdR

Carta europea di qualità per la mobilità

3.

Personalizzazione

La mobilità a fini di istruzione e formazione dovrebbe corrispondere il più possibile ai percorsi di apprendimento personali, alle competenze e alla motivazione dei partecipanti, ed essere concepita in modo da svilupparli o da completarli.

Carta europea di qualità per la mobilità

3.

Personalizzazione

La mobilità a fini di istruzione e formazione dovrebbe corrispondere il più possibile ai percorsi di apprendimento personali, alle competenze e alla motivazione dei partecipanti, ed essere concepita in modo da svilupparli o da completarli, sia nell'educazione formale sia nell'educazione informale, a partire dalla pedagogia dell'integrazione e facendo particolare attenzione all'influenza che l'educazione informale esercita sui più giovani.

Motivazione

Dovrebbe essere attribuita la stessa importanza all'educazione formale e a quella informale.

Raccomandazione 3

Allegato punto 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento CdR

Carta europea di qualità per la mobilità

5.

Aspetti linguistici

Le competenze linguistiche sono essenziali per un apprendimento efficace. I partecipanti, nonché le organizzazioni d'invio e di accoglienza, dovrebbero rivolgere una particolare attenzione alla preparazione linguistica. Le disposizioni prese in tema di mobilità dovrebbero riguardare:

prima della partenza, una valutazione delle competenze linguistiche e la possibilità di seguire corsi relativi alla lingua del paese ospitante e alla lingua delle lezioni, se diversa,

nel paese ospitante, sostegno e consulenza linguistica.

Carta europea di qualità per la mobilità

5.

Aspetti linguistici

Le competenze linguistiche sono essenziali per un apprendimento efficace. I partecipanti, nonché le organizzazione d'invio e di accoglienza, dovrebbero rivolgere una particolare attenzione alla preparazione linguistica, soprattutto nelle zone in cui sono parlate lingue minoritarie, per consentire una maggiore integrazione. Le disposizioni prese in tema di mobilità dovrebbero riguardare:

prima della partenza, una valutazione delle competenze linguistiche e la possibilità di seguire corsi relativi alla lingua del paese ospitante e alla lingua delle lezioni, se diversa,

nel paese ospitante, sostegno e consulenza linguistica.

Motivazione

Nelle zone in cui sono parlate lingue minoritarie, le agenzie nazionali e comunitarie dovrebbero lavorare in stretta collaborazione con le autorità locali e regionali e con le università al fine di incoraggiare un maggior numero di studenti a frequentare corsi di formazione in tali lingue prima di partire per il programma di scambio scelto.

Raccomandazione 4

Allegato punto 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento CdR

Carta europea di qualità per la mobilità

8.

Riconoscimento

Se un periodo di studi o di tirocinio all'estero è parte integrante di un corso di studi o di formazione ufficiale, questo andrebbe menzionato nel piano di apprendimento e i partecipanti andrebbero aiutati ad ottenere un riconoscimento e una certificazione adeguati. Il modo in cui avverrà il riconoscimento andrebbe indicato nel piano di apprendimento. Per altri tipi di mobilità, in particolare quella relativa all'istruzione e alla formazione informali, andrebbe rilasciato un certificato affinché il partecipante possa dimostrare in modo credibile e soddisfacente la propria partecipazione attiva e i risultati dell'apprendimento.

Carta europea di qualità per la mobilità

8.

Riconoscimento

Se un periodo di studi o di tirocinio all'estero è parte integrante di un corso di studi o di formazione ufficiale, questo andrebbe menzionato nel piano di apprendimento e i partecipanti andrebbero aiutati ad ottenere un riconoscimento e una certificazione adeguati. Il modo in cui avverrà il riconoscimento andrebbe indicato nel piano di apprendimento. Per altri tipi di mobilità, in particolare quella relativa all'istruzione e alla formazione informali, andrebbe rilasciato un certificato affinché il partecipante possa dimostrare in modo credibile e soddisfacente la propria partecipazione attiva e i risultati dell'apprendimento.

Il CdR sottolinea l'importanza del riconoscimento e invita gli Stati membri a mettere in pratica gli strumenti esistenti per garantirlo o a crearli se ancora non esistono. È importante assicurare il pieno uso degli strumenti di riconoscimento esistenti, ed in particolare il documento Europass-Mobilità, per far sì che l'esperienza dei partecipanti si concluda positivamente.

