61996J0210

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 16 luglio 1998. - Gut Springenheide GmbH e Rudolf Tusky contro Oberkreisdirektor des Kreises Steinfurt - Amt für Lebensmittelüberwachung. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesverwaltungsgericht - Germania. - Norme di commercializzazione delle uova - Indicazioni intese a promuovere le vendite e idonee a indurre in errore l'acquirente - Consumatore di riferimento. - Causa C-210/96.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-04657


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Agricoltura - Organizzazione comune dei mercati - Uova - Norme di commercializzazione - Marchiatura delle uova o degli imballaggi - Norme riguardanti le indicazioni relative al sistema di allevamento delle galline ovaiole - Ambito d'applicazione - Indicazioni relative all'alimentazione fornita agli animali - Esclusione

[Regolamento (CEE) del Consiglio n. 1907/90, art. 10, n. 3; regolamento (CEE) della Commissione n. 1274/91, art. 18]

2 Agricoltura - Organizzazione comune dei mercati - Uova - Norme di commercializzazione - Marchiatura delle uova o degli imballaggi - Diciture destinate a promuovere le vendite - Divieto di indurre l'acquirente in errore - Valutazione del carattere ingannevole da parte del giudice nazionale - Criteri

[Regolamento (CEE) del Consiglio n. 1907/90, art. 10, n. 2, lett. e)]

Massima


1 Gli artt. 10, n. 3, del regolamento n. 1907/90 e 18 del regolamento n. 1274/91, aventi ad oggetto le indicazioni relative al sistema di allevamento delle galline ovaiole, non ostano all'apposizione sugli imballaggi di uova di un'indicazione del tipo «10 uova fresche - 6 cereali». Siffatta indicazione, relativa all'alimentazione fornita agli animali, non rientra infatti nell'ambito di applicazione delle dette disposizioni, le quali si limitano a disciplinare le indicazioni dei sistemi di allevamento che possono essere apposte sugli imballaggi.

2 Per stabilire se una dicitura destinata a promuovere le vendite di uova sia idonea a indurre in errore l'acquirente, in violazione dell'art. 10, n. 2, lett. e), del regolamento n. 1907/90, relativo a talune norme di commercializzazione applicabili alle uova, il giudice nazionale deve riferirsi all'aspettativa presunta connessa a tale dicitura di un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto. Tuttavia, il diritto comunitario non osta a che, qualora incontri particolari difficoltà nel valutare il carattere ingannevole della dicitura di cui trattasi, egli possa fare ricorso, alle condizioni previste dal proprio diritto nazionale, ad un sondaggio di opinioni o ad una perizia destinati a chiarire il suo giudizio.

Parti


Nel procedimento C-210/96,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dal Bundesverwaltungsgericht (Repubblica federale di Germania), nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Gut Springenheide GmbH,

Rudolf Tusky

e

Oberkreisdirektor des Kreises Steinfurt - Amt für Lebensmittelüberwachung,

interveniente: Oberbundesanwalt beim Bundesverwaltungsgericht,

"domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 10, n. 2, lett. e), del regolamento (CEE) del Consiglio 26 giugno 1990, n. 1907, relativo a talune norme di commercializzazione applicabili alle uova (GU L 173, pag. 5),

LA CORTE

(Quinta Sezione),

composta dai signori C. Gulmann, presidente di sezione, M. Wathelet, J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward e J.-P. Puissochet (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Mischo

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Gut Springenheide GmbH e per il signor Tusky, dall'avv. Bernhard Stüer, del foro di Münster;

- per il governo francese, dalla signora Catherine de Salins, vicedirettore presso la direzione Affari giuridici del ministero degli Affari esteri, e dal signor Frédéric Pascal, funzionario di amministrazione centrale presso la stessa direzione, in qualità di agenti;

- per il governo austriaco, dal signor Franz Cede, Botschafter presso il ministero federale degli Affari esteri, in qualità di agente;

