ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 121

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

47o anno
30 aprile 2004


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

II   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni
54a sessione plenaria del 21 e 22 aprile 2004

2004/C 121/1

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Orientamenti di base per la sostenibilità del turismo

1

2004/C 121/2

Parere del Comitato delle regioni in merito alla:

7

2004/C 121/3

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ad un quadro unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass)

10

2004/C 121/4

Parere del Comitato delle regioni in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione 1419/1999/CE riguardante un'azione comunitaria a favore della manifestazione La capitale europea della cultura per gli anni dal 2005 al 2019

15

2004/C 121/5

Parere di prospettiva del Comitato delle regioni sul tema Il partenariato euromediterraneo e gli enti territoriali: la necessità di un coordinamento e di uno strumento specifico per la cooperazione decentrata

18

2004/C 121/6

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che attua il principio della parità di trattamento tra donne e uomini per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura

25

2004/C 121/7

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Pari opportunità per le persone con disabilità: un piano d'azione europeo

28

2004/C 121/8

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione Relazione comune sull'integrazione sociale contenente una sintesi dei risultati dell'esame dei piani di azione nazionali per l'integrazione sociale (2003-2005)

32

2004/C 121/9

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a pile e accumulatori e a pile e accumulatori usati

35

2004/C 121/0

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione, al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Sulla via della produzione sostenibile Progressi nell'attuazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento

45

2004/C 121/1

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Verso una strategia tematica per l'uso sostenibile delle risorse naturali

47

IT

 


II Atti preparatori

Comitato delle regioni 54a sessione plenaria del 21 e 22 aprile 2004

30.4.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 121/1


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Orientamenti di base per la sostenibilità del turismo

(2004/C 121/01)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la «Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Orientamenti di base per la sostenibilità del turismo europeo», COM(2003) 716 def.,

vista la decisione della Commissione europea del 21 ottobre 2003 di consultarlo in materia conformemente all'art. 265, 1o comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, in data 27 gennaio 2004, di incaricare la commissione Politica di coesione territoriale di elaborare un parere in materia,

visto il proprio parere in merito alla«Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni — Un approccio di cooperazione per il futuro del turismo europeo» (CdR 99/2002 fin) (1),

viste le conclusioni del convegno Euromeeting 2003 sulla sostenibilità del turismo europeo, organizzato congiuntamente dalla regione Toscana e dalla commissione COTER del Comitato delle regioni,

visto lo «Schema di sviluppo dello spazio europeo» (SSSE) ed il proprio parere in materia (CdR 266/98fin) (2),

visto il proprio progetto di parere (CdR 397/2003 riv. 1) adottato in data 18 febbraio 2004 dalla commissione Politica di coesione territoriale (relatore: MARTIN MENIS, Presidente del governo delle isole Canarie - ES/ELDR),

considerando quanto segue:

1)

nel mondo e nell'Unione europea, il turismo rappresenta uno dei settori più importanti e in in piena crescita dell'economia.

2)

Il turismo può contribuire in misura significativa a conseguire gli obiettivi di mantenimento di livelli elevati e stabili di crescita economica e occupazionale, un progresso sociale che tenga conto delle necessità di ciascun individuo, una tutela efficace dell'ambiente e un impiego equilibrato delle risorse naturali.

3)

Le risorse naturali, economiche, sociali e culturali che definiscono la sostenibilità economica del settore non sopporteranno un'espansione senza limiti del turismo europeo.

4)

Il piano di attuazione adottato al Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg chiede di concentrare gli sforzi e l'attenzione sullo sviluppo di un turismo sostenibile e indica misure per modificare i modelli non sostenibili di consumo e produzione.

5)

Proprio come il turismo è un fenomeno mondiale le cui basi sono locali, le sfide della sostenibilità legate a tale attività vanno dai problemi globali, da risolversi a livello mondiale,, alle difficoltà locali, che esigono una soluzione in loco. Il turismo è — comunque — un'attività a carattere soprattutto locale e regionale. Le misure relative al turismo devono venir ideate ed applicate essenzialmente a livello locale, per poter dare una risposta alle esigenze ed ai vincoli specifici esistenti.

6)

L'articolo 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea afferma che la promozione dello sviluppo sostenibile delle attività economiche è uno dei compiti della Comunità. Il turismo può offrire un rilevante contributo ai fini del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, e l'articolo 3, lettera u, del Trattato prevede che l'azione comunitaria comprenda misure nel campo del turismo per il conseguimento dei fini enunciati nell'articolo 2. La sostenibilità del turismo deve essere in linea con gli orientamenti generali per uno sviluppo sostenibile definiti per l'Unione europea nella Strategia europea a favore dello sviluppo sostenibile.

7)

Sin dalla metà degli anni '90, lo sviluppo sostenibile del turismo è diventato una priorità per le istituzioni comunitarie. Nella comunicazione «Un approccio di cooperazione per il futuro del turismo europeo» del novembre 2001, la Commissione ha proposto la «promozione di uno sviluppo sostenibile delle attività turistiche in Europa attraverso la definizione e l'attuazione di un'Agenda 21».

8)

Questa impostazione ha ricevuto il pieno appoggio del Parlamento europeo, del Consiglio, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni,

ha adottato il seguente parere in data 21 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria.

Il Comitato delle regioni

riconosce la difficoltà di sintetizzare in un documento di tale natura le priorità e le strategie della sostenibilità del turismo europeo, complesse come la sua struttura regionale, varie come il ventaglio dei prodotti offerti, molteplici come la gamma di domande poste dai consumatori e diverse come le particolarità delle prassi amministrative ed imprenditoriali utilizzate per configurare le destinazioni turistiche;

accoglie con estrema soddisfazione la comunicazione della Commissione, pur esprimendo riserve su alcuni passaggi della comunicazione, dato che il testo rappresenta la prima vera presa di posizione globale dell'Unione sulle sfide poste dalla sostenibilità del turismo;

ritiene che, sebbene vi siano altre prese di posizione altrettanto utili in materia di sostenibilità come lo «Schema di sviluppo dello spazio europeo» (SSSE), il valore principale della comunicazione risieda nel fatto che essa permette di prefigurare le azioni da intraprendere, soprattutto da parte delle regioni e delle singole destinazioni turistiche, per poter finalmente passare dalla teoria alla pratica in materia di sostenibilità del turismo;

osserva che la Commissione apre nuove prospettive alle amministrazioni locali e regionali per inserire la politica del turismo sostenibile in un contesto di equilibrio tra i tre pilastri della sostenibilità, e individua nel lavoro in comune e nella governance i fattori chiave, dal punto di vista metodologico, che permetteranno di far progredire l'intero settore e di ovviare alla scarsa coerenza dovuta alla molteplicità delle pratiche attualmente esistenti;

si compiace che la comunicazione suggerisca altresì una serie di iniziative da sviluppare da parte dei cittadini e dei turisti europei, da parte delle imprese del settore privato e delle parti sociali, da parte delle organizzazioni internazionali e da parte dei poteri pubblici nazionali, regionali e locali e da parte delle organizzazioni della società civile.

1.   Sfide e obiettivi del turismo sostenibile

La sfida principale: un'attività e una crescita sostenibili

1.1.

Ritiene che possano esistere ulteriori sfide specifiche in materia di sostenibilità del turismo in determinate aree geografiche come il Mediterraneo e le Alpi, come anche in altre aree quali le destinazioni turistiche insulari, le regioni ultraperiferiche ed i paesi in via di sviluppo;

1.2.

esprime soddisfazione per il fatto che la Commissione considera la gestione sostenibile del cosiddetto turismo di massa una sfida particolare che promette di fornire il contributo maggiore alla sostenibilità del turismo;

1.3.

ricorda che il turismo di massa ha comportato gravi costi ambientali, sociali e paesaggistici in numerose destinazioni turistiche. Visto da una prospettiva europea, tuttavia, l'impatto sulla sostenibilità è stato temperato dalle benefiche ripercussioni a livello sociale per i cittadini dei paesi di provenienza e di destinazione;

1.4.

rileva che numerose tra queste destinazioni oggi non puntano più ad accrescere la loro offerta sul piano quantitativo, ma rivolgono i loro sforzi ad una crescita qualitativa, mediante la riconversione delle loro infrastrutture e dei loro prodotti e con continue azioni di rinnovamento, pur fissando dei limiti alla crescita ed elaborando nuove strategie di pianificazione e di gestione sostenibile dei flussi turistici;

1.5.

considera che il nuovo obiettivo che consiste nell'orientare lo sviluppo turistico verso criteri di sostenibilità, e che stimola parallelamente consumi e prodotti turistici sostenibili a differenza di uno sviluppo turistico che risponde solo agli interessi immediati e a breve termine della domanda, deve far fronte a numerose difficoltà di ordine politico, economico e giuridico, le quali rientrano in un'altra sfera di competenze;

1.6.

reputa inoltre che tali difficoltà possano risultare ancora più esacerbate nelle destinazioni nelle quali il turismo rappresenta la principale fonte di ricchezza e di attività economica;

1.7.

ritiene inoltre che tali difficoltà possano aggravarsi nelle isole, nelle zone di montagna e nelle aree fragili e periferiche, in cui l' isolamento può esasperare le conseguenze negative della mancata sostenibilità;

1.8.

considera che per raccogliere sfide di tale portata gli enti regionali e locali debbano poter contare sulla massima collaborazione e sostegno da parte dei governi nazionali e delle istituzioni europee, che devono essere disposti ad attivare i meccanismi giuridici, economici e politici più adeguati per evitare il fallimento delle iniziative regionali e locali in materia di turismo sostenibile;

1.9.

giudica particolarmente importante adeguare correttamente la normativa comunitaria che disciplina gli aiuti di Stato allo scopo di favorire il rinnovamento continuo delle destinazioni turistiche, per promuovere crescite limitate e sostenibili, nonché lo sviluppo del turismo sostenibile nelle aree con svantaggi naturali e geografici permanenti in cui l'attività turistica possa pregiudicare risorse naturali fragili e di grande valore.

Un approccio equilibrato ai tre pilastri della sostenibilità

1.10.

Approva il riconoscimento esplicito dell'importanza del lavoro comune di tutte le parti interessate e della governance;

1.11.

considera necessario che gli enti turistici locali e regionali escano rafforzati da tale processo e siano in grado di coordinarsi con le altre amministrazioni ed enti a tutti i livelli, creando sinergie definite tra loro ed avvalendosi delle pratiche di buona governance per conseguire gli obiettivi voluti;

1.12.

considera altresì necessario che l'offrire un nuovo quadro di possibilità ed incentivi al complesso delle amministrazioni e delle politiche settoriali a livello regionale e locale, che hanno un'influenza chiara sulla configurazione del turismo sostenibile, dispongano di un nuovo quadro di opportunità e di incentivi in modo da poter contribuire, mediante la governance, alla pianificazione e gestione dei modelli di turismo sostenibile;

1.13.

ritiene che il settore turistico, in tutta la sua varietà e gli altri attori interessati debbano partecipare sin dall'inizio alla definizione della nuova politica turistica in materia di destinazioni sostenibili.

Modelli di consumo sostenibili

1.14.

Giudica che la Commissione abbia del tutto ragione nell'individuare nella stagionalità e nei trasporti due dei problemi principali del modello di consumo turistico sostenibile;

1.15.

ritiene che, per quanto riguarda la stagionalità, il problema sia di natura regionale, sebbene condiviso da numerosi luoghi e prodotti turistici europei, i quali debbono adeguare e gestire i propri modelli in funzione di tale elemento;

1.16.

considera che qualsiasi intervento politico comunitario riguardante la stagionalità debba essere estremamente cauto per non provocare le distorsioni sul mercato che potrebbero riguardare le destinazioni e i prodotti che basano i loro vantaggi competitivi sul fatto che altri luoghi e prodotti turistici sono in bassa stagione;

1.17.

ritiene per quanto riguarda i trasporti, che la tematica vada analizzata da più angolazioni, comprese l'efficienza dal punto di vista dei consumi e delle emissioni inquinanti, la separazione tra ricchezza e gli altri benefici generati rispetto ai precedenti e inclusi gli impegni in materia di sostenibilità che a tale scopo dovranno assumere le destinazioni turistiche e le regioni europee, ispirandosi anche a documenti e protocolli già firmati come il protocollo Trasporti della Convenzione alpina e altri proposti in materia;

1.18.

reputa tuttavia che l'analisi dal punto di vista dei consumi debba includere altre variabili pertinenti, allo scopo di evitare delle diagnosi parziali e contraddittorie;

1.19.

crede che mediante una concezione più globale, che integri una serie di aspetti connessi:

alla promozione delle spese turistiche sostenibile,

al rafforzamento della capacità di decisione e di scelta del turista sostenibile,

alla protezione dei diritti del turista sostenibile,

al turismo come fattore di coesione europea,

al turismo come fattore di ridistribuzione delle ricchezze,

al turismo come catalizzatore della pace,

sarà possibile avanzare verso analisi più complete della sostenibilità dal punto di vista del modello di consumo turistico;

1.20.

non ritiene che manchino i turisti interessati alla sostenibilità. Crede al contrario che i turisti europei siano fondamentalmente a favore della sostenibilità, sebbene ciò che s'intende per «prodotti sostenibili» vari considerevolmente da un turista all'altro; pertanto l'offerta di tali prodotti costituisce una sfida per le destinazioni turistiche e le loro imprese. Occorre dare alle mete turistiche i mezzi per lo sviluppo di prodotti turistici sostenibili e esse devono promuovere in particolare le loro caratteristiche e i loro impegni in materia di sostenibilità e favorire la capacità di scelta da parte del turista sostenibile;

1.21.

crede sia necessario salvaguardare il nesso tra sostenibilità e competitività. Tale nesso, sebbene fino ad oggi fragile e contraddittorio, rappresenta l'opportunità principale per procedere nel dialogo verso posizioni maggiormente sostenibili attraendo nel contempo un maggior numero di alleati di partner con lo stesso obiettivo.

Modelli di produzione sostenibili

1.22.

Si complimenta con la Commissione per aver sviluppato il concetto dello sviluppo sostenibile delle destinazioni turistiche;

1.23.

considera si tratti di uno dei contributi più significativi dell'intera comunicazione.

1.24.

apprezza i riferimenti a:

la destinazione turistica come prodotto turistico nella sua totalità,

l'importanza delle attività che combinano gli interessi pubblici con quelli privati per conseguire una produzione sostenibile,

le «mono-economie» fragili e dipendenti, senza effetti indiretti,

le condizioni eque per i fornitori locali e il ritorno alle destinazioni turistiche dei profitti generati dal turismo,

come giustificazione delle iniziative e delle politiche volte ad adeguare i modelli turistici regionali alle potenzialità del mercato ed agli interessi di sostenibilità delle destinazioni e delle regioni turistiche;

1.25.

apprezza i riferimenti a:

il paesaggio culturale tradizionale,

le risorse del patrimonio, l'infrastruttura, l'ospitalità e le strutture turistiche che costituiscono le risorse fondamentali di una destinazione turistica,

lo sfruttamento intelligente del territorio,

l'identità culturale locale e le necessità dei residenti locali,

come riprova della necessità di vincolare la politica turistica a livello locale e regionale con le altre politiche settoriali applicando una corretta governance;

1.26.

apprezza il riferimento alla necessità di rispettare la capacità ricettiva delle zone naturali e culturali, e all'importanza di inserire la valutazione della capacità ricettiva in un contesto generale di definizione di modelli di turismo sostenibile su scala regionale e locale;

1.27.

apprezza il riferimento alle seconde case, alle residenze di anziani e le escursioni di un solo giorno in quanto riprova della necessità di analizzare adeguatamente i fenomeni connessi al turismo e studiarne le conseguenze positive e negative, come primo passo per lo sviluppo di azioni politiche e normative.

2.   La situazione attuale

Molte iniziative

2.1.

Ritiene che tra le conclusioni più interessanti dell'SSSE («Schema di sviluppo dello spazio europeo») figuri l'appello alle industrie ed alle amministrazioni settoriali, inter alia del settore turistico, affinché si assumano le proprie responsabilità in materia di riflessione sul territorio e di pianificazione territoriale. Si tratta di uno dei documenti principali tra quelli che invocano per i vari settori, tra cui il turismo, la capacità di intervenire a livello di pianificazione territoriale, e che chiede in particolare il rafforzamento della capacità di apportare conoscenze e metodologie ex novo, promuovendo la capacità di decisione del turista sostenibile, migliorando il posizionamento dei prodotti più sostenibili e tenendo conto costantemente di incentrare le politiche regionali sugli interessi di sostenibilità delle comunità locali nei loro tre aspetti: economico, sociale ed ambientale.

Lento progresso

2.2.

Condivide l'opinione della Commissione circa gli scarsi progressi in materia di sostenibilità turistica, il che giustifica la necessità di formulare alcuni orientamenti di fondo per invertire la tendenza e muovere verso obiettivi di sostenibilità;

2.3.

accoglie con soddisfazione la risposta della Commissione poiché essa è a favore della definizione di una politica turistica europea «dal basso verso l'alto», ricordando con chiarezza il principio di sussidiarietà e responsabilizzando le destinazioni turistiche affinché muovano verso forme di sviluppo sostenibile;

2.4.

condivide la posizione della Commissione che sottolinea il valore del ruolo delle PMI e delle destinazioni turistiche come fattori chiave per il successo delle iniziative di sostenibilità.

3.   Affrontare le sfide: l'opzione politica

3.1.

Condivide l'impostazione della Commissione che incentra le azioni sui seguenti punti:

l'attuazione efficace delle iniziative in corso,

le attività comunitarie volte alla «ottimizzazione degli effetti delle politiche e misure comunitarie sulla sostenibilità del turismo europeo»,

le attività comunitarie volte alla «definizione e attuazione di misure complementari specifiche per il turismo».

Tuttavia avrebbe desiderato che tali concetti venissero sviluppati ulteriormente.

4.   Attuazione della sostenibilità del turismo: orientamenti di base per un approccio comunitario

Il concetto generale di azione futura

4.1.

Condivide l'analisi della Commissione che segnala la necessità di coinvolgere tutte le parti interessate a tutti i livelli, da quello locale a quello mondiale;

4.2.

manifesta preoccupazione circa l'idea della Commissione di affrontare le questioni legate alla concentrazione stagionale e ai viaggi turistici sostenibili a un livello superiore a quello regionale e locale;

4.3.

considera che stimolare determinate domande turistiche a partire dal livello superiore potrebbe mettere a repentaglio gli interessi delle mete turistiche che non ne saranno beneficiate, per non parlare di quelle extracomunitarie, il che rappresenterebbe una distorsione del mercato;

4.4.

crede che la Commissione abbia ragione nel confrontare la necessaria azione politica, imprenditoriale e sociale per realizzare nei fatti la sostenibilità del turismo con le formulazioni specifiche o settoriali dell'agenda 21. In altre parole, e per quanto riguarda la politica regionale: il riesame delle politiche turistiche a livello regionale e locale alla luce dei criteri di sostenibilità, di cui la comunicazione contiene giustificazione, obiettivi e metodologie, rappresenta un'eccellente opportunità di rilanciare i processi dell'agenda 21, che attualmente, sotto il profilo amministrativo, politico, imprenditoriale e sociale, sono in secondo piano in molte regioni e destinazioni turistiche europee;

4.5.

considera che, in tale contesto,creando un quadro locale e regionale per gli interventi a favore dello sviluppo del turismo sostenibile, che sia collegato a sua volta ai vari quadri nazionali e a quello europeo, si aprano nuove opportunità per le amministrazioni regionali, e specialmente per le amministrazioni turistiche regionali e locali che dovranno rafforzare la propria capacità di affrontare le sfide, ma anche per tutte le amministrazioni e le politiche regionali che hanno un'evidente rilevanza per la sostenibilità del turismo, ad esempio nei settori ambientale, dell'assetto territoriale, dell'occupazione, dell'agricoltura, della cultura e del patrimonio, della formazione e così via, che potranno trovare, integrando la sostenibilità del turismo, un quadro nuovo per formulare le proprie iniziative;

4.6.

è d'accordo sul fatto che l'informazione sia una questione chiave per lo sviluppo sostenibile del turismo. Il turismo è infatti un'attività che si svolge in un quadro di scarsa trasparenza e di mancanza di informazioni affidabili. Il settore in generale e le destinazioni turistiche potranno posizionarsi adeguatamente rispetto alle strategie di sostenibilità solamente a patto di disporre di informazioni essenziali sulla loro attività. Buona parte di tali informazioni può essere prodotta e raccolta soltanto in loco, nelle destinazioni turistiche medesime;

4.7.

esorta le istituzioni europee a promuovere e sostenere reti di destinazioni turistiche in grado di produrre e scambiare le informazioni;

4.8.

ritiene vi sia un'ulteriore categoria di informazioni turistiche rilevanti, che esula dalle possibilità delle destinazioni turistiche e delle loro reti, e che in tale contesto la Commissione europea possa svolgere un ruolo fondamentale, che non può essere svolto né dalle regioni né dagli Stati membri.

Intenzioni della Commissione

4.9.

Si congratula per le valutazioni d'impatto effettuate dalla Commissione, in particolare in materia di turismo, e considera che queste rappresentino degli eccellenti esempi per promuovere i criteri di corretta governance nelle regioni europee e nelle loro destinazioni turistiche;

4.10.

sostiene l'obiettivo della Commissione di preparare ed attuare un programma di lavoro interno volto a potenziare gli effetti delle varie politiche comunitarie;

4.11.

ritiene che gli indicatori di sostenibilità del turismo, più che un obiettivo in sé, «per la misurazione dello sviluppo sostenibile nel turismo», siano importanti in quanto catalizzatori dei processi di sostenibilità. È per tal motivo essenziale che le parti interessate (industria, amministrazioni, società civile e così via) siano coinvolte sin dall'inizio nell'elaborazione degli indicatori e che questi siano semplici e di facile interpretazione, in modo che tutti possano capirli e continuare a dare il loro contributo;

4.12.

considera che cercare di misurare la sostenibilità significhi avvicinarsi ad essa, grazie agli sforzi messi in atto dalle varie parti interessate per comprendere l'impatto turistico, alla ricerca di alternative e allo sviluppo del capitale sociale che ciò comporta;

4.13.

