SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

29 luglio 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Convenzione di Espoo – Convenzione di Aarhus – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Direttiva 92/43/CEE – Articolo 6, paragrafo 3 – Nozione di “progetto” – Valutazione delle incidenze sul sito interessato – Articolo 6, paragrafo 4 – Nozione di “motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” – Conservazione degli uccelli selvatici – Direttiva 2009/147/CE – Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati – Direttiva 2011/92/UE – Articolo 1, paragrafo 2, lettera a) – Nozione di “progetto” – Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 1 – Valutazione dell’impatto ambientale – Articolo 2, paragrafo 4 – Esenzione dalla valutazione – Abbandono progressivo dell’energia nucleare – Normativa nazionale che prevede, da un lato, la ripresa, per un periodo di quasi dieci anni, dell’attività di produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare non in funzione, rinviando in tal modo di dieci anni la data inizialmente fissata dal legislatore nazionale per la sua disattivazione e la fine della sua attività, e, dall’altro, il rinvio, anch’esso di dieci anni, del termine inizialmente previsto da questo medesimo legislatore per la disattivazione e la fine della produzione industriale di energia elettrica di una centrale in attività – Assenza di una valutazione dell’impatto ambientale»

Nella causa C‑411/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour constitutionnelle (Corte Costituzionale, Belgio), con decisione del 22 giugno 2017, pervenuta in cancelleria il 7 luglio 2017, nel procedimento

Inter-Environnement Wallonie ASBL,

Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen ASBL

contro

Conseil des ministres,

con l’intervento di:

Electrabel SA,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot (relatore), A. Prechal, M. Vilaras, E. Regan, T. von Danwitz, C. Toader e C. Lycourgos, presidenti di sezione, A. Rosas, M. Ilešič, J. Malenovský, M. Safjan, D. Šváby e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 settembre 2018,

considerate le osservazioni presentate:

per l’Inter-Environnement Wallonie ASBL e la Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen ASBL, da J. Sambon, avocat;

per l’Electrabel SA, da T. Vandenput e M. Pittie, avocats, e da D. Arts e F. Tulkens, advocaten;

per il governo belga, da M. Jacobs, C. Pochet e J. Van Holm, in qualità di agenti, assistitite da G. Block e K. Wauters, avocats, e da F. Henry;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil, J. Pavliš e L. Dvořáková, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, rappresentato inizialmente da T. Henze e D. Klebs, successivamente da D. Klebs, in qualità di agenti;

per il governo austriaco, rappresentato inizialmente da C. Pesendorfer, successivamente da M. Oswald e G. Hesse in qualità di agenti;

per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, M. Figueiredo, J. Reis Silva e L. Medeiros, in qualità di agenti;

per il governo finlandese, da J. Heliskoski, in qualità di agente;

per il governo del Regno Unito, da S. Brandon, J. Kraehling, G. Brown e R. Fadoju, in qualità di agenti, assistiti da D. Blundell, barrister;

per la Commissione europea, da G. Gattinara, C. Zadra, M. Noll‑Ehlers, R. Tricot e M. Patakia, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 novembre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, conclusa a Espoo (Finlandia) il 25 febbraio 1991 e approvata a nome della Comunità europea con decisione del Consiglio del 27 giugno 1997 (in prosieguo: la «Convenzione di Espoo»), e della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, conclusa ad Aarhus (Danimarca) il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1) (in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), nonché della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013 (GU 2013, L 158, pag. 193) (in prosieguo: la «direttiva habitat»), della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2013/17 (in prosieguo: la «direttiva uccelli»), e della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva VIA»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, l’Inter-Environnement Wallonie ASBL e la Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen ASBL e, dall’altro, il Consiglio dei Ministri (Belgio), relativamente alla legge mediante la quale il Regno del Belgio, da un lato, ha previsto la ripresa, per un periodo di quasi dieci anni, dell’attività di produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare non in funzione e, dall’altro, ha rinviato di dieci anni il termine inizialmente previsto per la disattivazione e la cessazione della produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare in attività.

I. Contesto normativo

A. Diritto internazionale

1.   Convenzione di Espoo

3

Ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione di Espoo, intitolato «Definizioni»:

«(…)

v)

l’espressione “attività prevista” indica ogni attività o ogni progetto mirante a modificare sensibilmente un’attività, e per la cui esecuzione è richiesta una decisione di un’Autorità competente secondo ogni procedura nazionale applicabile;

(…)

ix)

l’espressione “Autorità competente” significa l’Autorità (o le Autorità nazionali) designata(e) da una Parte per compiere le funzioni di cui nella presente Convenzione e/o l’Autorità (o le Autorità) abilitata(e) da una Parte ad esercitare poteri decisionali concernenti un’attività prevista;

(…)».

4

L’articolo 2 della Convenzione di Espoo stabilisce quanto segue:

«1.   Le parti adottano individualmente o insieme, ogni misura appropriata ed efficace per prevenire, ridurre e combattere un impatto transfrontaliero pregiudizievole importante che potrebbe derivare all’ambiente da attività previste.

2.   Ciascuna Parte adotta i provvedimenti giuridici, amministrativi o altri, necessari per attuare le disposizioni della presente Convenzione, compresa, per quanto riguarda le attività previste figuranti sulla lista contenuta nell’Appendice I che possono avere un impatto pregiudizievole transfrontaliero importante, l’istituzione di una procedura di valutazione dell’impatto ambientale che consenta la partecipazione del pubblico e la costituzione del fascicolo di valutazione dell’impatto ambientale di cui all’Appendice II.

3.   La Parte d’origine vigila affinché in conformità alle disposizioni della presente Convenzione, si proceda ad una valutazione dell’impatto ambientale prima di prendere la decisione di autorizzare o intraprendere un’attività prevista figurante sulla lista contenuta nell’Appendice I, suscettibile di avere un impatto pregiudizievole transfrontaliero importante.

(…)

6.   In conformità con le disposizioni della presente Convenzione, la Parte di origine offre al pubblico delle zone suscettibili di essere colpite la possibilità di partecipare alle procedure pertinenti di valutazione dell’impatto ambientale delle attività proposte, e vigila affinché le possibilità offerte al pubblico della parte colpita siano equivalenti a quelle offerte al suo pubblico.

7.   Sono effettuate, almeno nella fase progettuale dell’attività prevista, le valutazioni dell’impatto ambientale prescritte dalla presente Convenzione. Nella misura richiesta, le Parti si sforzano di attuare i principi della valutazione dell’impatto ambientale nelle politiche, piani e programmi».

(…)».

5

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 8, della Convenzione di Espoo, «[l]e Parti interessate vigilano affinché la popolazione della Parte colpita, nelle zone suscettibili di essere colpite, sia informata dell’attività proposta ed abbia la possibilità di formulare osservazioni o obiezioni in proposito e che queste osservazioni o obiezioni siano trasmesse all’Autorità competente della Parte d’origine, sia direttamente, sia, se del caso, tramite la Parte d’origine».

6

L’articolo 5 della Convenzione di Espoo stabilisce quanto segue:

«Dopo aver raccolto la documentazione sulla valutazione dell’impatto ambientale, la Parte di origine inizia senza eccessivo indugio consultazioni con la Parte colpita, concernenti in particolar modo l’impatto transfrontaliero che l’attività prevista potrebbe avere ed i provvedimenti atti a consentire di ridurre questo impatto o eliminarlo. Le consultazioni possono portare:

a)

su possibili alternative di sostituzione compresa una opzione “zero”, nonché su misure che potrebbero essere adottate per attenuare ogni impatto transfrontaliero pregiudizievole importante e sulla procedura che potrebbe essere seguita per il monitoraggio degli effetti di tali misure a spese della Parte di origine;

b)

su altre forme di assistenza reciproca che possono essere prese in considerazione per attenuare ogni impatto transfrontaliero pregiudizievole importante dell’attività prevista;

c)

su ogni altra questione pertinente relativa all’attività prevista.

Le parti stabiliranno di comune accordo, all’inizio di tali consultazioni, un periodo di tempo ragionevole per lo svolgimento delle consultazioni, che potranno essere effettuate nel quadro di un organo comune appropriato qualora esista».

7

A sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione di Espoo:

«Le Parti vigilano affinché all’atto di prendere una decisione definitiva sull’attività prevista, siano debitamente presi in considerazione i risultati della valutazione dell’impatto ambientale, compresa la documentazione sulla valutazione dell’impatto ambientale e le osservazioni ricevute in merito in conformità con il paragrafo 8 dell’[articolo] 3 e del paragrafo 2 dell’[articolo] 4, come pure l’esito delle consultazioni di cui all’[articolo] 5».

8

L’appendice I della Convenzione di Espoo, intitolato «Lista delle attività», menziona, al suo punto 2, segnatamente, le «centrali nucleari ed altri reattori nucleari».

9

Il documento informativo sull’applicazione della [Convenzione di Espoo] ad attività connesse con l’energia nucleare (ECE/MP.EIA/2011/5, redatto il 2 aprile 2011 dalla Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite, indica, tra le modifiche significative soggette alle prescrizioni della Convenzione di Espoo, «un netto aumento della produzione o dello stoccaggio di rifiuti radioattivi provenienti da un impianto (non solo da una centrale nucleare), ad esempio del 25%», nonché «un prolungamento della durata di vita di un impianto».

10

Il medesimo documento, in una sintesi del suo contenuto, precisa quanto segue:

«La presente nota tenta di prendere in considerazione le opinioni diverse e talvolta contraddittorie espresse in relazione all’applicazione della [Convenzione di Espoo] ad attività connesse con l’energia nucleare, in particolare le centrali nucleari. Non si tratta di una nota orientativa: essa mira piuttosto a favorire il dibattito sulle questioni chiave nell’ambito della tavola rotonda dedicata ai progetti connessi all’energia nucleare che si terrà nel corso della quinta sessione della riunione delle Parti della [Convenzione di Espoo].

Tale nota non riflette necessariamente le opinioni della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite o del segretariato».

11

Il mandato conferito per l’elaborazione delle raccomandazioni sulle buone pratiche relative all’applicazione della [Convenzione di Espoo] alle attività connesse all’energia nucleare, approvate dalla riunione delle Parti della Convenzione di Espoo in occasione della settima sessione [Minsk (Bielorussia), 13‑16 giugno 2017], indica che l’oggetto di tale documento è quello di «descrivere le buone pratiche esistenti in materia di valutazione dell’impatto ambientale applicabili alle attività connesse all’energia nucleare».

12

Tale medesimo mandato indica che la verifica preliminare dovrà stabilire se le attività nucleari, nonché le modifiche sensibili apportate alle medesime, rientrino o meno nel campo di applicazione della Convenzione di Espoo. Esso precisa che tale verifica «comprende considerazioni relative al prolungamento, al rinnovo e all’aggiornamento della licenza (ad esempio, il prolungamento della vita operativa), come un aumento sostanziale dei livelli di produzione o della produzione / del trasporto / dello stoccaggio dei rifiuti radioattivi di un impianto (non soltanto di una centrale nucleare) nonché la disattivazione».

2.   Convenzione di Aarhus

13

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, la definizione fornita da quest’ultima all’espressione «autorità pubblica»«non comprende gli organi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere (…) legislativo».

14

L’articolo 6 della Convenzione di Aarhus, intitolato «Partecipazione del pubblico alle decisioni relative ad attività specifiche», ai suoi paragrafi 1 e 4 prevede quanto segue:

«1.   Ciascuna Parte:

a)

applica le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative all’autorizzazione delle attività elencate nell’allegato I;

b)

in conformità del proprio diritto nazionale, applica inoltre le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative ad attività non elencate nell’allegato I che possano avere effetti significativi sull’ambiente. A tal fine le Parti stabiliscono se l’attività proposta è soggetta a tali disposizioni;

(…)

4.   Ciascuna Parte provvede affinché la partecipazione del pubblico avvenga in una fase iniziale, quando tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza effettiva».