- per il governo svedese, dalla signora Lotty Nordling, rättschef presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Klaus-Dieter Borchardt, membro del servizio giuridico, consigliere giuridico, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti Hans-Jürgen Rabe e George M. Berrisch, del foro di Amburgo,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Gut Springenheide GmbH e del signor Tusky, rappresentati dall'avv. Bernhard Stüer, del governo tedesco, rappresentato dalla signora Corinna Ullrich, Regierungsrätin zur Anstellung presso il ministero federale della Giustizia, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dal signor Klaus-Dieter Borchardt e dall'avv. Hans-Jürgen Rabe, all'udienza del 29 gennaio 1998,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 12 marzo 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 8 febbraio 1996, pervenuta in cancelleria il 20 giugno successivo, il Bundesverwaltungsgericht ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio 26 giugno 1990, n. 1907, relativo a talune norme di commercializzazione applicabili alle uova (GU L 173, pag. 5).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia che oppone la Gut Springenheide GmbH (in prosieguo: la «Gut Springenheide») e il suo gestore, il signor Tusky, all'Oberkreisdirektor des Kreises Steinfurt - Amt für Lebensmittelüberwachung (direttore della circoscrizione amministrativa di Steinfurt - Ufficio per il controllo delle derrate alimentari, in prosieguo: l'«Ufficio per il controllo delle derrate alimentari»), in merito ad un'indicazione apposta sugli imballaggi di uova messe in commercio dalla Gut Springenheide e di un foglietto informativo inserito in tali imballaggi.

La normativa comunitaria

3 Il regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2771, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle uova (GU L 282, pag. 49), stabilisce norme sulla commercializzazione che possono riguardare, in particolare, la classificazione per categoria di qualità e di peso, l'imballaggio, il magazzinaggio, il trasporto, la presentazione e la marcatura delle uova. Sulla base di tale regolamento, il Consiglio ha adottato il regolamento n. 1907/90, che ha abrogato e sostituito il regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2772, relativo a talune norme di commercializzazione applicabili alle uova (GU L 282, pag. 56).

4 L'art. 10, n. 1, del regolamento n. 1907/90 enumera le indicazioni che debbono essere apposte obbligatoriamente sugli imballaggi di uova. Tra tali indicazioni figurano il nome o la ragione sociale e l'indirizzo dell'azienda che ha imballato o ha fatto imballare le uova, fermo restando che il nome, la ragione sociale o il marchio d'impresa utilizzato da tale azienda possono essere indicati solo se non recano diciture incompatibili con il regolamento, relative alle qualità o alla freschezza delle uova, al sistema di produzione seguito o all'origine delle uova [art. 10, n. 1, lett. a)].

5 L'art. 10, n. 2, del medesimo regolamento prevede che gli imballaggi possono recare anche talune informazioni supplementari, tra le quali figurano diciture intese a promuovere le vendite, a condizione che tali diciture e la loro formulazione non siano tali da trarre in errore l'acquirente [art. 10, n. 2, lett. e)]. Quest'ultima disposizione è stata modificata con il regolamento (CEE) del Consiglio 21 settembre 1993, n. 2617 (GU L 240, pag. 1), al fine di precisare che le indicazioni facoltative pubblicitarie sugli imballaggi delle uova possono comprendere simboli e far riferimento sia alle uova che ad altri prodotti. Questa modifica è tuttavia irrilevante per la causa in esame.

6 Ai sensi dell'art. 10, n 3, primo comma, del regolamento n. 1907/90, altre date e indicazioni relative al sistema di produzione e all'origine delle uova possono essere apposte soltanto in conformità di norme da stabilire secondo la procedura prevista dall'art. 17 del regolamento n. 2771/75. Dette norme concerneranno in particolare i termini usati per indicare il sistema di allevamento ed i criteri relativi all'origine delle uova.

7 L'art. 14 del regolamento n. 1907/90 precisa che gli imballaggi non devono recare nessuna indicazione diversa da quelle previste nel detto regolamento.

8 Il 15 maggio 1991 la Commissione ha adottato il regolamento (CEE) n. 1274/91 recante modalità di applicazione del regolamento n. 1907/90 (GU L 121, pag. 11). L'art. 18 di tale regolamento enumera, in particolare, le diciture relative al sistema di allevamento di cui all'art. 10, n. 3, del regolamento n. 1907/90, che possono essere apposte sulle uova e sui piccoli imballaggi. L'art. 18 è stato modificato con il regolamento (CE) della Commissione 12 ottobre 1995, n. 2401 (GU L 246, pag. 6).