Motivazione

Si sottolinea l'importanza del riconoscimento delle competenze e dei titoli raggiunti durante un programma di scambio al fine di aumentare la trasparenza delle qualifiche e, come risultato, la maggiore mobilità di lavoratori e studenti. Il CdR invita gli Stati membri a mettere in pratica gli strumenti esistenti per garantirlo.

Raccomandazione 5

Allegato punto 9

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

9.

Reintegrazione e valutazione

Al ritorno nel paese d'origine i partecipanti andrebbero consigliati su come trarre vantaggio dalle competenze e capacità acquisite durante il soggiorno. Alle persone che rientrano da un periodo di mobilità di lunga durata andrebbe fornita un'assistenza appropriata per reintegrarsi nel contesto sociale, educativo o professionale nel paese d'origine. L'esperienza acquisita dovrebbe essere adeguatamente valutata dai partecipanti e dalle organizzazioni responsabili, per determinare se gli obiettivi del piano di lavoro siano stati conseguiti.

9.

Reintegrazione e valutazione

Al ritorno nel paese d'origine i partecipanti andrebbero consigliati su come trarre vantaggio dalle competenze e capacità acquisite durante il soggiorno. Alle persone che rientrano da un periodo di mobilità di lunga durata andrebbe fornita un'assistenza appropriata per reintegrarsi nel contesto sociale, educativo o professionale nel paese d'origine. L'esperienza acquisita dovrebbe essere adeguatamente valutata dai partecipanti e dalle organizzazioni responsabili, per determinare se gli obiettivi del piano di lavoro siano stati conseguiti.

Le autorità competenti dovrebbero utilizzare o eventualmente assumere in qualità di «ambasciatori della mobilità» i partecipanti che hanno portato a termine la loro esperienza con successo. Questo consentirà di invogliare altri a seguirne l'esempio e di fornire loro informazioni e consigli di prima mano.

Bruxelles, 27 aprile 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


29.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 206/44


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'Anno europeo del dialogo interculturale 2008

(2006/C 206/08)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la proposta della Commissione europea relativa all'Anno europeo del dialogo interculturale (2008) (COM(2005) 467 def.),

vista la decisione della Commissione europea, del 16 novembre 2005, di consultarlo in merito a tale documento, a norma dell'articolo 128 del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 12 aprile 2005, di incaricare la commissione Cultura e istruzione dell'elaborazione di un parere in materia,

visto l'articolo 151 del Trattato CE, il quale stabilisce che «La Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge a norma di altre disposizioni del presente Trattato, in particolare al fine di rispettare e promuovere la diversità delle sue culture»,

visto l'articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, il quale stabilisce che «L'Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica»,

vista la Convenzione dell'UNESCO, del 20 ottobre 2005, sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali,

visto il parere adottato il 1° marzo 2006 dalla commissione Cultura, istruzione e ricerca (CdR44/2006 riv. 1) (relatore: András MÁTIS, sindaco di Szirák (HU/UEN-AE)),

ha adottato il seguente parere in data 27 aprile 2006, nel corso della 64a sessione plenaria.

1.   Introduzione

il Comitato delle regioni

1.1

ribadisce che la forza dell'Europa risiede nella sua diversità e che il rispetto del pluralismo linguistico, culturale, etnico e religioso, costituisce uno dei principi essenziali che stanno alla base dell'integrazione europea, la quale non consiste nel livellare le differenze o nel creare identità uniformi, ma nel promuovere la cooperazione e la comprensione tra i popoli d'Europa;

1.2

constata l'entità del fenomeno migratorio nell'Unione europea di oggi. Le amministrazioni pubbliche devono mettere a disposizione degli immigrati tutti i mezzi disponibili per divenire una fonte di scambio interculturale e al tempo stesso integrarsi pienamente nelle nostre società.