15

L’allegato I della Convenzione di Aarhus, intitolato «Elenco delle attività di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a)», al suo punto 1, quinto trattino, menziona le «centrali nucleari ed altri reattori nucleari, compresi lo smantellamento e la dismissione di tali centrali o reattori».

16

Il punto 22 di tale allegato così recita:

«Qualsiasi modifica o estensione di attività, ove tale modifica o estensione soddisfi di per sé i criteri/le soglie stabiliti nel presente allegato, è effettuata a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della presente convenzione. Qualsiasi altra modifica o estensione di attività è disciplinata dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della presente convenzione».

17

Le raccomandazioni di Maastricht per la partecipazione del pubblico al decision making ambientale sono state approvate dalla riunione delle parti della Convenzione di Aarhus in occasione della quinta sessione [Maastricht (Paesi Bassi), 30 giugno - 1o luglio 2014]. Nella parte di tali raccomandazioni intitolata «Sintesi» si indica che queste ultime, quantunque «né vincolanti né esaustive», forniscono tuttavia «preziosi orientamenti sull’applicazione degli articoli 6, 7 e 8 della [Convenzione di Aarhus]».

B. Diritto dell’Unione

1.   Direttiva habitat

18

L’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva habitat stabilisce quanto segue:

«Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario».

19

L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

La rete “Natura 2000” comprende anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE [del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 1979, L 103, pag. 1)]».

20

L’articolo 6 della direttiva habitat dispone quanto segue:

«1.   Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.

2.   Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3.   Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4.   Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

21

L’articolo 7 della direttiva habitat enuncia quanto segue:

«Gli obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva [79/409], per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell’articolo 4, paragrafo 2 di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva [79/409], qualora essa sia posteriore».

2.   Direttiva uccelli

22

L’articolo 2 della direttiva uccelli così prevede:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 a un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative».

23

L’articolo 3 di tale direttiva dispone quanto segue:

«1.   Tenuto conto delle esigenze di cui all’articolo 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire, per tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, una varietà e una superficie sufficienti di habitat.

2.   La preservazione, il mantenimento e il ripristino dei biotopi e degli habitat comportano anzitutto le seguenti misure:

a)

istituzione di zone di protezione;

b)

mantenimento e sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all’interno e all’esterno delle zone di protezione;

c)

ripristino dei biotopi distrutti;

d)

creazione di biotopi».

24

L’articolo 4 della suddetta direttiva prevede quanto segue:

«1.   Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.

(…)

2.   Gli Stati membri adottano misure analoghe per le specie migratrici non menzionate all’allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. (…)

(…)

4.   Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative in considerazione degli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercano inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione».

25

Come risulta dal suo articolo 18, primo comma, la direttiva uccelli ha abrogato la direttiva 79/409. Il secondo comma di tale articolo 18 precisa che i riferimenti a quest’ultima direttiva si intendono fatti alla direttiva uccelli e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato VII di quest’ultima.

3.   Direttiva VIA

26

I considerando 1, 15 e da 18 a 20 della direttiva VIA così recitano:

«(1)

La direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati [(GU 1985, L 175, pag. 40)] ha subito diverse e sostanziali modificazioni. È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di detta direttiva.

(…)

(15)

È opportuno stabilire disposizioni rafforzate concernenti la valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, per tener conto degli sviluppi a livello internazionale. Il 25 febbraio 1991 la Comunità europea ha firmato la [Convenzione di Espoo], ratificata il 24 giugno 1997.

(…)

(18)

Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha sottoscritto la [Convenzione di Aarhus], ratificata il 17 febbraio 2005.

(19)

Tra gli obiettivi della convenzione di Aarhus vi è il desiderio di garantire il diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle persone.

(20)

L’articolo 6 della convenzione di Aarhus contiene disposizioni in materia di partecipazione del pubblico alle decisioni relative alle attività specifiche elencate nell’allegato I della convenzione stessa e ad attività non elencate in tale allegato che possano avere effetti rilevanti sull’ambiente».

27

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafi 2 e 4, di detta direttiva:

«2.   Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)

“progetto”:

la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,

altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;

b)

“committente”: il richiedente dell’autorizzazione relativa a un progetto privato o la pubblica autorità che prende l’iniziativa relativa a un progetto;

c)

“autorizzazione”: decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso;

(…)

4.   La presente direttiva non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa».

28

L’articolo 2, paragrafi 1 e 4, della suddetta direttiva prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti all’articolo 4.

(…)

4.   Fatto salvo l’articolo 7, gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva.

In tali casi gli Stati membri:

a)

esaminano se sia opportuna un’altra forma di valutazione;

b)

mettono a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;

c)

informano la Commissione, prima del rilascio dell’autorizzazione, dei motivi che giustificano l’esenzione accordata e le forniscono le informazioni che mettono eventualmente a disposizione, ove necessario, dei propri cittadini.

La Commissione trasmette immediatamente i documenti ricevuti agli altri Stati membri.

La Commissione riferisce ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio in merito all’applicazione del presente paragrafo».

29

L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva dispone quanto segue:

«1.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 4, i progetti elencati nell’allegato I sono sottoposti a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10.

2.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 4, per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10. Gli Stati membri prendono tale decisione, mediante:

a)

un esame del progetto caso per caso;

o

b)

soglie o criteri fissati dallo Stato membro.

Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b)».

30

L’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva VIA prevede che le informazioni che il committente deve fornire per i progetti che, in applicazione dell’articolo 4 di quest’ultima, devono essere sottoposti alla valutazione dell’impatto ambientale comprendono almeno: una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e dimensioni; una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare effetti negativi significativi; i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente; una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale; una sintesi non tecnica di tali diverse informazioni.

31

L’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva enuncia quanto segue:

«Qualora uno Stato membro constati che un progetto può avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro, o qualora uno Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, lo Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto trasmette allo Stato membro coinvolto, quanto prima e non più tardi del giorno in cui informa il proprio pubblico, tra l’altro:

a)

una descrizione del progetto, corredata di tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero;

b)

informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata».

32

L’allegato I di detta direttiva, intitolato «Progetti di cui all’articolo 4, paragrafo 1», menziona, al suo punto 2, lettera b), le «centrali nucleari e altri reattori nucleari, compreso lo smantellamento e lo smontaggio di tali centrali e reattori».

33

Il suddetto allegato I fa riferimento, al suo punto 24, a «[o]gni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nel presente allegato».

34

L’allegato II della direttiva VIA menziona, al suo punto 13, lettera a), le «[m]odifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato I o al presente allegato già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente (modifica o estensione non inclusa nell’allegato I)».

C. Diritto belga

1.   Legge del 31 gennaio 2003

35

La legge del 31 gennaio 2003 sulla progressiva eliminazione dell’energia nucleare per la produzione industriale di energia elettrica (Moniteur belge del 28 febbraio 2003, pag. 9879; in prosieguo: la «legge del 31 gennaio 2003») ha fissato un calendario relativo alla progressiva eliminazione della produzione industriale di energia elettrica mediante fissione di combustibili nucleari ad opera delle centrali nucleari.

36

Ai sensi dell’articolo 2 di detta legge:

«Ai fini dell’applicazione della presente legge, si deve intendere per:

1o “data di messa in funzione industriale”: data dell’accordo formale tra il produttore di energia elettrica, i costruttori e l’ufficio di studi mediante il quale è finalizzata la fase di progetto e inizia la fase di produzione, ossia per le centrali esistenti:

Doel 1: il 15 febbraio 1975

Doel 2: il 1o dicembre 1975

Doel 3: il 1o ottobre 1982

Doel 4: il 1o luglio 1985

Tihange 1: il 1o ottobre 1975

Tihange 2: il 1o febbraio1983

Tihange 3: il 1o settembre 1985

(…)».

37

Nella sua versione iniziale, l’articolo 4 di detta legge prevedeva quanto segue:

«§ 1.   Le centrali nucleari destinate alla produzione industriale di energia elettrica mediante fissione di combustibili nucleari sono disattivate quaranta anni dopo la data della loro attivazione industriale e da quel momento non possono più produrre energia elettrica.

§ 2.   Tutte le autorizzazioni individuali di esercizio e di produzione industriale di energia elettrica mediante fissione di combustibili nucleari, rilasciate dal Re per un periodo illimitato (…) hanno termine quaranta anni dopo la data dell’attivazione industriale dell’impianto di produzione di cui trattasi».

38

Ai sensi dell’articolo 9 della medesima legge:

«In caso di minaccia per la sicurezza dell’approvvigionamento in materia di elettricità, il Re, con regio decreto del Consiglio dei Ministri, previo parere della Commission di Régulation de l’Électricité et du Gaz (Commissione belga per la regolamentazione dell’energia elettrica e del gas), adotta le misure necessarie, fatti salvi gli articoli da 3 a 7 della presente legge, tranne in caso di forza maggiore. Tale parere verterà segnatamente sull’incidenza dell’evoluzione dei prezzi di produzione sulla sicurezza dell’approvvigionamento».

2.   Legge del 28 giugno 2015

39

La legge del 28 giugno 2015 che modifica la legge del 31 gennaio 2003 sulla progressiva eliminazione dell’energia nucleare per la produzione industriale di energia elettrica al fine di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento sul piano energetico (Moniteur belge del 6 luglio 2015, pag. 44423; in prosieguo: la «legge del 28 giugno 2015») è entrata in vigore il 6 luglio 2015.

40

La relazione esplicativa della legge del 28 giugno 2015 sottolinea, in particolare, che la situazione potenzialmente problematica in materia di sicurezza dell’approvvigionamento è evidenziata in vari studi scientifici e che, tenuto conto delle grandi incertezze legate alla ripresa delle centrali Doel 3 e Tihange 2, della chiusura annunciata di centrali termiche nel 2015 e del fatto che non è possibile ricorrere nel breve termine a capacità straniere per integrare la rete belga, il 18 dicembre 2014 il governo belga ha deciso di prolungare l’esercizio delle centrali Doel 1 e Doel 2 per un periodo di dieci anni, senza che la durata di esercizio di tali reattori possa prolungarsi oltre il 2025. Esso enuncia che tale proroga sarà effettuata nel rispetto delle prescrizioni in materia di revisione decennale di sicurezza in cui rientrano, segnatamente, le misure previste dal piano per l’esercizio a lungo termine delle centrali, elaborato dall’Electrabel SA, che specifica le misure da adottare in ragione del prolungamento dell’attività di produzione industriale di energia elettrica delle due centrali – denominato «piano “Long Term Operation”» («operazione a lungo termine»; in prosieguo: il «piano LTO») – il riadattamento del piano d’azione relativo ai test di resistenza e le approvazioni necessarie dell’Agence fédérale de contrôle nucléaire (Agenzia federale per il controllo nucleare) (AFCN).

41

L’articolo 4, paragrafo 1, della legge del 31 gennaio 2003, nella versione risultante dalla legge del 28 giugno 2015, attualmente dispone quanto segue:

«La centrale nucleare Doel 1 può nuovamente produrre energia elettrica a decorrere dall’entrata in vigore della [legge del 28 giugno 2015]. Essa sarà disattivata e non potrà più produrre energia elettrica a decorrere dal 15 febbraio 2025. Le altre centrali nucleari destinate alla produzione industriale di energia elettrica mediante fissione di combustibili nucleari saranno disattivate alle seguenti date e da quel momento non potranno più produrre energia elettrica:

(…)

Doel 2: 1o dicembre 2025».

42

Inoltre, la legge del 28 giugno 2015 ha integrato l’articolo 4 della legge del 31 gennaio 2003 con un paragrafo 3, così formulato:

«Il Re, con decreto adottato in sede di Consiglio dei Ministri, anticipa al 31 marzo 2016 la data di cui al paragrafo 1 per le centrali nucleari di Doel 1 e di Doel 2, se l’accordo di cui all’articolo 4/2, § 3, non è concluso entro il 30 novembre 2015».