La controversia di cui alla causa principale

9 La Gut Springenheide pone in commercio uova preimballate sotto la dicitura «6-Korn - 10 frische Eier» (10 uova fresche - 6 cereali). Secondo tale società, i sei tipi di cereali di cui trattasi rientrano nella composizione dell'alimentazione del pollame nella misura del 60%. Un foglietto informativo, inserito in ciascuna confezione di uova, vanta le qualità che le uova trarrebbero da tale alimentazione.

10 Dopo aver comunicato, a più riprese, alla Gut Springenheide le proprie perplessità circa la menzione «10 uova fresche - 6 cereali» e il suddetto foglietto informativo, l'Ufficio di controllo delle derrate alimentari, in data 24 luglio 1989, ha intimato alla detta società di sopprimere tali indicazioni. Del resto, il 5 settembre 1990 è stata inflitta al suo gestore, il signor Tusky, un'ammenda.

11 Con sentenza 11 novembre 1992, il Verwaltungsgericht di Münster ha respinto il ricorso per accertamento proposto dalla Gut Springenheide e dal signor Tusky avverso tale provvedimento, con la motivazione che la dicitura e il foglietto informativo controversi violavano l'art. 17, n. 1, del Lebensmittel- und Bedarfsgegenständegesetz (legge sulle derrate alimentari e sui prodotti di consumo corrente), il quale vieta le diciture ingannevoli.

12 La Gut Springenheide e il signor Tusky hanno infruttuosamente proposto appello avverso tale sentenza. Il giudice di appello ha infatti considerato che la dicitura e il foglietto informativo di cui trattasi violavano l'art. 10, n. 1, lett. a), e il n. 2, lett. e), del regolamento n. 1907/90. Secondo detto giudice, la dicitura «10 uova fresche - 6 cereali», che è anch'essa un marchio commerciale, e il foglietto informativo che l'accompagna sono idonee a trarre in inganno una parte notevole di consumatori in quanto esse a torto suggeriscono l'idea che l'alimentazione del pollame sia esclusivamente composta dai sei cereali indicati e che le uova presentano qualità particolari.

13 La Gut Springenheide e il signor Tusky hanno proposto dinanzi al Bundesverwaltungsgericht ricorso per cassazione («Revision») avverso la predetta sentenza. Essi hanno sostenuto che la dicitura e il foglietto informativo controversi erano del tutto necessari per l'informazione del consumatore e che il giudice di appello non faceva riferimento ad alcun parere di esperto che dimostrasse che essi inducevano l'acquirente in errore.

14 Il Bundesverwaltungsgericht rileva che la soluzione della controversia deve basarsi sull'art. 10 del regolamento n. 1907/90, ma nutre dubbi per quanto riguarda l'interpretazione del suo n. 2, lett. e), il quale autorizza, sugli imballaggi, diciture intese a promuovere le vendite a condizione che non siano tali da trarre in errore l'acquirente. Secondo il giudice a quo, tale disposizione può essere interpretata infatti in due modi: o il carattere ingannevole delle diciture di cui trattasi deve essere determinato in relazione alle effettive aspettative dei consumatori, nel qual caso tali aspettative dovrebbero, se del caso, essere determinate sulla base di un sondaggio effettuato su un campione rappresentativo di consumatori o sulla base di una perizia, ovvero la disposizione di cui trattasi si fonda su una nozione obiettiva dell'acquirente, che richiede solo un'interpretazione giuridica, che prescinde da concrete aspettative dei consumatori.

15 Ciò considerato, il Bundesverwaltungsgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se, per valutare a norma dell'art. 10, n. 2, sub e), del regolamento (CEE) n. 1907/90 se determinate indicazioni pubblicitarie siano idonee a trarre in errore l'acquirente, si debbano accertare le effettive aspettative dei consumatori, oppure se alla base della norma di cui sopra vi sia una nozione oggettiva di consumatore da interpretare in maniera esclusivamente giuridica.