1.3

constata che le interazioni tra cittadini in Europa vengono incrementate dall'effetto combinato degli allargamenti successivi dell'Unione, della maggiore mobilità dovuta al mercato unico, dei flussi migratori vecchi e nuovi e dell'intensificarsi degli scambi con il resto del mondo attraverso il commercio, l'istruzione, le attività ricreative e la globalizzazione in generale;

1.4

accoglie con favore l'iniziativa della Commissione europea relativa all'Anno europeo del dialogo interculturale e ne condivide l'obiettivo principale, che è quello di richiamare l'attenzione dei cittadini europei e di quanti vivono nell'Unione sui valori culturali comuni in Europa e sull'importanza di sviluppare una cittadinanza europea aperta al mondo, rispettosa di tutte le diversità e fondata sui valori comuni dell'Unione europea. Un Anno europeo dedicato al dialogo interculturale, laddove per interculturale si intenda un dialogo capace di coinvolgere tutti gli ambiti e le componenti della società, costituisce uno strumento unico per sensibilizzare e coinvolgere i cittadini;

1.5

condivide l'idea di coinvolgere strettamente i paesi candidati all'adesione nel progetto, come pure in altre iniziative volte a promuovere il dialogo interculturale. Appoggia inoltre l'intenzione di adoperarsi al massimo per assicurare la sinergia tra l'Anno europeo del dialogo interculturale e le iniziative a favore di tale dialogo realizzate in cooperazione con i paesi dell'EFTA, i paesi dei Balcani occidentali e i paesi partecipanti alla politica europea di vicinato;

1.6

sottolinea che le amministrazioni locali e regionali:

possiedono importanti competenze nella promozione delle attività culturali e del dialogo tra le diverse culture e hanno una significativa responsabilità nel plasmare e sostenere la nostra ricca diversità culturale e nel promuovere l'integrazione sociale dei vari gruppi presenti nella società,

svolgono un ruolo cruciale nella diffusione e nell'applicazione delle migliori pratiche e nello scambio di esperienze in tale campo, soprattutto mediante il coordinamento di reti locali e regionali di carattere multidimensionale nel settore della cultura, con il coinvolgimento di tutti gli attori interessati.

2.   L'importanza del dialogo interculturale

Il Comitato delle regioni

2.1

ribadisce che uno dei principi alla base dell'integrazione europea consiste nel rispetto e nella promozione della diversità culturale. La diversità culturale è una fonte di ricchezza che deve essere salvaguardata e le cui virtù meritano di essere evidenziate come una delle principali caratteristiche dell'identità europea. Il dialogo interculturale rappresenta in tale contesto uno strumento decisivo per promuovere la comprensione della diversità culturale;

2.2

sottolinea che il dialogo interculturale può promuovere una maggior comprensione, in particolare delle tradizioni culturali, delle pratiche religiose e della storia. Esso può inoltre proteggere dal rischio dell'indifferenza e del livellamento, nonché da una recrudescenza del razzismo e della xenofobia, che fomentano comportamenti antisociali. Il Comitato ribadisce la necessità di incrementare la cooperazione interculturale per garantire che le differenze culturali siano uno strumento per rafforzare ed unire le persone in un'Europa multilingue e multiculturale;

2.3

sottolinea che il dialogo interculturale contribuisce anche ad attenuare la radicalizzazione di taluni gruppi sociali;

2.4

sottolinea che intende sostenere in particolare un'integrazione più efficace degli immigranti;

2.5

ribadisce che il dialogo interculturale può aiutare a propagare i valori fondamentali della vita privata, sociale e civica, come la solidarietà, la tolleranza, la democrazia e la comprensione delle diversità culturali. Tale dialogo può stimolare la capacità di comunicazione tra i diversi gruppi culturali e la partecipazione alla vita della società civile. Esso è reso ancor più importante dal moltiplicarsi degli attriti e dei fenomeni di razzismo e xenofobia. Il diritto a essere differenti non giustifica tuttavia l'esistenza di diritti differenti di fronte alla legge;

2.6

ricorda che il dialogo interculturale può alleviare l'esclusione sociale ed i fenomeni di isolamento ed emarginazione dei gruppi sociali più svantaggiati, e in special, modo degli immigranti. La cultura e la partecipazione alle attività culturali possono offrire loro nuove possibilità di rafforzare la propria identità ed autostima, nonché di conseguire una posizione sociale diversa;

2.7

chiede che sia messo a punto, a livello regionale e locale, uno strumento permanente di sostegno del dialogo interculturale e delle relative attività, onde promuovere le iniziative già avviate e rafforzare gli scambi culturali tra cittadini attraverso varie misure nel campo della cultura, dello sport, della gioventù, ecc.;

2.8

chiede che venga dedicata maggiore attenzione all'integrazione orizzontale della cultura in tutti i settori di intervento, in particolare l'istruzione, la politica sociale, la politica dell'occupazione e lo sport.

