SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

13 gennaio 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Ravvicinamento delle legislazioni – Regolamento (UE) n. 1169/2011 – Allegato VII, parte E, punto 2, lettera a) – Informazione dei consumatori sugli alimenti – Etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari – Direttiva 2000/36/CE – Allegato I, parte A, punto 2, lettera c) – Prodotti di cacao e di cioccolato – Elenco degli ingredienti di un alimento destinato ai consumatori in uno Stato membro»

Nella causa C‑881/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno, Repubblica ceca), con decisione del 25 ottobre 2019, pervenuta in cancelleria il 4 dicembre 2019, nel procedimento

Tesco Stores ČR a.s.

contro

Ministerstvo zemědělství,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, C. Lycourgos, presidente della Quarta Sezione, I. Jarukaitis, I. Ziemele e M. Ilešič (relatore), giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Tesco Stores ČR a.s., da L. Šrubař, advokát;

per il Ministerstvo zemědělství, da R. Pokorný;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e J. Očková, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da B. Hofstötter, P. Ondrůšek e B. Rous Demiri, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 ottobre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU 2011, L 304, pag. 18), in combinato disposto con l’allegato I, parte A, punto 2, lettera c), della direttiva 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2000, relativa ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all’alimentazione umana (GU 2000, L 197, pag. 19).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Tesco Stores ČR a.s. (in prosieguo: la «Tesco») e il Ministerstvo zemědělství (Ministero dell’Agricoltura, Repubblica ceca) in merito all’etichettatura di prodotti venduti dalla Tesco nella Repubblica ceca.

Contesto normativo

Regolamento n. 1169/2011

3

I considerando 1, 3, 4, 13, 17, 20, 22 e 26 del regolamento n. 1169/2011 sono così formulati:

«(1)

L’articolo 169 [TFUE] stabilisce che l’Unione [europea] deve contribuire ad assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori mediante gli strumenti che adotta in virtù dell’articolo 114 [TFUE].

(...)

(3)

Per ottenere un elevato livello di tutela della salute dei consumatori e assicurare il loro diritto all’informazione, è opportuno garantire che i consumatori siano adeguatamente informati sugli alimenti che consumano. (...)

(4)

Ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare [(GU 2002, L 31, pag. 1)], la legislazione alimentare si prefigge, quale principio generale, di costituire una base per consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano e di prevenire qualunque pratica in grado di indurre in errore il consumatore.

(...)

(13)

È necessario stabilire definizioni, principi, requisiti e procedimenti comuni per determinare un quadro di riferimento chiaro e una base comune per le disposizioni dell’Unione e nazionali che disciplinano il settore delle informazioni sugli alimenti.

(...)

(17)

La considerazione principale per richiedere informazioni obbligatorie sugli alimenti dovrebbe essere quella di consentire ai consumatori di identificare e di fare un uso adeguato di un alimento e di effettuare scelte adatte alle esigenze dietetiche individuali. (...)

(...)

(20)

La normativa in materia di informazioni sugli alimenti dovrebbe proibire l’utilizzo di informazioni che possono indurre in errore il consumatore, in particolare circa le caratteristiche dell’alimento, i suoi effetti o le sue proprietà, o attribuire proprietà medicinali agli alimenti. (...)

(...)

(22)

Dovrebbe essere elaborato un elenco di tutte le informazioni obbligatorie che, in linea di principio, dovrebbero essere fornite per tutti gli alimenti destinati al consumatore finale e alle collettività. Tale elenco dovrebbe mantenere le informazioni già richieste conformemente alla legislazione vigente dell’Unione, che sono generalmente considerate come un prezioso acquis per l’informazione destinata ai consumatori.

(...)

(26)

Le etichette alimentari dovrebbero essere chiare e comprensibili per aiutare i consumatori che intendono effettuare scelte alimentari e dietetiche più consapevoli. (...)».

4

Il capo I del regolamento n. 1169/2011, rubricato «Disposizioni generali», comprende gli articoli 1 e 2 di quest’ultimo.

5

L’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», al suo paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Il presente regolamento stabilisce le basi che garantiscono un elevato livello di protezione dei consumatori in materia di informazioni sugli alimenti, tenendo conto delle differenze di percezione dei consumatori e delle loro esigenze in materia di informazione, garantendo al tempo stesso il buon funzionamento del mercato interno».