43

Infine, la legge del 28 giugno 2015 ha inserito nella legge del 31 gennaio 2003 un articolo 4/2, così redatto:

«§ 1.   Il proprietario delle centrali nucleari Doel 1 e Doel 2 versa allo Stato federale, fino al 15 febbraio 2025 per Doel 1 e fino al 1o dicembre 2025 per Doel 2, un contributo annuale per il prolungamento della durata di permesso di produzione industriale di energia elettrica mediante fissione di combustibili nucleari.

(…)

«§ 3.   Lo Stato federale conclude un accordo con il proprietario delle centrali nucleari Doel 1 e Doel 2 segnatamente al fine di:

1o

precisare le modalità di calcolo del contributo di cui al paragrafo 1;

regolare il risarcimento di ciascuna delle parti in caso di mancato rispetto dei loro impegni contrattuali».

II. Procedimento principale e questioni pregiudiziali

44

Il Regno del Belgio dispone di sette reattori nucleari: quattro nel territorio della Regione fiamminga, a Doel (Doel 1, Doel 2, Doel 3 e Doel 4), e tre nel territorio della Regione vallone, a Tihange (Tihange 1, Tihange 2 e Tihange 3). Nell’ambito della presente sentenza ciascun reattore è designato come una centrale nucleare distinta.

45

Le centrali Doel 1 e Doel 2 sono in funzione, rispettivamente, dal 15 febbraio 1975 e dal 1o dicembre 1975. Esse sono state oggetto di un’unica autorizzazione a tempo indeterminato, concessa nel 1974 con regio decreto.

46

La legge del 31 gennaio 2003, nella sua versione iniziale, da un lato, ha vietato la costruzione e l’attivazione di nuove centrali nucleari in Belgio e, dall’altro, ha stabilito un calendario di eliminazione progressiva dell’energia nucleare decidendo la cessazione, a una data determinata, dell’attività di produzione industriale di energia elettrica di tutte le centrali in attività. Essa ha previsto, a tal fine, che le autorizzazioni individuali di esercizio e di produzione industriale di energia elettrica avrebbero avuto fine quaranta anni dopo l’attivazione della centrale interessata, lasciando nel contempo la possibilità al Re di modificare detto calendario in caso di minaccia per la sicurezza dell’approvvigionamento del paese.

47

Con la legge del 18 dicembre 2013 che modifica la legge del 31 gennaio 2003, tuttavia, la data di cessazione della produzione industriale di energia elettrica della centrale Tihange 1 – la quale era stata attivata il 1o ottobre 1975 – è stata rinviata di dieci anni. Tale legge ha previsto che solo l’autorizzazione di produzione industriale di energia elettrica avrebbe avuto fine alla data di disattivazione prevista dal calendario di eliminazione dell’energia nucleare e che l’autorizzazione di esercizio sarebbe rimasta in vigore fino a quando essa sarebbe stata «adattata». Detta legge ha altresì eliminato la possibilità per il Re di modificare il calendario di eliminazione dell’energia nucleare che era stato fissato con la legge del 31 gennaio 2003.

48

Il 18 dicembre 2014 il governo belga ha deciso che il periodo di produzione di energia elettrica delle centrali Doel 1 e Doel 2 doveva parimenti essere prolungato di dieci anni.

49

Il 13 febbraio 2015 l’Electrabel, proprietaria e gestore delle suddette due centrali, ha notificato all’AFCN la disattivazione della centrale Doel 1 e la cessazione della sua attività di produzione industriale di energia elettrica – il 15 febbraio 2015 a mezzanotte – conformemente al calendario fissato dalla legge del 31 gennaio 2003. Si precisava che tale notifica sarebbe stata «nulla e non avvenuta» nel caso e dal momento in cui una legge di proroga decennale riguardante tale centrale fosse entrata in vigore, purché vi fosse accettazione, da parte dell’Electrabel, delle relative condizioni.

50

La legge del 28 giugno ha di nuovo modificato il calendario di progressiva eliminazione dell’energia nucleare fissato dal legislatore nazionale, rinviando di dieci anni il termine stabilito per la cessazione della produzione industriale di energia elettrica delle centrali Doel 1 e Doel 2. Tale legge ha anche previsto che la centrale Doel 1 avrebbe potuto produrre nuovamente energia elettrica.

51

Conformemente a tale legge, le suddette due centrali devono essere disattivate e cessare la loro produzione industriale di energia elettrica il 15 febbraio 2025 per quanto riguarda la centrale Doel 1 e il 1o dicembre 2025 per quanto riguarda la centrale Doel 2.

52

Dalla decisione di rinvio emerge che i parlamentari hanno effettuato varie audizioni nell’ambito della procedura di adozione di detta legge, tra cui quella del direttore dell’organismo nazionale per le scorie radioattive e le materie fissili arricchite, che ha rilevato che la proroga di dieci anni dell’attività di produzione di energia elettrica di tali due centrali potrebbe comportare una produzione di rifiuti di esercizio pari a 350 m3.

53

Nel settembre 2015, l’AFCN ha confermato la sua decisione, adottata nell’agosto 2015, di non sottoporre le modifiche previste dal gestore nell’ambito del piano LTO a una valutazione del loro impatto ambientale.

54

Tale decisione è stata impugnata dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio).

55

Un regio decreto del 27 settembre 2015 ha precisato le condizioni di esercizio delle centrali Doel 1 e Doel 2, prevedendo che l’Electrabel avrebbe dovuto dare esecuzione al piano LTO al più tardi entro la fine del 2019. Anche tale decreto è stato oggetto di un ricorso dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato).

56

Il 30 novembre 2015 l’Electrabel e lo Stato belga hanno sottoscritto un accordo che prevede la realizzazione di un piano di investimenti detto «di ripresa», di importo pari a circa EUR 700 milioni, per il prolungamento della durata di esercizio delle centrali Doel 1 e Doel 2 fino al termine previsto dalla legge del 28 giugno 2015 (in prosieguo: l’«accordo del 30 novembre 2015»).

57

L’Inter-Environnement Wallonie e la Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, associazioni belghe di tutela dell’ambiente, hanno proposto dinanzi alla Cour constitutionnelle (Corte Costituzionale, Belgio) un ricorso di annullamento della legge del 28 giugno 2015. Esse fanno valere, essenzialmente, che tale legge è stata adottata senza rispettare i requisiti di valutazione preliminare, imposti sia dalle convenzioni di Espoo e di Aarhus sia dalle direttive VIA, habitat e uccelli.

58

È in tale contesto che la Cour constitutionnelle (Corte Costituzionale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 2, paragrafi da 1 a 3, 6 e 7, l’articolo 3, paragrafo 8, l’articolo 5 e l’articolo 6, paragrafo 1, e il punto 2 dell’Appendice I della [Convenzione di Espoo] debbano essere interpretati conformemente alle precisazioni apportate dal documento informativo sull’applicazione della [Convenzione di Espoo] ad attività connesse con l’energia nucleare [“Background note on the application of the Convention to nuclear energy-related activities”] e dalle Raccomandazioni sulle buone pratiche relative all’applicazione della [Convenzione di Espoo] alle attività connesse all’energia nucleare [“Good Practice recommendations on the application of the Convention to nuclear energy-related activities”].

2)

Se l’articolo 1, ix), della Convenzione di Espoo, che definisce l’“Autorità competente”, possa essere interpretato nel senso che esclude dal campo di applicazione della citata convenzione gli atti legislativi come la legge del 28 giugno 2015 (…), tenuto conto segnatamente dei diversi studi e audizioni effettuati nell’ambito dell’adozione di tale legge.

3)

a)

Se gli articoli da 2 a 6 della Convenzione di Espoo debbano essere interpretati nel senso che si applicano prima dell’adozione di un atto legislativo come la legge del 28 giugno 2015 (…), il cui articolo 2 rinvia la data della disattivazione e della fine della produzione industriale di energia elettrica delle centrali nucleari di Doel 1 e di Doel 2.

b)

Se la risposta alla questione sub a) sia diversa a seconda che si tratti della centrale di Doel 1 o di quella di Doel 2, tenuto conto della necessità, per la prima centrale, di adottare atti amministrativi di attuazione della citata legge del 28 giugno 2015.

c)

Se la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica del paese possa configurare un motivo imperativo d’interesse generale che consenta di derogare all’applicazione degli articoli da 2 a 6 della Convenzione di Espoo e/o di sospenderne l’applicazione.

4)

Se l’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus (…) debba essere interpretato nel senso che esclude dal campo di applicazione di tale Convenzione atti legislativi come la legge del 28 giugno 2015 (…), tenuto conto o meno dei diversi studi e audizioni effettuati nell’ambito dell’adozione di tale legge.

5)

a)

In considerazione, segnatamente, delle Raccomandazioni di Maastricht per la partecipazione del pubblico al decision making ambientale [“Maastricht Recommendations on Promoting Effective Public Participation in Decision-making in Environmental Matters”] riguardo ad un processo decisionale a fasi multiple, se gli articoli 2 e 6, in combinato disposto con l’allegato I.1 della Convenzione di Aarhus, debbano essere interpretati nel senso che si applicano prima dell’adozione di un atto legislativo come la legge del 28 giugno 2015 (…), il cui articolo 2 rinvia la data della disattivazione e della fine della produzione industriale di energia elettrica delle centrali nucleari di Doel 1 e di Doel 2.

b)

Se la risposta alla questione sub a) sia diversa a seconda che si tratti della centrale di Doel 1 o di quella di Doel 2, tenuto conto della necessità, per la prima centrale, di adottare atti amministrativi di attuazione della citata legge del 28 giugno 2015.

c)

Se la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica per il paese possa configurare un motivo imperativo d’interesse generale che consenta di derogare all’applicazione degli articoli 2 e 6 della Convenzione di Aarhus e/o di sospenderne l’applicazione.

6)

a)

Se l’articolo 1, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 13, lettera a), dell’allegato II della direttiva VIA, eventualmente alla luce delle Convenzioni di Espoo e di Aarhus, debba essere interpretato nel senso che si applica al rinvio della data della disattivazione e della fine della produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare che implica, come nel caso di specie, investimenti rilevanti e miglioramenti connessi alla sicurezza per le centrali nucleari Doel 1 e di Doel 2.

b)

In caso di risposta affermativa alla questione sub a), se gli articoli da 2 a 8 e 11 e gli allegati I, II e III della direttiva [VIA] debbano essere interpretati nel senso che si applicano prima dell’adozione di un atto legislativo come la legge del 28 giugno 2015 (…), il cui articolo 2 rinvia la data della disattivazione e della fine della produzione industriale di energia elettrica delle centrali nucleari di Doel 1 e di Doel 2.

c)

Se la risposta alle questioni sub a) e sub b) sia diversa a seconda che si tratti della centrale di Doel 1 o di quella di Doel 2, tenuto conto della necessità, per la prima centrale, di adottare atti amministrativi di attuazione della citata legge del 28 giugno 2015.

d)

In caso di risposta affermativa alla questione sub a), se l’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva [VIA], debba essere interpretato nel senso che consente di esentare il rinvio della disattivazione di una centrale nucleare dall’applicazione degli articoli da 2 a 8 e 11 della direttiva [VIA] per motivi imperativi d’interesse generale, legati alla sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica per il paese.

7)

Se la nozione di “atto legislativo (…) specifico”, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva [VIA], debba essere interpretata nel senso che esclude dal campo di applicazione di tale direttiva un atto legislativo come la legge del 28 giugno 2015 (…), in considerazione, segnatamente, dei diversi studi e audizioni effettuati nell’ambito dell’adozione di detta legge e che potrebbero conseguire gli obiettivi della citata direttiva.