è a favore di un accordo di cooperazione con l'Organizzazione mondiale del turismo (OMT) in materia di turismo sostenibile;

4.14.

si congratula con la Commissione per l'avvio del gruppo per la sostenibilità del turismo composto da rappresentanti dei poteri nazionali, regionali e locali, delle aziende del settore, dei sindacati e della società civile;

4.15.

considera di essere, in quanto organismo dell'Unione che rappresenta gli enti regionali e locali europei, l'istituzione più indicata per designare i membri che rappresenteranno tali poteri in seno a tale gruppo in collaborazione con le associazioni paneuropee degli enti locali e regionali;

4.16.

propone che, per consentire il funzionamento di tale gruppo, i suoi membri vengano selezionati in base a raggruppamenti regionali geografici e che in esso si rispecchi tutta la varietà di tipi di destinazioni turistiche;

4.17.

propone che Eurostat assista il gruppo per la sostenibilità del turismo nei suoi lavori con l'obiettivo di definire su scala europea gli indicatori del turismo sostenibile e promuoverli su scala regionale e locale, il che potrebbe rappresentare un salto qualitativo importante verso lo sviluppo di un turismo sostenibile;

4.18.

concorda con la Commissione sul fatto che la stagionalità e i trasporti sono due problemi significativi, connessi alle scelte sostenibili del consumatore, e che è necessario che un gruppo di esperti si riunisca regolarmente; ma desidera ricordare, tuttavia, che nelle loro riflessioni essi devono integrare analisi globali, che comprendano le altre variabili significative, allo scopo di evitare diagnosi parziali o contraddittorie;

4.19.

reputa che, ad ogni modo, si debba agire con estrema cautela al momento di definire le possibili campagne di sensibilizzazione, specie quelle rivolte ai consumatori, in maniera da evitare tensioni tra diverse destinazioni e prodotti, ragion per cui tali campagne devono essere strutturate in modo abbastanza generico. D'altra parte, può essere senz'altro una misura significativa l'allocazione di mezzi adeguati affinché gli enti locali e regionali delle diverse destinazioni turistiche incorporino e comprendano gli orientamenti enunciati nella comunicazione della Commissione e si uniscano alle iniziative dirette a metterli in pratica;

4.20.

considera d'altro canto che il turista debba essere consapevole del proprio diritto ad un consumo turistico sostenibile, così come riconosciuto dalla «Carta dei diritti e dei doveri dei turisti», che aiuterà senz'altro l'industria del settore e le destinazioni turistiche ad adeguare i propri prodotti ai modelli sostenibili richiesti dai turisti europei e non europei che visiteranno l'Unione;

4.21.

è d'accordo con la Commissione nel considerare le opportunità offerte dalla responsabilità sociale delle imprese (RSI) come iniziative per promuovere lo sviluppo e l'adozione delle buone prassi nel contesto della produzione sostenibile;

4.22.

si congratula con la Commissione per le previste attività di promozione delle iniziative delle destinazioni turistiche nei seguenti ambiti:

impiego generalizzato dello strumento dell'Agenda 21 Locale nelle destinazioni turistiche europee,

sviluppo di tecniche adattabili a livello locale per gestire e potenziare le capacità ricettive,

scambio di informazioni tra le destinazioni turistiche europee,

un approccio dal basso verso l'alto,

sviluppo e diffusione delle buone pratiche,

utilizzo delle tecnologie di informazione e comunicazione.

4.23.

Fa assegnamento sul fatto che la Commissione disponga delle risorse necessarie per realizzare quanto sopra ed auspica che essa prenda misure per inserire tali obiettivi nelle attuali linee di aiuto comunitario, o in quelle che vengano considerate più adatte a tale scopo, ad esempio potenziando l'iniziativa Interreg 3, che potrebbe fornire un sostegno finanziario in particolare alle reti di destinazioni turistiche, o altre iniziative che vengano considerate più adatte a tal fine;

4.24.

segnala l'importanza delle riunioni tematiche in materia di turismo, coinvolgendo gli enti locali e regionali, le associazioni che li rappresentano e le parti interessate, per diffondere, spiegare gli obiettivi, le metodologie e progressi degli orientamenti di fondo per la sostenibilità del turismo europeo e consentire alle regioni, alle imprese turistiche e agli elementi della società civile di spiegare e prendere posizione in materia;

4.25.

considera che tra le iniziative che la Commissione metterà in atto per collaborare alle attività colte a rafforzare le capacità delle destinazioni turistiche, tenendo conto della dimensione spaziale e della pianificazione territoriale del turismo, sarebbe necessario includere la competitività, il che permetterebbe un approccio tripartito: competitività, qualità, sostenibilità.

Il possibile ruolo delle altre parti interessate

Cittadini e turisti europei

4.26.

Ritiene che il turista europeo debba essere informato correttamente circa la «Carta dei diritti e dei doveri dei turisti» in materia di turismo sostenibile;

4.27.

esorta le mete turistiche a difendere gli interessi ed i diritti dei turisti sostenibili e a predisporre sistemi che permettano di recepirne i suggerimenti.

4.28.

raccomanda che le destinazioni turistiche promuovano in particolare le proprie caratteristiche e i loro impegni in materia di sostenibilità.

4.29.

propone che quanto detto sopra sia preso espressamente in considerazione nelle metodologie di attuazione dei processi dell'agenda 21 o nei piani turistici di sviluppo sostenibile.

Imprese del settore privato e parti sociali

4.30.

Condivide appieno quanto espresso in questa parte della comunicazione.

4.31.

considera necessario potenziare l'articolazione del settore delle PMI e la formazione dei dirigenti e dei dipendenti delle PMI, promovendone la presenza in tutte le riunioni decisionali e agevolando il loro accesso all'attuazione dei sistemi di qualità;

4.32.

propone che il quadro d'azione comunitario elenchi espressamente tali obiettivi.

Destinazioni turistiche europee e poteri pubblici

4.33.

Approva pienamente quanto espresso in questa parte della comunicazione e si congratula con la Commissione;

4.34.

ritiene che le autorità turistiche regionali e locali dispongano di un'occasione eccellente per farsi carico ed essere coinvolte nello sviluppo del turismo sostenibile, istituendo le sinergie e coordinamenti con le altre amministrazioni, conformemente alle strutture amministrative di ciascuna regione, per conseguire gli obiettivi prefissati;

4.35.

ritiene inoltre che tutte le amministrazioni regionali e locali coinvolte dispongano di opzioni chiare per poter incorporare le esigenze di sostenibilità turistica nelle proprie azioni ed obiettivi;

4.36.

accoglie con soddisfazione il riferimento della Commissione europea ai contratti tripartiti come strumenti di collaborazione tra le diverse amministrazioni. Il turismo può infatti essere uno dei campi di applicazione dei contratti tripartiti;

4.37.

reputa che la Commissione debba realizzare un'analisi dell'efficienza, affinché il potenziamento del suo attuale quadro d'azione a favore della sostenibilità del turismo europeo non venga stemperato in una serie di azioni isolate a livello di mete turistiche, e al tempo stesso mantenga la diversità degli obiettivi prefissati.

Organizzazioni internazionali e governi nazionali

4.38.

Sottoscrive completamente il contenuto di questo punto della comunicazione.

Gruppi della società civile

4.39.

Sottoscrive completamente il contenuto di questo punto della comunicazione, ma ricorda che la partecipazione di tali gruppi e di tutto il terzo settore sarà possibile solamente a patto di fornir loro le capacità necessarie, vale a dire la capacità reale di partecipare ai processi, fatto che presuppone un'informazione completa, dettagliata ed accessibile, ragion per cui sarà necessario prevedere azioni specifiche in tal senso.

5.   Conclusioni

5.1.

Accoglie con soddisfazione l'intenzione della Commissione di informare il Consiglio e le altre istituzioni europee circa i progressi realizzati nell' attuazione e di preparare un'Agenda 21 per il turismo europeo. Ritiene, tuttavia, che la preparazione nei dettagli dell'Agenda 21 per il turismo debba venir effettuata al più tardi entro il 2005;

5.2.

chiede di figurare tra le istituzioni comunitarie informate dalla Commissione.

Bruxelles, 21 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 66 del 19.3.2003, pag. 14.

(2)  GU C 93 del 6.4.1999, pag. 36.


30.4.2004   

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C 121/7


Parere del Comitato delle regioni in merito alla

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sugli ostacoli all'accesso diffuso a nuovi servizi ed applicazioni della società dell'informazione mediante piattaforme aperte di televisione digitale e comunicazioni mobili di terza generazione e alla

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla transizione dalla trasmissione radiotelevisiva analogica a quella digitale (dallo «switchover» digitale allo «switch-off» analogico)

(2004/C 121/02)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

viste la Comunicazione della Commissione europea sugli ostacoli all'accesso diffuso a nuovi servizi ed applicazioni della società dell'informazione mediante piattaforme aperte di televisione digitale e comunicazioni mobili di terza generazione [COM(2003) 410 def.] e la Comunicazione della Commissione europea sulla transizione dalla trasmissione radiotelevisiva analogica a quella digitale (dallo «switchover» digitale allo «switch-off» analogico) [COM(2003) 541 def.],

vista la decisione della Commissione europea, del 9 luglio 2003, di consultarlo a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 19 giugno 2003, di incaricare la commissione Cultura e istruzione di elaborare un parere sull'argomento,

viste le conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002,

viste le conclusioni del Consiglio europeo di Siviglia del giugno 2002,

visto il proprio parere sul tema «Analisi comparativa dei progressi dell'iniziativa eEurope» e «eEurope 2005: una società dell'informazione per tutti» (CdR 136/2002 fin) (1),

visto il proprio parere sul tema «Adozione di un programma pluriennale (2004-2006) per l'effettiva integrazione delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) nei sistemi di istruzione e formazione in Europa (Programma e-Learning)» (CdR 73/2003 fin) (2),

visto il proprio parere sul tema «Seconda fase del piano pluriennale d'azione comunitario per promuovere l'uso sicuro di Internet attraverso la lotta alle informazioni di contenuto illegale e nocivo diffuse attraverso le reti globali» (CdR 140/2002 fin) (3),

visto il proprio parere in merito alla «Proposta di decisione del Consiglio recante adozione di un programma pluriennale (2003-2005) per il monitoraggio del piano d'azione eEurope, la diffusione della buona prassi e il miglioramento della sicurezza delle reti e dell'informazione (Modinis)» (CdR 252/2002 fin) (4),

visto il proprio parere sul tema «eEurope 2002: accessibilità e contenuto dei siti Internet delle amministrazioni pubbliche» (CdR 397/2001 fin) (5),

visto il proprio progetto di parere (CdR 308/2003 riv. 2) adottato in data 19 febbraio 2004 dalla commissione Cultura e istruzione (relatore: Luigi Sergio RICCA, sindaco di Bollengo, IT/PSE),

Considerando quanto segue:

1)

Il Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 ha riconosciuto che la televisione digitale e le comunicazioni mobili di terza generazione (3G) svolgeranno un ruolo fondamentale nel fornire un accesso diffuso ai servizi interattivi; ha quindi auspicato che gli Stati membri promuovano l'uso di piattaforme aperte per dare libertà di scelta ai cittadini nell'accesso ai servizi e alle applicazioni della società dell'informazione, invitando altresì la Commissione a presentare un'analisi degli ostacoli che tuttora limitano la realizzazione di un ampio accesso a tali servizi ed applicazioni.

2)

Il Consiglio europeo di Siviglia del giugno 2002, con l'adozione del piano d'azione eEurope 2005, ha riconosciuto che, per raggiungere l'obiettivo di Lisbona di fare dell'Unione l'economia basata sulla conoscenza più competitiva del mondo, è importante una società dell'informazione accessibile a tutti.

3)

È importante, nei prossimi anni, consentire l'accesso generalizzato di tutti i cittadini, compresi i portatori di disabilità e di altre esigenze speciali, ai nuovi servizi ed applicazioni della società dell'informazione,

ha adottato il seguente parere in data 21 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria.

1.   Posizione del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

esprime apprezzamento per l'iniziativa della Commissione, che ha accolto le sollecitazioni rivoltele di esaminare e riferire sugli ostacoli che tuttora si frappongono all'accesso diffuso ai servizi della società dell'informazione mediante piattaforme aperte in comunicazioni mobili (3G) e in televisione digitale, nonché per l'ampia consultazione pubblica avviata in materia;

1.2

concorda con una visione del futuro che disegna una società dell'informazione per tutti, nella quale prima o poi tutti si collegheranno regolarmente ai servizi elettronici e ne faranno un uso completo;

1.3

condivide la scelta della Commissione di concentrare la sua comunicazione sulle piattaforme di trasmissione dei servizi, vale a dire sui mezzi di distribuzione dei servizi, piuttosto che soffermarsi sulla varietà dei servizi stessi;

1.4

concorda sul fatto che le infrastrutture di comunicazione sono oggi caratterizzate da una serie di isole di connettività, più o meno comunicanti tra loro, che esiste una tendenza verso una crescente interoperabilità tra queste «isole» e che in tale evoluzione assume rilievo l'aspetto tecnologico: la digitalizzazione delle reti esistenti contribuisce infatti in modo sostanziale alla possibilità di renderle interoperabili;

1.5

condivide il fatto che l'evoluzione verso l'interoperabilità è determinata in parte dal mercato (gli utenti vogliono accedere a servizi offerti da fornitori diversi su apparecchiature diverse in luoghi e situazioni diverse) e in parte dalla evoluzione regolamentare (si tende a creare un contesto di parità, neutrale rispetto alla tecnologia, che incentivi un ambiente concorrenziale multipiattaforma);

1.6

concorda sui vantaggi offerti dalla migrazione verso il digitale, con la possibilità di elaborare e comprimere i dati digitali, rendendo assai più efficace l'uso della capacità di rete rispetto ai segnali analogici;

1.7

richiama l'attenzione sul fatto che oggi i personal computer (PC) sono il mezzo più diffuso per accedere ai servizi della società dell'informazione e che gli apparecchi per televisione digitale e i telefoni cellulari occupano solo un secondo posto assai distante rispetto ai PC stessi, mentre stanno emergendo dispositivi che si inquadrano in più categorie;

1.8

ricorda che la radiodiffusione televisiva e la radiodiffusione sonora non sono, al momento, ai sensi della direttiva 89/552/CEE, considerati servizi della società dell'informazione perché non sono prestati su richiesta individuale, e che la televisione digitale non equivale alla televisione interattiva;

1.9

ricorda che la transizione verso il digitale («switchover») è un processo complesso, con implicazioni socioeconomiche che trascendono di gran lunga la semplice migrazione tecnica. Se si considera il ruolo della radio e della televisione nella società moderna, il cambiamento ha una valenza non solo economica, ma anche politica e sociale;

1.10

sostiene la scelta della Commissione di concentrare la sua attenzione sullo sviluppo della interoperabilità e, in questo quadro, di privilegiare le «piattaforme aperte», associandole ad una maggiore libertà di scelta, da parte dei cittadini, riguardo alle applicazioni e ai servizi della società dell'informazione;

1.11

prende atto della evoluzione delle telecomunicazioni mobili da semplice fornitura di servizi di telefonia vocale con l'aggiunta degli SMS, alla fornitura di servizi mobili di dati e multimediali. Permane tuttavia una serie di ostacoli alle comunicazioni mobili di terza generazione (3G) che così si riassumono:

a)

elevati costi di realizzazione delle infrastrutture;

b)

consistenti e perduranti problemi tecnici;

c)

mancanza di servizi validi;

d)

mancanza di «domanda» per servizi «3G»;

1.12

prende atto altresì che il quadro complessivo che emerge dall'esame della materia è particolarmente complesso ed articolato e che nessuna analisi può considerarsi definitiva: si apprezza quindi un approccio che tenda a propiziare condizioni di concorrenza improntate alla neutralità tecnologica e che si orienti a considerare, tra gli ostacoli che pregiudicano l'accesso ai servizi della società dell'informazione, oltre all'«apertura» delle piattaforme 3G e di televisione digitale, anche altri fattori che riguardano più in particolare i consumatori.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

raccomanda che, nel sostenere l'accessibilità a nuovi servizi ed applicazioni della società dell'informazione e nell'accompagnare la transizione dalla trasmissione radiotelevisiva analogica a quella digitale («switchover» digitale e successivo «switch-off» analogico), si pongano in primo piano non tanto gli interessi commerciali, ma soprattutto quelli dei cittadini consumatori, evitando un impatto socialmente regressivo: considerando il ruolo della radio e della televisione nella società moderna, le conseguenze non sono di natura unicamente economica, ma anche sociale e politica;

2.2

considera un obiettivo essenziale che la società europea dell'informazione si sviluppi in modo equo sul piano sociale, culturale, linguistico e regionale e che, per evitare nuove forme di esclusione, venga garantita a tutti i cittadini la possibilità di trarne vantaggio;

2.3

chiede quindi di porre la massima attenzione affinché:

a)

a causa della migrazione verso il digitale, tante famiglie non siano semplicemente private dei servizi radiotelevisivi (al momento, la tecnologia digitale è principalmente diffusa sui canali a pagamento via satellite): lo «switch-off» dovrà avvenire solo quando sarà rimasto in uso un numero davvero esiguo di apparecchi analogici;

b)

sia assicurato lo sviluppo di servizi utili ed attraenti per i consumatori;

c)

sia creato un ambiente sicuro che ispiri nei consumatori la fiducia nell'uso dei servizi interattivi, in particolare per quanto riguarda la vita privata e la tutela dei dati personali (per es. le informazioni relative alle carte di credito);

d)

venga creato per i nuovi servizi elettronici un ambiente di piena chiarezza regolamentare;

e)

sia assicurato l'accesso ai portatori di disabilità e di altre esigenze speciali;

f)

si accelerino gli investimenti nelle infrastrutture di comunicazione digitale, in modo da consentire alla società di anticipare i vantaggi del processo, garantendo un pari accesso a tutti i livelli territoriali senza creare scompensi e costi eccessivi per i cittadini;

2.4

raccomanda che le eventuali misure specifiche rese necessarie a livello nazionale od europeo per sostenere economicamente la migrazione dall'analogico al digitale siano volte innanzitutto a:

a)

assicurare il pluralismo dell'informazione, considerato l'impatto sociopolitico dei contenuti dei programmi radiotelevisivi;

b)

assicurare che il processo di cambiamento sia trainato dall'offerta di servizi più che costituire un mero cambiamento di infrastruttura senza la percezione del valore aggiunto da parte del cittadino. I poteri pubblici devono stimolare l'offerta di contenuti a valore aggiunto sulle reti televisive, garantendo contemporaneamente la diffusione dell'informazione pubblica;

c)

sostenere il ruolo rilevante che le regioni e gli enti locali possono svolgere come fornitori di informazioni, come fornitori di servizi «on line», nonché come utilizzatori delle tecnologie dell'informazione e comunicazione nei settori dell'istruzione, formazione professionale, sanità e promozione di contenuti culturali o turistici, e altresì per sviluppare l'interoperabilità tra le amministrazioni pubbliche;

d)

contribuire al sostegno della diffusione sul territorio, anche nelle zone periferiche, delle infrastrutture per l'accesso facilitato ai servizi, così da diminuire il divario rispetto alle zone ad alta concentrazione di servizi digitali;

e)

contribuire alla disponibilità di ricevitori a basso costo, in modo che l'entrata nel digitale non comporti maggiori costi per il consumatore;

f)

far sì che l'intera amministrazione pubblica europea, a tutti i livelli, si impegni ad offrire un servizio on line ai cittadini, configurandosi così come modello e referente per la promozione e la diffusione della nuova tecnologia digitale;

2.5

sottolinea l'esigenza che l'eventuale intervento pubblico non produca distorsioni nel sistema e non sia lesivo del principio della concorrenza. Gli interventi degli Stati membri non devono essere discriminatori, né privilegiare un operatore di mercato rispetto ad un altro;

2.6

invita ad esaminare con attenzione i rischi legati ad un mancato intervento pubblico di sostegno, che, da un lato, potrebbe mettere a repentaglio gli obiettivi di interesse comune da raggiungere e, dall'altro, andare a scapito della competitività e dell'impulso ad innovare. In ogni caso, dato che l'intervento pubblico, come nel caso per esempio dello «switchover» radiotelevisivo, chiama in causa un giudizio politico da parte dell'autorità competente nazionale e/o regionale, tale giudizio non dovrà essere arbitrario, ma fondato su una valida analisi di mercato; le specificità delle regioni, in particolare la superficie e la popolazione, devono essere tenute in debito conto al momento di definire gli aiuti pubblici necessari per una dotazione infrastrutturale atta a garantire l'accesso sull'intero territorio;

2.7

invita a porre attenzione alla questione dello spettro di frequenze liberato dalla televisione analogica, da riutilizzare tutto per altri canali televisivi o per nuovi settori e servizi, come per esempio quelli di telefonia mobile;

2.8

sottolinea che la moltiplicazione dei canali radiotelevisivi disponibili potrebbe causare problemi per quanto riguarda la capacità del mercato di assorbire tutte le opportunità offerte dalle tecnologie: in particolare rischierebbero di soccombere le piccole emittenti locali, che potrebbero trovare un ostacolo nei costi economici da affrontare per sostenere la concorrenza e nel ridotto introito di diritti per pubblicità. Questo potrebbe essere un elemento negativo anche per gli enti locali, i quali trovano spesso, proprio attraverso gli operatori radiotelevisivi locali, gli strumenti per la promozione e la valorizzazione delle specificità culturali e socioeconomiche del loro territorio. Le nuove tecnologie devono invece assicurare la possibilità di distribuire un maggior volume di informazione, accessibile ad un numero sempre più ampio di cittadini.

Bruxelles, 21 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 128 del 29.5.2003, pag. 14.

(2)  GU C 244 del 10.10.2003, pag. 42.

(3)  GU C 73 del 26.3.2003, pag. 34.

(4)  GU C 128 del 29.5.2003, pag. 19.

(5)  GU C 278 del 14.11.2002, pag. 24.


30.4.2004   

IT

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C 121/10


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ad un quadro unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass)

(2004/C 121/03)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ad un quadro unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass) COM(2003) 796 def. — 2003/0307 (COD),

vista la decisione del Consiglio, del 14 gennaio 2004, di consultarlo in materia, conformemente al disposto degli articoli 265, 149 e 150 del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 26 settembre 2003, di incaricare la commissione Cultura e istruzione di elaborare un parere sull'argomento,

viste le conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 sulla maggiore trasparenza delle qualifiche,

visto il piano d'azione per la mobilità approvato dal Consiglio europeo di Nizza del dicembre 2000,

viste le conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 sulla trasparenza dei diplomi e delle qualifiche UE,

vista la comunicazione della Commissione del 21 novembre 2001 Realizzare uno spazio europeo dell'apprendimento permanente,

vista la raccomandazione 2001/613/CE del Parlamento europeo e la raccomandazione del Consiglio del 10 luglio 2001 sulla promozione e diffusione dell'utilizzo di documenti per la trasparenza al fine di costituire uno spazio europeo delle qualifiche,

vista la comunicazione della Commissione del 13 febbraio 2002 relativa al piano d'azione per le competenze e la mobilità,

vista la risoluzione del Consiglio del 3 giugno 2002 sulle competenze e la mobilità,

vista la risoluzione del Consiglio del 27 giugno 2002 sull'apprendimento permanente,

vista la dichiarazione di Copenaghen del 30 novembre 2002 e la risoluzione del Consiglio del 19 dicembre 2002 sulla promozione di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale,

visti i propri pareri in merito alla promozione di percorsi europei di formazione in alternanza e tramite apprendistato (CdR 431/97 fin) (1) e in merito ai nuovi programmi Socrates, Leonardo da Vinci e Gioventù (CdR 226/98) (2),

visto il proprio progetto di parere CdR 307/2003 riv. 1 adottato il 19 febbraio 2004 dalla commissione Cultura e istruzione (relatore: Luigi FLORIO, consigliere comunale di Asti (IT/PPE)),

considerando quanto segue:

1.

la mancanza di trasparenza delle qualifiche e delle competenze è uno dei principali fattori che ancora ostacolano la mobilità delle persone, e in particolare dei giovani, all'interno dell'Unione europea.