6

L’articolo 2 di detto regolamento, intitolato «Definizioni», al suo paragrafo 2, così recita:

«Si applicano inoltre le seguenti definizioni:

(...)

c)

“informazioni obbligatorie sugli alimenti”: le indicazioni che le disposizioni dell’Unione impongono di fornire al consumatore finale;

(...)

f)

“ingrediente”: qualunque sostanza o prodotto, compresi gli aromi, gli additivi e gli enzimi alimentari, e qualunque costituente di un ingrediente composto utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se sotto forma modificata; i residui non sono considerati come ingredienti;

(...)

h)

“ingrediente composto”: un ingrediente che è esso stesso il prodotto di più ingredienti;

(...)

n)

“denominazione legale”: la denominazione di un alimento prescritta dalle disposizioni dell’Unione a esso applicabili o, in mancanza di tali disposizioni, la denominazione prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative applicabili nello Stato membro nel quale l’alimento è venduto al consumatore finale o alle collettività;

(...)».

7

Contenuto nel capo II del regolamento n. 1169/2011, relativo ai «Principi generali delle informazioni sugli alimenti», l’articolo 3 di quest’ultimo, a sua volta intitolato «Obiettivi generali», al paragrafo 1 così dispone:

«La fornitura di informazioni sugli alimenti tende a un livello elevato di protezione della salute e degli interessi dei consumatori, fornendo ai consumatori finali le basi per effettuare delle scelte consapevoli e per utilizzare gli alimenti in modo sicuro, nel rispetto in particolare di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, sociali ed etiche».

8

Il capo III di tale regolamento, intitolato «Requisiti generali relativi all’informazione sugli alimenti e responsabilità degli operatori del settore alimentare», comprende in particolare gli articoli 6 e 7 di quest’ultimo.

9

Ai sensi dell’articolo 6 di detto regolamento, intitolato «Requisito di base»:

«Qualunque alimento destinato al consumatore finale o alle collettività è accompagnato da informazioni conformi al presente regolamento».

10

L’articolo 7 dello stesso regolamento, intitolato «Pratiche leali d’informazione», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Le informazioni sugli alimenti non inducono in errore, in particolare:

a)

per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e, in particolare, la natura, l’identità, le proprietà, la composizione, la quantità, la durata di conservazione, il paese d’origine o il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o di produzione;

(...)».

11

Il capo IV del regolamento n. 1169/2011, intitolato «Informazioni obbligatorie sugli alimenti», nella sezione 1, intitolata «Contenuto e presentazione», comprende in particolare gli articoli 9 e 15 di quest’ultimo.

12

L’articolo 9 di tale regolamento, rubricato «Elenco delle indicazioni obbligatorie», prevede, al suo paragrafo 1, quanto segue:

«Conformemente agli articoli da 10 a 35 e fatte salve le eccezioni previste nel presente capo, sono obbligatorie le seguenti indicazioni:

a)

la denominazione dell’alimento;

b)

l’elenco degli ingredienti;

(...)».

13

L’articolo 15, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento, intitolato «Requisiti linguistici», è così formulato:

«1.   Fatto salvo l’articolo 9, paragrafo 3, le informazioni obbligatorie sugli alimenti appaiono in una lingua facilmente comprensibile da parte dei consumatori degli Stati membri nei quali l’alimento è commercializzato.

2.   Sul loro territorio, gli Stati membri nei quali è commercializzato un alimento possono imporre che tali indicazioni siano fornite in una o più lingue ufficiali dell’Unione».

14

Contenuto nel medesimo capo IV dello stesso regolamento, nella sezione 2, intitolata «Disposizioni particolareggiate sulle indicazioni obbligatorie», l’articolo 17 di quest’ultimo, a sua volta intitolato «Denominazione dell’alimento», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«La denominazione dell’alimento è la sua denominazione legale. In mancanza di questa, la denominazione dell’alimento è la sua denominazione usuale; ove non esista o non sia utilizzata una denominazione usuale, è fornita una denominazione descrittiva».

15

Contenuto nella medesima sezione 2 del capo IV del regolamento n. 1169/2011, l’articolo 18 di quest’ultimo, intitolato «Elenco degli ingredienti», ai paragrafi 1, 2 e 4 enuncia quanto segue:

«1.   L’elenco degli ingredienti reca un’intestazione o è preceduto da un’adeguata indicazione che consiste nella parola “ingredienti” o la comprende. L’elenco comprende tutti gli ingredienti dell’alimento, in ordine decrescente di peso, così come registrati al momento del loro uso nella fabbricazione dell’alimento.