3.   Il ruolo degli enti locali e regionali a sostegno del dialogo interculturale

Il Comitato delle regioni

3.1

invita a promuovere in Europa le lingue meno utilizzate e quelle regionali, comprese quelle di alcuni dei più piccoli Stati membri;

3.2

ribadisce che le amministrazioni locali e regionali, grazie alla loro prossimità ai cittadini, si trovano in una posizione strategica per rispondere alle esigenze e alle richieste specifiche dei diversi gruppi culturali esistenti nell'Unione e per coinvolgere efficacemente le comunità locali e regionali nella promozione di un dialogo interculturale di maggior respiro;

3.3

chiede alle amministrazioni locali e regionali di essere in prima linea nella realizzazione dell'Anno europeo del dialogo interculturale, in particolare conducendo campagne di informazione a livello locale e regionale. Grazie alla loro prossimità e rappresentatività nei confronti delle comunità locali, tali amministrazioni si trovano in una posizione unica per garantire il massimo accesso possibile alle iniziative, e permettere che queste raggiungano in particolare i gruppi «svantaggiati», affinché essi possano trarre i massimi benefici dalle opportunità loro offerte;

3.4

osserva che, in considerazione della loro maggiore complessità, i programmi e le disposizioni contro l'emarginazione culturale e sociale potrebbero essere piuttosto una priorità a livello locale e regionale che un'azione a livello della diplomazia internazionale;

3.5

sottolinea che per promuovere in maniera efficace il dialogo interculturale occorre una cooperazione locale e regionale con la partecipazione di tutte i soggetti interessati, in particolare le parti sociali, gli istituti di istruzione e formazione, le ONG, nonché le associazioni giovanili, sportive, culturali e religiose a livello di base;

3.6

sottolinea l'importanza crescente del dialogo interculturale a livello internazionale;

3.7

a questo proposito sottolinea l'importanza della Convenzione dell'Unesco del 20 ottobre 2005, concernente la protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, che per la prima volta ha dato vita a un consenso su una serie di orientamenti e di concetti relativi alla diversità culturale, tra l'altro nel contesto di decisioni di politica commerciale, e ha gettato le basi di un nuovo pilastro globale della governance in campo culturale;

3.8

esprime apprezzamento anche per l'attività della Fondazione euromediterranea Anna Lindh per il dialogo interculturale e auspica che gli enti locali e le regioni vengano coinvolti nel lavoro di detta fondazione;

3.9

sottolinea l'importante contributo che i programmi attuali di cooperazione tra regioni e comuni e di gemellaggi hanno apportato all'arricchimento della cooperazione tra le città;

3.10

sottolinea che gli enti locali e regionali possono aiutare a promuovere il dialogo interculturale sviluppato in coordinamento con altre politiche settoriali quali l'istruzione, la formazione, e le strategie per le imprese e l'occupazione;

3.11

sottolinea che, insieme a tutte queste misure colte a promuovere lo scambio culturale, l'Unione europea si fonda sugli elementi culturali comuni a tutti gli europei, che provengono dalle loro tradizioni e formano, nell'insieme, quello che si potrebbe chiamare la cultura europea.

4.   Proposte specifiche

Il Comitato delle regioni

4.1

chiede che gli eventi dell'Anno vengano organizzati in maniera tale che le iniziative sperimentate in tale contesto possano servire da base per un'analisi dettagliata volta a sviluppare uno strumento di comunicazione e di scambio per le amministrazioni locali e regionali;

4.2

raccomanda di intensificare le interazioni e di favorire un dialogo tra tutti i cittadini dell'Unione nel quadro dell'Anno, allo scopo di promuovere il concetto e i valori dell'integrazione europea; sottolinea d'altro canto che non basta mettere in evidenza i casi di progetti coronati da successo, ma occorre piuttosto elaborare uno schema coerente che permetta di applicare a medio termine dei modelli efficaci in materia di scambi culturali;

4.3

invita la Commissione e tenere conto delle esperienze dell'Anno europeo anche nel quadro di programmi d'azione a lungo termine che comprendono il dialogo interculturale, come per esempio Cultura 2007;