8)

a)

Se l’articolo 6 della direttiva [habitat], in combinato disposto con gli articoli 3 e 4 della direttiva [uccelli], eventualmente alla luce della direttiva [VIA] e delle Convenzioni di Espoo e di Aarhus, debba essere interpretato nel senso che si applica al rinvio della data della disattivazione e della fine della produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare che implica, come nel caso di specie, investimenti rilevanti e miglioramenti connessi alla sicurezza per le centrali nucleari di Doel 1 e di Doel 2.

b)

In caso di risposta affermativa alla questione sub a), se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva [habitat] debba essere interpretato nel senso che si applica prima dell’adozione di un atto legislativo come la legge del 28 giugno 2015 (…), il cui articolo 2 rinvia la data della disattivazione e della fine della produzione industriale di energia elettrica delle centrali nucleari di Doel 1 e di Doel 2.

c)

Se la risposta alle questioni sub a) e sub b) sia diversa a seconda che si tratti della centrale di Doel 1 o di quella di Doel 2, tenuto conto della necessità, per la prima centrale, di adottare atti amministrativi di attuazione della citata legge del 28 giugno 2015.

d)

In caso di risposta affermativa alla questione sub a), se l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva habitat debba essere interpretato nel senso che consente di considerare un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico un motivo legato alla sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica per il paese, in considerazione, segnatamente, dei diversi studi e audizioni effettuati nel quadro dell’adozione della citata legge del 28 giugno 2015 e che potrebbero conseguire gli obiettivi della suddetta direttiva.

9)

Qualora, in base alle risposte fornite alle suesposte questioni pregiudiziali, il giudice nazionale dovesse concludere che la legge [del 28 giugno 2015] viola uno degli obblighi derivanti dalle Convenzioni o dalle direttive sopra menzionate, senza che la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica per il paese possa configurare un motivo imperativo d’interesse generale che consenta di derogare a detti obblighi, se detto giudice possa mantenere gli effetti della legge del 28 giugno 2015 al fine di evitare il prodursi di incertezze di natura giuridica e di consentire che siano soddisfatti gli obblighi relativi alla valutazione dell’impatto ambientale e alla partecipazione del pubblico imposti dalle Convenzioni o dalle direttive sopra menzionate».

III. Sulle questioni pregiudiziali

A. Sulle questioni sesta e settima, relative alla direttiva VIA

1.   Sulla sesta questione, da a) a c)

59

Con la sua sesta questione, da a) a c), che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, e l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA debbano essere interpretati nel senso che la ripresa, per un periodo di quasi dieci anni, della produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare non in funzione, che abbia l’effetto di rinviare di dieci anni la data inizialmente fissata dal legislatore nazionale per la sua disattivazione e la fine della sua attività, e il rinvio, anch’esso di dieci anni, del termine inizialmente previsto da questo medesimo legislatore per la disattivazione e la cessazione della produzione industriale di energia elettrica di una centrale in attività – misure, queste, che implicano lavori di modernizzazione delle centrali interessate – costituiscono un progetto, ai sensi di tale direttiva, e, se del caso, se tali misure e tali lavori debbano essere sottoposti a una valutazione dell’impatto ambientale prima dell’adozione delle suddette misure da parte del legislatore nazionale. Il giudice del rinvio si interroga altresì sulla rilevanza del fatto che l’attuazione delle misure dinanzi ad esso contestate richieda, per una delle due centrali interessate, l’adozione di atti successivi, quali il rilascio di una nuova autorizzazione individuale di produzione di energia elettrica a fini industriali.

60

Dal momento che, ai sensi del considerando 1 della direttiva VIA, quest’ultima codifica la direttiva 85/337, l’interpretazione fornita dalla Corte in riferimento alle disposizioni di tale ultima direttiva vale anche per la direttiva VIA, quando le loro disposizioni sono identiche.

a)   Sulla nozione di «progetto», ai sensi della direttiva VIA

61

Occorre ricordare che la definizione del termine «progetto», contenuta nell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VIA, concerne, al suo primo trattino, la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e, al suo secondo trattino, altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo.

62

Dalla giurisprudenza della Corte emerge che il termine «progetto» corrisponde, alla luce, in particolare, della formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, della direttiva VIA, a lavori o interventi di modifica della realtà fisica del sito (v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2012, Pro-Braine e a., C‑121/11, EU:C:2012:225, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

63

La questione sollevata dal giudice del rinvio è stabilire se le misure in esame nel procedimento principale rientrino in una siffatta qualificazione, dal momento che esse, per la loro attuazione, hanno bisogno e sono pertanto necessariamente corredate di importanti investimenti e lavori di modernizzazione delle due centrali interessate.

64

Dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge, infatti, che le misure di cui trattasi nel procedimento principale implicano la realizzazione di lavori di ampia portata nelle centrali Doel 1 e Doel 2, volti a modernizzare e a garantire il rispetto delle attuali norme di sicurezza, come attesta la dotazione finanziaria, di importo pari ad EUR 700 milioni, che sarebbe destinata a tale scopo.

65

Secondo la decisione di rinvio, l’accordo del 30 novembre 2015 prevede la realizzazione di un piano di investimenti detto «di ripresa» – che descrive detti lavori come necessari per il prolungamento della durata di esercizio delle due centrali nonché come lavori che comprendono, segnatamente, gli investimenti, approvati dall’AFCN nell’ambito del piano LTO per la sostituzione di impianti in ragione dell’invecchiamento e la modernizzazione di altri impianti – nonché le modifiche da apportare in virtù della quarta revisione periodica di sicurezza e di test di resistenza condotti a seguito all’incidente di Fukushima (Giappone).

66

In particolare, dal fascicolo fornito alla Corte emerge che tali lavori dovrebbero riguardare segnatamente la modernizzazione delle cupole delle centrali Doel 1 e Doel 2, il rinnovo delle piscine di stoccaggio degli elementi di combustibile esausto, l’installazione di una nuova stazione di pompaggio e l’adeguamento del basamento per meglio proteggere tali centrali dalle inondazioni. Tali lavori comporterebbero non soltanto miglioramenti nelle strutture esistenti ma anche la realizzazione di tre edifici, due dei quali destinati ad ospitare i sistemi di ventilazione e il terzo una struttura antincendio. Orbene, detti lavori sono tali da incidere sulla realtà fisica dei siti interessati, ai sensi della giurisprudenza della Corte.

67

Inoltre, sebbene sia vero che tali lavori sono menzionati non nella legge del 28 giugno 2015 bensì nell’accordo del 30 novembre 2015, essi sono tuttavia strettamente connessi alle misure adottate dal legislatore belga.

68

Queste ultime, infatti – a causa dell’estensione del prolungamento della durata dell’attività di produzione industriale di energia elettrica che esse prevedono – non potevano essere votate senza la previa conoscenza da parte del legislatore belga della natura e della congruità tecnica e finanziaria dei lavori di modernizzazione che esse implicano, nonché degli investimenti necessari per la loro attuazione. D’altronde, la relazione esplicativa della legge del 28 giugno 2015 e i lavori preparatori di quest’ultima menzionano espressamente tali lavori di modernizzazione e tali investimenti.

69

Occorre altresì rilevare che tale collegamento materiale tra le misure contestate dinanzi al giudice del rinvio e gli investimenti menzionati al punto precedente è confermato dal fatto che la legge del 28 giugno 2015 ha inserito, all’articolo 4 della legge del 31 gennaio 2003, un paragrafo 3, il quale prevede che, in mancanza di conclusione, entro e non oltre il 30 novembre 2015, di un accordo tra il proprietario delle centrali Doel 1 e Doel 2 e lo Stato belga, il Re avrebbe anticipato al 31 marzo 2016 la data di disattivazione di tali centrali.

70

Inoltre, dal fascicolo trasmesso alla Corte risulta altresì che il gestore delle due centrali si è giuridicamente impegnato a realizzare l’insieme di tali lavori entro la fine del 2019.

71

Tenuto conto di tali diversi elementi, misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale non possono essere artificiosamente separate dai lavori che sono ad esse connessi in modo inscindibile, al fine di valutare l’esistenza, nel caso di specie, di un progetto, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, della direttiva VIA. Si deve pertanto constatare che simili misure e i lavori di modernizzazione che sono inscindibilmente ad esse connessi fanno parte, insieme – e salvo valutazioni di fatto che spetta al giudice del rinvio effettuare –, di un medesimo progetto, ai sensi della disposizione in parola.

72

La circostanza che l’attuazione di tali misure richieda, per una delle due centrali interessate, l’adozione di atti successivi, come il rilascio di una nuova autorizzazione individuale di produzione di energia elettrica a fini industriali, non è tale da modificare detta analisi.

b)   Sulla necessità di una valutazione dell’impatto ambientale

73

Occorre, in via preliminare, ricordare che i progetti, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VIA, prima di essere autorizzati, devono essere sottoposti a una valutazione del loro impatto ambientale in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, nel caso in cui si preveda che gli stessi possano avere un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione.

74

Inoltre, l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA richiede non già che qualsiasi progetto atto ad avere un significativo impatto sull’ambiente sia soggetto alla procedura di valutazione prevista da tale direttiva, ma che devono esserlo soltanto quelli menzionati all’articolo 4 di tale direttiva, il quale rinvia ai progetti di cui agli allegati I e II della stessa (v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2011, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a., C‑275/09, EU:C:2011:154, punto 25).

75

Infine, dal combinato disposto dell’articolo 2, paragrafo 1, e dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva VIA risulta che i progetti che rientrano nell’allegato I di tale direttiva presentano, per loro natura, un rischio di un significativo impatto ambientale e devono essere tassativamente oggetto di una valutazione del loro impatto ambientale (v., in tal senso, su tale obbligo di valutazione, sentenze del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna, C‑404/09, EU:C:2011:768, punto 74, nonché dell’11 febbraio 2015, Marktgemeinde Straßwalchen e a., C‑531/13, EU:C:2015:79, punto 20).

1) Sull’applicazione degli allegati I e II della direttiva VIA

76

Il punto 2, lettera b), dell’allegato I della direttiva VIA menziona, tra i progetti che l’articolo 4, paragrafo 1, della medesima sottopone a una valutazione conformemente agli articoli da 5 a 10 di detta direttiva, le centrali nucleari e gli altri reattori nucleari, compreso lo smantellamento o lo smontaggio degli stessi.

77

Si deve pertanto valutare se misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, unitamente ai lavori connessi alle stesse in maniera inscindibile, possano rientrare nel punto 24 dell’allegato I della direttiva VIA, che rinvia a «[o]gni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nel presente allegato», o nel punto 13, lettera a), dell’allegato II di tale direttiva, che fa riferimento a «[m]odifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato I o al presente allegato già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente (modifica o estensione non inclusa nell’allegato I)».

78

Per quanto riguarda il punto 24 dell’allegato I della direttiva VIA, dal suo tenore letterale e dalla sua struttura emerge che esso riguarda le modifiche o le estensioni di un progetto che, segnatamente per la loro natura o la loro grandezza, presentano rischi simili, in termini di impatto ambientale, al progetto stesso.

79

Orbene, le misure in questione nel procedimento principale – che hanno l’effetto di prolungare, per un periodo significativo di dieci anni, la durata, precedentemente limitata a quaranta anni dalla legge del 31 gennaio 2003, dell’autorizzazione di produzione, da parte delle due centrali interessate, di energia elettrica a fini industriali – abbinate ai notevoli lavori di ristrutturazione resi necessari dalla vetustà di tali centrali e dall’obbligo di renderle conformi alle norme di sicurezza, devono essere considerate, in termini di rischi di impatto ambientale, di portata comparabile a quella della messa in funzione iniziale di dette centrali.

80

Occorre, di conseguenza, ritenere che tali misure e tali lavori rientrino nel punto 24 dell’allegato I della direttiva VIA. Un siffatto progetto presenta, infatti, per sua natura, un rischio di un significativo impatto ambientale, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, e deve necessariamente essere sottoposto alla valutazione dell’impatto ambientale in virtù dell’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva.

81

Inoltre, dal momento che le centrali Doel 1 e Doel 2 sono situate in prossimità del confine tra il Regno del Belgio e il Regno dei Paesi Bassi, non si può contestare che un simile progetto possa altresì avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva.

2) Sul momento in cui deve essere effettuata la valutazione dell’impatto ambientale

82

L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA precisa che la valutazione dell’impatto ambientale che essa impone deve intervenire «prima del rilascio dell’autorizzazione» dei progetti sottoposti a tale valutazione.

83

Come la Corte ha già sottolineato, il carattere preventivo di una valutazione siffatta è giustificato dalla necessità che, nel processo decisionale, l’autorità competente tenga conto il prima possibile dell’impatto ambientale di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione, al fine di evitare fin dall’inizio inquinamenti e altre perturbazioni piuttosto che combatterne successivamente gli effetti (sentenza del 31 maggio 2018, Commissione/Polonia, C‑526/16, non pubblicata, EU:C:2018:356, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

84

Occorre altresì indicare che l’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva VIA definisce il termine «autorizzazione» come la decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto, circostanza che, in via di principio, spetta al giudice del rinvio determinare sulla base della normativa nazionale applicabile.

85

Inoltre, qualora il diritto nazionale preveda che la procedura di autorizzazione si articoli in più fasi, la valutazione dell’impatto ambientale di un progetto dev’essere effettuata, in linea di principio, non appena sia possibile individuare e valutare tutti gli effetti che il progetto può avere sull’ambiente (sentenze del 7 gennaio 2004, Wells, C‑201/02, EU:C:2004:12, punto 52, nonché del 28 febbraio 2008, Abraham e a., C‑2/07, EU:C:2008:133, punto 26).

86

Pertanto, qualora una di tali fasi sia una decisione principale e l’altra una decisione di attuazione che deve rispettare i parametri stabiliti dalla prima, gli effetti che il progetto può avere sull’ambiente devono essere individuati e valutati nella procedura relativa alla decisione principale. Solo qualora detti effetti fossero individuabili unicamente nella procedura relativa alla decisione di attuazione, la valutazione dovrebbe essere effettuata durante tale ultima procedura (sentenze del 7 gennaio 2004, Wells, C‑201/02, EU:C:2004:12, punto 52, nonché del 28 febbraio 2008, Abraham e a., C‑2/07, EU:C:2008:133, punto 26).

87

Nel caso di specie, se è vero che spetta al giudice del rinvio determinare, sulla base della normativa nazionale applicabile, se la legge del 28 giugno 2015 configuri un’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva VIA, occorre sin d’ora constatare che tale legge prevede, in maniera precisa e senza condizioni, da un lato, il riavvio, per un periodo di quasi dieci anni, della produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare non in funzione, con l’effetto di rinviare di dieci anni la data inizialmente fissata dal legislatore nazionale per la sua disattivazione e per la fine della sua produzione industriale di energia elettrica, e, dall’altro, il rinvio, anch’esso di dieci anni, del termine inizialmente previsto dal legislatore nazionale per la cessazione della produzione industriale di energia elettrica di una centrale in attività.

88

Ne consegue che, sebbene l’attuazione di tali misure richieda l’adozione di atti successivi nell’ambito di un processo complesso e definito, volto in particolare a garantire il rispetto delle norme di sicurezza e di protezione applicabili a tale attività di produzione industriale di energia elettrica di origine nucleare, e quantunque dette misure siano, segnatamente, soggette ad una previa approvazione dell’AFCN, come risulta dalla relazione esplicativa della legge del 28 giugno 2015, resta tuttavia il fatto che tali misure, una volta adottate dal legislatore nazionale, definiscono le caratteristiche essenziali del progetto e non sono più destinate, a priori, ad essere dibattute o discusse.

89

Quanto alla circostanza che l’attuazione di tale progetto richieda il rilascio, per una delle due centrali interessate, di una nuova autorizzazione individuale di produzione di energia elettrica a fini industriali, essa non può giustificare che una valutazione del suo impatto ambientale venga effettuata soltanto dopo l’adozione di tale legge. Si deve inoltre rilevare che, secondo le indicazioni fornite dalla decisione di rinvio, la quantità supplementare di rifiuti radioattivi che può essere generata dalle misure di cui trattasi nel procedimento principale, vale a dire 350 m3, era stata portata a conoscenza del Parlamento belga prima di tale adozione.

90

Inoltre, come è stato constatato ai punti da 63 a 71 della presente sentenza, le misure in questione nel procedimento principale costituiscono, unitamente ai lavori di modernizzazione ad esse inscindibilmente connessi, un progetto, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, della direttiva VIA.

91

In tale contesto, sembra, prima facie, che la legge del 28 giugno 2015 costituisca un’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva in parola, o che, perlomeno, essa costituisca la prima tappa del processo di autorizzazione del progetto in esame, in riferimento alle sue caratteristiche essenziali.

92

Quanto alla questione di stabilire se la valutazione dell’impatto ambientale dovesse riguardare anche i lavori inscindibilmente connessi alle misure di cui al procedimento principale, tale ipotesi ricorrerebbe nel caso in cui – circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare – tanto tali lavori quanto il loro potenziale impatto ambientale fossero sufficientemente individuabili in detta fase della procedura di autorizzazione. Su tale punto, dalla decisione di rinvio emerge che, come già sottolineato al punto 68 della presente sentenza, sia la natura sia l’importo dei lavori resi necessari dalle misure contenute nella legge del 28 giugno 2015 erano parimenti noti al Parlamento belga prima dell’adozione di tale legge.

93

Inoltre, dal momento che il progetto di cui trattasi nel procedimento principale può avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro, occorre constatare che esso deve altresì essere sottoposto a una procedura di valutazione transfrontaliera conforme all’articolo 7 della direttiva VIA.

94

Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla sesta questione, da a) a c), dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, l’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva VIA devono essere interpretati nel senso che la ripresa, per un periodo di quasi dieci anni, della produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare non in funzione, che abbia l’effetto di rinviare di dieci anni la data inizialmente stabilita dal legislatore nazionale per la sua disattivazione e per la fine della sua attività, e il rinvio, anch’esso di dieci anni, del termine inizialmente previsto da questo medesimo legislatore per la disattivazione e la cessazione della produzione industriale di energia elettrica di una centrale in attività – misure, queste, che implicano lavori di modernizzazione delle centrali interessate tali da incidere sulla realtà fisica dei siti – costituiscono un «progetto», ai sensi di tale direttiva, che deve, in linea di principio, e salvo le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, essere sottoposto a una valutazione dell’impatto ambientale prima dell’adozione di tali misure. La circostanza che l’attuazione di queste ultime implichi l’adozione di atti successivi, come il rilascio, per una delle centrali interessate, di una nuova autorizzazione individuale di produzione di energia elettrica a fini industriali, non è al riguardo determinante. I lavori inscindibilmente connessi alle suddette misure devono essere parimenti sottoposti a una simile valutazione prima dell’adozione di queste medesime misure, qualora – circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare – la loro natura e i loro potenziali effetti sull’ambiente siano sufficientemente individuabili in tale fase.

2.   Sulla sesta questione, sub d)

95

Con la sua sesta questione, sub d), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva VIA debba essere interpretato nel senso che un progetto come quello di cui trattasi nel procedimento principale può essere esentato da una valutazione dell’impatto ambientale per motivi connessi alla sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica dello Stato membro interessato.

96

In forza dell’articolo 2, paragrafo 4, primo comma, della direttiva VIA, gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della stessa, fatto salvo tuttavia l’articolo 7 di detta direttiva, relativo agli obblighi che incombono a uno Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione di un progetto che può avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro.

97

Sebbene non si possa escludere che la necessità di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica di uno Stato membro possa configurare un caso eccezionale, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, primo comma, della direttiva VIA, tale da giustificare l’esenzione di un progetto da una valutazione dell’impatto ambientale, occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafo 4, secondo comma, lettere da a) a c), di tale direttiva impone obblighi specifici agli Stati membri che intendono avvalersi di tale esenzione.

98

In tal caso, infatti, gli Stati membri considerati devono esaminare se sia opportuna un’altra forma di valutazione, mettere a disposizione del pubblico interessato le informazioni ottenute in tale ambito, informare la Commissione, prima del rilascio dell’autorizzazione, dei motivi che giustificano l’eccezione concessa e fornire alla stessa le informazioni che essi mettono, eventualmente, a disposizione dei propri cittadini.

99

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 150 delle sue conclusioni, tali obblighi non costituiscono mere formalità, bensì condizioni destinate a garantire il rispetto, per quanto possibile, degli obiettivi perseguiti dalla direttiva VIA.

100

Nel caso di specie, se è vero che spetta al giudice del rinvio verificare il rispetto da parte del Regno del Belgio di detti obblighi, si può sin d’ora constatare che la Commissione, nelle sue osservazioni scritte, precisa di non essere stata informata da tale Stato membro dell’attuazione della suddetta esenzione.

101

Inoltre, l’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva VIA consente di esentare un progetto dalla valutazione dell’impatto ambientale solo se lo Stato membro interessato è in grado di dimostrare che il rischio per la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica che esso adduce è ragionevolmente probabile e che tale progetto presenta un carattere di urgenza tale da giustificare l’assenza di siffatta valutazione. In più, come affermato al punto 96 della presente sentenza, una simile esenzione si applica fatto salvo l’articolo 7 di tale direttiva, relativo alla valutazione dei progetti che hanno un impatto transfrontaliero.

102

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla sesta questione, sub d), dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva VIA deve essere interpretato nel senso che esso autorizza uno Stato membro a esentare un progetto come quello di cui trattasi nel procedimento principale da una valutazione dell’impatto ambientale al fine di garantire la sicurezza del suo approvvigionamento di energia elettrica solo nel caso in cui tale Stato membro dimostri che il rischio per la sicurezza di tale approvvigionamento è ragionevolmente probabile e che il progetto in questione presenta un carattere di urgenza tale da giustificare l’assenza di una simile valutazione, e purché siano rispettati gli obblighi di cui all’articolo 2, paragrafo 4, secondo comma, lettere da a) a c), di tale direttiva. Una simile possibilità di esenzione, tuttavia, non fa venir meno gli obblighi che incombono allo Stato membro interessato in forza dell’articolo 7 di detta direttiva.

3.   Sulla settima questione

103

Con la sua settima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva VIA debba essere interpretato nel senso che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisce un atto legislativo nazionale specifico, ai sensi di tale disposizione, escluso, in forza di quest’ultima, dall’ambito di applicazione di tale direttiva.

104

Al riguardo, occorre ricordare che l’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva VIA, che ha ripreso il tenore letterale dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337, subordina l’esclusione di un progetto dall’ambito di applicazione della direttiva VIA al rispetto di due condizioni.

105

La prima condizione implica che il progetto sia adottato mediante un atto legislativo specifico, che presenta le stesse caratteristiche di un’autorizzazione. In particolare, esso deve conferire al committente il diritto di realizzare il progetto (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

106

Il progetto deve, inoltre, essere adottato nei dettagli, vale a dire in modo sufficientemente preciso e definitivo, di modo che l’atto legislativo che lo adotta comprenda, come un’autorizzazione, tutti gli elementi del progetto rilevanti ai fini della valutazione dell’impatto ambientale, che il legislatore deve aver preso in considerazione. L’atto legislativo deve attestare il conseguimento degli obiettivi della direttiva VIA riguardo al progetto in questione (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

107

Ne deriva che non può essere considerato come recante adozione dettagliata di un progetto, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva VIA, un atto legislativo che non comprenda gli elementi necessari per la valutazione dell’impatto ambientale del progetto o che richieda l’adozione di altri atti per conferire al committente il diritto di realizzare il progetto (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

108

La seconda condizione prevista all’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva VIA implica che gli obiettivi di tale direttiva, compreso quello della disponibilità delle informazioni, siano raggiunti tramite la procedura legislativa. Dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva in parola emerge che l’obiettivo essenziale di quest’ultima consiste nel garantire che, prima della concessione di un’autorizzazione, i progetti per i quali sia previsto un impatto ambientale rilevante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto ambientale (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

109

Di conseguenza, il legislatore deve disporre, al momento dell’adozione del progetto in questione, di informazioni sufficienti. Al riguardo, dall’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva VIA emerge che le informazioni che il committente deve fornire contengono almeno una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, alla sua concezione e alle sue dimensioni, una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare effetti negativi significativi, i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente, una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale, nonché una sintesi non tecnica di tali diverse informazioni (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, EU:C:2011:667, punto 43, nonché del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 37).

110

Nel caso di specie, spetta al giudice nazionale determinare se tali condizioni siano state rispettate, tenendo conto sia del contenuto dell’atto legislativo adottato sia di tutta la procedura legislativa che ha condotto alla sua adozione e, in particolare, degli atti preparatori e dei dibattiti parlamentari (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, EU:C:2011:667, punto 47, nonché del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 41).

111

Ciò posto, alla luce delle informazioni portate a conoscenza della Corte, sembra che ciò non sia avvenuto.

112

Sebbene, infatti, il giudice del rinvio menzioni l’esistenza di studi e di audizioni preliminari all’adozione della legge del 28 giugno 2015, dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta che il legislatore nazionale abbia avuto conoscenza delle informazioni di cui al punto 109 della presente sentenza per quanto riguarda sia le misure in questione nel procedimento principale sia i lavori inscindibilmente connessi a tali misure, in riferimento ai quali si è ritenuto, nell’ambito della risposta fornita alla sesta questione, da a) a c), che essi costituissero, congiuntamente, un medesimo progetto.

113

Inoltre, come risulta segnatamente dal punto 91 della presente sentenza, una legge come quella del 28 giugno 2015 potrebbe costituire solo una prima tappa nel processo di autorizzazione del progetto in esame nel procedimento principale, per quanto riguarda i lavori che esso implica, cosicché essa neppure soddisfarebbe una delle condizioni necessarie affinché il relativo progetto sia escluso dall’ambito di applicazione della direttiva VIA in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della stessa, ossia essere stato adottato nei dettagli, mediante un atto legislativo specifico.

114

Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla settima questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva VIA deve essere interpretato nel senso che una normativa nazionale come quella in questione nel procedimento principale non costituisce un atto legislativo nazionale specifico, ai sensi di tale disposizione, escluso, in forza di quest’ultima, dall’ambito di applicazione della direttiva in parola.

B. Sull’ottava questione, relativa alla direttiva habitat

1.   Sull’ottava questione, da a) a c)

115

Con la sua ottava questione, da a) a c), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, in combinato disposto con gli articoli 3 e 4 della direttiva uccelli e letto, eventualmente, alla luce della direttiva VIA, debba essere interpretato nel senso che misure come quelle in questione nel procedimento principale costituiscono, tenuto conto dei lavori di modernizzazione e di adeguamento alle norme di sicurezza attuali che esse implicano, un piano o un progetto sottoposto a valutazione, ai sensi del citato articolo 6, paragrafo 3, e, se del caso, se tale valutazione debba essere effettuata prima della loro adozione da parte del legislatore. Il giudice del rinvio chiede altresì se si debba distinguere al riguardo a seconda del fatto che tali misure siano relative all’una o all’altra delle due centrali di cui trattasi nel procedimento principale, tenuto conto della necessità, per una di esse, che vengano successivamente adottati atti di esecuzione, quali il rilascio di una nuova autorizzazione individuale di produzione di energia elettrica a fini industriali.

a)   Osservazioni preliminari

116

L’articolo 6 della direttiva habitat impone agli Stati membri un insieme di obblighi e di procedure specifiche intesi ad assicurare, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva, il mantenimento o, se del caso, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario, al fine di conseguire l’obiettivo più generale di questa medesima direttiva che è quello di garantire un livello elevato di tutela dell’ambiente per quanto riguarda i siti protetti in forza della stessa [v., in tal senso, sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 106 e giurisprudenza ivi citata].

117

L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat prevede una procedura di valutazione volta a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito interessato, ma tale da incidere in maniera significativa sullo stesso, sia autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito [sentenze del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 108 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 25 luglio 2018, Grace e Sweetman, C‑164/17, EU:C:2018:593, punto 38].

118

Tale medesimo articolo 6, paragrafo 3, distingue due fasi nella procedura di valutazione che esso prevede.

119

La prima, di cui alla prima frase di detta disposizione, richiede che gli Stati membri effettuino un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito protetto quando è probabile che tale piano o progetto pregiudichi in maniera significativa detto sito. La seconda, di cui alla seconda frase della stessa disposizione, che interviene una volta effettuata detta opportuna valutazione, subordina l’autorizzazione di un simile piano o progetto alla condizione che lo stesso non pregiudichi l’integrità del sito interessato, fatte salve le disposizioni del paragrafo 4 di tale articolo 6 (sentenza del 25 luglio 2018, Grace e Sweetman, C‑164/17, EU:C:2018:593, punto 32).

120

Inoltre, un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto implica che, prima dell’approvazione di quest’ultimo, devono essere individuati, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto di cui trattasi che possano, da soli o congiuntamente ad altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione del sito protetto. Le autorità nazionali competenti autorizzano un’attività solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che tale attività è priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità di detto sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun ragionevole dubbio da un punto di vista scientifico circa l’assenza di tali effetti (sentenza 7 novembre 2018, Holohan e a., C 461/17, EU:C:2018:883, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

121

Occorre anche indicare che, per quanto riguarda le zone classificate come zone di protezione speciale, gli obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat sostituiscono, conformemente all’articolo 7 di tale direttiva, gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva uccelli, a decorrere dalla data di classificazione in forza di tale direttiva qualora quest’ultima data sia successiva alla data di entrata in vigore della direttiva habitat [sentenze del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 109 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 25 luglio 2018, Grace e Sweetman, C‑164/17, EU:C:2018:593, punto 27].

b)   Sulla nozione di «progetto», ai sensi della direttiva habitat

122

Poiché la direttiva habitat non definisce la nozione di «progetto», ai sensi del suo articolo 6, paragrafo 3, occorre anzitutto tener conto della nozione di «progetto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VIA (v., in tal senso, sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, C‑127/02, EU:C:2004:482, punti 23, 2426; del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg, C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 38; del 17 luglio 2014, Commissione/GreciaC‑600/12, non pubblicata, EU:C:2014:2086, punto 75, nonché del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a., C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 60).

123

Inoltre, la Corte ha già statuito che, se un’attività rientra nell’ambito di applicazione della direttiva VIA, essa deve, a fortiori, rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva habitat (sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a., C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 65).

124

Ne consegue che, se un’attività è considerata un progetto, ai sensi della direttiva VIA, essa può costituire un progetto, ai sensi della direttiva habitat (sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a., C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 66).

125

Tenuto conto della risposta fornita alla sesta questione, da a) a c), si deve ritenere che misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, unitamente ai lavori ad esse inscindibilmente connessi, costituiscano un progetto, ai sensi della direttiva habitat.

126

È pacifico poi che il progetto in questione nel procedimento principale non è connesso o necessario alla gestione di un sito protetto.

127

Infine, occorre ricordare che il fatto che un’attività periodica sia stata autorizzata in virtù del diritto nazionale prima dell’entrata in vigore della direttiva habitat non costituisce, di per sé, un ostacolo a che siffatta attività possa essere considerata, in occasione di ogni successivo intervento, un progetto distinto ai sensi della direttiva in parola, con il rischio di sottrarre tale attività in maniera permanente a qualsiasi valutazione preventiva del suo impatto sul sito interessato (v., in tal senso, sentenze del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg, C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 41, nonché del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a., C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 77).

128

A tal fine, occorre valutare se, in considerazione segnatamente della loro frequenza, della loro natura o delle loro condizioni di esecuzione, talune attività debbano essere considerate un’unica operazione, e se possano essere considerate un unico e solo progetto ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat (v., in tal senso, sentenze del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg, C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 47, nonché del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a., C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 78).

129

Ciò non avverrebbe in assenza di continuità e di identità di un’attività, segnatamente in riferimento ai suoi luoghi e condizioni di esecuzione (sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a., C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 83).

130

Nel caso di specie, se è vero che l’attività di produzione industriale di energia elettrica delle centrali Doel 1 e Doel 2 era stata autorizzata prima dell’entrata in vigore della direttiva habitat, per un periodo illimitato, la legge del 31 gennaio 2003 ha tuttavia limitato a 40 anni tale periodo di attività, ossia fino al 15 febbraio 2015 per la centrale Doel 1 e fino al 1o dicembre 2015 per la centrale Doel 2. Come rilevato dal giudice del rinvio, le misure in questione nel procedimento principale hanno modificato tale scelta legislativa, il che ha, segnatamente, reso necessario la ripresa di una delle due centrali.

131

È altresì pacifico che, in occasione dell’attuazione di tali misure, l’attività di produzione industriale di tali due centrali non sarà realizzata in condizioni di esecuzione identiche a quelle inizialmente autorizzate, se non altro a causa dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e delle nuove norme di sicurezza applicabili, le quali giustificano, come ricordato ai punti da 64 a 66 della presente sentenza, la realizzazione di lavori di modernizzazione di ampia portata. Inoltre, dalla decisione di rinvio risulta che un’autorizzazione di produzione è stata concessa al gestore di dette centrali dopo l’entrata in vigore della direttiva habitat, in seguito a un aumento della loro potenza.

132

Ne consegue che misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, unitamente ai lavori ad esse connessi in maniera inscindibile, costituiscono un progetto distinto, soggetto alle regole di valutazione di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

133

La qualità di legislatore dell’autorità nazionale competente per approvare il piano o il progetto in questione è irrilevante. Contrariamente a quanto prevede la direttiva VIA, infatti, non si può derogare alla valutazione prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat in quanto l’autorità competente per autorizzare il progetto in questione è il legislatore (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 69).

c)   Sul rischio di incidenza significativa su un sito protetto

134

Dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’esigenza di un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat è subordinata alla condizione che sussista una probabilità o un rischio che esso pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, si ritiene che un siffatto rischio sussista in quanto non si può escludere, sulla base delle migliori conoscenze scientifiche in materia, che il piano o il progetto possa pregiudicare gli obiettivi di conservazione di tale sito. La valutazione del rischio va effettuata in particolare alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto [v., in tal senso, sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża),C‑441/17, EU:C:2018:255, punti 111112 e giurisprudenza ivi citata].

135

Nel caso di specie, come risulta da estratti di lavori parlamentari relativi alla legge del 28 giugno 2015 riprodotti nella decisione di rinvio, e come parimenti rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 24 a 26 delle sue conclusioni, le centrali che sono oggetto delle misure in questione nel procedimento principale, situate sulle rive dello Schelda, si trovano in prossimità di zone protette, ai sensi della direttiva habitat e della direttiva uccelli, istituite segnatamente a favore di specie protette di pesci e di ciclostomi che si sviluppano in tale fiume.

136

A tal riguardo, occorre ricordare che la circostanza che un progetto sia situato all’esterno di una zona Natura 2000 non dispensa dai requisiti enunciati all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat (v., in tal senso, sentenze del 10 gennaio 2006, Commissione/Germania, C‑98/03, EU:C:2006:3, punti 4451, nonché del 26 aprile 2017, Commissione/Germania, C‑142/16, EU:C:2017:301, punto 29).

137

Nel caso di specie, il progetto in esame nel procedimento principale – sia a causa della portata dei lavori che esso implica sia a causa della durata del prolungamento dell’attività di produzione industriale di energia elettrica delle due centrali che esso prevede – rischia palesemente di compromettere gli obiettivi di conservazione di siti protetti situati in prossimità, se non altro a causa delle modalità stesse di funzionamento di tali centrali, e in particolare dei prelievi di ingenti masse d’acqua effettuati nel vicino fiume per il sistema di raffreddamento nonché del rigetto di tali masse d’acqua, ma anche dell’esistenza del rischio di incidente grave che esso comporta (v., per analogia, sentenze del 10 gennaio 2006, Commissione/Germania, C‑98/03, EU:C:2006:3, punto 44, e del 26 aprile 2017, Commissione/Germania, C‑142/16, EU:C:2017:301, punto 30), senza che occorra effettuare una distinzione tra le situazioni delle due centrali.

138

Pertanto, un progetto come quello di cui trattasi nel procedimento principale può incidere in maniera significativa sui siti protetti, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

139

Da quanto precede risulta che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat deve essere interpretato nel senso che misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, unitamente ai lavori ad esse connessi in maniera inscindibile, costituiscono un progetto che deve formare oggetto di un’opportuna valutazione della sua incidenza sul sito interessato conformemente a tale direttiva, senza che si debba distinguere a seconda del fatto che tali misure siano relative all’una o all’altra delle due centrali in questione.

d)   Sul momento in cui la valutazione deve aver luogo

140

L’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva habitat precisa che, a seguito della realizzazione dell’opportuna valutazione, le autorità nazionali competenti «danno il loro accordo» su un piano soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito interessato e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

141

Ne consegue che una siffatta valutazione deve necessariamente intervenire prima di tale accordo.

142

Inoltre, sebbene la direttiva habitat non definisca le condizioni alle quali le autorità «danno il loro accordo» per un determinato progetto, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, di quest’ultima, la nozione di «autorizzazione» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva VIA è rilevante per definire il significato di tali termini.

143

Per analogia con quanto dichiarato dalla Corte in riferimento alla direttiva VIA, infatti, nel caso in cui il diritto nazionale preveda che la procedura di autorizzazione si svolga in più fasi, occorre ritenere che la valutazione richiesta dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat deve, in linea di principio, essere effettuata non appena siano sufficientemente individuabili tutti gli effetti che il progetto in questione può comportare su un sito protetto.

144

Di conseguenza, e per motivi simili a quelli enunciati ai punti da 87 a 91 della presente sentenza, una normativa nazionale quale la legge del 28 giugno 2015 presenta le caratteristiche di un accordo delle autorità nei confronti del progetto interessato, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, e la circostanza che l’attuazione di tale progetto debba essere oggetto di atti successivi, segnatamente, in riferimento a una delle due centrali interessate, di una nuova autorizzazione individuale di produzione di energia elettrica a fini industriali, non può giustificare l’assenza di un’opportuna valutazione della sua incidenza prima dell’adozione di tale normativa. Inoltre, per quanto riguarda i lavori inscindibilmente connessi alle misure in questione nel procedimento principale, essi devono essere sottoposti a valutazione, in tale fase della procedura di autorizzazione del progetto, qualora la loro natura e i loro effetti potenziali sui siti protetti siano sufficientemente individuabili, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

145

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere all’ottava questione, da a) a c), dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat deve essere interpretato nel senso che misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, unitamente ai lavori di modernizzazione e di adeguamento alle norme di sicurezza attuali, costituiscono un progetto soggetto a un’opportuna valutazione della sua incidenza sui siti protetti interessati. Tali misure devono essere oggetto di una simile valutazione prima della loro adozione da parte del legislatore. La circostanza che l’attuazione di dette misure implichi l’adozione di atti successivi, come il rilascio, per una delle centrali interessate, di una nuova autorizzazione individuale di produzione di energia elettrica a fini industriali, non è al riguardo determinante. I lavori inscindibilmente connessi a queste medesime misure devono essere parimenti sottoposti a una simile valutazione prima dell’adozione di queste ultime qualora, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, la loro natura e i loro potenziali effetti sui siti protetti siano sufficientemente individuabili in tale fase.

2.   Sull’ottava questione, sub d)

146

Con la sua ottava questione, sub d), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva habitat debba essere interpretato nel senso che l’obiettivo di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica di uno Stato membro costituisce un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico, ai sensi di tale disposizione.

147

In quanto disposizione derogatoria rispetto al criterio di autorizzazione previsto all’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva habitat, l’articolo 6, paragrafo 4, della medesima deve essere interpretato restrittivamente e può trovare applicazione solo dopo che gli effetti di un piano o di un progetto siano stati esaminati conformemente alle disposizioni di detto paragrafo 3 [sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 189 e giurisprudenza ivi citata].

148

In forza dell’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, della direttiva habitat, infatti, nel caso in cui, nonostante conclusioni negative della valutazione effettuata in conformità all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, di tale direttiva, un piano o un progetto debba tuttavia essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e in mancanza di soluzioni alternative, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata [v. in tal senso, sentenze del 20 settembre 2007, Commissione/Italia (C‑304/05, EU:C:2007:532, punto 81, e del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 190].

149

Inoltre, qualora nel sito interessato si trovino un tipo di habitat naturale o una specie prioritari, l’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva habitat prevede che possano essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

150

La conoscenza dell’incidenza di un piano o di un progetto con riferimento agli obiettivi di conservazione relativi al sito in questione costituisce, pertanto, un presupposto imprescindibile dell’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva habitat dato che, in assenza di tali elementi, non può essere valutato alcun requisito di applicazione di tale disposizione di deroga. L’esame di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e quello dell’esistenza di alternative meno dannose richiedono, infatti, una ponderazione con riferimento ai danni che il piano o il progetto in questione cagiona al sito. Inoltre, per determinare la natura di eventuali misure compensative, i danni al sito interessato devono essere individuati con precisione [sentenze del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, C‑304/05, EU:C:2007:532, punto 83, e del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 191 e giurisprudenza ivi citata].

151

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio emerge che l’ottava questione, sub d), si basa sulla premessa secondo cui gli studi e le audizioni effettuati nell’ambito della procedura di adozione delle misure in questione nel procedimento principale hanno permesso di procedere a una valutazione conforme ai requisiti enunciati all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

152

Tuttavia, oltre al fatto che dal fascicolo sottoposto alla Corte non risulta che tali studi e tali audizioni abbiano permesso di realizzare una valutazione dell’impatto ambientale conforme alle prescrizioni della direttiva VIA, spetterebbe in ogni caso al giudice del rinvio verificare se una simile valutazione possa parimenti soddisfare le prescrizioni della direttiva habitat (v., per analogia, sentenze del 22 settembre 2011, Valčiukienė e a., C‑295/10, EU:C:2011:608, punto 62, nonché del 10 settembre 2015, Dimos Kropias Attikis, C‑473/14, EU:C:2015:582, punto 58).

153

Perché ciò si verifichi, occorre in particolare, come ricordato al punto 120 della presente sentenza, che siano individuati, alla luce delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o del progetto di cui trattasi che possano, da soli o congiuntamente ad altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione dei siti protetti interessati [v., in tal senso, sentenze del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 113 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 25 luglio 2018, Grace e Sweetman, C‑164/17, EU:C:2018:593, punto 40].

154

Spetterebbe parimenti, se del caso, al giudice del rinvio verificare se gli studi e le audizioni effettuati nell’ambito della procedura di adozione delle misure in quesitone nel procedimento principale abbiano dato luogo a conclusioni negative, poiché, se così non è stato, non vi sarebbe luogo di applicare l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva habitat.

155

Quanto alla questione di stabilire se l’obiettivo di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica di uno Stato membro costituisca un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, della direttiva habitat, occorre ricordare che l’interesse idoneo a giustificare la realizzazione di un piano o di un progetto deve essere sia «pubblico» che «rilevante», il che comporta che sia di importanza tale da poter essere messo in bilanciamento con l’obiettivo, perseguito da tale direttiva, di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, compresa l’avifauna (sentenza dell’11 settembre 2012, Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a., C‑43/10, EU:C:2012:560, punto 121).

156

Al riguardo, si può rilevare che l’articolo 194, paragrafo 1, lettera b), TFUE individua la sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione europea come uno degli obiettivi fondamentali della politica dell’Unione nel settore dell’energia (sentenza del 7 settembre 2016, ANODE, C‑121/15, EU:C:2016:637, punto 48).

157

Inoltre, e in ogni caso, l’obiettivo di assicurare, in ogni momento, la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica in uno Stato membro soddisfa le condizioni ricordate al punto 155 della presente sentenza.

158

Tuttavia, nel caso in cui nel sito protetto sul quale può incidere un progetto si trovino un tipo di habitat naturale o una specie prioritari, ai sensi della direttiva habitat, soltanto la necessità di scongiurare una minaccia grave ed effettiva di interruzione dell’approvvigionamento di energia elettrica dello Stato membro interessato è tale da costituire, in circostanze come quelle di cui trattassi nel procedimento principale, un motivo di sicurezza pubblica che può, in forza dell’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, di tale direttiva, giustificare la realizzazione del progetto.

159

Di conseguenza, occorre rispondere all’ottava questione, sub d), dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, della direttiva habitat deve essere interpretato nel senso che l’obiettivo di assicurare, in ogni momento, la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica di uno Stato membro costituisce un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico, ai sensi di tale disposizione. L’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, di tale direttiva deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui nel sito protetto sul quale può incidere un progetto si trovino un tipo di habitat naturale o una specie prioritari, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, solo la necessità di scongiurare una minaccia grave ed effettiva di interruzione dell’approvvigionamento di energia elettrica dello Stato membro interessato è idonea a costituire, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, un motivo di sicurezza pubblica ai sensi di tale disposizione.

C. Sulle questioni prima, seconda e terza, relative alla Convenzione di Espoo

160

Con le sue questioni prima, seconda e terza, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la Convenzione di Espoo debba essere interpretata nel senso che misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale debbano essere sottoposte alla valutazione dell’impatto ambientale dalla stessa prevista.

161

Tuttavia, è stato rilevato, al punto 93 della presente sentenza, che misure come quelle in esame nel procedimento principale fanno parte di un progetto che può avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro e che deve essere sottoposto a una procedura di valutazione della sua incidenza transfrontaliera conforme all’articolo 7 della direttiva VIA, la quale tiene conto, come indicato dal suo considerando 15, delle prescrizioni della Convenzione di Espoo.

162

In tale contesto, non occorre pertanto rispondere alle questioni prima, seconda e terza, relative alla Convenzione di Espoo.

D. Sulle questioni quarta e quinta, relative alla Convenzione di Aarhus

163

Con le sue questioni quarta e quinta, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6 della Convenzione di Aarhus debba essere interpretato nel senso che i requisiti di partecipazione del pubblico che esso prevede si applicano a misure come quelle di cui al procedimento principale.

164

Dalla decisione di rinvio risulta che la Cour constitutionnelle (Corte costituzionale) solleva tali questioni a causa dei dubbi che essa nutre quanto all’applicabilità a tali misure della direttiva VIA, la quale, come emerge segnatamente dai suoi considerando da 18 a 20, è nondimeno destinata a prendere in considerazione quanto stipulato nella Convenzione di Aarhus.

165

Dalle risposte fornite alla sesta e alla settima questione risulta tuttavia che misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, unitamente ai lavori ad esse inscindibilmente connessi, costituiscono un progetto che deve essere sottoposto, prima della sua adozione, a una valutazione del suo impatto ambientale in forza della direttiva VIA.

166

Non occorre pertanto rispondere alla quarta e alla quinta questione.

E. Sulla nona questione, relativa al mantenimento degli effetti della legge in esame nel procedimento principale

167

Con la nona questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione consenta a un giudice nazionale di mantenere gli effetti di misure come quelle in questione nel procedimento principale per il tempo necessario per porre rimedio alla loro eventuale illegittimità alla luce delle direttive VIA e habitat.