2.   Gli ingredienti sono designati, se del caso, con la loro denominazione specifica, conformemente alle regole previste all’articolo 17 e all’allegato VI.

(...)

4.   Le prescrizioni tecniche che disciplinano l’applicazione dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo sono stabilite nell’allegato VII».

16

L’allegato VII del regolamento n. 1169/2011, intitolato «Indicazione e designazione degli ingredienti», comprende in particolare una parte E, a sua volta intitolata «Designazione degli ingredienti composti», che prevede quanto segue:

«1.

Un ingrediente composto può figurare nell’elenco degli ingredienti sotto la sua designazione, nella misura in cui essa è prevista dalla regolamentazione o fissata dall’uso, in rapporto al suo peso globale, e deve essere immediatamente seguita dall’elenco dei suoi ingredienti.

2.

Fatto salvo l’articolo 21, l’elenco degli ingredienti previsto per gli ingredienti composti non è obbligatorio:

a)

quando la composizione dell’ingrediente composto è definita nel quadro di disposizioni vigenti dell’Unione e nella misura in cui l’ingrediente composto interviene per meno del 2% nel prodotto finito; (...);

(...)

c)

quando l’ingrediente composto è un alimento per il quale l’elenco degli ingredienti non è richiesto dalle disposizioni dell’Unione».

Direttiva 2000/36

17

I considerando 7 e 8 della direttiva 2000/36 sono così formulati:

«(7)

Al fine di garantire l’unicità del mercato interno, tutti i prodotti di cioccolato oggetto della presente direttiva devono poter circolare all’interno dell[’Unione] con le denominazioni di vendita di cui all’allegato I della presente direttiva.

(8)

Secondo le regole generali sull’etichettatura dei prodotti alimentari previste dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità [(GU 1979, L 33, pag. 1)], la menzione dell’elenco degli ingredienti ai sensi dell’articolo 6 è obbligatoria. La presente direttiva rende applicabile la direttiva 79/112/CEE ai prodotti di cacao e di cioccolato al fine di informare correttamente il consumatore».

18

Ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2000/36:

«La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti definiti nell’allegato I, fatte salve le seguenti condizioni:

1)

Le denominazioni di vendita di cui all’allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e devono essere utilizzate nel commercio per designarli.

Tuttavia, a titolo complementare e in base alle disposizioni applicabili o all’uso invalso nello Stato membro nel quale si effettua la vendita al consumatore finale, dette denominazioni di vendita possono designare altri prodotti che non possono essere confusi con quelli definiti nell’allegato I».

19

L’articolo 4 della direttiva 2000/36 così dispone:

«Per i prodotti di cui all’allegato I, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali che non sono previste dalla presente direttiva».

20

L’allegato I di tale direttiva, intitolato «Denominazioni di vendita, definizioni e caratteristiche dei prodotti», contiene una parte A, a sua volta intitolata «Denominazioni di vendita e definizioni». Il punto 2, lettera c), che figura in tale parte, così recita:

«Cioccolato in polvere

Il prodotto consistente in un miscuglio di cacao in polvere e zuccheri, contenente non meno del 32% di cacao in polvere».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

21

Il gruppo Tesco, un rivenditore multinazionale stabilito nel Regno Unito, gestisce supermercati, in particolare nella Repubblica ceca. La sua controllata ceca commercializzava taluni prodotti alimentari con il marchio Monte nei suoi negozi situati nella Repubblica ceca. L’etichettatura dei prodotti di cui trattasi, ossia il Monte dessert a base di latte al cioccolato con nocciole da 220 g, il Monte dessert a base di latte al cioccolato da 100 g, e il Monte drink, bevanda a base di latte al cioccolato con nocciole da 200 ml, indicava un elenco di ingredienti tra i quali figurava il čokoládový prášek (polvere di cioccolato) senza precisarne ulteriormente la composizione.

