SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

11 settembre 2012 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Direttive 85/337/CEE, 92/43/CEE, 2000/60/CE e 2001/42/CE — Azione comunitaria in materia di acque — Deviazione del corso di un fiume — Nozione di “termine” per l’elaborazione dei piani di gestione dei distretti idrografici»

Nella causa C-43/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia), con decisione del 9 ottobre 2009, pervenuta in cancelleria il 25 gennaio 2010, nel procedimento

Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias,

Dimos Agriniou,

Dimos Oiniádon,

Emporiko kai Viomichaniko Epimelitirio Aitoloakarnanias,

Enosi Agrotikon Synetairismon Agriniou,

Aitoliki Etaireia Prostasias Topiou kai Perivallontos,

Elliniki Ornithologiki Etaireia,

Elliniki Etaireia gia tin prostasia tou Perivallontos kai tis Politistikis Klironomias,

Dimos Mesologiou,

Dimos Aitolikou,

Dimos Inachou,

Topiki Enosi Dimon kai Koinotiton Nomou Aitoloakarnanias,

Pagkosmio Tameio gia ti Fysi WWF Ellas

contro

Ypourgos Perivallontos, Chorotaxias kai Dimosion ergon,

Ypourgos Esoterikon, Dimosias Dioikisis kai Apokentrosis,

Ypourgos Oikonomias kai Oikonomikon,

Ypourgos Anaptyxis,

Ypourgos Agrotikis Anaptyxis kai Trofimon,

Ypourgos Politismou,

con l’intervento di:

Nomarchiaki Aftodioikisi Trikalon,

Nomarchiaki Aftodioikisi Magnisias,

Dimosia Epicheirisi Ilektrismou AE (DEI),

Nomarchiaki Aftodioikisi Karditsas,

Nomarchiaki Aftodioikisi Larisas,

Topiki Enosi Dimon kai Koinotiton tou Nomou Trikalon,

Topiki Enosi Dimon kai Koinotiton tou Nomou Larisis,

Topiki Enosi Dimon kai Koinotiton tou Nomou Karditsas,

Techniko Epimelitirio Elladas – Perifereiako Tmima Kentrikis kai Dytikis Thessalias,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot e U. Lõhmus, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, E. Levits, A. Ó Caoimh, L. Bay Larsen (relatore), T. von Danwitz, A. Arabadjiev e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 maggio 2011,

considerate le osservazioni presentate:

per la Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias, il Dimos Agriniou, il Dimos Oiniádon, l’Emporiko kai Viomichaniko Epimelitirio Aitoloakarnanias, la Enosi Agrotikon Synetairismon Agriniou, la Aitoliki Etaireia Prostasias Topiou kai Perivallontos, la Elliniki Ornithologiki Etaireia, la Elliniki Etaireia gia tin prostasia tou Perivallontos kai tis Politistikis Klironomias, il Dimos Mesologiou, il Dimos Aitolikou, il Dimos Inachou, la Topiki Enosi Dimon kai Koinotiton Nomou Aitoloakarnanias, nonché il Pagkosmio Tameio gia ti Fysi WWF Ellas, da C. Rokofyllos, G. Christoforidis, V. Dorovinis, N. Alevizatos, M. Asimakopoulou, E. Kiousopoulou e N. Chatzis, dikigoroi;

per la Nomarchiaki Aftodioikisi Trikalon, da A. Tigkas, dikigoros;

per la Nomarchiaki Aftodioikisi Magnisias, da X. Kontiadis, dikigoros;

per la Dimosia Epicheirisi Ilektrismou AE (DEI), da C. Synodinos e F.-A. Mouratian, dikigoroi;

per la Nomarchiaki Aftodioikisi Karditsas, da A. Kormalis, dikigoros;

per la Nomarchiaki Aftodioikisi Larisas, la Topiki Enosi Dimon kai Koinotiton tou Nomou Trikalon, la Topiki Enosi Dimon kai Koinotiton tou Nomou Larisis, la Topiki Enosi Dimon kai Koinotiton tou Nomou Karditsas, nonché il Techniko Epimelitirio Elladas – Perifereiako Tmima Kentrikis kai Dytikis Thessalias, da S. Flogaïtis, A. Sinis e G. Sioiuti, dikigoroi;

per il governo ellenico, da G. Karipsiadis, C. Mitkidis e K. Kardakastanis, in qualità di agenti;

per il governo norvegese, da K. Moe Winther e I. Thue, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da D. Recchia e S. Petrova nonché da I. Chatzigiannis e P. Oliver, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 settembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327, pag. 1, e – per rettifica – GU 2006, L 113, pag. 26), della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003 (GU L 156, pag. 17; in prosieguo: la «direttiva 85/337»), della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197, pag. 30), e della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7).

2

Tale domanda è stata proposta nell’ambito di vari ricorsi di annullamento proposti dalla Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias (amministrazione prefettizia della provincia di Aitoloakarnania) e da altri enti e associazioni contro l’Ypourgos Perivallontos, Chorotaxias kai Dimosion ergon (Ministro dell’Ambiente, dell’Urbanistica e dei Lavori pubblici) e contro altri ministri, e aventi ad oggetto atti relativi al progetto di parziale deviazione del corso superiore delle acque del fiume Acheloo (Grecia occidentale) verso il fiume Peneo, in Tessaglia.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

La direttiva 2000/60

3

I considerando 19, 20, 25 e 32 della direttiva 2000/60 hanno il seguente tenore:

«(19)

La presente direttiva intende mantenere e migliorare l’ambiente acquatico all’interno della Comunità. Tale obiettivo riguarda principalmente la qualità delle acque interessate. Il controllo della quantità è un elemento secondario fra quelli che consentono di garantire una buona qualità idrica e pertanto si dovrebbero istituire altresì misure riguardanti l’aspetto quantitativo ad integrazione di quelle che mirano a garantire una buona qualità.

(20)

Lo stato quantitativo di un corpo idrico sotterraneo può influire sulla qualità ecologica delle acque superficiali e sugli ecosistemi terrestri connessi a tale corpo idrico sotterraneo.

(...)

(25)

È opportuno stabilire definizioni comuni di stato delle acque, sotto il profilo qualitativo e anche, laddove ciò si riveli importante per la protezione dell’ambiente, sotto il profilo quantitativo. Si dovrebbero fissare obiettivi ambientali per raggiungere un buono stato delle acque superficiali e sotterranee in tutta la Comunità e impedire il deterioramento dello stato delle acque a livello comunitario.

(...)

(32)

A precise condizioni, vi possono essere motivi per dispensare dall’obbligo di prevenire un ulteriore deterioramento o di conseguire un buono stato, se il mancato raggiungimento dei risultati è dovuto a circostanze impreviste o eccezionali, in particolare inondazioni o siccità o a motivi di interesse pubblico di primaria importanza, o a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello dei corpi sotterranei, purché sia fatto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico».

4

L’articolo 2 della citata direttiva definisce i seguenti termini:

«(...)

10)

“corpo idrico superficiale”: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;

(...)

13)

“bacino idrografico”: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;

14)

“sottobacino”: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d’acqua (di solito un lago o la confluenza di un fiume);

15)

“distretto idrografico”: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che, a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, è definito la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

(...)

17)

“stato delle acque superficiali”: espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;

18)

“buono stato delle acque superficiali”: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno “buono”;

19)

“stato delle acque sotterranee”: espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;

20)

“buono stato delle acque sotterranee”: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno “buono”;

21)

“stato ecologico”: espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell’allegato V;

22)

“buono stato ecologico”: stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all’allegato V;

(...)

24)

“buono stato chimico delle acque superficiali”: stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), ossia lo stato [chimico] raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non supera gli standard di qualità ambientali fissati dall’allegato IX, e in forza dell’articolo 16, paragrafo 7, e di altre normative comunitarie pertinenti che istituiscono standard di qualità ambientale a livello comunitario;

25)

“buono stato chimico delle acque sotterranee”: stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella 2.3.2 dell’allegato V;

26)

“stato quantitativo”: espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;

(...)

28)

“buono stato quantitativo”: stato definito nella tabella 2.1.2 dell’allegato V;

(...)».

5

L’articolo 3, paragrafi 1 e 4, della medesima direttiva così dispone:

«1.   Gli Stati membri individuano i singoli bacini idrografici presenti nel loro territorio e, ai fini della presente direttiva, li assegnano a singoli distretti idrografici. Ove opportuno, è possibile accomunare in un unico distretto bacini idrografici di piccole dimensioni e bacini di dimensioni più grandi, oppure unificare piccoli bacini limitrofi. Qualora le acque sotterranee non rientrino interamente in un bacino idrografico preciso, esse vengono individuate e assegnate al distretto idrografico più vicino o più consono. Le acque costiere vengono individuate e assegnate al distretto idrografico o ai distretti idrografici più vicini o più consoni.

(...)

4.   Gli Stati membri provvedono affinché i requisiti stabiliti dalla presente direttiva per conseguire gli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4, in particolare tutti i programmi di misure, siano coordinati in tutto il distretto idrografico. (...)»

6

L’articolo 4 della direttiva 2000/60 è così formulato:

«1.   Nel rendere operativi i programmi di misure specificate nei piani di gestione dei [distretti] idrografici:

a)

Per le acque superficiali

i)

gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali, fatta salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e fermo restando il paragrafo 8;

ii)

gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici superficiali, salva l’applicazione del punto iii) per i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;

(...)

b)

Per le acque sotterranee

i)

gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire o limitare l’immissione di inquinanti nelle acque sotterranee e per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici sotterranei, salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8 del presente articolo e salva l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera j);

ii)

gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano i corpi idrici sotterranei, e assicurano un equilibrio tra l’estrazione e il ravvenamento delle acque sotterranee al fine di conseguire un buono stato delle acque sotterranee in base alle disposizioni di cui all’allegato V, entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, salvo il paragrafo 8 e salva l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera [j)];

(...)

(...)

4.   A condizione che non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico in questione, è possibile prorogare i termini fissati dal paragrafo 1 allo scopo di conseguire gradualmente gli obiettivi per quanto riguarda i corpi idrici, [qualora] sussistano tutte le seguenti condizioni:

a)

gli Stati membri stabiliscono che tutti i miglioramenti necessari dello stato dei corpi idrici non possono essere ragionevolmente raggiunti entro i termini fissati nel suddetto paragrafo per almeno uno dei seguenti motivi:

i)

la portata dei miglioramenti necessari può essere attuata, per motivi di realizzabilità tecnica, solo in fasi che superano il periodo stabilito;

ii)

il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente costoso;

iii)

le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato del corpo idrico nei tempi richiesti;

b)

la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate e spiegate nel piano di gestione [del distretto idrografico] prescritto dall’articolo 13;

c)

le proroghe non superano il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti del piano di gestione del [distretto] idrografico, tranne i casi in cui le condizioni naturali non consentono di conseguire gli obiettivi entro tale periodo;

d)

nel piano di gestione del [distretto] idrografico figurano un elenco delle misure previste dall’articolo 11 e considerate necessarie affinché i corpi idrici raggiungano progressivamente lo stato richiesto entro il termine prorogato, la giustificazione di ogni significativo ritardo nell’attuazione di tali misure, nonché il relativo calendario di attuazione. Negli aggiornamenti del piano di gestione del [distretto] idrografico devono essere inclusi un riesame dell’attuazione di tali misure e un elenco delle eventuali misure aggiuntive.