4.4

a tal fine chiede agli Stati membri di integrare nei lavori legislativi dei vari parlamenti nazionali e regionali la questione e il programma del dialogo culturale, specialmente nel quadro della legislazione relativa alla pubblica istruzione, alla cultura e alle iniziative civiche;

4.5

invita la Commissione a definire concretamente il contenuto delle azioni su scala comunitaria (azioni A e B) e a riferire in dettaglio sugli strumenti che possono essere impiegati;

4.6

osserva che nella ripartizione delle risorse che figura nell'allegato del documento in esame una proporzione significativa del bilancio proposto è stata destinata al sostegno di azioni emblematiche su scala comunitaria (8 azioni - Azione B). Chiede che venga dato maggior spazio alle azioni su scala ridotta, soprattutto a livello locale e regionale, le quali hanno ripercussioni durevoli ed effetti moltiplicatori nelle comunità e possono offrire un valore aggiunto significativo alle azioni culturali dell'UE. Molte iniziative innovative locali di piccole dimensioni non potranno vedere la luce per mancanza di fondi; il Comitato raccomanda perciò che nel contesto dell'Anno europeo vengano prese in considerazione le iniziative locali di scala ridotta e che venga garantito il relativo sostegno;

4.7

invita a sostenere le attività della rete europea sulle migrazioni, un forum che consente di discutere a livello comunitario le questioni dell'immigrazione e l'emarginazione dei gruppi di immigrati, e ciò nell'ottica di combattere l'incomprensione tra differenti culture e di informare i soggetti decisionali e i cittadini;

4.8

chiede che venga adeguatamente riconosciuta l'azione delle reti sociali delle comunità locali, che rappresentano sin d'ora un importante fattore di mediazione, motivazione e promozione del dialogo interculturale;

4.9

sottolinea che il coinvolgimento degli enti locali e regionali nell'attuazione dell'Anno europeo appare la maniera più efficace per assicurare che tale iniziativa raggiunga i cittadini europei. Integrare la dimensione locale e regionale significa garantirne il successo;

4.10

chiede alla Commissione europea di coinvolgere gli enti locali e regionali nell'attuazione dell'Anno, soprattutto nella realizzazione di campagne di informazione a livello locale e regionale;

4.11

chiede che vengano sostenuti in modo particolare i programmi che perseguono un approccio interdisciplinare, combinando tra loro le varie forme artistiche, eventualmente sulla base di un'idea comune;

4.12

chiede alla Commissione europea di associare all'Anno europeo 2008 un breve messaggio o concetto, che renda comprensibile a ciascun cittadino europeo lo slogan «Unità nella diversità»; chiede inoltre che siano sostenuti in modo particolare i progetti dedicati principalmente a definire le tradizioni culturali comuni europee e/o ad indicare le idee di domani in questo campo;

4.13

chiede che le misure di integrazione interculturale sviluppate dalle varie istituzioni comunitarie nel quadro dell'Anno europeo vengano valutate per verificare in che maniera abbiano contribuito, attraverso l'azione in campo culturale, all'integrazione sociale degli immigranti, facendo in modo che questi siano per l'Europa piuttosto una ricchezza che un problema.

5.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Raccomandazione 1

Articolo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 5

Cooperazione degli Stati membri

Ogni Stato membro designa un organismo nazionale di coordinamento o un organismo amministrativo equivalente, incaricato di organizzare la partecipazione di questo Stato all'Anno europeo del dialogo interculturale. Ogni Stato membro provvede a che tale organismo associ in modo appropriato le varie parti interessate al dialogo interculturale a livello nazionale. Detto organismo garantisce il coordinamento a livello nazionale delle azioni relative all'Anno europeo del dialogo interculturale.

Articolo 5

Cooperazione degli Stati membri

Ogni Stato membro designa un organismo nazionale di coordinamento o un organismo amministrativo equivalente, incaricato di organizzare la partecipazione di questo Stato all'Anno europeo del dialogo interculturale. Ogni Stato membro provvede a che tale organismo associ in modo appropriato le varie parti interessate, comprese le autorità locali e regionali , al dialogo interculturale a livello nazionale. Detto organismo garantisce il coordinamento a livello nazionale delle azioni relative all'Anno europeo del dialogo interculturale.

Bruxelles, 27 aprile 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE