ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2012.113.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 113

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

55o anno
18 aprile 2012


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato delle regioni

 

94a sessione plenaria del 15 e 16 febbraio 2012

2012/C 113/01

Risoluzione del Comitato delle regioni per il Consiglio europeo di primavera del 2012 in merito al progetto di trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria

1

2012/C 113/02

Risoluzione del Comitato delle regioni su La situazione dei centri d'informazione Europe Direct

5

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

94a sessione plenaria del 15 e 16 febbraio 2012

2012/C 113/03

Parere del Comitato delle regioni su Un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie

7

2012/C 113/04

Parere del Comitato delle regioni su La rinnovata agenda europea per l'integrazione

11

2012/C 113/05

Parere del Comitato delle regioni su Il futuro della capitale europea della cultura

17

2012/C 113/06

Parere del Comitato delle regioni sulla Revisione del regolamento GECT

22

2012/C 113/07

Parere del Comitato delle regioni su La povertà infantile

34

2012/C 113/08

Parere del Comitato delle regioni sulla Direttiva sul rumore ambientale: la via da seguire

40

2012/C 113/09

Parere del Comitato delle regioni sulla Modernizzazione dell'insegnamento superiore

45

2012/C 113/10

Parere del Comitato delle regioni su Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE: un programma di cambiamento

52

2012/C 113/11

Parere del Comitato delle regioni sul Pacchetto legislativo sui diritti delle vittime

56

2012/C 113/12

Parere del Comitato delle regioni su Sviluppare una cultura europea della governance multilivello: iniziative per dar seguito al Libro bianco del Comitato delle regioni

62

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato delle regioni

94a sessione plenaria del 15 e 16 febbraio 2012

18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/1


Risoluzione del Comitato delle regioni per il Consiglio europeo di primavera del 2012 in merito al progetto di trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (1)

2012/C 113/01

Presentato dai gruppi politici PPE, PSE, ALDE ed AE

Alla luce delle conclusioni del Consiglio europeo del 30 gennaio 2012, il Comitato delle regioni è consapevole delle conseguenze dirette che il futuro Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria (in prosieguo: "il nuovo Trattato") avrà sugli enti regionali e locali nell'Unione europea.

IL COMITATO DELLE REGIONI

I.   In merito al Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria

1.

afferma il suo pieno impegno a svolgere il ruolo che gli compete nella gestione delle sfide poste dall'attuale crisi, e sostiene gli sforzi profusi per migliorare il coordinamento e la governance dell'unione economica a monetaria al fine di contrastare la recessione e la crisi del debito sovrano, garantendo finanze pubbliche solide e sostenibili;

2.

sottolinea che il rafforzamento della disciplina di bilancio e la forte riduzione dei livelli di indebitamento devono essere accompagnati da interventi rapidi a favore della crescita e della coesione territoriale, in grado di stimolare la creazione di posti di lavoro e promuovere l'occupazione sostenibile, con l'obiettivo di creare le condizioni che consentano di rilanciare l'economia europea e assicurare il futuro del progetto d'integrazione europea;

3.

si rammarica che il nuovo Trattato sia stato elaborato al di fuori del quadro del diritto primario UE in vigore e con una partecipazione minima del Parlamento europeo, in un processo dominato dai negoziati intergovernativi e su questioni che sono state in gran parte già affrontate tramite la legislazione dell'UE in base alle normali procedure democratiche dell'Unione;

4.

rinnova il suo impegno a favore del "metodo comunitario", che ritiene essere lo strumento più appropriato per fare dell'Unione europea uno spazio politico comune;

5.

rammenta l'urgente necessità di recuperare la fiducia dei cittadini nei confronti dell'UE e di ristabilire la crescita economica, rafforzando al tempo stesso la coesione sociale, economica e territoriale;

6.

chiede che, nel nuovo Trattato, sia introdotto un riferimento esplicito al rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, e sollecita il riconoscimento delle competenze giuridiche degli enti regionali e locali in materia di governance economica;

7.

sottolinea che le proposte avanzate dalle parti contraenti sulla "regola d'oro" dell'equilibrio dei conti pubblici non interessano soltanto le finanze pubbliche sotto la responsabilità dei governi centrali, ma incideranno anche sui bilanci pubblici degli enti regionali e locali;

8.

esprime il proprio sostegno a favore di un approfondimento dell'integrazione economica e di un aumento delle sinergie tra i bilanci regionali, locali, nazionali e dell'UE, conformemente alle competenze spettanti per legge agli enti regionali e locali in materia di autonomia finanziaria;

9.

è favorevole alla creazione di un'agenzia di rating europea indipendente e obiettiva, che punti a rendere le agenzie di rating più efficienti, responsabili e affidabili nelle loro analisi delle finanze pubbliche, anche per quanto riguarda i titoli di debito degli enti regionali e locali europei; in questo modo si controbilancerebbe anche l'attuale dominio delle poche agenzie di rating esistenti e si contribuirebbe a rendere più trasparenti le valutazioni di tali agenzie;

10.

invita la Commissione a tenere in considerazione la situazione delle finanze pubbliche a livello regionale e locale nel suo monitoraggio annuale delle finanze pubbliche nazionali nell'Unione europea e nell'analisi annuale della crescita, su cui il CdR può esprimere il suo punto di vista.

Natura giuridica del nuovo Trattato e processo di negoziazione:

11.

raccomanda alle parti contraenti di garantire la coerenza e il primato del diritto europeo, nonché di integrare il contenuto fondamentale del nuovo Trattato in tutti i Trattati UE al più tardi entro 5 anni dalla sua entrata in vigore;

12.

ritiene che il nuovo Trattato intergovernativo non debba prevedere alcun meccanismo sanzionatorio collegato direttamente agli stanziamenti di bilancio destinati alle politiche UE come, ad esempio, la politica di coesione; fa presente la sua opposizione a qualsiasi forma di condizionalità macroeconomica che penalizzi gli enti regionali e locali per decisioni economiche e di bilancio adottate dai governi nazionali;

13.

deplora il fatto che non sia stato possibile consultare la Corte di giustizia in merito alla compatibilità dell'accordo internazionale previsto con i trattati dell'UE e con il principio di sussidiarietà;

14.

sottolinea che molte delle misure proposte dal nuovo Trattato fanno già parte, o avrebbero potuto essere adottate come complemento, del pacchetto di riforme noto come six-pack, volto a rafforzare il Patto di stabilità e di crescita;

15.

chiede che, una volta entrato in vigore il nuovo Trattato, si proceda alla convocazione di una Convenzione incaricata di incorporare il contenuto essenziale del nuovo Trattato nel quadro giuridico dell'Unione europea; reputa pertanto di fondamentale importanza coinvolgere il CdR, quale assemblea degli enti regionali e locali, nella futura modifica dei Trattati, conformemente alla "procedura ordinaria".

Raccomandazioni degli enti locali e regionali in merito al contenuto del nuovo Trattato:

16.

accoglie con favore l'obiettivo di garantire un coordinamento sempre più stretto delle politiche economiche, e riafferma con decisione il ruolo centrale svolto dagli enti regionali e locali nell'economia europea (2); invita pertanto le parti contraenti a:

a)

inserire nel nuovo Trattato un riferimento che riconosca le competenze giuridiche degli enti regionali e locali in settori fondamentali delle finanze pubbliche e della governance economica, conformemente al principio di sussidiarietà sancito dai Trattati UE;

b)

garantire che i "piani di emissione del debito", i "programmi di partenariato economico" e gli impegni assunti nell'ambito del "patto Euro Plus" siano definiti negli Stati membri in stretta collaborazione con gli enti regionali e locali, tramite solidi accordi di governance multilivello  (3);

c)

consultare, ove opportuno, gli enti regionali e locali prima di ogni vertice Euro;

d)

coinvolgere il CdR nelle future conferenze tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali su tematiche di governance economica, menzionate nel nuovo Trattato; i parlamenti nazionali dovrebbero consultare i rispettivi parlamenti regionali e, ove necessario, associarli ai loro lavori;

e)

estendere la disposizione sul rispetto delle responsabilità dei parlamenti nazionali anche ai parlamenti regionali con poteri legislativi;

f)

garantire che gli enti regionali e locali abbiano la possibilità di contribuire allo scambio delle buone pratiche relative alle principali riforme di politica economica, e prevedere un sistema di valutazione comparativa per misurare i progressi;

g)

osserva che l'obbligo giuridico di trasporre nel diritto nazionale il requisito di equilibrio o avanzo dei bilanci nazionali ("regola del pareggio di bilancio") inciderà considerevolmente sui bilanci degli enti regionali e locali;

h)

essere consapevoli del fatto che, in assenza di accordi di partenariato e di governance multilivello paralleli, l'applicazione della suddetta regola rischia di innescare un nuovo processo di centralizzazione a livello nazionale, dato che nei singoli Stati membri il coordinamento dei bilanci verrà esercitato sempre più dall'alto (top down).

II.   Verso un risanamento favorevole alla crescita e una crescita favorevole alla creazione di posti di lavoro

17.

fa notare che il 94,5 % del bilancio UE è destinato essenzialmente agli investimenti a livello nazionale, regionale e locale, e sottolinea la necessità di una più profonda integrazione economica e di bilancio, nonché di sinergie tra i bilanci regionali, locali, nazionali e dell'UE;

18.

sottolinea il grande valore aggiunto della politica di coesione, e in particolare il suo effetto leva per gli investimenti a favore di crescita e occupazione nelle regioni in fase di recupero; segnala che le attuali priorità dei fondi strutturali non richiedono un riorientamento, quanto piuttosto il miglioramento della procedura, al fine di garantire un impegno e un pagamento più rapidi ed efficienti dei fondi anche attraverso il rafforzamento delle capacità dei beneficiari;

19.

chiede che qualsiasi decisione in merito alla riassegnazione dei fondi strutturali non impegnati sia adeguata alla specifica situazione socioeconomica di ciascuna regione, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. In tale contesto, le priorità devono essere definite da tutti i partner interessati, compresi gli enti locali e regionali;

20.

invita la Commissione europea e i governi centrali a garantire che, in caso di riassegnazione dei fondi della politica di coesione, gli enti regionali e locali partecipino appieno alla progettazione e al'attuazione delle nuove misure politiche a favore della creazione di occupazione e della crescita, onde evitare una rinazionalizzazione delle politiche.

Stimolare l’occupazione, soprattutto per i giovani

21.

accoglie con favore l'assistenza della Commissione europea agli Stati membri riguardo ai modi di utilizzare al meglio le risorse non impegnate dei fondi strutturali, e intende contribuire proattivamente a tale iniziativa con raccomandazioni politiche e buone pratiche sviluppate a livello regionale e locale nei campi dell'occupazione, dell'istruzione e della formazione e con la sua competenza specifica in fatto di impiego dei suddetti fondi;

22.

chiede che tutte le misure aggiuntive per i piani nazionali per l'occupazione siano adottate in partenariato con gli enti regionali e locali; condivide l'idea, lanciata dalla Commissione, di mettere al centro di ognuno di tali piani una "garanzia per i giovani" che assicuri che tutti i giovani abbiano un lavoro, seguano una formazione o beneficino di misure di attivazione entro 4 mesi dall'uscita dalla scuola; propone di migliorare la promozione dell'imprenditorialità come possibile percorso professionale per i giovani;

23.

sottolinea il fatto che il Programma per l'occupazione e la solidarietà sociale può apportare un chiaro valore aggiunto, purché tale programma sia portato a conoscenza del pubblico in modo adeguato, facilmente accessibile per i beneficiari e orientato a misure strutturali di lungo termine sostenibili.

Completare il mercato unico e potenziare il finanziamento dell'economia e in particolare delle PMI

24.

accoglie con favore l'impegno del Consiglio europeo a dar seguito effettivamente e quanto prima alle proposte della Commissione, in particolare riguardo alla modernizzazione del quadro normativo UE sugli appalti pubblici, in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020;

25.

ribadisce il ruolo cruciale delle piccole e medie imprese nell'economia regionale e locale; sollecita a sviluppare misure aggiuntive per sostenere in Europa un ambiente propizio alle PMI, soprattutto riguardo all'accesso di queste ultime al capitale di rischio;

26.

invoca la creazione di partenariati specifici per dare ulteriore attuazione allo Small Business Act (SBA) a livello regionale; mette in luce l'importanza dell'iniziativa di premiare la "Regione imprenditoriale europea", lanciata dal CdR nel 2010, in quanto rete di regioni che sviluppano strategie specifiche per promuovere l'imprenditorialità e sfruttare il potenziale di innovazione delle imprese;

27.

sollecita la Commissione ad assicurarsi che tutte le proposte normative siano soggette a una valutazione preliminare approfondita del loro impatto territoriale;

28.

accoglie con favore la proposta della Commissione concernente l'iniziativa pilota Prestiti obbligazionari Europa 2020 per il finanziamento di progetti (project bond), da utilizzare per l'attuazione della strategia Europa 2020.

III.   Contributo al Consiglio europeo di primavera: tempo di colmare il "deficit di partenariato" per attuare la strategia Europa 2020

29.

apprezza il fatto che il Parlamento europeo abbia riconosciuto che la qualità dell'amministrazione pubblica europea, nazionale, regionale e locale è un fattore determinante ai fini della competitività e della produttività, come lo è la prestazione di servizi di interesse generale efficienti;

30.

insiste sull'opportunità di conferire alla strategia Europa 2020 una piena dimensione territoriale, e deplora il fatto che l'analisi annuale della crescita elaborata dalla Commissione europea menzioni solo di rado la necessità di associare gli enti locali e regionali all'attuazione dei programmi nazionali di riforma (PNR);

31.

pone l'accento sul fatto che le relazioni di monitoraggio del CdR sulla predetta strategia rilevano un "deficit di partenariato" nella sua attuazione, e deplora il fatto che, nella maggior parte degli Stati membri, regioni e città non sono state associate in modo tempestivo, sufficiente e concreto alla preparazione dei PNR;

32.

richiama l'attenzione sulla sua proposta di adottare, in ciascuno Stato membro, dei patti territoriali che garantiscano un'attuazione dei PNR fondata sulla governance multilivello e sul partenariato, grazie a un accordo tra tutte le autorità pubbliche giuridicamente competenti;

33.

chiede alla Commissione di presentare senza indugio una proposta di Codice di condotta europeo per il principio di partenariato nella politica di coesione, inteso ad accrescere l'efficacia e rafforzare la gestione della strategia Europa 2020;

34.

esaminerà le raccomandazioni specifiche per i singoli Stati membri elaborate per il 2012 dalla Commissione europea, nonché l'analisi annuale della crescita 2013, al fine di verificare il livello di partecipazione degli enti regionali e locali; chiede al Consiglio di adottare a sua volta raccomandazioni specifiche per i singoli Stati membri sulla gestione della strategia Europa 2020;

35.

invita la sua Presidente a trasmettere la presente risoluzione alle istituzioni dell'Unione europea e agli Stati membri.

Bruxelles, 16 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  La presente risoluzione è un contributo del CdR al Consiglio europeo di primavera del 2012 e tiene conto del progetto di Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria, nonché della dichiarazione dei membri del Consiglio europeo, del 30 gennaio 2012, Verso un risanamento favorevole alla crescita e una crescita favorevole alla creazione di posti di lavoro.

(2)  La quota degli enti regionali e locali alla somma totale di investimenti pubblici nell'UE è pari a due terzi.

(3)  Potrebbe trattarsi di un obbligo giuridico ispirato dal futuro codice di condotta europeo sull'attuazione del principio di partenariato nell'ambito della politica regionale.


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/5


Risoluzione del Comitato delle regioni su «La situazione dei centri d'informazione Europe Direct»

2012/C 113/02

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

considera i centri d'informazione Europe Direct un elemento importante della politica di comunicazione dell'Unione europea. Il bisogno di informazione dei cittadini sugli affari dell'UE cresce costantemente, e vi è una maggiore necessità di spiegare gli sviluppi e le misure relativi all'Unione europea nel modo più tempestivo ed efficace possibile;

2.

ricorda che in tutta l'UE vi sono circa 480 centri Europe Direct, spesso amministrati da enti comunali o regionali, ma che possono essere gestiti anche da organizzazioni non governative;

3.

ritiene che i centri Europe Direct, oltre a mettere a disposizione informazioni di carattere generale sull'UE e a trattare le richieste dei cittadini, abbiano anche il compito specifico di creare uno spirito europeo positivo;

4.

raccomanda che si realizzi quest'obiettivo mediante manifestazioni, siti web, pubblicazioni e interazioni coi mezzi di comunicazione locali;

5.

attira l'attenzione sull'approccio decentrato perseguito coi centri Europe Direct, che consente di far conoscere l'Europa sul territorio, tenendo conto delle particolarità regionali e soddisfacendo le necessità specifiche d'informazione che il livello locale esprime;

6.

accoglie quindi con favore l'impegno della vicepresidente della Commissione europea, Viviane Reding, che si è pronunciata a favore di un mantenimento dei centri Europe Direct e contro una diminuzione delle risorse loro destinate;

7.

fa però osservare che le risorse messe a disposizione di Europe Direct dalla Commissione europea coprono solo una piccola parte dei costi effettivi di tali centri;

8.

fa anche notare il notevole impegno finanziario, personale e amministrativo degli enti regionali e locali nel settore delle relazioni col pubblico in merito all'Europa;

9.

è preoccupato che, a causa dei vincoli sempre maggiori che si impongono ai bilanci dei soggetti competenti, il mantenimento dei centri d'informazione Europe Direct sul territorio possa venire compromesso;

10.

teme che, nell'imminenza del bando per l'aggiudicazione dei centri Europe Direct nel periodo 2013-2016, diversi soggetti regionali e locali non potranno proseguire il proprio lavoro senza un aumento delle risorse europee;

11.

vede il pericolo che ciò comporti un considerevole arretramento della comunicazione in materia di politica europea con la società civile;

12.

si aspetta quindi che l'UE metta a disposizione fondi adeguati per far fronte a questo importante compito comune;

13.

sottolinea che la diffusione di informazioni è uno dei compiti per eccellenza delle istituzioni europee, dal momento che l'informazione di base sulle strutture e sulle politiche dell'UE è nell'interesse stesso di tali istituzioni. Quest'osservazione è avvalorata fra l'altro dal fatto che si utilizzi quale base giuridica l'articolo 49, paragrafo 6, del regolamento finanziario. Il lavoro dei centri Europe Direct è pertanto sottoposto a disposizioni generali di natura sostanziale e amministrativa da parte della Commissione. Il fatto che gli enti che gestiscono i centri Europe Direct si sentano tenuti al rispetto dell'obiettivo dell'informazione sugli affari europei e vi dedichino considerevoli risorse proprie è un elemento decisivo del successo di tali centri. In questo contesto, appare evidente che vi sono margini notevoli per aumentare la quota attuale di sostegno;

14.

invita la Commissione europea ad aumentare sensibilmente le risorse complessive a disposizione dei centri Europe Direct e a raddoppiare l'importo di base per ciascun centro (dai 12 000 euro attuali a 24 000 euro);

15.

per liberare delle forze a vantaggio delle attività concrete, si pronuncia a favore dell'abbassamento degli oneri burocratici; ad esempio, il sistema modulare per la gestione di alcune risorse mirate potrebbe essere decisamente semplificato;

16.

ribadisce l'evidente necessità che i centri Europe Direct continuino senza restrizioni la loro attività, e ricorda che a tal fine non il solo mantenimento delle risorse non è sufficiente, e che è richiesto piuttosto un loro aumento;

17.

non crede che reperire maggiori risorse presso soggetti terzi aiuti a migliorare la situazione, in quanto potrebbe compromettere la neutralità delle informazioni distribuite. Inoltre, la raccolta fondi occuperebbe in modo considerevole, se non insopportabile, le già ridotte capacità di entità di piccole dimensioni come i centri Europe Direct;

18.

considera discutibile anche un aumento dei finanziamenti da parte dei soggetti del settore pubblico, dal momento che la diffusione di informazioni neutrali sulle questioni riguardanti l'UE, come sopra ricordato, è un compito basilare delle istituzioni europee;

19.

rivolge un pressante appello alla Commissione europea affinché il valido e straordinariamente riuscito strumento dei centri Europe Direct non venga messo in discussione da una riduzione o da un congelamento al livello attuale delle risorse necessarie;

20.

incarica la sua Presidente di presentare questa risoluzione al Presidente del Consiglio europeo, al Parlamento europeo, alla Commissione europea e alla presidenza danese del Consiglio dell'UE.

Bruxelles, 16 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


PARERI

Comitato delle regioni

94a sessione plenaria del 15 e 16 febbraio 2012

18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/7


Parere del Comitato delle regioni su «Un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie»

2012/C 113/03

IL COMITATO DELLE REGIONI

accoglie con favore la presentazione, da parte della Commissione, della proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie nell'Unione europea, già richiesta dal CdR nel suo programma di lavoro 2011;

giudica inoltre l'introduzione di un sistema europeo d'imposta sulle transazioni finanziarie un altro, importante passo avanti verso il ripristino, necessario e urgente, delle prerogative della politica democratica rispetto alle gravi discrepanze verificatesi nel funzionamento dei mercati finanziari;

evidenzia che l'imposta sulle transazioni finanziarie è un importante strumento per far sì che il settore finanziario concorra ad assicurare una maggiore solidarietà ed equità e per contenere la speculazione, come osservato dal CdR nel suo parere sul nuovo quadro finanziario pluriennale post 2013;

sostiene l'obiettivo di un'applicazione all'intera Unione dell'armonizzazione prevista, e chiede che, nel caso in cui ciò non risulti fattibile, malgrado tutti gli sforzi, si introduca immediatamente un sistema europeo d'imposta sulle transazioni finanziarie mediante lo strumento di una cooperazione rafforzata, che comprenda quanto meno i paesi della zona euro.

Relatore

Ralf CHRISTOFFERS (DE/PSE), ministro per gli Affari economici ed europei del Land Brandeburgo

Testo di riferimento

Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE

COM(2011) 594 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Messaggio politico generale

1.

accoglie con favore la presentazione, da parte della Commissione, della proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie nell'Unione europea, già richiesta dal CdR nel suo programma di lavoro 2011;

2.

ravvisa in tale proposta un segnale politico forte della volontà e della capacità dell'Unione di far fronte alla sfida di un mercato finanziario globalizzato e di rafforzare durevolmente il potenziale delle economie nazionali per il bene degli Stati membri così come dei cittadini dell'Unione;

3.

giudica inoltre l'introduzione di un sistema europeo d'imposta sulle transazioni finanziarie un altro, importante passo avanti verso il ripristino, necessario e urgente, delle prerogative della politica democratica rispetto alle gravi discrepanze verificatesi nel funzionamento dei mercati finanziari;

4.

evidenzia che l'imposta sulle transazioni finanziarie è un importante strumento per far sì che il settore finanziario concorra ad assicurare una maggiore solidarietà ed equità e per contenere la speculazione, come osservato dal CdR nel suo parere sul nuovo quadro finanziario pluriennale post 2013;

5.

richiama l'attenzione sulla valutazione d'impatto della Commissione europea pubblicata nel settembre 2011 e sui modelli dinamici stocastici di equilibrio generale (DGSE) altamente imprecisi applicati; evidenzia il fatto che la valutazione d'impatto della Commissione non giunge a conclusioni certe, ma tende a mantenere il discorso vago e irrisolto, lasciando aperte varie opzioni; ne desume che la valutazione d'impatto della Commissione europea sia parziale e imprecisa; accoglie favorevolmente l'impegno della Commissione a realizzare una nuova valutazione d'impatto;

6.

sottolinea le evidenti carenze nel sistema britannico dell'imposta di bollo, in particolare per quanto riguarda l'immunizzazione del sistema contro la delocalizzazione delle transazioni e il forte incentivo dato allo spostamento verso gli strumenti derivati.

Quadro giuridico generale

7.

condivide con la Commissione l'idea che, la pluralità di misure fiscali nazionali non coordinate richieda, per prevenire una frammentazione del mercato interno dei servizi finanziari, un'armonizzazione, necessaria ai fini del buon funzionamento del mercato interno in questo settore e per evitare distorsioni della concorrenza;

8.

approva l'approccio adottato dalla Commissione, che si prefigge di armonizzare il sistema:

tassando gli enti finanziari in modo appropriato in relazione agli altri settori dell'economia e ai costi dell'attuale crisi;

creando incentivi fiscali che, dissuadendo gli operatori dei mercati finanziari dal compiere transazioni inopportune per l'economia nel suo insieme, contribuiscano a evitare crisi future;

9.

sostiene l'obiettivo di un'applicazione all'intera Unione dell'armonizzazione prevista, e chiede che, nel caso in cui ciò non risulti fattibile, malgrado tutti gli sforzi, si introduca immediatamente un sistema europeo d'imposta sulle transazioni finanziarie mediante lo strumento di una cooperazione rafforzata, che comprenda quanto meno i paesi della zona euro;

10.

considerata la straordinaria urgenza di introdurre un sistema europeo comune d'imposta sulle transazioni finanziarie, invita gli organi legislativi dell'UE ad impegnarsi, con il necessario rigore e in modo politicamente responsabile, per una rapida conclusione della procedura legislativa;

11.

si rallegra per il fatto che, in virtù dell'obbligo per la Commissione di trasmettere una relazione periodica sull'applicazione della direttiva, questa sia soggetta a una procedura di revisione costante e strutturata; a tale proposito, deplora che quest'obbligo valga solo nei confronti del Consiglio, in quanto tale limitazione è in contrasto col ruolo svolto dal Parlamento europeo nella procedura legislativa seguita per la direttiva, adottata dal Consiglio con la partecipazione del PE; ravvisa inoltre in tale limitazione anche una svalutazione del ruolo del Comitato delle regioni, in quanto assemblea politica degli enti locali e regionali dell'Unione europea, e del Comitato economico e sociale europeo, il cui compito principale, ai sensi dei Trattati, consiste nell'assistere coi loro pareri gli organi legislativi;

12.

segnala la necessità di tenere in considerazione anche le possibili ripercussioni dell'introduzione dell'ITF sulle entrate fiscali dei comuni e delle regioni.

Oggetto e ambito di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie (ITF)

13.

condivide il principio per cui l'obbligo fiscale sussiste nei confronti dello Stato di stabilimento dell'ente finanziario: questo principio normativo, infatti, riduce le possibilità di elusione fiscale e rispecchia i legami tra i mercati finanziati e l'economia reale meglio di quanto farebbe quello che collega l'obbligo fiscale al luogo della transazione; fa presente la necessità di introdurre inoltre norme volte a impedire o arginare anche le elusioni fiscali realizzate mediante la delocalizzazione o la creazione di spin-off;

14.

propone che i termini "istituzioni finanziarie" e "strumenti finanziari" vengano definiti con esattezza;

15.

condivide l'estensione dell'ambito di applicazione dell'ITF, che copre praticamente tutte le transazioni con strumenti finanziari di ogni tipo, compresi eventuali sostituti ed eventuali transazioni fuori borsa (over the counter - OTC);

16.

condivide l'esenzione dall'ITF delle transazioni sui mercati primari, che consente di limitare gli effetti indesiderati dell'imposta sull'economia reale. Nel contempo, però, deplora che le transazioni sui mercati secondari dei titoli pubblici non beneficino anch'esse di tale esenzione: questa, infatti, sembra imporsi per motivi di politica di bilancio, considerato il fatto che i poteri pubblici devono, nell'interesse di una sana gestione finanziaria, ricorrere anche a strumenti finanziari negoziati sui mercati secondari;

17.

deplora che non tutti i tipi di transazioni su valute siano assoggettati all'ITF, dato che in tal modo si perde un notevole potenziale di gettito e un importante effetto regolatore; ritiene in particolare che la tassazione delle transazioni su valute nel quadro di un ampio regime impositivo sulle transazioni finanziarie non sia in contrasto con il principio della libera circolazione dei capitali, dato che l'ITF, in ragione del suo ampio campo d'applicazione, non colpirebbe affatto l'operazione su valuta nella sua specificità transfrontaliera bensì soltanto nella sua qualità di transazione finanziaria, alla stregua di ogni altra transazione finanziaria;

18.

ritiene che gli istituti di credito speciali che prestano soltanto al settore pubblico debbano essere esenti dall'imposta sulle transazioni finanziarie.

Base imponibile, struttura e livello delle aliquote dell'ITF

19.

plaude, in linea di principio, al metodo proposto per la determinazione della base imponibile, compreso il ricorso all'ammontare nozionale come base imponibile per i derivati; nel contempo, però, ravvisa la necessità di ulteriori chiarimenti, in particolare riguardo ai modi di contrastare il pericolo concreto che, nei derivati complessi, tale ammontare venga artatamente ridotto;

20.

accoglie con favore il fatto che la direttiva proposta fissi solo aliquote minime, consentendo così agli Stati membri di fissarne di più elevate, in quanto espressione particolarmente significativa dell'idea di sussidiarietà; ricorda al tempo stesso che bisognerà verificare attentamente se aliquote più elevate in alcuni Stati membri non conducano proprio a quella dannosa concorrenza fiscale tra Stati membri che la direttiva dovrebbe prevenire;

21.

fa presente la necessità di assicurare, sul piano sostanziale, la parità di trattamento di tutti gli strumenti finanziari soggetti a tassazione, tenendo conto tuttavia delle effettive differenze in modo da evitare di creare involontariamente incentivi all'elusione dell'imposta e da tenere nel dovuto conto il principio dell'equità fiscale; chiede pertanto con forza che le aliquote fiscali applicate alle azioni, alle obbligazioni e ai derivati vengano riesaminate in particolare sotto tale aspetto.

Pagamento dell'ITF

22.

esprime riserve riguardo all'attribuzione alla Commissione del potere di adottare atti delegati ai sensi dell'articolo 290 TFUE per specificare le misure che gli Stati membri devono intraprendere per prevenire l'evasione, l'elusione e l'abuso. Tali misure, intese a garantire l'effettiva applicazione della direttiva, rientrano infatti nella sfera di competenza degli Stati membri, i quali, ai sensi dell'articolo 291, paragrafo 1, TFUE, adottano tutte le misure necessarie per l'attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione, ed è solo allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione di tali atti che bisognerebbe attribuire un potere corrispondente alla Commissione; nel qual caso, tuttavia, lo strumento previsto dal Trattato sarebbe l'adozione di atti di esecuzione ai sensi dell'articolo 291 TFUE; tuttavia questioni di basilare importanza, in particolare quelle che riguardano le disposizioni in materia di sanzioni penali devono sostanzialmente di competenza degli Stati membri;

23.

pone l'accento sul fatto che la necessità e l'efficacia delle misure adottate dalla Commissione nell'esercizio dei poteri ad essa conferiti dovrebbe anche rientrare obbligatoriamente nell'oggetto della relazione periodica della Commissione sull'applicazione della direttiva.

Impiego del gettito dell'ITF

24.

si pronuncia fin d'ora a favore dell'integrazione di tale imposta come nuova categoria nel sistema delle risorse proprie dell'Unione nonché della ripartizione del relativo gettito, secondo una proporzione prestabilita, tra l'Unione e gli Stati membri che la riscuotono; di conseguenza, i contributi degli Stati membri al suddetto sistema potrebbero essere ridotti in proporzione all'importo del gettito ricavato dall'Unione da questa nuova categoria di risorse proprie.

Necessità di misure supplementari

25.

ritiene necessaria, al di là dell'introduzione di un sistema europeo d'imposta sulle transazioni finanziarie, una riforma globale dei mercati finanziari, che possa servire a contrastare gli eventuali effetti negativi di questi ultimi nei confronti dell'economia reale;

26.

osserva che, per questo motivo, sarebbe auspicabile garantire un'adeguata raccolta e gestione delle informazioni generate dall'ITF;

27.

è convinto che, per far fronte alla sfida di garantire il buon funzionamento sia del mercato interno che dell'unione economica e monetaria con una moneta unica, siano necessarie e urgenti misure supplementari che oltrepassino l'ambito della politica finanziaria, e vadano da un deciso rafforzamento del coordinamento europeo delle politiche economiche e di bilancio nazionali fino all'istituzionalizzazione di una governance economica a livello europeo efficace e dotata di sufficiente legittimazione democratica;

28.

è dell'avviso che, oltre al suddetto approccio a livello europeo, sia necessaria un'azione coordinata a livello mondiale, e invita pertanto l'Unione e gli Stati membri a impegnarsi sul piano internazionale, nelle relazioni esterne con i paesi terzi, e segnatamente con tutti gli altri Stati del G-20, per una riforma delle regole dei mercati finanziari che includa anche una tassazione globale delle transazioni finanziarie.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Articolo 1, paragrafo 4, lettera d)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(d)

le transazioni con le banche centrali degli Stati membri.

(d)

le transazioni con , le banche centrali degli Stati membri, .

Emendamento 2

Articolo 16

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Ogni cinque anni, e per la prima volta entro il 31 dicembre 2016, la Commissione invia al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva e, ove opportuno, una proposta di modifica della stessa.

Ogni cinque anni, e per la prima volta entro il 31 dicembre , la Commissione invia al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva e, ove opportuno, una proposta di modifica della stessa.

La relazione della Commissione esamina almeno l'impatto dell'ITF sul corretto funzionamento del mercato interno, sui mercati finanziari e sull'economia reale e rende conto dei progressi sul fronte della tassazione del settore finanziario nel contesto internazionale.

La relazione della Commissione esamina almeno l'impatto dell'ITF sul corretto funzionamento del mercato interno, sui mercati finanziari e sull'economia reale e rende conto dei progressi sul fronte della tassazione del settore finanziario nel contesto internazionale.

Bruxelles, 15 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/11


Parere del Comitato delle regioni su «La rinnovata agenda europea per l'integrazione»

2012/C 113/04

IL COMITATO DELLE REGIONI

rileva che la piena partecipazione degli immigrati alla vita economica, sociale e politica delle città e delle regioni di accoglienza costituisce una componente essenziale per il conseguimento degli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale posti dalla strategia Europa 2020;

ritiene che il metodo più adatto per conseguire i migliori risultati in materia di integrazione degli immigrati sia la governance multilivello;

accoglie con favore la posizione della Commissione, la quale ritiene che le politiche di integrazione vadano sviluppate a livello locale con un approccio dal basso verso l'alto;

è dell'avviso che i "patti territoriali" offrano un quadro flessibile di attuazione delle politiche di integrazione, in quanto consentono l'applicazione delle misure e delle priorità tematiche che competono a ciascuna unità territoriale e possono tener conto della ripartizione delle competenze tra i diversi livelli di governance nonché dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

accoglie con favore l'iniziativa adottata dalla Commissione europea di creare dei "moduli europei" per l'integrazione;

ritiene utile adottare iniziative per costituire un partenariato strategico tra il CdR, la Commissione e le reti europee di città e regioni;

tale partenariato potrebbe essere creato istituendo una rete degli enti locali e regionali per l'integrazione a cui potranno partecipare gli attori competenti per l'attuazione delle politiche provenienti da tutti i livelli di governance, nonché organizzazioni della società civile. Il CdR conta sul sostegno politico, economico e operativo della Commissione europea per una piena attuazione del partenariato strategico e ritiene che tale partenariato potrebbe essere integrato nel quadro delle strutture e delle iniziative già esistenti.

Relatore

Dimitrios KALOGEROPOULOS (EL/PPE), consigliere comunale di Egaleo

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione - Agenda europea per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi

COM(2011) 455 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Quadro di riferimento

1.

osserva che l'immigrazione è una realtà in tutti gli Stati membri dell'Unione europea e figura tra i temi di maggiore attualità, soprattutto all'indomani della "primavera araba", che ha dato il via a nuovi movimenti migratori verso l'Europa;

2.

constata che l'aumento del numero di immigrati è stato accompagnato, negli ultimi dieci anni, da notevoli cambiamenti nella tipologia degli immigrati, nonché nella struttura e morfologia dei flussi migratori;

3.

sottolinea che le strategie per l'integrazione degli immigrati sono collegate alla politica europea in materia di immigrazione e che questa, per essere efficace, dovrebbe essere coerente e coniugarsi al sostegno alle iniziative di sviluppo nei paesi di origine e di transito degli immigrati;

4.

ritiene che il dilagare del fenomeno migratorio imponga la rapida adozione di politiche efficaci per l'integrazione sociale, economica e culturale dei cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente nell'UE;

5.

ricorda che l'integrazione degli immigrati è una questione essenzialmente di competenza delle autorità degli Stati membri. In settori quali l'istruzione, la sanità, l'alloggio e il mercato del lavoro sono infatti le autorità nazionali e gli enti regionali e locali ad applicare le politiche di integrazione. Il Trattato di Lisbona rafforza il ruolo dell'UE in materia di politica di integrazione dei cittadini di paesi terzi, ma non prevede l'armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri;

6.

ricorda che gli 11 principi fondamentali comuni per la politica di integrazione degli immigrati nell'Unione europea, adottati dal Consiglio nel 2004, e l'agenda europea per l'integrazione, pubblicata dalla Commissione nel 2005, definiscono l'integrazione dei cittadini di paesi terzi come "un processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco da parte di tutti gli immigrati e di tutti i residenti degli Stati membri";

7.

rammenta che, in occasione della terza conferenza ministeriale sull'integrazione, svoltasi a Vichy (Francia) nel novembre 2008, è stata evidenziata la necessità di coinvolgere gli enti regionali e locali nella definizione, applicazione e valutazione delle politiche di integrazione, nonché il ruolo fondamentale che essi svolgono nell'inserimento degli immigrati nelle società locali;

8.

ricorda che, nelle conclusioni della conferenza ministeriale sull'integrazione svoltasi a Saragozza (Spagna) nell'aprile 2010, si insiste sulla necessità di "riconoscere gli aspetti positivi della migrazione" a livello europeo e di considerare l'integrazione e la diversità culturale come "motori di sviluppo e coesione sociale";

9.

riconosce che negli ultimi anni l'UE ha creato una serie di utili strumenti che consentono agli Stati membri di configurare meglio le loro politiche di integrazione e di intraprendere azioni efficaci. Sono stati istituiti il Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi e il Forum europeo sull'integrazione, che si riunisce periodicamente e consente agli attori della società civile e alle organizzazioni degli immigrati di partecipare al dibattito politico. È stato inoltre reso operativo un sito web europeo che offre numerose informazioni sull'argomento e sono stati prodotti tre manuali che contengono esempi utili e buone pratiche;

10.

giudica utile la consultazione da esso stesso condotta e si compiace che i risultati ottenuti e le proposte da esso formulate siano state prese in considerazione dalla Commissione europea per l'elaborazione dell'agenda europea rinnovata per l'integrazione (1);

11.

osserva che nel testo in esame la Commissione riconosce in tale fenomeno un processo evolutivo che comporta la responsabilità comune dei diversi livelli di potere e che, per poter conseguire gli obiettivi, richiede sforzi continui e la collaborazione costante dei diretti interessati;

12.

sottolinea che il presente parere si fonda sul quadro delineato nel proprio parere d'iniziativa sul tema Gli enti locali e regionali in prima linea nelle politiche di integrazione (CONST-IV-019) ed ha l'obiettivo di preparare la risposta del CdR alle sfide future, valorizzando il contributo degli enti locali e regionali all'elaborazione e all'attuazione delle politiche di integrazione degli immigrati legali provenienti da paesi terzi. Esso punta inoltre ad esprimere il punto di vista del CdR su come costruire un partenariato strategico con la Commissione europea.

Principi fondamentali

13.

è dell'avviso che l'integrazione debba essere intesa come il risultato di un processo che consente ai cittadini di paesi terzi di agire indipendentemente da qualunque intervento esterno e di assumere una posizione sociale comparabile a quella occupata dai cittadini residenti nel paese in questione ed europei;

14.

ricorda che l'integrazione è una processo bidirezionale che richiede un impegno reciproco e comporta diritti e doveri sia per la società di accoglienza che per gli immigrati. Essa presuppone tanto la disponibilità da parte degli immigrati ad assumersi la responsabilità di integrarsi nella società di accoglienza, quanto la disponibilità da parte dei cittadini dell'UE di accogliere e integrare gli immigrati;

15.

sottolinea che l'integrazione dovrà essere percepibile ed essere riconosciuta quale processo dinamico e continuo, non come fase intermedia verso l'assimilazione dell'immigrato nella società di accoglienza;

16.

ritiene che le politiche di integrazione degli immigrati debbano essere in armonia con i valori europei fondamentali, come il rispetto dei diritti umani e della diversità, la lotta contro la discriminazione e la promozione delle pari opportunità e della tolleranza. Inoltre tali politiche devono essere conformi alle politiche fondamentali dell'UE in materia di coesione, occupazione, sviluppo, relazioni esterne nonché di libertà, sicurezza e giustizia;

17.

ritiene che l'applicazione del principio della parità di trattamento influisca in modo significativo sulla qualità dei sistemi democratici e costituisca una conquista fondamentale e un elemento insostituibile della cultura dell'UE.

La realizzazione delle politiche di integrazione

18.

rileva che la piena partecipazione degli immigrati alla vita economica, sociale e politica delle città e delle regioni di accoglienza costituisce una componente essenziale per il conseguimento degli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale posti dalla strategia Europa 2020.

Metodo

19.

ritiene che il metodo più adatto per conseguire i migliori risultati in materia di integrazione degli immigrati sia la governance multilivello. Un simile approccio dovrà essere conforme al principio di sussidiarietà, che regola la cooperazione tra l'UE, gli Stati membri e gli enti regionali e locali;

20.

accoglie con favore la posizione della Commissione, la quale ritiene che le politiche di integrazione vadano sviluppate a livello locale con un approccio dal basso verso l'alto;

21.

sottolinea l'esigenza di un metodo organico, che tenga conto non soltanto degli aspetti economici e sociali dell'inclusione, ma anche delle questioni relative alla diversità culturale e religiosa, alla cittadinanza, ai diritti politici e alla partecipazione degli immigrati legali alla vita pubblica e politica;

22.

evidenzia la necessità di un approccio onnicomprensivo e ritiene che gli sforzi di integrazione degli immigrati si debbano estendere a un ampio ventaglio di politiche, comprese, ad esempio, l'istruzione, l'occupazione, la politica sociale, la sanità pubblica, la coesione economica, sociale e territoriale;

23.

è del parere che per conseguire risultati concreti occorra adottare un approccio globale, che preveda la partecipazione dei soggetti interessati a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. È necessario il coinvolgimento delle istituzioni europee competenti, delle autorità nazionali, degli enti regionali e locali, delle organizzazioni non governative (ONG), delle parti sociali e dei rappresentati della società civile, ivi compresi gli immigrati stessi, sia quelli di recente arrivo che quelli presenti già da una o due generazioni, e di tutti gli attori affidabili che operano nei settori dello sport, della cultura e della coesione sociale;

24.

giudica necessario continuare ad impegnarsi a favore di tutti gli immigrati e sostiene che le politiche di integrazione non devono avere come soli beneficiari gli immigrati arrivati di recente nelle città o nelle regioni. Le iniziative di integrazione devono infatti rivolgersi anche agli immigrati di seconda e perfino di terza generazione, dal momento che questo tipo di interventi è necessario per lottare con successo contro la discriminazione;

25.

ribadisce che per gli enti locali e regionali è importante garantire un trattamento equo degli immigrati in termini di parità di accesso al mercato del lavoro, ai servizi pubblici, alla sanità e al welfare; questo approccio costituisce infatti un presupposto essenziale per lottare contro la discriminazione, il razzismo e la xenofobia;

26.

ricorda che le politiche di integrazione devono essere concepite tenendo conto delle specificità e delle esigenze di alcune categorie più vulnerabili di cittadini di paesi terzi. Tra queste figurano i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale, i minori non accompagnati, le donne immigrate, gli anziani, le persone con disabilità, nonché gli appartenenti ad altri gruppi vulnerabili, come i Rom;

27.

sottolinea tuttavia che anche i cittadini dell'UE, quando si spostano per andare a vivere e a lavorare in un altro Stato membro, hanno bisogno di servizi che li aiutino ad integrarsi, come ad esempio di opportunità di studiare la lingua del posto.

Strumenti e modalità di intervento

28.

sostiene la promozione di misure volte a facilitare l'accesso degli immigrati al mercato del lavoro e all'acquisizione di qualifiche professionali. Per gli immigrati, il fatto di trovare lavoro è un elemento fondamentale della riuscita del processo di piena integrazione nelle società di accoglienza;

29.

insiste sul ruolo svolto dall'istruzione ai fini dell'integrazione, e in particolare dall'apprendimento della lingua del paese di accoglienza, fermo restando il diritto degli immigrati di imparare la loro madrelingua;

30.

reputa che l'istruzione dei figli degli immigrati debba essere una priorità e plaude alla promozione della diversità nei sistemi di istruzione nazionali. Ai fini di un rafforzamento della diversità in tali sistemi, invita gli Stati membri, al pari degli enti locali e regionali, a considerare la possibilità di assumere insegnanti con un passato di immigrazione. Spera che, così facendo, il processo di apprendimento servirà al tempo stesso da ponte culturale tra la società di accoglienza e i cittadini di paesi terzi e da forza propulsiva per una società produttiva e coesa;

31.

sostiene gli sforzi condotti per riconoscere e convalidare la formazione e le competenze acquisite dagli immigrati nei paesi d'origine. Così facendo, si agevolerà l'ingresso degli immigrati nel mercato del lavoro e aumenteranno le loro possibilità di accesso ai sistemi di istruzione e formazione dei paesi di accoglienza;

32.

osserva che la promozione delle pari opportunità per gli immigrati nei settori dell'istruzione, della formazione e dell'occupazione è il metodo più appropriato per evitarne l'esclusione sociale; ritiene che la prospettiva positiva, volta a rivendicare un posto paritario nella società di accoglienza, costituisca il modo migliore per prevenire i fenomeni di violenza che interessano molte città europee;

33.

sottolinea l'importanza di una partecipazione attiva degli immigrati alle strutture e alle istituzioni della società d'accoglienza e ritiene che la partecipazione piena e senza barriere al processo politico a livello locale e regionale fornisca un contributo determinante alla costruzione di un clima di fiducia reciproca tra gli immigrati e le società di accoglienza;

34.

ricorda che si deve prestare speciale attenzione alle donne immigrate, in quanto esse non soltanto svolgono un ruolo determinante nell'educazione dei figli e nella riproduzione dei modelli culturali, ma sono anche le più esposte ai fenomeni di esclusione, violenza e discriminazione;

35.

è dell'avviso che il dialogo interculturale sia un tema di vitale importanza ai fini dell'integrazione e che gli enti locali e regionali debbano continuare a prendere iniziative per promuovere tale dialogo. A suo giudizio, una migliore conoscenza della cultura degli immigrati contribuisce con successo a contrastare i fenomeni di razzismo e xenofobia;

36.

osserva che i media svolgono un ruolo decisivo nel sensibilizzare l'opinione pubblica alla funzione svolta dall'immigrazione e nel circoscrivere i fenomeni dell'emarginazione, del razzismo e della xenofobia;

37.

concorda con la Commissione europea. che nella comunicazione riconosce la dimensione esterna della politica di immigrazione, e rileva la necessità di una collaborazione con i paesi d'origine degli immigrati nell'ambito di iniziative di preparazione all'integrazione.

Strumenti innovativi

38.

è dell'avviso che i "patti territoriali" offrano un quadro flessibile di attuazione delle politiche di integrazione, in quanto consentono l'applicazione delle misure e delle priorità tematiche che competono a ciascuna unità territoriale e possono tener conto delle disposizioni costituzionali in vigore in ciascuno Stato membro, della ripartizione delle competenze tra i diversi livelli di governance, nonché dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

39.

accoglie con favore l'iniziativa adottata dalla Commissione europea di creare dei "moduli europei" per l'integrazione. A suo giudizio, essi contribuiranno alla diffusione delle buone pratiche. Costituiscono inoltre uno strumento flessibile al servizio dell'elaborazione delle politiche di integrazione a livello nazionale, regionale o locale. Il CdR auspica che la sistematizzazione delle conoscenze esistenti sia adattata alle esigenze locali e sia utilizzata per migliorare i risultati.

Contributo degli enti locali e regionali

40.

constata con soddisfazione che, nella rinnovata agenda europea, l'integrazione viene presentata come una responsabilità congiunta di tutti i livelli di governance coinvolti e viene riconosciuto il ruolo significativo degli enti locali e regionali nell'attuazione delle politiche di integrazione;

41.

accoglie con favore la decisione della Commissione europea di garantire "il coinvolgimento degli attori locali e regionali nel processo di elaborazione delle politiche di integrazione nell'ambito dei programmi dell'Unione", di armonizzare maggiormente la programmazione degli strumenti finanziari esistenti nell'Unione e di promuovere l'adozione di misure a livello locale;

42.

ricorda che gli enti locali e regionali svolgono un ruolo determinante nel creare i presupposti più appropriati affinché i cittadini di paesi terzi possano accedere a informazioni e servizi riguardanti l'istruzione, l'assistenza sanitaria, l'occupazione, l'alloggio ed altri servizi pubblici. Essi costituiscono l'anello di congiunzione che consente agli immigrati di sviluppare un rapporto saldo e costruttivo con la società di accoglienza. Questo ruolo comporta costi aggiuntivi per le regioni e i comuni, che sono chiamati spesso a fronteggiare le sfide dell'integrazione;

43.

osserva che gli enti locali e regionali fungono da erogatori di servizi e collaborano strettamente con imprese, organizzazioni ed altri livelli di governance all'attuazione delle politiche di integrazione. In considerazione delle loro responsabilità, essi contribuiscono alla promozione della responsabilità sociale delle imprese a livello locale;

44.

sottolinea il ruolo svolto dagli enti locali e regionali nella valorizzazione delle esperienze e delle prassi europee tramite lo scambio di buone pratiche e la diffusione dei risultati derivanti in particolare, dalla loro partecipazione alla realizzazione di programmi comunitari (ad es. CLIP, Erlaim, Routes, City2City e Eurocities - Integrating Cities) e dal funzionamento di reti regionali transnazionali;

45.

ritiene che gli enti locali e regionali contribuiscano in modo determinante a creare le condizioni necessarie affinché i cittadini di paesi terzi abbiano accesso all'informazione e ai servizi riguardanti l'occupazione, l'istruzione, la sanità, l'alloggio, la cultura e altri servizi pubblici, dando loro la possibilità di formare un legame stabile con la società di accoglienza;

46.

osserva che gli enti regionali e locali, data la loro vicinanza ai cittadini, attribuiscono particolare importanza alla collaborazione, alla comunicazione e allo scambio di informazioni con i cittadini, le organizzazioni di immigrati e le ONG. In questo modo, essi contribuiscono in misura sostanziale alla creazione di un clima di fiducia, al mantenimento della coesione nelle società di accoglienza e quindi alla valorizzazione dell'immigrazione in quanto fattore di sviluppo e di progresso.

Monitoraggio dei risultati

47.

accoglie con favore la definizione di indicatori europei comuni concordata dagli Stati membri a Saragozza e ritiene che essi possano costituire uno strumento efficace per monitorare e valutare le politiche di integrazione;

48.

giudica particolarmente importante il contributo del Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini dei paesi terzi alla concezione e all'attuazione delle politiche di integrazione e ricorda che, pur svolgendo un ruolo sostanziale nell'attuazione di tali politiche, finora gli enti locali e regionali non hanno partecipato attivamente né alla definizione delle priorità finanziarie né alla valutazione dei risultati; ritiene che la partecipazione del CdR alla valutazione dei risultati contribuirebbe alla definizione di approcci più mirati, nonché al sostegno di strategie di integrazione più coerenti.

Partenariato strategico con la Commissione europea

49.

accoglie con soddisfazione la posizione espressa dalla Commissione secondo cui le azioni a livello locale rappresentano un aspetto fondamentale della strategia di integrazione e, in base al principio di sussidiarietà e al metodo della governance multilivello, ritiene utile adottare iniziative per costituire un partenariato strategico tra il CdR, la Commissione e le reti europee di città e regioni, in modo da mettere a frutto la considerevole esperienza degli enti locali e regionali, favorire lo scambio di buone pratiche e di opinioni, garantire un miglior coordinamento delle iniziative e conseguire una più ampia diffusione dei risultati.

Proposte per realizzare gli obiettivi

50.

ritiene che l'integrazione degli immigrati dovrebbe essere una priorità fondamentale dell'UE e sostiene le iniziative da questa intraprese per la formulazione di proposte, la concezione di nuovi strumenti e l'applicazione di politiche efficaci;

51.

reputa che gli sviluppi economici e demografici rendano necessaria la creazione di una strategia europea comune ai fini di una gestione equilibrata dei flussi migratori e della promozione dell'integrazione;

52.

si dichiara favorevole a condurre un'azione collettiva e a promuovere la cooperazione e il dialogo tra i soggetti coinvolti nell'integrazione a livello locale, regionale, nazionale ed europeo;

53.

invita gli Stati membri e gli enti regionali competenti ad adottare iniziative volte a facilitare la valutazione e il riconoscimento delle qualifiche professionali degli immigrati;

54.

propone la messa a punto di programmi di apprendimento delle lingue che rispondano alle esigenze di gruppi specifici di immigrati;

55.

propone di incoraggiare l'adozione di misure innovative specifiche a livello locale e regionale per affrontare con successo le sfide demografiche che interessano determinate regioni;

56.

invita gli enti regionali e locali a incoraggiare le imprese locali a rafforzare la responsabilità sociale delle imprese a livello locale;

57.

invita gli Stati membri e la Commissione a sostenere dal punto di vista politico ed economico gli enti locali e regionali che svolgono un ruolo determinante nell'applicazione delle politiche di integrazione;

58.

ritiene che il processo di integrazione debba cominciare nei paesi d'origine e propone di valorizzare le iniziative già esistenti di cooperazione transfrontaliera tra gli enti locali e regionali situati lungo i confini esterni dell'UE;

59.

propone di affrontare temi riguardanti l'immigrazione della forza lavoro e l'integrazione in occasione dei contatti tra rappresentanti degli enti locali e regionali nel quadro della politica europea di vicinato. Per tale motivo ritiene che l'Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) e la neonata Conferenza annuale degli enti locali e regionali dei paesi del partenariato orientale (Corleap) costituiscano strumenti utili per un approfondimento di questi temi;

60.

è dell'avviso che le politiche di integrazione debbano rivolgersi a tutti gli immigrati, siano essi temporanei o circolari; ricorda tuttavia che l'immigrazione circolare non può sostituire quella permanente e propone che siano analizzate le possibilità di partecipazione degli enti locali e regionali - dei paesi sia d'origine che di accoglienza - ai partenariati per la mobilità e alla loro procedura di negoziazione;

61.

ribadisce la propria richiesta di una partecipazione attiva degli enti locali e regionali all'elaborazione delle strategie di integrazione sin dalle fasi più precoci e in tutta la fase di attuazione;

62.

sollecita la partecipazione del CdR alla definizione delle priorità degli strumenti finanziari dell'UE destinati all'integrazione, nonché alla valutazione dei risultati dei programmi in materia;

63.

si dichiara favorevole all'istituzione di un Fondo per la migrazione e l'asilo e chiede che siano stanziate le risorse necessarie per poter finanziarie adeguatamente e per incoraggiare concretamente l'integrazione degli immigrati a livello locale e regionale, ivi compreso il finanziamento di progetti a livello regionale. Per quanto riguarda il quadro più generale delle spese nel settore degli affari interni, sottolinea l'esigenza di garantire un cauto equilibrio tra, da un lato, la parte di spesa destinata alla sicurezza e ai confini e, dall'altro, le spese in settori come l'integrazione degli immigrati e le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo; si tratta infatti di settori in cui gli enti locali e regionali possono offrire un chiaro valore aggiunto;

64.

esprime il desiderio di svolgere un ruolo più attivo nel coordinamento delle azioni a livello europeo. A tal fine chiede di poter partecipare su base regolare, in quanto rappresentante degli enti locali e regionali, alle conferenze ministeriali a livello UE in materia di integrazione, propone che sia rafforzata la sua presenza nelle concertazioni del Forum europeo sull'integrazione e si dichiara disponibile a svolgere un ruolo centrale nella promozione dei patti territoriali;

65.

è disposto a contribuire alla creazione di un sistema paneuropeo di monitoraggio del processo di integrazione che utilizzi indicatori comuni;

66.

ritiene che si debba facilitare l'adozione di nuovi strumenti, come i patti territoriali, e che si debba prevederne il finanziamento tramite i fondi strutturali, nonché gli strumenti finanziari tematici nell'ambito del nuovo periodo di programmazione;

67.

propone che vengano indetti premi per l'integrazione dei cittadini dei paesi terzi, da conferire agli immigrati e/o agli attori coinvolti nel processo di integrazione (enti locali e regionali, imprese, organizzazioni, associazioni, fondazioni, ecc.). Questa iniziativa potrebbe essere inserita nel quadro delle manifestazioni già esistenti come, ad esempio, la Giornata internazionale degli immigrati che si svolge sotto l'egida dell'ONU;

68.

auspica di poter sviluppare un partenariato strategico con la Commissione europea e con le reti europee di città e regioni per agevolare l'integrazione degli immigrati e promuovere politiche efficaci. Tale partenariato potrebbe essere creato istituendo una rete degli enti locali e regionali per l'integrazione a cui potranno partecipare gli attori competenti in materia di attuazione della politica provenienti da tutti i livelli di governance, nonché organizzazioni della società civile. Il CdR conta sul sostegno politico, economico e operativo della Commissione europea per una piena attuazione del partenariato strategico e ritiene che tale partenariato potrebbe essere integrato nel quadro delle strutture e delle iniziative già esistenti.

Bruxelles, 15 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 261/2011 fin


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/17


Parere del Comitato delle regioni su «Il futuro della capitale europea della cultura»

2012/C 113/05

IL COMITATO DELLE REGIONI

riconosce che la capitale europea della cultura (CEC) rappresenta un evento di valore che evidenzia la ricchezza, la diversità e gli aspetti comuni delle culture europee; al tempo stesso, rileva che il programma CEC ha dato un contributo speciale all'emergere di un'identità europea in un periodo di rapida crescita culturale per l'Unione europea;

sottolinea che il crescente prestigio del titolo ha altresì dato alla cultura un posto importante nell'agenda politica degli Stati membri, delle regioni e delle città;

ribadisce la sua convinzione che il concetto di dialogo interculturale, associato alla coesione sociale e territoriale, può contribuire a instillare i valori di base della vita privata, sociale e civica, come la solidarietà, la responsabilità, la tolleranza e il rispetto. Esso può anche favorire la capacità di comunicazione tra individui e gruppi con un bagaglio culturale differente e aiutarli a vivere insieme in modo solidale;

rileva che le città a cui è stato conferito il titolo CEC hanno visto il loro settore culturale rafforzarsi in misura significativa e hanno registrato un aumento sostenuto della partecipazione culturale, soprattutto tra i giovani;

sottolinea che la CEC deve essere un processo in cui il pubblico locale viene allargato attraverso programmi educativi, nonché azioni di partecipazione e sensibilizzazione in rapporto a temi locali ed europei.

Relatore

Anton ROMBOUTS (NL/PPE), sindaco di 's-Hertogenbosch

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Contesto generale

1.

accoglie favorevolmente il fatto che la Commissione stia lavorando a un nuovo quadro giuridico per la capitale europea della cultura (CEC) e abbia organizzato una consultazione online e un incontro pubblico nel 2010-2011. Rinnova il suo impegno a contribuire alla fase di discussione, come affermato nel parere in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione 1419/1999/CE riguardante un'azione comunitaria a favore della manifestazione "La capitale europea della cultura" per gli anni dal 2005 al 2019  (1);

2.

mette in evidenza l'importanza di proseguire il programma CEC oltre il 2019;

3.

riconosce che la CEC rappresenta un evento di valore che evidenzia la ricchezza, la diversità e gli aspetti comuni delle culture europee; al tempo stesso, rileva che il programma CEC ha dato un contributo speciale all'emergere di un'identità europea in un periodo di rapida crescita culturale per l'Unione europea;

4.

sottolinea che il crescente prestigio del titolo ha altresì dato alla cultura un posto importante nell'agenda politica degli Stati membri, delle regioni e delle città. Inoltre, la ricerca e gli investimenti nella cultura rappresentano uno strumento importante per garantire prosperità e coesione sociale nelle città e nelle regioni, sia a livello nazionale che a livello europeo;

5.

ritiene che dare ai giovani l'opportunità di prendere parte a una serie di eventi culturali allarghi i loro orizzonti e li aiuti a superare i loro pregiudizi e la paura di ciò che è straniero e sconosciuto per loro, contribuendo così al dialogo multiculturale;

6.

ribadisce la sua convinzione che il concetto di dialogo interculturale, associato alla coesione sociale e territoriale, può contribuire a instillare i valori di base della vita privata, sociale e civica, come la solidarietà, la responsabilità, la tolleranza, il rispetto, la lotta per il progresso sociale e la comprensione della diversità sociale e culturale. Esso può anche favorire la capacità di comunicazione tra individui e gruppi con un bagaglio culturale differente e aiutarli a vivere insieme in modo solidale (2);

7.

riconosce che il programma CEC ha avuto un impatto economico, sociale e culturale di vasta portata; il titolo imprime un forte slancio al settore creativo, che riveste un ruolo economico importante in Europa a tutti gli effetti e agisce da motore economico per altri settori;

8.

rileva che le città a cui è stato conferito il titolo CEC hanno visto il loro settore culturale rafforzarsi in misura significativa e hanno registrato un aumento sostenuto della partecipazione culturale, soprattutto tra i giovani;

9.

sottolinea che gli enti locali e regionali sono i migliori conoscitori delle realtà e delle situazioni che le (città candidate a) capitali europee della cultura devono affrontare, e sono nella posizione migliore per contribuire ad elaborare e attuare la CEC nel pieno rispetto del principio di solidarietà. Inoltre, nella maggior parte degli Stati membri, gli enti locali e regionali hanno la diretta responsabilità di garantire che gli eventi culturali siano ben organizzati e realizzati e, quindi, possiedono un patrimonio di conoscenze ed esperienze che può essere utile per trovare approcci innovativi e creativi.

Raccomandazioni

A.   Continuazione e intensificazione del programma capitale della cultura

10.

condivide la conclusione della Commissione europea secondo cui il titolo di CEC continua ad essere considerato di gran valore, è all'origine di programmi culturali di vasta portata e ha un'incidenza significativa (3); in tal senso, invita a proseguire l'iniziativa, che dovrebbe continuare a promuovere la partecipazione dei cittadini e lo sviluppo a lungo termine; fa presente che la CEC dopo il 2019 dovrebbe cercare di adottare un approccio equilibrato nei confronti della cultura, che andrebbe sostenuta non solo in quanto mezzo per realizzare rendimenti tangibili e quantificabili sugli investimenti, ma anche per il suo valore intrinseco;

11.

indica che il programma CEC può contribuire a costruire l'Europa del futuro. Tendenze quali il nazionalismo, l'individualismo e il consumismo, oltre a un'infrastruttura sociale pericolante, richiedono tutte attenzione. La globalizzazione, l'accresciuta mobilità e le frontiere aperte allargano la nostra visione sul mondo. Gli europei sono anche "cittadini del mondo", ma al tempo stesso esiste una necessità di proteggere e mantenere le culture locali proprie delle popolazioni. L'Europa dovrebbe essere capace di permettere alla cultura locale di prosperare man mano che viene sviluppata un'identità europea inclusiva; l'innovazione industriale, sociale e ambientale è cruciale per dare impulso alla competitività europea, che contribuirà a rafforzare la coesione territoriale;

12.

rileva che il programma CEC deve essere basato sul panorama culturale locale e regionale e quindi il coinvolgimento dei cittadini e di tutti i soggetti pubblici e privati che operano sul territorio è cruciale in tutte le differenti fasi del progetto; sottolinea che la CEC deve essere un processo in cui il pubblico locale viene allargato attraverso programmi educativi, nonché azioni di partecipazione e sensibilizzazione in rapporto a temi locali ed europei. Le capitali europee della cultura devono essere più strettamente coinvolte nelle azioni e iniziative che l'UE realizza per attuare i programmi attuali o futuri nel campo della cultura e bisogna progressivamente includere la possibilità per tali capitali di diventare terreno di applicazione delle suddette azioni e iniziative;

13.

ammette che la CEC si è dimostrata efficace nello sviluppare programmi che stimolano l'inclusione e il dialogo interculturale, e nota che molte delle precedenti manifestazioni Capitale della cultura si sono svolte in città poste di fronte a sfide di coesione sociale e d'integrazione. L'accesso alla cultura rappresenta un mezzo importantissimo per accrescere il senso di responsabilità e di cittadinanza, il benessere individuale e collettivo, la mobilità sociale, la solidarietà, ecc. Alla luce di questa considerazione, il programma CEC deve essere imperniato sui cittadini e sulla società civile;

14.

ribadisce la sua convinzione che il settore culturale svolga una parte importante nel raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Richiama l'attenzione sulle enormi opportunità offerte dal turismo culturale per lo sviluppo economico di molte regioni. Ciononostante, mette in guardia contro la tendenza a sottolineare in modo unilaterale l'importanza puramente economica della cultura. Altrettanto importante è la rilevanza della cultura nel creare un ambiente di vita gradevole e dinamico, che rappresenta un requisito indispensabile per lo sviluppo (4);

15.

sostiene l'idea che lo strumento CEC debba continuare oltre il 2019 e propone che venga esteso per permettergli di concentrasi in misura maggiore sulla ricerca - e scoperta - delle molteplici sfaccettature della/delle identità culturali degli europei. A questo scopo il contenuto del programma dovrebbe essere più aperto verso altre culture e controparti non europee, per evidenziare il valore e la ricchezza delle culture europee in modo ancor più efficace.

B.   Contesto pluriennale

16.

osserva che la CEC si è trasformata nel corso degli ultimi 25 anni da festival estivo ad evento culturale che si svolge nell'arco di un intero anno e che comprende elementi importanti di sviluppo culturale, sociale ed economico. Talune città hanno esteso la CEC sull'arco di alcuni anni, precedenti e successivi all'evento. Questo approccio ha avuto un notevole successo nell'incoraggiare la popolazione locale a partecipare all'anno CEC vero e proprio, nello stimolare lo sviluppo culturale e la partecipazione e nell'accrescere la sensibilizzazione e la cooperazione internazionali;

17.

ribadisce che l'approccio pluriennale ha avuto successo in quanto contribuisce a consolidare i miglioramenti realizzati nella città e nella regione, nonché le nuove reti (europee) che sono sorte in rapporto al titolo CEC. Inoltre esso contribuisce a garantire, specialmente in questi tempi di pressione finanziaria, che l'investimento nella cultura rimanga nell'agenda politica nel lungo termine. L'attuale criterio "città e cittadini" richiede che l'evento sia sostenibile e formi parte integrante di sviluppi culturali e sociali di lungo termine. Ciononostante, la maggior parte della CEC è ancora concentrata sull'organizzazione di festeggiamenti culturali nel corso dell'anno. A questo proposito, una collaborazione più strutturata tra le attuali capitali europee della cultura e quelle che lo sono state in passato e lo saranno in futuro potrebbe dare un contributo positivo;

18.

riafferma la sua convinzione che le città debbano utilizzare l'evento nel quadro di una strategia di sviluppo di lungo termine per promuovere approcci più sostenibili allo sviluppo culturale e per potenziare l'impatto e l'eredità delle città CEC, come affermato nel parere in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un'azione comunitaria a favore della manifestazione "Capitale europea della cultura" per gli anni dal 2007 al 2019. Per sviluppare queste strategie a lungo termine e rispondere così alle nuove sfide a livello locale e regionale, ribadisce l'opportunità di formulare e sviluppare politiche culturali consensuali a medio e lungo termine, un aspetto di cui è possibile farsi carico soltanto sulla base di una volontà istituzionale chiara e di una piena partecipazione degli attori sociali pubblici e privati;

19.

prende atto che il titolo di CEC è conferito per un anno specifico; ricorda l'importanza di inquadrare le attività in un contesto pluriennale e di integrarle in una politica di lungo periodo, in termini di sviluppo culturale, economico, sociale e spaziale;

20.

sottolinea che gli Stati membri devono prestare una grande attenzione alla realizzazione del progetto Capitale europea della cultura, soprattutto in relazione alla sua sostenibilità. Ogni singolo progetto CEC dovrebbe essere adeguatamente sostenuto dallo Stato interessato e dovrebbe essere inserito nella sua politica e strategia a lungo termine.