22

Il 27 maggio 2016, la Státní zemědělská a potravinářská inspekce, inspektorát v Brně (Autorità nazionale di controllo agroalimentare, ispettorato di Brno, Repubblica ceca) (in prosieguo: la «SZPI») ha imposto alla Tesco di ritirare dai propri stabilimenti situati nella Repubblica ceca i prodotti di cui trattasi e le ha vietato di proseguirne la commercializzazione. Essa si è basata sul fatto che l’etichettatura di detti prodotti conteneva la menzione «čokoládový prášek» («polvere di cioccolato») senza precisarne gli ingredienti, in violazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 18, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 1169/2011. Inoltre, dall’allegato I, parte A, punto 2, lettera c), della direttiva 2000/36 risulterebbe che, in lingua ceca, devono essere utilizzati i termini «čokoláda v prášku» («cioccolato in polvere») e non i termini «čokoládový prášek» («polvere di cioccolato»).

23

A seguito di un reclamo presentato dalla Tesco, la SZPI, con due decisioni distinte del 6 giugno 2016, ha annullato le misure adottate il 27 maggio 2016. Essa ha quindi annullato, con la prima decisione, il divieto di commercializzazione dei prodotti di cui trattasi e, con la seconda decisione, il ritiro di tali prodotti da tutti gli stabilimenti situati nella Repubblica ceca.

24

Tuttavia, nell’ambito di una procedura di revisione accelerata, l’ústřední inspektorát Státní zemědělské a potravinářské inspekce (Ispettorato centrale dell’autorità nazionale di controllo agroalimentare, Repubblica ceca), con due decisioni del 2 febbraio 2017, ha riformato le decisioni della SZPI del 6 giugno 2016, respingendo il reclamo della Tesco.

25

Il Ministero dell’Agricoltura, con due decisioni del 21 aprile 2017, ha respinto il ricorso proposto dalla Tesco avverso le decisioni adottate nell’ambito della procedura di revisione accelerata.

26

La Tesco ha proposto ricorso avverso tali decisioni dinanzi al Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno, Repubblica ceca), facendo valere che l’eccezione di cui all’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del regolamento n. 1169/2011 si applica anche al čokoládový prášek («polvere di cioccolato»), dato che il contenuto di tale formula è identico a quello della čokoláda v prášku («cioccolato in polvere»). La conclusione secondo cui solo la versione in lingua ceca della direttiva 2000/36 è determinante è, secondo la Tesco, contraria ai principi di funzionamento del diritto dell’Unione, dato che tutte le versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione fanno ugualmente fede.

27

Con sentenza del 26 febbraio 2019, il Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno) ha respinto detto ricorso, considerando che la denominazione figurante in ogni versione linguistica dell’allegato I della direttiva 2000/36 è obbligatoria.

28

La Tesco ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi al Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa, Repubblica ceca). Con sentenza dell’11 luglio 2019, tale giudice ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa dinanzi alla Corte regionale affinché quest’ultima si pronunciasse nuovamente.

29

Essendo nuovamente investito della causa, il Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno) osserva che tanto la direttiva 2000/36 quanto il regolamento n. 1169/2011 hanno come finalità la tutela dei consumatori. Di conseguenza, occorrerebbe che gli operatori economici seguano, in ciascuno Stato membro, la denominazione come prevista dal legislatore dell’Unione in una lingua facilmente comprensibile in tale Stato membro.

30

Il giudice del rinvio rileva, inoltre, che la giurisprudenza della Corte relativa alla risoluzione di una divergenza tra diverse versioni linguistiche di una normativa dell’Unione non si applica nel caso di specie. Infatti, non esisterebbe alcuna divergenza tra le versioni linguistiche della direttiva 2000/36, nonostante l’esistenza di una o più denominazioni per lo stesso ingrediente secondo le rispettive versioni linguistiche. Si tratterebbe di elenchi autonomi di denominazioni obbligatorie nelle rispettive lingue ufficiali, imposte per i prodotti destinati ai consumatori dello Stato membro in cui è utilizzata la lingua ufficiale interessata. La sentenza del 14 giugno 2017, TofuTown.com (C‑422/16, EU:C:2017:458), sulla quale si è basato il Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa), potrebbe anche essere interpretata nel senso che è impossibile utilizzare sinonimi o traduzioni di denominazioni obbligatorie.

31

In tale contesto, il Krajský soud v Brně (Corte regionale di Brno) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la regola contenuta nell’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del [regolamento n. 1169/2011] debba essere interpretata nel senso che, con riguardo agli alimenti destinati al consumatore finale nella Repubblica ceca, sia possibile indicare, all’interno della composizione di un prodotto, un ingrediente composto, definito nell’allegato I, parte A, punto 2, lettera c), della [direttiva 2000/36], senza definirne la composizione soltanto nel caso in cui tale ingrediente composto sia esattamente definito in etichetta secondo la versione in lingua ceca dell’allegato I della [direttiva 2000/36]».

Sulla questione pregiudiziale

32

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del regolamento n. 1169/2011 debba essere interpretato nel senso che un operatore economico, nell’ambito dell’etichettatura dei prodotti commercializzati nel territorio di uno Stato membro, sia esonerato dall’obbligo di elencare tutti gli ingredienti che costituiscono un ingrediente composto, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera h), di tale regolamento, solo se tale ingrediente composto che è oggetto di una denominazione di vendita ai sensi dell’allegato I, parte A, della direttiva 2000/36 è designato, nell’elenco degli ingredienti, utilizzando tale denominazione di vendita, nella versione linguistica dello Stato membro interessato.

33

Come risulta dalla decisione di rinvio, tale questione è sollevata nell’ambito di una controversia sorta in occasione della commercializzazione da parte della Tesco di taluni prodotti alimentari nella Repubblica ceca, in quanto il cioccolato in polvere, rientrante nella fabbricazione di tali prodotti alimentari, non è stato identificato, nell’elenco degli ingredienti di tali prodotti, utilizzando la denominazione con la quale un siffatto ingrediente composto è definito nella versione in lingua ceca dell’allegato I della direttiva 2000/36, ossia «čokoláda v prášku». La Tesco ha sostituito a tale denominazione la propria traduzione ceca di altre versioni linguistiche di tale allegato, quali la versione tedesca «Schokoladenpulver» e la versione polacca (che contiene i termini «proszek czekoladowy» nonché «czekolada w proszku»). Tali traduzioni hanno portato all’utilizzo dei termini «čokoládový prášek» («polvere di cioccolato») per designare tale ingrediente composto.

34

In primo luogo, occorre ricordare che la direttiva 2000/36 procede ad un’armonizzazione completa delle denominazioni di vendita relativa ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all’alimentazione umana, al fine di garantire l’unicità del mercato interno. Quindi, le denominazioni di vendita di cui all’allegato I della direttiva 2000/36, a norma del suo articolo 3, punto 1, di quest’ultima, sono al tempo stesso obbligatorie e riservate ai prodotti indicati in tale allegato. Poiché l’articolo 4 della direttiva 2000/36 vieta, peraltro, agli Stati membri di adottare disposizioni nazionali non previste dalla stessa direttiva per i prodotti definiti al suo allegato I, va considerato che tale direttiva istituisce un sistema, obbligatorio e tassativo, delle denominazioni di vendita (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2010, Commissione/Italia, C‑47/09, EU:C:2010:714, punti 2936).

35

In secondo luogo, dall’allegato I, parte A, punto 2, lettera c), della direttiva 2000/36, in combinato disposto con l’articolo 3, punto 1, nonché con il considerando 7 di tale direttiva, risulta che un prodotto consistente in un miscuglio di cacao in polvere e zuccheri contenente non meno del 32% di cacao in polvere deve essere designato, ai fini dell’applicazione di detta direttiva, come «cioccolato in polvere».

36

Ne consegue che, anche supponendo che l’ingrediente composto, di cui trattasi nel procedimento principale, soddisfi i criteri per essere designato come «cioccolato in polvere», ai sensi dell’allegato I, parte A, punto 2, lettera c), della direttiva 2000/36, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, tale ingrediente composto deve essere denominato in commercio come «cioccolato in polvere».

37

Tale conclusione è corroborata dal fatto che la denominazione «cioccolato in polvere», di cui all’allegato I, parte A, punto 2, lettera c), della direttiva 2000/36, costituisce una «denominazione legale» prescritta dalle disposizioni dell’Unione applicabili a tale prodotto alimentare, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera n), del regolamento n. 1169/2011. Una siffatta denominazione deve essere utilizzata su tutto il territorio dell’Unione, conformemente agli articoli 17 e 18 di tale regolamento. Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, di detto regolamento, tale denominazione deve, inoltre, apparire sull’alimento in una lingua facilmente comprensibile per i consumatori dello Stato membro in cui tale alimento è commercializzato.