168

A tal riguardo, occorre constatare che, sebbene la direttiva VIA imponga, al suo articolo 2, paragrafo 1, un obbligo di previa valutazione dei progetti coperti da tale disposizione, la direttiva habitat prevede parimenti, per quanto riguarda i progetti sottoposti a valutazione ai sensi del suo articolo 6, paragrafo 3, che gli Stati membri possono dare il loro accordo soltanto dopo aver avuto la certezza, in tale contesto, che l’integrità del sito in causa non sarà pregiudicata.

169

Ciò posto, né la direttiva VIA né la direttiva habitat precisano le conseguenze da trarre in caso di violazione degli obblighi che esse prescrivono.

170

Pertanto, in virtù del principio di leale cooperazione, sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, gli Stati membri sono tenuti a rimuovere le conseguenze illecite di tale violazione del diritto dell’Unione. Le autorità nazionali competenti devono pertanto adottare, nell’ambito delle loro competenze, tutti i provvedimenti necessari per rimediare all’omissione della valutazione dell’impatto ambientale, ad esempio revocando o sospendendo un’autorizzazione già rilasciata al fine di effettuare una tale valutazione (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Comune di Corridonia e a., C‑196/16 e C‑197/16, EU:C:2017:589, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

171

Un siffatto obbligo incombe altresì ai giudici nazionali investiti di un ricorso contro un atto nazionale che contiene una simile autorizzazione. Occorre, al riguardo, ricordare che le modalità procedurali applicabili a ricorsi di questo genere rientrano nell’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro in forza del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, purché, tuttavia, esse non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne, C‑41/11, EU:C:2012:103, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

172

Di conseguenza, i giudici aditi a tale riguardo devono, sul fondamento del proprio diritto nazionale, prendere provvedimenti diretti alla sospensione o all’annullamento dell’autorizzazione di un progetto adottato in violazione dell’obbligo di procedere a una valutazione ambientale (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre Wallonne, C‑41/11, EU:C:2012:103, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

173

È vero che la Corte ha parimenti dichiarato che il diritto dell’Unione non osta a che le norme nazionali consentano, in taluni casi, di regolarizzare operazioni o atti irregolari rispetto al diritto dell’Unione (sentenza del 26 luglio 2017, Comune di Corridonia e a., C‑196/16 e C‑197/16, EU:C:2017:589, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

174

Tuttavia, una siffatta possibilità di regolarizzazione deve essere subordinata alla condizione di non offrire agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione o di disapplicarle e di rimanere eccezionale (sentenza del 26 luglio 2017, Comune di Corridonia e a., C‑196/16 e C‑197/16, EU:C:2017:589, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

175

Pertanto, in caso di omissione di una valutazione dell’impatto ambientale di un progetto prescritta dalla direttiva VIA, se è vero che spetta agli Stati membri rimuoverne le conseguenze illecite, il diritto dell’Unione non osta a che una tale valutazione sia effettuata a titolo di regolarizzazione quando il progetto è in corso di realizzazione o anche dopo che sia stato realizzato, alla duplice condizione, da un lato, che le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non offrano agli interessati la possibilità di eludere le norme di diritto dell’Unione o di disapplicarle e, dall’altro, che la valutazione effettuata a titolo di regolarizzazione non si limiti all’impatto futuro di tale progetto sull’ambiente, ma prenda in considerazione il complesso degli effetti sull’ambiente intervenuti a partire dalla realizzazione di tale progetto (v., in tal senso, sentenze del 26 luglio 2017, Comune di Corridonia e a., C‑196/16 e C‑197/16, EU:C:2017:589, punto 43, nonché del 28 febbraio 2018, Comune di Castelbellino, C‑117/17, EU:C:2018:129, punto 30).

176

Per analogia, si deve ritenere che il diritto dell’Unione non osti neppure, e fatte salve le stesse condizioni, a che una simile regolarizzazione sia effettuata in caso di omissione della previa valutazione dell’incidenza del progetto interessato su un sito protetto, richiesta dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

177

Occorre aggiungere che solo la Corte può, eccezionalmente e per considerazioni imperative di certezza del diritto, concedere una sospensione provvisoria dell’effetto di disapplicazione esercitato da una norma di diritto dell’Unione rispetto a norme di diritto interno con essa in contrasto. Infatti, se i giudici nazionali avessero il potere di attribuire alle norme nazionali il primato, anche solo provvisoriamente, in caso di contrasto con il diritto dell’Unione, ne risulterebbe pregiudicata l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2010, Winner Wetten, C‑409/06, EU:C:2010:503, punti 6667, nonché del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement, C‑379/15, EU:C:2016:603, punto 33).

178

Tuttavia, la Corte ha parimenti dichiarato, al punto 58 della sua sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103), che un giudice nazionale – tenuto conto dell’esistenza di un’esigenza imperativa legata, come nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, alla protezione dell’ambiente e purché siano rispettate le condizioni elencate in tale sentenza – può essere eccezionalmente autorizzato ad applicare la disposizione nazionale che gli consente di mantenere determinati effetti di un atto nazionale annullato. Da detta sentenza risulta quindi che la Corte ha inteso riconoscere, caso per caso ed eccezionalmente, a un giudice nazionale la facoltà di amministrare gli effetti dell’annullamento di una norma nazionale dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione nel rispetto delle condizioni poste dalla giurisprudenza della Corte (v. in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement, C‑379/15, EU:C:2016:603, punto 34).

179

Nel caso di specie, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 177 della presente sentenza, spetta solo alla Corte determinare le condizioni alle quali può giustificarsi, in via eccezionale, il mantenimento degli effetti di misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale sulla base di considerazioni imperative attinenti alla sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica nello Stato membro interessato. A tal riguardo, considerazioni del genere possono giustificare il mantenimento degli effetti di misure nazionali adottate in violazione degli obblighi derivanti dalle direttive VIA e habitat soltanto se, nell’ipotesi di annullamento o di sospensione degli effetti di tali misure, vi sia una minaccia grave ed effettiva di interruzione dell’approvvigionamento di energia elettrica dello Stato membro interessato, cui non si potrebbe fare fronte mediante altri mezzi e alternative, in particolare nell’ambito del mercato interno.

180

Spetta al giudice del rinvio valutare se, tenuto conto degli altri mezzi e alternative di cui lo Stato membro interessato dispone per garantire l’approvvigionamento di energia elettrica sul suo territorio, il mantenimento eccezionale degli effetti delle misure contestate dinanzi ad esso è così giustificato dalla necessità di far fronte a una siffatta minaccia.

181

In ogni caso, un mantenimento del genere può coprire soltanto il lasso di tempo strettamente necessario per porre rimedio all’illegittimità.

182

Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla nona questione dichiarando che il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale può, se il diritto interno lo consente, eccezionalmente mantenere gli effetti di misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, che siano state adottate in violazione degli obblighi sanciti dalle direttive VIA e habitat, qualora tale mantenimento sia giustificato da considerazioni imperative connesse alla necessità di scongiurare una minaccia grave ed effettiva di interruzione dell’approvvigionamento di energia elettrica dello Stato membro interessato, cui non si potrebbe far fronte mediante altri mezzi e alternative, in particolare nell’ambito del mercato interno. Detto mantenimento può coprire soltanto il lasso di tempo strettamente necessario per porre rimedio a tale illegittimità.

IV. Sulle spese

183

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, l’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, devono essere interpretati nel senso che la ripresa, per un periodo di quasi dieci anni, della produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare non in funzione, che abbia l’effetto di rinviare di dieci anni la data inizialmente stabilita dal legislatore nazionale per la sua disattivazione e per la fine della sua attività, e il rinvio, anch’esso di dieci anni, del termine inizialmente previsto da questo medesimo legislatore per la disattivazione e la cessazione della produzione industriale di energia elettrica di una centrale in attività – misure, queste, che implicano lavori di modernizzazione delle centrali interessate tali da incidere sulla realtà fisica dei siti – costituiscono un «progetto», ai sensi di tale direttiva, che deve, in linea di principio, e salvo le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, essere sottoposto a una valutazione dell’impatto ambientale prima dell’adozione di tali misure. La circostanza che l’attuazione di queste ultime implichi l’adozione di atti successivi, come il rilascio, per una delle centrali interessate, di una nuova autorizzazione individuale di produzione di energia elettrica a fini industriali, non è al riguardo determinante. I lavori inscindibilmente connessi alle suddette misure devono essere parimenti sottoposti a una simile valutazione prima dell’adozione di queste medesime misure, qualora – circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare – la loro natura e i loro potenziali effetti sull’ambiente siano sufficientemente individuabili in tale fase.

 

2)

L’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2011/92 deve essere interpretato nel senso che esso autorizza uno Stato membro a esentare un progetto come quello di cui trattasi nel procedimento principale da una valutazione dell’impatto ambientale al fine di garantire la sicurezza del suo approvvigionamento di energia elettrica solo nel caso in cui tale Stato membro dimostri che il rischio per la sicurezza di tale approvvigionamento è ragionevolmente probabile e che il progetto in questione presenta un carattere di urgenza tale da giustificare l’assenza di una simile valutazione, e purché siano rispettati gli obblighi di cui all’articolo 2, paragrafo 4, secondo comma, lettere da a) a c), di tale direttiva. Una simile possibilità di esenzione, tuttavia, non fa venir meno gli obblighi che incombono allo Stato membro interessato in forza dell’articolo 7 di detta direttiva.

 

3)

L’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 2011/92 deve essere interpretato nel senso che una normativa nazionale come quella in questione nel procedimento principale non costituisce un atto legislativo nazionale specifico, ai sensi di tale disposizione, escluso, in forza di quest’ultima, dall’ambito di applicazione della direttiva in parola.

 

4)

L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, deve essere interpretato nel senso che misure come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, unitamente ai lavori di modernizzazione e di adeguamento alle norme di sicurezza attuali, costituiscono un progetto soggetto a un’opportuna valutazione della sua incidenza sui siti protetti interessati. Tali misure devono essere oggetto di una simile valutazione prima della loro adozione da parte del legislatore. La circostanza che l’attuazione di dette misure implichi l’adozione di atti successivi, come il rilascio, per una delle centrali interessate, di una nuova autorizzazione individuale di produzione di energia elettrica a fini industriali, non è al riguardo determinante. I lavori inscindibilmente connessi a queste medesime misure devono essere parimenti sottoposti a una simile valutazione prima dell’adozione di queste ultime qualora, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, la loro natura e i loro potenziali effetti sui siti protetti siano sufficientemente individuabili in tale fase.

 

5)

L’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, della direttiva 92/43 deve essere interpretato nel senso che l’obiettivo di assicurare, in ogni momento, la sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica di uno Stato membro costituisce un motivo imperativo di rilevante interesse pubblico, ai sensi di tale disposizione. L’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, di tale direttiva deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui nel sito protetto sul quale può incidere un progetto si trovino un tipo di habitat naturale o una specie prioritari, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, solo la necessità di scongiurare una minaccia grave ed effettiva di interruzione dell’approvvigionamento di energia elettrica dello Stato membro interessato è idonea a costituire, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, un motivo di sicurezza pubblica ai sensi di tale disposizione.

 

6)

Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale può, se il diritto interno lo consente, eccezionalmente mantenere gli effetti di misure, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, che siano state adottate in violazione degli obblighi sanciti dalle direttive 2011/92 e 92/43, qualora tale mantenimento sia giustificato da considerazioni imperative connesse alla necessità di scongiurare una minaccia grave ed effettiva di interruzione dell’approvvigionamento di energia elettrica dello Stato membro interessato, cui non si potrebbe far fronte mediante altri mezzi e alternative, in particolare nell’ambito del mercato interno. Detto mantenimento può coprire soltanto il lasso di tempo strettamente necessario per porre rimedio a tale illegittimità.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.