2) Nel caso in cui si debbano accertare le effettive aspettative dei consumatori, si pongono le seguenti questioni:

a) se si tratti del punto di vista del consumatore medio attento ed accorto oppure del consumatore disattento ed acritico;

b) se si possa determinare qual è la percentuale dei consumatori necessaria per fondare un'aspettativa "tipo" dei consumatori.

3) Qualora la nozione di consumatore vada interpretata in maniera esclusivamente oggettiva e giuridica, si pone la questione di come interpretare tale concetto».

Considerazioni preliminari

16 In primo luogo, il governo francese esprime dubbi sulla ricevibilità delle questioni sollevate per il motivo che il regolamento n. 1907/90 è entrato in vigore il 1_ ottobre 1990, cioè dopo i fatti di cui alla causa a qua.

17 Si deve, a questo proposito, anzitutto rilevare che le disposizioni di cui all'art. 10, n. 2, lett. e), di tale regolamento, che rilevano ai fini della presente causa, sono sostanzialmente analoghe a quelle che figuravano nell'art. 21, secondo comma, del regolamento n. 2772/75, come modificato con il regolamento (CEE) del Consiglio 19 giugno 1984, n. 1831 (GU L 172, pag. 2), che il regolamento n. 1907/90 ha abrogato e sostituito.

18 Inoltre, all'udienza sia la Gut Springenheide che il governo tedesco e la Commissione hanno affermato che, siccome l'azione di cui alla causa a qua è intesa a far constatare che i comportamenti dei ricorrenti sono conformi alla normativa in vigore, il giudice a quo deve prendere in considerazione le disposizioni vigenti al momento della pronuncia della sua decisione o, quantomeno, quelle in vigore al momento della presentazione del ricorso. In tal modo, l'azione di cui alla causa a qua non verte sull'ammenda inflitta al gestore della società ricorrente nel procedimento principale.

19 Si devono pertanto risolvere le questioni sollevate dal Bundesverwaltungsgericht (v., nello stesso senso, sentenza 25 febbraio 1992, causa C-203/90, Gutshof-Ei, Racc. pag. I-1003, punto 12).

20 In secondo luogo, il governo francese ritiene che non è necessario interrogarsi sull'interpretazione dell'art. 10, n. 2, lett. e), del regolamento n. 1907/90, richiesta dal giudice a quo, dal momento che esso vieta comunque un'indicazione quale quella in considerazione nella presente causa. Fa valere al riguardo che la menzione «10 uova fresche - 6 cereali» si riferisce all'alimentazione delle galline ovaiole e che essa attiene pertanto al sistema di allevamento del pollame di cui all'art. 10, n. 3, del regolamento. Orbene, l'art. 18, n. 1, del regolamento n. 1274/91, che enumererebbe tassativamente le diciture relative al sistema di allevamento che possono essere apposte sugli imballaggi, non farebbe menzione della dicitura controversa.

21 Tale interpretazione non può essere accolta.

22 Ai sensi dell'art. 18 del regolamento n. 1274/91, come modificato con il regolamento n. 2401/95, i piccoli imballaggi contenenti una determinata categoria di uova possono recare, se del caso, una delle seguenti diciture, relative al sistema di allevamento di cui all'art. 10, n. 3, del regolamento n. 1907/90: «Uova di allevamento all'aperto - sistema estensivo», «Uova di allevamento all'aperto», «Uova di galline allevate a terra», «Uova di galline allevate in voliera» e «Uova di galline allevate in batteria». Le diciture suddette possono essere utilizzate solamente per uova prodotte in allevamenti che soddisfino le condizioni indicate nell'allegato II del regolamento, le quali riguardano essenzialmente il terreno o il suolo disponibile per le galline, ma non la loro alimentazione.

23 Conformemente al diciottesimo `considerando' del regolamento n. 1274/91, tali disposizioni sono intese a proteggere il consumatore da eventuali affermazioni ingannevoli, fatte nell'intento fraudolento di ottenere prezzi superiori a quelli vigenti per le uova di galline allevate in batteria. Esse si limitano pertanto a disciplinare le indicazioni dei tipi di allevamento che possono essere apposte sugli imballaggi di uova, indipendentemente dall'alimentazione somministrata agli animali. Questa del resto non è in funzione del tipo di allevamento scelto.