5.   Gli Stati membri possono prefiggersi di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli previsti dal paragrafo 1, per corpi idrici specifici, qualora, a causa delle ripercussioni dell’attività umana, definita ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, o delle loro condizioni naturali, il conseguimento di tali obiettivi sia non fattibile o esageratamente oneroso, e ricorrano le seguenti condizioni:

a)

i bisogni ambientali e socioeconomici cui sono finalizzate dette attività umane del corpo idrico non possono essere soddisfatti con altri mezzi i quali rappresentino un’opzione significativamente migliore sul piano ambientale e tale da non comportare oneri esagerati;

b)

gli Stati membri garantiscono:

per le acque superficiali, il raggiungimento del migliore stato ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non avrebbero potuto ragionevolmente essere evitati data la natura dell’attività umana o dell’inquinamento,

per le acque sotterranee, le minime modifiche possibili [al buono] stato delle acque sotterranee, tenuto conto degli impatti che non avrebbero potuto ragionevolmente essere evitati data la natura dell’attività umana o dell’inquinamento;

c)

non si verifica alcun ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico in questione;

d)

gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del [distretto] idrografico prescritto dall’articolo 13 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni.

6.   Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali [o] ragionevolmente imprevedibili, in particolare alluvioni violente e siccità prolungate, o in esito a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non costituisce una violazione delle prescrizioni della presente direttiva, purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a)

è fatto tutto il possibile per impedire un ulteriore deterioramento dello stato e per non compromettere il raggiungimento degli obiettivi della presente direttiva in altri corpi idrici non interessati da dette circostanze;

b)

il piano di gestione del [distretto] idrografico prevede espressamente le situazioni in cui possono essere dichiarate dette circostanze ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;

c)

le misure da adottare quando si verificano tali circostanze eccezionali sono contemplate nel programma di misure e non compromettono il ripristino della qualità del corpo idrico una volta superate le circostanze in questione;

d)

gli effetti delle circostanze eccezionali o imprevedibili sono sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui al paragrafo 4, lettera a), è fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente agli effetti di tali circostanze;

e)

una sintesi degli effetti delle circostanze e delle misure adottate o da adottare a norma delle lettere a) e d) [viene] inserita nel successivo aggiornamento del piano di gestione del [distretto] idrografico.

7.   Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:

il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o

l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuta a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,

purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a)

è fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

b)

le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del [distretto] idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;

c)

le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e

d)

per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.

8.   Gli Stati membri, nell’applicare i paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7, assicurano che l’applicazione non pregiudichi la realizzazione degli obiettivi della presente direttiva in altri corpi idrici dello stesso distretto idrografico e che essa sia coerente con l’attuazione di altri atti normativi comunitari in materia di ambiente.

9.   È necessario prendere provvedimenti per garantire che l’applicazione delle nuove disposizioni, inclusa l’applicazione dei paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7, garantisca almeno il medesimo livello di protezione rispetto alla vigente legislazione comunitaria».

7

L’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 detta le seguenti norme:

«1.   Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, o parte di distretto idrografico internazionale compreso nel loro territorio, siano effettuati, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati II e III, e completati entro quattro anni dall’entrata in vigore della presente direttiva:

un’analisi delle caratteristiche del distretto,

un esame dell’impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, e

un’analisi economica dell’utilizzo idrico».

8

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva suddetta recita:

«Gli Stati membri provvedono all’istituzione di uno o più registri di tutte le aree di ciascun distretto idrografico alle quali è stata attribuita una protezione speciale in base alla specifica normativa comunitaria al fine di proteggere le acque superficiali e sotterranee ivi contenute o di conservarne gli habitat e le specie presenti che dipendono direttamente dall’ambiente acquatico. Essi provvedono affinché i registri delle aree protette siano ultimati entro quattro anni dall’entrata in vigore della presente direttiva».

9

La disciplina dettata dall’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della medesima direttiva è la seguente:

«Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base all’allegato III e, in particolare, secondo il principio “chi inquina paga”».

10

L’articolo 11, paragrafo 7, della direttiva 2000/60 così dispone:

«I programmi di misure sono approntati entro nove anni dall’entrata in vigore della presente direttiva e tutte le misure sono applicate entro 12 anni da tale data».

11

L’articolo 13 della direttiva in parola stabilisce quanto segue:

«1.   Per ciascun distretto idrografico interamente compreso nel suo territorio, ogni Stato membro provvede a far predisporre un piano di gestione del [distretto] idrografico.

(...)

4.   Il piano di gestione del [distretto] idrografico comprende le informazioni riportate all’allegato VII.

5.   I piani di gestione dei [distretti] idrografici possono essere integrati da programmi e piani di gestione più dettagliati per sotto-bacini, settori, problematiche o categorie di acque al fine di affrontare aspetti particolari della gestione idrica. L’attuazione di tali misure non esenta gli Stati membri dagli obblighi loro imposti dal resto della presente direttiva.

6.   I piani di gestione dei [distretti] idrografici sono pubblicati entro nove anni dall’entrata in vigore della presente direttiva.

7.   I piani di gestione dei [distretti] idrografici sono riesaminati e aggiornati entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni sei anni».

12

L’articolo 14 della direttiva sopra citata è il seguente:

«1.   Gli Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della presente direttiva, in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione dei [distretti] idrografici. Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti:

a)

il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese[,] almeno tre anni prima dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce;

b)

una valutazione globale provvisoria dei problemi di gestione delle acque importanti, identificati nel bacino idrografico, almeno due anni prima dell’inizio del periodo cui si riferisce il piano;

c)

copie del progetto del piano di gestione del [distretto] idrografico, almeno un anno prima dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce.

Su richiesta, si autorizza l’accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del piano di gestione del [distretto] idrografico.

2.   Per garantire l’attiva partecipazione e la consultazione, gli Stati membri concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti in questione.

3.   I paragrafi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei piani in questione».

13

L’articolo 15 della medesima direttiva così dispone:

«1.   Entro tre mesi dalla loro pubblicazione, gli Stati membri inviano alla Commissione e agli altri Stati membri interessati copia dei piani di gestione dei [distretti] idrografici e di tutti gli aggiornamenti successivi:

a)

per i distretti idrografici interamente situati nel territorio di uno Stato membro, tutti i piani di gestione dei [distretti] idrografici relativi al loro territorio nazionale e pubblicati a norma dell’articolo 13;

b)

per i distretti idrografici internazionali, almeno la parte dei piani di gestione dei [distretti] idrografici che riguarda il territorio dello Stato membro.

2.   Gli Stati membri presentano, entro tre mesi dal loro completamento, relazioni sintetiche:

delle analisi richieste a norma dell’articolo 5, e

dei programmi di monitoraggio di cui all’articolo 8,

effettuati per le finalità previste dai piani di gestione dei [distretti] idrografici.

3.   Gli Stati membri, entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun piano di gestione dei [distretti] idrografici o dall’aggiornamento previsto all’articolo 13, presentano una relazione provvisoria che riferisce i progressi realizzati nell’attuazione del programma di misure previsto».

14

A norma dell’articolo 24, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2000/60, gli Stati membri erano tenuti a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla citata direttiva entro il 22 dicembre 2003 e a darne immediata comunicazione alla Commissione.

La direttiva 85/337

15

L’articolo 1 della direttiva 85/337 è così formulato:

«1.   La presente direttiva si applica alla valutazione dell’impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale importante.

2.   Ai sensi della presente direttiva si intende per:

progetto:

la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,

altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;

committente:

il richiedente dell’autorizzazione relativa ad un progetto privato o la pubblica autorità che prende l’iniziativa relativa a un progetto;

autorizzazione:

decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso;

pubblico:

una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

pubblico interessato:

pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse.

(...)

5.   La presente direttiva non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa».

16

L’articolo 2, paragrafo 1, di detta direttiva stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. (...)».

17

L’articolo 5, paragrafo 3, della medesima direttiva così dispone:

«Le informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1 comprendono almeno:

una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e dimensioni;

una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi;

i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente;

una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale;

una sintesi non tecnica delle informazioni indicate nei precedenti trattini».

18

L’articolo 6 della direttiva 85/337 è così formulato:

«1.   Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilità in materia di ambiente, abbiano la possibilità di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione. A tal fine, gli Stati membri designano le autorità da consultare, in generale o caso per caso. Queste autorità ricevono le informazioni raccolte a norma dell’articolo 5. Le modalità della consultazione sono stabilite dagli Stati membri.

2.   Il pubblico è informato, attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata quali mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, in una fase precoce delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2 e, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, sui seguenti aspetti:

a)

la domanda di autorizzazione;

b)

il fatto che il progetto sia soggetto ad una procedura di valutazione dell’impatto ambientale ed, eventualmente, che sia applicabile l’articolo 7;

c)

informazioni sulle autorità competenti responsabili dell’adozione della decisione, quelle da cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto, quelle cui possono essere presentati osservazioni o quesiti, nonché indicazioni sui termini per la trasmissione di osservazioni o quesiti;

d)

la natura delle possibili decisioni o l’eventuale progetto di decisione;

e)

l’indicazione circa la disponibilità delle informazioni raccolte ai sensi dell’articolo 5;

f)

l’indicazione dei tempi e dei luoghi in cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto e le modalità alle quali esse sono rese disponibili;

g)

le modalità precise della partecipazione del pubblico ai sensi del paragrafo 5 del presente articolo.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché, entro scadenze ragionevoli, il pubblico interessato abbia accesso:

a)

a qualsiasi informazione raccolta ai sensi dell’articolo 5;

b)

conformemente alla legislazione nazionale, ai principali rapporti e [pareri] resi alla o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo;

c)

conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale [(GU L 41, pag. 26)], alle informazioni diverse da quelle previste al paragrafo 2 del presente articolo che sono rilevanti per la decisione conformemente all’articolo 8 e che [divengono] disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo.

(...)».

19

L’articolo 8 della citata direttiva recita:

«I risultati delle consultazioni e le informazioni raccolte a norma degli articoli 5, 6 e 7 debbono essere presi in considerazione nel quadro della procedura di autorizzazione».

20

L’articolo 9, paragrafo 1, della medesima direttiva è così redatto:

«Non appena sia stata adottata una decisione in merito alla concessione o al rifiuto dell’autorizzazione, l’autorità o le autorità competenti ne informano il pubblico in base ad adeguate procedure e rendono disponibili allo stesso le seguenti informazioni:

il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l’accompagnano,

tenuto conto delle preoccupazioni e dei pareri del pubblico interessato, i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, incluse informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico,

una descrizione, ove necessario, delle principali misure al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi».

La direttiva 2001/42

21

L’articolo 2 della direttiva 2001/42 stabilisce quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva:

a)

per “piani e programmi” s’intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche

che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e

che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;

(...)».

22

L’articolo 3, paragrafo 2, di detta direttiva così dispone:

«Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi,

a)

che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE, o

b)

per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE».

La direttiva 92/43

23

A mente del terzo considerando della direttiva 92/43, poiché «[lo] scopo principale [di quest’ultima] è promuovere il mantenimento della biodiversità, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali, [detta direttiva] contribuisce all’obiettivo generale di uno sviluppo [sostenibile]; (...) il mantenimento di detta biodiversità può in taluni casi richiedere il mantenimento e [persino] la promozione di attività umane».

24

L’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva suddetta recita:

«Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali».

25

L’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva è così formulato:

«È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

La rete “Natura 2000” comprende anche le zone di protezione speciale [(in prosieguo: le «ZPS»)] classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE [del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1)]».

26

L’articolo 4 della direttiva 92/43 dichiara:

«1.   In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 1) e alle informazioni scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti. (...)

L’elenco viene trasmesso alla Commissione entro il triennio successivo alla notifica della presente direttiva, contemporaneamente alle informazioni su ogni sito. Tali informazioni comprendono una mappa del sito, la sua denominazione, la sua ubicazione, la sua estensione, nonché i dati risultanti dall’applicazione dei criteri specificati nell’allegato III (fase 1) e sono fornite sulla base di un formulario elaborato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21.

2.   In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 2) e nell’ambito di ognuna delle cinque regioni biogeografiche di cui all’articolo 1, lettera c), punto iii), e dell’insieme del territorio di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria [(in prosieguo: i «SIC»)], sulla base degli elenchi degli Stati membri, in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie.

(...)

L’elenco dei siti selezionati come [SIC] in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie è fissato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21.

3.   L’elenco menzionato al paragrafo 2 è elaborato entro un termine di sei anni dopo la notifica della presente direttiva.

4.   Quando un [SIC] è stato scelto a norma della procedura di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato designa tale sito come zona speciale di conservazione il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali di cui all’allegato I o di una o più specie di cui all’allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che incombono su detti siti.

5.   Non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4».

27

L’articolo 6, paragrafi 2-4, della direttiva di cui sopra stabilisce quanto segue:

«2.   Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3.   Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso [o] necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una [adeguata] valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4.   Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

28

L’articolo 7 della direttiva in parola ha il tenore che segue:

«Gli obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 79/409/CEE, per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva a decorrere dalla data di [attuazione] della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 79/409/CEE, qualora essa sia posteriore».

La direttiva 79/409/CEE

29

L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 79/409 così dispone:

«1.   Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.

(...)

Gli Stati membri classificano in particolare come [ZPS] i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie, tenuto conto delle necessità di protezione di queste ultime nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva.

2.   Analoghe misure vengono adottate dagli Stati membri per le specie migratrici non menzionate nell’allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo, gli Stati membri attribuiscono una importanza particolare alla protezione delle zone umide e specialmente delle zone d’importanza internazionale».

Procedimento a quo e questioni pregiudiziali

30

Il procedimento a quo verte su un progetto di deviazione parziale del corso superiore delle acque del fiume Acheloo verso la Tessaglia (in prosieguo: il «progetto controverso nel giudizio principale»). Tale progetto di ampio respiro, inteso a soddisfare non soltanto i bisogni di irrigazione della regione della Tessaglia e di produzione di elettricità, ma anche l’approvvigionamento idrico di agglomerati urbani di tale regione, ha costituito l’oggetto di un lungo contenzioso. Varie azioni giudiziali, miranti ad ottenere l’annullamento dei decreti ministeriali di approvazione delle successive versioni di tale progetto, sono state instaurate da organizzazioni ambientali, da organizzazioni non governative internazionali, nonché da enti locali territoriali interessati.

31

I parametri ambientali per alcune singole opere tecniche, rientranti nella cornice del suddetto progetto, erano stati inizialmente approvati mediante due decisioni dei ministri competenti in data 9 ottobre 1991 e 21 aprile 1992 e riguardavano un tunnel di 18,5 chilometri per l’incanalamento delle acque del fiume Acheloo verso la Tessaglia, nonché alcune dighe e bacini idrici artificiali, con le opere afferenti a tale progetto.

32

Queste due decisioni ministeriali sono state annullate, rispettivamente, mediante le sentenze n. 2759/1994 e n. 2760/1994 del Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato), a motivo del fatto che esse non erano fondate su alcuno studio completo dell’impatto ambientale del progetto controverso nel giudizio principale. Detto giudice ha ritenuto che la deviazione di una parte delle acque del fiume Acheloo verso la pianura di Tessaglia costituisse un progetto tecnico complesso e di grande ampiezza, la cui incidenza complessiva sull’ambiente delle zone interessate non si limitava alla somma delle conseguenze strettamente locali di ciascuna delle opere singolarmente prese. Di conseguenza, al fine di misurare e valutare le conseguenze di tale progetto, non sarebbe stato sufficiente rilevare l’impatto ambientale di ciascuna delle opere separatamente prese, bensì sarebbe stato al contrario necessario approntare uno studio d’insieme nel quale fossero esaminate e valutate congiuntamente, in base ad un metodo scientifico appropriato, le diverse specifiche conseguenze nonché l’impatto successivo di detto progetto sull’ambiente.

33

A seguito delle citate sentenze, si è proceduto ad uno studio unico riguardante l’insieme delle opere da realizzare nell’ambito del progetto controverso nel giudizio principale. Così, mediante una loro decisione congiunta in data 15 dicembre 1995, i ministri competenti hanno approvato i parametri ambientali concernenti la deviazione parziale verso la Tessaglia del corso superiore delle acque del fiume Acheloo, come pure la realizzazione e il funzionamento delle opere connesse a tale operazione, tra le quali rientravano, in particolare, alcune centrali idroelettriche. Inoltre, mediante un’altra decisione ministeriale, il volume massimo di acqua deviabile è stato ridotto da 1100 a 600 milioni di m3 per anno.

34

Tali decisioni sono state impugnate con un nuovo ricorso di annullamento, che è stato accolto dalla sentenza n. 3478/2000 del Symvoulio tis Epikrateias. Tale giudice ha statuito che, tenuto conto delle constatazioni e delle valutazioni operate nello studio di valutazione dell’impatto ambientale (in prosieguo: la «VIA»), risultava che quest’ultimo conteneva un’analisi approfondita e documentata dell’impatto di tali opere messo a confronto con i bisogni che queste dovevano soddisfare e, in particolare, con il mantenimento e il rafforzamento della produttività della pianura di Tessaglia. Tuttavia, detto giudice ha statuito anche che lo studio summenzionato non esaminava alcuna soluzione alternativa che consentisse di evitare la distruzione della maggior parte dei monumenti importanti della regione interessata. Di conseguenza, le suddette decisioni sono state interamente annullate.

35

Dopo che il Symvoulio tis Epikrateias aveva emesso tale sentenza, il Ministero dell’Ambiente e dei Lavori pubblici ha deciso di far realizzare uno «studio integrativo dell’impatto ambientale della deviazione parziale verso la Tessaglia delle acque del fiume Acheloo». Risulta da tale studio, realizzato nel 2002, che la sua finalità era, in particolare, di esplorare progetti completi alternativi a detta deviazione, di presentare i nuovi dati ambientali apparsi nel frattempo nelle zone interessate dai lavori e di precisare l’impatto ambientale nonché le misure correttive, alla luce degli studi tecnici specifici realizzati sulle zone suddette successivamente alla conclusione dello studio di valutazione dell’impatto ambientale realizzato nel 1995. Il suddetto studio integrativo è stato approvato mediante una decisione del Ministro della Cultura del 13 marzo 2003.

36

Successivamente, i ministri competenti hanno emesso la loro decisione congiunta in data 19 marzo 2003, mediante la quale sono stati approvati i parametri ambientali applicabili alla costruzione e al funzionamento delle opere comportanti parziale deviazione del corso superiore del fiume Acheloo verso la Tessaglia.

37

Tali decisioni sono state annullate dalla sentenza n. 1688/2005 del Symvoulio tis Epikrateias. In tale pronuncia, detto giudice ha affermato che, tenuto conto delle disposizioni all’epoca vigenti contenute nella legge n. 1739/1987 (FEK A’ 201/20.11.1987) e alla luce tanto della direttiva 2000/60 quanto del principio della gestione sostenibile dell’acqua, la realizzazione di opere di sfruttamento delle risorse idriche era consentita unicamente se queste ultime si inserivano in un programma di sviluppo sostenibile di dette risorse. Orbene, le opere relative al progetto controverso nel giudizio principale non sarebbero mai state inserite in un programma siffatto, il quale del resto non sarebbe mai stato realizzato. In conseguenza della suddetta sentenza di annullamento, il Symvoulio tis Epikrateias, con la sentenza n. 1186/2006, ha annullato anche una decisione datata 18 marzo 2005, con la quale il Ministro dell’Ambiente aveva approvato l’aggiudicazione dell’appalto concernente «l’ultimazione della diga di Sykia».

38

Il 2 agosto 2006 è stata adottata la legge n. 3481/2006 (FEK A’ 162/2.8.2006), i cui articoli 9 e 13, recanti approvazione del progetto controverso nel giudizio principale, sono stati sottoposti al Parlamento greco, sotto forma di emendamento, in data 6 luglio 2006. L’articolo 9 di tale legge disponeva che, fino all’approvazione del programma nazionale di gestione e di protezione del potenziale idrico del paese nonché dei piani di gestione delle regioni, era possibile approvare i piani di gestione delle acque di specifici bacini idrografici, nonché trasferire acqua verso altri bacini, tenendo presente che i progetti relativi a tali piani dovevano essere approvati con legge nel caso di progetti di vasta portata o di importanza nazionale. Mediante l’articolo 13 della legge suddetta, i lavori relativi al progetto di cui sopra sono stati qualificati come lavori di vasta portata e di interesse nazionale, e si è proceduto all’approvazione del piano di gestione dei bacini idrografici dei fiumi Acheloo e Peneo, nonché all’approvazione delle specifiche ambientali applicabili alla costruzione e al funzionamento delle opere relative a tale progetto.

39

L’articolo 13, paragrafo 4, della legge n. 3481/2006 prevedeva che fosse possibile, conformemente al piano di gestione e ai parametri ambientali approvati al paragrafo 3 del medesimo articolo, mettere in servizio o ultimare la costruzione delle opere pubbliche nonché delle opere della società Dimosia Epicheirisi Ilektrismou (DEI), relative alla deviazione del corso superiore delle acque del fiume Acheloo verso la Tessaglia o alla produzione di energia elettrica, che erano state aggiudicate in appalto e che erano state costruite ovvero erano in costruzione. Sulla base di detta disposizione, la società aggiudicataria ha ricevuto l’ordine di proseguire i lavori che essa aveva sospeso a seguito della sentenza di annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto.

40

I ricorrenti nel procedimento a quo chiedono l’annullamento dell’intero progetto controverso nel giudizio principale. I ricorsi sono diretti sia contro l’articolo 13 della legge n. 3481/2006, sia contro gli atti amministrativi connessi. Il Symvoulio tis Epikrateias fa presente che tanto gli atti di approvazione dei parametri ambientali, quanto gli atti a norma dei quali le opere afferenti a tale progetto dovevano essere realizzate erano già stati annullati mediante sentenze pronunciate da esso giudice prima dell’entrata in vigore della legge n. 3481/2006. Secondo il giudice del rinvio, vi è dunque un tentativo di adottare nuovamente gli atti suddetti mediante il piano di gestione summenzionato, il quale è stato approvato sul fondamento dell’articolo 9 di tale legge. La principale questione sollevata dalla controversia oggetto del giudizio principale sarebbe quella della compatibilità con il diritto dell’Unione delle disposizioni di cui agli articoli 9 e 13 della legge suddetta.

41

In tale contesto, il Symvoulio tis Epikrateias ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se con la disposizione di cui all’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2006/60/CE (...) venga introdotto semplicemente un termine massimo (22 dicembre 2009) per la predisposizione dei piani di gestione delle risorse idriche, oppure se quella data rappresenti un termine specifico per la trasposizione delle disposizioni pertinenti degli articoli 3, 4, 5, 6, 9, 13 e 15 di detta direttiva.

2)

Nel caso in cui la Corte di giustizia giudicasse che la succitata disposizione della direttiva introduce semplicemente un termine massimo per la predisposizione dei piani di gestione delle risorse idriche, si chiede:

Se una normativa nazionale, la quale consente il trasferimento di acqua da un determinato bacino idrografico ad un altro senza che siano stati ancora elaborati i piani per i distretti idrografici all’interno dei quali si trovano i bacini idrografici da e verso i quali si realizzerà il trasferimento di acqua, sia conforme alle disposizioni degli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 9, 13 e 15 della direttiva 2000/60/CE, considerato in particolare che, in forza dell’articolo 2, punto 15, di tale direttiva, la principale unità per la gestione del bacino idrografico è costituita dal distretto idrografico cui esso appartiene.

3)

In caso di soluzione affermativa della questione precedente, si chiede:

Se, ai sensi degli articoli 2, 3, 5, 6, 9, 13 e 15 della direttiva 2000/60/CE, sia consentito il trasferimento di acqua da un distretto idrografico ad un distretto idrografico vicino; in caso di risposta affermativa, se lo scopo di tale trasferimento possa essere esclusivamente il soddisfacimento del fabbisogno di acqua potabile o possa essere anche la destinazione all’irrigazione e alla produzione di energia. In ogni caso, se, ai sensi delle disposizioni summenzionate della [citata] direttiva, occorra una decisione motivata dell’amministrazione, adottata sulla base del necessario studio scientifico, che accerta che il distretto idrografico di destinazione non è in grado di far fronte con le proprie risorse idriche al proprio fabbisogno di acqua potabile, irrigazione ed altro.

4)

Nel caso in cui la Corte risolvesse la questione sub 1) dichiarando che l’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2000/60/CE non introduce semplicemente un termine massimo (22 dicembre 2009) per la predisposizione dei piani di gestione delle risorse idriche, ma istituisce un termine specifico per la trasposizione delle disposizioni pertinenti degli articoli 3, 4, 5, 6, 9, 13 e 15 di detta direttiva, si chiede:

Se una normativa nazionale, adottata entro il termine specifico di trasposizione di cui sopra, la quale consente il trasferimento di acqua da un determinato bacino idrografico ad un altro, senza che siano ancora stati elaborati i piani per i distretti idrografici all’interno dei quali si trovano i bacini idrografici da e verso i quali si realizzerà il trasferimento di acqua, metta senz’altro in pericolo l’effetto utile della direttiva sopra citata; oppure se, per stabilire se sia messo in pericolo l’effetto utile della direttiva, occorra prendere in considerazione criteri come l’ampiezza degli interventi previsti e gli scopi del trasferimento di acqua.

5)

Se sia conforme agli articoli 13, 14 e 15 della direttiva 2000/60/CE, riguardanti le procedure di informazione, consultazione e partecipazione del pubblico, una disciplina normativa adottata da un parlamento nazionale e con la quale vengono approvati piani di gestione di bacini idrografici, qualora le norme nazionali pertinenti non prevedano una fase di consultazione del pubblico nel corso della procedura dinanzi al parlamento nazionale e qualora dagli elementi del fascicolo non risulti che è stata seguita la procedura di consultazione dinanzi all’amministrazione prevista dalla [citata] direttiva.

6)

Se, ai sensi della direttiva 85/337/CEE (...), uno studio di impatto ambientale riguardante la costruzione di dighe e il trasferimento di acqua, il quale, dopo l’annullamento giudiziale dell’atto con cui era già stato approvato e per cui era già stata espletata la procedura di pubblicità, sia stato presentato all’approvazione del parlamento nazionale senza che fosse nuovamente seguita tale procedura di pubblicità, soddisfi i requisiti di informazione e di partecipazione del pubblico di cui agli articoli 1, 2, 5, 6, 8 e 9 della summenzionata direttiva.

7)

Se rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/42/CE (...) un piano di deviazione di un fiume che:

a)

comporta la costruzione di dighe e il trasferimento di acqua da un distretto idrografico ad un altro;

b)

rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/60/CE;

c)

riguarda opere contemplate dalla direttiva 85/337/CEE, e

d)

può avere un impatto ambientale su zone contemplate dalla direttiva 92/43/CEE (...).

8)

In caso di soluzione affermativa della questione precedente, si chiede:

Se, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2001/42/CE, taluni atti che riguardavano il progetto controverso e che sono stati annullati retroattivamente con decisioni giudiziali possano essere considerati atti preparatori formali adottati prima del 21 luglio 2004, in modo che non vi sia l’obbligo di elaborazione di uno studio di valutazione ambientale strategica.

9)

In caso di soluzione negativa della questione precedente, si chiede:

Se, alla luce dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2001/42/CE, nel caso in cui un progetto rientri contemporaneamente nell’ambito di applicazione di tale direttiva e in quelli delle direttive 2000/60/CE e 85/337/CEE, che prevedono anch’esse una valutazione dell’impatto ambientale del progetto, siano sufficienti, per il rispetto delle prescrizioni della direttiva 2001/42/CE, gli studi effettuati sulla base di quanto previsto dalle citate direttive 2000/60/CE e 85/337/CEE, oppure se sia necessario effettuare una valutazione ambientale strategica autonoma.

10)

Se, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva 92/43/CEE (...), le zone che erano comprese negli elenchi nazionali dei (...) SIC e che, da ultimo, sono state incluse nell’elenco comunitario dei SIC rientrassero nella sfera di tutela della citata direttiva 92/43/CEE prima della pubblicazione della decisione 2006/613/CE della Commissione, del 19 luglio 2006, che adotta, a norma della direttiva [92/43], l’elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea [(GU L 259, pag. 1)].

11)

Se sia possibile, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva 92/43/CEE, che le autorità nazionali competenti rilascino un’autorizzazione per la realizzazione di un progetto di deviazione di acque, non direttamente connesso o necessario alla conservazione di un’area che rientra in una zona di protezione speciale, quando in tutti gli studi acclusi al fascicolo relativo a tale progetto viene constatata l’assoluta mancanza di elementi oppure l’assenza di dati attendibili e attuali relativi all’avifauna in quell’area.

12)

Se, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva 92/43/CEE, le motivazioni per le quali è intrapreso un progetto di deviazione di acque, attinenti principalmente all’irrigazione e, in subordine, alla fornitura di acqua potabile, possano configurare motivi imperativi di interesse pubblico quali quelli richiesti dalla direttiva [suddetta] perché la realizzazione del progetto sia autorizzata, nonostante il suo impatto negativo sulle aree tutelate dalla direttiva medesima.

13)

In caso di soluzione affermativa della questione precedente, si chiede:

Se, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva 92/43/CEE, per determinare l’idoneità delle misure compensative necessarie a garantire la tutela della coerenza globale di un sito Natura 2000 interessato da un progetto di deviazione di acque, debbano essere presi in considerazione criteri quali l’estensione di tale deviazione e l’entità dei lavori che essa richiede.

14)

Se, ai sensi degli articoli 3, 4 e 6 della direttiva 92/43/CEE, interpretati alla luce del principio di sviluppo sostenibile, quale sancito all’articolo 6 CE, le autorità nazionali competenti possano rilasciare un’autorizzazione per la realizzazione, all’interno di un sito Natura 2000, di un progetto di deviazione di acque non direttamente connesso o necessario alla tutela della coerenza di tale sito, qualora dall[a VIA] del progetto di cui trattasi risulti che questo avrà come conseguenza la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

42

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2000/60 stabilisca unicamente un termine per l’elaborazione dei piani di gestione dei distretti idrografici, oppure se fissi anche un termine specifico per la trasposizione di alcune disposizioni degli articoli 3-6, 9, 13 e 15 della citata direttiva.

43

A norma dell’articolo 24, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2000/60, gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro il 22 dicembre 2003.

44

Il fatto che l’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2000/60 precisi che i piani di gestione dei distretti idrografici dovranno essere pubblicati entro nove anni dalla data di entrata in vigore della direttiva stessa, ossia entro il 22 dicembre 2009, non può rimettere in discussione la data limite prevista dall’articolo 24, paragrafo 1, di detta direttiva per la trasposizione di quest’ultima.

45

Infatti, l’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2000/60 non riguarda il termine di trasposizione di quest’ultima, bensì si limita a fissare una data limite per l’attuazione di una delle misure che gli Stati membri dovranno adottare in applicazione della direttiva medesima una volta che questa sarà stata trasposta.

46

La Corte ha d’altronde già statuito che, escludendo dalla normativa nazionale in vigore al mese di settembre 2004 le definizioni delle nozioni di cui all’articolo 2 della direttiva 2000/60 e i termini entro i quali gli standard di qualità dell’acqua devono essere rispettati – termini fissati dagli articoli 4-6 e 8 della stessa direttiva –, gli obblighi derivanti dal citato articolo 2, letto in combinato disposto con queste ultime disposizioni, non sono stati attuati con la forza vincolante richiesta (v., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2006, Commissione/Lussemburgo, C-32/05, Racc. pag. I-11323, punti 16, 17 e 65).

47

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 13, paragrafo 6, e 24, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 devono essere interpretati nel senso che essi fissano, rispettivamente, al 22 dicembre 2009 la data di scadenza del termine impartito agli Stati membri per la pubblicazione dei piani di gestione dei distretti idrografici e al 22 dicembre 2003 la data di scadenza del termine massimo concesso agli Stati membri per realizzare la trasposizione di detta direttiva, e segnatamente degli articoli 3-6, 9, 13 e 15 di quest’ultima.

Sulla seconda, sulla terza e sulla quarta questione

48

Con le sue questioni seconda, terza e quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede anzitutto se la direttiva 2000/60 debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una norma nazionale, la quale autorizzi, prima del 22 dicembre 2009, un trasferimento di acqua da un bacino idrografico ad un altro o da un distretto idrografico ad un altro quando ancora non siano stati adottati dalle autorità nazionali competenti i piani di gestione dei distretti idrografici interessati. In caso di risposta negativa, detto giudice desidera poi sapere se tale trasferimento possa aver luogo unicamente ai fini dell’approvvigionamento di acqua potabile o anche per scopi di irrigazione e di produzione di energia. Infine, il giudice nazionale chiede se la compatibilità con la succitata direttiva di un trasferimento d’acqua siffatto sia subordinata al fatto che il bacino idrografico o il distretto idrografico ricevente si trovi nell’impossibilità di far fronte con le proprie risorse idriche al proprio fabbisogno di acqua potabile o ai propri bisogni di produzione di elettricità o di irrigazione.

49

In proposito occorre ricordare, da un lato, che il progetto controverso nel giudizio principale, in quanto riguardante il trasferimento di acqua da un bacino idrografico ad un altro o da un distretto idrografico ad un altro, può – come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 66 e 67 delle sue conclusioni – essere incompatibile con gli obiettivi ambientali enunciati all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60.

50

Occorre poi ricordare, dall’altro lato, che il progetto controverso nel giudizio principale è stato adottato dal legislatore greco il 2 agosto 2006.

51

Quanto alla questione se lo Stato membro interessato fosse già tenuto al rispetto degli obiettivi ambientali enunciati all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 al momento dell’adozione del suddetto progetto, è importante rilevare come tale disposizione stabilisca che, per quanto riguarda le acque superficiali e sotterranee, gli Stati membri adottano le misure conservative pertinenti allorché rendono operativi i programmi di misure fissati nel piano di gestione del distretto idrografico.

52

L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 istituisce così un nesso tra le misure conservative pertinenti che gli Stati membri sono tenuti ad adottare in forza di tale disposizione e la previa esistenza di un piano di gestione per il distretto idrografico interessato.

53

Pertanto, la direttiva 2000/60 non vieta a priori il trasferimento di acqua da un bacino idrografico ad un altro o da un distretto idrografico ad un altro prima della pubblicazione dei piani di gestione dei distretti idrografici interessati, la quale deve però aver luogo, a norma dell’articolo 13, paragrafo 6, della citata direttiva, entro il 22 dicembre 2009.

54

Orbene, è pacifico che, al momento dell’adozione del progetto controverso nel giudizio principale, i piani di gestione dei distretti idrografici riguardanti i bacini idrografici interessati dal progetto suddetto non esistevano (v. sentenza del 19 aprile 2012, Commissione/Grecia, C-297/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 17).

55

Invero, alla data in cui il progetto controverso nel giudizio principale è stato adottato, la Repubblica ellenica non era tenuta ad aver già elaborato i piani di gestione dei distretti idrografici interessati dal progetto stesso. Infatti, anche se il termine di trasposizione della direttiva 2000/60, quale stabilito dall’articolo 24, paragrafo 1, primo comma, di quest’ultima, era scaduto, il termine previsto dall’articolo 13, paragrafo 6, della medesima direttiva per la pubblicazione dei piani di gestione dei distretti idrografici non era ancora giunto a conclusione.

56

Pertanto, il progetto controverso nel giudizio principale, come adottato dal legislatore greco il 2 agosto 2006 senza che fossero stati previamente elaborati i piani di gestione dei distretti idrografici riguardanti i bacini idrografici interessati dal progetto in questione, non era assoggettato alle prescrizioni dell’articolo 4 della direttiva 2000/60.

57

Tuttavia, occorre ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, in pendenza del termine per la trasposizione di una direttiva, gli Stati membri destinatari di quest’ultima devono astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere seriamente la realizzazione del risultato prescritto dalla direttiva stessa. Poiché tale obbligo di astensione si impone nei confronti di tutte le autorità nazionali, esso deve intendersi riferito all’adozione di qualsiasi misura, generale o particolare, atta a produrre un simile effetto negativo (v. sentenze del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie, C-129/96, Racc. pag. I-7411, punto 45, e del 26 maggio 2011, Stichting Natuur en Milieu e a., da C-165/09 a C-167/09, Racc. pag. I-4599, punto 78 e la giurisprudenza ivi citata).

58

Quest’obbligo d’astensione si impone agli Stati membri, per effetto dell’applicazione del combinato disposto degli articoli 10, secondo comma, CE e 249, terzo comma, CE, anche durante un periodo transitorio nel corso del quale essi sono autorizzati a continuare ad applicare i loro regimi nazionali, sebbene questi ultimi non siano conformi alla direttiva in parola (v., in tal senso, sentenza Stichting Natuur en Milieu e a., cit., punto 79 e la giurisprudenza ivi citata).

59

Lo stesso vale nel caso in cui una direttiva, quale la direttiva 2000/60, istituisca un periodo transitorio nel corso del quale gli Stati membri non sono tenuti ad adottare tutte le misure da essa previste.

60

Quindi, anche prima del 22 dicembre 2009, data di scadenza del termine concesso agli Stati membri, a norma dell’articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2000/60, per la pubblicazione dei piani di gestione dei distretti idrografici, gli Stati membri erano tenuti ad astenersi dal prendere disposizioni idonee a compromettere seriamente la realizzazione del risultato prescritto dall’articolo 4 della citata direttiva.

61

In particolare, per quanto riguarda gli obiettivi ambientali contemplati dall’articolo 4 della direttiva 2000/60, occorre sottolineare che, a norma del paragrafo 1, lettera a), sub ii), di tale articolo, gli Stati membri «proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici superficiali (...) al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8».

62

La realizzazione di tale obiettivo non può, salve alcune deroghe, essere compromessa da una misura nazionale, quand’anche quest’ultima sia stata adottata prima del 22 dicembre 2009.

63

Dato che nel fascicolo sottoposto alla Corte manca qualsiasi elemento rientrante nelle ipotesi previste dall’articolo 4, paragrafi 4-6, della direttiva 2000/60, è importante evidenziare quanto disposto dal paragrafo 7 del medesimo articolo, e cioè:

«Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:

il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico (...) ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o

l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuta a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,

purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a)

è fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

b)

le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del [distretto] idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;

c)

le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e

d)

per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale».

64

Se è pur vero che, come si è constatato al punto 56 della presente sentenza, il citato paragrafo 7 non è di per sé applicabile ad un progetto di opere approvato il 2 agosto 2006 senza che fossero stati previamente elaborati i piani di gestione dei distretti idrografici riguardanti i bacini idrografici interessati dal progetto, tale progetto non può però essere sottoposto a condizioni più rigorose di quelle cui sarebbe stato assoggettato se fosse stato approvato una volta divenuto ad esso applicabile l’articolo 4 della direttiva 2000/60.

65

Riguardo ad un simile progetto, i criteri e le condizioni stabiliti all’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60 possono, in sostanza, essere applicati per analogia e, eventualmente, mutatis mutandis, quali restrizioni massime al progetto.

66

Orbene, come viene indicato nel considerando 15 della citata direttiva, l’approvvigionamento idrico costituisce un servizio di interesse generale. Quanto alla produzione di elettricità e all’irrigazione, risulta dall’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), sub iii), della medesima direttiva che anch’esse corrispondono, in linea di principio, ad un interesse generale.

67

Di conseguenza, un progetto quale quello controverso nel giudizio principale, non assoggettato alle prescrizioni dell’articolo 4 della direttiva 2000/60 e che sarebbe stato idoneo a determinare effetti negativi per l’acqua quali quelli enunciati al paragrafo 7 del medesimo articolo, poteva essere autorizzato, quantomeno:

se era stato fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo del progetto sullo stato del corpo idrico;

se le motivazioni per le quali tale progetto doveva essere realizzato erano specificamente menzionate e illustrate;

se tale progetto corrispondeva ad un interesse generale che poteva riguardare, in particolare, l’approvvigionamento idrico, la produzione di elettricità o l’irrigazione, e/o se i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi enunciati al paragrafo 1 del medesimo articolo 4 erano inferiori ai vantaggi che dal progetto in questione derivavano per la salute umana, il mantenimento della sicurezza delle persone o lo sviluppo sostenibile,

e infine se, per ragioni di fattibilità tecnica o di costi sproporzionati, i vantaggi derivanti dal progetto in questione non potevano essere conseguiti con altri mezzi che costituissero una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.

68

Se certo il fatto che il bacino idrografico o il distretto idrografico sia nell’impossibilità di soddisfare con le proprie risorse idriche il proprio fabbisogno di acqua potabile, di produzione di elettricità o di irrigazione è idoneo a giustificare, alla luce della direttiva 2000/60, un trasferimento di acqua quale quello previsto dal progetto controverso nel giudizio principale, non consta però che tale progetto possa essere giustificato soltanto sulla base di un’impossibilità siffatta. Non si può infatti escludere che, anche laddove non esista tale impossibilità, il suddetto trasferimento d’acqua possa essere ritenuto rispondente alle condizioni menzionate al punto precedente, e in particolare, da un lato, alla condizione secondo cui il trasferimento in questione risponde ad un interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi enunciati all’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva sono inferiori ai vantaggi che dal trasferimento d’acqua derivano per la salute umana, il mantenimento della sicurezza delle persone o lo sviluppo sostenibile, e, dall’altro, alla condizione secondo cui, per ragioni di fattibilità tecnica o di costi sproporzionati, i vantaggi derivanti dal suddetto trasferimento d’acqua non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.

69

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni pregiudiziali seconda, terza e quarta dichiarando che la direttiva 2000/60 deve essere interpretata nel senso che:

essa non osta, in linea di principio, ad una norma nazionale che autorizzi, prima del 22 dicembre 2009, un trasferimento di acqua da un bacino idrografico ad un altro o da un distretto idrografico ad un altro quando ancora non siano stati adottati dalle autorità nazionali competenti i piani di gestione dei distretti idrografici interessati;

un trasferimento siffatto non deve essere idoneo a compromettere seriamente la realizzazione degli obiettivi prescritti da detta direttiva;

tuttavia, il suddetto trasferimento, ove sia idoneo a determinare effetti negativi per l’acqua quali quelli enunciati all’articolo 4, paragrafo 7, della medesima direttiva, può essere autorizzato, quantomeno, se sono soddisfatte le condizioni dettate alle lettere a)-d) di tale disposizione, e

l’impossibilità per il bacino idrografico o per il distretto idrografico ricevente di soddisfare con le proprie risorse idriche il proprio fabbisogno di acqua potabile, di produzione di elettricità o di irrigazione non è una condizione indispensabile perché un simile trasferimento d’acqua sia compatibile con la citata direttiva, purché siano soddisfatte le condizioni sopra menzionate.

Sulla quinta questione

70

Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 13-15 della direttiva 2000/60 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano all’approvazione, da parte di un parlamento nazionale, di piani di gestione di bacini idrografici, quali quelli controversi nel giudizio principale, senza che sia stata attuata alcuna procedura di informazione, consultazione o partecipazione.