2.

Il superamento di tale ostacolo è pertanto una premessa essenziale per favorire, attraverso la mobilità, l'apprendimento permanente, contribuendo ad un'istruzione e formazione di qualità.

3.

Il processo avviato negli ultimi anni dall'Unione europea, teso ad aumentare la cooperazione in materia di istruzione e formazione favorendone la trasparenza, necessita di un salto di qualità che porti all'integrazione degli strumenti esistenti in un quadro unico.

4.

Appare di fondamentale importanza affiancare alle iniziative legislative adeguate misure di accompagnamento che favoriscano la conoscenza delle nuove norme e il loro diffuso utilizzo.

5.

Le amministrazioni locali e regionali svolgono un ruolo essenziale nella politica europea dell'istruzione e della formazione, sia per la propria competenza in materia sia per il rapporto più diretto che hanno con i cittadini,

ha adottato il seguente parere in data 21 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

1.1

Il Comitato delle regioni condivide la finalità della Commissione di istituire un quadro unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze, così come auspicato dalla risoluzione del Consiglio del 19 dicembre 2002 sulla promozione di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale.

1.2

Il Comitato ha sottolineato, già in precedenti occasioni, l'importanza di favorire una sempre maggiore trasparenza in questi settori al fine di abbattere i residui ostacoli alla mobilità delle persone all'interno dell'UE finalizzata a ragioni di studio e di lavoro, dedicando particolare attenzione a quanti soffrono di disabilità.

1.3

Il Comitato ricorda che gli strumenti attualmente già a disposizione dei cittadini europei, quali il formato europeo comune per il curriculum vitae (CV), il supplemento al diploma «Europass-Formazione», nonché i supplementi ai certificati e i portafogli europei per le lingue attualmente in via di elaborazione da parte delle autorità nazionali, presentano tutti il limite di rispondere a singole esigenze specifiche, di essere stati istituiti nell'ambito di iniziative differenti e di essere, di norma, gestiti separatamente. Ciò fa sì che anche chi conosce uno o più di tali strumenti può ignorarne altri, con danno soprattutto per i candidati ma anche per chi è chiamato a esaminare le candidature.

1.4

Il Comitato concorda con la Commissione nel ritenere che un'azione di razionalizzazione e semplificazione sostenuta da un'iniziativa legislativa a livello comunitario, finalizzata al coordinamento e all'accorpamento dei vari strumenti, possa dare a questi ultimi un considerevole valore aggiunto. Ciò è anche dimostrato dai risultati conseguiti in alcuni paesi, dove la promozione coordinata di tali strumenti ha portato al risultato di un'accresciuta visibilità, facilità di accesso ed efficacia.

1.5

Il Comitato fa proprio l'intendimento della Commissione di sostituire il documento Europass-Formazione, istituito dalla decisione 1999/51/CE, con un documento analogo di più ampia portata nel quale si possano registrare tutti i periodi di mobilità transnazionale effettuati in tutta Europa e finalizzati all'apprendimento che soddisfino determinati criteri qualitativi.

1.6

Il Comitato condivide l'esigenza, evidenziata dalla Commissione, di istituire in ogni Stato membro un unico organismo competente a livello nazionale per il coordinamento di tutte le attività relative a Europass.

1.7

Il Comitato invita la Commissione a prevedere forme di coinvolgimento delle autonomie locali, il cui ruolo in materia di istruzione e di formazione è rilevante e il cui rapporto diretto con i cittadini può essere di fondamentale importanza per il successo della proposta.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Raccomandazione 1

Considerando 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Tale quadro deve essere costituito da un portafoglio di documenti con un'unica denominazione e un unico logo nel quale potranno confluire in futuro altri documenti che rispondano alla stessa finalità, deve essere supportato da sistemi d'informazione adeguati e promosso mediante forti iniziative a livello europeo e nazionale.

Tale quadro deve essere costituito da un portafoglio di documenti con un'unica denominazione e un unico logo nel quale potranno confluire in futuro altri documenti che rispondano alla stessa finalità, deve essere supportato da sistemi d'informazione adeguati e promosso mediante forti iniziative a livello europeo, nazionale, regionale e locale.

Motivazione

L'emendamento tiene conto del ruolo fondamentale che possono svolgere le autonomie locali nel promuovere Europass.

Raccomandazione 2

Considerando 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

È pertanto necessario garantire la coerenza e la complementarità tra le iniziative attuate a norma della presente decisione e altri strumenti, politiche ed iniziative in materia.

È pertanto necessario garantire la coerenza e la complementarità tra le iniziative attuate a norma della presente decisione e altri strumenti, politiche ed iniziative in materia, puntando ad una semplificazione degli stessi.

Motivazione

L'emendamento tiene conto dell'esigenza di semplificazione amministrativa per rendere più agevole l'utilizzo del nuovo strumento.

Raccomandazione 3

Dopo il considerando 10 aggiungere il seguente nuovo considerando

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

(11)

Nell'ambito della presente iniziativa particolare attenzione deve essere riservata alla consultazione delle amministrazioni locali e regionali, considerate la loro competenza in materia di istruzione e formazione e il rapporto diretto che esse hanno con i cittadini.

Motivazione

L'emendamento tiene conto della natura federale di diversi Stati membri e del ruolo essenziale delle amministrazioni regionali e locali nei settori dell'istruzione e della formazione.

Raccomandazione 4

articolo 2, secondo comma

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Sui documenti Europass figura il logo Europass.

Sui documenti Europass figurano il logo Europass e la bandiera dell'Unione europea.

Motivazione

L'emendamento evidenzia l'opportunità che la bandiera dell'UE sia presente su ogni documento ufficiale proveniente dalla stessa, per facilitare la riconoscibilità dello strumento proposto.

Raccomandazione 5

articolo 8, primo comma

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Ai fini dell'attuazione della presente decisione, la Commissione e le competenti autorità nazionali cooperano alla creazione e alla gestione di un sistema d'informazione Europass basato su Internet, alcune parti del quale sono gestite a livello europeo e altre a livello nazionale.

Ai fini dell'attuazione della presente decisione, la Commissione e le competenti autorità nazionali, regionali e locali cooperano alla creazione e alla gestione di un sistema d'informazione Europass basato su Internet, o, se del caso, su mezzi di comunicazione che consentano l'accesso alle informazioni da parte dei disabili. A alcune parti di tale sistema el quale sono gestite a livello europeo e altre a livello nazionale, regionale e locale. Occorrerà garantire i mezzi di accesso all'informazione in merito a Europass.

Motivazione

L'emendamento tiene conto della natura federale di diversi Stati membri e del ruolo essenziale delle amministrazioni regionali e locali nei settori dell'istruzione e della formazione.

Raccomandazione 6

Articolo 9, paragrafo 2, lettera a)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Coordinare, in collaborazione con gli organismi nazionali competenti, o eventualmente eseguire le attività necessarie per mettere a disposizione o rilasciare i documenti Europass.

Coordinare, in collaborazione con gli organismi nazionali, regionali e locali competenti, o eventualmente eseguire le attività necessarie per mettere a disposizione o rilasciare i documenti Europass.

Motivazione

L'emendamento tiene conto della natura federale di diversi Stati membri e del ruolo essenziale delle amministrazioni regionali e locali nei settori dell'istruzione e della formazione.

Raccomandazione 7

Articolo 10, lettera a)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Garantire un'azione di promozione e d'informazione adeguata a livello europeo e nazionale, sostenendo ed eventualmente completando le iniziative delle ANE.

Garantire un'azione di promozione e d'informazione adeguata a livello europeo, nazionale, regionale e locale, anche attraverso il ruolo svolto dagli enti regionali e locali nella diffusione delle informazioni direttamente ai cittadini, sostenendo ed eventualmente completando le iniziative delle ANE.

Motivazione

L'emendamento tiene conto del ruolo fondamentale che possono svolgere le autonomie locali nel promuovere Europass. Gli enti locali e regionali dovrebbero essere coinvolti nelle azioni e campagne informative previste.

Bruxelles, 21 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 180 dell'11.6.1998, pag. 43.

(2)  GU C 51 del 22.9.1999, pag. 77.


30.4.2004   

IT

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C 121/15


Parere del Comitato delle regioni in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione 1419/1999/CE riguardante un'azione comunitaria a favore della manifestazione «La capitale europea della cultura» per gli anni dal 2005 al 2019

(2004/C 121/04)

Il Comitato delle regioni,

vista la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n.1419/1999/CE riguardante un'azione comunitaria a favore della manifestazione «La capitale europea della cultura» per gli anni dal 2005 al 2019 [COM(2003) 700 def. — 2003/0274 (COD)],

vista la decisione del Consiglio, del 3 dicembre 2003, di consultarlo in materia a norma dell'articolo 151, paragrafo 5, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 6 novembre 2004, di incaricare la commissione Cultura e istruzione di elaborare un parere in materia,

vista la proposta di relazione della commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione, I mezzi d'informazione e lo sport del Parlamento europeo in merito al documento COM (2003) 700 def.,

vista la decisione n. 1419/1999/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, riguardante un'azione comunitaria a favore della manifestazione «La capitale europea della cultura» per gli anni dal 2005 al 2019,

visto il proprio parere in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante una nuova iniziativa comunitaria a favore della manifestazione «Città europea della cultura» (CdR 448/97 fin) (1),

visto il proprio progetto di parere (CdR 393/2003 riv. 1) adottato il 19 febbraio 2004 dalla commissione Cultura e istruzione (relatore: Annette McNamara, membro del consiglio della contea di Cork e della South West Regional Authority, IE/AE),

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 21 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

In merito alla capitale europea della cultura

Il Comitato delle regioni

1.1

reputa che la manifestazione «La capitale europea della cultura» sia una piattaforma ideale per mettere in evidenza, promuovere, arricchire e sperimentare quella prospettiva culturale più ampia che si avrà con l'allargamento dell'Unione europea;

1.2

evidenzia le ricadute positive e gli enormi benefici che ne derivano, non solo sul piano culturale, per le città designate capitale della cultura.

In merito alla proposta di modifica presentata dalla Commissione europea

Il Comitato delle regioni

1.3

si compiace del fatto che la proposta di modifica presentata dalla Commissione europea intenda consentire ai nuovi Stati membri di partecipare quanto prima alla manifestazione «La capitale europea della cultura» senza dover attendere fino al 2020 per presentare un ordine cronologico aggiornato che preveda anche la loro partecipazione;

1.4

riconosce anch'esso che la proposta all'esame è il risultato di un processo di consultazione con gli Stati membri attuali e futuri;

1.5

tuttavia, pur plaudendo all'intento della proposta, sottolinea con forza il fatto che tutti gli Stati membri riceveranno pari trattamento, a prescindere dalla data dell'adesione all'UE, e che le proposte di modifica della decisione n. 1419/1999/CE non devono essere viste come un tentativo di operare distinzioni tra gli Stati membri o essere utilizzate a questo fine;

1.6

reputa tuttavia che la Commissione europea avrebbe dovuto tener maggiormente conto del processo di selezione e della sua attuazione presentando ulteriori emendamenti alla decisione n. 1419/1999/CE;

1.7

è consapevole del fatto che la designazione di due capitali europee della cultura all'anno a partire dal 2009 potrebbe apparentemente indebolire l'importanza della capitale stessa; tuttavia, dopo un'attenta riflessione, esso ritiene che la proposta presentata sia la soluzione migliore per coinvolgere quanto prima le città dei nuovi Stati membri mantenendo al tempo stesso l'ordine cronologico di presentazione delle candidature degli attuali Stati membri (Allegato I alla decisione n. 1419/1999/CE); in alcune città di tali Stati, infatti, attualmente potrebbero essere in corso preparativi in vista di una loro candidatura;

1.8

reputa inoltre che designare due capitali della cultura potrebbe riflettere meglio la ricchezza e la diversità delle culture europee, specialmente in seguito all'allargamento dell'Unione;

1.9

nutre preoccupazioni per il fatto che l'allegato relativo agli Stati membri che possono presentare candidature, nella sua versione modificata, non prevede ulteriori allargamenti dell'Unione ed esorta la Commissione europea a chiarire la situazione degli attuali paesi candidati e di quelli che hanno presentato una domanda di adesione all'UE;

1.10

reputa che un maggiore accento sulla creazione di sinergie tra i programmi e le manifestazioni culturali delle due capitali della cultura sarà utile per accelerare l'integrazione, favorire la comprensione e sviluppare un'identità europea, nonché per promuovere una maggiore conoscenza reciproca tra i cittadini europei (cfr. art. 1 della decisione n. 1419/1999/CE). Ritiene inoltre che con la duplice capitale della cultura si introduca un elemento di concorrenza che dovrebbe contribuire a elevare il livello qualitativo delle manifestazioni e delle produzioni artistiche iscritte nei programmi culturali delle città. Esorta pertanto a inserire tra i criteri di selezione anche la necessità di creare sinergie tra le città interessate;

1.11

reputa che designando due capitali europee della cultura all'anno saranno necessarie ulteriori risorse finanziarie per garantire che il livello e la qualità dei programmi culturali non risentano della ripartizione delle risorse.

In merito al procedimento di selezione

Il Comitato delle regioni

1.12

reputa che, tenuto conto delle modifiche proposte alla decisione n. 1419/1999/CE, sia opportuno presentare alcune osservazioni in merito al processo di selezione della capitale europea della cultura;

1.13

rimane convinto che la procedura di selezione e il meccanismo stabiliti dalla decisione n. 1419/1999/CE, in linea generale, siano adeguati in quanto prevedono una giuria indipendente incaricata di valutare le candidature e di formulare le proprie raccomandazioni in base a criteri trasparenti, a colloqui con i rappresentanti delle città proposte e a visite in loco;

1.14

nutre tuttavia preoccupazioni in merito allo svolgimento del processo di selezione, e in particolare all'approccio adottato da taluni Stati membri nel presentare le candidature;

1.15

desidera sottolineare l'importanza della dimensione europea della manifestazione «La capitale europea della cultura». Teme tuttavia che questo aspetto possa non essere sempre il criterio principale per la candidatura delle città, in quanto gli Stati membri, nel presentare le proprie candidature, possono dare maggior peso a considerazioni nazionali. Il Comitato ritiene pertanto importante che la selezione risponda meglio agli obiettivi e alle caratteristiche della manifestazione;

1.16

invita tutti gli Stati membri (sia attuali che futuri) che presentano candidature per la capitale europea della cultura a proporre possibilmente più di una città per consentire di effettuare il processo di selezione previsto dalla decisione n. 1419/1999/CE e di scegliere il candidato più adatto in base ai criteri stabiliti. Reputa che, in caso contrario, il processo di selezione e la giuria rappresentativa diventino praticamente superflui e che ciò possa compromettere la dimensione europea della manifestazione;

1.17

si compiace di essere membro della giuria, ma si rammarica che finora quest'ultima non sia stata utilizzata a sufficienza. Ciò nonostante, esso sottolinea l'opportunità della sua partecipazione e segnala che anche in futuro desidera continuare a partecipare in modo significativo al processo di selezione.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

chiede espressamente di essere associato attivamente alla riflessione che la Commissione europea intende avviare sulle procedure e i metodi di selezione della capitale europea della cultura ed esorta la Commissione europea ad avviare tale riflessione con la massima sollecitudine;

2.2

invita tutti gli Stati membri (sia attuali che futuri) che presentano candidature per la manifestazione «La capitale europea della cultura» a proporre possibilmente più di una città:

Articolo 2, paragrafo 1

[Art. 1 del documento COM(2003) 700 def.]

Testo proposto dalla Commissione

[Art. 1 del documento COM(2003) 700 def.]

Emendamento del CdR

Le città degli Stati membri sono designate «Capitali europee della cultura» in base ad un sistema di rotazione, secondo l'ordine dell'elenco figurante nell'allegato I. Fino al 2008 compreso, la designazione va a una città dello Stato membro indicato nell'elenco. A partire dal 2009, la designazione va a una città di ciascuno degli Stati membri indicati nell'elenco. L'ordine cronologico previsto nell'allegato I può essere modificato di comune accordo tra gli Stati membri interessati. Ciascuno Stato membro interessato presenta, a turno, al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e al Comitato delle regioni la candidatura di una o più città. Questa presentazione avviene entro quattro anni prima dell'inizio della manifestazione. Essa è accompagnata da una eventuale raccomandazione dello Stato membro interessato.

Le città degli Stati membri sono designate «Capitali europee della cultura» in base ad un sistema di rotazione, secondo l'ordine dell'elenco figurante nell'allegato I. Fino al 2008 compreso, la designazione va a una città dello Stato membro indicato nell'elenco. A partire dal 2009, la designazione va a una città di ciascuno degli Stati membri indicati nell'elenco. L'ordine cronologico previsto nell'allegato I può essere modificato di comune accordo tra gli Stati membri interessati. Ciascuno Stato membro interessato presenta, a turno, al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e al Comitato delle regioni la candidatura di una o più almeno due città. Questa presentazione avviene entro quattro anni prima dell'inizio della manifestazione. Essa è accompagnata da una eventuale raccomandazione dello Stato membro interessato.

2.3

esorta a inserire nel processo di selezione un criterio inteso a creare sinergie tra i programmi e le manifestazioni culturali delle due capitali della cultura:

Articolo 2, paragrafo 2

(Decisione n.1419/1999/CE)

Testo proposto dalla commissione

Articolo 2, paragrafo 2 (Decisione n. 1419/1999/CE)

Emendamento del CdR

La Commissione costituisce ogni anno una giuria alla quale è affidato il compito di elaborare una relazione sulla o sulle candidature presentate alla luce degli obiettivi e delle caratteristiche della presente azione. La giuria è composta da sette alte personalità indipendenti, esperti nel settore culturale, di cui due nominati dal Parlamento europeo, due dal Consiglio, due dalla Commissione e uno dal Comitato delle regioni. La giuria presenta la sua relazione alla Commissione, al Parlamento europeo e al Consiglio.

La Commissione costituisce ogni anno una giuria alla quale è affidato il compito di elaborare una relazione sulla o sulle candidature presentate alla luce degli obiettivi e delle caratteristiche della presente azione, corredata da raccomandazioni su come le due città designate possano creare sinergie tra i rispettivi programmi culturali. La giuria è composta da sette alte personalità indipendenti, esperti nel settore culturale, di cui due nominati dal Parlamento europeo, due dal Consiglio, due dalla Commissione e uno dal Comitato delle regioni. La giuria presenta la sua relazione alla Commissione, al Parlamento europeo e al Consiglio.

Bruxelles, 21 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 180 dell'11.6.1998, pag. 70.


30.4.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 121/18


Parere di prospettiva del Comitato delle regioni sul tema Il partenariato euromediterraneo e gli enti territoriali: la necessità di un coordinamento e di uno strumento specifico per la cooperazione decentrata

(2004/C 121/05)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la lettera che la vicepresidente della Commissione europea Loyola de PALACIO ha indirizzato, in data 5 settembre 2003, al Presidente del Comitato delle regioni BORE, invitando il Comitato ad elaborare, conformemente all'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea, un parere di prospettiva che valuti i progressi realizzati nel processo di Barcellona e analizzi il funzionamento degli accordi di associazione in vigore con i paesi partner del Mediterraneo e, in base alla propria esperienza, fornisca un quadro dello sviluppo della cooperazione fra le regioni dell'UE e quelle dei paesi del Mediterraneo meridionale o fra le regioni del Mediterraneo meridionale stesse,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza del 6 novembre 2003 di incaricare la commissione Relazioni esterne di elaborare un parere di prospettiva in materia,

visto il protocollo sulle modalità di cooperazione fra la Commissione europea e il Comitato delle regioni, firmato dai loro rispettivi Presidenti il 20 settembre 2001 (DI CdR 81/2001 riv. 2),

visto il proprio parere sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Il consolidamento della politica mediterranea dell'Unione europea: proposte per la creazione di un partenariato euromediterraneo (COM(1995) 72 def.) (CdR 371/95) (1),

visto il proprio parere sul tema Gli enti locali e il partenariato euromediterraneo (CdR 125/97 fin) (2),

vista la propria risoluzione sul tema La cooperazione decentrata e il ruolo degli enti locali e regionali nel partenariato euromediterraneo (CdR 40/2000 fin) (3),

visto il proprio parere sul tema Gli enti regionali e locali di fronte alla strategia comune dell'Unione europea per il Mediterraneo (CdR 123/2000 fin) (4),

vista la relazione del Parlamento europeo in merito alla comunicazione della Commissione sulle relazioni UE/regione mediterranea Imprimere un nuovo impulso al processo di Barcellona (A5-0009/2001),

vista la relazione del Parlamento europeo sulla relazione annuale del programma MEDA 2000 A5-0114/2003),

vista la relazione del Parlamento europeo sull'Europa ampliata (A5-0378/2003),

vista la comunicazione della Commissione Europa ampliata — Prossimità (COM(2003) 104 def.),

visto il proprio parere del 9 ottobre 2003 in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Europa ampliata — Prossimità: un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali (CdR 175/2003 fin) (5),

viste le conclusioni della conferenza Per un nuovo spazio euromediterraneo, che ha riunito, su iniziativa del Comitato delle regioni, i rappresentanti locali e regionali il 31 ottobre 2003 a Livorno (CdR 350/2003),

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo intitolata Preparazione della VI riunione dei ministri degli Affari esteri (Barcellona VI) che si terrà il 2 e 3 dicembre 2003 a Napoli in merito alla quale il Comitato delle regioni ha ricevuto una richiesta di consultazione dalla Commissione in data 5 novembre 2003,

viste le conclusioni della conferenza interistituzionale per il rilancio della dimensione mediterranea, svoltasi a Palermo il 27-28 novembre 2003,

vista la propria risoluzione sulla VI conferenza euromediterranea svoltasi il 2 e 3 dicembre 2003 a Napoli (CdR 357/2003fin) (6),

visto il rapporto del Gruppo dei Saggi sul dialogo fra i popoli e le culture del 2 dicembre 2003,

vista la terza relazione della Commissione sulla politica di coesione economica e sociale e in particolare il riferimento alla necessità di promuovere una politica di prossimità e creare un'azione o uno strumento di grande prossimità per le regioni ultraperiferiche dell'UE,

visto il proprio progetto di parere (CdR 327/2003 riv. 2) adottato il 1o marzo 2004 dalla commissione Relazioni esterne [relatori: Jacques BLANC, presidente del consiglio regionale della Linguadoca-Rossiglione (FR/PPE), e Gianfranco LAMBERTI, sindaco di Livorno (IT/PSE)],

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 21 aprile, nel corso della 54a sessione plenaria del 21 e 22 aprile 2004.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

si compiace che la Commissione, nel quadro del protocollo di cooperazione con il Comitato, abbia chiesto a quest'ultimo un parere di prospettiva sul partenariato euromediterraneo e la cooperazione decentrata, per poter valutare l'esperienza del partenariato fra le sponde settentrionali e meridionali del Mediterraneo dal punto di vista delle regioni e degli enti locali;

1.2

accoglie con grande favore ogni nuova occasione e iniziativa di cooperazione fra gli enti territoriali dell'Unione europea e le regioni e i loro omologhi dei paesi partner del Mediterraneo;

1.3

considera che le relazioni che gli enti regionali, locali e le città delle sponde meridionali e settentrionali hanno già intrattenuto, da almeno due decenni, costituiscono un «patrimonio comune» di know-how, di conoscenze e di scambi. Tale patrimonio, che deve essere valorizzato e incoraggiato, rappresenta per il Comitato delle regioni un pilastro importante del partenariato, non solo a livello sociale e culturale, ma anche a livello della stabilità politica e della sicurezza, che non ha raggiunto un livello sufficiente;

1.4

fa osservare che l'allargamento dell'UE rappresenta per le istituzioni comunitarie una duplice sfida:

l'attuazione di politiche di sviluppo e di coesione intese a realizzare effettivamente il processo di integrazione fra 25 Stati,

la gestione di un nuovo contesto di relazioni con i nuovi vicini dell'Europa orientale e del Mediterraneo meridionale, alla luce della strategia dell'Europa ampliata.

Ad Alessandria d'Egitto il Presidente PRODI ha recentemente dichiarato che «ciò significa stabilire relazioni sempre più strette e più salde con tutti i nostri vicini e creare un »anello di paesi amici« con i quali condividere tutti i vantaggi dell'associazione, tranne le istituzioni dell'Unione»;

1.5

osserva che, già nel parere del 1995 sul rafforzamento della politica mediterranea dell'UE, esso aveva sottolineato quanto il bacino del Mediterraneo rappresentasse — sia per l'UE che per i suoi attuali e futuri Stati membri — un'area strategica, all'interno della quale occorreva creare una zona economica forte, capace di contribuire all'equilibrio regionale dell'Unione, facendo della pace, della stabilità e della prosperità gli obiettivi prioritari;

1.6

ritiene che nel creare una zona di pace, stabilità e prosperità nel Mediterraneo non si possa ignorare che il Regno del Marocco ha un versante atlantico che ne costituisce la frontiera con l'UE e che occorre favorire la cooperazione di questa zona con i territori europei più vicini, tra i quali si trovano alcune regioni ultraperiferiche;

1.7

considera che ignorare la dimensione euromediterranea equivarrebbe ormai a dare carattere permanente all'instabilità e all'insicurezza nella periferia meridionale dell'Unione europea, dal Marocco alla Turchia, dal Sahara al Caspio. La cooperazione nel Mediterraneo è fattore di pace e di stabilità. «Tentare di costruire l'Europa trascurando il mondo mediterraneo, che è la culla delle civiltà, sarebbe un grave errore» (R. PRODI, Bologna, maggio 2003);

1.8

ritiene che l'adesione di Cipro e Malta all'UE possa dare un impulso positivo al partenariato euromediterraneo. A tale proposito, auspica inoltre che i negoziati in corso per la riunificazione di Cipro siano coronati da successo;

1.9

sottolinea che la situazione dei paesi delle sponde meridionale e orientale del Mediterraneo e in Medio Oriente impone un significativo rafforzamento dell'azione dell'Unione europea. Il Mediterraneo non può essere considerato al tempo stesso culla di civiltà e regione periferica, non può essere prioritario nell'azione di promozione della coesistenza e della cooperazione fra i popoli e le culture, ma venire di fatto ridotto ad una questione di sicurezza. Del resto una delle specificità dell'ambiente mediterraneo è la sua ricchezza e la sua diversità, legate a territori densi di storia, e anche la sua vulnerabilità;

1.10

insiste sul fatto che, nel quadro della strategia di cooperazione euromediterranea, «L'UE è impegnata nella promozione della democrazia, della buona governance, dello Stato di diritto, nonché nella promozione e protezione di tutti i diritti umani: civili, politici, economici, sociali e culturali (…) Attribuisce estrema importanza all'abolizione della pena di morte, alla lotta contro la tortura e i trattamenti inumani, alla lotta contro il razzismo, la xenofobia e le discriminazioni nei confronti delle minoranze, alla promozione e protezione dei diritti della donna e del bambino e alla protezione dei difensori dei diritti umani. L'UE riconosce appieno il ruolo cruciale svolto dalla società civile nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione»;

1.11

fa osservare che, già nei propri pareri Gli enti locali e regionali e il partenariato euromediterraneo e Gli enti regionali e locali di fronte alla strategia comune dell'Unione europea per il Mediterraneo aveva giudicato indispensabile favorire il dialogo fra le culture e le religioni.

Il processo di Barcellona: uno slancio da proseguire e rafforzare

Il Comitato delle regioni

1.12

considera il processo di Barcellona, per la sua dimensione strategica, come il quadro più importante di dialogo e cooperazione tra l'Unione ed i suoi interlocutori mediterranei;

1.13

ricorda che in seguito allo spirito di Barcellona il partenariato euromediterraneo si è strutturato su due livelli d'azione — bilaterale e regionale — ed è basato su tre linee d'intervento, tutte della stessa importanza, ovvero: la cooperazione politica e di sicurezza, la cooperazione economica e finanziaria, e la cooperazione sociale, culturale ed umana. Tale strategia, avviata nel 1995, sta gradualmente assorbendo lo spirito dello sviluppo sostenibile, che dovrebbe essere il fulcro di tutta la cooperazione euromediterranea a livello sub-nazionale, analogamente a quanto avviene nell'iniziativa Piano d'azione per il Mediterraneo avviata dagli Stati nell'ambito del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (PNUA);

1.14

sottolinea il fatto che i 27 partner euromediterranei hanno stabilito tre obiettivi prioritari: 1) la creazione di una zona di pace e di stabilità fondata sul dialogo; 2) l'istituzione di una zona di prosperità basata sul libero scambio; 3) la conoscenza reciproca ed il ravvicinamento tra i popoli e le culture del bacino mediterraneo;

1.15

osserva che il processo di Barcellona — come constatato dalla Commissione e dal Parlamento — non ha avuto un'evoluzione lineare e non ha prodotto i risultati attesi, nonostante gli sforzi dei vari interlocutori: 1) i conflitti e le tensioni nei Balcani, in Algeria, nel Vicino e nel Medio Oriente, compresa la guerra in Iraq, hanno ostacolato la creazione di una zona di stabilità, mentre il processo di pace arabo-israeliano si è bloccato del tutto; 2) a fronte della firma di nuovi accordi d'associazione e dell'aumento del valore assoluto degli scambi, la disparità economica tra le due sponde mediterranee è aumentata. Da un lato è aumentata la dipendenza economica del Sud dal Nord, e dall'altro è diminuita l'autosufficienza alimentare del Sud (7); 3) si sono registrati alcuni progressi in materia di dialogo culturale e sociale. Tuttavia in numerosi paesi la libertà d'espressione non è ancora completa. È inoltre necessario che il dialogo esca dagli ambienti elitari dei politici, dei funzionari e degli intellettuali per coinvolgere la società civile e le istituzioni locali e regionali, più vicine ai cittadini. Da ciò derivano le nostre proposte concrete;

1.16

ritiene che il Piano d'azione di Valencia, che prevede la creazione di istituzioni euromediterranee ad hoc e sostiene la proposta del Patto «Eurocittà» abbia costituito un momento importante per rilanciare il processo di Barcellona;

1.17

si associa al sostegno offerto dai ministri, a Valencia, al processo di Agadir e a tutte le iniziative per estendere il campo di applicazione degli accordi di libero scambio — in un'ottica Sud-Sud — ai partner del Maghreb e del Vicino Oriente, ivi compresi i processi d'integrazione a livello sub-nazionale quali l'Unione del Maghreb arabo (UMA). Osserva tuttavia che il fatto che continuino ad esservi frontiere chiuse tra alcuni dei paesi partner ha ostacolato il processo d'integrazione;

1.18

si rallegra che, a seguito di Valencia, le decisioni adottate alla Sesta conferenza euromediterranea di Napoli si siano tradotte nella creazione dell'Assemblea parlamentare euromediterranea, in quanto strumento di dialogo politico;

1.19

prende atto della decisione della conferenza di Napoli di rafforzare il Fondo euromediterraneo di investimenti e partenariato (FEMIP) nel quadro della BEI, e valutare entro la fine del 2006 l'inserimento di uno strumento sussidiario;

1.20

guarda con attenzione a tale valutazione relativa alla possibilità di creare una Banca euromediterranea per gli investimenti;

1.21

accoglie molto favorevolmente la creazione della Fondazione euromediterranea per il dialogo tra le culture e le civiltà, che contribuirà a sviluppare l'aspetto società civile del processo di Barcellona, e chiede di essere coinvolto nelle future attività di tale istituzione;

1.22

accoglie positivamente la relazione del Gruppo dei Saggi sul dialogo tra popoli e culture nello spazio euromediterraneo, elaborata nel dicembre 2003 su iniziativa del Presidente della Commissione (8), nella quale viene proposto un programma per mettere in atto le iniziative della fondazione di cui sopra;

1.23

osserva con soddisfazione che i ministri euromediterranei, riuniti a Napoli (Barcellona VI), hanno preso nota delle conclusioni della conferenza Per un nuovo spazio euromediterraneo che si è tenuta a Livorno il 31 ottobre 2003 su iniziativa del Comitato delle regioni. In tale occasione si era richiesto di dare un nuovo impulso al partenariato euromediterraneo e di coinvolgere maggiormente gli enti locali in qualità di attori privilegiati, allo scopo di realizzare una zona di libertà, di stabilità, di prosperità e di pace nell'area mediterranea;

1.24

si rammarica tuttavia che i ministri euromediterranei riuniti a Napoli non abbiano preso in considerazione la richiesta — pur formulata in ripetute occasioni dal Comitato delle regioni fin dal 1997 — di creare un organo che rappresenti gli enti locali e regionali.

Il programma MEDA: un bilancio in chiaroscuro

Il Comitato delle regioni

1.25

ricorda che sono in vigore accordi d'associazione con la Tunisia, Israele, il Marocco, l'Autorità palestinese e la Giordania, che tali accordi sono in corso di ratifica con l'Egitto, il Libano e l'Algeria e che sono in corso negoziati con la Siria;

1.26

insiste sul fatto che le finalità principali del programma MEDA consistono nell'agevolare le riforme socioeconomiche strutturali dei paesi partner, migliorare le condizioni di vita degli strati più deboli della popolazione e ridurre l'impatto della liberalizzazione dell'economia sul tessuto sociale e sul territorio, in previsione della realizzazione della zona di libero scambio entro il 2010 (9);

1.27

ritiene che la zona di libero scambio costituisca una tappa necessaria dei tre pilastri del processo di Barcellona e non sia fine a se stessa. Deve essere concepita nel quadro dei principi dello sviluppo sostenibile e nella consapevolezza che la fase di transizione comporterà una serie di rischi per i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo: 1) squilibri sociali considerevoli, risultanti dalle ristrutturazioni del sistema produttivo ed economico; 2) nuove polarizzazioni e concentrazioni spaziali in grado di peggiorare ulteriormente gli esistenti squilibri territoriali; 3) una pressione molto importante sull'ambiente, risultante dall'aumento degli scambi, dalla realizzazione delle necessarie infrastrutture energetiche e di trasporto, dall'aumentato sfruttamento del suolo e dall'incremento del volume di rifiuti;

1.28

conviene con la Commissione sul fatto che la cooperazione economica con i paesi in questione è stata significativa, e che l'efficacia globale della cooperazione economica comunitaria con i partner mediterranei si è dimostrata nel complesso soddisfacente, ma non ha sviluppato tutto il proprio potenziale a causa di una serie di inefficienze emerse nella gestione dei programmi (10);

1.29

deplora che nella terza parte del programma MEDA I siano emersi grossi ostacoli alla partecipazione delle regioni e degli enti locali delle due sponde del Mediterraneo;

1.30

constata che con il programma MEDA I (1996-1999) l'Unione ha speso 3,5 miliardi di euro — su un importo di oltre 4,68 miliardi destinati ai partner mediterranei — mentre con il programma MEDA II (2000-2006) il contributo dell'Unione ammonta a circa 5,35 miliardi di euro;

1.31

ritiene che queste somme non siano sufficienti, considerate le ambizioni del processo di Barcellona e l'enorme richiesta di cooperazione e di risorse proveniente dai paesi del Mediterraneo meridionale;

1.32

si rammarica che la situazione sia lungi dall'essere soddisfacente sul piano dell'impiego di tali risorse, nonostante i miglioramenti constatati con il programma MEDA II (con un tasso di spesa effettiva di circa il 50 % delle somme impegnate nel 2001, e di circa il 70 % nel il 2002). Invita la Commissione ad intensificare le iniziative a favore dell'informazione e le altre misure adottate per migliorare il tasso di utilizzo;

1.33

considera positive le iniziative di cooperazione regionale che integrano programmi bilaterali, come ad esempio Euromed-Heritage, MEDA-Democracy e il programma regionale Euromed per la gestione locale delle risorse idriche, pur sottolineando la loro mancanza di visibilità presso gli interlocutori — e più in generale i cittadini — della sponda meridionale del Mediterraneo;

1.34

deplora tuttavia l'estrema esiguità dei finanziamenti stanziati a favore dei paesi mediterranei all'interno dei programmi orizzontali previsti dalla Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo (IEDDU) che, con il passaggio a MEDA II, ha sostituito i programmi MEDA-Democracy;

1.35

ricorda che gli interlocutori meridionali accusano difficoltà oggettive nella messa in atto della cooperazione bilaterale, in particolare a causa delle procedure burocratiche e delle lungaggini nell'esecuzione dei progetti; deplora l'assenza di un meccanismo istituzionale interamente dedicato ai partenariati (11);

1.36

prende atto della riforma che ha condotto, nel 2001, alla creazione della DG EuropeAid, che comporta un approccio decentrato della gestione dei fondi verso le delegazioni, secondo il principio in base al quale quanto può essere meglio gestito e deciso sul posto non deve venir gestito e deciso a Bruxelles; ribadisce — con il Parlamento — che questa nuova procedura di decentramento richiede un monitoraggio costante e un maggior coinvolgimento delle amministrazioni partner che partecipano ai programmi o ai progetti;

1.37

deplora che la Commissione non abbia ancora portato a termine la valutazione dell'impatto dell'apertura della zona euromediterranea di libero scambio; tale valutazione dovrebbe tenere conto, oggi, delle cinque sfide poste dal programma MEDA II, ovvero quella demografica, quella dell'occupazione e dell'emigrazione, quella della globalizzazione, quella della diminuzione delle risorse e quella ambientale. Ricorda che questo studio, già previsto dalla conferenza di Malta (Barcellona II, 1997), è stato sollecitato in ripetute occasioni dal Comitato delle regioni e dal Parlamento europeo;

1.38

insiste sul fatto che gli enti territoriali comunitari non hanno riscontrato, nel programma MEDA, uno strumento adeguato al contributo che essi potrebbero apportare al partenariato. Gli enti locali e regionali hanno progressivamente acquisito competenze suscettibili di contribuire efficacemente alla creazione di partenariati, di scambi e di attività di cooperazione in settori specializzati, nonché alla promozione di politiche di prossimità e di accoglienza per gli immigrati provenienti dalla sponda meridionale del Mediterraneo;

1.39

deplora il mancato coordinamento tra MEDA e Interreg, nonostante la richiesta esplicita del Comitato delle regioni di includere nel programma MEDA II un capitolo dedicato alla cooperazione decentrata, richiesta ribadita anche dal Parlamento europeo nella fase di preparazione della conferenza di Valencia.

La cooperazione decentrata: il valore aggiunto delle comunità locali e regionali

Il Comitato delle regioni

1.40

desidera condividere con gli interlocutori dell'area mediterranea l'esperienza acquisita dai suoi membri nel corso del processo d'allargamento grazie ai contatti con le comunità locali e regionali dei paesi candidati;

1.41

ritiene che gli enti locali costituiscano il livello più adeguato per le attività di cooperazione decentrata;

1.42

ricorda i settori nei quali si esprimono al meglio le competenze degli enti locali e regionali:

assetto del territorio e pianificazione,

gestione urbana,

agricoltura, pesca e sviluppo rurale,

ambiente, gestione delle risorse e prevenzione dei rischi naturali,

trasporti ed energia, nelle loro dimensioni infraregionali,

politiche a favore delle PMI,

politiche a favore dell'occupazione,

iniziative culturali e sportive,

politiche di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio,

politiche sociali di prossimità,

insegnamento e formazione,

salute,

gestione dei flussi migratori, accoglienza dei migranti e politiche per l'integrazione;

1.43

si rammarica che l'assenza di coordinamento tra MEDA II ed Interreg III abbia limitato il coinvolgimento degli enti locali della sponda meridionale del Mediterraneo ai soli progetti di cooperazione avviati nel quadro di Interreg III a causa dell'assenza di un finanziamento europeo complementare destinato ai partner mediterranei;

1.44

si rammarica pertanto che ciò abbia impedito di diffondere, conformemente allo spirito di Barcellona, le esperienze di scambio e le buone pratiche di partenariato su scala locale e regionale, nonostante il fatto che molti enti locali comunitari hanno allacciato relazioni assai strette con i loro omologhi della sponda meridionale del Mediterraneo;

1.45

considera necessario ed urgente realizzare entro il 2006 un'iniziativa che, nell'ambito del programma MEDA, permetta di rendere compatibili gli obiettivi strategici e macroeconomici dell'Unione (aspetto bilaterale del programma MEDA) con le capacità di avviare iniziative di governance locale per intrattenere relazioni privilegiate, analogamente a quelle esistenti tra gli enti locali e regionali comunitari e i loro omologhi mediterranei;

1.46

ritiene che questa strategia debba, dopo il 2006, sfociare nell'istituzione di uno strumento finanziario specifico per la cooperazione decentrata, destinato agli enti locali euromediterranei, strumento concreto, e con sufficienti fondi a disposizione, per manifestare un'ambizione reale, che potrebbe riflettersi nella denominazione «Medplus»;

1.47

considera che un tale strumento finanziario dovrà: 1) superare la fase del mero scambio di esperienze per arrivare all'attuazione di progetti concreti e tangibili agli occhi delle popolazioni locali (che devono essere i beneficiari prioritari della cooperazione); 2) rivalutare l'esperienza pilota dei progetti MED, che, al di là delle critiche ben note di cui sono stati oggetto, hanno contribuito a intrecciare relazioni e promuovere azioni concrete in molti settori, coinvolgendo in tale processo istituzioni, enti locali, ONG e società civile; 3) poggiare — per i finanziamenti — non soltanto sulle risorse proprie, bensì anche sul Fondo euromediterraneo di investimenti e partenariato (FEMIP) della BEI e sull'eventuale Banca euromediterranea per gli investimenti;

1.48

ricorda che gli enti regionali e locali hanno la possibilità di intraprendere azioni che integrano e superano i limiti tradizionali della cooperazione tra i governi nazionali. È infatti a livello degli enti locali decentrati che si possono realizzare progressi concreti nell'attuazione della nuova politica di vicinato, auspicata dalla Commissione. Occorrerebbe dunque superare le difficoltà insite nei modelli tradizionali di sviluppo e potenziare il circuito delle relazioni tra le città, allo scopo di creare progetti di sviluppo tangibile e raccogliere le sfide dello sviluppo sostenibile nelle zone urbane e rurali;

1.49

considera una necessità imperativa - in un contesto di sviluppo sostenibile in aree che si affacciano su un mare chiuso e vulnerabile - non soltanto migliorare la gestione territoriale, ma anche prestare un'attenzione particolare alla prevenzione sanitaria, sociale e dei rischi naturali e, infine, alla sicurezza dei trasporti. In questo senso l'Irmedd (Istituto delle regioni mediterranee per lo sviluppo sostenibile) (12) è un buon esempio di come confrontare le analisi e raccogliere le azioni e gli scambi di esperienze avviate tra gli enti locali delle due sponde del Mediterraneo nell'ambito dello sviluppo sostenibile;

1.50

ritiene importante che l'articolazione tra le dotazioni e l'assetto dei territori sia controllata non soltanto dagli Stati, ma anche e soprattutto, per una maggior efficacia, a livello delle prossimità funzionali: cioè quello degli enti territoriali e delle loro reti di fondazioni e istituti di ricerca. Nel settore della sicurezza marittima, ad esempio, la fondazione LEM (Livorno Euro Mediterraneo) agisce in stretta collaborazione con numerosi partner (13) per promuovere in tutto il Mediterraneo la diffusione della cultura della sicurezza marittima;

1.51

ritiene che il programma Interreg III possa servire da riferimento per le potenzialità di cooperazione tra gli enti territoriali della sponda settentrionale e quelli della sponda meridionale del Mediterraneo. Ad esempio, più del 60 % dei progetti di Interreg III B «MEDOC» prevedono la partecipazione concreta di uno o più paesi partner mediterranei situati in regioni europee esterne allo spazio MEDOC. Tuttavia, l'assenza di un cofinanziamento europeo limita il coinvolgimento finanziario dei partner della sponda meridionale del Mediterraneo (14);

1.52

si compiace che la Commissione europea abbia deciso di lanciare un progetto pilota «MedAct» per la cooperazione tra le città dell'area euromediterranea, ed auspica che tale interesse da parte della Commissione europea si rifletta in un programma regionale globale riguardante la cooperazione — nel quadro del programma MEDA — tra gli enti locali euromediterranei;

1.53

osserva che le pratiche di cooperazione decentrata sviluppate negli ultimi anni hanno evidenziato le responsabilità degli enti locali nel loro ruolo di catalizzatore di questi nuovi processi di cooperazione, come riconosce la nota della Commissione sulla cooperazione decentrata del gennaio 2000;

1.54

constata che il ruolo determinante degli enti locali è stato riconosciuto da numerosi Stati membri, ma che sarebbe tuttavia necessario armonizzarlo e chiarirlo maggiormente a livello comunitario. Occorrerebbe altresì precisare che gli omologhi partner della sponda meridionale del Mediterraneo rappresentano organismi decentrati, eletti dai cittadini dei territori interessati, e non — o non soltanto — funzionari locali dei governi centrali.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

sottolinea che gli enti locali e regionali rappresentano — su entrambe le sponde del Mediterraneo — l'articolazione funzionale, politica e territoriale tra governi nazionali centrali e società civile;

2.2

si rammarica che nessuna delle riunioni riguardanti gli enti regionali previste dalla dichiarazione di Barcellona abbia sinora avuto luogo, a dispetto delle sollecitazioni del Comitato delle regioni (si vedano i documenti CdR 125/1997, 40/2000, 123/2000, 173/2003 e 357/2003) e nonostante le dichiarazioni formulate dai ministri euromediterranei in ripetute occasioni, dalla conferenza di Stoccarda (Barcellona III, 1999) a quella di Napoli (Barcellona VI, 2003);

2.3

raccomanda la consultazione degli enti locali e regionali dell'Unione nel quadro della politica di vicinato, in particolare per quanto riguarda la definizione degli obiettivi, dei criteri di riferimento e del calendario d'esecuzione dei programmi d'azione, sul modello del ruolo che è stato loro riconosciuto dalla Commissione nel Libro bianco sulla governance europea;

2.4

invita la Commissione ad istituire un forum, o un organo, destinato a rappresentare — nel quadro delle istituzioni del processo di Barcellona — gli enti sub-nazionali decentrati (comunali, provinciali e regionali) dei paesi comunitari e dei paesi partner del bacino mediterraneo;

2.5

suggerisce che quest'organo sia dedicato alla discussione dei problemi operativi e contribuisca attivamente agli scambi in materia di cooperazione decentrata (in particolare, per quanto riguarda la formazione, la gestione dei progetti, la mediazione culturale e la comunicazione, i rischi naturali, lo sviluppo sostenibile, ecc.);

2.6

domanda il coordinamento di MEDA e Interreg, non appena possibile, in particolare mediante l'integrazione della «strategia di vicinato» prevista dai nuovi orientamenti della Commissione. In tale prospettiva sottolinea che MedAct costituisce, su un'altra scala territoriale, un buon esempio di «progetti unici» che coinvolgono città euromediterranee (inter alia Bordeaux, Roma, Bruxelles-Capitale, Tunisi, Sfax e Casablanca). L'inclusione della dimensione urbana nel programma MEDA è stata del resto sollecitata nella dichiarazione dei sindaci euromediterranei alla vigilia della conferenza di Napoli;

2.7

propone che, sulla base dei progetti di cooperazione che permetteranno di sviluppare il coordinamento tra MEDA e Interreg entro il 2006, venga creato un programma di iniziativa comunitaria specifico per preservare, sviluppare e agevolare il dialogo tra le culture delle diverse comunità del bacino mediterraneo;

2.8

chiede che sia sperimentato d'ora in avanti, con la partecipazione delle regioni ultraperiferiche site in questo contesto geografico, il nuovo strumento euromediterraneo per la cooperazione sub-nazionale «Medplus» e che il Comitato delle regioni sia consultato nella definizione del nuovo «strumento di vicinato» per il partenariato euromediterraneo, previsto a partire dal 2006. Chiede di poter apportare la sua esperienza pratica di governance su scala locale. Dovrebbe essere valorizzata anche l'esperienza di organismi esistenti quali il Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa e la rete di molte associazioni internazionali e nazionali degli enti locali e regionali delle due sponde del Mediterraneo (fra le quali ARE, CCRE, CRPM, FMCU, ARFE, REVES, Eurocities, Arco Latino) (15) ; e ciò grazie alle competenze acquisite dagli enti locali dell'Unione sia nelle loro relazioni reciproche sia nelle loro relazioni con i loro omologhi dei paesi candidati all'adesione. In questo contesto il Comitato delle regioni ha chiesto che venga effettuato uno studio sull'evoluzione del partenariato euromediterraneo e sulla cooperazione decentrata;

2.9

giudica decisivo superare l'attuale frammentazione e dispersione dei programmi e delle azioni di cooperazione decentrata;

2.10

suggerisce alla Commissione di riservare una particolare attenzione alle azioni previste su scala mediterranea e di coordinarle e centralizzarle nell'ambito di una sola Direzione generale;

2.11

chiede che le regioni e gli enti locali comunitari possano cogestire, in partenariato con la Commissione europea, le risorse destinate alla cooperazione decentrata su modello del partenariato realizzato nel quadro dei PIM (1986-92). Ritiene che gli enti territoriali costituiscano un livello di governance adeguato per rafforzare il dialogo e la cooperazione, in quanto possono liberarsi più facilmente dai vincoli macroeconomici e geostrategici;

2.12

raccomanda alla Commissione di approfondire la conoscenza delle funzioni e delle competenze delle istituzioni sub-nazionali della sponda meridionale del Mediterraneo, attraverso uno studio che possa fornire un quadro comparativo degli enti locali e regionali e delle riforme in corso. Allo stato attuale non è disponibile alcuna visione globale ed esauriente di queste istituzioni, né della loro evoluzione. Sottoscrive in questo senso la richiesta del Parlamento europeo che ha invitato la Commissione «a presentare una relazione sui progressi in materia di riforme istituzionali registrati nei paesi beneficiari»;

2.13

considera che la cooperazione decentrata favorisca la crescita democratica degli enti locali e regionali della sponda meridionale del Mediterraneo, rafforzandone il ruolo istituzionale rispetto ai governi centrali ed alle autorità decentrate dello Stato (16), e legittimandone l'azione agli occhi dei cittadini;

2.14

invita, quindi, a sostenere le riforme di decentramento e il processo di strutturazione - in corso - degli enti locali e regionali dei paesi della sponda meridionale del Mediterraneo in quanto attori a pieno titolo della governance locale, e anche a vegliare affinché la cooperazione decentrata coinvolga maggiormente gli organismi eletti piuttosto che rivolgersi soprattutto alle autorità decentrate e ai funzionari nazionali;

2.15

insiste sulla necessità di prevedere una nuova base giuridica per il sostegno dei gemellaggi, strumenti «naturali» del partenariato. A tale riguardo ricorda le conclusioni della riunione ministeriale euromediterranea, svoltasi a Creta il 26 e 27 maggio 2003, in cui si insisteva sul fatto che «gli enti locali e regionali potrebbero contribuire in modo significativo al dialogo tra le culture e le civiltà mediante una cooperazione decentrata e azioni di gemellaggio tra città ed essere, in questo contesto, coinvolti più intensamente in un compito che costituisce una componente essenziale del partenariato euromediterraneo»;

2.16

insiste sul fatto che nel quadro della zona di libero scambio siano valorizzate le diversità delle varie identità locali ed ambientali affinché gli scambi reciproci (Nord-Sud, Sud-Nord e Sud-Sud) possano venir stabiliti sulla complementarità, secondo i principi dello sviluppo sostenibile;

2.17

sollecita, come già ribadito, uno studio sull'impatto socioeconomico e ambientale relativo all'attuazione della zona di libero scambio euromediterranea entro il 2010;

2.18

considera che la politica d'immigrazione debba poggiare sull'inclusione sociale e l'integrazione culturale. Gli immigrati nell'Unione possono rappresentare un ponte naturale per l'affermazione e lo sviluppo di iniziative di cooperazione;

2.19

propone di proclamare il 2008 «Anno della prossimità». In questa prospettiva insiste sulla creazione di programmi gestiti dagli enti locali, capaci di coinvolgere le ONG, la società civile e i cittadini sia dell'UE che dei paesi circostanti. Le iniziative potranno interessare un maggior numero di persone se saranno accompagnate da manifestazioni culturali che mettano in evidenza le nuove dimensioni culturali ed economiche sia in Europa sia nei paesi limitrofi. Come preparazione delle mostre e degli eventi gli enti locali e regionali potranno organizzare varie conferenze tematiche atte a coinvolgere un più ampio pubblico su questa iniziativa;

2.20

sostiene l'attività di organismi e fondazioni locali e regionali come la Irmedd di Montpellier, la Fondazione LEM di Livorno, la Fondazione delle tre culture di Siviglia, la Fondazione «Laboratorio Mediterraneo» di Napoli, l'Istituto catalano del Mediterraneo di studi e cooperazione di Barcellona, l'Istituto del Mediterraneo di Marsiglia, l'Istituto mediterraneo di studi europei di Valencia, MedCities di Barcellona, ecc.; incoraggia fortemente il loro ruolo di ricerca, di scambio di esperienze e di divulgazione culturale, in vista della loro partecipazione alle iniziative della Fondazione euromediterranea lanciata dalla conferenza di Napoli.

Bruxelles, 21 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 126 del 29.4.1996, pag. 12.

(2)  GU C 64 del 27.2.1998, pag. 59.

(3)  GU C 156 del 6.6.2000, pag. 47.

(4)  GU C 22 del 24.1.2001, pag. 7.

(5)  GU C 23 del 27.1.2004, pag. 36.

(6)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 77.

(7)  Cfr. relazione T. SCHUMACHER, Programma mediterraneo, Istituto universitario europeo di Fiesole, Livorno, 31 ottobre 2003.

(8)  Euromed Report n. 68, 2 dicembre 2003.

(9)  Questa data è indicativa, poiché gli accordi prevedono che la Tunisia entri a far parte della zona euromediterranea di libero scambio nel 2008, il Libano nel 2014 e l'Algeria e la Siria in una fase successiva.

(10)  Evaluation of Economic co-operation between the European Commission and Mediterranean Countries (12/1997) - 951645.

(11)  H. ABOUYOUB, Ambasciatore del Marocco in Francia, Le partenariat euro-méditerranéen, lavori delle tavole rotonde delle Assise del Mediterraneo, Marsiglia luglio 2000.

(12)  L'Irmedd è stato creato il 17 settembre 2002 a Ioannina dalla Conferenza delle regioni periferiche marittime (CRPM) ed è stato istituito a Montpellier il 19 dicembre 2003.

(13)  In particolare la regione Toscana, l'Università di Pisa, la commissione intermediterranea del CRPM, il ministero italiano dei Trasporti.

(14)  Cfr. R. FAVRESSE, Analyse des partenariats entre les pays de l'espace MEDOC e les Pays tiers méditerranéens au sein du programme Interregg III B MEDOC (Analisi dei partenariati tra i paesi dello spazio MEDOC e i paesi terzi mediterranei nell'ambito del programma Interregg III B MEDOC), Caisse des Dépôts et Consignations, novembre 2003.

(15)  Assemblea delle regioni d'Europa, consiglio dei comuni e delle regioni d'Europa, Conferenza delle regioni periferiche marittime dell'Europa, federazione mondiale città unite, associazione delle regioni frontaliere europee, rete europea delle città e delle regioni per l'economia sociale.

(16)  Ad esempio, «Wilayas» (governatorati o prefetture) nella maggior parte dei paesi della sponda Sud del Mediterraneo.


30.4.2004   

IT

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C 121/25


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che attua il principio della parità di trattamento tra donne e uomini per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura

(2004/C 121/06)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta di direttiva del Consiglio che attua il principio della parità di trattamento tra donne e uomini per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura [COM(2003) 657 def. — SEC 2003/1213 — 2003/0265 (CNS)],

vista la decisione della Commissione europea, del 5 novembre 2003, di consultarlo in merito a detto documento conformemente all'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione presa dal proprio Presidente in data 7 maggio 2002, di incaricare la commissione Politica economica e sociale di elaborare un parere in materia,

visto il progetto di parere (CdR 19/2004 riv. 1) adottato dalla commissione Politica economica e sociale in data 2 marzo 2004 [relatrice: Mona-Lisa Norrman, Membro del consiglio provinciale — Provincia di Jämtland (SE/PSE)],

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 22 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

esprime delusione per la limitatezza del campo d'applicazione della proposta in esame; constata che la Commissione non è riuscita a svolgere con successo il compito affidatole nel 2000 a Nizza dai capi di Stato, di presentare una proposta di direttiva basata sull'articolo 13 del Trattato, in materia di discriminazione fondata sul sesso al di fuori dell'ambito lavorativo; deplora le concessioni fatte, per soddisfare interessi diversi, relativamente al campo di applicazione della direttiva proposta;

1.2

intende adoperarsi per eliminare le disparità di trattamento tra donne e uomini e promuovere attivamente l'uguaglianza, ad esempio dando il proprio sostegno alle disposizioni del Trattato CE, del Trattato di Nizza e alla strategia quadro del Quinto programma di azione (2001-2005) che adotta un doppio approccio imperniato sull'integrazione della parità in tutte le politiche e su misure specifiche per le donne;

1.3

ritiene che vi sia una sostanziale differenza tra l'attuazione del principio di uguaglianza tra donne e uomini e l'attuazione del principio di parità di trattamento in ambiti specifici. Il concetto di uguaglianza è molto più ampio e si riferisce alla parità di opportunità, di diritti e di doveri in tutti i contesti, compresa un'equa ripartizione del potere e dell'influenza nella società. La parità di trattamento non può costituire l'unica strategia per realizzare un'effettiva uguaglianza, poiché nella pratica ciò potrebbe consolidare le disuguaglianze e non servirebbe a compensare le discriminazioni fondate sul sesso imposte nel passato;

1.4

accoglie con favore la proposta della Commissione volta a eliminare le discriminazioni basate sul sesso per quanto riguarda l'accesso di uomini e donne a beni e servizi e la loro fornitura;

1.5

dato che il ricorso alla parità di trattamento come strategia unica per realizzare l'uguaglianza può rafforzare le disparità, valuta positivamente l'articolo 3, che stabilisce che il principio della parità di trattamento tra donne e uomini implica che non vi sia discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso. Questo articolo è necessario per prevenire che una persona riceva un trattamento discriminatorio a causa del suo sesso, o che sia danneggiata da misure apparentemente non discriminatorie;

1.6

si compiace del fatto che le definizioni di discriminazione diretta, discriminazione indiretta, molestie e molestie sessuali contenute nella proposta in esame coincidano con quelle che figurano nelle direttive 2000/43/CE, 2000/78/CE e nella direttiva 2002/73/CE, che modifica la direttiva 76/207/CEE;

1.7

constata con soddisfazione che gli articoli 7, 8, 9, 10 e 13 relativi all'applicazione, all'onere della prova e alle sanzioni coincidano con le disposizioni delle direttive precedentemente adottate sulla base dell'articolo 13 del Trattato CE;

1.8

concorda con la posizione della Commissione secondo cui il genere non deve essere un fattore usato nel calcolo dei premi e delle prestazioni in materia di assicurazioni e di altri servizi finanziari; sottolinea che tale aspetto è particolarmente importante per quanto riguarda i regimi pensionistici statali e i sistemi assicurativi privati;

1.9

ritiene che le leggi sulla discriminazione, quale che sia la discriminazione che combattono, debbano prevedere uno stesso livello di protezione. Ora, il campo di applicazione della proposta di direttiva non coincide con quello della direttiva già in vigore in materia di lotta contro la discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica all'interno e all'esterno del mercato del lavoro. Il Comitato teme che l'approccio della Commissione, che consiste nel presentare direttive specifiche in tempi diversi, possa dare l'impressione che esista una sorta di gerarchia della discriminazione;

1.10

ritiene che la proposta comporti troppe eccezioni ed escluda dal suo campo di applicazione troppi ambiti. L'articolo 1, paragrafo 4, esclude dal campo di applicazione l'istruzione, il contenuto dei mezzi di comunicazione e della pubblicità. Il Comitato ritiene che se si vuole che una direttiva in materia di discriminazione basata sul sesso contribuisca a promuovere l'uguaglianza, essa debba applicarsi anche a tali ambiti;

1.11

non condivide l'idea della Commissione secondo cui il divieto di usare nella pubblicità e nei media testi e immagini che abbiano un carattere sessualmente degradante, come pure testi di contenuto razzista, violerebbe i principi fondamentali della libertà di stampa. L'articolo 29 della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite stabilisce che è possibile limitare per legge il diritto di espressione per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica;

1.12

non ritiene che l'articolo 141 del Trattato che istituisce la Comunità europea sulla parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore implichi la parità di imposizione fiscale; considera pertanto che si debba riesaminare la questione dell'imposizione fiscale sotto il profilo della parità fra i sessi.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

ritiene che l'UE debba svolgere un ruolo centrale nel garantire il rispetto, da parte degli Stati membri attuali e di quelli futuri, del principio fondamentale della parità tra donne e uomini; sottolinea che nelle sue iniziative la Comunità deve evitare qualsiasi discriminazione tra donne e uomini e promuoverne attivamente l'uguaglianza; raccomanda pertanto alla Commissione di elaborare una direttiva di portata più ampia, conformemente all'incarico affidatole dai capi di Stato;

2.2

concorda con la Commissione nel considerare questa direttiva come una prima risposta all'invito formulato dai capi di Stato e sottolinea che è importante che la Commissione prosegua la sua opera legislativa; ritiene di poter contribuire alla messa a punto di una direttiva dal campo d'applicazione più ampio;

2.3

raccomanda alla Commissione di presentare una proposta di direttiva in materia di uguaglianza tra uomini e donne inserendovi, oltre all'accesso ai beni e ai servizi, anche la fiscalità, l'istruzione, la sicurezza sociale — comprese la previdenza e l'assistenza sanitaria — la violenza contro le donne e l'immagine presentata dai mezzi di comunicazione e dalla pubblicità; una tale direttiva dovrebbe risultare più chiara e accessibile sia agli Stati membri che ai cittadini;

2.4

raccomanda alla Commissione di aver cura che, relativamente ai settori della vita sociale coperti dal suo campo d'applicazione, la nuova direttiva sia almeno equivalente alla direttiva sulla parità di trattamento delle persone a prescindere dalla loro razza o origine etnica;

2.5

accoglie con favore la proposta di attuare il principio di parità di trattamento tra donne e uomini per quanto riguarda l'accesso ai beni e ai servizi e la loro fornitura, ma si rammarica per la limitatezza del suo campo di applicazione;

2.6

sottolinea che l'uguaglianza non si realizza soltanto attraverso la legislazione, bensì dando alle donne e agli uomini le stesse opportunità nella politica, nella vita lavorativa e in tutte le altre sfere; insiste sul fatto che la lotta contro la discriminazione fondata sul sesso implica anche una maggiore comprensione delle questioni connesse al genere e all'uguaglianza, come pure un cambiamento a livello di atteggiamenti e di mentalità; è interessato a collaborare con la Commissione nell'organizzazione di seminari sull'uguaglianza e sulla promozione delle pari opportunità;

2.7

integrare l'aspetto dell'uguaglianza significa tenere conto della parità tra donne e uomini in tutte le politiche e le azioni della Comunità; il Comitato intende sostenere il lavoro della Commissione inteso a sviluppare metodi di integrazione dell'uguaglianza e considera che distinguere per sesso e per età i dati delle statistiche ufficiali degli Stati membri costituirebbe uno strumento utilissimo per mettere in luce le condizioni di vita delle donne e degli uomini;

2.8

condivide la proposta di sopprimere le condizioni discriminatorie fondate sul sesso in materia di assicurazioni e di altri servizi finanziari;

2.9

ritiene che l'articolo 4, che proibisce di tener conto del genere nel calcolo dei premi e delle prestazioni a fini assicurativi, preveda un periodo transitorio troppo prolungato (6 + 2 anni); inoltre detto articolo appare eccessivamente rigido nello stabilire che la direttiva si applichi soltanto ai contratti di assicurazione conclusi dopo la sua entrata in vigore, senza tener conto che i sistemi di pensione e i contratti privati di pensioni integrative stipulati prima di questo termine potranno contenere elementi di discriminazione in base al sesso ancora per intere generazioni;

2.10

concorda con l'articolo 12 della proposta, secondo il quale (a) tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio della parità di trattamento devono essere abrogate (articolo 3); (b) devono o possono essere abrogate o modificate le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento che figurano nei contratti di lavoro individuali, nei contratti collettivi, nei regolamenti interni delle aziende, nonché nelle norme che disciplinano le associazioni con o senza scopo di lucro;

2.11

osserva che le forme più esplicite di oppressione delle donne, come ad esempio la violenza o lo sfruttamento sessuale, non sono incluse nella direttiva; sottolinea l'importanza del fatto che la Commissione lanci nuove iniziative in questo ambito;

2.12

considera importante il lavoro volto a promuovere l'uguaglianza tra donne e uomini nell'ambito dell'attività delle amministrazioni locali e regionali; intende contribuire ad una efficace politica di eguaglianza, che sia integrata in tutte le politiche e che si rifletta nella società e nella vita quotidiana dei cittadini.

Bruxelles, 22 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


30.4.2004   

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C 121/28


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Pari opportunità per le persone con disabilità: un piano d'azione europeo

(2004/C 121/07)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ha adottato all'unanimità il presente parere il 21 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

ritiene che con l'Anno europeo delle persone con disabilità 2003, sia stato possibile portare avanti la problematica della disabilità nell'Unione europea e che tale anno debba pertanto essere visto come l'inizio di un processo irreversibile, destinato a proseguire ed ampliarsi nei prossimi anni. Sottolinea in tale contesto l'operato dei mezzi di comunicazione per la diffusione di tale anno europeo, ricordando la necessità di dare continuità a tale lavoro coinvolgendo nell'iniziativa i media regionali e locali;

1.2

sottolinea che, in questo processo, tutti i pubblici poteri, dalle istituzioni comunitarie agli enti locali, dovrebbero dare l'esempio. Il nuovo orientamento delle politiche in materia di disabilità, messo in luce attraverso l'Anno europeo, riguarda tutti i poteri, in particolar modo quelli regionali e locali, data la loro vicinanza ai cittadini e le ripercussioni dirette che le loro decisioni hanno sulla vita quotidiana dei disabili;

1.3

si rende conto del fatto che la politica relativa alle persone con disabilità è soprattutto di competenza nazionale. Tuttavia, varie iniziative comunitarie influenzano le politiche nazionali tramite direttive o attraverso l'applicazione del metodo aperto di coordinamento alle problematiche dei disabili. La futura politica in materia deve perciò tener conto della necessaria complementarità tra le politiche comunitarie e quelle nazionali, nonché ovviamente delle crescenti competenze di regioni ed enti locali;

1.4

giudica in maniera positiva tutte le azioni tese a migliorare le condizioni dei disabili, in quanto porteranno ad una società migliore. Se infatti i servizi sono concepiti in modo da essere accessibili ai disabili, essi lo saranno a tutti i cittadini, ed in particolare agli anziani;

1.5

sottolinea l'importanza di applicare il principio di democrazia partecipativa nell'ambito della disabilità, il che significa che le organizzazioni locali, regionali, nazionali ed internazionali che si sono costituite in tale settore per tutelare i diritti e gli interessi dei disabili debbono venir annoverate tra gli interlocutori principali, su un piede di parità con gli altri partner;

1.6

ritiene essenziale giungere ad una situazione nella quale il rispetto dei disabili sia contemplato nel contesto del rispetto dei diritti dell'uomo, in modo che tutte le forme di discriminazione possano realmente iniziare a sparire. Ciò sarà possibile solamente a patto che le iniziative di tipo normativo vengano affiancate da campagne di sensibilizzazione generale;

1.7

ribadisce l'importanza di adottare il piano d'azione europeo «Pari opportunità per le persone con disabilità» della Commissione europea, che contiene una serie di misure da attuare entro il 2010.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

valuta positivamente i recenti progressi nel campo della politica sociale, dei trasporti e della società dell'informazione e il fatto che la maggior parte delle iniziative più recenti tenga conto dei disabili. In molti altri campi, come l'inserimento nel mondo del lavoro, la formazione, l'adeguamento delle strutture e degli edifici urbani e l'adattamento delle abitazioni, occorre tuttavia una maggior integrazione;

2.2

auspica che vengano realizzati sforzi particolari per integrare la disabilità in tutte le politiche comunitarie, e questo non solo nel corso dell'Anno europeo (2003), ma anche in futuro. Nonostante i disabili non siano esclusi formalmente da nessuna di queste politiche, la mancanza di visibilità li porta in pratica all'esclusione. Per questo occorre inserire dei riferimenti specifici ai disabili in tutte le iniziative pertinenti e, se del caso, apportare le modifiche indispensabili affinché i disabili possano trarre il massimo beneficio da queste iniziative e contribuirvi. Sarebbe opportuno che tutte le iniziative avviate prendessero anticipatamente in considerazione i loro effetti potenziali sui disabili;

2.3

raccomanda all'UE di definire un programma d'azione volto essenzialmente a garantire che la disabilità diventi elemento trasversale di tutte le politiche e di tutte le azioni di competenza comunitaria;

2.4

insiste sul fatto che tra i settori comunitari in cui è necessario inserire riferimenti ai disabili figurino in particolare la politica dei consumatori, gli appalti pubblici, i diritti umani, i trasporti, il programma d'azione per la gioventù, i programmi e le azioni nel settore dell'istruzione (Socrates, Comenius, Leonardo da Vinci), i programmi relativi alla cultura e ai mass media, i programmi per il passaggio dalla scuola al mercato del lavoro e quelli diretti a facilitare l'accesso alla società dell'informazione e alle nuove tecnologie, il mercato del lavoro e infine le attività comunitarie nel settore sportivo, in particolare quelle previste per il 2004 nel quadro dell'Anno europeo dell'educazione attraverso lo sport;

2.5

esorta l'UE a mantenere e valorizzare, pur a seguito del processo di riforma dei fondi strutturali, l'iniziativa comunitaria EQUAL, rivolta a finanziare significativi interventi a favore dell'integrazione delle persone disabili nel mondo del lavoro;

2.6

propone che i disabili, i loro parenti più stretti e i loro rappresentanti partecipino ai lavori dei vari processi comunitari in cui si applica il metodo aperto di coordinamento, ad esempio nel campo dell'istruzione, della gioventù e delle pensioni. Affinché ciò sia possibile è necessario che le istituzioni comunitarie, gli Stati membri e le regioni s'impegnino a garantire realmente la presa in conto delle questioni relative alla disabilità e che le principali organizzazioni che rappresentano i disabili vengano associate ai lavori. Qualora a sostegno di questo processo si definiscano degli indicatori statistici, questi devono fornire informazioni in merito alla situazione dei disabili;

2.7

raccomanda che le istituzioni dell'UE appoggino la costruzione di una rete di enti locali e regionali che consenta uno scambio più intenso di conoscenze sulle politiche a favore dei disabili e di buone pratiche fra tutti gli Stati membri. Uno scambio di conoscenze sullo sviluppo e sull'attuazione delle politiche che interessano i disabili a livello locale e regionale consentirà, nell'insieme, il miglioramento qualitativo del trattamento riservato ai disabili. Una tale rete dovrà funzionare in stretta collaborazione con le organizzazioni dei disabili per promuovere scambi di esperienze e di buone pratiche a tutti i livelli;

2.8

auspica che i disabili possano accedere agli stessi servizi di tutti gli altri cittadini. Ciò significa che si deve tener conto delle loro necessità fin dalle prime fasi del processo di pianificazione, ad esempio per quanto riguarda la progettazione di luoghi pubblici come ristoranti, cinema, teatri, scuole, università, centri commerciali, musei, parchi e stadi. Sarebbe assai utile venissero preparati dei piani generali in materia di disabilità, capaci di offrire una visione complessiva delle misure adottate a favore dei disabili;

2.9

ricorda che non garantire l'accesso dei disabili a questi servizi rappresenta in primo luogo una violazione dei diritti umani fondamentali e in secondo luogo un errore dal punto di vista economico perché comporta, per gli imprenditori, la perdita di una percentuale non trascurabile di potenziali consumatori. Per assicurare dei risultati concreti ai lavori in questo senso è indispensabile il contributo delle organizzazioni dei consumatori. Un recente sondaggio effettuato da un'organizzazione spagnola di consumatori ha infatti dimostrato che nel 50 % dei casi le infrastrutture di cui sopra non sono accessibili ai disabili;

2.10

insiste sul fatto che, come tutti gli altri cittadini, anche i disabili devono essere membri attivi della società e, quindi, partecipare alle varie organizzazioni, che la compongono, come i partiti politici, i sindacati, le organizzazioni professionali e religiose, i club sportivi, i gruppi ambientalisti e le altre associazioni. Tutte queste organizzazioni devono essere strutturate in modo che i disabili possano parteciparvi;

2.11

ritiene che occorra migliorare l'immagine dei disabili nei mass media. L'informazione e i programmi devono seguire un approccio che riconosca i diritti dei disabili e metta in evidenza gli ostacoli che si frappongono alla loro piena partecipazione alla società, rinunciando agli stereotipi e alle idee preconcette che vogliono che la disabilità sia una realtà negativa o una sofferenza, qualcosa che merita disprezzo oppure pietà o indifferenza. Solo mediante la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sarà possibile modificare le attitudini nei confronti della disabilità e combattere i problemi di «invisibilità»;

2.12

propone che a livello comunitario venga istituito un programma d'azione specifico a favore dei disabili con i seguenti obiettivi principali:

2.12.1

promuovere l'integrazione della disabilità in tutte le politiche comunitarie pertinenti al fine di potenziare gli attuali meccanismi di consultazione e di controllo, favorendo la sensibilizzazione dei poteri decisionali e concentrandosi sulle opportunità offerte ai disabili;

2.12.2

sostenere l'applicazione, nel campo della disabilità, di un metodo aperto di coordinamento basato su indicatori comuni del rendimento che consentano di seguire nel tempo l'evoluzione dei livelli d'inclusione sociale dei disabili. Tale metodo coprirebbe tutti gli aspetti rilevanti della politica a favore dei disabili, come l'istruzione, la formazione professionale, la formazione continua, l'occupazione, l'avanzamento professionale, i trasporti, la società dell'informazione, i sistemi di previdenza sociale e i servizi forniti alle persone con gravi problemi di autosufficienza e alle loro famiglie. Per poter imparare gli uni dagli altri occorre fornire esempi di buone pratiche in ciascuno di questi settori. Il metodo aperto di coordinamento delle politiche in materia di disabilità sarebbe utile a tutti gli Stati membri, in particolare, ai paesi che aderiranno prossimamente all'Unione europea;

2.12.3

garantire e potenziare la partecipazione delle organizzazioni che rappresentano i disabili al dialogo civile a livello comunitario, anche mediante finanziamenti e meccanismi di consultazione adeguati;

2.12.4

coinvolgere le associazioni e le fondazioni di assistenza nonché le organizzazioni di volontariato che forniscono servizi sociali ai disabili;

2.12.5

riconoscere appieno, come interlocutore del dialogo civile, il Forum europeo sulla disabilità (European Disability Forum, EDF) per il ruolo svolto in quanto organizzazione che riunisce e rappresenta i disabili e le loro famiglie che non possono rappresentarsi da soli. L'EDF deve beneficiare di uno status speciale in tutte le fasi della consultazione strutturata tra le istituzioni dell'UE e il movimento associativo, in particolare con il Gruppo ad alto livello sulla disabilità;

2.13

sostiene la necessità di adottare una direttiva comunitaria specifica in materia di disabilità, basata sull'articolo 13 del Trattato CE, al fine di vietare la discriminazione dei disabili in qualsiasi ambito dell'esistenza, ma fa notare che la mera adozione di misure legislative risulterà insufficiente se queste non verranno completate con gli strumenti necessari per implementarle, svilupparle e renderle efficaci, in modo da garantirne concretamente il funzionamento. Tale direttiva specifica in materia di disabilità dovrebbe avere, tra gli altri, come assi principali l'accesso all'occupazione in quanto elemento centrale dell'autonomia e della autosufficienza sociale, sulla base della formazione e della discriminazione positiva nell'inserimento lavorativo, nonché la realizzazione di servizi e aiuti finalizzati a tale autonomia sociale e personale. In tale contesto è necessario ribadire la raccomandazione di includere meccanismi di controllo e sanzione nelle norme che comportano l'obbligo di riservare una quota di posti di lavoro alle persone con disabilità in modo che ne sia garantito il rispetto;

2.14

propone che il nuovo metodo di coordinamento aperto nel campo dell'istruzione consideri i bambini e gli adolescenti disabili come uno dei principali gruppi bersaglio e che tutte le azioni e gli indicatori previsti ne tengano conto;

2.15

auspica che le nuove tecnologie, tanto quelle abilitanti come quelle di assistenza, siano messe a punto in modo adeguato per svolgere un ruolo fondamentale al fine di superare alcune delle barriere alle quali i disabili devono far fronte. Per questo motivo bisognerebbe considerare la disabilità un aspetto trasversale e promuovere iniziative rivolte specificatamente ai disabili. Inoltre sarebbe necessario compiere ulteriori sforzi per eliminare tutte le barriere giuridiche o di altra natura che attualmente impediscono di creare un vero e proprio mercato europeo delle tecnologie di assistenza e fornire un adeguato sostegno finanziario a livello nazionale ai disabili che hanno bisogno di tali tecnologie;

2.16

raccomanda a tutte le parti interessate — pubbliche, private, a livello locale, nazionale e comunitario — di programmare le azioni previste nell'Anno europeo e successivamente alla luce della dichiarazione di Madrid, che definisce il quadro concettuale della manifestazione e propone azioni concrete alle varie parti interessate. In particolare i mass media, le organizzazioni dei consumatori, le organizzazioni giovanili, le federazioni sportive, le organizzazioni religiose, le varie associazioni e le altre parti interessate dovrebbero migliorare i loro servizi e fare in modo che i disabili possano beneficiarne fino in fondo e contribuirvi;

2.17

auspica che gli enti locali e regionali europei, in quanto organi più vicini ai cittadini, possano dare un contributo decisivo alla definizione e al consolidamento dei nuovi orientamenti delle politiche a favore dei disabili, messi in luce in occasione dell'Anno europeo;

2.18

propone alle regioni e ai comuni, all'interno dei loro propri processi decisionali, di:

2.18.1

adottare ufficialmente la dichiarazione di Madrid, approvata dal I Congresso europeo sulla disabilità, come quadro concettuale cui si informi la futura azione politica in materia (1);

2.18.2

promuovere la diffusione e l'applicazione dell'Agenda 22 nella maggior parte delle città europee. L'Agenda 22 raccoglie un assieme di disposizioni precise in materia di disabilità, che contengono obiettivi concreti correlati all'inserimento nel mondo del lavoro, alla formazione, all'istruzione ed all'integrazione. Le regioni e le città che adottano tale agenda si impegnano a mettere in atto le misure in questione, adeguandole alle necessità specifiche di ciascuna area urbana ed alle attese delle associazioni che operano in tale contesto;

2.18.3

completare, se del caso, la normativa europea e nazionale in vigore sulla non discriminazione e l'azione a favore dei disabili con norme e disposizioni di applicazione degli strumenti giuridici già esistenti in ambito regionale o locale, onde favorire, nei rispettivi territori, gli obiettivi delle pari opportunità e la piena partecipazione dei disabili;

2.18.4

inserire l'interesse per i problemi dei disabili tra i temi principali dell'agenda politica degli enti locali e regionali;

2.18.5

introdurre nelle politiche degli enti locali e regionali il principio del carattere trasversale della disabilità, in modo che questa realtà venga presa in considerazione come elemento orizzontale in tutti i programmi d'azione a livello politico;

2.18.6

riconoscere l'importanza di promuovere le iniziative sociali delle imprese come elemento della cosiddetta responsabilità sociale delle imprese;

2.18.7

dare impulso all'avvio e allo sviluppo di programmi per facilitare l'accesso delle persone con disabilità al mercato del lavoro normale; infatti, il modo migliore di integrare le persone con disabilità nella società è quello di assicurarne l'indipendenza economica e, pur dando atto ai programmi speciali per l'occupazione del ruolo da essi svolto, è necessario raggiungere quote più elevate di integrazione;

2.18.8

approvare programmi pluriennali d'azione in materia di pari opportunità per i disabili, dotandoli di un adeguato sostegno finanziario e delle necessarie risorse, assicurando che alla loro elaborazione, gestione, esecuzione e valutazione prendano parte le organizzazioni rappresentative degli stessi disabili. Tenuto conto delle necessità e delle richieste urgenti di questa categoria di persone, tali programmi dovrebbero essere incentrati sui seguenti aspetti:

per quanto concerne la formazione e l'occupazione: inclusione, come asse d'azione specifico, di misure volte a promuovere l'occupabilità dei disabili nelle politiche e nei programmi di sviluppo locale elaborati dagli enti locali e regionali. Questi ultimi devono inoltre impegnarsi ad applicare, nell'ambito delle rispettive competenze, le disposizioni della direttiva n. 78/2000/CE concernente la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. L'elaborazione di misure volte a migliorare l'accesso all'occupazione in ambito locale offre diverse possibilità. Una di queste è la definizione di clausole sociali all'interno dei capitolati di appalto che operino una discriminazione positiva nei confronti delle imprese e degli enti che includono i disabili nei loro organici,

per quanto concerne la società dell'informazione e l'accesso alle nuove tecnologie: sviluppo di programmi volti a favorire l'inserimento dei disabili nella nuova società della conoscenza. È inoltre opportuno stabilire sistemi pubblici di assistenza tecnica e di tecnologie assistenziali che contribuiscano a rendere indipendenti tali gruppi di persone e a migliorare la qualità della loro vita,

per quanto concerne l'accessibilità di tutti i cittadini e la progettazione: adozione di piani universali di accessibilità, basati su una strategia di progettazione a favore di tutti i cittadini, in tutti i settori di competenza degli enti locali e regionali (edilizia, urbanistica, infrastrutture, reti di trasporto, spazi virtuali, telecomunicazioni, mass media, beni e servizi a disposizione del pubblico, servizi di interesse generale, ecc.),

per quanto concerne, in particolare, le disabilità più gravi, rappresentate dai soggetti non autosufficienti: l'obiettivo da perseguire, ai fini della parità di trattamento, è creare per i disabili condizioni tali da consentire loro di condurre una vita autonoma e d'integrarsi quindi nel tessuto urbano e sociale della loro comunità locale. Ciò presuppone che essi dispongano di assistenza e sostegno in modo da poter continuare a vivere presso i genitori o i parenti e avere una propria abitazione quando raggiungono l'età adulta. Qualora nessuna di queste opzioni sia possibile occorrerà assicurare ai disabili delle strutture residenziali atte a far fronte alle loro esigenze,

per quanto concerne la lotta alla povertà e all'emarginazione sociale sul territorio: inserimento dei disabili in situazioni precarie nei piani regionali e locali di inclusione sociale, in quanto gruppo meritevole di particolare attenzione,

lo sviluppo di programmi ed azioni in ambito locale e regionale a favore delle persone con disabilità acquisisce piena dimensione in quanto promuove e sostiene l'autonomia personale e sociale di tali individui. In questo senso, un obiettivo fondamentale sarà di facilitare loro l'accesso ad un alloggio attraverso una serie di alternative, ad esempio alloggi comuni, appartamenti concepiti per le esigenze dei disabili, case popolari messe a disposizione e appositamente adattate, alternative destinate sia all'affitto sia alla vendita,

2.18.9

stabilire e promuovere indicatori e statistiche sulla realtà sociale dei disabili, inserendo possibilmente tra gli strumenti statistici esistenti le variabili relative alla disabilità;

2.18.10

creare in loco organi permanenti di controllo in materia di pari opportunità e non discriminazione delle persone con disabilità dipendenti degli enti locali e regionali;

2.18.11

nell'ambito della politica sulla disabilità condotta dagli enti locali e regionali, strutturare permanentemente il dialogo civile con le organizzazioni dei disabili presenti sul territorio. A tal fine, il Comitato raccomanda che regioni e comuni creino consigli paritetici, su scala territoriale, ai quali prendano parte gli enti locali e regionali e le organizzazioni rappresentative dei disabili;

2.19

giudica infine necessario che il Comitato delle regioni garantisca a tutti la parità di accesso alle sue attività. Un'attenzione particolare dovrà essere attribuita, in tale contesto, alla politica del personale, all'accesso fisico ai locali del CdR e alla configurazione di un proprio sito Internet compatibile con le esigenze dei disabili;

2.20

ribadisce l'importanza di manifestazioni quali il seminario sulla dimensione regionale delle politiche in materia di disabilità, le quali permettono lo scambio di buone prassi e possono diffondere delle soluzioni a problemi comuni che si sono dimostrate efficaci in un differente contesto nazionale.

Bruxelles, 21 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  http://www.europarl.eu.int/comparl/empl/conferences/20031110/note_it.doc/


30.4.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 121/32


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione Relazione comune sull'integrazione sociale contenente una sintesi dei risultati dell'esame dei piani di azione nazionali per l'integrazione sociale (2003-2005)

(2004/C 121/08)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Relazione comune sull'integrazione sociale contenente una sintesi dei risultati dell'esame dei piani di azione nazionali per l'integrazione sociale (2003-2005)», COM(2003) 773 def.,

vista la decisione della Commissione europea del 12 dicembre 2003 di consultare il Comitato sull'argomento, conformemente all'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente del 6 novembre 2003 di incaricare la commissione Politica economica e sociale di elaborare un parere in materia,

vista la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce un programma d'azione comunitario inteso ad incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di combattere l'emarginazione sociale, del 15 ottobre 2001,

visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione europea sul tema «e-Partecipazione – Potenziale della società dell'informazione per l'inclusione sociale in Europa» (SEC(2001) 1428),

vista la risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo al Comitato delle regioni intitolata: «Progetto di relazione congiunta sull'integrazione sociale» ([COM(2001) 565 — C5-0109/2002 — 2002/2051 (COS)],

visto il proprio parere sulla comunicazione della Commissione «Costruire un'Europa solidale» (CdR 84/2000 fin) (1),

vista la risoluzione del Consiglio del 6 febbraio 2003 sull'inclusione sociale attraverso il dialogo sociale e il partenariato (2),

visto il proprio parere sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d'azione comunitaria inteso ad incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di combattere l'emarginazione sociale (CdR 302/2000 fin) (3),

visto il proprio parere sul progetto di relazione congiunta sull'integrazione sociale (CdR 393/2001 fin) (4),

visto il proprio progetto di parere (CdR 21/2004 riv. 1) adottatoin data 2 marzo 2004 dalla commissione Politica economica e sociale (relatrice: MARIN-MOSKOVITZ, vicesindaco di Belfort e vicepresidente del consiglio generale del Territorio di Belfort ) (FR/PSE),

ha adottato il seguente parere in data 22 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

accoglie con favore il progetto di relazione comune della Commissione sull'integrazione sociale, che sintetizza i risultati dell'esame dei piani d'azione nazionali successivi all'istituzione del programma d'azione comunitaria quinquennale per incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri nella lotta contro l'esclusione sociale, avviato nel 2002;

1.2

ribadisce la necessità di una mobilitazione generale per ridurre significativamente la percentuale della popolazione europea a rischio di povertà se non addirittura di estrema indigenza, attualmente valutata a 55 milioni di individui ovvero il 15 % della popolazione europea;

1.3

approva la coerenza della relazione, che tiene conto allo stesso tempo dell'allargamento, delle differenze nazionali e della creazione della nuova struttura razionalizzata di coordinamento politico a livello comunitario in tema di protezione sociale, approvata dal Consiglio nell'ottobre 2003;

1.4

ricorda che l'esclusione sociale riguarda un numero crescente di cittadini, che necessitano di un aiuto concreto per poter rimanere membri a pieno titolo della società. L'integrazione sociale deve pertanto diventare una priorità collettiva nella lotta contro gli effetti devastanti della precarietà e dell'emarginazione, e deve permettere di lottare contro qualsiasi forma di discriminazione (razzismo, sessismo, discriminazione nei confronti dei disabili, omofobia, discriminazioni per motivi di religione e di età), sottolineando le difficoltà crescenti che incontra una parte della popolazione europea per restare integrata nella società; tuttavia qualsiasi politica equilibrata a favore dell'integrazione sociale dovrebbe incoraggiare queste persone - con incentivi economici e finanziari - a partecipare attivamente alla vita lavorativa;

1.5

sottolinea che le disuguaglianze nell'accesso all'occupazione, l'instabilità del mercato del lavoro, la mobilità occupazionale (relocation) e i tagli massicci di posti di lavoro in seguito a mutamenti strutturali imprevisti dovuti alla globalizzazione dei capitali e al deterioramento della congiuntura economica colpiscono sia i singoli che le società e aggravano il processo di esclusione sociale;

1.6

ritiene indispensabile che la strategia dell'Unione per l'integrazione sociale tenga maggiormente conto del contesto macroeconomico e dell'impatto delle politiche economica, finanziaria e fiscale sul funzionamento della società;

1.7

apprezza la volontà della Commissione di incoraggiare l'interazione con gli enti regionali e locali attraverso la valutazione delle politiche nazionali e degli indicatori comuni, per adottare, entro il 2010, le misure adeguate per la lotta contro l'esclusione, definite al vertice di Lisbona nel marzo 2000 e concordate in occasione del Consiglio di Laeken del dicembre 2001 (18 indicatori comuni per misurare la povertà e l'esclusione sociale);

1.8

considera necessario tener conto delle ripercussioni dell'allargamento a dieci nuovi Stati membri sulla futura strategia comunitaria di integrazione sociale, soprattutto in previsione della valutazione, nel 2005, del metodo di coordinamento della lotta alla povertà;

1.9

rinnova l'appello a tener maggiormente conto delle buone pratiche nazionali e dei processi innovativi in termini di rispetto e di garanzia del diritto fondamentale che rappresentano l'integrazione sociale e la lotta contro la precarietà per ogni cittadino;

1.10

accoglie favorevolmente le sei grandi priorità definite dal Consiglio per la seconda generazione di PAN per l'integrazione sociale (2003-2005):

investire maggiormente in misure volte a promuovere un mercato del lavoro attivo e adattate alle esigenze dei gruppi più svantaggiati con maggiori difficoltà di accesso all'occcupazione,

garantire a tutti l'accesso ad adeguati sistemi di protezione sociale,

aumentare l'accesso dei soggetti più vulnerabili e di quelli maggiormente a rischio di emarginazione sociale ad alloggi dignitosi, a servizi sanitari di qualità e ad opportunità di formazione permanente,

realizzare uno sforzo concertato mirante a prevenire l'abbandono precoce della scuola per evitare fenomeni di esclusione sistematici e definitivi,

considerare prioritaria l'eliminazione della povertà infantile,

lanciare un'offensiva contro la povertà e l'emarginazione sociale di immigranti e minoranze etniche;

1.11

constata i progressi considerevoli compiuti nel rafforzare la coerenza del metodo di coordinamento (tra Stati, enti locali e regionali e Unione europea), in particolare per quanto riguarda la fornitura di servizi pubblici indispensabili: formazione, sanità, alloggi, trasporti, pari opportunità tra uomini e donne, garanzia dei diritti individuali e accesso alle conoscenze, agli svaghi, alla cultura e alla giustizia;