24 Nessuna conclusione diversa può essere tratta dal regolamento (CEE) della Commissione 5 giugno 1991, n. 1538, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1906/90, che stabilisce talune norme di commercializzazione per le carni di pollame (GU L 143, pag. 11).

25 E' vero che l'art. 10 di tale regolamento, in combinato disposto con il suo allegato IV, include tra le diciture facoltative del sistema di allevamento quelle relative all'alimentazione degli animali. Tuttavia, si tratta in tal caso di una regolamentazione distinta, contenente disposizioni specifiche, alle quali, per le ragioni esposte dall'avvocato generale nei paragrafi 31-38 delle sue conclusioni, non può farsi ricorso nel caso di specie per interpretare il regolamento n. 1274/91.

26 Da quanto precede risulta che le disposizioni dei regolamenti nn. 1907/90 e 1274/91 sulle diciture relative ai sistemi di allevamento delle galline ovaiole non ostano alla apposizione sugli imballaggi di uova di un'indicazione del tipo «10 uova fresche - 6 cereali».

Sulle questioni pregiudiziali

27 Con le sue tre questioni, che occorre risolvere congiuntamente, il giudice a quo chiede in sostanza alla Corte quale sia il consumatore cui si deve fare riferimento al fine di determinare se una dicitura intesa a promuovere le vendite di uova sia idonea a indurre l'acquirente in errore in violazione dell'art. 10, n. 2, lett. e), del regolamento n. 1907/90.

28 Per risolvere tali questioni, si deve innanzitutto rilevare che disposizioni analoghe a quest'ultima disposizione, destinate ad evitare qualsiasi frode al consumatore, figurano anche in taluni atti di diritto derivato di portata generale o settoriale come la direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (GU 1979, L 33, pag. 1), ovvero il regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1989, n. 2392, che stabilisce le norme generali per la designazione e la presentazione dei vini e dei mosti di uve (GU L 232, pag. 13).

29 La protezione dei consumatori, dei concorrenti e del pubblico in generale dalla pubblicità ingannevole costituisce, del resto, oggetto della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole (GU L 250, pag. 17). A tenore dell'art. 2, punto 2, di questa direttiva, si deve intendere per pubblicità ingannevole qualsiasi pubblicità che in qualsiasi modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone alle quali è rivolta o che essa raggiunge, e che, dato il suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il comportamento economico di dette persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente.

30 Si deve altresì ricordare che la Corte ha dovuto interrogarsi, più volte, circa il carattere eventualmente ingannevole di una denominazione, di un marchio o di una dicitura pubblicitaria con riferimento alle disposizioni del Trattato o del diritto derivato, e che, ogni volta che le è parso che gli atti a sua disposizione fossero sufficienti e che la soluzione si imponesse, ha essa stessa deciso su tale punto, invece di rimetterne al giudice nazionale la valutazione definitiva (v. in particolare, sentenze 7 marzo 1990, causa C-362/88, GB-INNO-BM, Racc. pag. I- 667; 13 dicembre 1990, causa C-238/89, Pall, Racc. pag. I-4827; 18 maggio 1993, causa C-126/91, Yves Rocher, Racc. pag. I-2361; 2 febbraio 1994, causa C-315/92, Verband Sozialer Wettbewerb, Racc. pag. I-317; 29 giugno 1995, causa C-456/93, Langguth, Racc. pag. I-1737, e 6 luglio 1995, causa C-470/93, Mars, Racc. pag. I-1923).

31 Da tali sentenze risulta che, per stabilire se la denominazione, il marchio o la dicitura pubblicitaria di cui trattasi fossero o meno idonei a indurre l'acquirente in errore, la Corte ha preso in considerazione l'aspettativa presunta di un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, senza aver disposto una perizia o un sondaggio di opinioni.

32 Così, i giudici nazionali dovrebbero in genere essere in grado di valutare, nelle medesime condizioni, l'eventuale effetto ingannevole di una dicitura pubblicitaria.