71

Occorre rilevare che, poiché gli articoli 13 e 15 della direttiva 2000/60 non dettano alcun obbligo riguardo all’informazione, alla consultazione o alla partecipazione del pubblico in sede di elaborazione di piani di gestione di distretti idrografici, tale questione deve essere esaminata soltanto alla luce dell’articolo 14 di detta direttiva, il quale prevede obblighi in tal senso.

72

A questo proposito, è importante ricordare come l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 preveda che «[g]li Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all’attuazione della presente direttiva, in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione dei [distretti] idrografici. Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicat[e] e res[e] disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti: (...) copie del progetto del piano di gestione del [distretto] idrografico, almeno un anno prima dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce».

73

Inoltre, occorre rilevare come la Corte abbia constatato, al punto 17 della citata sentenza Commissione/Grecia, che la Repubblica ellenica era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 13, paragrafi 1-3 e 6, e 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/60, in quanto essa non aveva elaborato, entro il 22 dicembre 2009, i piani di gestione dei distretti idrografici, tanto per i distretti idrografici situati interamente nel suo territorio nazionale quanto per i distretti idrografici internazionali. Nell’ambito di tale procedura di ricorso per inadempimento, la Repubblica ellenica non ha sostenuto di aver elaborato, per la data suddetta, un piano di gestione dei distretti idrografici nel senso di cui alla citata direttiva. In particolare, essa non ha fatto riferimento alla legge controversa nell’odierno giudizio principale.

74

Pertanto, i piani di gestione di bacini idrografici, quali quelli controversi nel giudizio principale, adottati il 2 agosto 2006, non possono essere considerati come piani di gestione ricadenti nella sfera di applicazione degli articoli 13-15 della direttiva 2000/60. Pertanto, l’obbligo scaturente dall’articolo 14, paragrafo 1, di quest’ultima non si applica a piani siffatti.

75

Di conseguenza, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che il fatto che un parlamento nazionale approvi dei piani di gestione di bacini idrografici, quali quelli controversi nel giudizio principale, senza che sia stata attuata alcuna procedura di informazione, consultazione o partecipazione del pubblico, non rientra nella sfera di applicazione dell’articolo 14 della direttiva 2000/60, e in particolare in quella del paragrafo 1 di tale articolo.

Sulla sesta questione

76

Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 85/337 debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una legge, come la legge n. 3481/2006, adottata dal Parlamento greco il 2 agosto 2006, la quale approvi un progetto di deviazione parziale delle acque di un fiume, come quello controverso nel giudizio principale, sul fondamento di una VIA di tale progetto che era stata posta a base di una decisione amministrativa adottata al termine di una procedura conforme agli obblighi di informazione e di partecipazione del pubblico previsti dalla direttiva summenzionata, e ciò malgrado che tale decisione sia stata annullata in sede giurisdizionale.

77

Occorre ricordare come l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 stabilisca che quest’ultima «non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa».

78

Risulta da tale disposizione che, quando gli obiettivi della direttiva 85/337, ivi compreso quello della disponibilità delle informazioni, sono raggiunti tramite una procedura legislativa, è esclusa l’applicazione della citata direttiva al progetto di cui trattasi (v. sentenze del 19 settembre 2000, Linster, C-287/98, Racc. pag. I-6917, punto 51; del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C-128/09 a C-131/09, C-134/09 e C-135/09, Racc. pag. I-9711, punto 36, nonché del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C-182/10, punto 30).

79

Tale disposizione sottopone a due condizioni l’esclusione di un progetto dall’ambito di applicazione della direttiva 85/337. La prima condizione esige che il progetto sia adottato nei dettagli mediante un atto legislativo specifico; la seconda condizione impone che gli obiettivi di tale direttiva, incluso quello della disponibilità delle informazioni, siano raggiunti tramite la procedura legislativa (sentenze del 16 settembre 1999, WWF e a., C-435/97, Racc. pag. I-5613, punto 57; Boxus e a., cit., punto 37, nonché Solvay e a., cit., punto 31).

80

Per quanto riguarda la prima condizione, essa implica anzitutto che il progetto sia adottato mediante un atto legislativo specifico. A questo proposito, occorre rilevare che le nozioni di «progetto» e di «autorizzazione» sono definite all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/337. Pertanto, per rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva, un atto legislativo che adotta un progetto deve essere specifico e presentare le stesse caratteristiche di un’autorizzazione siffatta. In particolare, esso deve conferire al committente il diritto di realizzare il progetto (v. citate sentenze WWF e a., punto 58; Boxus e a., punto 38, nonché Solvay e a., punto 32).

81

Il progetto deve inoltre essere adottato nei dettagli, vale a dire in modo sufficientemente preciso e definitivo, sicché l’atto legislativo che lo adotta deve, al pari di un’autorizzazione, contenere – previo loro esame da parte del legislatore – tutti gli elementi del progetto rilevanti ai fini della valutazione dell’impatto ambientale (v. citate sentenze WWF e a., punto 59; Boxus e a., punto 39, e Solvay e a., punto 33). L’atto legislativo deve quindi attestare che gli obiettivi della direttiva 85/337 sono stati raggiunti per quanto riguarda il progetto in questione (v. citate sentenze Linster, punto 56; Boxus e a., punto 39, nonché Solvay e a., punto 33).

82

Ne consegue che non può essere considerato come atto di adozione di un progetto nei dettagli, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337, un atto legislativo che non contenga gli elementi necessari per la valutazione dell’impatto ambientale di tale progetto o che richieda l’adozione di altri atti per conferire al committente il diritto di realizzare il progetto stesso (v. citate sentenze WWF e a., punto 62; Linster, punto 57; Boxus e a., punto 40, nonché Solvay e a., punto 34).

83

Per quanto riguarda la seconda condizione, risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 85/337 che l’obiettivo essenziale di quest’ultima consiste nel garantire che, prima della concessione di un’autorizzazione, i progetti per i quali sia previsto un impatto ambientale rilevante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto ambientale (v. citate sentenze Linster, punto 52; Boxus e a., punto 41, nonché Solvay e a., punto 35).

84

Il sesto considerando della direttiva 85/337 precisa, inoltre, che la valutazione deve essere fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente, e deve essere completata, se del caso, dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessati dal progetto (v. citate sentenze WWF e a., punto 61; Linster, punto 53; Boxus e a., punto 42, nonché Solvay e a., punto 36).

85

Il legislatore nazionale deve disporre poi, al momento dell’adozione del progetto, di informazioni sufficienti. Risulta dall’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 85/337 e dall’allegato IV di quest’ultima che le informazioni che il committente deve fornire contengono almeno una descrizione del progetto con informazioni relative all’ubicazione, alle caratteristiche e alle dimensioni delle relative opere, una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi, nonché i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente (v. citate sentenze Boxus e a., punto 43, nonché Solvay e a., punto 37).

86

Orbene, nulla impedisce che il legislatore nazionale possa, in sede di adozione di un progetto, avvalersi delle informazioni raccolte nell’ambito di un procedimento amministrativo precedente, nonché della VIA effettuata in tale contesto, purché quest’ultima sia fondata su informazioni e conoscenze ancora attuali. Infatti, la VIA, la quale deve essere realizzata a monte del processo decisionale, implica un esame nel merito delle informazioni raccolte nonché una riflessione sull’opportunità di completarle, se del caso, con dati supplementari (v. sentenza del 3 marzo 2011, Commissione/Irlanda, C-50/09, Racc. pag. I-873, punto 40).

87

A questo proposito, la circostanza che la VIA sia stata effettuata nell’ambito di un procedimento amministrativo che ha portato all’adozione di una decisione infine annullata in sede giurisdizionale è, di per sé, irrilevante.

88

Tuttavia, un atto legislativo che non faccia altro che «ratificare» puramente e semplicemente un atto amministrativo preesistente, limitandosi a constatare l’esistenza di motivi imperativi di interesse generale, senza il previo avvio di una procedura legislativa nel merito che consenta di rispettare le condizioni ricordate al punto 79 della presente sentenza, non può essere considerato un atto legislativo specifico ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 e non è dunque sufficiente per escludere un progetto dall’ambito di applicazione di tale direttiva (v. citate sentenze Boxus e a., punto 45, nonché Solvay e a., punto 39).

89

In particolare, un atto legislativo adottato senza che i membri dell’organo legislativo abbiano avuto a loro disposizione le informazioni menzionate al punto 85 della presente sentenza non può rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 85/337 (v. citate sentenze Boxus e a., punto 46, nonché Solvay e a., punto 40).

90

Spetta al giudice nazionale stabilire se dette condizioni siano state rispettate. A tal fine, esso deve tener conto sia del contenuto dell’atto legislativo adottato, sia di tutta la procedura legislativa che ha condotto alla sua adozione, nonché, in particolare, degli atti preparatori e dei dibattiti parlamentari (v. citate sentenze Boxus e a., punto 47, nonché Solvay e a., punto 41).

91

Occorre dunque rispondere alla sesta questione dichiarando che la direttiva 85/337, e in particolare l’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva, devono essere interpretati nel senso che essa non osta ad una legge, come la legge n. 3481/2006, adottata dal Parlamento greco il 2 agosto 2006, la quale approvi un progetto di deviazione parziale delle acque di un fiume, come quello controverso nel giudizio principale, sul fondamento di una VIA di tale progetto che era stata posta a base di una decisione amministrativa adottata al termine di una procedura conforme agli obblighi di informazione e di partecipazione del pubblico previsti dalla direttiva summenzionata, e ciò malgrado che tale decisione sia stata annullata in sede giurisdizionale, purché la legge suddetta costituisca un atto legislativo specifico, in modo tale che gli obiettivi di detta direttiva possano essere raggiunti tramite la procedura legislativa. Spetta al giudice nazionale verificare che queste due condizioni siano state rispettate.

Sulla settima questione

92

Con la sua settima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un progetto di deviazione parziale delle acque di un fiume, quale quello controverso nel giudizio principale, debba essere considerato come un piano o un programma rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/42.

93

A questo proposito, è importante rilevare che, per stabilire se un progetto rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/42, occorre esaminare se esso costituisca un piano o un programma ai sensi dell’articolo 2, lettera a), di tale direttiva.

94

A norma dell’articolo 2, lettera a), secondo trattino, della direttiva 2001/42, sono considerati come «piani e programmi» ai sensi di quest’ultima soltanto i piani e i programmi che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative.

95

Orbene, non consta che il suddetto progetto costituisca un atto che definisce i criteri nonché le modalità di assetto del territorio e che stabilisce regole e procedure di controllo alle quali sia assoggettata la realizzazione di uno o più progetti (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2012, Inter-Environnement Bruxelles e a., C-567/10, punto 30).

96

Di conseguenza, occorre rispondere alla settima questione dichiarando che un progetto di deviazione parziale delle acque di un fiume, quale quello controverso nel giudizio principale, non deve essere considerato come un piano o un programma rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/42.

Sull’ottava e sulla nona questione

97

In considerazione della soluzione apportata alla settima questione, non occorre rispondere all’ottava e alla nona questione sollevate dal giudice del rinvio.

Sulla decima questione

98

Con la sua decima questione, il giudice del rinvio chiede se le zone comprese nell’elenco nazionale dei SIC – trasmesso alla Commissione in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 92/43 –, e poi incluse nell’elenco dei SIC stabilito dalla decisione 2006/613, beneficiassero della tutela della succitata direttiva prima che fosse pubblicata tale decisione.

99

È importante sottolineare che la decisione 2006/613, mediante la quale la Commissione ha stabilito l’elenco dei SIC per la regione biogeografica mediterranea, ha acquisito efficacia, ex articolo 254, paragrafo 3, CE, in virtù della sua notifica agli Stati membri.

100

Orbene, come la Commissione ha affermato senza essere contraddetta sul punto, la decisione suddetta è stata effettivamente notificata alla Repubblica ellenica il 19 luglio 2006, vale a dire prima dell’adozione, in data 2 agosto 2006, della legge n. 3481/2006 che ha approvato il progetto di deviazione parziale delle acque del fiume Acheloo.

101

A questo proposito, occorre rilevare che, a norma dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 92/43, le misure di salvaguardia previste dall’articolo 6, paragrafi 2-4, di quest’ultima si impongono soltanto in relazione ai siti che siano iscritti, a norma del paragrafo 2, terzo comma, del citato articolo 4, nell’elenco dei siti selezionati come SIC adottato dalla Commissione secondo la procedura contemplata dall’articolo 21 della medesima direttiva (v. sentenza del 13 gennaio 2005, Dragaggi e a., C-117/03, Racc. pag. I-167, punto 25).

102

Ne consegue che, dopo la notifica della decisione 2006/613 allo Stato membro interessato, quest’ultimo era tenuto a prendere le misure di salvaguardia previste dall’articolo 6, paragrafi 2-4, della direttiva 92/43.

103

Tale conclusione non può essere infirmata dalla circostanza che, a seguito dell’annullamento, nell’anno 2005, delle decisioni amministrative di autorizzazione del progetto controverso nel giudizio principale, le disposizioni legislative contenute nella legge n. 3481/2006 e comportanti autorizzazione di tale progetto sono state sottoposte al Parlamento greco sotto forma di emendamento in data 6 luglio 2006, mentre la decisione 2006/613 è stata in notificata allo Stato membro interessato il 19 luglio successivo. Infatti, in un simile caso, l’applicazione dell’articolo 6, paragrafi 2-4, della direttiva 92/43 riguarderebbe comunque una situazione che non poteva considerarsi come già perfezionata.

104

Ciò premesso, è comunque opportuno ricordare che, anche prima dell’entrata in vigore della decisione 2006/613, gli Stati membri devono proteggere i siti sin dal momento in cui essi li propongono, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 92/43, nell’elenco nazionale trasmesso alla Commissione quali siti idonei ad essere identificati come SIC (v., in tal senso, sentenza Dragaggi e a., cit., punto 26). Infatti, gli Stati membri sono tenuti, in forza di detta direttiva, ad adottare misure di salvaguardia idonee, alla luce dell’obiettivo di conservazione da essa contemplato, a tutelare il pertinente interesse ecologico rivestito dai siti di cui trattasi a livello nazionale (v. sentenza Dragaggi e a., cit., punto 30) e non possono dunque autorizzare interventi che rischino di compromettere seriamente le caratteristiche ecologiche dei siti suddetti, in particolare interventi che rischino di ridurre in maniera considerevole la superficie di un sito o di portare alla scomparsa di specie prioritarie presenti nel sito o, infine, di avere come risultato la distruzione del sito stesso o l’annientamento delle sue caratteristiche rappresentative (v. sentenze del 14 settembre 2006, Bund Naturschutz in Bayern e a., C-244/05, Racc. pag. I-8445, punto 46, nonché del 15 marzo 2012, Commissione/Cipro, C-340/10, punto 44).

105

Alla luce di quanto sopra esposto, occorre rispondere alla decima questione dichiarando che le zone comprese nell’elenco nazionale dei SIC – trasmesso alla Commissione in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 92/43 –, e poi incluse nell’elenco dei SIC stabilito dalla decisione 2006/613, beneficiavano, dopo la notifica di quest’ultima allo Stato membro interessato, della tutela della succitata direttiva prima che fosse pubblicata tale decisione. In particolare, dopo questa notifica, lo Stato membro interessato doveva altresì adottare le misure di salvaguardia previste dall’articolo 6, paragrafi 2-4, della direttiva suddetta.

Sull’undicesima questione

106

Con la sua undicesima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 92/43 debba essere interpretata nel senso che essa osta a che un progetto di deviazione di acque non direttamente connesso o necessario alla conservazione di una ZPS, ma idoneo ad avere incidenze significative su quest’ultima, sia autorizzato in assenza di elementi o di dati attendibili e attuali relativi all’avifauna di questa zona.

107

Occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 79/409 impone agli Stati membri di classificare come ZPS i territori rispondenti ai criteri ornitologici determinati da tali disposizioni (v., in particolare, sentenza del 13 dicembre 2007, Commissione/Irlanda, C-418/04, Racc. pag. I-10947, punto 36).

108

Dall’articolo 7 della direttiva 92/43 risulta che l’articolo 6, paragrafi 2-4, di quest’ultima si sostituisce all’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 79/409 a decorrere dalla data di attuazione della direttiva 92/43 o dalla data della classificazione operata da uno Stato membro ai sensi della direttiva 79/409, qualora quest’ultima data sia successiva (v. sentenze del 13 dicembre 2007, Commissione/Irlanda, cit., punto 173, e del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna, C-404/09, Racc. pag. I-11853, punto 97).

109

Orbene, risulta dalla decisione di rinvio nonché dalle osservazioni orali presentate dalla Commissione che le ZPS interessate dal progetto controverso nel giudizio principale erano già state classificate prima dell’adozione della legge n. 3481/2006. Di conseguenza, gli obblighi imposti dall’articolo 6, paragrafi 2-4, della direttiva 92/43 erano applicabili alle zone suddette alla data di approvazione di tale progetto.

110

In proposito occorre ricordare che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 prevede una procedura di valutazione intesa a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito di cui trattasi, ma idoneo ad avere incidenze significative su quest’ultimo, verrà autorizzato solo se non pregiudica l’integrità del sito stesso (v. sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, C-127/02, Racc. pag. I-7405, punto 34, nonché del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, C-304/05, Racc. pag. I-7495, punto 56).

111

Per quanto riguarda la nozione di «adeguata valutazione» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, è importante rilevare che quest’ultima non definisce alcun metodo particolare per la realizzazione di tale valutazione (sentenza Commissione/Italia, cit., punto 57).

112

Tuttavia, la Corte ha statuito che tale valutazione dev’essere concepita in modo tale che le autorità competenti possano acquisire la certezza che un piano o un progetto sarà privo di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito di cui trattasi, dato che, quando sussiste un’incertezza riguardo all’assenza di tali effetti, le autorità suddette sono tenute a negare l’autorizzazione richiesta (v. sentenza Commissione/Italia, cit., punto 58).

113

Quanto agli elementi in base ai quali le competenti autorità possono acquisire la certezza necessaria, la Corte ha precisato che dev’essere esclusa l’esistenza di qualsiasi ragionevole dubbio da un punto di vista scientifico, fermo restando che dette autorità devono fondarsi sulle migliori conoscenze scientifiche in materia (v. citate sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, punti 59 e 61, nonché Commissione/Italia, punto 59).

114

Inoltre, la conoscenza dell’incidenza di un piano o di un progetto alla luce degli obiettivi di conservazione relativi un determinato sito costituisce un presupposto imprescindibile per l’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43, dato che, in assenza di tali elementi, non può essere valutato alcun requisito di applicazione di tale disposizione a carattere derogatorio. L’esame di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e quello dell’esistenza di alternative meno dannose richiedono, infatti, un giudizio di bilanciamento con i danni che il piano o il progetto in questione cagiona al sito. Inoltre, per determinare la natura di eventuali misure compensative, i danni a tale sito devono essere individuati con precisione (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Italia, punto 83, nonché Solvay e a., punto 74).

115

Alla luce di quanto precede, non si può ritenere che una valutazione sia adeguata nel caso in cui manchino elementi o dati attendibili e attuali relativi all’avifauna della ZPS interessata.

116

Ciò premesso, qualora l’autorizzazione di un progetto fosse annullata o revocata a motivo del carattere inadeguato della valutazione suddetta, non si può escludere che le autorità nazionali competenti procedano a posteriori alla raccolta di dati attendibili e attuali relativi all’avifauna della ZPS interessata e che esse valutino, sulla base di tali dati e di una valutazione così completata, se il progetto di deviazione di acque arrechi pregiudizio all’integrità di tale ZPS e, eventualmente, quali misure compensative debbano essere prese per garantire che la realizzazione del progetto non metterà in discussione la tutela della coerenza globale di Natura 2000.

117

Occorre pertanto rispondere all’undicesima questione dichiarando che la direttiva 92/43, e in particolare l’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della medesima, devono essere interpretati nel senso che essa osta a che un progetto di deviazione di acque non direttamente connesso o necessario alla conservazione di una ZPS, ma idoneo ad avere incidenze significative su quest’ultima, sia autorizzato in assenza di elementi o di dati attendibili e attuali relativi all’avifauna di questa zona.

Sulla dodicesima questione

118

Con la sua dodicesima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 92/43 debba essere interpretata nel senso che delle motivazioni attinenti, da un lato, all’irrigazione e, dall’altro, all’approvvigionamento di acqua potabile, invocate a sostegno di un progetto di deviazione di acque, possono configurare motivi imperativi di rilevante interesse pubblico atti a giustificare la realizzazione di un progetto arrecante pregiudizio all’integrità dei siti di cui trattasi.

119

L’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43 stabilisce che, qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza effettuata in conformità al paragrafo 3, prima frase, del medesimo articolo, un piano o un progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e qualora non esistano soluzioni alternative, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata (v. citate sentenze Commissione/Italia, punto 81, nonché Solvay e a., punto 72).

120

Come risulta dai punti 100, 101, 107 e 108 della presente sentenza, la suddetta disposizione si applica tanto alle ZPS quanto ai SIC inclusi nell’elenco stabilito dalla Commissione in conformità all’articolo 4, paragrafo 2, terzo comma, della direttiva 92/43.

121

L’interesse idoneo a giustificare, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43, la realizzazione di un piano o di un progetto deve essere sia «pubblico» che «rilevante», il che comporta che sia di importanza tale da poter essere messo in bilanciamento con l’obiettivo, perseguito da tale direttiva, di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, compresa l’avifauna (v., in tal senso, sentenza Solvay e a., cit., punto 75).

122

L’irrigazione e l’approvvigionamento di acqua potabile rispondono, in linea di principio, a tali condizioni e sono dunque idonei a giustificare la realizzazione di un progetto di deviazione di acque in assenza di soluzioni alternative.