1.12

desidererebbe veder applicata una strategia più coerente tra gli Stati membri nella lotta alla povertà. Alla luce dell'approccio comparato dei diversi piani d'azione nazionali presentati, è desolante constatare che le forme più persistenti di povertà (disoccupati, famiglie monoparentali, anziani che vivono soli, disabili, giovani che hanno abbandonato gli studi, famiglie numerose) si sono aggravate;

1.13

sottolinea l'importanza della protezione sociale per coloro che non possono integrarsi nel mercato del lavoro;

1.14

considera che le evoluzioni in corso nell'Unione, in particolare la trasformazione rapida del mercato del lavoro, lo sviluppo e la generalizzazione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, i cambiamenti legati ai recenti sviluppi demografici e l'aumento dei flussi migratori, impongono di essere vigilanti per trasformare i rischi in nuove opportunità di integrazione sociale;

1.15

si rallegra per il successo dell'e–Inclusione che, mediante le TIC, ha tutto il potenziale per diventare uno strumento efficace per rendere accessibili i servizi a tutte le categorie della popolazione, promovendo una cittadinanza attiva e partecipe;

1.16

sottolinea il ruolo di volano assunto dagli Stati, a livello nazionale, per quanto riguarda il funzionamento dei sistemi fiscali, la protezione sociale, l'istruzione e i programmi, il diritto e la garanzia dell'alloggio, la sanità pubblica, la libertà di informazione, le pari opportunità di riuscita, in risposta alle necessità universali dei cittadini. La partecipazione locale e regionale è inoltre uno strumento indispensabile per coordinare efficacemente tali servizi;

1.17

osserva che il documento comune della Commissione e del Consiglio non dedica sufficiente attenzione agli sforzi di bilancio concreti necessari per realizzare le azioni a favore dell'integrazione sociale;

1.18

approva la proposta di definire obiettivi quantitativi e quantificabili, su modello degli otto piani nazionali già avviati da alcuni Stati membri.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

è convinto alla luce della comunicazione in oggetto, che gli sforzi effettuati a livello locale, regionale, nazionale ed europeo dopo il Vertice di Lisbona dovrebbero essere sostenuti dall'adozione di piani nazionali per i dieci nuovi Stati membri;

2.2

osserva che occorre concedere il tempo sufficiente per integrare i PAN negli Stati membri a livello nazionale, regionale e locale, prima di procedere ad una valutazione del loro impatto;

2.3

raccomanda che gli indicatori utilizzati siano in numero limitato, per poter essere compatibili e risultare validi in tutti i paesi dell'Unione. A tal fine, il Comitato delle regioni constata che, dopo la conclusione dei PAN per l'integrazione della prima generazione, e come raccomandato caldamente nei suoi due precedenti pareri sull'emarginazione sociale, sono stati compiuti sforzi significativi per individuare tali indicatori a livello comunitario;

2.4

ribadisce, in linea con il Libro bianco sulla governance europea per l'occupazione del 2003, il valore della cooperazione a tutti i livelli amministrativi e tra tutti gli attori dell'integrazione sociale, siano essi istituzionali o legati alla società civile;

2.5

si compiace che gli Stati membri abbiano preso atto della necessità di completare i loro piani d'azione nazionali mediante dispositivi locali e regionali; bisognerebbe tuttavia evitare di sovraccaricare i piani nazionali con misure puramente regionali e adattate alle procedure locali dei servizi che complicherebbero e ostacolerebbero la comparabilità tra gli Stati membri e l'uso di indicatori meno numerosi, più informativi e più raffrontabili;

2.6

incoraggia la Commissione a coinvolgere più sistematicamente gli enti locali e regionali nel monitoraggio dei metodi di riduzione della precarietà;

2.7

si rallegra, inoltre, del fatto che la maggior parte degli Stati membri evidenzino obiettivi di riduzione delle povertà quantificati, ambiziosi, multidimensionali e ben studiati nella loro progressiva attuazione, che tengono conto delle grandi disparità esistenti tra i vari Stati membri per quanto riguarda la soglia di povertà relativa;

2.8

incoraggia a continuare a inserire, nel riesame dei fondi strutturali, i criteri di integrazione sociale definiti nei PAN. Questa riflessione dovrà tener conto dei cambiamenti previsti nell'allocazione dei fondi a partire dal 2006;

2.9

esorta ad agire con la massima urgenza contro le conseguenze più gravi dell'esclusione sociale e della povertà persistente (ad esempio il sovraindebitamento o il fenomeno dei senzatetto) conformemente all'obiettivo 3: aiutare i più vulnerabili;

2.10

approva le seguenti raccomandazioni formulate dalla Commissione europea — in attesa della valutazione prevista per il 2005 — e invita ad attuarle in modo omogeneo ed equilibrato:

continuare a promuovere la mobilitazione e la partecipazione di tutti i soggetti interessati della società civile, incluse le stesse persone emarginate,

prendere pienamente coscienza dell'urgente priorità di ridurre le discriminazioni nei confronti dei più vulnerabili (richiedenti asilo, rifugiati, immigrati, minoranze etniche),

proseguire lo sviluppo della base statistica nazionale al fine di seguire efficacemente le strategie di integrazione sociale definite mediante le statistiche comunitarie sul reddito e sulle condizioni di vita (EU-SILC),

favorire la diffusione e lo scambio delle buone prassi (sull'esempio del programma d'azione comunitario per la lotta contro l'emarginazione sociale),

garantire che gli obiettivi di integrazione sociale dell'Unione godano della dovuta considerazione nel corso della preparazione e del follow-up del Consiglio europeo del giugno 2004, e soprattutto che vi sia coerenza tra tali obiettivi, gli indirizzi di massima per le politiche economiche e la strategia europea per l'occupazione, lanciata al Consiglio europeo di Nizza del dicembre 2000,

promuovere un'integrazione progressiva dei paesi candidati nel processo complessivo, in base ai Memorandum comuni d'integrazione (MCI, firmati il 10 dicembre 2003) che prevedono l'adozione di piani d'azione nazionali da parte dei 10 nuovi Stati membri;

2.11

esorta a prendere le misure appropriate per estendere i processi di integrazione sociale ai nuovi Stati membri;

2.12

sottolinea che, sebbene l'integrazione sociale riguardi il concetto di povertà in senso economico essa include altre forme di privazioni, ad esempio quelle legate all'esclusione dal mercato del lavoro, dall'istruzione, dalla formazione e dalla cultura, e può venir influenzata da discriminazioni fondate sul sesso, l'età, le condizioni sociali, il livello d'istruzione, la lingua, la nazionalità, o disabilità fisiche o mentali; da ciò deriva la necessità di un approccio globale alle sue possibili cause e soluzioni;

2.13

esorta la Commissione europea a proseguire ed estendere il suo dialogo con gli attori dell'integrazione sociale e le vittime stesse dell'esclusione, in modo che ciascuno possa far sentire la propria voce ed esercitare la propria cittadinanza;

2.14

accoglie con favore l'organizzazione ogni anno di una tavola rotonda dedicata alla povertà e all'esclusione, che quest'anno coinciderà con la giornata mondiale dell'esclusione del 17 ottobre. Tale appuntamento annuale che fa seguito all'incontro di Aarhus dell'ottobre 2002, è stato reso necessario dall'allargamento, dalle nuove pratiche nazionali in materia di lotta contro l'esclusione, dai criteri definiti a Nizza (relativi all'attuazione degli obiettivi di uguaglianza, di prevenzione, di azione e di mobilitazione legati ai processi di inclusione e di integrazione), nonché dalla moltiplicazione degli attori del dialogo sociale e dei partenariati per l'occupazione;

2.15

sottolinea la difficoltà per ogni Stato membro dell'Unione di definire congiuntamente criteri di integrazione o di esclusione sociale che possano essere allo stesso tempo applicabili, applicati ed esportabili, a livello locale, regionale, nazionale ed europeo; ciò evidenzia la necessità di un continuo dialogo coordinato a livello comunitario;

2.16

ricorda il ruolo degli enti locali e regionali quali attori dell'integrazione nel mercato del lavoro, e in genere nella società, di quanti sono a rischio di esclusione o di emarginazione;

2.17

esorta la Commissione europea ad integrare nel progetto di relazione comune le questioni sollevate nel presente parere in occasione della presentazione del testo al vertice europeo del marzo 2004.

Bruxelles, 22 aprile 2004

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 317 del 6.11.2000, pag. 47.

(2)  GU C 39 del 18.2.2003, pag. 1.

(3)  GU C 144 del 16.5.2001, pag. 52.

(4)  GU C 192 del 12.8.2002, pag. 5.


30.4.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 121/35


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a pile e accumulatori e a pile e accumulatori usati

(2004/C 121/09)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a pile e accumulatori e a pile e accumulatori usati, COM(2003)723 def. — 2003/0282 COD,

vista la decisione del Consiglio, dell'11 dicembre 2003, di consultarlo in materia, conformemente al disposto dell'articolo 175, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 12 marzo 2002, di elaborare un parere in materia e d'incaricare la commissione Cultura e istruzione della preparazione di detto documento,

visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione in merito alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a pile e accumulatori e a pile e accumulatori usati SEC(2003)1343,

vista la direttiva 91/157/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, relativa alle pile ed agli accumulatori contenenti sostanze pericolose,

vista la direttiva 2003/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 dicembre 2003, che modifica la direttiva 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE),

vista la direttiva 2002/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche,

vista la direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso,

vista la direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche,

visto il progetto di parere (CdR 12/2004 riv. 1) adottato in data 5 marzo 2004 dalla commissione Sviluppo sostenibile (relatore Ossi Martikainen, presidente del consiglio comunale di Lapinlahti (FI/ELDR)),

considerando quanto segue:

1)

le pile e gli accumulatori costituiscono una fonte di energia essenziale nella società odierna.

2)

Grandi quantità di pile e di accumulatori usati finiscono nel ciclo dei rifiuti urbani.

3)

La raccolta e il riciclaggio di pile e accumulatori usati variano da uno Stato membro all'altro; tali sistemi differenti possono avere ripercussioni sfavorevoli sul mercato e provocare distorsioni della concorrenza, è importante garantire pari condizioni in tutta l'UE.

4)

Occorre definire obiettivi ambiziosi, validi per tutta l'UE, lasciando al tempo stesso agli Stati membri la facoltà di imporre obiettivi e norme ancora superiori.

5)

In numerosi Stati membri gli enti locali e regionali svolgono un ruolo essenziale nella raccolta e nel riciclaggio di pile e di accumulatori,

ha adottato il seguente parere all'unanimità il 22 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria.

1.   Parere del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

ritiene che definire dei requisiti minimi, validi su scala comunitaria, per il trattamento delle pile e degli accumulatori usati e degli altri rifiuti contenenti sostanze pericolose costituisca uno strumento efficace per la protezione dell'ambiente e della salute pubblica;

1.2

osserva che nell'applicazione delle misure comunitarie in materia di gestione dei rifiuti gli Stati membri e gli enti locali e regionali hanno la facoltà di scegliere i procedimenti che ritengono migliori, purché siano rispettati dei requisiti minimi comuni e non venga distorta la concorrenza;

1.3

rammenta che ai fini della pianificazione, esecuzione e controllo delle misure di gestione dei rifiuti e di protezione dell'ambiente, le amministrazioni locali e regionali hanno importanti competenze e responsabilità; nell'applicazione della legislazione comunitaria in questo campo, gli organi legislativi dell'UE e gli Stati membri devono tenere in grande considerazione la competenza e le proposte delle suddette amministrazioni;

1.4

osserva che ai fini del raggiungimento degli obiettivi della legislazione ambientale sono molto importanti le abitudini e i comportamenti dei consumatori; ritiene che si dovrebbero invitare gli Stati membri ad intensificare gli sforzi volti ad istituire o a sviluppare regimi efficienti di restituzione e riciclaggio o di deposito cauzionale, nonché a incoraggiare attraverso campagne di informazione un comportamento più consapevole dei consumatori nei confronti delle batterie e degli accumulatori;

1.5

reputa opportuno che gli Stati membri possano stabilire le procedure più appropriate per l'applicazione e la sorveglianza delle misure relative alle pile e agli accumulatori contenenti sostanze pericolose; tuttavia la supervisione della regolamentazione e delle conseguenze del suo mancato rispetto sono comuni in tutta l'Unione e competono alla Commissione europea;

1.6

ritiene che occorra applicare al settore delle pile e degli accumulatori il principio della responsabilità del produttore;

1.7

sottolinea che i comuni e gli enti e le imprese di loro proprietà o che agiscono per loro conto possono fungere da terzo soggetto, insieme con i produttori e gli importatori, nella raccolta, gestione e riciclaggio delle pile e degli accumulatori;

1.8

ritiene che si dovrebbe evitare completamente lo smaltimento finale, in discarica o per incenerimento, delle pile e degli accumulatori per veicoli o per uso industriale;

1.9

reputa che si debbano stabilire limiti quantitativi per l'impiego di mercurio e di cadmio negli accumulatori;

1.10

valuta con perplessità l'introduzione di obiettivi quantitativi fissi per il recupero, perché permetterebbero un considerevole aumento quantitativo delle pile e degli accumulatori usati in vari nuovi Stati membri, ritardando gli effetti positivi della proposta di direttiva sull'ambiente e la salute e la ricerca di prassi ottimali;

1.11

osserva che alcuni Stati membri hanno già raggiunto l'obiettivo di raccolta previsto dalla proposta, ossia 160 grammi per abitante per anno; ritiene che questo obiettivo andrebbe sostituito con un altro, basato sulle vendite annue nazionali, in modo da tenere conto dei differenti livelli di consumo e consentire l'adozione di obiettivi ambiziosi;

1.12

considera che l'obiettivo di raccolta di tutte le pile e gli accumulatori portatili dovrebbe esere definito in termini di percentuale delle vendite nazionali annue;

1.13

invita gli Stati membri a promuovere tecnologie di riciclaggio e di trattamento nuove, economicamente convenienti e compatibili con l'ambiente; propone che dopo l'entrata in vigore della direttiva la Commissione europea presenti regolarmente al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sui progressi compiuti nel realizzare gli obiettivi.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Preambolo, secondo capoverso

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

visto il Trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 95, paragrafo 1, e 175, paragrafo 1,

visto il Trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 95, paragrafo 1, e l'articolo 175, paragrafo 1,

Motivazione: L'obiettivo principale della direttiva è quello di ridurre al minimo gli effetti ambientali negativi delle pile usate, pertanto l'unica base giuridica dovrebbe essere l'articolo 175, paragrafo 1 (base giuridica delle misure in materia ambientale). Il ricorso all'articolo 175 consente agli Stati membri di definire obiettivi e procedure di maggior rigore.

Considerando 10

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Dati gli specifici problemi ambientali e sanitari posti dal cadmio, dal mercurio e dal piombo e le caratteristiche particolari delle pile e degli accumulatori contenenti tali sostanze, è necessario adottare ulteriori misure. È necessario limitare l'uso del mercurio nelle pile. Occorre inoltre vietare lo smaltimento finale delle batterie industriali e per autoveicoli. È opportuno stabilire un ulteriore obiettivo di raccolta per le batterie portatili al nichel-cadmio. Occorre infine introdurre specifici obblighi di riciclaggio per le batterie al cadmio e al piombo, al fine di conseguire un elevato livello di recupero dei materiali in tutta la Comunità ed evitare disparità tra gli Stati membri.

Dati gli specifici problemi ambientali e sanitari posti dal cadmio, dal mercurio e dal piombo e le caratteristiche particolari delle pile e degli accumulatori contenenti tali sostanze, è necessario adottare ulteriori misure. È necessario limitare vietare l'uso del mercurio nelle pile. Occorre inoltre vietare come pure lo smaltimento finale delle batterie industriali e per autoveicoli. È opportuno stabilire un ulteriore obiettivo di raccolta per le batterie portatili al nichel-Occorre vietare l'impiego del cadmio e del piombo nelle batterie portatili. Occorre infine introdurre specifici obblighi di riciclaggio per le batterie al cadmio e al piombo residue, al fine di conseguire un elevato livello di recupero dei materiali in tutta la Comunità ed evitare disparità tra gli Stati membri.

Motivazione: In linea con le direttive sui veicoli fuori uso, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose, l'impiego di metalli dovrebbe essere vietato anche nelle batterie e negli accumulatori.

Articolo 3

Definizioni

Inserire la seguente, nuova definizione:

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

«cauzione», sistema per cui al momento dell'acquisto di pile o accumulatori l'acquirente paga al venditore al dettaglio una somma che gli sarà rimborsata all'atto della restituzione delle pile e degli accumulatori usati.

Motivazione: La definizione è ripresa dalla direttiva 91/157/CEE relativa alle pile ed agli accumulatori contenenti sostanze pericolose. È un ottimo modo di incoraggiare i consumatori a riportare ai punti di raccolta le batterie usate.

Articolo 4

Prevenzione

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Gli Stati membri vietano la commercializzazione di tutte le pile o accumulatori (anche incorporati in apparecchi) contenenti più dello 0,0005 % in peso di mercurio.

2.

Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica alle pile del tipo a bottone e alle pile composte da elementi a bottone con un tenore di mercurio non superiore al 2 % in peso.

1.

Gli Stati membri vietano la commercializzazione di tutte le pile o accumulatori (anche incorporati in apparecchi) contenenti più dello 0,0005 % in peso di mercurio. di:

a)

5 ppm di mercurio; e/o

b)

40 ppm di piombo; e/o

c)

20 ppm di cadmio.

2.

Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica alle pile del tipo a bottone e alle pile composte da elementi a bottone con un tenore di mercurio non superiore al 2 % in peso.

2.

Sono escluse da questo divieto le applicazioni di cui all'Allegato 1.

Motivazione: L'80 % del mercato di batterie al NiCd è costituito da batterie portatili. Vi è il rischio che le batterie di tale tipo, una volta usate, finiscano nei rifiuti urbani. È fuori discussione che esistono dei sostituti per le apparecchiature elettriche ed elettroniche. La graduale eliminazione delle batterie al cadmio destinate a tali apparecchiature sarebbe coerente con la direttiva sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose.

Articolo 5

Miglioramento dell'efficienza ambientale

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri promuovono ricerche per studiare la possibilità di migliorare l'efficienza ambientale complessiva delle pile e degli accumulatori lungo l'intero ciclo di vita, e favoriscono la commercializzazione di pile e accumulatori contenenti minori quantità di sostanze pericolose o sostanze meno inquinanti, in particolare in sostituzione del mercurio, del cadmio e del piombo.

Gli Stati membri promuovono ricerche per studiare la possibilità di migliorare l'efficienza ambientale complessiva delle pile e degli accumulatori lungo l'intero ciclo di vita, e favoriscono la commercializzazione di pile e accumulatori contenenti minori quantità di sostanze pericolose o sostanze meno inquinanti, in particolare in sostituzione del mercurio, del cadmio e del piombo. Cinque anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva, la Commissione presenterà al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sui progressi realizzati in questo campo.

Motivazione: Evidente.

Articolo 6

Monitoraggio del flusso di rifiuti

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Gli Stati membri assicurano il monitoraggio delle quantità di batterie e accumulatori portatili al nichel-cadmio usati eliminati nel flusso dei rifiuti solidi urbani. I risultati del monitoraggio sono oggetto di un rapporto elaborato sulla base della tabella 1 dell'allegato I.

2.

Fatto salvo il regolamento (CE) n. 2150/2002 relativo alle statistiche sui rifiuti, gli Stati membri predispongono il rapporto con periodicità annuale e per l'intero anno solare, a partire da un anno dopo la data di cui all'articolo 32, paragrafo 1 della presente direttiva. Il rapporto è trasmesso alla Commissione entro sei mesi dalla fine dell'anno a cui si riferisce.

3.

La Commissione stabilisce le modalità per il monitoraggio del flusso di rifiuti solidi urbani di cui al paragrafo precedente secondo la procedura di cui all'articolo 30.

1.

Gli Stati membri assicurano il monitoraggio delle quantità di batterie e accumulatori portatili al nichel-cadmio usati eliminati nel flusso dei rifiuti solidi urbani. I risultati del monitoraggio sono oggetto di un rapporto elaborato sulla base della tabella 1 dell'allegato I.

2.

Fatto salvo il regolamento (CE) n. 2150/2002 relativo alle statistiche sui rifiuti, gli Stati membri predispongono il rapporto con periodicità annuale e per l'intero anno solare, a partire da un anno dopo la data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, della presente direttiva. Il rapporto è trasmesso alla Commissione entro sei mesi dalla fine dell'anno a cui si riferisce.

3.

La Commissione stabilisce le modalità per il monitoraggio del flusso di rifiuti solidi urbani di cui al paragrafo precedente secondo la procedura di cui all'articolo 30.

Motivazione: L'articolo va soppresso perché monitorare il flusso dei rifiuti urbani sarebbe molto costoso e al tempo stesso inutile, dato che la direttiva vieta comunque l'uso di sostanze dannose nelle batterie. È stato calcolato che le batterie al nickel-cadmio costituiscono circa lo 0,0055 % dei rifiuti urbani. Per quantificare in modo affidabile la presenza di batterie al NiCd usate, il monitoraggio di tali sostanze dovrebbe basarsi su campionature molto vaste. Sarebbe più semplice ed efficace vietare del tutto l'impiego di tali sostanze dannose, eliminando così l'esigenza di un monitoraggio così vasto. L'articolo di cui si richiede la soppressione costituisce un'anomalia che occorrerebbe eliminare.

Articolo 9

Sistemi di raccolta

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Gli Stati membri provvedono affinché:

a)

siano introdotti sistemi che consentano il conferimento gratuito delle batterie e degli accumulatori portatili usati e siano disponibili e accessibili appositi centri di raccolta, tenuto conto della densità di popolazione;

b)

i produttori di batterie e accumulatori industriali, o i terzi che agiscono a loro nome, riprendano dagli utilizzatori finali le batterie e gli accumulatori industriali usati, indipendentemente dalla composizione chimica e dall'origine;

c)

i produttori di batterie e accumulatori per autoveicoli, o i terzi che agiscono a loro nome, introducano sistemi di raccolta delle batterie e degli accumulatori usati per autoveicoli, a meno che la raccolta non avvenga attraverso i sistemi di cui all'articolo 5, paragrafo 1 della direttiva 2000/53/CE.

2.

Gli Stati membri provvedono affinché, al momento di stabilire i sistemi di raccolta, si tenga conto degli effetti esterni negativi del trasporto.

1.

Gli Stati membri provvedono affinché:

a)

siano introdotti sistemi che consentano il conferimento gratuito delle batterie e degli accumulatori portatili usati e siano disponibili e accessibili appositi centri di raccolta, tenuto conto della densità di popolazione;

(b b)

i produttori di batterie e accumulatori industriali, o i terzi che agiscono a loro nome, riprendano dagli utilizzatori finali le batterie e gli accumulatori industriali usati, indipendentemente dalla composizione chimica e dall'origine;

(c c)

i produttori di batterie e accumulatori per autoveicoli, o i terzi che agiscono a loro nome, introducano sistemi di raccolta delle batterie e degli accumulatori usati per autoveicoli, a meno che la raccolta non avvenga attraverso i sistemi di cui all'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/53/CE;

2.