33 Si deve anche rilevare che, in altre cause in cui non disponeva delle necessarie informazioni e in cui la soluzione non le pareva imporsi allo stato degli atti di cui disponeva, la Corte ha rimesso al giudice nazionale il compito di pronunciarsi sul carattere eventualmente ingannevole della denominazione, del marchio o della dicitura pubblicitaria controversa (v., in particolare, sentenze Gutshof-Ei, citata; 17 marzo 1983, causa 94/82, De Kikvorsch, Racc. pag. 947, e 26 novembre 1996, causa C-313/94, Graffione, Racc. pag. I-6039).

34 Nella sentenza 16 gennaio 1992, causa C-373/90, X (Racc. pag. I-131, punti 15 e 16), la Corte ha in particolare dichiarato, a proposito della direttiva 84/450, che spettava al giudice nazionale accertare, alla luce delle particolarità del caso di specie, se, considerando i consumatori ai quali era rivolta, una pubblicità che presentava degli autoveicoli come nuovi, nonostante il fatto che essi fossero stati immatricolati ai fini delle importazioni, senza aver tuttavia mai circolato sulla strada, integrasse o meno gli estremi della pubblicità ingannevole in quanto essa sarebbe diretta a nascondere la circostanza che i veicoli presentati come nuovi erano stati immatricolati prima di essere importati, e in quanto una simile circostanza avrebbe avuto l'effetto di indurre un numero significativo di consumatori a rinunciare all'acquisto. La Corte ha aggiunto che una pubblicità sul prezzo meno elevato dei veicoli potrebbe essere considerata ingannevole solo nell'ipotesi in cui fosse assodato che un numero significativo di consumatori, ai quali essa è rivolta, ha deciso l'acquisto di veicoli, ignorando che la riduzione di prezzo s'accompagna ad una riduzione del numero di accessori, per i veicoli venduti dall'importatore parallelo.

35 La Corte non ha quindi escluso che, quantomeno in talune circostanze particolari, un giudice nazionale possa decidere, conformemente al proprio diritto nazionale, di disporre una perizia o un sondaggio di opinioni per chiarire il carattere eventualmente ingannevole di una dicitura pubblicitaria.

36 In mancanza di qualsiasi disposizione comunitaria in materia, spetta al giudice nazionale, che consideri indispensabile disporre siffatto sondaggio, determinare, conformemente al suo diritto nazionale, la percentuale di consumatori ingannati da un'indicazione pubblicitaria che ritenga sufficientemente significativa per giustificarne, se del caso, il divieto.

37 Le questioni sollevate dal giudice a quo vanno pertanto risolte come segue: per stabilire se una dicitura destinata a promuovere le vendite di uova sia idonea a indurre in errore l'acquirente in violazione dell'art. 10, n. 2, lett. e), del regolamento n. 1907/90, il giudice nazionale deve riferirsi all'aspettativa presunta connessa a tale indicazione di un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto. Tuttavia, il diritto comunitario non osta a che, qualora incontri particolari difficoltà nel valutare il carattere ingannevole della dicitura di cui trattasi, egli possa fare ricorso, alle condizioni previste dal proprio diritto nazionale, ad un sondaggio di opinioni o ad una perizia destinati a chiarire il suo giudizio.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

38 Le spese sostenute dai governi tedesco, francese, austriaco e svedese, come pure dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Quinta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundesverwaltungsgericht, con ordinanza 8 febbraio 1996, dichiara:

Per stabilire se una dicitura destinata a promuovere le vendite di uova sia idonea a indurre in errore l'acquirente, in violazione dell'art. 10, n. 2, lett. e), del regolamento (CEE) del Consiglio 26 giugno 1990, n. 1907, relativo a talune norme di commercializzazione applicabili alle uova, il giudice nazionale deve riferirsi all'aspettativa presunta connessa a tale dicitura di un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto. Tuttavia, il diritto comunitario non osta a che, qualora incontri particolari difficoltà nel valutare il carattere ingannevole della dicitura di cui trattasi, egli possa fare ricorso, alle condizioni previste dal proprio diritto nazionale, ad un sondaggio di opinioni o ad una perizia destinati a chiarire il suo giudizio.