38

In secondo luogo, occorre rilevare che, conformemente all’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1169/2011, l’elenco degli ingredienti che deve figurare sugli alimenti deve contenere tutti gli ingredienti dell’alimento, in ordine decrescente di peso, così come registrati al momento del loro uso nella fabbricazione di tale alimento.

39

Ciò premesso, conformemente all’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del regolamento n. 1169/2011, l’elenco degli ingredienti che costituiscono un ingrediente composto può essere omesso quando la composizione dell’ingrediente composto è definita nel quadro di disposizioni vigenti dell’Unione e nella misura in cui l’ingrediente composto interviene per meno del 2% nel prodotto finito

40

A tal riguardo, dai punti 36 e 37 della presente sentenza risulta che una siffatta omissione degli ingredienti facenti parte della composizione di un ingrediente composto, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, è consentita solo se tale ingrediente composto è identificato dalla denominazione ad esso attribuita in forza della normativa del diritto dell’Unione e in una lingua facilmente comprensibile dai consumatori dello Stato membro in cui il prodotto alimentare è commercializzato. Nel caso di specie, risulta pertanto che, per beneficiare dell’esenzione prevista all’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del regolamento n. 1169/2011, l’ingrediente composto figurante sull’etichettatura dei prodotti alimentari commercializzati nella Repubblica ceca deve essere identificato con la sua denominazione in lingua ceca.

41

In terzo luogo, occorre esaminare se l’eccezione prevista nell’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del regolamento n. 1169/2011 possa applicarsi anche in una situazione, come quella di cui al procedimento principale, in cui l’operatore economico non ha utilizzato la denominazione dell’ingrediente composto, quale appare nella versione in lingua ceca dell’allegato I della direttiva 2000/36, ma ha sostituito a tale denominazione la propria traduzione in lingua ceca della denominazione di tale ingrediente, quale figura in altre versioni linguistiche di tale allegato I.

42

A tal riguardo, occorre rilevare, in primo luogo, che, poiché introduce una deroga alla regola secondo cui tutti gli ingredienti che compongono un prodotto alimentare devono essere menzionati nell’elenco dei suoi ingredienti, l’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del regolamento n. 1169/2011, deve essere interpretato restrittivamente.

43

In secondo luogo, occorre sottolineare che il regolamento n. 1169/2011 mira in particolare, come risulta dal suo articolo 1, paragrafo 1, e dal suo articolo 3, paragrafo 1, letti alla luce dei considerando 1, 3 e 4 di detto regolamento, a garantire un elevato livello di protezione dei consumatori in materia di informazioni sugli alimenti, tenendo conto delle differenze di percezione dei consumatori stessi (sentenza del 1o ottobre 2020, Groupe Lactalis, C‑485/18, EU:C:2020:763, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

44

A tal fine, il regolamento n. 1169/2011 tende a garantire, ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, in combinato disposto con i considerando 3 e 4 di tale regolamento, che le informazioni fornite ai consumatori consentano a questi ultimi di effettuare scelte consapevoli (v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2019, Organisation juive européenne e Vignoble Psagot, C‑363/18, EU:C:2019:954, punto 53).

45

Più in particolare, dal considerando 17 del regolamento n. 1169/2011 risulta che l’obbligatorietà delle informazioni sulla composizione degli alimenti discende dalla necessità «di consentire ai consumatori di identificare e di fare un uso adeguato di un alimento e di effettuare scelte adatte alle esigenze dietetiche individuali».

46

Un siffatto obiettivo impone che le informazioni relative agli alimenti siano corrette, imparziali e obiettive (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2016, Breitsamer und Ulrich, C‑113/15, EU:C:2016:718, punto 69, nonché del 1o ottobre 2020, Groupe Lactalis, C‑485/18, EU:C:2020:763, punto 44). Allo stesso modo, queste informazioni non devono essere tali da indurre in errore il consumatore, specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l’identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l’origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento dello stesso (sentenza del 4 giugno 2015, Bundesverband der Verbraucherzentralen und Verbraucherverbände, C‑195/14, EU:C:2015:361, punto 31).

47

Orbene, un siffatto obiettivo sarebbe seriamente compromesso se, quando sono tenuti a conformarsi alla denominazione di vendita di un ingrediente composto, quale imposta da una normativa dell’Unione, gli operatori economici potessero non rispettare la denominazione di tale ingrediente, quale figura nella pertinente versione linguistica di tale normativa, e tradurre liberamente i termini con cui detto ingrediente composto è denominato in altre versioni linguistiche di detta normativa.