C.   Incoraggiare il coinvolgimento della regione circostante

21.

si rende anche conto dell'evoluzione del programma CEC in termini di tipi di città e regioni coinvolte. Nella prima fase le città, che erano designate dagli Stati membri, erano generalmente la capitale o altre grandi città. Poi, col passare del tempo, il titolo è stato sempre più spesso conferito a città più piccole ("la seconda città più importante", oppure centri culturali regionali). La dimensione decrescente della città candidata ha reso sempre più necessario il coinvolgimento della regione circostante. Le città medie e grandi sono luoghi d'incontro; sono centri d'interscambio commerciale, di sviluppo industriale, d'istruzione o di governo; sono situate al centro di una regione di cui riflettono il carattere. Rileva che questo sviluppo è stato riconosciuto attraverso l'inclusione della dimensione regionale nel programma CEC dopo il 2007; sottolinea pertanto il valore aggiunto di incoraggiare un approccio regionale al titolo di CEC. Allo stesso modo, si dovrebbe considerare una possibile designazione a livello regionale, nel cui ambito l'interesse culturale dovrebbe dirigersi principalmente verso la regione, sotto la responsabilità della sua città principale;

22.

evidenzia che in futuro la città candidata dovrebbe essere incoraggiata in modo anche più energico a coinvolgere la regione circostante - o persino l'euroregione nel caso delle città di confine - nel programma CEC, attraverso la stipula di accordi di partenariato che garantiscano lo svolgimento del lavoro comune in tutte le fasi dell'iniziativa; riconosce l'importanza di un sistema di governance saldo che garantisca la sostenibilità dell'impegno politico e finanziario. Un forte sostegno politico interpartitico, che includa la garanzia del bilancio, l'indipendenza degli artisti e il coinvolgimento dei cittadini, dovrebbe rappresentare un elemento fondamentale nel sistema di governance;

23.

sottolinea il ruolo vitale che le reti e le città creative, nel quadro di un ecosistema innovativo aperto, svolgono nelle economie moderne, in quanto le città, le regioni, gli istituti universitari/di ricerca e le imprese cooperano in misura sempre maggiore gli uni con gli altri su temi strategici per ottenere economie di scala e di campo, per generare ricadute di conoscenza e per coordinare la pianificazione dell'infrastruttura; chiede che gli enti locali e regionali siano strettamente coinvolti nella preparazione dei quadri giuridici e dei programmi di finanziamento;

24.

ricorda l'importanza della dimensione europea dell'evento (5); concorda che il programma CEC si prefigge di promuovere la cooperazione europea, di evidenziare la ricchezza della cultura europea e di coinvolgere e mobilitare i cittadini; ribadisce che incentivare l'attivo coinvolgimento dei territori regionali circostanti nel programma CEC promuoverebbe questo obiettivo e garantirebbe che gli effetti positivi venissero avvertiti in un contesto regionale (più ampio);

25.

ribadisce che la Commissione europea dovrebbe essere attenta ai nuovi sviluppi nel programma CEC, dovrebbe studiarli da vicino e appoggiarli; ricorda che nell'elaborazione dei programmi la Commissione europea dovrebbe tenere in debito conto il potenziale culturale dei partenariati urbani e regionali – che sono così importanti per l'intera società – e fare propri i nuovi sviluppi qualitativi (6).

D.   Incoraggiare la partecipazione alla preselezione

26.

riconosce che la CEC è uno dei programmi dell'UE di maggior successo, in quanto fornisce un'opportunità senza pari alla città ospitante e alla regione circostante, e persino alle città candidate, di compiere un "balzo in avanti" sotto il profilo culturale, sociale ed economico, realizzando in alcuni anni una trasformazione che normalmente richiede una generazione;

27.

invita pertanto a incoraggiare la partecipazione di un ampio ventaglio di candidature alla selezione per il titolo CEC; fa notare che l'esperienza degli ultimi anni mostra che la semplice presentazione della domanda ha effetti positivi per le città candidate in termini di ricadute economiche e di immagine. Inoltre la competizione per il titolo dà origine a nuove reti (internazionali) e a una più efficace cooperazione tra partner all'interno di una regione;

28.

prende atto dei problemi per gli Stati membri e per il sistema della giuria europea derivanti dalla necessità di esaminare un numero crescente di città candidate, dai costi crescenti della gara e dalle questioni organizzative connesse al concorso. Il Comitato invita la Commissione europea a evidenziare come positiva la crescita del numero di città candidate e a impostare la procedura di selezione dopo il 2019 sulla base di questa tendenza;

29.

sottolinea che la Commissione europea, gli Stati membri e le città candidate dovrebbero lavorare in stretto partenariato per una maggiore sensibilizzazione del pubblico al titolo nelle città e nelle regioni. La Commissione dovrebbe continuare a sviluppare il valore di marchio del titolo CEC, gli Stati membri dovrebbero dare ampia pubblicità alla competizione a livello nazionale e le città hanno la particolare responsabilità di utilizzare il loro contatto diretto con i cittadini per spiegare e comunicare i benefici dell'iniziativa. Infatti, se i cittadini non hanno una chiara comprensione degli obiettivi del titolo CEC, è difficile che una città ottenga il sostegno pubblico per la sua candidatura. Ciò può scoraggiare alcune città potenziali candidate dal competere per il titolo;

30.

sottolinea che un quadro più solido per il concorso è auspicabile; propone che il "concorso" sia organizzato in modo che tutte le città candidate contribuiscano allo sviluppo della cultura a livello europeo, nazionale e/o regionale. Le attività previste come parte del processo di candidatura potrebbero essere progettate per mostrare in che modo ogni città o regione contribuisca agli obiettivi di politica culturale e potrebbero anche includere un impegno da parte di tutte le città a continuare questo lavoro negli anni precedenti la CEC (a prescindere dall'eventuale "vincitore"). Un quadro più chiaro per il concorso contribuirebbe a ridurre l'attrito tra città e regioni e aiuterebbe i candidati a contribuire alle più ampie agende UE e nazionali. In sostanza, ciò equivale a stimolare un sano atteggiamento consistente nel "cooperare per competere";

31.

esorta vivamente la Commissione a chiedere agli Stati membri di offrire pieno sostegno, per il tramite delle loro autorità e istituzioni nazionali, alla città che è stata designata capitale della cultura.

E.   Procedura di selezione

32.

sostiene il sistema di rotazione tra Stati membri seguito attualmente (dal 2007) per il conferimento del titolo CEC, ammettendo che questo sistema garantisce pari opportunità alle città e agli Stati membri più piccoli di avere il titolo malgrado bilanci più modesti;

33.

chiede alla Commissione europea di prendere in considerazione l'idea di reintrodurre nella nuova base giuridica della CEC la possibilità, per le città di paesi terzi, di candidarsi al titolo CEC; l'esperienza di Istanbul 2010 va in questa direzione (7);

34.

ribadisce che il rappresentante del CdR nel comitato di selezione deve continuare ad essere uno dei suo membri eletti, come è stata la prassi abituale in passato; si rende conto tuttavia che la partecipazione al comitato non rappresenta un posto onorario e che essa implica un carico di lavoro considerevole e una responsabilità significativa nei confronti delle città concorrenti; chiede che la Commissione confermi il ruolo del Comitato delle regioni nel comitato di monitoraggio e che questo comitato continui a svolgere un ruolo attivo nel garantire che le sinergie tra i programmi culturali delle città designate siano sviluppate nella fase di preparazione del programma (8). È auspicabile stabilire criteri di valutazione più obiettivi che consentano alle città candidate eliminate di imparare dai propri errori e di orientare le candidature future.

Bruxelles, 15 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 393/2003 fin.

(2)  CdR 251/2008 fin.

(3)  Valutazione ex post della manifestazione "La capitale europea della cultura 2010" (Essen nella Ruhr, Pécs, Istanbul) COM(2011) 921 final.

(4)  CdR 172/2007 fin.

(5)  CdR 393/2003 fin.

(6)  CdR 172/2007 fin.

(7)  Valutazione ex post della manifestazione «La capitale europea della cultura 2010» (Essen nella Ruhr, Pécs, Istanbul) COM(2011) 921 final.

(8)  CdR 251/2005 fin.


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/22


Parere del Comitato delle regioni sulla «Revisione del regolamento GECT»

2012/C 113/06

IL COMITATO DELLE REGIONI

esprime soddisfazione per il fatto che la proposta della Commissione europea risulta in linea con la filosofia delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1082/2006 e contribuisce a migliorare l'istituzione e il funzionamento dei gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT);

chiede che vengano chiariti i criteri di approvazione della convenzione o di rifiuto della richiesta di istituire un GECT;

desidera rafforzare il ruolo del CdR, già incaricato di tenere il registro dei GECT e di animare la piattaforma GECT, con la notifica del "modello GECT" e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale (GU);

richiama l'attenzione della Commissione sul fatto che risulta estremamente complesso se non addirittura impossibile inserire, ex ante, nella convenzione l'elenco completo delle legislazioni europee, nazionali e regionali che verranno applicate alle attività del GECT;

propone che ai GECT già esistenti possano applicarsi le disposizioni del nuovo regolamento, più favorevoli delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo al GECT, attualmente in vigore;

insiste affinché tra i tipi di impresa che possono partecipare a un GECT siano inserite quelle incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale.

Relatore

Michel DELEBARRE (FR/PSE), sindaco di Dunkerque

Testo di riferimento

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) per quanto concerne il chiarimento, la semplificazione e il miglioramento delle norme in tema di istituzione e di funzionamento di tali gruppi

COM(2011) 610 final – 2011/0272 (COD)

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

esprime soddisfazione per il fatto che la proposta della Commissione europea risulta in linea con la filosofia delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1082/2006 e contribuisce a migliorare l'istituzione e il funzionamento dei gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT);

2.

si compiace dell'attenzione rivolta dalla Commissione all'integrazione dell'acquis del Trattato di Lisbona e in particolare dell'obiettivo di coesione territoriale;

3.

è lieto che la proposta della Commissione abbia preso in considerazione molte delle raccomandazioni contenute nei propri precedenti pareri (1).

Bilancio dei gruppi europei di cooperazione territoriale

4.

desidera sottolineare che in meno di quattro anni sono stati creati 25 GECT, i quali raggruppano oltre 550 enti locali e regionali in 15 Stati membri e coinvolgono più di 22 milioni di europei;

5.

esprime apprezzamento per il fatto che, al 1o ottobre 2011, oltre la metà degli Stati membri ha autorizzato la creazione di GECT (Austria, Belgio, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria);

6.

ricorda che gli Stati membri hanno in progetto o all'esame decine di GECT;

7.

osserva che il ricorso al GECT deve avvenire su base volontaria: solo i territori o le reti che trarranno un decisivo vantaggio dalla creazione di un GECT ricorreranno a questo strumento per consolidare e formalizzare le loro iniziative di cooperazione;

8.

ritiene che le azioni di cooperazione territoriale su scala europea debbano poter essere sempre attuate sulla base di un coordinamento politico, tecnico e amministrativo dei partner del progetto, guidato da un capofila;

9.

invita la Commissione a tenere maggiormente conto del GECT quale strumento preferenziale per l'attuazione della politica di cooperazione territoriale europea, e a integrarlo più efficacemente nelle misure legislative relative alla politica di coesione per il periodo 2014-2020;

10.

sottolinea la diversità dei partenariati, delle missioni e dei territori d'intervento dei GECT esistenti o in corso di creazione; un aspetto questo che dimostra il forte potenziale e la flessibilità di questo strumento di cooperazione;

11.

ritiene che uno dei vantaggi derivanti dal ricorso al GECT nella realizzazione di progetti di governance multilivello consista nella possibilità di coinvolgere l'insieme degli attori responsabili della gestione di un territorio transfrontaliero o euroregionale;

12.

insiste sul carattere polivalente di questo strumento GECT e sul suo potenziale per la gestione di infrastrutture e di servizi di interesse economico generale a vantaggio dei cittadini europei, su territori che interessano più Stati membri;

13.

deplora che il GECT sia ancora poco citato nelle politiche settoriali dell'Unione, con l'eccezione della politica di coesione. Insiste altresì sulle potenzialità offerte da questo strumento per rispondere a iniziative e gare di appalto, nonché realizzare programmi dell'Unione europea, e ribadisce la necessità di riconoscere il GECT come struttura ammessa a partecipare a tali iniziative e gare di appalto;

14.

rileva che il GECT risulta scarsamente integrato negli ordinamenti giuridici europei e nazionali;

15.

ha individuato 79 autorità (designate dai 27 Stati membri) competenti a ricevere e istruire le domande di creazione di GECT;

16.

constata che tali autorità competenti possono fornire risposte divergenti in merito ad alcuni problemi di interpretazione del regolamento (CE) n. 1082/2006, come dimostra la questione del diritto applicabile al personale dei GECT o il caso dei GECT i cui membri abbiano responsabilità limitata;

17.

condivide le conclusioni della Commissione contenute nella sua relazione intitolata L'applicazione del regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT);

18.

è consapevole che la proposta di regolamento deve consentire di rendere il GECT più attraente e più efficace per condurre iniziative di cooperazione territoriale, limitando i rischi giuridici e finanziari per i futuri membri, dipendenti e contraenti del GECT, e mantenendo una posizione di neutralità per quanto riguarda la scelta del regime giuridico applicabile al GECT;

19.

ritiene necessario proseguire i lavori della piattaforma GECT del Comitato delle regioni (2) (cfr. www.cor.europa.eu/egtc), allo scopo di permettere un monitoraggio di tali gruppi e uno scambio sulle migliori pratiche e sulle sfide che accomunano i GECT esistenti o in corso di creazione, nonché di ampliare il ricorso ai GECT nelle politiche settoriali dell'UE; suggerisce di consentire alla piattaforma GECT di svolgere, dal 2014, un ruolo simile a quello della piattaforma per lo sviluppo urbano delineata dalla Commissione nella sua proposta di regolamento riguardante il Fondo europeo di sviluppo regionale;

20.

auspica che questi lavori siano inquadrati nell'ambito dell'accordo di cooperazione tra la Commissione e il Comitato delle regioni;

21.

insiste sull'importanza di adottare al più presto questo regolamento specifico e privo di implicazioni particolari per il bilancio dell'UE, senza attendere l'adozione dell'intero pacchetto legislativo sulla politica di coesione post 2013. Il regolamento potrebbe così entrare in vigore in tempi rapidi, imprimendo un nuovo slancio alla messa a punto di nuovi progetti GECT in un quadro giuridico dotato di maggiore certezza.

Analisi della proposta di regolamento

22.

condivide la filosofia che anima le proposte della Commissione europea: queste infatti permettono di adeguare le disposizioni del regolamento (CE) n. 1082/2006 alla pratica dei GECT esistenti e di migliorarne il funzionamento;

23.

sottolinea che queste proposte permettono di rafforzare la base giuridica europea dei GECT, offrendo soluzioni uniformi su scala europea;

24.

accoglie con favore l'ampliamento dell'obiettivo del GECT e la sua apertura soprattutto alle imprese pubbliche, quali sono definite dalla direttiva 2004/17/CE;

25.

in questa prospettiva, propone che tra i tipi di impresa che possono partecipare a un GECT siano inserite quelle incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale, quali definite nella decisione (3) relativa all'applicazione dell'articolo 106, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (4);

26.

sostiene la proposta della Commissione di semplificare la procedura di istituzione dei GECT, basata sull'approvazione della sola convenzione, entro un termine perentorio di sei mesi;

27.

ritiene che rendendo meno restrittiva la regola della corrispondenza delle missioni del GECT con le competenze dei membri si contribuirà allo sviluppo di nuove forme di governance multilivello;

28.

propone a questo proposito che vengano chiariti i criteri di approvazione della convenzione o di rifiuto della richiesta di istituire un GECT;

29.

sottolinea che il GECT svolge missioni per conto dei suoi membri e non assume le loro competenze. Il GECT non è uno strumento utilizzato per fondere insieme le competenze dei propri membri, ma per realizzare progetti o programmi di cooperazione;

30.

esprime apprezzamento per il fatto che la proposta di regolamento contenga disposizioni relative alla regolamentazione nazionale applicabile ai contratti del personale dei GECT, costituendo in sé una norma superiore che prevarrà sui diversi diritti nazionali vigenti in materia;

31.

accoglie con favore l'introduzione di disposizioni specifiche alle frontiere esterne dell'UE e la possibilità per i territori d'oltremare di diventare membri di un GECT;

32.

condivide la possibilità di creare un GECT "bilaterale" composto da membri del territorio di un solo Stato membro e di un solo paese terzo o territorio d'oltremare;

33.

ritiene necessario, affinché tale disposizione sia attuata pienamente, che la creazione di questo tipo di GECT non sia lasciata alla discrezione di ciascuno Stato membro, ma che le ipotesi di creazione siano definite in maniera oggettiva nel regolamento;

34.

considera come un passo avanti la proposta di far pubblicare le informazioni relative ai nuovi GECT nella serie C (Comunicazioni ed informazioni) della Gazzetta ufficiale (GU) dell'Unione europea, secondo uno modello allegato alla proposta di regolamento, e non più, come avviene attualmente, nella serie S (Bandi di gara) della GU;

35.

ricorda tuttavia che i GECT non possono richiedere direttamente tale pubblicazione;

36.

propone quindi che sia il Comitato delle regioni, incaricato di tenere il registro dei GECT e di animare la piattaforma GECT, ad assicurare questa pubblicazione, e non la Commissione, come indicato nella proposta di regolamento;

37.

è d'accordo con la Commissione europea nel ritenere utile prevedere disposizioni che consentano a un GECT di stabilire tariffe e diritti per l'utilizzo di una infrastruttura gestita dal gruppo;

38.

giudica necessario estendere questa disposizione ai servizi di interesse economico generale che i GECT possono trovarsi a gestire o a fornire;

39.

auspica di trovare una soluzione giuridica comune a tutti i GECT per la firma di convenzioni di cooperazione tra GECT situati lungo una stessa frontiera o nello stesso spazio di cooperazione transnazionale, allo scopo di realizzare un progetto comune;

40.

ritiene che i GECT debbano inoltre essere in grado di firmare convenzioni di cooperazione con una persona giuridica che desideri collaborare occasionalmente a un progetto, senza tuttavia aderire al GECT per l'insieme delle sue missioni;

41.

richiama l'attenzione della Commissione sul fatto che risulta estremamente complesso se non addirittura impossibile inserire, ex ante, nella convenzione l'elenco completo delle legislazioni europee, nazionali e regionali che verranno applicate alle attività del GECT;

42.

condivide le proposte della Commissione europea in merito al chiarimento delle disposizioni relative al regime di responsabilità del GECT, e in particolare all'introduzione di un regime di assicurazione;

43.

ricorda tuttavia che il concetto di "responsabilità limitata", derivato dal sistema delle "imprese a responsabilità limitata", esiste solo in una minoranza di Stati membri dell'UE;

44.

ritiene che solo i potenziali creditori del GECT siano interessati a conoscere in anticipo l'entità degli impegni finanziari dei membri del GECT;

45.

propone che ai GECT già esistenti possano applicarsi le disposizioni del nuovo regolamento, più favorevoli delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo al GECT, attualmente in vigore;

46.

invita la Commissione e gli Stati membri a proporre un modello (non imperativo) di convenzione e di statuti, da presentare in allegato al regolamento, per facilitare e accelerare le procedure di autorizzazione della creazione dei GECT.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Articolo 1, par. 3

Aggiungere una nuova lettera (f)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

 (5);

Motivazione

Cfr. punto 24 del presente parere.

Emendamento 2

Articolo 1, par. 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

2.   Un GECT può essere composto da membri del territorio di un solo Stato membro e di un solo paese terzo o territorio d'oltremare allorché tale Stato membro considera un siffatto GECT coerente con l'obiettivo della sua cooperazione territoriale o delle relazioni bilaterali con i paesi terzi o i territori d'oltremare.

2.   Un GECT può essere composto da membri del territorio di un solo Stato membro e di un solo paese terzo o territorio d'oltremare allorché con l'obiettivo:

della cooperazione territoriale

, o

delle relazioni bilaterali con i paesi terzi o i territori d'oltremare.

Motivazione

I criteri che consentono di autorizzare o di rifiutare la creazione di un GECT composto da membri del territorio di un solo Stato membro e di un solo paese terzo o territorio d'oltremare devono essere obiettivi e corrispondere ad una delle tre ipotesi formulate nell'emendamento. La creazione di questo tipo di GECT non deve essere lasciata alla discrezione di ciascuno Stato membro.

Emendamento 3

Articolo 1, par. 5, lettera a)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

3.   A seguito della notifica a norma del paragrafo 2 da parte di un membro potenziale, lo Stato membro interessato approva, tenuto conto della sua struttura costituzionale, la convenzione e la partecipazione al GECT del membro potenziale, a meno che ritenga che tale partecipazione non sia conforme al presente regolamento, ad altre normative dell'Unione relative alle attività del GECT o alla legislazione nazionale che disciplina le competenze del membro potenziale, oppure che tale partecipazione non sia giustificata per motivi di interesse pubblico o di ordine pubblico di detto Stato membro. In tal caso, lo Stato membro motiva il proprio rifiuto o propone le modifiche da apportare alla convenzione onde consentire la partecipazione del membro potenziale.

3.   A seguito della notifica a norma del paragrafo 2 da parte di un membro potenziale, Stato membro interessato approva, tenuto conto della sua struttura costituzionale, la convenzione e la partecipazione al GECT del membro potenziale, a meno che, ritenga che tale partecipazione:

non sia conforme al presente regolamento, ad altre normative dell'Unione relative alle attività del GECT o

la legislazione nazionale che disciplina le competenze del membro potenziale, , oppure

non sia giustificata per motivi di ordine pubblico di detto Stato membro.

In tal caso, Stato membro motiva il proprio rifiuto o propone le modifiche da apportare alla convenzione onde consentire la partecipazione del membro potenziale.

Motivazione

La notifica viene fatta a una delle 79 autorità competenti nell'UE, designate dai 27 Stati membri, che devono figurare nel regolamento.

Nella proposta di regolamento la competenza di un membro per Stato membro è sufficiente per giustificare l'adesione di tutti i membri di uno stesso Stato membro (articolo 7, par. 2). Le disposizioni dell'articolo 4, par. 3, sul controllo della corrispondenza delle competenze dei membri con l'obiettivo del GECT, vanno conformate al contenuto dell'articolo 7, par. 2.

Il rifiuto di una partecipazione non motivata dall'interesse generale è ridondante rispetto all'esame della conformità della partecipazione del membro alle disposizioni del regolamento, nella misura in cui il regolamento definisce già l'obiettivo del GECT all'articolo 1, par. 2.

Emendamento 4

Articolo 1, par. 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

L'articolo 5 è sostituito dal seguente:

"Articolo 5

Acquisizione della personalità giuridica e pubblicazione nella Gazzetta ufficiale

1.   La convenzione e lo statuto e le eventuali successive modifiche degli stessi sono registrati o pubblicati, oppure sono registrati e pubblicati, conformemente al diritto nazionale applicabile nello Stato membro in cui il GECT in questione ha la sede sociale. Il GECT acquisisce la personalità giuridica il giorno della registrazione o della pubblicazione, a seconda di quale si verifichi per prima. I membri informano gli Stati membri interessati, la Commissione e il Comitato delle regioni della registrazione o della pubblicazione della convenzione.

2.   Il GECT si assicura che, entro dieci giorni lavorativi dalla registrazione o dalla pubblicazione della convenzione, sia trasmessa alla Commissione una richiesta redatta sulla base del modello di cui all'allegato del presente regolamento. La Commissione trasmette a sua volta tale richiesta all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea ai fini della pubblicazione di un avviso nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea per annunciare l'istituzione del GECT, fornendo le informazioni di cui all'allegato del presente regolamento."

L'articolo 5 è sostituito dal seguente:

"Articolo 5

Acquisizione della personalità giuridica e pubblicazione nella Gazzetta ufficiale

1.   La convenzione e lo statuto e le eventuali successive modifiche degli stessi sono registrati o pubblicati, oppure sono registrati e pubblicati, conformemente al diritto nazionale applicabile nello Stato membro in cui il GECT in questione ha la sede sociale, . Il GECT acquisisce la personalità giuridica il giorno della registrazione o della pubblicazione , a seconda di quale si verifichi per prima. I membri informano gli Stati membri interessati, e il Comitato delle regioni della registrazione o della pubblicazione della convenzione.

2.   Il GECT si assicura che, entro dieci giorni lavorativi dalla registrazione o dalla pubblicazione della convenzione, sia trasmessa una richiesta redatta sulla base del modello di cui all'allegato del presente regolamento. trasmette a sua volta tale richiesta all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea ai fini della pubblicazione di un avviso nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea per annunciare l'istituzione del GECT, fornendo le informazioni di cui all'allegato del presente regolamento."

Motivazione

Spetta al Comitato delle regioni - incaricato della tenuta del registro dei GECT e dell'animazione della piattaforma dei GECT - assicurare la pubblicazione della convenzione nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, dato che tale pubblicazione non può essere richiesta dagli stessi GECT.

La cooperazione e lo scambio di informazioni tra il Comitato delle regioni e la Commissione europea devono essere inquadrati nell'ambito dell'accordo di cooperazione tra queste due istituzioni.

Inoltre, la pubblicazione della convenzione e degli statuti solo nello Stato membro in cui ha sede il GECT sarebbe discriminatoria e contraria all'esigenza di trasparenza e al diritto all'informazione del cittadino.

Emendamento 5

Articolo 1, par. 8, lettera b)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

b)

Al paragrafo 4 è aggiunto il seguente comma:

"Tuttavia, l'assemblea di cui all'articolo 10, paragrafo 1, lettera a), di un GECT può definire i termini e le condizioni dell'utilizzo di un'infrastruttura gestita dal GECT, comprese le tariffe applicate e gli oneri a carico degli utilizzatori."

b)

Al paragrafo 4 è aggiunto il seguente comma:

"Tuttavia, l'assemblea di cui all'articolo 10, paragrafo 1, lettera a), di un GECT può definire i termini e le condizioni dell'utilizzo di un'infrastruttura gestita dal GECT, , comprese le tariffe applicate e gli oneri a carico degli utilizzatori."

Motivazione

Occorre dare la possibilità ai GECT di definire tariffe e oneri per i servizi economici di interesse generale che organizzano senza gestione della relativa infrastruttura.

Emendamento 6

Articolo 1, par. 8

Aggiungere una nuova lettera c)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

"

"

Motivazione

Tutti i GECT devono poter beneficiare di una base giuridica europea, per avviare dei partenariati con altri GECT o altre persone giuridiche allo scopo di realizzare progetti comuni di cooperazione.

Emendamento 7

Articolo 1, par. 9, lettera h)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

(h)

lo specifico diritto nazionale o dell'Unione applicabile alle sue attività, intendendo nel primo caso il diritto dello Stato membro in cui gli organi statutari esercitano i propri poteri o in cui il GECT svolge le proprie attività;

;

Motivazione

È praticamente impossibile stabilire, ex ante, un elenco delle normative europee, nazionali e regionali che dovrà applicare il GECT per poter condurre le sue missioni e sull'insieme del suo territorio di intervento.

Emendamento 8

Articolo 1, par. 12, lettera (b), 2 bis

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

2 bis.   Nel caso in cui la responsabilità di almeno un membro di un GECT sia limitata o esclusa in virtù del diritto nazionale a norma del quale è stabilito, anche gli altri membri possono limitare la loro responsabilità nella convenzione.

La denominazione di un GECT i cui membri hanno responsabilità limitata include la locuzione "a responsabilità limitata".

Le prescrizioni in materia di pubblicità della convenzione, dello statuto e dei conti di un GECT i cui membri hanno responsabilità limitata sono almeno uguali a quelle previste per altre entità giuridiche i cui membri hanno responsabilità limitata costituite a norma del diritto dello Stato membro nel quale il GECT ha la sede sociale.

Nel caso di un GECT i cui membri hanno responsabilità limitata, gli Stati membri possono richiedere che il GECT stipuli un'appropriata assicurazione a copertura dei rischi connessi alle attività del GECT.

2 bis.   Nel caso in cui la responsabilità di almeno un membro di un GECT sia limitata o esclusa in virtù del diritto nazionale a norma del quale è stabilito, anche gli altri membri possono limitare la loro responsabilità nella convenzione.

.

Le prescrizioni in materia di pubblicità della convenzione, dello statuto e dei conti di un GECT i cui membri hanno responsabilità limitata sono almeno uguali a quelle previste per altre entità giuridiche i cui membri hanno responsabilità limitata costituite a norma del diritto dello Stato membro nel quale il GECT ha la sede sociale.

Nel caso di un GECT i cui membri hanno responsabilità limitata, gli Stati membri possono richiedere che il GECT stipuli un'appropriata assicurazione a copertura dei rischi connessi alle attività del GECT.

Motivazione

Solo i potenziali creditori del GECT hanno interesse a conoscere in anticipo l'entità degli impegni finanziari dei membri del GECT; per tale motivo la locuzione "a responsabilità limitata" aggiunta alla denominazione del GECT non permette di comunicare l'entità degli impegni finanziari dei membri e dei meccanismi assicurativi di cui beneficia eventualmente il GECT.

Emendamento 9

Articolo 1, par. 14 bis

Progetto di parere

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Motivazione

Si propone di inserire un nuovo articolo (17) nel regolamento GECT n. 1082/2006. Questo emendamento è in linea con quanto proposto al punto 19 del parere.

Emendamento 10

Articolo 2

Aggiungere un nuovo punto dopo l'attuale punto 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

   

Motivazione

I GECT già esistenti devono poter beneficiare delle disposizioni del presente regolamento, più favorevoli delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1082/2006.

Emendamento 11

ALLEGATO

Le modifiche proposte al testo presentato dalla Commissione sono evidenziate in giallo.

Emendamento del Comitato delle regioni

ALLEGATO

Modello delle informazioni da trasmettere a norma dell'articolo 5, paragrafo 2

ISTITUZIONE DI UN GRUPPO EUROPEO DI COOPERAZIONE TERRITORIALE (GECT)

Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006

(GU L 210 del 31.7.2006, pag. 219)

La denominazione di un GECT i cui membri hanno responsabilità limitata deve comprendere la locuzione "a responsabilità limitata" (articolo 12, paragrafo 2)

I campi contrassegnati da un asterisco* sono obbligatori.

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Bruxelles, 15 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 308/2007 fin e CdR 100/2010 fin.

(2)  127a riunione dell'Ufficio di presidenza del Comitato delle regioni del 26 gennaio 2011, punto 6 (rif. CdR 397/2010).

(3)  C(2011) 9380 final, adottata il 20 dicembre 2011.

(4)  Questo articolo riguarda gli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale.

(5)  COM(2011) 146 final.


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/34


Parere del Comitato delle regioni su «La povertà infantile»

2012/C 113/07

IL COMITATO DELLE REGIONI

ribadisce che gli enti regionali e locali sono in prima linea nella lotta alla povertà e allo sfruttamento dei minori, e sottolinea la responsabilità cruciale di tali enti nel prevenire l'emarginazione e l'esclusione sociale; riconosce che la povertà infantile è un fenomeno a più dimensioni che quindi richiede una risposta a più dimensioni e propone che per farvi fronte può essere indispensabile apportare miglioramenti in un numero limitato di settori chiave, ad esempio la definizione di un reddito minimo e la fissazione di standard qualitativi di base;

sottolinea l'importanza del lavoro retribuito ma fa altresì osservare che l'occupazione non garantisce di per sé una via d'uscita dalla povertà e che sono necessarie ulteriori azioni per combattere la povertà dei lavoratori;

insiste affinché tutti gli Stati membri riconoscano che la povertà infantile e l'esclusione sociale sono tra gli ostacoli principali che essi devono superare se intendono conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020 per quanto riguarda il tasso di occupazione, gli investimenti riguardanti la ricerca, lo sviluppo, il settore dell'energia e lo sviluppo sostenibile;

esprime il timore che la crisi economico-finanziaria e le strategie di uscita dalla crisi adottate da alcuni Stati membri possano determinare un aumento del livello di povertà assoluta, del numero di "lavoratori poveri" e del tasso di disoccupazione giovanile.

Relatrice

Doreen HUDDART (UK/ALDE), consigliere comunale di Newcastle

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni introduttive generali

1.

sostiene l'intenzione della Commissione di pubblicare, nel 2012, una raccomandazione sulla lotta contro la povertà infantile e sulla promozione del benessere dei minori e accoglie favorevolmente la possibilità di contribuire con il presente parere di prospettiva alla realizzazione degli obiettivi della piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale; condivide inoltre la scelta dei tre ambiti di fondo da trattare nella raccomandazione, ovvero: risorse adeguate, accesso ai servizi e partecipazione attiva di bambini e giovani; osserva che, malgrado le risolute dichiarazioni politiche da parte dei capi di Stato e di governo dell'UE secondo cui la povertà infantile sarebbe stata considerata una priorità, queste affermazioni non sono state sempre accompagnate da risorse consistenti o da iniziative e obiettivi sostanziali né da un'azione di monitoraggio del fenomeno in tutti gli Stati membri dell'Unione;

2.

ribadisce che gli enti regionali e locali sono in prima linea nella lotta alla povertà e allo sfruttamento dei minori, e sottolinea la responsabilità cruciale di tali enti nel prevenire l'emarginazione e l'esclusione sociale; riconosce che la povertà infantile è un fenomeno a più dimensioni che quindi richiede una risposta a più dimensioni e propone che per farvi fronte può essere indispensabile apportare miglioramenti in un numero limitato di settori chiave, ad esempio la definizione di un reddito minimo e la fissazione di standard qualitativi di base;

3.

richiama l'attenzione sul fatto che la povertà infantile non è una questione marginale o residuale destinata a scomparire con la crescita economica (1); l'aumento della crescita tra il 2000 e il 2008, infatti, non ha avuto un impatto sostanziale sui livelli di povertà infantile; osserva che il fenomeno costituiva un marchio d'infamia per la società europea già prima della crisi economica ed esprime il timore che le strategie di uscita dalla crisi adottate da alcuni Stati membri possano, senza volerlo, aggravare i livelli di povertà infantile; riconosce che determinati gruppi di minori hanno un rischio elevato di cadere nella povertà più grave o estrema ma sottolinea che i minori rappresentano di per sé, all'interno della società, una categoria specifica più esposta al rischio povertà rispetto al resto della popolazione;

4.

una delle definizioni della povertà è la seguente:

"gli individui, le famiglie e i gruppi di una popolazione determinata possono essere considerati poveri quando non dispongono delle risorse necessarie per ottenere il tipo di regime alimentare, partecipare alle attività e fruire delle condizioni di vita nonché delle strutture e servizi usuali, o quantomeno largamente incoraggiati o accettati, nella società in cui vivono. Le loro risorse sono così gravemente inferiori a quelle di cui dispone l'individuo medio o la famiglia media che essi sono, di fatto, esclusi dagli stili di vita, dagli usi e dalle attività normali" (2);

5.

osserva che il metro più utilizzato per misurare la povertà negli Stati membri e nell'UE è il reddito delle famiglie inferiore al 60 % del reddito mediano; rileva tuttavia la necessità di utilizzare una serie di criteri diversi per misurare la povertà assoluta e di includere misure di valutazione quali l'integrazione sociale, l'accesso ai servizi, il livello di istruzione o la speranza di vita alla nascita, come previsto dall'indice di sviluppo umano (3); si compiace della maggiore visibilità accordata dalla strategia Europa 2020 alla povertà e all'esclusione sociale, e concorda sul fatto che la dimensione sociale dovrebbe essere la colonna portante della strategia, sottolineando al tempo stesso che nell'UE 20 milioni di bambini sono esposti al rischio povertà;

6.

mette l'accento sul fatto che la povertà può avere effetti devastanti sui bambini, tanto sulla loro esperienza dell'infanzia quanto sulle loro opportunità future; accoglie con favore i riferimenti alla lotta alla povertà infantile in quanto priorità dell'iniziativa faro Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale, ma deplora che, nell'ambito di tale iniziativa, l'impegno a contrastare il fenomeno rimanga limitato e non venga inserito un obiettivo specifico relativo alla povertà infantile;

7.

approva l'impegno a pubblicare una raccomandazione e una comunicazione sulla povertà infantile e sul benessere dei minori nel giugno 2012; garantisce il proprio sostegno al quadro proposto per tale raccomandazione; riconosce in questo contesto l'importanza di coinvolgere gli stessi minori che vivono in stato di povertà e approva l'idea di inserire nel quadro della raccomandazione il tema della partecipazione attiva; propone al tempo stesso che la raccomandazione e la comunicazione di cui sopra pongano obbligatoriamente l'accento sul valore di organizzazioni umanitarie come l'Unicef e sul ruolo che svolgono gli enti locali e regionali nel fornire servizi di protezione dei bambini dalla povertà e dalla privazione materiale ad essa associata;

8.

osserva che le categorie più vulnerabili della società sono state quelle più duramente colpite dall'attuale crisi finanziaria; vi sono elementi per affermare che i bambini e in special modo i giovani ne hanno sofferto in modo particolarmente elevato (4); ricorda che alcuni bambini appartenenti a gruppi demografici vulnerabili come i bambini che vivono in strada, quelli con famiglie monoparentali o numerose, oppure i migranti o le minoranze etniche, ad esempio i Rom, sono esposti ancora più di altri al rischio di emarginazione povertà ed esclusione sociale; evidenzia come, benché la globalizzazione e l'incremento della cooperazione tra Stati possano avere notevoli ricadute positive sulle vite dei singoli individui, tali benefici spesso non sono equamente distribuiti; occorrono sforzi intesi a garantire che nessun individuo rimanga escluso da tutti i suddetti benefici;

9.

osserva che, malgrado il forte accento politico posto sul problema della povertà infantile negli ultimi anni nell'UE e nonostante le dichiarazioni politiche dei capi di Stato e di governo dell'Unione a sostegno di un'eradicazione di tale fenomeno, i livelli di povertà infantile non sono diminuiti in misura significativa; sottolinea perciò che l'appoggio politico alla lotta contro la povertà infantile deve tradursi in risorse consistenti e in iniziative e obiettivi sostanziali in tutti gli Stati membri dell'UE;

10.

sottolinea l'importanza del lavoro retribuito ma fa altresì osservare che l'occupazione non garantisce di per sé una via d'uscita dalla povertà e che sono necessarie ulteriori azioni per combattere la povertà dei lavoratori (5);

11.

insiste affinché tutti gli Stati membri riconoscano che la povertà infantile e l'esclusione sociale sono tra gli ostacoli principali che essi devono superare se intendono conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020 per quanto riguarda il tasso di occupazione, gli investimenti riguardanti la ricerca, lo sviluppo, il settore dell'energia e lo sviluppo sostenibile;

12.

concorda sul fatto che è inaccettabile che, nel XXI secolo e in una delle regioni più prospere del mondo, 20 milioni di bambini vivano in condizioni di indigenza o siano a rischio povertà e che (6) la povertà non sussiste esclusivamente in presenza di un basso reddito o della privazione delle risorse necessarie ma anche quando vengono negati i diritti all'esercizio dei propri poteri, al rispetto, alla protezione della salute, all'istruzione, all'alloggio, nonché la possibilità di raggiungere il livello essenziale di autostima e di partecipare ad attività sociali;

13.

sottolinea che anche l'Assemblea generale delle Nazioni Unite riconosce la natura particolare che assume la povertà nei bambini. L'ONU rileva altresì che la povertà infantile non consiste soltanto nella mancanza di denaro. Tale fenomeno può essere inteso soltanto come la negazione di un certo numero di diritti sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo che riconosce esplicitamente il diritto di ogni bambino a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale (articolo 27). Una situazione di povertà infantile nella maggioranza dei casi presuppone la negazione dei diritti alla sopravvivenza, alla protezione, allo sviluppo e alla partecipazione, riconosciuti dalla Convenzione;

14.

fa notare che numerose ricerche mostrano che un'efficace politica di ridistribuzione a vantaggio delle famiglie con figli svolge un ruolo importante nel limitare la povertà infantile. Nell'insieme dell'UE i trasferimenti sociali riducono la povertà infantile di almeno il 44 %.

La politica dell'UE

15.

desidera sottolineare la necessità di una maggiore comprensione dei vantaggi, in termini di rapporto costi-benefici, di investire nella lotta alla povertà infantile (7) e allo sfruttamento, all'esclusione sociale e all'aumento delle disparità sociali; attira l'attenzione sui benefici che una maggiore uguaglianza, una minore emarginazione, esclusione e povertà apportano alla società in senso lato e mette in evidenza che investire a monte nei minori e nelle famiglie comporta vantaggi economici e finanziari (8);

16.

appoggia le conclusioni del Consiglio su come affrontare il problema della povertà infantile e promuovere il benessere dei minori del 17 giugno 2011, nelle quali si chiede che la lotta alla povertà infantile sia una priorità assoluta; appoggia inoltre il parere del comitato per la protezione sociale del 15 febbraio 2011, in cui si chiede che la lotta alla povertà infantile diventi un obiettivo prioritario in tutti i settori pertinenti;

17.

riconosce che già esiste una solida documentazione sulla povertà infantile nell'UE; nota con preoccupazione che i livelli di povertà infantile oscillano negli Stati membri tra l'11 % e il 33 % e raccomanda di utilizzare risorse per la comprensione, la diffusione e l'utilizzo di questa documentazione nonché di condividere le buone pratiche tra gli Stati membri;

18.

esprime il timore che la crisi economico-finanziaria e le strategie di uscita dalla crisi adottate da alcuni Stati membri possano determinare un aumento del livello di povertà assoluta, del numero di "lavoratori poveri" e del tasso di disoccupazione giovanile (9);

19.

mette l'accento sull'importanza di adottare politiche tese a interrompere il ciclo della povertà trasmessa da una generazione all'altra; perché ciò sia possibile occorrono politiche trasversali, comprensive di misure sociali ed educative, tese non soltanto ad assicurare un posto di lavoro ai genitori, ma rivolte direttamente ai minori;

20.

chiede alla Commissione e agli Stati membri di riconoscere maggiormente che la povertà rappresenta una responsabilità condivisa e una sfida per tutta la società e di non considerare la povertà e l'emarginazione sociale come una infamia o un fallimento;

21.

chiede nuovamente alla Commissione di far sì che i fondi strutturali prevedano opportunità di migliorare l'edilizia sociale al fine di potenziarne il ruolo nell'ambito delle politiche di inclusione sociale e ribadisce al tempo stesso che le funzioni di servizio pubblico dell'edilizia sociale devono essere definite a livello di singoli Stati membri;

22.

concorda sulla necessità di un approccio olistico e integrato, capace di tener conto delle esigenze dei diversi gruppi e delle specifiche sfide da affrontare, al fine di ridurre e prevenire la povertà.

Risorse adeguate

23.

è d'accordo sul fatto che la povertà di reddito è uno dei segnali più visibili di indigenza sociale, che colpisce i minori in modo diverso dagli adulti (10); si tratta tuttavia solo di uno tra i tanti fattori che spiegano la povertà infantile sul quale occorre intervenire; riconosce che esiste una mancata comprensione degli standard minimi necessari per garantire il rispetto dei diritti dei minori e incoraggia l'UE e i suoi Stati membri a valutare la possibilità di affrontare il problema in settori chiave quali il sostegno al reddito, l'accesso ai servizi e la partecipazione dei minori;

24.

osserva che i paesi che più investono nelle prestazioni sociali alle famiglie per i figli a carico sono quelli che tendono ad avere i livelli più bassi di povertà infantile; ritiene che gli Stati membri dovrebbero, se necessario, valutare la possibilità di migliorare gli aiuti all'infanzia come forma di solidarietà tra le generazioni, riconoscendo sia il valore intrinseco dell'infanzia sia la necessità d'investire nel futuro dell'Europa;

25.

accoglie favorevolmente la proposta di elaborare un quadro atto a garantire un reddito minimo generale adeguato per tutti i minori, tenendo conto del reddito dell'intero nucleo familiare, vale a dire genitori e figli;

26.

sottolinea l'importanza di politiche pubbliche preventive che investano nella elaborazione di politiche sensibili al benessere dei minori, favorendo la formazione di individui responsabili in grado di integrarsi nella società e nel mercato del lavoro e non concentrandosi esclusivamente sulle conseguenze della loro esclusione sociale e della loro povertà;

27.

ribadisce l'importanza di prevedere anche risorse diverse dal versamento di denaro; la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro può aiutare i figli ad uscire dalla povertà solo se le loro retribuzioni risultano adeguate a tal fine e se corrispondono ai diversi schemi lavorativi dei genitori; invita pertanto gli Stati membri ad approvare la proposta di aggiungere una raccomandazione per una legislazione su un livello di reddito adeguato e la garanzia di un "lavoro dignitoso" (11) e propone di trattare al suo interno anche la legislazione per la tutela dell'occupazione; sottolinea tuttavia che alcuni cittadini non sono in grado di accedere al mercato del lavoro e si trovano nell'impossibilità di lavorare e che gli aiuti devono tener conto di questa realtà;

28.

riconosce che gli aiuti all'infanzia sono il modo più efficace di sostenere il reddito delle famiglie con figli e che tali aiuti dovrebbero essere accompagnati da sovvenzioni mirate destinate ai più bisognosi (12);

29.

chiede di chiarire maggiormente cosa si intenda per "adeguate" e incoraggia gli Stati membri e la Commissione a fissare standard UE o a stabilire di comune accordo una metodologia per determinare i costi di un figlio, per definire il concetto di risorse adeguate e per prevenire e contrastare la povertà infantile; propone inoltre che qualsiasi definizione tenga conto delle seguenti considerazioni: adeguate per chi, per quanto tempo, per che cosa e chi stabilisce che cosa è adeguato (13);

30.

sostiene vivamente l'idea di sollecitare gli Stati membri ad essere molto cauti nell'aumentare la condizionalità e nell'utilizzare sanzioni nell'erogazione delle prestazioni sociali, in modo da evitare di penalizzare i minori e di privarli delle necessarie risorse; segnala che spesso questo approccio contribuisce alla stigmatizzazione delle famiglie e dei minori che vivono in povertà e alla convinzione che la povertà è causata da fallimenti o da errori personali; osserva che la crisi economica ha portato ad un aumento considerevole della disoccupazione, ad un blocco del reddito delle famiglie e ad un incremento del costo della vita in numerosi Stati membri; sottolinea il ruolo importante che i servizi di consulenza possono svolgere per massimizzare i redditi familiari e fa notare che in alcuni paesi tali servizi potrebbero essere a rischio;

31.

riconosce che un buon equilibrio tra lavoro e vita privata dei genitori è essenziale per il benessere dei minori e della società, dato che lo sviluppo dei minori può essere danneggiato non solo dalla povertà economica, ma anche dalla "povertà di tempo"; ritiene che il lavoro precario, gli orari di lavoro scomodi e gli impieghi mal retribuiti per i genitori possano avere un impatto negativo sulla vita adulta e sullo sviluppo dei minori (14).

Accesso ai servizi

32.

apprezza il fatto che venga sottolineata l'importanza di garantire a tutti i minori un accesso a servizi di qualità in una fase cruciale del loro sviluppo e osserva che la salute, il sostegno all'educazione e alle famiglie, l'istruzione, l'alloggio e la protezione sono servizi fondamentali che il più delle volte vengono forniti dagli enti locali e regionali;

33.

riconosce l'importanza che rivestono l'istruzione e l'assistenza ai minori sin dai primi anni e la qualità dei relativi servizi; sottolinea che un intervento efficace e tempestivo e la garanzia di un sostegno durante tutta l'infanzia e l'adolescenza (e in particolare nei momenti critici  (15)) possono avere un notevole impatto positivo sullo sviluppo dei minori; fa osservare che alcuni servizi forniti dagli enti regionali e locali, ad esempio i nidi, le scuole, le biblioteche e le attività di doposcuola sono essenziali per il miglioramento del benessere dei minori ma che in molti Stati membri tali servizi saranno messi a repentaglio dai programmi di austerità (16);

34.

accoglie favorevolmente la proposta di rafforzare il ruolo dell'istruzione nel prevenire e spezzare il ciclo di povertà eliminando tutte le barriere finanziarie all'istruzione, assicurando pari opportunità e fornendo il necessario sostegno aggiuntivo per compensare eventuali svantaggi; riconosce l'importanza della parità di accesso ai servizi legati all'istruzione, che vengono sempre erogati dagli enti locali e regionali, ad esempio le mense scolastiche gratuite, i libri e il materiale educativo gratuiti, nonché un sostegno finanziario per la partecipazione alle gite scolastiche e alle attività culturali per i ragazzi di famiglie a basso reddito e di quelle a rischio povertà;

35.

sottolinea il ruolo che le strutture per la custodia dei bambini possono svolgere nella lotta contro la povertà infantile. Questi servizi offrono al bambino la possibilità di interagire con altri coetanei e con il personale di tali strutture e di trarre beneficio da questi contatti. In questo modo, lo sviluppo cognitivo, linguistico, emozionale e sociale del bambino può migliorare, e gli effetti che ne derivano sembrano essere di lunga durata;

36.

sottolinea l'impatto devastante che la povertà può avere sulla salute dei minori (17); è preoccupato per il fatto che la comunicazione della Commissione sulle disuguaglianze sanitarie non attribuisce la dovuta attenzione all'accesso dei minori alla salute, e per l'insufficiente consapevolezza, grado di priorità politica e impegno nella lotta contro le disuguaglianze sanitarie; propone che la raccomandazione e la comunicazione mettano in evidenza l'importanza di migliorare la salute dei minori, compresa la salute mentale; riconosce che gli sforzi per ridurre le ineguaglianze sul piano sanitario dovrebbero essere destinati in modo specifico ai minori e che bisognerebbe garantire l'accesso all'assistenza sanitaria a tutti i poveri e a tutti gli emarginati sociali, minori compresi;

37.

condivide la preoccupazione circa il fatto che le questioni ambientali, ad esempio l'inquinamento in generale, il traffico, l'inquinamento del suolo e la non potabilità dell'acqua spesso colpiscono in maniera particolarmente elevata i minori poveri; accoglie favorevolmente la proposta di mettere in atto tutti gli sforzi per evitare la ghettizzazione dei minori che vivono in stato di povertà e di esclusione sociale e di promuovere la mescolanza sociale a livello abitativo; accoglie la proposta in base alla quale la programmazione deve tener conto dei minori, delle loro famiglie e comunità; suggerisce inoltre di prevedere, nella raccomandazione, l'introduzione di standard minimi in materia di alloggi per i minori, considerando l'importanza prioritaria dei diritti di questi ultimi;

38.

chiede agli Stati membri di fare in modo che i minori non vengano separati dalle loro famiglie a causa della mancanza di risorse per il loro sostentamento; perché questo non accada è a suo avviso sufficiente mettere a disposizione risorse adeguate; mette in guardia contro una ulteriore stigmatizzazione della povertà legata ad una relazione troppo stretta tra povertà e abusi familiari e sottolinea l'importanza del ruolo degli enti locali e regionali nella protezione dei minori.

Partecipazione attiva di bambini e giovani

39.

condivide pienamente il fatto che nella raccomandazione proposta sia data grande importanza alla partecipazione attiva di bambini e giovani; riconosce l'esistenza di ostacoli alla partecipazione di tutti i minori, ostacoli che aumentano nel caso di minori svantaggiati; è inoltre probabile che gli approcci di consultazione tradizionali non siano idonei al conseguimento di tale obiettivo; dovrebbe essere tuttavia incoraggiato un approccio partecipativo attivo nelle famiglie, nelle comunità, nelle ONG e nel settore privato, per rafforzare l'impegno in tutta la società;

40.

propone a sua volta che la partecipazione dei minori preveda anche l'opportunità, per questi ultimi, di contribuire alle decisioni che concernono la loro vita e di influenzarle, di essere coinvolti nelle attività sportive e ricreative per migliorare la salute, la vita sociale e lo sviluppo personale, e di prendere parte ad iniziative culturali intese a maturare le loro competenze e sensibilizzarli alle culture e alla diversità culturale al fine di costruire una società più inclusiva e meno discriminatoria;

41.

invita gli Stati membri e gli enti locali e regionali a dare il loro contributo per far sì che i bambini e i giovani dispongano di un adeguato contesto di apprendimento, sviluppo e svago così come di molteplici opportunità, che sono i presupposti per una loro partecipazione attiva;

42.

riconosce che uno degli ostacoli alla lotta contro la povertà infantile è la mancanza di consapevolezza pubblica e politica di questo problema e del suo impatto sui minori, sulle loro famiglie e sulla società in generale; esprime preoccupazione considerando che la situazione viene aggravata da una copertura mediatica limitata e in alcuni casi negativa della povertà, da una scarsa presa di coscienza o da un insufficiente sostegno dei diritti dei minori, dalla mancanza di una visione di lungo respiro e da preoccupazioni elettorali a breve termine (i minori non votano); osserva che in diversi paesi l'attenzione ai minori e il loro riconoscimento come persone a tutti gli effetti non fanno parte della cultura politica;

43.

sottolinea il lavoro svolto al livello degli enti locali e regionali per assicurare la partecipazione dei minori ai processi decisionali sulle questioni che incidono sulla loro vita; ricorda tuttavia che molto rimane da fare per garantire il diritto di tutti i bambini a essere ascoltati in tutte le questioni che li riguardano, come stabilito dall'articolo 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo.

Raccomandazioni

44.

raccomanda di introdurre un obiettivo specifico relativo alla povertà infantile in quanto priorità dell'iniziativa faro Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale, di adottare una strategia globale contro la povertà infantile e l'esclusione sociale che coinvolga i livelli nazionale, regionale e locale e che possa integrarsi nella più ampia strategia Europa 2020, e di istituire un quadro di monitoraggio basato su indicatori validi e collegato con il meccanismo di rendicontazione attualmente previsto nell'ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (UNCRC);

45.

ribadisce la necessità di relazioni a cura degli Stati membri specificamente dedicate alla situazione della povertà infantile e - previa messa a punto di strumenti diagnostici per valutare la gravità del rischio e dell'indigenza, il cui uso è raccomandato agli enti locali e regionali - propone che tali relazioni rientrino negli obblighi di rendicontazione previsti per gli Stati membri nel quadro della strategia Europa 2020; richiama l'attenzione sul fatto che molti dei partecipanti alla Breve indagine del CdR sulla piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale del 19 aprile 2011 considerino la possibile introduzione di priorità obbligatorie nei futuri programmi regionali come uno sviluppo positivo, che potrebbe dare maggiore visibilità al problema della povertà e dell'esclusione sociale a livello locale, regionale e nazionale;

46.

raccomanda che l'assegnazione dei fondi strutturali tenga conto dell'importanza dei progetti e dei servizi necessari per lottare contro la povertà infantile, promuovere il benessere dei minori e delle loro famiglie - in particolare dei minori o dei giovani con problemi fisici o mentali, vittime di sfruttamento o di reati, tossicodipendenti, immigrati e soggetti ad altri fattori che ne aumentano la vulnerabilità -, migliorare la partecipazione di questi minori e delle loro famiglie e combattere contro l'immagine negativa e la stigmatizzazione della povertà;

47.

raccomanda che gli enti locali e regionali partecipino attivamente alla formulazione delle decisioni e delle politiche relative al sostegno alle famiglie, alla fornitura di servizi e alla partecipazione attiva di bambini e giovani in quanto essi costituiscono l'elemento critico nell'applicazione delle politiche nazionali ed europee a livello territoriale;

48.

ai fini di una condivisione delle migliori pratiche, raccomanda alla Commissione di sviluppare e mantenere un dialogo costante con il Comitato delle regioni e di assegnare risorse affinché il CdR possa pubblicare, in collaborazione con organismi quali Eurocities e Eurochild, relazioni che illustrino i progetti attuati con successo dai diversi enti locali e regionali degli Stati membri nella lotta alla povertà infantile.

Bruxelles, 15 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Can Higher Employment Levels Bring Lower Poverty in the EU? ("Può un aumento del livello occupazionale ridurre la povertà nell'UE?") Simulazioni dell'obiettivo della strategia Europa 2020 basate sulla regressione - Documento di discussione 6068, Istituto di studi sul lavoro (Bonn).

(2)  Poverty in the United Kingdom ("La povertà nel Regno Unito"), Peter Townsend, 1979.

(3)  Nei calcoli dell'indice di sviluppo umano si tiene conto sia del reddito nazionale lordo pro capite del paese o della regione che degli anni di istruzione attesi o di scolarizzazione media, oltre che della speranza di vita alla nascita.

(4)  How the Economic and Financial Crisis is Affecting Children & Young People in Europe ("Come la crisi economica e finanziaria colpisce bambini e giovani in Europa"), Eurochild 2011.

(5)  Cfr. ad esempio A Living Wage for Newcastle («Guadagnarsi da vivere a Newcastle»), http://www.newcastle.gov.uk/news-story/a-living-wage-newcastle.

(6)  Flaherty, J; Veit-Wilson, J; Dornan, P. Poverty: the facts. ("La povertà: fatti e cifre") 5a ed. Londra, Child Poverty Action Group, 2004.

(7)  D. Hirsch, Estimating the Cost of Child Poverty ("Valutare i costi della povertà infantile"), Fondazione Joseph Rowntree, 2008.

(8)  Cfr. ad esempio Early Intervention: Smart Investment, Massive Savings ("Intervento tempestivo: Investimenti intelligenti per un grosso risparmio"), redatto dal gabinetto del primo ministro del Regno Unito, 2011.

(9)  How the Economic and Financial Crisis is Affecting Children & Young People in Europe ("Come la crisi economica e finanziaria colpisce bambini e giovani in Europa"), Eurochild 2011.

(10)  Cfr. il documento orientativo Child Poverty - Family Poverty: Are they One and the Same? ("Povertà infantile - povertà familiare: sono la stessa cosa?"), pubblicato da Eurochild nel 2011.

(11)  Cfr. ad esempio T. Shildrick, e al, The Low-Pay, No-Pay Cycle: Understanding Recurrent Poverty ("Il ciclo salario basso - niente salario: capire il fenomeno della povertà ricorrente"), Fondazione Joseph Rowntree, 2010.

(12)  Cfr. ad esempio, Child benefits in the European Union ("Gli aiuti all'infanzia nell'Unione europea"), J. Bradshaw, Poverty (139), CPAG, 2011.

(13)  J. Veit-Wilson, "What Do we Mean by ‧Adequate‧ Benefits?" ("Cosa si intende per ‧sussidi adeguati‧?") (Capitolo 14) in J. Strelitz e R Lister [a cura di], Why Money Matters. Family Income, Poverty and Children's Lives ("Perché il denaro conta. Reddito familiare, povertà e vita dei minori"). Save the children, Londra, pagg. 125-132.

(14)  Cfr., ad esempio R. MacDonald, "Precarious Work: Risk, Choice and Poverty Traps" ("Lavoro precario: rischio, scelta e trappole della povertà"), in A. Furlong, Handbook of Youth and Young Adulthood: New Perspectives and Agendas ("Manuale dei giovani e dei giovani adulti: nuove prospettive e programmi"), 2009.

(15)  Understanding youth exclusion: critical moments, social networks and social capital ("Capire, l'esclusione dei giovani: momenti critici, reti sociali e capitale sociale"), Shildrick, T.A. & MacDonald, R., Youth & Policy, 2008.

(16)  Id.

(17)  Cfr. ad esempio N. Spencer, Health Consequences of Poverty for Children ("Le conseguenze sanitarie della povertà infantile"), End Child Poverty, 2008.


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/40


Parere del Comitato delle regioni sulla «Direttiva sul rumore ambientale: la via da seguire»

2012/C 113/08

IL COMITATO DELLE REGIONI

si rallegra per i benefici reali apportati dalla direttiva, ma deplora l'assenza - sia nella direttiva che nella relazione sulla sua applicazione - di riferimenti specifici agli enti locali e regionali e al ruolo cruciale che essi svolgono nella lotta contro il rumore eccessivo;

fa presente che i disturbi sonori rappresentano in primo luogo un problema locale che richiede però principalmente una soluzione a livello europeo. Al riguardo, chiede che l'UE definisca una politica ambiziosa in materia di emissioni sonore sotto forma di misure europee di riduzione del problema alla fonte;

propone alla Commissione di stabilire, dopo una valutazione approfondita dell'impatto sugli enti locali e regionali, dei valori limite od obiettivo, sulla base delle raccomandazioni dell'OMS in materia di salute;

ribadisce la necessità di un coordinamento e di una complementarità e dell'assenza di lacune legislative tra i vari strumenti normativi che regolamentano le materie connesse al rumore alla sorgente, specialmente - per quel che riguarda veicoli (in particolare automobili e autocarri), strade, ferrovie e aeroporti - attraverso l'elaborazione di un quadro giuridico che possieda una base comune;

evidenzia l'importanza di fornire sostegno finanziario e un orientamento tecnico agli enti regionali e locali, come anche di adottare misure complementari a livello UE e a livello nazionale, per quel che concerne l'applicazione della politica dell'UE in materia di disturbi sonori;

chiede che le preoccupazioni in materia di rumore e inquinamento acustico vengano integrate in tutti i processi e in tutte le iniziative politiche pertinenti, specialmente in un futuro settimo programma di azione dell'UE in materia ambientale, in un secondo piano d'azione dell'UE in materia di ambiente e salute e nelle iniziative di trasporto sostenibile, nel quadro dei programmi di sviluppo regionale dell'UE e delle politiche di assetto territoriale;

raccomanda alla Commissione di allargare il concetto di governance multilivello ad altri settori, tra i quali quello del rumore, e di utilizzare come riferimento il Patto dei sindaci.

Relatore

José MACÁRIO CORREIA (PT/PPE), sindaco di Faro

Testo di riferimento

Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della direttiva sul rumore ambientale ai sensi dell'articolo 11 della direttiva 2002/49/CE

COM(2011) 321 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.    Osservazioni generali

1.

afferma l'importanza della lotta ai disturbi sonori e dello sviluppo della politica europea in materia di rumore, che è stata adottata il 25 giugno 2002 attraverso la direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, nota come «direttiva sul rumore ambientale»;

2.

si rallegra per i benefici reali apportati dalla direttiva in termini di elaborazione di mappe acustiche, fissazione di indicatori comuni, analisi dell'esposizione della popolazione dell'UE al rumore e definizione degli enti competenti per l'elaborazione dei piani di azione;

3.

accoglie favorevolmente la relazione della Commissione sull'applicazione della direttiva in quanto buon punto di partenza per una necessaria revisione della direttiva sul rumore ambientale;

4.

si rammarica per la mancata presentazione, da parte di alcuni Stati membri, delle mappe acustiche entro il termine dovuto, nonché per l'apertura, nel caso di Malta, di una procedura d'infrazione;

5.

deplora l'assenza di riferimenti specifici agli enti locali e regionali sia nella direttiva che nella relazione sulla sua applicazione, e sottolinea il ruolo cruciale che essi svolgono nella lotta contro il rumore eccessivo. Si augura pertanto che essi vengano pienamente coinvolti nello sviluppo di future politiche;

6.

fa presente che i disturbi sonori rappresentano in primo luogo un problema locale che richiede però principalmente una soluzione a livello europeo. Al riguardo, chiede che l'UE definisca una politica ambiziosa in materia di emissioni sonore sotto forma di misure europee di riduzione del problema alla fonte;

7.

ribadisce la necessità di stabilire obiettivi per la riduzione del rumore percepito dalle persone negli spazi costruiti, nei parchi pubblici o in altri luoghi tranquilli di agglomerazioni, nelle zone silenziose della campagna, in vicinanza di scuole e ospedali, nonché in altri edifici e aree sensibili al rumore;

8.

osserva che la Commissione, nell'elenco degli effetti del rumore sulla salute, omette di esplicitare alcune delle conseguenze più comuni dell'esposizione al rumore, vale a dire l'acufene e l'iperacusia (estrema sensibilità al rumore), spesso causati da un calo della capacità uditiva dovuta all'esposizione ad alti livelli di rumore. Almeno il 10 % della popolazione soffre di acufene e/o iperacusia e si tratta di un fenomeno in crescita tra i giovani a causa degli alti livelli di rumore. È pertanto estremamente importante informare i cittadini dei problemi di salute collegati all'esposizione al rumore;

9.

rileva che, nell'elenco delle iniziative passate e future dell'UE in questo campo, non si citano azioni volte a ridurre gli alti livelli di rumore in alcuni luoghi pubblici, come le discoteche;

10.

evidenzia la necessità di prendere in considerazione i dati recenti dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per quel che concerne i valori/le fasce di rumore applicati nelle mappe acustiche, secondo cui le fasce di rumore soggette a comunicazione del descrittore acustico LNIGHT devono essere abbassate a 40 dB, così come occorre tener conto della contabilizzazione dei costi sociali del rumore causato dal traffico stradale, ferroviario e aereo; esorta a integrare i dati recenti dell'OMS anche nelle curve dose di esposizione al rumore-costi, in base alle quali vengono calcolati i suddetti costi sociali;

11.

chiede che le preoccupazioni in materia di rumore e inquinamento acustico vengano integrate in tutti i processi e in tutte le iniziative politiche pertinenti, specialmente in un futuro settimo programma di azione dell'UE in materia ambientale, in un secondo piano d'azione dell'UE in materia di ambiente e salute e nelle iniziative di trasporto sostenibile, nel quadro dei programmi di sviluppo regionale dell'UE e delle politiche di assetto territoriale.

B.    Combattere il rumore alla sorgente

12.

ribadisce la necessità di un coordinamento e di una complementarità e dell'assenza di lacune legislative tra i vari strumenti normativi che regolamentano le materie connesse al rumore alla sorgente, specialmente - per quel che riguarda veicoli (in particolare automobili e autocarri), strade, ferrovie e aeroporti - attraverso l'elaborazione di un quadro giuridico che possieda una base comune;

13.

riconosce l'urgenza di colmare alcune lacune dell'attuale direttiva e giudica necessario e conveniente lo sviluppo di metodologie comparative per la misurazione del rumore, per l'uso di reti per la misurazione e l'osservazione acustica, che prevedano criteri standardizzati, per i valori limite od obiettivo, per i metodi di presentazione delle relazioni e di valutazione, nonché per controllare il rispetto della direttiva;

14.

ribadisce la necessità di combattere il rumore alla sorgente e ricorda i vantaggi economici associati alla prevenzione del rumore attraverso l'utilizzo dei progressi della tecnologia e il rispetto dei limiti di emissione stabiliti per il controllo dell'inquinamento acustico, come contrappunto alla riduzione al minimo degli effetti;

15.

evidenzia i vantaggi associati alla riduzione del rumore del traffico alla sorgente come modo per ridurre le spese che gli enti locali e le autorità stradali sostengono, specialmente in relazione alla collocazione di barriere antirumore e all'isolamento di protezione contro il rumore;

16.

mette in risalto l'importanza di integrare la limitazione dei disturbi sonori nelle politiche di assetto territoriale e di pianificazione urbana, in particolare per limitare alla sorgente i rumori provenienti dal traffico stradale e dal vicinato;

17.

insiste sull'importanza di includere la riduzione del rumore negli obiettivi di un sistema di trasporti competitivo e sostenibile che la Commissione ha identificato nel Libro bianco intitolato Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti - Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile. Propone altresì di adottare misure in materia di sostenibilità, efficienza energetica e qualità dell'aria, e di valutarle in un'ottica di riduzione del rumore, nonché di elaborare, ai fini dell'attuazione del Libro bianco, un piano d'azione che preveda un calendario, delle misure e scadenze di valutazione;

18.

ritiene che una politica europea ambiziosa in materia di emissioni sonore debba comportare le seguenti misure:

per i veicoli nuovi: norme sulle emissioni di tutti i tipi di veicoli e macchine (utilizzabili in superficie e sotto terra, sopra e sotto l'acqua, nell'aria ecc.),

per i veicoli esistenti: misure per la sostituzione dei veicoli e delle macchine più vecchi con modelli meno rumorosi, ed equipaggiamento dei veicoli ferroviari con tecnologia di protezione dal rumore,

revisione dei metodi di test. Il Comitato raccomanda di mettere a punto metodi di test per veicoli e macchine atti a testarne le emissioni in condizioni reali,

sviluppo e miglioramento di pneumatici a bassa rumorosità;

19.

chiede che il settore dei trasporti adotti obiettivi in materia di riduzione dei disturbi sonori, eventualmente attraverso strumenti economici quali tariffe d'accesso o di utilizzazione della rete (stradale, ferroviaria, navigabile o aerea), affinché chi inquina si faccia carico dei costi del rumore che produce;

20.

raccomanda una strategia concertata e obiettivi più ambiziosi nella riduzione del rumore al momento di rivedere la direttiva 70/157/CEE, riguardante il rumore prodotto dai veicoli a motore, e la direttiva 2001/43/CE, riguardante il rumore prodotto dai pneumatici, nonché nelle proposte concernenti il rumore prodotto dai veicoli di classe L regolamentati dalla direttiva 97/24/CE, e chiede che siano adottate misure al fine di garantire - in linea di principio - a chi risiede in prossimità degli aeroporti una notte tranquilla per almeno 7 ore;

21.

accoglie con favore la recente evoluzione riguardante il nuovo sistema di etichettatura dei pneumatici che darà ai consumatori, ai gestori di parchi veicoli e alle autorità pubbliche l'opportunità di scegliere in funzione delle prestazioni in termini di rumore. Propone, in tale contesto, che le etichette consentano ai consumatori anche di valutare le prestazioni di un dato pneumatico in termini di rumore in rapporto alle sue caratteristiche in termini di consumo di carburante. Propone inoltre che queste etichette siano collegate anche a chiare norme europee per i veicoli che, con l'aiuto di appropriate tecnologie per il rivestimento stradale, possono ridurre i livelli di rumore su strada della metà (10 dB). Ricorda tuttavia le specificità esistenti nei paesi nordici - a garanzia della sicurezza della circolazione in situazioni di emergenza - relative alla possibilità di impiegare determinati pneumatici, per esempio l'impiego di pneumatici con o senza chiodi in condizioni atmosferiche invernali o in altre circostanze estreme;

22.

per sviluppare materiali di rivestimento in grado di ridurre il rumore è necessario tener conto delle condizioni atmosferiche e climatiche locali, nonché dei miglioramenti nella resistenza del rivestimento stesso ai trattamenti antiscivolo (sale, pneumatici chiodati);

23.

sottolinea che la direttiva 2000/14/CE, concernente l'emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all'aperto, riveste un'importanza fondamentale;

24.

riconosce la necessità di sostituire o di adeguare il materiale rotabile esistente nelle ferrovie nel più breve tempo possibile, al più tardi entro il 2020, e di concedere incentivi all'utilizzo di attrezzature più silenziose, e a questo fine dovrebbero essere applicati degli strumenti di mercato, come tariffe di accesso alla ferrovia, per fare in modo che chi inquina paghi i costi del rumore che produce. Nel medio termine andrebbero previste misure addizionali, come il divieto di utilizzare il materiale rotabile non equipaggiato con le tecnologie meno rumorose, qualora gli strumenti basati sul mercato si rivelino insufficienti. In questo contesto ricorda in particolare la revisione della politica dell'UE in materia di rumore ferroviario, con particolare riferimento ai progetti pilota in corso in Germania e nei Paesi Bassi in materia di emissioni acustiche prodotte dal traffico ferroviario;

25.

richiama l'attenzione sulla necessità di introdurre miglioramenti nelle aree urbane attraverso l'incentivo all'utilizzo di mezzi di trasporto più silenziosi, come le automobili ibride o elettriche e trasporti pubblici più silenziosi e sostenibili;

26.

raccomanda l'adozione di misure di pianificazione urbana - come tramvie e altri trasporti pubblici, compresi i sistemi sotterranei -, la promozione dei percorsi pedonali o delle piste ciclabili, la limitazione del traffico automobilistico e della velocità consentita ai veicoli, l'inclusione delle questioni ambientali negli appalti pubblici e la concessione agli enti locali e regionali di incentivi sicuri e di un'informazione adeguata sui meccanismi di finanziamento dell'UE.

C.    Sfide della futura direttiva sul rumore ambientale

27.

sollecita una revisione sia dell'Allegato V della direttiva, che stabilisce in modo sintetico i requisiti minimi applicabili ai piani di azione in materia di rumore, che dell'Allegato VI, che definisce i dati da inviare alla Commissione a questo scopo, ai fini di un maggiore e migliore rispetto della direttiva e di una maggiore comparabilità tra Stati membri;

28.

propone di introdurre una standardizzazione, a livello dell'UE, degli strumenti e delle metodologie connessi all'elaborazione e/o all'esecuzione dei piani di azione in materia di rumore; suggerisce inoltre di coinvolgere un ampio ventaglio di parte interessate, dagli istituti di ricerca e dalle università agli enti locali e regionali, sotto il coordinamento di un'unica agenzia dell'UE;

29.

fa osservare in questo contesto che, in alcuni casi, l'ente preposto all'elaborazione del piano d'azione in materia di rumore non è però responsabile per l'attuazione di tale piano, e chiede di rivolgere maggiore attenzione a questo problema;

30.

raccomanda alla Commissione di allargare il concetto di governance multilivello ad altri settori, tra i quali quello del rumore, e di utilizzare come riferimento il Patto dei sindaci;

31.

invita a portare a termine rapidamente il programma Cnossos-UE (Metodi comuni per la valutazione del rumore in Europa), in modo da introdurre un metodo di valutazione armonizzato per tutte le mappe acustiche nel settore stradale, ferroviario, industriale e aereo;

32.

propone alla Commissione di stabilire, dopo una valutazione approfondita dell'impatto sugli enti locali e regionali, dei valori limite od obiettivo sulla base delle raccomandazioni dell'OMS in materia di salute, e di obbligare gli Stati membri ad agire non appena venga raggiunto un determinato livello di rumore;

33.

esprime qualche riserva in merito alle norme europee sull'immissione di disturbi sonori, se considerate separatamente rispetto a una politica globale sulle emissioni sonore. Infatti, spetta agli enti locali e regionali applicare tali norme, eppure nella maggior parte dei casi le misure esistenti a questo livello sono spesso insufficienti allo scopo. L'eventuale introduzione di queste norme sull'immissione dovrebbe pertanto essere concepita nel quadro di una politica globale europea in materia di rumore che colleghi chiaramente la politica sulle immissioni a quella sulle emissioni. Il Comitato propone che vengano intraprese le seguenti azioni:

elaborazione di una strategia tematica sul rumore che definisca una politica europea in materia di rumore (con un calendario, delle misure e scadenze di valutazione),

allineamento del livello di ambizione della direttiva sul rumore ambientale a quello delle misure UE di riduzione del rumore alla sorgente,

sviluppo della politica dell'UE in materia di emissioni, che deve essere realizzato prima della revisione della direttiva. Sono infatti necessari alcuni anni prima che le misure di riduzione del rumore alla sorgente producano i loro effetti,

revisione della direttiva sul rumore ambientale;

34.

sottolinea l'importanza di reintrodurre i valori orientativi già contenuti nel Libro verde sulle politiche future in materia di inquinamento acustico, che non sono inclusi nell'attuale direttiva ma il cui valore in quanto obiettivi di protezione è confermato dagli studi più recenti dell'OMS, e di considerare che il rumore emesso da diverse sorgenti ha un effetto cumulativo; sottolinea inoltre che i valori obiettivo a lungo termine dell'OMS dovrebbero essere alla base della pianificazione di nuovi progetti;

35.

raccomanda una maggiore sinergia tra la politica in materia di rumore e quella sulla qualità dell'aria (sia la direttiva sulla qualità dell'aria che quella sul rumore ambientale prevedono obblighi in materia di piani d'azione), per favorire un'azione politica congiunta più efficace;

36.

propone che, dopo una valutazione approfondita dell'impatto sugli enti locali e regionali, vengano stabiliti obiettivi di riduzione dell'esposizione al rumore, in modo simile a quanto è stato applicato in materia di inquinamento atmosferico e di clima, attraverso la fissazione di un obiettivo che punti a ridurre almeno del 15 % il numero di persone esposte a un rumore notturno di 55 dB entro il 2023;

37.

ritiene appropriato prendere in considerazione una riduzione dei descrittori acustici LDEN e LNIGHT rispettivamente a 40 dB e 35 dB nell'elaborazione delle future mappe acustiche;

38.

insiste affinché vengano chiariti alcuni concetti inclusi nella direttiva, specialmente quelli di «agglomerato» e di «zone silenziose».

D.    Il ruolo degli enti regionali e locali

39.

evidenzia l'importanza di fornire sostegno finanziario e un orientamento tecnico agli enti regionali e locali, come anche di adottare misure complementari a livello UE e a livello nazionale, per quel che concerne l'applicazione della politica dell'UE in materia di disturbi sonori;

40.

ricorda l'importanza di creare una rete per lo scambio d'informazioni e di esperienze tra le regioni e le città, oltre che per l'adozione di buone pratiche, in cui siano contenute informazioni aggiornate e disponibili in tutte le lingue;

41.

raccomanda una maggiore divulgazione e qualità delle informazioni che sono fornite alle regioni e alle città, nonché strumenti di sostegno e orientamento sulla visualizzazione, in mappe congiunte, del rumore cumulativo da sorgenti differenti. In base al principio di sussidiarietà, i singoli enti locali devono avere la libertà di decidere il modo più opportuno di realizzare campagne di informazione;

42.

propone la realizzazione di campagne di sensibilizzazione e d'informazione sul rumore, a livello regionale e locale, nonché consultazioni e audizioni pubbliche che permettano una conoscenza più approfondita della realtà e contribuiscano a fornire chiarimenti alle popolazioni;

43.

propone la creazione di più partenariati tra gli enti locali e regionali e le ONG e le associazioni locali di cittadini, specialmente attraverso l'assegnazione di premi e riconoscimenti che possono contribuire a mettere in evidenza misure creative o economiche applicate nell'intera UE.

E.    Raccomandazioni finali

44.

difende la necessità di fissare valori limite del rumore sia ai fini di un livello elevato di protezione che onde evitare distorsioni di concorrenza sul mercato interno per motivi legati alla protezione dal rumore. Tuttavia, nella fissazione dei valori limite e/o dei valori obiettivo, nell'attuazione della direttiva e nella valutazione dell'ipotesi di introduzione di misure aggiuntive in caso di superamento dei livelli massimi di rumore, si deve rispettare il principio di sussidiarietà, tenendo conto dell'impatto di queste misure sugli enti locali e regionali nonché della diversità culturale dell'Europa;

45.

evidenzia l'importanza della proporzionalità per quel che riguarda la creazione di costi addizionali e di oneri amministrativi per le imprese e le amministrazione pubbliche, in contrapposizione ai benefici ambientali connessi.

Bruxelles, 16 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/45


Parere del Comitato delle regioni sulla «Modernizzazione dell'insegnamento superiore»

2012/C 113/09

IL COMITATO DELLE REGIONI

si compiace del ruolo più attivo che la Commissione intende assumere nel sostenere gli istituti di istruzione superiore e le diverse autorità nazionali, regionali e locali nell'attuazione dell'opera di modernizzazione dell'insegnamento superiore;

concorda con la Commissione sul fatto che il totale degli investimenti nel settore dell'insegnamento superiore in Europa è globalmente insufficiente, e riconosce che in molti casi spetta non solo agli Stati membri ma anche agli enti regionali assumersi le loro responsabilità potenziando questi investimenti con il ricorso a fondi pubblici;

invita la Commissione, nella definizione dei programmi e delle linee di azione concreti, a riservare ulteriore attenzione a una delle priorità che essa stessa, a buon diritto, fissa per gli Stati membri e gli istituti di istruzione superiore: l'innalzamento del grado di partecipazione e il rafforzamento della "dimensione sociale" dell'insegnamento superiore che sarà necessaria per raggiungere tale obiettivo;

è del parere che quanto più gli istituti di istruzione superiore tengono conto delle esigenze specificamente regionali e locali, offrendo così un contributo concreto allo sviluppo dei territori, tanto più riescono anche a mettere in luce la pertinenza dell'insegnamento che dispensano;

constata che occorre ancora adottare un buon numero di provvedimenti per ampliare e nel contempo potenziare le opportunità di mobilità dei discenti e le possibilità di cooperazione transnazionale, incrementandone così significativamente il valore aggiunto;

fa presente che una serie di competenze importanti in materia di istruzione e di formazione - così come nel campo delle politiche per la gioventù e per l'occupazione - sono appannaggio degli enti regionali e locali, e mette pertanto l'accento sul ruolo di primo piano che spetta ad essi nell'attuazione di questo progetto di modernizzazione, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

Relatrice

Mia DE VITS (BE/PSE), membro del parlamento fiammingo

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Sostenere la crescita e l'occupazione - Un progetto per la modernizzazione dei sistemi d'istruzione superiore in Europa

COM(2011) 567 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.   Osservazioni generali

1.

accoglie con favore la comunicazione dal titolo Sostenere la crescita e l'occupazione - Un progetto per la modernizzazione dei sistemi d'istruzione superiore in Europa, in cui la Commissione europea delinea i principali obiettivi politici da conseguire per realizzare delle riforme nel settore dell'insegnamento superiore. Il Comitato si compiace del fatto che, con questo documento, la Commissione intenda ridare slancio al processo di riforma avviato - e ben lungi dall'essere concluso - con il processo di Bologna e la creazione dello Spazio europeo dell'insegnamento superiore e dello Spazio europeo della ricerca, accordando nel contempo a tali riforme una posizione privilegiata nel più ampio contesto della strategia Europa 2020 e delle iniziative faro ad essa collegate;

2.

approva l'impostazione adottata nella comunicazione, nella quale la Commissione, da un lato, elenca i principali obiettivi politici che tanto gli Stati membri quanto gli istituti di istruzione superiore devono prefiggersi di raggiungere entro la fine del decennio e, dall'altro, indica i modi in cui può offrire il proprio sostegno agli uni e agli altri nel realizzare quest'opera di modernizzazione;

3.

concorda sul fatto che la responsabilità nell'attuazione delle riforme dell'insegnamento superiore, un settore strategico nel quale l'UE ha competenze di coordinamento e di sostegno, spetta in primo luogo agli Stati membri e agli istituti di istruzione superiore, benché le sfide e le strategie politiche per rispondere a queste ultime travalichino le frontiere nazionali. Il Comitato fa inoltre presente che una serie di competenze importanti in materia di istruzione e di formazione - così come nel campo delle politiche per la gioventù e per l'occupazione - sono appannaggio degli enti regionali e locali, e mette pertanto l'accento sul ruolo di primo piano che spetta ad essi nell'attuazione di questo progetto di modernizzazione, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà;

4.

rileva che la strategia proposta per modernizzare l'insegnamento superiore non sembra dare adito ad alcuna osservazione concernente la conformità ai principi di sussidiarietà e proporzionalità;

5.

pone l'accento sul fatto che l'insegnamento, compreso quello superiore, deve anzitutto preoccuparsi di offrire ai singoli una formazione generale e dai vasti orizzonti, consentendo a ciascuno di sviluppare in modo ottimale i propri talenti e di diventare una persona aperta, forte e versatile, capace di assumersi pienamente le proprie responsabilità nella società. Non c'è dubbio che l'insegnamento presenti anche una valenza economica, che però non ne esaurisce il valore: ecco perché un approccio che consideri questo settore sotto il solo aspetto economico risulterà sempre e inevitabilmente incompleto. Una simile prospettiva può tuttavia rivelarsi opportuna, o persino necessaria, in un determinato contesto;

6.

nonostante le considerazioni precedenti, approva senza riserve l'idea secondo cui occorre conferire all'istruzione e alla formazione un ruolo centrale nella promozione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in Europa e sottolinea che le possibilità degli istituti europei di istruzione superiore di svolgere questa funzione nella società non sono ancora sfruttate appieno.

2.   Questioni fondamentali per gli Stati membri e per gli istituti di istruzione superiore

2.1   Aumentare il livello di qualificazione per formare i diplomati e i ricercatori di cui l'Europa ha bisogno

7.

concorda con l'analisi secondo cui il livello medio di qualificazione in Europa deve raggiungere entro il 2020 l'obiettivo del 40 % di giovani in possesso di diploma di istruzione superiore o equivalente, se si vuole rispondere alla crescita auspicata e necessaria dei posti di lavoro a forte intensità di conoscenza, offrire ai giovani migliori prospettive di ottenere posti di lavoro di qualità e, in questo modo, lottare contro la disoccupazione, in particolare quella giovanile;

8.

è convinto che un uso diffuso di soluzioni TIC innovative da parte degli organismi di insegnamento superiore possa contribuire a rendere questo tipo di istruzione più accessibile e ad aumentare il tasso di partecipazione, ad esempio per gli studenti che abitano in zone scarsamente popolate, nelle isole, nelle zone di montagna o nelle regioni ultraperiferiche;

9.

condivide espressamente l'idea che occorre fare sì che l'insegnamento superiore attragga fasce più ampie della società, e deplora il fatto che diverse categorie della popolazione siano tuttora largamente sottorappresentate nel settore. Il Comitato fa osservare che tale sottorappresentanza - del resto ancora più evidente e ingiustificabile tra gli insegnanti - non pone soltanto a noi tutti un problema sociale, ma si traduce anche, sul piano economico, in uno spreco di talenti;

10.

propone quindi di valutare non solo in che misura gli Stati membri riescano a migliorare il tasso di partecipazione all'insegnamento superiore e - cosa almeno altrettanto importante - il tasso di riuscita, ma anche fino a che punto i paesi dell'UE e i loro istituti di istruzione superiore siano capaci di attirare profili di studenti "non convenzionali" o provenienti dai gruppi sottorappresentati, abbandonando i modelli di comportamento tradizionali al fine di lottare contro gli stereotipi nell'orientamento agli studi e combattere la segregazione occupazionale che ne consegue. Considerando infatti l'andamento demografico, il Comitato ritiene che un aumento sostanziale, e indispensabile, dei tassi di partecipazione potrà essere duraturo solamente se gli Stati membri e gli istituti di istruzione superiore riusciranno a mettere questa dimensione "sociale" al centro delle loro politiche in materia di insegnamento superiore. A giudizio del Comitato delle regioni (CdR), quindi, è inevitabile definire anche in questo campo una serie di obiettivi specifici, che naturalmente devono essere adattati alla particolare situazione di ciascun paese dell'Unione e dei suoi diversi territori; sottolinea tuttavia che, se si vuole intensificare la partecipazione, occorre anche destinare maggiori finanziamenti agli istituti di istruzione superiore europei, così da garantire che raggiungano i massimi livelli nel campo della ricerca e dell'insegnamento;

11.

appoggia la proposta della Commissione di accordare un aiuto finanziario agli studenti potenziali provenienti da ambienti a basso reddito. A tale proposito il Comitato esprime la propria preoccupazione per il fatto che alcuni Stati membri abbiano deciso o stiano considerando di aumentare le tasse d'iscrizione, malgrado tutti i paesi dell'Unione abbiano ratificato la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, il cui articolo 13 stabilisce tra l'altro che "l'istruzione superiore deve essere resa accessibile a tutti su un piano d'uguaglianza, in base alle attitudini di ciascuno, con ogni mezzo a ciò idoneo, ed in particolare mediante l'instaurazione progressiva dell'istruzione gratuita." Il CdR teme che aumentare le tasse universitarie equivalga ad innalzare la "soglia" finanziaria che gli studenti devono superare per accedere all'insegnamento superiore, per di più proprio in un periodo in cui molti di loro, insieme alle loro famiglie, si trovano a dover affrontare le conseguenze della crisi economico-finanziaria;

12.

sottolinea che altri fattori oltre alle possibilità finanziarie (ad esempio, l'attenzione alla scelta degli studi, una formazione preliminare adeguata e, in mancanza di questa, "misure correttive" appropriate, servizi di tutoraggio, di sostegno o di riorientamento al momento opportuno verso una disciplina più adatta o una formazione più adeguata per evitare l'abbandono dell'insegnamento superiore, un'impostazione di tale insegnamento maggiormente incentrata sullo studente ecc.) possono avere un'influenza determinante sull'accesso all'insegnamento superiore e sul tasso di riuscita; il Comitato invita quindi gli Stati membri e gli istituti di istruzione superiore a considerare anche questi elementi con tutta l'attenzione che meritano. Il CdR deplora che i dati relativi alle politiche attuate in questi settori non vengano raccolti e condivisi tra gli Stati membri con sufficiente sistematicità, come invece avviene per altri aspetti dell'insegnamento superiore, e ritiene inoltre che l'Osservatorio della dimensione sociale dell'insegnamento superiore, attualmente in via di istituzione nel quadro del processo di Bologna, debba beneficiare del sostegno necessario;

13.

esprime apprezzamento per una serie di misure proposte dalla Commissione, ad esempio i quadri nazionali delle qualifiche provvisti di collegamenti chiari e, se necessario, supplementari tra i diversi livelli di qualifica, o il fatto di riservare maggiore attenzione ai risultati dell'apprendimento e alle conoscenze e competenze effettivamente acquisite (in particolare tramite il riconoscimento delle qualifiche ottenute altrove, come pure delle competenze precedentemente acquisite, anche nel settore dell'apprendimento informale e non formale) piuttosto che a criteri più tradizionali e formali quali la durata degli studi e il numero di ore di contatto docenti-studenti previste da un programma di studi. A giudizio del Comitato, tali misure possono essere strumenti efficaci per valorizzare meglio le competenze e classificare le persone nel livello di qualifica appropriato, o anche per proporre loro un percorso adattato e realizzabile verso un livello di qualifica superiore;

14.

esorta la Commissione a portare avanti in modo coerente il suo approccio graduale in materia di percorsi di formazione e modelli di apprendimento flessibili, anche nel quadro dell'applicazione della direttiva in vigore sul riconoscimento delle qualifiche professionali e dell'elaborazione di una direttiva riveduta in questo campo.

2.2   Migliorare la qualità e la pertinenza dell'istruzione superiore

15.

concorda con il fatto che un contatto più ravvicinato con la realtà concreta e con le istituzioni del mercato del lavoro andrebbe a tutto vantaggio del settore dell'insegnamento superiore, perlomeno nella misura in cui quest'ultimo punta a trasmettere le conoscenze e competenze trasferibili essenziali necessarie per riuscire a esercitare professioni altamente qualificate. Al tempo stesso, secondo il Comitato il mondo delle imprese potrebbe assumersi maggiori responsabilità nei confronti dell'insegnamento superiore: in particolare, potrebbe proporre a studenti e docenti un numero sufficiente di tirocini di qualità nelle aziende, avviare - nel quadro di un dialogo con gli istituti di istruzione superiore - una riflessione sulle professioni del futuro e le corrispondenti esigenze di formazione, valorizzare appieno le competenze trasferibili generali dei docenti ecc.; si dovrebbero anche diffondere maggiormente i partenariati di ricerca tra imprese e università;

16.

si dichiara convinto che gli enti locali e regionali siano nella posizione più adatta per promuovere il suddetto dialogo e svolgere un ruolo di moderatori al suo interno, dal momento che intrattengono in genere ottimi rapporti sia con gli istituti di istruzione superiore che con il mondo del lavoro;

17.

è del parere che quanto più gli istituti di istruzione superiore tengono conto delle esigenze specificamente regionali e locali, offrendo così un contributo concreto allo sviluppo dei territori, tanto più riescono anche a mettere in luce la pertinenza dell'insegnamento che dispensano. Il Comitato considera tale radicamento territoriale come una delle dimensioni cui gli istituti di istruzione superiore possono adattare la loro missione e le loro priorità strategiche per puntare all'eccellenza e pertanto sottolinea e sostiene la diversità e il carattere originale degli istituti superiori europei;

18.

invita a promuovere un'ampia diffusione di soluzioni TIC in tutti gli istituti di istruzione superiore in Europa; la messa a punto di una piattaforma comune TI da parte di tali istituti e degli enti competenti a livello nazionale, regionale e locale potrebbe portare a un aumento del tasso di completamento dell'istruzione.

2.3   Aumentare la qualità grazie alla mobilità e alla cooperazione transnazionale

19.

concorda circa l'importanza di una mobilità ben concepita e della cooperazione transnazionale per una migliore qualità dell'insegnamento e per lo sviluppo personale, in vari ambiti, dei loro beneficiari. Il Comitato prende atto degli enormi progressi compiuti in questo campo sia dagli Stati membri che dagli istituti di istruzione superiore, grazie tra l'altro al ruolo propulsivo svolto dal programma Erasmus, un impulso che è stato ulteriormente rafforzato dal processo di Bologna. A giudizio del CdR, questi programmi e questa cooperazione rappresentano una risorsa di inestimabile valore poiché trasmettono un'immagine concreta e positiva dell'Europa a gran parte dei cittadini europei;

20.

constata tuttavia che occorre ancora adottare un buon numero di provvedimenti per ampliare e nel contempo potenziare le opportunità di mobilità dei discenti e le possibilità di cooperazione transnazionale, incrementandone così significativamente il valore aggiunto. Nella comunicazione la Commissione elenca giustamente una serie di ostacoli riscontrati a diversi livelli politici e che spesso dipendono dallo specifico contesto di un determinato paese dell'Unione. Il Comitato ritiene che tale complessa stratificazione non debba impedire agli Stati membri, agli enti locali e regionali e agli istituti di istruzione superiore - ciascuno nel proprio ambito di competenza - di affrontare senza ulteriore indugio questi problemi;

21.

esorta ad introdurre i supplementi al diploma in tutti gli istituti di istruzione superiore, in quanto tali dispositivi rappresentano un passo avanti fondamentale verso la comparabilità dei diplomi e ne agevolano notevolmente il riconoscimento;

22.

richiama l'attenzione su una serie di iniziative tese a garantire la qualità dell'insegnamento superiore al di là delle frontiere nazionali e, considerato l'impatto strutturale di queste azioni sui sistemi di insegnamento superiore degli Stati membri e delle regioni interessati, intende proporle come modelli di cooperazione transnazionale;

23.

esorta le autorità competenti degli Stati membri, che spesso sono gli enti regionali o locali, a semplificare e accelerare il riconoscimento dei titoli universitari al fine di eliminare un ostacolo sostanziale alla mobilità dei docenti e degli studenti; la procedura di riconoscimento di un titolo universitario non dovrebbe comportare spese insormontabili per il richiedente né durare più di quattro mesi.

2.4   Attivare il triangolo della conoscenza

24.

concorda pienamente circa la necessità di sviluppare e utilizzare meglio il "triangolo della conoscenza" formato da istruzione, ricerca e impresa, e condivide senza riserve l'analisi della Commissione secondo cui gli istituti di istruzione superiore e i centri di ricerca possono promuovere la crescita economica nelle regioni in cui sono insediati, sfruttare i punti di forza di questi stessi territori su scala mondiale e, infine, essere al centro di una rete del sapere al servizio dell'economia e della società locali;

25.

riconosce che le considerazioni suesposte sono tanto più pertinenti in quanto gli enti locali e regionali accordano il loro sostegno in modo strategico e preferiscono selezionare a ragion veduta un certo numero di settori prioritari d'intervento, che corrispondono sia ai punti di forza specifici che alle esigenze proprie della loro regione; si dovrebbe incentivare fortemente la creazione di raggruppamenti (cluster) della conoscenza e dell'innovazione con la partecipazione di enti locali e regionali, università e aziende locali, in particolare imprese in fase di avvio (start-up);

26.

osserva che nella sua comunicazione la Commissione appare incline a puntare soprattutto sull'impresa, sul potenziale dei prodotti e servizi commercializzabili nonché sullo sfruttamento commerciale delle conoscenze. Il Comitato sottolinea che gli istituti di istruzione superiore e i centri di ricerca hanno una missione sociale nei confronti degli organismi pubblici e del comparto non-profit, ad esempio il settore dell'istruzione (obbligatoria), il settore medico e paramedico, i servizi sociali ecc.

2.5   Migliorare la governance e il finanziamento

27.

concorda con la Commissione sul fatto che il totale degli investimenti nel settore dell'insegnamento superiore in Europa è globalmente insufficiente, e riconosce che in molti casi spetta non solo agli Stati membri ma anche agli enti regionali assumersi le loro responsabilità potenziando questi investimenti con il ricorso a fondi pubblici. Il CdR invita pertanto gli Stati membri e, se del caso, gli enti regionali a non mettere a rischio il nostro futuro malgrado l'attuale contesto di pressioni sul bilancio, e li esorta invece a inquadrare gli investimenti in una prospettiva di crescita di lungo termine, evitando di operare dei tagli in settori fondamentali per la crescita di domani. Secondo il Comitato, la Commissione riuscirà a ottenere concretamente questo risultato facendo in modo, grazie allo strumento del semestre europeo, che i risparmi non vengano realizzati a discapito di settori indispensabili al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020;

28.

sottoscrive, tenuto conto della sua impostazione in base alla quale l'istruzione va considerata un bene pubblico, la posizione della Commissione secondo cui gli investimenti pubblici sono e devono ad ogni costo rimanere il fondamento principale di un insegnamento superiore sostenibile;

29.

accetta la tendenza ad una diversificazione delle fonti di finanziamento, ad esempio con il ricorso a partenariati pubblico-privati per finanziare le infrastrutture, ma mette in guardia contro il rischio che la mobilitazione di una delle altre fonti potenziali indicate, ossia l'aumento della quota di finanziamento privato tramite una maggiorazione delle tasse d'iscrizione, finisca per accrescere la pressione sulle famiglie. Il Comitato teme che tale maggiore pressione sulle famiglie comporti, tra l'altro, un calo dei tassi di partecipazione all'insegnamento superiore e modifichi negativamente la composizione sociale della popolazione studentesca, oltre a determinare o a rafforzare degli squilibri dei flussi di mobilità tra gli Stati membri o tra le regioni. Al fine di favorire la parità di opportunità per tutti e di perseguire l'eccellenza, il Comitato raccomanda di migliorare la politica in materia di borse e prestiti agli studenti, basandola su criteri legati al reddito e ai risultati accademici;

30.

conviene sulla necessità di sviluppare nuovi meccanismi di finanziamento o di mettere meglio a punto quelli esistenti in modo che, in entrambi i casi, siano legati ai risultati, favoriscano scelte strategiche differenti, promuovano la diversità nel profilo degli istituti e incoraggino l'eccellenza in tutte le sue dimensioni. Il Comitato richiama nel contempo l'attenzione sul fatto che l'esperienza ha dimostrato che l'introduzione di meccanismi di questo tipo deve avvenire in maniera ponderata e con la necessaria cautela, in particolare affinché le formule e gli indicatori applicati contribuiscano realmente a realizzare gli obiettivi auspicati e rispettino pienamente la diversità da perseguire tra gli istituti e all'interno degli stessi;

31.

osserva che l'aumento dell'autonomia non esime gli istituti di istruzione superiore dal loro obbligo di rendiconto né dalla loro responsabilità nei confronti dell'ambiente nel quale operano. Ciò non toglie che il Comitato riconosca che il rafforzamento dell'autonomia degli istituti influisce in genere positivamente sulla capacità di attrarre capitale privato, contribuendo così all'auspicabile aumento degli investimenti nell'insegnamento superiore.

3.   Il contributo dell'UE: misure d'incentivazione a favore della trasparenza, della diversificazione, della mobilità e della cooperazione

32.

si compiace del ruolo più attivo che la Commissione intende assumere nel sostenere gli istituti di istruzione superiore e le diverse autorità nazionali, regionali e locali nell'attuazione dell'opera di modernizzazione dell'insegnamento superiore. Il Comitato considera che questo sostegno, in tutte le sue molteplici forme, sia fondamentale per realizzare contemporaneamente la necessaria convergenza nei programmi delle varie autorità e dei vari istituti di istruzione superiore e tenere conto della diversità e della visibilità auspicate;

33.

invita la Commissione, nella definizione dei programmi e delle linee di azione concreti, a riservare ulteriore attenzione a una delle priorità che essa stessa, a buon diritto, fissa per gli Stati membri e gli istituti di istruzione superiore: l'innalzamento del grado di partecipazione e il rafforzamento della "dimensione sociale" dell'insegnamento superiore che sarà necessaria per raggiungere tale obiettivo.

3.1   Sostenere le riforme attraverso la raccolta di dati per le politiche, l'analisi e la trasparenza

34.

constata tra l'altro che il follow-up del processo di Bologna dimostra che il ricorso a schede di valutazione comparativa relativamente semplici tese a seguire lo stato di avanzamento del programma di riforma può avere un forte potenziale di informazione e di mobilitazione; il Comitato propone pertanto di utilizzare maggiormente tale strumento. A questo riguardo osserva che una scheda di valutazione a livello di Stato membro spesso non consente di rilevare le differenti dinamiche che intervengono all'interno delle diverse regioni e che quindi non sempre riflette la politica attuata dagli enti regionali e locali, almeno per quanto riguarda il settore in cui essi detengono competenze prevalenti se non addirittura esclusive;

35.

sostiene la Commissione nel suo piano teso a migliorare, grazie al progetto U-Map, la conoscenza delle diverse tipologie di istituti di istruzione superiore e a creare, con il progetto U-Multirank, uno strumento di informazione e di classificazione multidimensionale basato sui risultati. Al riguardo bisogna tuttavia garantire che queste misure non comportino un aumento eccessivo degli oneri amministrativi a carico degli istituti di istruzione superiore. Il Comitato reputa ovvio che l'integrazione e il coinvolgimento regionali nel contesto locale sia una delle dimensioni in base alle quali classificare gli istituti di istruzione superiore;

36.

esprime apprezzamento per il proposito della Commissione di migliorare, in collaborazione con Eurostat, i dati in materia di mobilità a fini di apprendimento e sull'occupabilità associata all'istruzione superiore. Il Comitato fa presente che tali informazioni non solo sono interessanti per gli studenti e i diplomati dei corsi di insegnamento superiore, ma possono essere utili anche agli studenti dei livelli inferiori nella scelta degli studi da intraprendere;

37.

chiede alla Commissione, prima di procedere a istituire il Registro europeo dell'istruzione superiore, di valutare attentamente quali obiettivi precisi perseguire con la creazione di tale strumento e se non vi siano già altre iniziative che rispondono a questa esigenza.

3.2   Incoraggiare la mobilità

38.

Condivide pienamente l'importanza di promuovere la mobilità e, a questo riguardo, ricorda alla Commissione le osservazioni, tuttora valide, formulate nella sezione intitolata Le iniziative legate alla mobilità del parere adottato dal Comitato il 27 gennaio 2011 in merito all'iniziativa faro Gioventù in movimento  (1);

39.

è inoltre convinto che puntando su una migliore conoscenza delle lingue non si aumenterà soltanto il potenziale in termini di scambi ma anche la qualità degli stessi, e ritiene che in questo settore la Commissione potrebbe svolgere un ruolo di sostegno, e rammenta che l'obiettivo della politica per il multilinguismo dell'UE prevede che ogni cittadino europeo conosca due lingue oltre alla lingua materna;

40.

si associa alla Commissione nel suo intento di offrire agli studenti, indipendentemente dalla loro estrazione sociale, un migliore accesso ai corsi di master in un altro Stato membro e afferma che vi è la necessità di garantire maggiore sostegno finanziario a questa categoria di studenti. Il Comitato prende atto della proposta della Commissione di creare, in cooperazione con la Banca europea per gli investimenti, uno strumento di cauzione per i prestiti destinati agli studenti a livello europeo. Il Comitato sottolinea che questa iniziativa non deve avere il risultato di trasformare l'accesso alla mobilità in un bene commerciale. La definizione di tale strumento deve essere di complemento ai sistemi di borse di studio già esistenti, come il programma Erasmus, i quali ormai da tempo hanno dimostrato la loro validità (2);

41.

deplora che l'assenza di portabilità dei prestiti nazionali sia di ostacolo alla mobilità degli studenti, e mette l'accento sull'obbligo di accordare prestiti e borse di studio senza discriminazioni basate sulla nazionalità dello studente;

42.

riconosce che alcuni flussi di mobilità possono costituire una sfida per determinati paesi e talvolta in misura ancora maggiore per determinate regioni. Riguardo agli studi universitari - come ad esempio quelli di medicina - che abilitano a esercitare determinate professioni, il Comitato è favorevole a consentire di regolamentare l'accesso tenendo conto dei livelli regionali, in quanto ciò è necessario per garantire l'assistenza sanitaria nelle regioni. Il Comitato è inoltre pronto a contribuire a realizzare un'analisi approfondita di questa problematica e a trovare soluzioni sostenibili che possano essere condivise da tutte le parti interessate e che rispettino le conquiste europee;

43.

è comunque convinto che occorra adottare misure specifiche volte a garantire che la mobilità formativa sia accessibile a parità di condizioni a tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro situazione socioeconomica o dalla situazione geografica della loro regione di origine;

44.

riconosce altresì che vi è preoccupazione circa la qualità di determinati tipi di insegnamento transfrontaliero che si presentano sotto forma di accordi di franchising, e invita tutti gli Stati membri ad adottare le misure necessarie, volte ad esempio a garantire la qualità delle formazioni offerte dagli istituti di istruzione superiore di uno Stato membro al di fuori dei suoi confini nazionali, in modo che tra i paesi dell'Unione continui a esservi piena fiducia negli istituti degli altri;

45.

conviene sul fatto che esistono ancora numerosi ostacoli alla mobilità transnazionale dei ricercatori, ed esorta gli Stati membri ad adoperarsi attivamente per migliorare la regolamentazione dei benefici accessori e dei diritti sociali, in maniera tale che gli interessati ottengano maggiore sicurezza riguardo a questi aspetti di un soggiorno all'estero e siano quindi meno scoraggiati dal partecipare a progetti di mobilità transfrontaliera.

3.3   Porre l'insegnamento superiore al centro dell'innovazione, della creazione di posti di lavoro e dell'occupabilità

46.

attende con interesse l'adozione del programma strategico in materia di innovazione e auspica che si proceda rapidamente a fissare le priorità per lo sviluppo dell'Istituto europeo dell'innovazione e della tecnologia e a creare nuove comunità della conoscenza e dell'innovazione;

47.

segue con interesse gli sviluppi sul fronte delle "alleanze della conoscenza" tra istituti di istruzione superiore e imprese, ma si chiede nel contempo se non sia opportuno o addirittura necessario prevedere alleanze di questo tipo con istituti di istruzione superiore e istanze e organizzazioni senza scopo di lucro. In questo contesto, il Comitato pensa in particolare alle sfide che attendono l'Europa, come l'invecchiamento demografico e la denatalità, la società multiculturale, i cambiamenti climatici ecc.;

48.

esprime apprezzamento per il proposito della Commissione di definire un quadro della qualità per i tirocini e, nella convinzione che tanto la Commissione quanto le autorità nazionali, regionali e locali degli Stati membri debbano dare la priorità al monitoraggio attivo dell'attuazione di tale quadro, ritiene che la piattaforma unica e centralizzata per le offerte di tirocini in Europa proposta dalla Commissione possa rappresentare un ottimo strumento per una più agevole consultazione di tali offerte e incoraggiare i giovani a candidarsi per svolgere un tirocinio in altri Stati membri.

3.4   Sostenere l'internazionalizzazione dell'istruzione superiore europea

49.

concorda con la Commissione sul fatto che l'internazionalizzazione e la cooperazione transnazionale non possono restare circoscritte alla sola sfera dell'Unione europea e che occorre estenderle al mondo intero. A questo riguardo, il Comitato sottolinea in particolare che esiste un enorme potenziale di cooperazione tra regioni limitrofe, situate rispettivamente all'interno e all'esterno dell'UE. In questo senso, l'UE dovrebbe promuovere la cooperazione tra le università europee e i centri di istruzione superiore dei paesi terzi, anche per rafforzarne la governance e i programmi didattici, sfruttando a tal fine l'esperienza maturata dai centri dell'UE. Perché ciò sia possibile, è necessario promuovere le azioni di mobilità e di scambio per gli studenti e i docenti delle università situate nelle regioni di frontiera e di quelle dei paesi terzi vicini, al fine di sostenere l'esportazione di buone pratiche;

50.

attende con interesse proposte più concrete sul modo in cui la Commissione intende sostenere l'elaborazione e l'attuazione di strategie di internazionalizzazione da parte degli istituti di istruzione superiore europei e auspica che la Commissione avvii al riguardo un dialogo con tutte le parti interessate. Il Comitato fa presente che in questo dialogo devono essere coinvolti anche gli enti regionali e locali, dato che spesso le strategie di internazionalizzazione da parte degli istituti di istruzione superiore sono in stretta interazione con quelle di sviluppo della regione nella quale sono inserite.

3.5   Rafforzare l'impatto di lungo termine e la complementarità dei finanziamenti dell'UE

51.

si compiace per la proposta di proseguire, a partire dal 2014, gli attuali programmi in materia di istruzione, formazione e gioventù nel quadro del programma Erasmus per tutti, rafforzandone le risorse finanziarie e semplificandone le procedure amministrative. Il Comitato auspica che questo nuovo programma non contribuisca soltanto ad ampliare le diverse forme di scambio e di cooperazione ma anche a migliorarne la qualità;

52.

esprime apprezzamento anche per la proposta della Commissione di accorpare l'attuale programma europeo per la ricerca e l'innovazione al nuovo programma Orizzonte 2020;

53.

offre alla Commissione il sostegno da parte degli enti regionali e locali, vista la loro prossimità agli istituti di istruzione superiore, nell'incoraggiare questi ultimi a sfruttare appieno le possibilità offerte dai programmi Erasmus per tutti e Orizzonte 2020;

54.

ricorda, come osservato anche in pareri adottati in precedenza, che l'accorpamento dei programmi attuali in quelli nuovi deve avvenire con la necessaria accortezza per evitare che in questa riorganizzazione vadano persi elementi preziosi dei programmi esistenti;

55.

appoggia il collegamento che la Commissione fa tra l'insegnamento (superiore), da un lato, e la politica di coesione dell'UE, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo sociale europeo, dall'altro. Affinché queste risorse possano essere impiegate con la massima efficacia ed efficienza possibili dai loro beneficiari, il Comitato chiede alla Commissione di adoperarsi attivamente per individuare le buone pratiche in uso nei diversi Stati membri e nelle diverse regioni e darvi ampia diffusione.

3.6   Prossime tappe verso un'istruzione superiore europea intelligente, sostenibile e inclusiva

56.

auspica che, nella definizione dei programmi e delle linee d'azione concreti, la Commissione continui a portare avanti in maniera permanente il dialogo molto apprezzato con tutte le parti interessate, compresi gli enti regionali e locali;

57.

prende atto della proposta di istituire un gruppo di alto livello incaricato di analizzare i temi determinanti per la modernizzazione dell'istruzione superiore, e auspica che nella formazione di tale gruppo la Commissione tenga in debita considerazione le sfide specifiche delineate nella sua comunicazione; chiede inoltre di essere rappresentato in seno a tale gruppo;

58.

chiede alla Commissione che, nell'elaborazione del progetto di modernizzazione, sia garantita la necessaria sinergia tra tutte le iniziative faro pertinenti e che si tenga conto in particolare dei pareri adottati dal Comitato in merito a queste ultime.

Bruxelles, 16 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 292/2010 fin.

(2)  Cfr. il punto 20 del parere sul tema Gioventù in movimento (Youth on the move) (CdR 292/2010 fin) adottato dal Comitato delle regioni alla sua 88a sessione plenaria del 27 e 28 gennaio 2011.


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/52


Parere del Comitato delle regioni su «Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE: un programma di cambiamento»

2012/C 113/10

IL COMITATO DELLE REGIONI

condivide la volontà politica della Commissione di rimanere alla testa della lotta contro la povertà nel mondo, in particolare contribuendo all'adempimento degli OSM, indipendentemente dal contesto di crisi economica, sociale e finanziaria;

concorda con la Commissione sul fatto che, nonostante l'Unione europea abbia apportato un contributo importante al conseguimento degli OSM, questi ultimi siano ancora molto lontani dal realizzarsi: ciò obbliga a ripensare il futuro della politica di sviluppo dell'UE;

ribadisce l'auspicio che la revisione della politica europea di sviluppo e il consenso europeo mettano in risalto la posizione, il ruolo e il valore aggiunto degli enti regionali e locali in questi ambiti e in queste politiche; il CdR s'impegna a proseguire la sua stretta collaborazione con la Commissione europea potenziando l'utilizzo di strumenti come l'«Atlante della cooperazione decentrata» o il portale Internet, nonché partecipando all'organizzazione delle Assise della cooperazione decentrata;

insiste affinché si consideri con più enfasi e risalto il ruolo degli ERL nella politica di sviluppo dell'UE, sia per la loro esperienza politica riguardo ad aspetti come il decentramento delle competenze, il rafforzamento delle istituzioni o il governo locale, sia per l'importante valore aggiunto che essi possono apportare ai paesi terzi in tali ambiti o in settori strategici come l'agricoltura, la pesca e l'acquacoltura: tali elementi risultano importanti al momento del varo delle iniziative che l'UE vuole appoggiare in materia di sicurezza alimentare;

è concorde con la Commissione nel ritenere che l'UE dovrebbe continuare a riconoscere la particolare importanza di sostenere lo sviluppo nel suo vicinato e nell'Africa subsahariana, e per questo invita a tener conto del potenziale insito nell'ARLEM e nella Corleap.

Relatore

Jesús Gamallo ALLER (ES/PPE), direttore generale per le Relazioni esterne e con l'Unione europea, governo regionale della Galizia

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento

COM(2011) 637 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni di carattere generale

1.

riconosce il valore della recente comunicazione della Commissione Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento. Tale comunicazione presenta diverse proposte finalizzate a migliorare l'impatto delle politiche di cooperazione allo sviluppo per il prossimo decennio, portando avanti l'obiettivo UE di eliminare la povertà in un contesto di sviluppo sostenibile e di perseguire gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM);

2.

condivide la volontà politica della Commissione di rimanere alla testa della lotta contro la povertà nel mondo, in particolare contribuendo all'adempimento degli OSM, indipendentemente dal contesto di crisi economica, sociale e finanziaria;

3.

concorda con la Commissione sul fatto che, nonostante l'Unione europea abbia apportato un contributo importante al conseguimento degli OSM, questi ultimi siano ancora molto lontani dal realizzarsi: ciò obbliga a ripensare il futuro della politica di sviluppo dell'UE al fine di combattere efficacemente la povertà concentrando l'offerta di aiuto nei paesi partner in cui tale aiuto possa avere gli effetti maggiori e realizzando la cooperazione allo sviluppo in modo da sostenere i diritti umani, la democrazia e altri elementi fondamentali della buona governance, nel contesto di uno sviluppo inclusivo e sostenibile;

4.

ribadisce l'auspicio che la revisione della politica europea di sviluppo e il consenso europeo mettano in risalto la posizione, il ruolo e il valore aggiunto degli enti regionali e locali in questi ambiti e in queste politiche, come già indicato nei pareri CdR 312/2008 (1), CdR 116/2010 (2) e CdR 408/2010 (3); in questo senso, e al fine di promuovere gli scambi e mettere a disposizione una sede di espressione politica degli enti regionali e locali nel quadro della cooperazione allo sviluppo, il CdR s'impegna a proseguire la sua stretta collaborazione con la Commissione europea potenziando l'utilizzo di strumenti come l'«Atlante della cooperazione decentrata» o il portale Internet, nonché partecipando all'organizzazione delle Assise della cooperazione decentrata;

5.

valuta positivamente l'accento posto dalla Commissione su un approccio basato sui diversi attori, ma deplora l'assenza nella comunicazione di riferimenti agli enti regionali e locali (ERL) d'Europa in quanto protagonisti dello sviluppo e il fatto che tale documento si limiti a menzionarli insieme ad altre entità;

6.

insiste affinché si consideri con più enfasi e risalto il ruolo degli ERL nella politica di sviluppo dell'UE, sia per la loro esperienza politica riguardo ad aspetti come il decentramento delle competenze, il rafforzamento delle istituzioni o il governo locale, sia per l'importante valore aggiunto che essi possono apportare ai paesi terzi in tali ambiti o in settori strategici come l'agricoltura, la pesca e l'acquacoltura: tali elementi risultano importanti al momento del varo delle iniziative che l'UE vuole appoggiare in materia di sicurezza alimentare. Va considerato il caso particolare delle regioni ultraperiferiche in quanto frontiere attive e teste di ponte dell'UE nel mondo, che possono favorire una maggiore efficacia della politica europea di sviluppo, come indicato nel parere CdR 408/2010;

7.

concorda con la Commissione quanto alla necessità di scegliere una combinazione adeguata di politiche, strumenti e risorse per muoversi in modo efficace ed efficiente nella lotta contro la povertà e raccomanda di definire criteri e orientamenti comuni che consentano di individuare in che modo misurare gli effetti e l'impatto delle politiche di sviluppo; da parte sua l'UE deve prendere parte ai lavori del comitato di aiuto allo sviluppo dell'OCSE e di altri soggetti internazionali.

Diritti umani, democrazia e altri aspetti fondamentali di una buona governance

8.

è d'accordo con la Commissione sul fatto che una buona governance, in tutte le sue dimensioni, risulta essenziale per uno sviluppo inclusivo e sostenibile, e che pertanto il rafforzamento delle istituzioni dei paesi partner e il miglioramento dei loro livelli di efficienza, democrazia, rispetto dei diritti umani e Stato di diritto costituiscono uno dei compiti centrali di ogni strategia di sviluppo;

9.

sottolinea che, per arrivare a istituzioni più democratiche e rispettose dello Stato di diritto e dei diritti umani, con una migliore governance e più vicinanza alle esigenze e agli interessi della popolazione, un'importanza cruciale spetta, come ha dimostrato l'esperienza, ai processi di decentramento in cui gli ERL dovrebbero avere un ruolo di punta;

10.

concorda con la Commissione sull'esistenza di un margine grazie al quale l'UE può collaborare di più sia con la società civile che con gli enti locali e regionali, ma insiste sul fatto che essa deve rafforzare i legami con le organizzazioni della società civile e con i suddetti enti, mediante un dialogo periodico e strutturato. Il Comitato inoltre deplora che al riguardo non sia sottolineato il ruolo che dovrebbero svolgere gli ERL in quanto soggetti democratici e rappresentativi. Tali enti potrebbero istituire associazioni d'eccellenza coi loro omologhi dei paesi in via di sviluppo, e quindi il Comitato delle regioni esorta la Commissione a creare uno strumento finanziario specifico per promuovere la creazione di tali associazioni. Il Comitato invita inoltre la Commissione a definire obiettivi per gli aiuti a livello locale nel quadro di programmi specifici, affinché le strategie per ciascun paese possano tradursi in un ventaglio più ampio di iniziative a favore del decentramento. In tale contesto, il Comitato delle regioni accoglie favorevolmente la proposta di aumentare la quota destinata al decentramento per quanto concerne i mezzi e gli obiettivi nel campo della coesione sociale e dei diritti umani.

Una crescita inclusiva e sostenibile al servizio dello sviluppo umano

11.

si dichiara d'accordo con la Commissione sull'intenzione di promuovere una crescita inclusiva e sostenibile incentrata su settori come la protezione sociale, la salute e un'istruzione in grado di garantire l'integrazione, nonché un'agricoltura e un'energia pulita in grado di assicurare la sostenibilità, ma deplora che in questo punto non si faccia riferimento alla necessità di migliorare la ridistribuzione dei frutti del progresso, così da garantire una ridistribuzione equa del reddito;

12.

insiste nell'osservare che gli ERL si configurano come un soggetto fondamentale nella realizzazione di una crescita inclusiva e sostenibile, e che per questo motivo il loro coinvolgimento è cruciale per rendere fattibile questo tipo di sviluppo, e sottolinea l'importanza delle relazioni stabilite fra gli enti territoriali d'Europa e i loro omologhi dei paesi beneficiari per l'applicazione del principio di titolarità (ownership) di cui alla Dichiarazione di Parigi;

13.

conviene sull'opportunità di offrire un aiuto per affrontare le carenze di competitività nel quadro degli accordi di associazione economica e di altri accordi di libero scambio, ma insiste sulla necessità del rispetto delle regole fondamentali degli accordi commerciali dell'UE per quanto riguarda l'applicazione delle norme sull'origine dei prodotti provenienti dai paesi partner, tenendo conto dei danni che alcune deroghe normative possono provocare al corretto funzionamento del mercato interno;

14.

sottolinea che la Commissione dovrebbe spiegare con chiarezza in cosa consistano le "nuove modalità di collaborazione con il settore privato", dal momento che la cooperazione europea ha scarsa esperienza in questo settore rispetto ad altri donatori multilaterali come la Banca mondiale, e che le valutazioni disponibili sul cofinanziamento di progetti col settore privato hanno dimostrato a più riprese che risulta difficile stabilire indici chiari di sviluppo in una parte importante degli interventi finanziati;

15.

concorda con la Commissione sulla necessità di sostenere il settore agricolo per porre le basi di una crescita sostenibile, ma aggiunge che lo sviluppo rurale e la sicurezza alimentare rappresentano dimensioni fondamentali del processo di sviluppo, come indicato al punto 39 del parere CdR 408/2010;

16.

è d'accordo con la Commissione nel dire che l'UE deve appoggiare le pratiche sostenibili, dando la priorità a quelle applicate in ambito locale e concentrandosi sui piccoli agricoltori e sulle condizioni di vita nelle zone rurali, sulla formazione di gruppi di produttori e sulla catena di approvvigionamento e commercializzazione, nonché continuare ad impegnarsi per rafforzare gli standard nutrizionali e la governance in materia di sicurezza alimentare e per ridurre la volatilità dei prezzi a livello internazionale, ma chiede anche che si tenga conto al riguardo delle capacità ed esperienze delle regioni europee nella programmazione delle infrastrutture di base per la distribuzione dei prodotti alimentari, nello studio della produttività del suolo e nella gestione delle coltivazioni in base alle condizioni ambientali, nella cura degli ecosistemi locali fragili e nell'elaborazione di piani per garantire l'approvvigionamento della popolazione;

17.

è d'accordo sul fatto che l'UE dovrebbe offrire tecnologie e conoscenze, nonché finanziamenti per lo sviluppo nel settore dell'energia, promuovendo in modo particolare un maggiore ricorso alle energie rinnovabili, mettendo insieme l'esperienza europea con le condizioni speciali di alcuni paesi partner per quanto riguarda l'utilizzo di questo tipo di energia;

18.

sottolinea nuovamente l'opportunità di firmare un Patto dei sindaci e delle regioni a livello internazionale per fornire energia a tutti i cittadini nel contesto dei programmi congiunti e con uno strumento finanziario adeguato e specifico, come indicato al punto 37 del parere CdR 408/2010.

Azioni di sviluppo differenziate

19.

è concorde con la Commissione nel ritenere che l'UE dovrebbe continuare a riconoscere la particolare importanza di sostenere lo sviluppo nel suo vicinato e nell'Africa subsahariana, e per questo invita a tener conto del potenziale insito nell'Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) e nell'annuale Conferenza degli enti locali e regionali del partenariato orientale (Corleap), in quanto sedi di dialogo e incontro fra gli organi degli enti locali e regionali degli Stati membri e quelli dei paesi partner;

20.

si dichiara d'accordo con la Commissione per quanto attiene ai criteri di assegnazione degli aiuti allo sviluppo dell'UE, ma chiede che oltre a questo si tenga conto anche dei vincoli dati dalla vicinanza storica e culturale e della tradizione di lavoro in comune;

21.

ricorda peraltro che il 70 % della popolazione mondiale che si trova sotto la soglia di povertà vive in paesi di reddito medio, e per questo insiste sulla necessità di applicare con prudenza e gradualità la nuova politica di concentrazione dello sforzo d'aiuto, stabilendo criteri trasparenti e obiettivi per il processo decisionale.

Azione coordinata dell'UE

22.

è d'accordo con la Commissione sul fatto che una programmazione congiunta degli aiuti dell'UE e degli Stati membri limiterebbe la frammentazione e migliorerebbe l'efficienza, ma insiste sulla necessità di approfondire il coordinamento oltre il mero esercizio di pianificazione congiunta, tenendo conto che il coordinamento degli aiuti è uno dei principi definiti nell'agenda di Parigi, fa parte del Consenso europeo per lo sviluppo e costituisce uno dei principi normativi del diritto primario (art. 210 TFUE);

23.

si congratula con la Commissione per il riferimento operato da quest'ultima alla necessità di procedere nella ripartizione del lavoro fra i donatori europei, al fine di arrivare a un maggiore coordinamento e a una migliore complementarità. Il Comitato però ribadisce, come indicato nel parere CdR 408/2010, che la ripartizione del lavoro dovrebbe essere considerata non soltanto per quanto riguarda i donatori nazionali, ma anche tra essi e i rispettivi donatori subnazionali (regionali e locali), in considerazione dell'importante ruolo svolto da questi ultimi nei vari sistemi di cooperazione dell'UE. Per questo, invita la Commissione a creare punti di riferimento degli enti regionali e locali nel Servizio europeo per l'azione esterna e nella direzione generale DEVCO, sia nell'UE che nei paesi partner. Esso inoltre considera indispensabile che venga istituita una specifica linea di finanziamento a disposizione degli enti regionali e locali dell'UE;

24.

il CdR considera inoltre necessario cercare modalità di complementarità ed evitare i doppioni negli interventi, al fine di contribuire all'arricchimento e all'efficacia della politica di cooperazione allo sviluppo, e per questo occorre procedere nella ripartizione delle responsabilità fra i soggetti in causa, tenendo conto della specializzazione e dell'esperienza di ciascuno di loro e valorizzando l'importante lavoro degli enti regionali e locali;

25.

si congratula con la Commissione per il riconoscimento e l'appoggio fornito allo strumento del sostegno di bilancio, che contribuisce a un allineamento coi paesi associati in conformità con quanto indicato dalla Dichiarazione di Parigi. Tuttavia, il Comitato invita a inserire nel dialogo una scrupolosa valutazione delle condizioni di sostegno al bilancio, inclusa la possibilità di decentrare una parte degli aiuti e in questo senso ricorda che, fra le raccomandazioni emerse dal dialogo strutturato promosso dalla Commissione, figura quella di includere indicatori collegati alla governance locale nel complesso delle condizioni dei partenariati stabiliti dai donatori coi governi nazionali.

Miglioramento della coerenza fra le politiche dell'UE

26.

conviene con la Commissione sulla necessità di preservare la coerenza delle politiche di sviluppo e di continuare a valutare l'impatto delle sue politiche sugli obiettivi in questo settore;

27.

è d'accordo con la Commissione sulla necessità di garantire un passaggio scorrevole dall'aiuto umanitario e dalla risposta alle crisi verso una cooperazione allo sviluppo di lungo periodo.

Appoggio al programma di cambiamento

28.

sostiene la Commissione nella richiesta al Consiglio di approvare un Programma di cambiamento che doti l'UE di una politica di cooperazione allo sviluppo più efficace ed incisiva, e di sostenere i cambiamenti necessari nei paesi partner per accelerare il processo di riduzione della povertà e il raggiungimento degli OSM; questo programma dovrà tener conto della partecipazione degli enti regionali e locali.

Bruxelles, 16 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  CdR 312/2008 final- Le autorità locali: attori di sviluppo.

(2)  CdR 116/2010 fin - Pacchetto di primavera: un piano d'azione dell'UE per conseguire gli obiettivi di sviluppo del millennio.

(3)  CdR 408/2010 fin - Politica di sviluppo dell'Unione europea a sostegno della crescita inclusiva e dello sviluppo sostenibile - Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE.


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/56


Parere del Comitato delle regioni sul «Pacchetto legislativo sui diritti delle vittime»

2012/C 113/11

IL COMITATO DELLE REGIONI

condivide la proposta di migliorare la situazione e i diritti delle vittime di reato. Si tratta di un elemento importante dell'attuazione del programma di Stoccolma e del piano d'azione teso a creare un vero spazio di libertà, diritti e giustizia in Europa, aspetto a sua volta fondamentale dell'integrazione europea, nonché obiettivo perseguito dall'UE;

accoglie con favore la scelta di coinvolgere in questi sforzi anche gli enti locali e le regioni; essi svolgono infatti un ruolo chiave nella fornitura di molti servizi e strutture a sostegno delle vittime di reato, e le norme minime comuni proposte a livello UE continueranno inevitabilmente ad avere ripercussioni a livello locale e regionale anche in seguito all'adozione del pacchetto della Commissione sui diritti delle vittime;

sottolinea che il pacchetto legislativo sui diritti delle vittime proposto dalla Commissione avrà delle ricadute importanti a livello locale e regionale, in particolare sul piano finanziario;

ritiene importante trovare delle soluzioni volte a mantenere l'equilibrio tra, da un lato, i diritti delle vittime e, dall'altro, la presunzione di innocenza nei procedimenti penali e i diritti individuali di indagati e imputati;

propone che l'UE assuma un ruolo più attivo nell'ambito del coordinamento dei compiti tra gli Stati membri.

Relatore

Per Bødker ANDERSEN (DK/PSE), vicesindaco e consigliere comunale di Kolding

Testi di riferimento

 

Comunicazione della Commissione - Rafforzare i diritti delle vittime nell’Unione europea

COM(2011) 274 final

 

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l’assistenza e la protezione delle vittime di reato

COM(2011) 275 final

 

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile

COM(2011) 276 final

I.   CONSIDERAZIONI POLITICHE GENERALI

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

condivide la proposta di migliorare la situazione e i diritti delle vittime di reato. Si tratta infatti di un elemento importante dell'attuazione del programma di Stoccolma e del piano d'azione teso a creare un vero spazio di libertà, diritti e giustizia in Europa, aspetto a sua volta fondamentale dell'integrazione europea, nonché obiettivo perseguito dall'UE ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, del TUE. Le proposte relative al rafforzamento della tutela valgono in particolare per le vittime estremamente vulnerabili, principalmente i bambini;

2.

osserva, in questo contesto, che l'elaborazione di norme minime comuni all'interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia contribuisce alla costruzione di un'Unione europea coesa, e invita pertanto tutti gli Stati membri a partecipare a tali politiche nell'interesse di tutti i cittadini;

3.

accoglie con favore la scelta di coinvolgere in questi sforzi anche gli enti locali e le regioni: essi svolgono infatti un ruolo chiave nella fornitura di molti servizi e strutture a sostegno delle vittime di reato, e le norme minime comuni proposte a livello UE continueranno inevitabilmente ad avere ripercussioni a livello locale e regionale anche in seguito all'adozione del pacchetto della Commissione sui diritti delle vittime;

4.

è convinto che un elevato livello di protezione delle vittime sia importante al fine di minimizzare l'impatto complessivo del reato, poiché aiuta le vittime a superare le conseguenze fisiche e/o psicologiche del reato stesso;

5.

fa notare che le norme sui diritti delle vittime producono varie conseguenze di natura sociale e criminologica, ma anche finanziaria, per le quali occorre trovare delle soluzioni equilibrate; nel migliorare la situazione delle vittime occorrerà tener conto di una serie di aspetti economici, in particolare a livello locale e regionale, nonché di altre questioni relative alla certezza giuridica;

6.

rammenta che la regolamentazione dei diritti delle vittime può ripercuotersi sulla condizione giuridica degli indagati o degli imputati. Ad avviso del Comitato, occorre trovare delle soluzioni che, pur mettendo in primo piano gli interessi della vittima, non pregiudichino la tutela giuridica di indagati o imputati. Il rispetto della dignità umana di questi soggetti, anche nel caso di reati molto gravi, è un aspetto fondamentale dello Stato di diritto, che rappresenta, a sua volta, uno dei principi fondamentali dell'integrazione europea ed è la premessa fondamentale per pervenire a soluzioni efficaci e sostenibili anche per le vittime. Questo approccio include la presunzione di innocenza sino alla prova della colpevolezza e il diritto al giusto processo. Se i diritti degli indagati o degli imputati non vengono protetti, sarà impossibile creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia all'interno dell'UE. A tale proposito il Comitato delle regioni rammenta che anche i rappresentanti eletti a livello regionale e locale sono tenuti a garantire questo equilibrio;

7.

apprezza il fatto che il pacchetto sui diritti delle vittime proposto dalla Commissione, costituito essenzialmente da norme minime volte a garantire un livello minimo di diritti, offra a ciascun Stato membro la possibilità di andare oltre tali norme. Il Comitato ribadisce che in nessun caso le suddette norme UE devono indebolire i diritti delle vittime in uno Stato membro. Occorre trovare delle soluzioni equilibrate, adeguate alle diverse caratteristiche, culture e tradizioni di ciascun contesto nazionale e regionale; ciò è in linea con l'articolo 82, paragrafo 2, del TFUE (che sancisce la necessità di tener conto delle differenze tra le tradizioni giuridiche e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri) e riflette inoltre i principi di sussidiarietà e proporzionalità di cui all'articolo 5, paragrafo 3, del Trattato UE;

8.

ribadisce che la necessità di pervenire a soluzioni equilibrate richiede di operare una differenziazione tra il sostegno alle vittime e i diritti procedurali in base alla gravità e all'importanza del problema da risolvere. La tutela dei diritti delle vittime è un ambito molto vasto che comprende diverse tipologie di reato e una serie di misure di natura giuridica, sociale, economica, sanitaria e psicologica. Al fine di giungere a un rapporto ragionevole tra il problema e la soluzione, il Comitato delle regioni invita a cercare delle soluzioni differenziate che rispettino appieno il principio di proporzionalità.

II.   L'IMPORTANZA DEL PACCHETTO SUI DIRITTI DELLE VITTIME A LIVELLO LOCALE E REGIONALE

9.

sottolinea che il pacchetto legislativo sui diritti delle vittime proposto dalla Commissione avrà delle ripercussioni importanti a livello locale e regionale, in particolare sul piano finanziario. Ciò è vero non solo per le regioni degli Stati membri UE con struttura federale, ma anche per il livello locale, perché in molti casi sono la polizia municipale e le altre autorità comunali ad avere il primo contatto con le vittime di reato. Spesso, inoltre, saranno gli enti locali a doversi occupare delle vittime particolarmente vulnerabili, come i minori o le persone disabili. Il Comitato delle regioni osserva pertanto che occorre trovare soluzioni finanziarie adeguate nei diversi contesti nazionali al fine di assicurare una maggiore tutela delle vittime, in linea con le proposte presentate, e di mettere gli enti locali e regionali nelle condizioni di adempiere ai loro obblighi;

10.

sottolinea l'importanza cruciale degli sforzi volti a rafforzare la cooperazione tra diverse autorità transfrontaliere per migliorare la tutela delle vittime. Tali modelli di cooperazione, in cui gli enti locali e regionali, per la loro stessa natura, svolgono un ruolo chiave, dovrebbero essere rafforzati sia verticalmente (rapporti tra enti locali/regionali e autorità nazionali) sia orizzontalmente (rapporti tra i diversi enti regionali e/o locali). Queste strutture sono particolarmente importanti laddove un procedimento penale presenti aspetti transfrontalieri e la vittima risieda in un altro Stato membro dell'UE.

A questo proposito, il Comitato delle regioni si rammarica del fatto che le disposizioni relative al coordinamento degli sforzi di cooperazione contenute all'articolo 25 del progetto di direttiva siano rimaste immutate rispetto al 2001 e si rivolgano esclusivamente agli Stati membri;

11.

ritiene che gli enti locali e regionali dispongano già di una vasta esperienza e di notevoli competenze in materia di sostegno e assistenza alle vittime di reato. Il ricorso a tali competenze e il loro scambio – anche nella fase legislativa – può contribuire al conseguimento degli obiettivi fissati dalla Commissione e va pertanto incoraggiato.

III.   PROPOSTE CONCRETE

12.

propone di affrontare in maniera più diretta il ruolo delle regioni, delle città e dei comuni in relazione al pacchetto sui diritti delle vittime. Se il legislatore dell'UE ritiene che anche agli enti regionali e locali spetti un ruolo importante, questo dovrebbe essere indicato in maniera più esplicita, ad esempio nei considerando della proposta di direttiva (cfr. emendamento 2);

13.

invita a riflettere sulla possibilità e sulle modalità con cui far confluire l'esperienza acquisita dagli enti regionali e locali negli sforzi per migliorare il sostegno e l'assistenza alle vittime di reato. In ogni caso, tali sforzi dovrebbero essere combinati con un maggiore impegno nella formazione degli agenti di polizia, degli operatori sociali e di altri gruppi professionali a livello locale, che spesso hanno il primo contatto con le vittime;

14.

ritiene importante trovare delle soluzioni volte a mantenere l'equilibrio tra, da un lato, i diritti delle vittime e, dall'altro, la presunzione di innocenza nei procedimenti penali e i diritti individuali di indagati e imputati. Propone pertanto di menzionare esplicitamente questo aspetto nel considerando 7 della proposta di direttiva (cfr. emendamento 1);

15.

ritiene che le regioni, le città e i comuni debbano essere coinvolti nella ricerca delle modalità atte a rafforzare la cooperazione transfrontaliera tra gli enti locali e regionali di paesi diversi. A tale riguardo è essenziale designare, per gli enti locali o regionali, interlocutori che fungano da punti di riferimento per le informazioni sulle attività dei rispettivi enti;

16.

propone che l'UE assuma un ruolo più attivo nell'ambito del coordinamento dei compiti tra gli Stati membri, anche a livello locale e regionale. Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, attraverso l'istituzione di un meccanismo di coordinamento a livello UE, il cui compito consisterebbe nel promuovere la cooperazione tra enti locali di diversi Stati membri, sia mediante studi generali sia mediante il coordinamento di procedure concrete, ad esempio agevolando i contatti tra gli enti locali e regionali competenti di altri Stati membri. Questa struttura potrebbe inoltre creare e gestire una banca dati delle migliori pratiche, come proposto dal CdR nel parere sul piano d'azione per l'attuazione del programma di Stoccolma (1);

17.

ritiene che occorra inoltre prevedere degli strumenti adeguati che consentano alle vittime di avere accesso alle informazioni pratiche e al sostegno a livello UE. Un servizio di assistenza telefonica UE, probabilmente, potrebbe migliorare la situazione delle vittime di reati commessi all'estero, e questo non solo mentre le vittime si trovano fuori dai confini nazionali e necessitano di aiuto e sostegno di diverso tipo, bensì anche in seguito al loro rientro e nei contatti con le autorità del paese in cui è stato commesso il reato;

18.

desidera inoltre attirare l'attenzione sulla grande esperienza e sulle competenze specifiche di cui dispongono i soggetti privati e di altro tipo attivi nel settore. Il CdR invita pertanto a coinvolgere le diverse associazioni, non solo quelle private, ma anche le persone giuridiche e le organizzazioni non governative di assistenza e protezione delle vittime attive a livello nazionale e regionale/locale, negli sforzi volti a migliorare la situazione delle vittime. Ciò potrebbe avvenire tramite il coordinamento degli sforzi a livello UE per l'analisi dell'esperienza con la partecipazione di diversi soggetti privati e di altro tipo, i quali potrebbero contribuire al miglioramento della cooperazione;

19.

reputa particolarmente importante tener conto delle esigenze dei minori vittime di reato in termini di sostegno e assistenza. A suo avviso, occorre integrare nel modo più esplicito possibile le norme minime relative all'assistenza ai minori vittime di reato nella normativa UE, e non limitarsi a generiche dichiarazioni di intenti;

20.

sottolinea che le conoscenze criminologiche e vittimologiche relative ai minori vittime di reato sono sempre più ampie e che occorre tenere conto di queste nuove prospettive nell'elaborare e aggiornare la legislazione UE. In particolare, i dati scientifici suggeriscono che sarebbe opportuno adottare un approccio più attento alle diverse fasi di sviluppo dei minori e alle relative esigenze, in luogo dell'approccio scelto dalla Commissione europea (2).

Delle soluzioni differenziate in base all'età e al tipo di reato potrebbero aprire la strada all'adozione di norme minime più severe e mirate per particolari categorie di vittime, come ad esempio un sostegno speciale per i bambini più piccoli o per i minori vittima di reati particolarmente gravi;

21.

osserva che la definizione di vittime riportata all'articolo 2 della proposta è molto ampia, poiché in essa qualsiasi persona fisica che abbia subito qualsiasi reato – anche reati minori – è considerata una vittima ai sensi della direttiva. L'ampiezza di tale definizione garantisce anche alle vittime di reati minori l'accesso a una serie di diritti procedurali definiti nella direttiva in esame. Questo potrebbe rivelarsi piuttosto oneroso, ed è discutibile se una normativa così ampia rappresenti una soluzione equilibrata e funzionale alla situazione delle vittime;

22.

rammenta, in questo contesto, che anche in altri settori della legislazione europea in materia di giustizia e affari interni l'applicazione pratica degli strumenti di cooperazione globale si è rivelata molto più onerosa di quanto inizialmente previsto a causa della mancanza di criteri solidi di differenziazione: ad esempio, nella recente valutazione del mandato di arresto europeo, la Commissione ha diffidato dal ricorrere a tale dispositivo nei casi di reati minori, a seguito dell'utilizzo eccessivo dello strumento da parte di alcuni Stati membri;

23.

raccomanda pertanto che la Commissione prenda in considerazione l'adozione di un approccio più differenziato e adatto ai problemi da affrontare; invita inoltre a fissare dei limiti adeguati relativi ai diritti delle vittime in modo da garantire che siano proporzionali alla gravità del reato. Il CdR propone quindi di inserire nella direttiva un principio generale di proporzionalità affinché le vittime di reati minori siano escluse dall'applicazione di determinate parti della direttiva.

IV.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Considerando 7

Testo proposto della Commissione

Emendamento del CdR

La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali - - e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Motivazione

La presunzione di innocenza e il rispetto dei diritti fondamentali di tutti rappresentano una delle conquiste più importanti dello Stato di diritto europeo e pertanto dovrebbero essere esplicitamente menzionati nell'ambito della tutela dei diritti delle vittime.

Emendamento 2

Nuovo considerando 24 bis

Testo proposto della Commissione

Emendamento del CdR

 

Motivazione

Il ruolo essenziale degli enti locali e regionali sia come erogatori di servizi che come canali di informazione dovrebbe essere riconosciuto esplicitamente nei considerando della proposta di direttiva.

Emendamento 3

Nuovo considerando 25 bis

Testo proposto della Commissione

Emendamento del CdR

 

Motivazione

In alcuni settori della legislazione europea in materia di giustizia e affari interni l'applicazione pratica degli strumenti per una cooperazione globale si è rivelata molto più onerosa di quanto inizialmente previsto. L'ampiezza della definizione di vittima contenuta nella proposta di direttiva garantisce persino alle vittime di reati minori l'accesso ai diritti procedurali stabiliti nella direttiva. È discutibile se una normativa così ampia rappresenti una soluzione equilibrata e funzionale alla situazione delle vittime.

Emendamento 4

Articolo 25

Testo proposto della Commissione

Emendamento del CdR

Cooperazione e coordinamento dei servizi

1.   Gli Stati membri cooperano per facilitare una più efficace tutela dei diritti e degli interessi delle vittime nell’ambito del procedimento penale. Questo può avvenire grazie a reti direttamente legate al sistema giudiziario, oppure grazie a collegamenti fra le organizzazioni di assistenza alle vittime, anche con il sostegno delle reti europee che si occupano di questioni relative alle vittime.

2.   Gli Stati membri provvedono a che le autorità che lavorano con le vittime o prestano loro assistenza collaborino fra di loro per fornire una risposta coordinata alle vittime e ridurre al minimo le conseguenze negative del reato, i rischi di vittimizzazione secondaria e ripetuta e l’onere che costituisce, per le vittime, l’interazione con gli organi di giustizia penale.

Cooperazione e coordinamento dei servizi

1.   Gli Stati membri cooperano per facilitare una più efficace tutela dei diritti e degli interessi delle vittime nell’ambito del procedimento penale. Questo può avvenire grazie a reti direttamente legate al sistema giudiziario, oppure grazie a collegamenti fra le organizzazioni di assistenza alle vittime, anche con il sostegno delle reti europee che si occupano di questioni relative alle vittime.

2.   Gli Stati membri provvedono a che le autorità che lavorano con le vittime o prestano loro assistenza collaborino fra di loro per fornire una risposta coordinata alle vittime e ridurre al minimo le conseguenze negative del reato, i rischi di vittimizzazione secondaria e ripetuta e l’onere che costituisce, per le vittime, l’interazione con gli organi di giustizia penale.

Motivazione

Gli enti locali e regionali svolgono un ruolo importante nell'aiutare le vittime ad esercitare i propri diritti. Per questo motivo la cooperazione tra le varie autorità dovrebbe essere rafforzata sia verticalmente (rapporti tra enti locali/regionali e autorità nazionali) sia orizzontalmente (rapporti tra i diversi enti regionali e/o locali). Queste strutture sono particolarmente importanti laddove un procedimento penale presenti aspetti transfrontalieri e la vittima risieda in un altro Stato membro dell'UE.

Bruxelles, 16 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Parere del Comitato delle regioni Creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia per i cittadini europei - piano d'azione per l'attuazione del programma di Stoccolma, 87a sessione plenaria del CdR, 1o e 2 dicembre 2010, relatore: Holger Poppenhäger (DE/PSE), ministro della Giustizia del Land Turingia.

(2)  Cfr. Protecting children and preventing their victimization. From policy to action, From drafting legislation to Practical Implementation, Dr. Ezzat A. Fattah, professore emerito, scuola di Criminologia, Università Simon Fraser, Burnaby, Canada, intervento principale tenuto alla conferenza Children in the Union – Rights and Empowerment (CURE Hotel Sheraton, Stoccolma, Svezia) del 3 e 4 dicembre 2009 – una conferenza della presidenza svedese dell'Unione europea sulle vittime minorenni nei procedimenti giudiziari penali.


18.4.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 113/62


Parere del Comitato delle regioni su «Sviluppare una cultura europea della governance multilivello: iniziative per dar seguito al Libro bianco del Comitato delle regioni»

2012/C 113/12

IL COMITATO DELLE REGIONI

considera necessaria l'adozione di un metodo comunitario rinnovato, grazie ad un processo più inclusivo e all'attuazione di una governance multilivello;

si compiace del consenso politico che è stato espresso nei confronti della sua concezione della governance europea e del sostegno delle istituzioni europee alla sua iniziativa;

ha assunto l'iniziativa di creare un Quadro di valutazione della governance multilivello a livello di Unione europea che contribuirà a misurare, ogni anno, l'attenzione riservata ai principi e meccanismi di base di questo tipo di governance nell'ambito del ciclo politico dell'UE, e la cui analisi sarà incentrata sulla dimensione territoriale delle politiche e delle strategie prese in esame;

ritiene che, al fine di consolidare la propria attività di controllo, la pratica della governance multilivello potrebbe essere oggetto di un'attenzione particolare nelle prossime Assise della sussidiarietà;

concretizzerà nei prossimi mesi il suo ambizioso progetto di elaborare una Carta dell'Unione europea della governance multilivello, che dovrà sfociare in una maggiore partecipazione degli enti regionali e locali all'esercizio della democrazia europea; basato su un concetto inclusivo e partecipativo, il processo di elaborazione della Carta dovrà promuoverne la titolarità da parte dei rappresentanti eletti a livello locale e regionale.

Relatore

Luc VAN DEN BRANDE (BE/PPE), presidente dell'Ufficio di collegamento Fiandre-Europa

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

conferma l'impegno politico assunto con il Libro bianco sulla governance multilivello, adottato il 17 giugno 2009 (1), e intende quindi, dopo aver proposto un progetto politico per Costruire l'Europa in partenariato , assicurare la realizzazione di questo obiettivo combattendo ogni controtendenza, poiché esso contribuisce al processo di integrazione europea (2).

A.    Principi generali della governance multilivello

2.

concepisce la governance multilivello come un principio consistente nell'azione coordinata dell'Unione, degli Stati membri e degli enti regionali e locali, fondata sui principi di sussidiarietà e di proporzionalità e sul partenariato, che si concretizza attraverso una cooperazione funzionale e istituzionalizzata intesa a elaborare e attuare le politiche dell'Unione europea;

3.

ricorda pertanto la necessità di un metodo comunitario rinnovato, grazie a un processo più inclusivo e all'attuazione di una governance multilivello che rafforzerebbe l'efficacia dell'azione dell'Unione europea tramite lo sviluppo di una nuova cultura della cooperazione interistituzionale e politica, il che favorirà la partecipazione al processo europeo dei rappresentanti eletti a tutti i livelli e, in ogni caso, di quelli provenienti da regioni con poteri legislativi;

4.

si compiace del consenso politico che è stato espresso nei confronti della sua concezione della governance europea e del sostegno delle istituzioni europee alla sua iniziativa, ed è convinto che la concreta attuazione di una vera cultura della governance multilivello in Europa dipenda da tre condizioni preliminari:

consolidare i fondamenti e i principi alla base di questo tipo di governance nel quadro istituzionale e politico sia europeo che nazionale,

dare attuazione alle governance multilivello tramite meccanismi e strumenti pertinenti,

garantire le condizioni per l'autonomia finanziaria dei diversi livelli di governo, in particolare degli enti regionali e locali, e per una condivisione efficiente delle risorse grazie a una migliore perequazione nella distribuzione dei finanziamenti pubblici;

5.

ricorda che il Trattato di Lisbona ha saldamente integrato la governance multilivello tra i meccanismi di funzionamento dell'UE, consolidandone in particolare lo statuto nell'architettura istituzionale e sancendo l'obiettivo della coesione territoriale e la dimensione infranazionale del principio di sussidiarietà;

6.

ritiene che il modo migliore per far prevalere l'interesse generale dell'Europa, degli Stati membri e degli enti locali e regionali consista quindi nel considerare oggi, senza alcuna ambiguità, il principio di sussidiarietà come il corollario del valore aggiunto europeo e la governance multilivello come la modalità di gestione flessibile e partecipativa capace di consolidare i valori dell'Unione e la sua etica della responsabilità e della solidarietà, per permetterle di affrontare la multiforme realtà di un mondo globalizzato caratterizzato da un livello di interdipendenza e di competitività sempre maggiore;

7.

reputa che qualsiasi riflessione sulla governance europea consenta di analizzare con precisione la questione essenziale del rispetto del principio di sussidiarietà nel quadro di un processo politico e legislativo dinamico, e insiste sul fatto che il principio di sussidiarietà è indissociabile dal principio della governance multilivello: il primo riguarda le competenze dei diversi livelli di potere, mentre il secondo pone l'accento sulla loro interazione;

8.

è dell'avviso che inquadrare la sussidiarietà e la proporzionalità nel contesto della governance multilivello significa riconoscere la necessità di una visione trasversale e non compartimentata dell'azione politica europea: il successo delle strategie globali che sono attualmente al centro dell'agenda europea dipende infatti in misura crescente dalla qualità della governance condivisa in Europa e dal rigoroso rispetto del principio di sussidiarietà, che evita l'accentramento delle decisioni su un solo livello di potere e garantisce l'elaborazione e l'attuazione delle politiche al livello più appropriato;

9.

inquadra le sue proposte nel contesto attuale del processo di integrazione europea, che richiede un più ampio sforzo di responsabilità e di solidarietà da parte dei responsabili politici europei, nazionali e regionali, all'insegna del principio di reciprocità  (3).

B.    Consolidare i valori e i principi della governance multilivello: progressi e rafforzamento

Verso una nuova comprensione del principio di equilibrio istituzionale

10.

sottolinea che il principio di equilibrio istituzionale  (4), su cui poggia la struttura dell'Unione europea, rappresenta una garanzia fondamentale per la democrazia europea, e ritiene che l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che conferisce al CdR uno statuto istituzionale e giuridico rafforzato per quanto riguarda la difesa delle proprie prerogative dinanzi alla Corte di giustizia, debba comportare il pieno rispetto di questo principio nel caso del CdR;

11.

ritiene che l'elaborazione di una Carta dell'Unione europea della governance multilivello, con l'obiettivo di integrare nel nucleo dei valori dell'Unione una concezione comune e condivisa della governance europea, costituirà una tappa fondamentale nella realizzazione del proprio progetto politico;

12.

constata che non esiste alcun diritto europeo amministrativo coerente in grado di garantire norme minime per l'applicazione di procedure di consultazione, coordinamento e partecipazione per le regioni e le città e invita quindi la Commissione europea a prendere in considerazione, nel tempo, l'elaborazione di un Atto delle procedure amministrative europee che dovrebbe trasporre i valori e i principi chiave di questa futura Carta in procedure più partecipative;

13.

ritiene che la revisione dell'accordo di cooperazione tra la Commissione e il Comitato delle regioni, attualmente in fase negoziale, debba prendere in maggior considerazione la legittimità e la responsabilità degli enti regionali e locali nel quadro del funzionamento dell'Unione europea, oltre che la loro legittimità e responsabilità nel garantire, nell'interesse generale del processo decisionale europeo nel suo complesso, il rispetto dei due principi guida dell'azione dell'UE, ossia il principio di sussidiarietà e quello di proporzionalità, nonché l'affermazione del principio di governance multilivello come principio strutturante;

14.

è del parere che questa revisione dovrà essere accompagnata da un processo dinamico che conduca all'adozione con la Commissione europea di un piano d'azione "rotativo" capace di individuare le iniziative più adatte a esercitare un impatto territoriale e l'analisi, sia ex post che ex ante, che il CdR potrebbe realizzare ricorrendo alle competenze dei suoi membri e all'esperienza maturata dalle piattaforme di enti territoriali cui esso dà impulso (Europa 2020, sussidiarietà, GECT) (5);

15.

invita il Parlamento europeo a intensificare la sua mobilitazione istituzionale per trasporre i principi e i meccanismi della governance multilivello e l'approccio integrato e sostiene la sua proposta di creazione di un marchio europeo della governance multilivello (6);

16.

accoglie con favore l'iniziativa del Consiglio dell'Unione europea che, nel marzo 2010 (7), ha convocato per la prima volta una riunione ministeriale informale dedicata alla governance multilivello, nelle cui conclusioni il Comitato delle regioni viene espressamente invitato "ad agevolare una valutazione politica permanente dei progressi realizzati in materia di governance multilivello nell'Unione europea"; invita le future presidenze a rinnovare questa iniziativa e constata inoltre che la presenza più sistematica di rappresentanti del Comitato delle regioni in occasione di Consigli o di riunioni intergovernative è la riprova che si sono registrati degli sviluppi per quanto riguarda la considerazione di questo tipo di governance;

17.

esprime soddisfazione per le prospettive di ravvicinamento con la presidenza del Consiglio europeo e per l'attenzione che quest'ultima rivolge all'impatto delle decisioni strategiche adottate a livello di capi di Stato e di governo sugli enti regionali e locali; considera opportuno in questo contesto organizzare una riunione prima di ciascun Consiglio europeo di primavera;

18.

auspica di instaurare un dialogo più sistematico con la Corte di giustizia, sul rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, sull'obiettivo di coesione territoriale (corretta trasposizione del diritto europeo e relativo impatto sugli enti regionali e locali) e sul rispetto delle quattro libertà, nonché con la Corte dei conti, sulla corretta governance dei finanziamenti europei e sull'impatto della loro gestione sulla coesione territoriale e la competitività delle regioni e delle città.

Un approccio basato sul partenariato per legiferare con intelligenza

19.

condivide il nuovo approccio proposto, ispirato al concetto di "legiferare con intelligenza", basato su un ciclo politico dell'UE in cui la normativa sia costantemente riveduta e adeguata alle nuove sfide e circostanze e formi oggetto di una valutazione esaustiva della sua attuazione, ma ritiene che si debba prestare maggiore attenzione al suo impatto territoriale (8);

20.

ribadisce la propria richiesta di includere nella prossima revisione dell'accordo interistituzionale Legiferare meglio un protocollo specifico contenente alcune disposizioni che prevedono il pieno coinvolgimento del Comitato, e che riguardano in particolare le valutazioni d'impatto e la valutazione ex post della legislazione;

21.

intende rafforzare la sua partecipazione al processo di monitoraggio del piano di azione Legiferare meglio, in particolare ottenendo che la relazione annuale del CdR sul controllo della sussidiarietà sia riconosciuta come contributo a pieno titolo alla relazione annuale Legiferare meglio della Commissione;

22.

sollecita una revisione delle linee guida sulle valutazioni d'impatto proposte dalla Commissione, che favorisca la sistematizzazione della valutazione d'impatto territoriale ex ante ed ex post e lo sviluppo di indicatori territoriali e di governance inclusiva; a questo proposito presenterà alcune proposte specifiche fondate sugli insegnamenti tratti dalla cooperazione già avviata con la Commissione europea;

23.

sostiene pienamente l'obiettivo che deve prevalere nel quadro dei lavori del gruppo di alto livello sulla riduzione degli oneri amministrativi (gruppo Stoiber) e sottolinea il proprio impegno, all'interno di questo gruppo, ad alleviare gli oneri che gravano sugli enti regionali e locali;

24.

si rammarica della mancanza di coinvolgimento degli enti regionali e locali nell'esercizio della comitatologia e invita da subito la Commissione europea a colmare questa lacuna che pregiudica la corretta applicazione della legislazione europea a livello territoriale.

Una risposta per rafforzare l'adesione dei cittadini al processo di integrazione europea

25.

plaude alle raccomandazioni del gruppo di riflessione, istituito dal Consiglio europeo per aiutare l'Unione europea ad anticipare e ad affrontare in modo più efficace le sfide a lungo termine nella prospettiva 2020-2030, che proponendo un nuovo "patto" riconosce la fondatezza di un "sistema di "governo multilivello" nel quale le competenze siano condivise -piuttosto che ripartite- fra i diversi livelli di potere" e che "può e deve informare le politiche e le relazioni dell'UE a tutti i livelli, fra persone e generazioni così come fra località, regioni e Stati membri"; si compiace del fatto che il gruppo di riflessione raccomandi di incoraggiare la consultazione e il coinvolgimento dello stesso CdR al fine di rafforzare la cittadinanza politica europea e di promuovere la piena titolarità del progetto europeo da parte dei cittadini  (9);

26.

ritiene opportuno svolgere una verifica, con cadenza annuale, dello stato di avanzamento del processo di regionalizzazione e di decentramento in seno all'Unione europea, allo scopo di realizzare un barometro della dinamica osservata in materia di autonomia politica, giuridica e fiscale degli enti regionali e locali, una misura adeguata soprattutto al fine di sostenere l'impegno del CdR in materia di monitoraggio della sussidiarietà e nella prospettiva di una cooperazione approfondita con il Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa;

27.

è favorevole all'introduzione di un Erasmus dei rappresentanti politici eletti a livello regionale e locale, da realizzare nel quadro di una collaborazione istituzionale con il Parlamento europeo e la Commissione europea, e accoglie con favore il finanziamento di un progetto pilota proposto dal Parlamento europeo;

28.

pone l'accento sul contributo che intende fornire per la realizzazione del nuovo strumento di democrazia diretta, ossia l'iniziativa dei cittadini; in particolare mette a disposizione i propri canali e reti d'informazione e quelli dei suoi membri per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo nuovo strumento e per offrire sostegno alla Commissione in qualsiasi modo considerato utile, ad esempio durante il processo di "verifica ex ante" dell'ammissibilità delle iniziative proposte (loro impatto sui principi di sussidiarietà e proporzionalità); potrebbe inoltre essere d'aiuto nella raccolta e diffusione di informazioni sulle iniziative dei cittadini in corso o previste e nell'organizzazione di dibattiti partecipativi sia a Bruxelles che in altre sedi (10); infine, auspica di poter partecipare a pieno titolo - e offre la sua collaborazione al riguardo - alle audizioni che verranno organizzate dal Parlamento europeo sulle iniziative dei cittadini approvate;

29.

sollecita l'avvio di una cooperazione con la Commissione sull'avanzamento di questo processo, come avviene con le altre istituzioni; la promozione di questo strumento deve avvenire in partenariato, stimolando in particolare la tenuta di dibattiti in seno agli enti regionali e locali e ai parlamenti regionali e mobilitando i media locali e regionali;

30.

ritiene che l'integrazione nel diritto primario dell'UE della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e la prospettiva di adesione dell'UE alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo dovrebbero contribuire a promuovere una tutela multilivello di tali diritti; chiede pertanto di essere associato al dialogo interistituzionale auspicato dal Consiglio dell'Unione europea in merito alla relazione annuale della Commissione europea sull'applicazione della Carta: "l'efficace applicazione della Carta dovrebbe essere sostenuta dalle azioni dell'insieme delle istituzioni, organi, uffici e agenzie dell'UE" (11);

31.

intende rafforzare la propria collaborazione con l'Agenzia dell'Unione europea dei diritti fondamentali, soprattutto in materia di organizzazione del dialogo annuale sulla protezione e promozione multilivello dei diritti fondamentali, e adotterà nuove iniziative in previsione dell'Anno europeo della cittadinanza 2013;

32.

chiede azioni di comunicazione decentrata, in seno ai comuni e alle regioni europee, sulle realizzazioni dell'Unione europea e il loro impatto sui cittadini, e sottolinea l'urgente necessità di prevedere adeguati mezzi finanziari per sostenere la propria azione nei confronti dei media regionali e locali che beneficiano di un'ampia diffusione tra i cittadini.

C.    Integrare la governance multilivello nelle strategie e nelle politiche dell'unione europea

Il principio della governance multilivello come principio strutturante per tutte le politiche e strategie europee aventi un forte impatto territoriale

33.

ritiene che l'architettura proposta per la governance della strategia Europa 2020, così come quella che presiederà alla riforma della politica di coesione, debbano garantire un duplice cambiamento di paradigma:

la governance multilivello deve essere pienamente integrata nelle disposizioni legislative e regolamentari delle politiche aventi un forte impatto territoriale, in via prioritaria per quanto riguarda la futura politica di coesione,

occorre rafforzare il principio di un partenariato multilivello e multi-attori nella sua attuazione.

Un nuovo quadro di governance per la crescita europea

34.

constata che nel contesto della crisi di bilancio che l'Europa attraversa in questo momento, le cui ripercussioni economiche e sociali rappresentano il primo motivo di preoccupazione per i cittadini, la questione del valore aggiunto dell'UE e delle risorse di cui essa dispone per essere all'altezza di tale sfida è di primaria importanza;

35.

sostiene l'approccio "convenzionale", al quale deve essere associato, proposto dal Parlamento europeo e attuato dalla presidenza polacca per definire in partenariato le priorità politiche di spesa dell'Unione europea e il loro finanziamento per il periodo 2014-2020;

36.

desidera essere coinvolto in questo processo, tenuto conto del contributo indispensabile degli enti regionali e locali (che rappresentano il 16 % del PIL dell'Unione europea e il 58 % degli investimenti pubblici in Europa) per la ripresa economica dell'Unione (12);

37.

richiama a questo proposito l'attenzione sulla situazione preoccupante delle finanze pubbliche di cui dispongono gli enti regionali e locali, situazione penalizzante per la ripresa dell'economia europea e che compromette per questo motivo la riuscita della strategia Europa 2020; ritiene pertanto che, nel contesto del prossimo quadro finanziario pluriennale, sia necessario realizzare una valutazione complessiva della situazione delle finanze pubbliche regionali e locali;

Realizzare la strategia Europa 2020 e le sue sette iniziative faro in partenariato, grazie all'attuazione di patti territoriali

38.

constata che tutte le istituzioni europee riconoscono chiaramente la necessità di ricorrere a una governance multilivello per realizzare gli obiettivi chiave della strategia Europa 2020 e le sue sette iniziative faro;

39.

sostiene a questo proposito in particolare la raccomandazione del Consiglio europeo – il quale, nelle conclusioni del 25 marzo 2011 (13), riconosce che l'adesione agli obiettivi della strategia Europa 2020 nella prospettiva dell'attuazione del semestre europeo richiede in particolare che, tra altri attori politici ed economici fondamentali, vengano associati strettamente il Comitato delle regioni e le regioni stesse;

40.

esprime soddisfazione per il fatto che in un certo numero di Stati membri i programmi nazionali di riforma prestano maggiore attenzione alle potenzialità del partenariato tra i diversi livelli di governo; deplora tuttavia un'evidente mancanza di meccanismi e di procedure credibili che consentirebbero di concretizzare il principio della governance multilivello, al fine di assicurare l'efficace integrazione delle politiche e una sincronizzazione delle agende e dei bilanci dei diversi livelli di governo, nel rispetto del principio di sussidiarietà;

41.

invita quindi gli Stati membri a coinvolgere appieno gli enti regionali e locali sia nel processo di elaborazione e di attuazione dei programmi nazionali di riforma che nei programmi di stabilità o di convergenza, poiché il divario tra gli obiettivi globali della strategia Europa 2020 e i contributi descritti nei PNR potrà essere colmato solo attraverso il partenariato tra i diversi livello di governo (14);

42.

chiede inoltre alla Commissione europea di intensificare il controllo della componente Governance dei programmi nazionali di riforma e delle relazioni annuali degli Stati membri sui progressi compiuti, in modo da permettere al Consiglio dell'Unione europea di adottare raccomandazioni esplicite per incoraggiare gli Stati membri ad estendere e rafforzare i partenariati tra i diversi livelli di governo nell'attuazione dei PNR;

43.

riafferma l'obiettivo relativo alla conclusione di accordi contrattuali multilivello che dovrà accompagnare la realizzazione delle sette iniziative faro nonché l'introduzione di meccanismi innovativi (15), in linea con le agende digitali locali e gli accordi tra parti interessate (stakeholder arrangements) proposti nel quadro dell'agenda digitale europea (ADE) (16), la piattaforma di specializzazione intelligente lanciata dalla Commissione europea, o la realizzazione degli obiettivi delle iniziative faro Youth on the Move ("Gioventù in movimento") e L'Unione dell'innovazione, rafforzando la coerenza tra l'insieme degli attori e le strategie a tutti i livelli (17);

44.

deplora l'assenza di un coinvolgimento diretto degli enti regionali e locali in tutte le fasi del metodo aperto di coordinamento per attuare la strategia Europa 2020 e insiste vivamente sulla necessità di una loro integrazione in questo processo;

45.

ricorda il valore aggiunto di un approccio integrato, soprattutto allo scopo di rafforzare, nel rispetto del principio di sussidiarietà, le sinergie tra la strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile e la strategia Europa 2020 e l'utilizzo dei fondi strutturali a favore di investimenti energetici; rammenta inoltre l'importanza di integrare l'obiettivo di adattamento ai cambiamenti climatici e di attenuazione dei loro effetti nell'insieme dei quadri strategici dell'UE, e in particolare nella politica agricola e di sviluppo rurale.

Un nuovo paradigma per la futura politica di coesione

46.

ricorda che i risultati della consultazione sulla quinta relazione dalla Commissione sulla politica di coesione fanno eco agli appelli lanciati dal Comitato e dall'insieme degli enti regionali e locali a favore del rafforzamento del principio del partenariato, un approccio che è stato confermato dal Consiglio, il quale riconosce l'importanza della governance multilivello ai fini del conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 attraverso la nuova politica di coesione (18);

47.

esprime soddisfazione nel constatare che l'agenda territoriale 2020, adottata dal Consiglio nel maggio 2011, raccomanda il ricorso alla governance multilivello per realizzare la coesione territoriale, invitando in particolare la Commissione a tener conto della dimensione territoriale nel redigere le sue valutazioni d'impatto e il Comitato delle regioni a trasmettere i contributi degli enti regionali e locali;

48.

rileva con soddisfazione che, per quanto concerne la politica di coesione dopo il 2013, la Commissione ha risposto alle sue aspettative, riprendendo alcuni principi e meccanismi della governance multilivello e dell'approccio integrato e multifunzionale  (19), e prendendo in considerazione, nel suo progetto per il nuovo regolamento generale sui fondi strutturali e il Fondo di coesione, le richieste di:

inserire un riferimento esplicito nel nuovo articolo relativo al partenariato e alla governance multilivello, due principi che devono essere rispettati in tutte le diverse fasi di svolgimento dei contratti di partenariato e dei programmi operativi;

riflettere questi principi generali negli altri articoli pertinenti del regolamento per quanto riguarda i contratti di partenariato e i programmi operativi;

inviare agli Stati membri una richiesta di citare nelle loro relazioni annuali i progressi compiuti in materia di rispetto dei principi di partenariato e di governance multilivello;

prevedere la possibilità di sviluppare programmi operativi funzionali;

49.

esprime soddisfazione per la proposta della Commissione di creare un quadro strategico comune che riunisca i diversi strumenti mediante i quali l'UE interviene a favore dello sviluppo territoriale (FEASR, fondi strutturali: FESR e FSE, Fondo di coesione, FEP); e chiede che anche in questo contesto gli enti regionali e locali siano coinvolti in maniera concreta nell'elaborazione dei contratti di partenariato;

50.

invita quindi il legislatore europeo a confermare e a consolidare queste disposizioni, allo scopo soprattutto di prevedere:

la presenza di rappresentanti degli enti regionali e locali nella delegazione degli Stati membri, quando il contenuto del contratto di partenariato viene negoziato con la Commissione europea;

un deciso rafforzamento dei principi di partenariato e di governance multilivello nel futuro codice europeo, che conterrà gli obiettivi e i criteri di tali principi;

un dialogo tra la Commissione europea e il Comitato delle regioni sul tema della governance nelle loro relazioni annuali, al fine di valutare i progressi conseguiti e gli ostacoli incontrati in ciascuno degli Stati membri, prima dell'adozione da parte del Consiglio delle sue raccomandazioni;

l'introduzione in futuro di un indice di cooperazione che consenta di misurare il livello di governance partecipativa negli Stati membri;

51.

concepisce la cooperazione territoriale come parte integrante della politica regionale, dal momento che il gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) costituisce un vero e proprio laboratorio della governance multilivello (20);

52.

esprime soddisfazione poiché la proposta di revisione del regolamento GECT presentata dalla Commissione europea nell'ottobre 2011 denota la volontà di realizzare l'obiettivo di coesione territoriale e riprende un certo numero di proposte formulate a monte dallo stesso CdR, in particolare per quanto riguarda la costituzione di GECT bilaterali con soggetti degli Stati terzi (21); richiama l'attenzione sulle potenzialità del GECT in quanto struttura di cooperazione anche per altre politiche settoriali dell'UE, e non soltanto per la politica regionale;

53.

sottolinea il ruolo della propria piattaforma GECT per promuovere tale strumento e fornire un sostegno operativo all'istituzione di nuovi GECT, grazie soprattutto allo scambio di buone pratiche;

54.

chiede alla Commissione europea che, relativamente allo sviluppo delle strategie macroregionali, venga accordata un'attenzione particolare:

a un rigoroso rispetto del principio della governance multilivello negli organi di consultazione, di elaborazione, di attuazione e di controllo delle strategie macroregionali,

all'adozione di strumenti di monitoraggio e di programmi finanziari che, basandosi su strategie e piani di sviluppo regionali e locali, garantiscano un approccio multilivello necessario per sviluppare queste macroregioni anche in quanto cluster territoriali,

al coinvolgimento strutturale degli enti regionali e locali nell'architettura finale delle suddette strategie, per evitare la possibile concentrazione della governance a livello nazionale,

alla dimostrazione del valore aggiunto europeo di tali strategie, soprattutto tramite la redazione di un libro bianco.

Realizzare il mercato unico in partenariato

55.

accoglie favorevolmente le dodici leve per la crescita, la competitività e il progresso sociale proposte nell'atto per il mercato unico ed esprime sostegno alla richiesta del Consiglio, che ha sottolineato la necessità di rafforzare la governance del mercato unico invitando la Commissione europea a proseguire la sua azione in questa direzione (22);

56.

osserva che il Parlamento europeo nella sua relazione sulla governance e il partenariato nel mercato unico rileva che "le norme del mercato unico sono spesso attuate da autorità regionali e locali" e "invita la Commissione e gli Stati membri a sviluppare e ampliare ulteriormente la collaborazione con le autorità locali e regionali, dalla politica di coesione alle politiche in materia di mercato unico" (23);

57.

chiede pertanto che venga effettuato un monitoraggio dell'attuazione globale dell'Atto per il mercato unico al fine di garantire la coerenza di tale processo e realizzare il mercato unico in partenariato; ritiene che tale compito spetti alla piattaforma di monitoraggio della strategia Europa 2020, tra le cui componenti figura anche il rilancio del mercato unico;

58.

pone l'accento sul contributo del suo marchio Regione imprenditoriale europea (EER) alla promozione di una visione strategica dello sviluppo territoriale integrato, incentrata soprattutto sui principi dello Small Business Act  (24); chiede inoltre la creazione di partenariati per lo Small Business Act per l'attuazione dell'SBA a livello regionale, nonché l'istituzione di rappresentanti delle PMI sia a livello nazionale che a livello regionale/territoriale, e propone di far parte del costituendo gruppo consultivo sull'SBA;

59.

ribadisce la necessità di associare gli enti territoriali e in particolare le regioni con poteri legislativi ai meccanismi partecipativi per garantire una trasposizione e un'applicazione ottimali della normativa sul mercato unico.

Le future politiche in materia di ambiente, cambiamenti climatici ed energia  (25)  (26)

60.

invita le istituzioni internazionali e l'Unione europea a prendere in considerazione il valore aggiunto che possono apportare gli enti regionali e locali per quanto riguarda la governance globale ambientale e dello sviluppo sostenibile, compresa l'attuazione degli accordi multilaterali sull'ambiente, come la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e la convenzione sulla diversità biologica, nonché l'agenda Rio+20 a favore di un'economia verde e di uno sviluppo urbano sostenibile (27);

61.

afferma che un modo costruttivo, per le autorità nazionali e gli enti regionali e locali, di impegnarsi insieme a favore delle misure di adattamento ai cambiamenti climatici è costituito dagli accordi basati sui risultati, nel cui ambito i diversi livelli di governance possono impegnarsi su base volontaria a raggiungere un risultato in materia di mitigazione del clima e si assumono congiuntamente la titolarità e la responsabilità dei rispettivi contributi (28);

62.

sottolinea la crescente importanza delle "alleanze" settoriali o intersettoriali tra regioni e imprese per il clima e l'energia, le quali andrebbero incoraggiate in modo specifico al fine di sviluppare e adottare quanto prima tecnologie a basse emissioni di CO2, mediante partenariati tra i responsabili decisionali a livello regionale e locale e le piccole e medie imprese (PMI);

63.

osserva che le aree urbane producono il 75 % delle emissioni di carbonio e sottolinea che un'azione globale efficace richiede un approccio di governance multilivello che preveda un coordinamento degli sforzi tra i livelli di governo locale, regionale, nazionale e sovranazionale basato sul principio di sussidiarietà; in tal senso, ribadisce che la sua proposta di un Patto territoriale degli enti regionali e locali sulla strategia Europa 2020 rappresenta uno strumento efficace per la lotta ai cambiamenti climatici;

64.

sottolinea la necessità di considerare con attenzione l'impatto degli orientamenti strategici e delle disposizioni legislative collegati alla strategia Europa 2020 sugli oneri amministrativi e finanziari per gli enti regionali e locali e di vigilare sul rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità; inoltre sostiene vivamente la creazione di strumenti innovativi per l'attuazione di questa strategia (29);

65.

riafferma il proprio impegno nei confronti del Patto dei sindaci a favore dell'obiettivo condiviso di riduzione delle emissioni di CO2 e ne raccomanda l'estensione non solo tematica, dalla riduzione delle emissioni ad altri ambiti dell'economia sostenibile (ad esempio la gestione delle risorse idriche), ma anche geografica, all'Unione per il Mediterraneo e al partenariato orientale, con le piattaforme politiche istituite dal CdR (ovvero ARLEM e Corleap), nonché a livello mondiale con un Patto dei sindaci Mundus.

La futura politica agricola comune, la politica della pesca e la politica marittima

66.

ritiene che l'introduzione di un quadro di governance multilivello sia una condizione indispensabile per una rifondazione riuscita della PAC dopo il 2013, al fine di garantire il coinvolgimento degli enti regionali e locali nella scelta degli orientamenti e delle modalità di attuazione e gestione di questa politica comune, nonché l'instaurazione di sinergie tra la politica di sviluppo rurale e altre politiche dell'UE, e in particolare la politica di coesione (30);

67.

per completare il dispositivo di associazione degli enti regionali e locali a monte della definizione della politica agricola comune e della politica di sviluppo rurale, chiede di essere pienamente coinvolto nei lavori preparatori dei gruppi consultivi della Commissione europea;

68.

è dell'avviso che l'approccio integrato debba ispirare la nuova politica della pesca, in modo da assicurare la sostenibilità della pesca e lo sfruttamento sostenibile delle sue risorse; è favorevole al decentramento del processo decisionale, allo scopo di ridurre le incoerenze provocate da una microgestione europea, ricorrendo in alcuni casi alla procedura di comitatologia e affidando, nel quadro della normativa UE, la gestione di talune attività di pesca agli Stati membri, alle regioni e al settore stesso;

69.

sollecita un più stretto coordinamento tra le politiche settoriali relative all'utilizzo delle zone marine e l'istituzione di un fondo europeo unico per gli affari marittimi e la pesca, che accorpi nello stesso quadro tutti gli strumenti esistenti in questo settore e sostenga quindi la creazione di una piattaforma marina europea che riunisca gli enti regionali e locali e gli altri attori interessati al fine di disporre di uno strumento che agevoli la condivisione delle competenze e la diffusione delle buone prassi (31).

Attuazione del programma di Stoccolma con gli enti regionali e locali

70.

ricorda l'importanza della sua partecipazione nell'attuazione del piano d'azione relativo al programma di Stoccolma, nonché nell'elaborazione delle modalità di valutazione, in modo da garantire una migliore considerazione delle esperienze acquisite a livello di enti regionali e locali;

71.

osserva in particolare che il coinvolgimento degli enti regionali e locali nella definizione di un quadro europeo in materia di immigrazione legale, nell'elaborazione di misure contro l'immigrazione illegale, nella protezione dei diritti fondamentali degli immigrati e nella cooperazione allo sviluppo con i paesi di provenienza di questi ultimi, rafforzerà la legittimità dell'azione dell'Unione, purché sia garantito un rigoroso rispetto del principio di sussidiarietà;

72.

invita a ricorrere a valutazioni d'impatto territoriale per analizzare i compiti attribuiti agli enti locali e regionali nel quadro delle misure di applicazione giuridica adottate a livello europeo o nazionale;

73.

constata con soddisfazione che la sua partecipazione alle conferenze interministeriali annuali sull'integrazione e i suoi contributi al Forum europeo per l'integrazione, al manuale della Commissione sull'integrazione con la presentazione di buone prassi degli enti regionali e locali, nonché alla definizione delle priorità annuali e pluriennali del Fondo europeo per l'integrazione, hanno reso possibile il riconoscimento dell'approccio multilivello nella seconda agenda europea per l'integrazione (32), che prevede in particolare:

i patti territoriali tra le parti interessate ai diversi livelli,

il coinvolgimento degli attori locali e regionali nel processo di elaborazione delle politiche di integrazione nell'ambito dei programmi dell'Unione,

il potenziamento del processo di consultazione con riunioni strategiche con il Comitato delle regioni,

l'elaborazione di un'ampia gamma di strumenti flessibili, compresi moduli europei per sostenere le politiche e le prassi nazionali e locali.

I meccanismi della governance multilivello a sostegno della strategia di allargamento dell'UE

74.

è favorevole all'aggiustamento dello Strumento di assistenza preadesione (IPA) per renderlo compatibile con le esigenze degli enti regionali e locali dei paesi beneficiari e con lo sviluppo della cooperazione territoriale, e in particolare dei GECT, strumenti essenziali per consolidare la dimensione paneuropea della governance multilivello.

Una politica di vicinato consolidata dalla governance multilivello

75.

ricorda che l'Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) e la Conferenza degli enti regionali e locali dei paesi del partenariato orientale (Corleap), che riuniscono i rappresentanti eletti a livello locale e regionale dell'Unione europea e dei paesi dell'Unione per il Mediterraneo da un lato, e del partenariato orientale dall'altro, completano il quadro istituzionale di questi due processi;

76.

ritiene che una democrazia multilivello e un approccio inclusivo rappresentino la condicio sine qua non per la loro riuscita; osserva che queste due iniziative politiche, che rafforzano la dimensione territoriale della politica di vicinato, rispondono all'evidente bisogno di sostegno in previsione della creazione di strutture politiche e amministrative permanenti a livello regionale e locale, dell'efficace utilizzo degli strumenti finanziari e dell'introduzione di meccanismi intesi a favorire lo sviluppo economico, sociale e territoriale dei paesi partner, grazie soprattutto ai benefici che apporta la cooperazione interregionale;

77.

si adopera affinché l'ARLEM sia direttamente coinvolta nella governance dell'Unione per il Mediterraneo, permettendo quindi agli enti regionali e locali delle tre sponde di partecipare al dialogo politico avviato in seno ai suoi diversi organi e di beneficiare dell'accesso ai meccanismi e agli strumenti messi a punto per rafforzare la cooperazione;

78.

auspica, nell'ambito del processo di consolidamento della piattaforma istituzionale stabilita con il Corleap, di instaurare un dialogo permanente con la Commissione europea e i paesi partner, al fine di trovare modalità concrete che consentano agli enti regionali e locali dei paesi del partenariato orientale di partecipare ai lavori delle quattro piattaforme del Partenariato, di essere coinvolti nella preparazione degli accordi di associazione, dei documenti strategici e dei piani d'azione, e in particolare di attuare e valutare i programmi indicativi nazionali.

La governance multilivello nella globalizzazione: nuove dinamiche in prospettiva

79.

si esprime a favore dell'approccio territoriale nella revisione della politica europea di sviluppo e di un maggiore coinvolgimento degli enti regionali e locali nel quadro degli obiettivi del millennio (33); insiste a questo proposito sul necessario sostegno che deve essere fornito per rafforzare le capacità tecniche e finanziarie degli enti regionali e locali dei paesi partner;

80.

constata il valore aggiunto della cooperazione decentrata e in particolare delle iniziative quali le Assise della cooperazione decentrata - il cui obiettivo è facilitare lo scambio e il dialogo politico tra gli enti regionali e locali dell'UE, quelli dei paesi in via di sviluppo e le istituzioni dell'UE - il Portale della cooperazione decentrata e la borsa della cooperazione decentrata, dispositivi che dovranno essere consolidati nel quadro di una cooperazione istituzionale a livello europeo;

81.

nota con soddisfazione che i contributi significativi offerti da numerose organizzazioni internazionali al processo di consultazione del Libro bianco sulla governance multilivello (34) dimostrano quanto esse abbiano trovato interessante questo approccio adottato a livello di Unione europea per sviluppare la dimensione territoriale delle loro azioni e organizzare partenariati in altre regioni del mondo atti a favorire la complementarità tra le politiche settoriali;

82.

sottolinea nel contesto dell'affermazione del ruolo degli enti regionali e locali nei meccanismi della governance globale:

la tendenza a una migliore considerazione dell'impatto territoriale della globalizzazione sugli enti regionali e locali, in particolare da parte delle organizzazioni internazionali, e l'emergere di una riflessione su una politica globale di sviluppo equilibrato e di coesione territoriale su scala mondiale (35),

la pertinenza di un'attività "paradiplomatica" ad opera degli enti regionali e locali, in particolare la diplomazia delle città e quella attuata dalle regioni con poteri legislativi,

il contributo del dialogo e dello scambio di esperienze con gli altri grandi spazi regionali dotati di una camera a livello subnazionale, come l'Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA) o la camera regionale del Mercosur,

l'esistenza di nuovi canali di cooperazione e di dialogo politico proposti da alcune organizzazioni internazionali nei confronti del Comitato delle regioni e degli enti regionali e locali (OCSE, BIT, UNEP, PNUS e Unhabitat, Unesco, FAO, ecc.) (36);

83.

conclude quindi che la tendenza osservata a favore del decentramento e l'influenza sempre maggiore assunta dagli attori subnazionali nella comunità internazionale non possono che portare al loro coinvolgimento nei meccanismi di governance della globalizzazione e favorire così l'emergere di un nuovo multilateralismo.

D.    Nuove tappe per consolidare l'attuazione della governance multilivello

84.

ha assunto l'iniziativa di creare un Quadro di valutazione della governance multilivello a livello di Unione europea che contribuirà a misurare, ogni anno, l'attenzione riservata ai principi e meccanismi di base di questo tipo di governance nell'ambito del ciclo politico dell'UE, e la cui analisi sarà incentrata sulla dimensione territoriale delle politiche e delle strategie prese in esame; la prima edizione di tale quadro individuerà i progressi registrati e gli ostacoli individuati nell'ambito del processo decisionale europeo per quanto riguarda quattro strategie e politiche fondamentali dell'agenda politica dell'UE per il 2010, ossia la strategia Europa 2020, la strategia per l'energia 2011/2020, il programma di Stoccolma e il programma di primavera (37);

85.

formula le seguenti osservazioni in merito a questo suo primo Quadro di valutazione:

la metodologia sviluppata (38) indica la diffusione, nel contesto istituzionale dell'UE, di un sistema di governance multilivello, caratterizzato dalla presenza di informazioni chiare, fornite (prevalentemente) secondo un criterio multilivello aperto e trasparente, in presenza di meccanismi generalmente consolidati che coinvolgono tutti i livelli, ecc. Tuttavia, dalla valutazione di ulteriori meccanismi e pratiche concernenti la governance multilivello emergono importanti lacune, che interessano soprattutto l'utilizzo di meccanismi e di strumenti innovativi con i quali le esigenze in materia di governance multilivello vengono tradotte in contenuti politici;

per quanto riguarda il quadro di valutazione comparativo, il processo politico che caratterizza l'elaborazione della strategia Europa 2020 ha ottenuto il punteggio complessivo più elevato. Ciò significa che sono state individuate pratiche che risultano più conformi agli indicatori della governance multilivello stabiliti per valutare la qualità di quest'ultima. I punteggi più bassi sono stati attribuiti alla governance multilivello nel quadro del Pacchetto di primavera 2010 sugli obiettivi del millennio. In questo caso, la valutazione è stata resa difficile soprattutto dalla mancanza di trasparenza del processo di coinvolgimento delle parti interessate e per questo motivo il punteggio è risultato mediocre. Nel complesso, per tutte e quattro le strategie e politiche, esistono chiare possibilità di miglioramento delle pratiche di governance multilivello (39);

86.

ritiene che, al fine di consolidare la propria attività di controllo, la pratica della governance multilivello potrebbe essere oggetto di un'attenzione particolare nelle prossime Assise della sussidiarietà, per analizzare le tendenze rilevate nel suo primo quadro di valutazione e il loro impatto sul processo decisionale europeo;

87.

concretizzerà nei prossimi mesi il suo ambizioso progetto di elaborare una Carta dell'Unione europea della governance multilivello, che dovrà sfociare in una maggiore partecipazione degli enti regionali e locali all'esercizio della democrazia europea; basato su un concetto inclusivo e partecipativo, il processo di elaborazione della Carta dovrà promuoverne la titolarità da parte dei rappresentanti eletti a livello locale e regionale.

Bruxelles, 16 febbraio 2012

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Libro bianco del Comitato delle regioni sulla governance multilivello, CdR 89/2009 fin.

(2)  Nella risoluzione sulle proprie priorità politiche per il 2011 (CdR 361/2010 fin), il CdR sottolinea che "intende continuare a sviluppare una cultura europea della governance multilivello e, successivamente al Libro bianco sulla governance multilivello, si impegna a valutarne l'attuazione e a monitorarne la situazione all'interno dell'Unione europea". Tale processo è sostenuto da un dialogo con le associazioni territoriali e i principali think tank europei.

(3)  Secondo il principio di reciprocità dovrebbe incombere a ciascun livello di governo, essendo coinvolto in una procedura decisionale comune, promuovere la legittimità e la capacità degli altri (Landy and Teles. "Beyond devolution: from subsidiarity to mutuality"). In altre parole la governance a diversi livelli non dovrebbe essere considerata un'attività in cui questi si fanno concorrenza tra loro, al contrario, i diversi livelli dovrebbero agire per rafforzarsi reciprocamente.

(4)  Questo principio consiste in "un sistema di ripartizione delle competenze fra le varie istituzioni della Comunità secondo il quale ciascuna svolge una propria specifica funzione nella struttura istituzionale della Comunità e nella realizzazione dei compiti affidatile. La Corte assicura il rispetto dello stato di diritto vigilando sull'osservanza dell'equilibrio istituzionale, che comporta che ogni istituzione eserciti le proprie competenze nel rispetto di quelle delle altre istituzioni (Cause C 9/56, Meroni contro Alta Autorità, Raccolta della giurisprudenza 1957 e 1958, pagg. 133-152, e C-70/88, Parlamento europeo contro Consiglio, Raccolta della giurisprudenza 1990, pagg. I-2041-2072, par. 21-22)."

(5)  Comunicato stampa congiunto in data 29 giugno 2010 del Presidente della Commissione José Manuel Barroso e della Presidente del CdR Mercedes Bresso (cfr. Memo/10/287 all'indirizzo http://europa.eu/rapid/).

(6)  Risoluzione del Parlamento europeo del 14 dicembre 2010 (Manescu) sulla sana gestione in materia di politica regionale dell'Unione europea: procedure di assistenza e controllo della Commissione (2009/2231(NI)) (P7_TA(2010) 0468)).

(7)  Riunione informale dei ministri europei per la Politica territoriale organizzata a Malaga il 17 marzo 2010, su iniziativa della presidenza spagnola del Consiglio dell'UE, nella scia del processo avviato con il Dialogo territoriale a Palma, il 18 gennaio 2010.

(8)  Parere del Comitato delle regioni Legiferare con intelligenza (CdR 353/2010 fin).

(9)  Citazioni tratte dalla relazione al Consiglio europeo del gruppo di riflessione sul futuro dell'UE 2030 Progetto Europa 2030 - Sfide e opportunità, del marzo 2010. Relazione trasmessa l'8 maggio 2010 al Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy.

(10)  Parere del Comitato delle regioni sul tema L'iniziativa europea dei cittadini (CdR 167/2010 fin).

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l'iniziativa dei cittadini COM(2010) 119 final.

(11)  Conclusioni del Consiglio relative alle azioni e alle iniziative del Consiglio per l'attuazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, 3092a sessione del Consiglio Affari generali, Bruxelles, 23 maggio 2011.

(12)  Parere del Comitato delle regioni Mobilitare gli investimenti pubblici e privati per la ripresa e i cambiamenti strutturali a lungo termine: sviluppare i partenariati pubblico-privati (CdR 21/2010 fin).

(13)  Per quanto riguarda le conclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011 (EUCO 10/1/11 REV 1) il Comitato delle regioni, nel quadro dei lavori della sua piattaforma Europa 2020, ha constatato che in base alle informazioni contenute nei programmi nazionali di riforma (PNR):

in due terzi degli Stati membri (19 su 27) gli enti regionali e locali hanno preso parte al processo di elaborazione del PNR;

nella maggior parte degli Stati membri, gli enti regionali e locali sono stati consultati e in 8 Stati essi hanno partecipato direttamente alla stesura del PNR;

i PNR di 13 Stati membri (tra i quali i cinque Stati più popolosi) contengono riferimenti a iniziative basate sulla governance multilivello;

due Stati membri (Belgio e Portogallo) hanno adottato obiettivi differenziati per regione;

uno Stato membro (Romania) ha annunciato che adotterà la proposta del CdR sui Patti territoriali, citandola esplicitamente;

alcuni Stati membri si sono posti come obiettivo di attuare una "strategia integrata" e di rafforzare le "sinergie" tra i diversi livelli di governo attraverso strutture di coordinamento/dialogo più efficienti.

(14)  Parere del Comitato delle regioni sul tema Il ruolo degli enti regionali e locali nel raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 (CdR 72/2011 riv. 1) e risoluzione del Comitato delle regioni sul tema Un maggiore coinvolgimento degli enti regionali e locali nella strategia Europa 2020 (CdR 199/2010 fin).

(15)  Risoluzione del Comitato delle regioni Disporre di una gamma di strumenti più efficaci per attuare la strategia Europa 2020 - Gli orientamenti integrati per le politiche economiche e occupazionali degli Stati membri e dell'Unione (CdR 175/2010 fin).

(16)  Documento di lavoro della Commissione SEC(2011)708 (http://ec.europa.eu/information_society/digital-agenda/scoreboard/docs/scoreboard.pdf). A questo proposito, il Comitato, nel suo parere CdR 104/2010 fin chiede di poter svolgere un ruolo proattivo, di concerto con gli ERL e le loro organizzazioni rappresentative, nel ciclo di gestione dell'agenda digitale europea.

(17)  CdR 373/2010 fin.

(18)  Conclusioni del Consiglio relative alla Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale, 3068a sessione del Consiglio Affari generali, Bruxelles, 21 febbraio 2011.

Parere del Comitato delle regioni Il contributo della politica di coesione alla strategia Europa 2020 (CdR 223/2010 fin).

(19)  Parere di prospettiva del Comitato delle regioni Il futuro della politica di coesione (CdR 210/2009 fin).

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti - Conclusioni della Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale: il futuro della politica di coesione (COM(2010) 642 final).

(20)  Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni sul tema Nuove prospettive per la revisione del regolamento GECT (CdR 100/2010 fin).

(21)  Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni sul tema Nuove prospettive per la revisione del regolamento GECT (CdR 100/2010 fin).

(22)  Conclusioni del Consiglio sull'Atto per il mercato unico - Priorità per rilanciare il mercato unico, 3105a sessione del Consiglio Affari economici e finanziari, Bruxelles, 12 luglio 2011.

Parere del Comitato delle regioni Verso un atto per il mercato unico (CdR 330/2010 fin).

(23)  Relazione sulla governance e il partenariato nel mercato unico (2010/2289 (INI)).

(24)  Parere del Comitato delle regioni sul tema Riesame dello "Small Business Act" per l'Europa (CdR 151/2011 riv. 1).

(25)  Cfr. le raccomandazioni dettagliate contenute nel parere di prospettiva del Comitato delle regioni (CdR 164/2010) sul tema Il ruolo degli enti regionali e locali nella futura politica ambientale, su come applicare un approccio basato sulla governance multilivello durante tutte le fasi di definizione della politica ambientale dell'UE.

(26)  Cfr. tra l'altro il libro bianco della Commissione intitolato Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti - Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile (COM(2011) 144 final).

(27)  Parere del Comitato delle regioni sul tema L'UE e la politica internazionale in materia di biodiversità dopo il 2010 (CdR 112/2010 fin); parere del Comitato delle regioni sul tema La politica internazionale sul clima dopo Copenaghen (CdR 245/2010 fin); progetto di parere del Comitato delle regioni sul tema Contributo degli enti locali e regionali dell'UE alla conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile 2012 (Rio + 20) (CdR 187/2011 riv. 1).

(28)  Parere del Comitato delle regioni sul tema La politica internazionale sul clima dopo Copenaghen (CdR 245/2010 fin).

(29)  Parere di prospettiva del Comitato delle regioni sul tema Il ruolo degli enti regionali e locali nella futura politica ambientale (CdR 164/2010 fin); e parere di prospettiva del Comitato delle regioni sul tema L'integrazione dei cambiamenti climatici e il futuro bilancio dell'UE (CdR 104/2011 fin).

(30)  Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni sul tema Il futuro della PAC dopo il 2013 (CdR 127/2010 fin).

(31)  Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni sul tema Sviluppo di una politica marittima integrata e conoscenze oceanografiche 2020 (CdR 339/2010 fin).

(32)  Comunicazione della Commissione agenda europea per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi (COM(2011) 455 final).

(33)  Parere del Comitato delle regioni e Libro verde della Commissione europea - La politica di sviluppo dell'Unione europea a sostegno della crescita inclusiva e dello sviluppo sostenibile - Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE (CdR 408/2010 fin).

(34)  Rapporto sulla consultazione sul Libro bianco del CdR sulla governance multilivello (CdR 25/2010 fin).

(35)  Cfr. attività dell'associazione Forum globale delle associazioni di regioni (FOGAR).

(36)  Il Comitato delle regioni ribadisce che il vertice Rio+20 dovrebbe dare mandato all'UNEP oppure al Consiglio per lo sviluppo sostenibile, di creare un comitato permanente per governi subnazionali e locali quale nuova struttura che tenga adeguatamente conto della governance multilivello e offra un meccanismo permanente di consultazione e cooperazione con i governi subnazionali e gli enti locali di tutto il mondo. Il CdR potrebbe fungere da modello in tal senso. È inoltre promettente il fatto che, nel quadro delle convenzioni di Rio, ai governi subnazionali e agli enti locali sia stato dato di recente un maggior riconoscimento del loro status speciale di istituzioni governative, compreso ad esempio il loro riconoscimento quali "parti interessate a livello governativo" nell'accordo di Cancún e nella decisione X/22 della COP 10 (convenzione sulla diversità biologica) in merito a un Piano d'azione per i governi subnazionali, le città e altri enti locali. Il CdR chiede che nel quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile i governi subnazionali e gli enti locali trovino spazio accanto ai governi nazionali e agli organi dell'ONU. Nel suo parere sul Contributo degli enti locali e regionali dell'UE alla conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile 2012 (Rio+20) (CdR 187/2011 riv. 1), il CdR deplora che nell'attuale architettura della governance internazionale, malgrado il ruolo specifico ricoperto nell'ambito della governance dai governi subnazionali e dagli enti locali, questi vengano spesso posti, in seno agli organismi dell'ONU, sullo stesso livello della società civile e delle imprese, analogamente ad altri importanti gruppi.

(37)  Questo primo quadro di valutazione si baserà su uno studio affidato all'EIPA.

(38)  Suddivise sotto due rubriche, sono state definite sei categorie di pratiche concrete di governance multilivello (I. Procedure: Informazione e consultazione; Coinvolgimento delle parti interessate e capacità di risposta; II. Contenuto delle politiche dell'UE: Politica territoriale / integrata / localizzata; Meccanismi per legiferare con intelligenza e Strumenti innovativi di attuazione e partenariato). È stata inoltre elaborata una definizione di ciò che può essere considerato "buona pratica" rispetto a questi sei modelli sulla base dei principi e degli obiettivi generali della governance multilivello, e sono stati fissati degli indicatori per misurare o valutare l'attuazione delle pratiche.

(39)  Per quanto riguarda la differenza di punteggio tra procedure e contenuto, i diversi sottopunteggi delle categorie procedure e contenuto indicano che, ad eccezione del Pacchetto di primavera, le pratiche di governance multilivello sono molto più sviluppate nel gruppo procedure (informazione/consultazione, coinvolgimento delle parti interessate, capacità di risposta) che nel gruppo contenuto (strumenti di attuazione innovativi, meccanismi per legiferare con intelligenza, approccio territoriale/integrato). Sia Europa 2020 che Energia/Clima raggiungono il punteggio minimo di 3/6 per il gruppo procedure. Tuttavia, il Quadro di valutazione indica anche che il risultato complessivo positivo per Europa 2020 è stato raggiunto grazie soprattutto al punteggio relativamente alto ottenuto per le sue pratiche di governance multilivello nel gruppo procedure.

Analizzando più in dettaglio le tre componenti di ciascun sottogruppo, dal diagramma del quadro di valutazione si evince che, ad eccezione del Pacchetto di primavera, i punteggi relativamente più alti del primo sottogruppo procedure rispetto al sottogruppo contenuto dipendono dai punteggi (molto) alti ottenuti dalla componente informazione/consultazione e, in parte, dal punteggio appena sufficiente relativo al coinvolgimento delle parti interessate. Il punteggio della componente capacità di risposta risulta invece, nel complesso, piuttosto basso. Nel secondo sottogruppo contenuto delle politiche dell'UE solo Europa 2020 ha raggiunto un risultato in qualche modo soddisfacente per quanto riguarda le componenti meccanismi per legiferare con intelligenza e strumenti di attuazione innovativi. Ciò vale anche per Energia/Clima e per il Pacchetto di primavera, relativamente alla componente approccio territoriale/integrato. Tutte le altre pratiche registrano un punteggio piuttosto basso.