123

Tuttavia, a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 92/43, ove si tratti di SIC in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni correlate alla salute delle persone e alla sicurezza pubblica, oppure a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente, o anche, previo parere della Commissione, ad altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

124

Poiché nella fattispecie la Commissione non è stata sollecitata a fornire un parere, occorre esaminare se l’irrigazione e l’approvvigionamento di acqua potabile possano rientrare tra le considerazioni indicate al punto precedente.

125

Quanto all’irrigazione, consta che essa non può, in linea di principio, rientrare tra le considerazioni correlate alla salute delle persone e alla sicurezza pubblica. Per contro, sembra più plausibile che l’irrigazione possa, in alcune circostanze, avere conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente.

126

Di contro, l’approvvigionamento di acqua potabile rientra, in linea di principio, nel novero delle considerazioni correlate alla salute delle persone.

127

In ogni caso, spetta al giudice nazionale valutare se il progetto controverso nel giudizio principale pregiudichi effettivamente l’integrità di uno o più SIC ospitanti un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari.

128

Alla luce di quanto sopra esposto, occorre rispondere alla dodicesima questione dichiarando che la direttiva 92/43, e in particolare l’articolo 6, paragrafo 4, della medesima, devono essere interpretati nel senso che delle motivazioni attinenti, da un lato, all’irrigazione e, dall’altro, all’approvvigionamento di acqua potabile, invocate a sostegno di un progetto di deviazione di acque, possono configurare motivi imperativi di rilevante interesse pubblico atti a giustificare la realizzazione di un progetto arrecante pregiudizio all’integrità dei siti di cui trattasi. Qualora un progetto siffatto pregiudichi l’integrità di un SIC ospitante un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, la sua realizzazione può, in linea di principio, essere giustificata da motivi connessi all’approvvigionamento di acqua potabile. In determinate circostanze, essa potrebbe essere giustificata a titolo delle conseguenze positive di primaria importanza che l’irrigazione ha per l’ambiente. Per contro, l’irrigazione non può, in linea di principio, rientrare tra le considerazioni correlate alla salute delle persone e alla sicurezza pubblica, giustificanti la realizzazione di un progetto quale quello controverso nel giudizio principale.

Sulla tredicesima questione

129

Con la sua tredicesima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, a norma della direttiva 92/43, sia necessario, per stabilire le misure compensative adeguate, prendere in considerazione l’estensione della deviazione di acque e l’entità dei lavori che tale deviazione comporta.

130

Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, prima frase, della direttiva 92/43, nel caso in cui, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o un progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata.

131

Come ricordato al punto 114 della presente sentenza, per stabilire la natura di eventuali misure compensative, i danni arrecati dal progetto al sito in questione devono essere individuati con precisione.

132

Orbene, l’estensione della deviazione di acque e l’entità dei lavori che tale deviazione comporta sono elementi da prendere necessariamente in considerazione al fine di individuare con precisione i danni arrecati dal progetto al sito in questione e, dunque, al fine di stabilire la natura delle misure compensative necessarie per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata.

133

Di conseguenza, occorre rispondere alla tredicesima questione dichiarando che, a norma della direttiva 92/43, e segnatamente dell’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, prima frase, di quest’ultima, è necessario, per stabilire le misure compensative adeguate, prendere in considerazione l’estensione della deviazione di acque e l’entità dei lavori che tale deviazione comporta.

Sulla quattordicesima questione

134

Con la sua quattordicesima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 92/43, interpretata alla luce dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile, quale sancito all’articolo 6 CE, autorizzi, nel caso di siti facenti parte della rete Natura 2000, la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato.

135

Supponendo che la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato pregiudichi l’integrità di siti facenti parte della rete Natura 2000, non ne consegue necessariamente che il progetto all’origine di tale trasformazione non possa essere autorizzato.

136

Infatti, come si è constatato al punto 119 della presente sentenza, a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43, che riguarda i siti facenti parte della rete Natura 2000, il suddetto progetto potrebbe essere autorizzato purché siano soddisfatte le condizioni enunciate dalla suddetta disposizione.

137

Orbene, a mente del terzo considerando della direttiva 92/43, poiché lo scopo principale di quest’ultima è promuovere il mantenimento della biodiversità, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali, detta direttiva contribuisce all’obiettivo generale di uno sviluppo sostenibile. La conservazione di tale biodiversità può, in alcuni casi, richiedere il mantenimento e persino la promozione di attività umane.

138

Pertanto, l’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, della direttiva 92/43 – e in particolare la condizione secondo cui lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata – deve essere applicato alla luce dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile quale evocato nel terzo considerando di detta direttiva e sancito all’articolo 6 CE.

139

Di conseguenza, occorre rispondere alla quattordicesima questione dichiarando che la direttiva 92/43 – e segnatamente l’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, della stessa – interpretata alla luce dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile, quale sancito all’articolo 6 CE, autorizza, nel caso di siti facenti parte della rete Natura 2000, la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato, purché siano soddisfatte le condizioni enunciate nella citata disposizione di tale direttiva.

Sulle spese

140

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

Gli articoli 13, paragrafo 6, e 24, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, devono essere interpretati nel senso che essi fissano, rispettivamente, al 22 dicembre 2009 la data di scadenza del termine impartito agli Stati membri per la pubblicazione dei piani di gestione dei distretti idrografici e al 22 dicembre 2003 la data di scadenza del termine massimo concesso agli Stati membri per realizzare la trasposizione di detta direttiva, e segnatamente degli articoli 3-6, 9, 13 e 15 di quest’ultima.

 

2)

La direttiva 2000/60 deve essere interpretata nel senso che:

essa non osta, in linea di principio, ad una norma nazionale che autorizzi, prima del 22 dicembre 2009, un trasferimento di acqua da un bacino idrografico ad un altro o da un distretto idrografico ad un altro quando ancora non siano stati adottati dalle autorità nazionali competenti i piani di gestione dei distretti idrografici interessati;

un trasferimento siffatto non deve essere idoneo a compromettere seriamente la realizzazione degli obiettivi prescritti da detta direttiva;

tuttavia, il suddetto trasferimento, ove sia idoneo a determinare effetti negativi per l’acqua quali quelli enunciati all’articolo 4, paragrafo 7, della medesima direttiva, può essere autorizzato, quantomeno, se sono soddisfatte le condizioni dettate alle lettere a)-d) di tale disposizione, e

l’impossibilità per il bacino idrografico o per il distretto idrografico ricevente di soddisfare con le proprie risorse idriche il proprio fabbisogno di acqua potabile, di produzione di elettricità o di irrigazione non è una condizione indispensabile perché un simile trasferimento d’acqua sia compatibile con la citata direttiva, purché siano soddisfatte le condizioni sopra menzionate.

 

3)

Il fatto che un parlamento nazionale approvi dei piani di gestione di bacini idrografici, quali quelli controversi nel giudizio principale, senza che sia stata attuata alcuna procedura di informazione, consultazione o partecipazione del pubblico, non rientra nella sfera di applicazione dell’articolo 14 della direttiva 2000/60, e in particolare in quella del paragrafo 1 di tale articolo.

 

4)

La direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, e in particolare l’articolo 1, paragrafo 5, di detta direttiva, devono essere interpretati nel senso che essa non osta ad una legge, come la legge n. 3481/2006, adottata dal Parlamento greco il 2 agosto 2006, la quale approvi un progetto di deviazione parziale delle acque di un fiume, come quello controverso nel giudizio principale, sul fondamento di uno studio dell’impatto ambientale di tale progetto che era stato posto a base di una decisione amministrativa adottata al termine di una procedura conforme agli obblighi di informazione e di partecipazione del pubblico previsti dalla direttiva summenzionata, e ciò malgrado che tale decisione sia stata annullata in sede giurisdizionale, purché la legge suddetta costituisca un atto legislativo specifico, in modo tale che gli obiettivi di detta direttiva possano essere raggiunti tramite la procedura legislativa. Spetta al giudice nazionale verificare che queste due condizioni siano state rispettate.

 

5)

Un progetto di deviazione parziale delle acque di un fiume, quale quello controverso nel giudizio principale, non deve essere considerato come un piano o un programma rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente.

 

6)

Le zone comprese nell’elenco nazionale dei siti di importanza comunitaria – trasmesso alla Commissione europea in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche –, e poi incluse nell’elenco dei SIC stabilito dalla decisione 2006/613/CE della Commissione, del 19 luglio 2006, che adotta, a norma della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea, beneficiavano, dopo la notifica di detta decisione 2006/613 allo Stato membro interessato, della tutela della succitata direttiva prima che fosse pubblicata tale decisione. In particolare, dopo questa notifica, lo Stato membro interessato doveva altresì adottare le misure di salvaguardia previste dall’articolo 6, paragrafi 2-4, della direttiva suddetta.

 

7)

La direttiva 92/43, e in particolare l’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della medesima, devono essere interpretati nel senso che essa osta a che un progetto di deviazione di acque non direttamente connesso o necessario alla conservazione di una zona di protezione speciale, ma idoneo ad avere incidenze significative su quest’ultima, sia autorizzato in assenza di elementi o di dati attendibili e attuali relativi all’avifauna di questa zona.

 

8)

La direttiva 92/43, e in particolare l’articolo 6, paragrafo 4, della medesima, devono essere interpretati nel senso che delle motivazioni attinenti, da un lato, all’irrigazione e, dall’altro, all’approvvigionamento di acqua potabile, invocate a sostegno di un progetto di deviazione di acque, possono configurare motivi imperativi di rilevante interesse pubblico atti a giustificare la realizzazione di un progetto arrecante pregiudizio all’integrità dei siti di cui trattasi. Qualora un progetto siffatto pregiudichi l’integrità di un sito di importanza comunitaria ospitante un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, la sua realizzazione può, in linea di principio, essere giustificata da motivi connessi all’approvvigionamento di acqua potabile. In determinate circostanze, essa potrebbe essere giustificata a titolo delle conseguenze positive di primaria importanza che l’irrigazione ha per l’ambiente. Per contro, l’irrigazione non può, in linea di principio, rientrare tra le considerazioni correlate alla salute delle persone e alla sicurezza pubblica, giustificanti la realizzazione di un progetto quale quello controverso nel giudizio principale.

 

9)

A norma della direttiva 92/43, e segnatamente dell’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, prima frase, di quest’ultima, è necessario, per stabilire le misure compensative adeguate, prendere in considerazione l’estensione della deviazione di acque e l’entità dei lavori che tale deviazione comporta.

 

10)

La direttiva 92/43 – e segnatamente l’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, della stessa – interpretata alla luce dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile, quale sancito all’articolo 6 CE, autorizza, nel caso di siti facenti parte della rete Natura 2000, la trasformazione di un ecosistema fluviale naturale in un ecosistema fluviale e lacustre antropizzato, purché siano soddisfatte le condizioni enunciate nella citata disposizione di tale direttiva.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il greco.