48

Infatti, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 63 e 71 delle sue conclusioni, traduzioni libere di tal genere non consentono ai consumatori di conoscere, con certezza, la composizione di un siffatto ingrediente composto, mediante la semplice lettura della sua menzione nell’elenco degli ingredienti del prodotto alimentare nel quale è incluso.

49

Nella specie occorre sottolineare, più particolarmente, che solo i termini «čokoláda v prášku» («cioccolato in polvere») formano l’oggetto di una definizione precisa contenuta nell’allegato I, parte A, punto 2, lettera c), della direttiva 2000/36. Invece, una siffatta definizione non esiste, nel contesto della normativa dell’Unione, per i termini «čokoládový prášek» («polvere di cioccolato»).

50

Il fatto che, come ha sottolineato la Tesco nella sua risposta scritta ai quesiti posti dalla Corte, l’ingrediente composto, di cui trattasi nella causa principale, contenga cacao e zucchero laddove la parte di cacao sia pari a non meno del 32% e che, pertanto, esso soddisfi pienamente i requisiti dell’allegato I della direttiva 2000/36 per poter essere qualificato come «cioccolato in polvere», non incide sulla circostanza che, nel caso di specie, solo la denominazione di tale ingrediente composto, quale menzionata nella versione in lingua ceca dell’allegato I della direttiva 2000/36, può soddisfare la necessità di un’adeguata informazione dei consumatori.

51

Inoltre, consentire agli operatori economici di identificare un ingrediente composto, che è oggetto di una denominazione di vendita, ai sensi della direttiva 2000/36, traducendo liberamente una siffatta denominazione, come appare in altre versioni linguistiche di tale direttiva, pregiudicherebbe l’armonizzazione completa delle denominazioni di vendita operata da detta direttiva, come descritta al punto 34 della presente sentenza. Infatti, ne conseguirebbe che l’elenco degli ingredienti di un prodotto alimentare potrebbe menzionare un ingrediente composto, previsto dall’allegato I della direttiva 2000/36, con una denominazione che non figurerebbe in nessuna delle versioni linguistiche di tale allegato e che, di conseguenza, derogherebbe alla denominazione legale imposta da tale direttiva.

52

Occorre inoltre aggiungere, al riguardo, che la presa in considerazione del principio di equivalenza tra le diverse versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può condurre a consentire ad un operatore economico di non conformarsi ad alcuna di tali versioni. Parimenti, la constatazione di cui al punto 47 della presente sentenza non rimette in discussione il principio secondo cui, in caso di divergenza tra le versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione, non occorre privilegiare una di esse. Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, il semplice fatto che diverse versioni linguistiche prevedano designazioni diverse per l’ingrediente composto interessato, poiché alcune di esse utilizzano una sola denominazione mentre altre ne utilizzano più di una, non può significare che esiste una divergenza tra le versioni linguistiche.

53

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del regolamento n. 1169/2011 deve essere interpretato nel senso che un operatore economico, nell’ambito dell’etichettatura di prodotti commercializzati nel territorio di uno Stato membro, è esonerato dall’obbligo di elencare tutti gli ingredienti che costituiscono un ingrediente composto, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera h), di tale regolamento, solo se tale ingrediente composto che è oggetto di una denominazione di vendita ai sensi dell’allegato I, parte A, della direttiva 2000/36, è designato, nell’elenco degli ingredienti, utilizzando tale denominazione di vendita, nella versione linguistica dello Stato membro interessato.

Sulle spese

54

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

L’allegato VII, parte E, punto 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione, dev’essere interpretato nel senso che un operatore economico, nell’ambito dell’etichettatura di prodotti commercializzati nel territorio di uno Stato membro, è esonerato dall’obbligo di elencare tutti gli ingredienti che costituiscono un ingrediente composto, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera h), di tale regolamento, solo se tale ingrediente composto che è oggetto di una denominazione di vendita ai sensi dell’allegato I, parte A, della direttiva 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2000, relativa ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all’alimentazione umana, è designato, nell’elenco degli ingredienti, utilizzando tale denominazione di vendita, nella versione linguistica dello Stato membro interessato.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il ceco.