Gli Stati membri provvedono affinché, al momento di stabilire i sistemi di raccolta, si tenga conto degli effetti esterni negativi del trasporto.

3.

Può essere introdotto un sistema di depositi cauzionali, insieme ad una serie di altre misure volte a promuovere la raccolta di pile e accumulatori usati. Gli Stati membri saranno liberi di determinare l'importo dei depositi cauzionali in maniera tale da evitare distorsioni del mercato interno. Senza pregiudizio della direttiva 98/34/CE, gli Stati membri dovranno riferire alla Commissione in merito alle misure relative all'introduzione dei depositi cauzionali.

Motivazione: I depositi cauzionali costituiscono un ottimo modo di invogliare i consumatori a riportare le pile dopo l'uso.

Articolo 11

Divieto di smaltimento finale

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri vietano lo smaltimento finale delle batterie e degli accumulatori industriali e per autoveicoli in discarica o mediante incenerimento.

Gli Stati membri vietano lo smaltimento finale delle batterie e degli accumulatori industriali e per autoveicoli in discarica o mediante incenerimento. Gli Stati membri fanno in modo che tale divieto sia effettivamente rispettato.

Motivazione: Il testo dev'essere più forte e più vincolante.

Articolo 12

Strumenti economici

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri che ricorrono a strumenti economici (ad esempio aliquote di imposta differenziate) per promuovere la raccolta delle pile e degli accumulatori usati o per incentivare l'uso di pile contenenti meno sostanze inquinanti notificano alla Commissione le misure relative all'attuazione di tali strumenti.

Gli Stati membri che ricorrono a strumenti economici (ad esempio depositi cauzionali o aliquote di imposta differenziate) per promuovere la raccolta delle pile e degli accumulatori usati o per incentivare l'uso di pile contenenti meno sostanze inquinanti notificano alla Commissione le misure relative all'attuazione di tali strumenti.

Motivazione: I depositi cauzionali, che il consumatore paga al momento dell'acquisto e gli sono rimborsati quando riporta la pila esaurita, possono incoraggiare i consumatori a riportare le pile esaurite.

Articolo 13

Obiettivi di raccolta

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Entro quattro anni dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, gli Stati membri sono tenuti a conseguire un tasso medio di raccolta pari ad almeno 160 grammi per abitante l'anno per tutte le batterie e gli accumulatori portatili usati, comprese le batterie portatili al nichel-cadmio.

Entro la stessa data, gli Stati membri sono tenuti a conseguire un tasso minimo specifico di raccolta pari all'80 % della quantità totale annua di batterie e accumulatori portatili al nichel-cadmio usati. La quantità totale comprende le batterie e gli accumulatori portatili al nichel-cadmio raccolti annualmente mediante i sistemi di raccolta e quelli eliminati ogni anno nel flusso dei rifiuti solidi urbani.

2.

I risultati del monitoraggio sono oggetto di un rapporto elaborato sulla base della tabella 2 dell'allegato I. Fatto salvo il regolamento (CE) n. 2150/2002 relativo alle statistiche sui rifiuti, gli Stati membri predispongono il rapporto con periodicità annuale e per l'intero anno solare, a partire da un anno dopo la data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, della presente direttiva. Il rapporto è trasmesso alla Commissione entro sei mesi dalla fine dell'anno a cui si riferisce.

1.

Entro quattro anni dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, gli Stati membri sono tenuti a conseguire un tasso medio di raccolta pari ad almeno 160 grammi per abitante l'anno il 60 % 50 % delle vendite nazionali annue, riferite a due anni prima, per tutte le batterie e gli accumulatori portatili usati, comprese le batterie portatili al nichel-cadmio.

Entro la stessa data, gli Stati membri sono tenuti a conseguire un tasso minimo specifico di raccolta pari all'80 % della quantità totale annua di batterie e accumulatori portatili al nichel-cadmio usati. La quantità totale comprende le batterie e gli accumulatori portatili al nichel-cadmio raccolti annualmente mediante i sistemi di raccolta e quelli eliminati ogni anno nel flusso dei rifiuti solidi urbani.

2.

Entro sei anni dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, gli Stati membri sono tenuti a conseguire un tasso medio di raccolta pari ad almeno il 60 % delle vendite nazionali annue, riferite quattro anni prima, per tutte le batterie e gli accumulatori portatili usati, comprese le batterie portatili al nichel-cadmio.

3.

Entro dieci anni dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, gli Stati membri sono tenuti a conseguire un tasso medio di raccolta pari ad almeno il 70 % delle vendite nazionali annue, riferite a quattro anni prima, per tutte le batterie e gli accumulatori portatili usati, comprese le batterie portatili al nichel-cadmio.

2. 4.

I risultati del monitoraggio sono oggetto di un rapporto elaborato sulla base della tabella 2 dell'allegato I. Fatto salvo il regolamento (CE) n. 2150/2002 relativo alle statistiche sui rifiuti, gli Stati membri predispongono il rapporto con periodicità annuale e per l'intero anno solare, a partire da un anno dopo la data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, della presente direttiva. Il rapporto è trasmesso alla Commissione entro 1 anno dalla fine dell'anno a cui si riferisce.

Motivazione: Gli obiettivi di raccolta dovrebbero essere formulati in termini di percentuali delle vendite annue, onde riflettere meglio il livello di consumi, che varia nell'UE. I risultati possono essere agevolmente verificati comparandoli al volume annuo delle vendite. L'approccio graduale è necessario per consentire lo sviluppo della capacità di raccolta e di riciclaggio evitando che l'obiettivo diventi poco realistico. L'obiettivo complessivo del 70 % di raccolta è necessario per garantire che le quote di raccolta e di riciclaggio crescano in modo continuo fino a raggiungere un livello ottimale.

Articolo 15

Operazioni di trattamento

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Gli Stati membri provvedono affinché i produttori, o i terzi che agiscono a loro nome, introducano sistemi per il trattamento delle pile e degli accumulatori usati raccolti a norma dell'articolo 9, basati sulle migliori tecniche di trattamento e di riciclaggio disponibili.

1.

Gli Stati membri provvedono affinché i produttori, o i terzi che agiscono a loro nome, introducano sistemi per il trattamento delle pile e degli accumulatori usati raccolti a norma dell'articolo 9, basati sulle migliori tecniche di trattamento e di riciclaggio disponibili.

L'emendamento proposto non riguarda la versione italiana.

Articolo 17

Nuove tecniche di riciclaggio

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Gli Stati membri promuovono lo sviluppo di nuove tecniche di riciclaggio e di trattamento e la ricerca di metodi di riciclaggio ecocompatibili e con un buon rapporto costi/efficacia per tutti i tipi di pile e di accumulatori.

2.

Gli Stati membri promuovono l'introduzione negli impianti di trattamento di sistemi certificati di gestione ambientale, in conformità del regolamento (CE) n. 761/2001 sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).

1.

Gli Stati membri promuovono lo sviluppo di nuove tecniche di riciclaggio e di trattamento e la ricerca di metodi di riciclaggio ecocompatibili e con un buon rapporto costi/efficacia per tutti i tipi di pile e di accumulatori.

2.

Gli Stati membri promuovono l'introduzione negli impianti di trattamento di sistemi certificati di gestione ambientale, in conformità del regolamento (CE) n. 761/2001 sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS). Cinque anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva, la Commissione presenterà al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sui progressi realizzati in questo campo.

Motivazione: Evidente.

Articolo 18

Obiettivi di riciclaggio

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri provvedono affinché, nel termine di un anno dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, i produttori o i terzi che agiscono a loro nome conseguano i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio:

a)

tutte le batterie e gli accumulatori portatili raccolti a norma dell'articolo 9 siano sottoposti a un processo di riciclaggio;

b)

gli Stati membri possono esonerare dall'obbligo di cui alla lettera a), per motivi tecnici, una percentuale non superiore al 10 % delle batterie e degli accumulatori portatili raccolti;

c)

tutte le batterie e gli accumulatori industriali e per autoveicoli raccolti a norma dell'articolo 9 siano sottoposti a un processo di riciclaggio.

Gli Stati membri provvedono affinché, nel termine di un anno dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, i produttori o i terzi che agiscono a loro nome conseguano i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio:

a)

tutte le batterie e gli accumulatori portatili raccolti a norma dell'articolo 9 siano sottoposti a un processo di riciclaggio;

b)

gli Stati membri possono esonerare dall'obbligo di cui alla lettera a), per motivi tecnici, una percentuale non superiore al 10% delle batterie e degli accumulatori portatili raccolti;

(b c)

tutte le batterie e gli accumulatori industriali e per autoveicoli raccolti a norma dell'articolo 9 siano sottoposti a un processo di riciclaggio.

Motivazione: Non vi è alcun motivo tecnico che giustifichi la deroga.

Articolo 19

Efficienze di riciclaggio

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Gli Stati membri provvedono affinché, entro tre anni dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, i produttori o i terzi che agiscono a loro nome conseguano le seguenti efficienze minime di riciclaggio:

a)

riciclaggio di tutto il piombo e di almeno il 65% in peso medio dei materiali contenuti nelle batterie e negli accumulatori al piombo;

b)

riciclaggio di tutto il cadmio e di almeno il 75% in peso medio dei materiali contenuti nelle batterie e negli accumulatori al nichel-cadmio.

c)

riciclaggio del 55% in peso medio dei materiali contenuti in altre pile e accumulatori usati.

2.

A decorrere dalla data di cui al paragrafo precedente gli Stati membri comunicano annualmente gli obiettivi di riciclaggio di cui all'articolo 18 e le efficienze di riciclaggio di cui al paragrafo precedente effettivamente conseguiti nel corso di ciascun anno solare.

I dati sono trasmessi alla Commissione entro sei mesi dalla fine dell'anno a cui si riferiscono.

1.

Gli Stati membri provvedono affinché, entro tre anni dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, i produttori o i terzi che agiscono a loro nome conseguano le seguenti efficienze minime di riciclaggio:

a)

riciclaggio di tutto il piombo e di almeno il 65% in peso medio dei materiali contenuti nelle batterie e negli accumulatori al piombo;

b)

riciclaggio di tutto il cadmio e di almeno il 75% in peso medio dei materiali contenuti nelle batterie e negli accumulatori al nichel-cadmio.

c)

riciclaggio del 55 % in peso medio dei materiali contenuti in altre pile e accumulatori usati.

2.

A decorrere dalla data di cui al paragrafo precedente gli Stati membri comunicano annualmente gli obiettivi di riciclaggio di cui all'articolo 18 e le efficienze di riciclaggio di cui al paragrafo precedente effettivamente conseguiti nel corso di ciascun anno solare.

I dati sono trasmessi alla Commissione entro sei mesi dalla fine dell'anno a cui si riferiscono.

Le efficienze minime del riciclaggio devono essere valutate regolarmente e adattate al progresso tecnico secondo la procedura descritta nell'articolo 30.

Motivazione: Questa è la prima volta che viene stabilito un obiettivo per le efficienze di riciclaggio. Né la direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), né quella sui veicoli fuori uso prevedevano un simile obiettivo. È pertanto importante che le quote vengano valutate e regolarmente aggiornate.

Articolo 20

Batterie e accumulatori portatili

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

Gli Stati membri provvedono affinché i produttori o i terzi che agiscono a loro nome assicurino quantomeno il finanziamento delle operazioni di trattamento, riciclaggio e smaltimento ecologicamente corretto di tutte le batterie e gli accumulatori portatili usati depositati nei centri di raccolta istituiti a norma dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a).

2.

Gli Stati membri provvedono affinché i produttori adempiano all'obbligo di cui al paragrafo precedente mediante sistemi individuali o collettivi.

1.

Gli Stati membri provvedono affinché i produttori o i terzi che agiscono a loro nome assicurino quantomeno il finanziamento delle operazioni di raccolta, trattamento, riciclaggio e smaltimento ecologicamente corretto di tutte le batterie e gli accumulatori portatili usati depositati nei centri di raccolta istituiti a norma dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a).

2.

Gli Stati membri provvedono affinché i produttori adempiano all'obbligo di cui al paragrafo precedente mediante sistemi individuali o collettivi.

Motivazione: Questo emendamento è importante per gli enti locali e regionali. La responsabilità del produttore si dovrebbe applicare anche alla raccolta di pile portatili usate. Le operazioni di raccolta, trattamento, riciclaggio e smaltimento ecologicamente corretto possono essere svolte dalle amministrazioni locali o da qualsiasi altra organizzazione. L'importante è chiarire chi finanzierà tali attività.

Articolo 22

Registrazione e garanzia

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ciascun produttore, allorché immette in commercio un prodotto, sia registrato e fornisca una garanzia che assicuri il finanziamento della gestione delle pile e degli accumulatori usati. La garanzia può consistere in una partecipazione del produttore ad appositi sistemi per il finanziamento della gestione delle pile e degli accumulatori usati, in un'assicurazione sul riciclaggio, o in un conto bancario vincolato.

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ciascun produttore, allorché immette in commercio un prodotto, sia registrato e fornisca una garanzia che assicuri il finanziamento della gestione delle pile e degli accumulatori usati. La garanzia può deve consistere in una partecipazione del produttore ad appositi sistemi per il finanziamento della gestione delle pile e degli accumulatori usati, in un'assicurazione sul riciclaggio, o in un conto bancario vincolato.

Motivazione: La parola «può» è troppo vaga e va pertanto sostituita con «deve».

Articolo 23

Rifiuti storici

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

I costi di gestione delle pile e degli accumulatori usati immessi in commercio prima dell'entrata in vigore della presente direttiva sono a carico dei produttori.

2.

Il finanziamento dei costi di gestione delle batterie e degli accumulatori industriali immessi in commercio prima dell'entrata in vigore della presente direttiva e sostituiti da prodotti equivalenti o da prodotti che svolgono la stessa funzione è a carico dei produttori nel momento in cui forniscono i nuovi prodotti. In alternativa gli Stati membri possono prevedere che tale finanziamento sia parzialmente o totalmente a carico dell'utilizzatore finale.

3.

Per gli altri rifiuti storici di batterie industriali, il finanziamento dei costi è a carico degli utenti industriali.

4.

Con riferimento ai rifiuti storici, gli Stati membri provvedono affinché, per un periodo transitorio di quattro anni dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, al momento della vendita di nuovi prodotti i produttori possano indicare agli acquirenti i costi di raccolta, trattamento e riciclaggio di tutte le pile e gli accumulatori usati. I costi indicati non devono superare i costi effettivamente sostenuti.

1.

I costi di gestione delle pile e degli accumulatori usati immessi in commercio prima dell'entrata in vigore della presente direttiva sono a carico dei di tutti i produttori.

2.

Il finanziamento dei costi di gestione delle batterie e degli accumulatori industriali immessi in commercio prima dell'entrata in vigore della presente direttiva e sostituiti da prodotti equivalenti o da prodotti che svolgono la stessa funzione è a carico dei produttori nel momento in cui forniscono i nuovi prodotti. In alternativa gli Stati membri possono prevedere che tale finanziamento sia parzialmente o totalmente a carico dell'utilizzatore finale.

3.

Per gli altri rifiuti storici di batterie industriali, il finanziamento dei costi è a carico degli utenti industriali.

4.

Con riferimento ai rifiuti storici, gli Stati membri provvedono affinché, per un periodo transitorio di quattro anni dalla data di cui all'articolo 32, paragrafo 1, al momento della vendita di nuovi prodotti i produttori possano indicare agli acquirenti i costi di raccolta, trattamento e riciclaggio di tutte le pile e gli accumulatori usati. I costi indicati non devono superare i costi effettivamente sostenuti.

Motivazione: La parola «tutti» chiarisce che la responsabilità del produttore è collettiva e non individuale.

Allegato I (nuovo)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Allegato I

Conformemente all'articolo 4, paragrafo 2, il divieto di cui all'articolo 4, paragrafo 1, non si applica alle pile e agli accumulatori, inseriti o no in apparecchi, che vengono utilizzati per le seguenti applicazioni:

mercurio in pile del tipo a bottone usate per apparecchi acustici,

cadmio in pile o accumulatori per luci di emergenza,

cadmio in pile o accumulatori per applicazioni industriali,

cadmio in pile o accumulatori per aerei e treni,

piombo in batterie e accumulatori per autoveicoli.

Motivazione: Vedere l'emendamento relativo all'articolo 4.

Bruxelles, 22 aprile 2004

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


30.4.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 121/45


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione, al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Sulla via della produzione sostenibile Progressi nell'attuazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento

(2004/C 121/10)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo «Sulla via della produzione sostenibile — Progressi nell'attuazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento» [COM(2003) 354 def.],

vista la decisione della Commissione europea del 19 giugno 2003 di consultarlo in materia, a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del suo Presidente in data 23 gennaio 2003 di incaricare la commissione Sviluppo sostenibile dell'elaborazione del parere in materia,

visto il «Libro bianco della Commissione europea sulla responsabilità ambientale» (COM(2000) 66 def.) e la «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale» [COM(2002) 17 def. 2002/0021 (COD)],

visto il sesto programma di azione della Comunità europea in materia di ambiente: «Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta»,

vista la decisione della Commissione del 31 maggio 1999 relativa al questionario menzionato nella direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC),

visto il progetto di parere del Comitato delle regioni (CdR 332/2003 riv. 1) adottato il 5 marzo 2004 dalla commissione Sviluppo sostenibile [relatore: José Macario CORREIA, sindaco di Tavira (PT/PPE)],

considerando quanto segue:

1.

La direttiva 96/61/CE, relativa alla prevenzione e al controllo integrati dell'inquinamento si basa su un approccio integrato del processo di autorizzazione industriale e sulla fissazione di limiti di emissioni fondati sulle migliori tecniche disponibili.

2.

Il termine finale per l'adozione delle migliori tecniche disponibili e per il rispetto di tutti gli altri requisiti da parte degli impianti oggetto della direttiva scade il 30 ottobre 2007 (1).

3.

Per conseguire gli obiettivi e ottemperare alla direttiva, i gestori degli impianti e le autorità competenti devono tener presente il tempo necessario per rinnovare gli impianti esistenti ed eseguire le azioni necessarie con sufficiente anticipo.

4.

Esistono segnali del fatto che in numerosi Stati membri e nella maggior parte dei paesi in fase di adesione è necessario intensificare gli sforzi e accelerare il passo verso questo obiettivo.

5.

I meccanismi per l'applicazione della direttiva interagiscono con la sfera di competenze degli enti amministrativi regionali e locali responsabili del monitoraggio, della gestione e dell'emissione delle autorizzazioni ambientali,

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 22 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria.

Posizioni e raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.

sottolinea quanto la Commissione constata nella sua comunicazione: un livello elevato di protezione dell'ambiente, obiettivo fondamentale della direttiva, è realizzabile, in alcuni Stati membri e nella maggioranza dei paesi candidati, solo attraverso un più grande impegno delle autorità incaricate dell'applicazione e mediante un'interazione costruttiva con i gestori degli impianti industriali e altre parti interessate;

2.

considera essenziale intensificare la cooperazione, la ricerca e lo scambio delle informazioni e delle migliori tecniche disponibili (meccanismi ai quali si deve e dai quali dipende il successo della direttiva) richiedendo per questo settore un particolare rilievo nell'ambito del programma-quadro di ricerca;

3.

reputa essenziale che in questa fase si faccia un bilancio intermedio dell'applicazione e dell'attuazione della direttiva su cui basare l'adozione di eventuali misure supplementari e lo sviluppo futuro della politica ambientale;

4.

appoggia la Commissione nel suo ampio processo europeo di consultazione (già avviato) che riguarda le questioni dell'applicazione, la situazione attuale e l'esame delle prime relazioni ufficiali. Tale processo di consultazione ed analisi permetterà di valutare in modo completo il livello di attuazione della direttiva e di accertare se siano eventualmente necessarie altre azioni per il raggiungimento dei suoi obiettivi;

5.

avverte che, se si arriva alla conclusione che la flessibilità del sistema attuale, il quale permette agli Stati di fissare propri valori limite per le emissioni, non dà i risultati voluti, occorrerà un approccio più armonizzato. Ciò potrà creare più difficoltà sia ai gestori che non dispongano di mezzi sufficienti per introdurre nei loro sistemi le modifiche richieste dalle norme fissate, sia agli organi regionali e locali che dovranno fornire a questi livelli un'assistenza speciale nel fondamentale compito di monitoraggio e nel quadro del rilascio delle autorizzazioni. È importante, per far fronte a tali problemi, il ricorso ai fondi strutturali disponibili per questi fini, considerando che i ritardi nel settore ambientale generano pericolosi ritardi di competitività industriale rispetto al resto del mondo;

6.

propone che nel quadro della definizione delle nuove azioni si affidi un ruolo importante di attiva cooperazione alle regioni e agli enti locali, nel rispetto del principio di sussidiarietà, e si attribuisca particolare importanza all'individuazione e all'assegnazione delle risorse amministrative e finanziarie necessarie per l'applicazione e il monitoraggio della direttiva a livello regionale.

Bruxelles, 22 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  Fanno eccezione gli impianti dei paesi candidati cui è stato concesso un periodo di transizione supplementare dopo il 2007.


30.4.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 121/47


Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Verso una strategia tematica per l'uso sostenibile delle risorse naturali»

(2004/C 121/11)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Verso una strategia tematica per l'uso sostenibile delle risorse naturali [COM(2003) 572 def.],

vista la comunicazione della Commissione europea sulla governance europea [COM(2001) 428 def.],

vista la decisione della Commissione europea del 1o ottobre 2003 di consultarlo in materia, a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente in data 27 gennaio 2004 di incaricare la commissione Sviluppo sostenibile di elaborare un parere sull'argomento,

vista la raccomandazione della Commissione relativa agli indirizzi di massima del 2002 per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità [COM(2002) 191 def.],

vista la definizione di «sviluppo sostenibile» enunciata nel Trattato di Amsterdam,

vista la comunicazione della Commissione Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile (proposta della Commissione per il Consiglio europeo di Göteborg) [COM(2001) 264 def.],

vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni Verso un partenariato globale per uno sviluppo sostenibile [COM(2002) 82 def.],

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni sul sesto programma di azione per l'ambiente della Comunità europea Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta — sesto programma di azione per l'ambiente e alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma comunitario di azione in materia di ambiente 2001-2010 (COM(2001) 31 def. — CdR 36/2001 fin (1)),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Politica integrata dei prodotti - Sviluppare il concetto di «ciclo di vita ambientale» [COM(2003) 302 def. — CdR 159/2003 fin (2)],

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione Verso una strategia tematica di prevenzione e riciclo dei rifiuti [COM(2003) 301 def. — CdR 239/2003 fin (3)],

visto il Libro verde della Commissione europea Verso una strategia europea di sicurezza dell'approvvigionamento energetico [COM(2000) 769 def.],

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo Strategia europea per l'ambiente e la salute [COM(2003) 338 def.],

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su una strategia comunitaria per la diversità biologica [COM(1998) 42 def.] e la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Piani d'azione a favore della biodiversità: conservazione delle risorse naturali, agricoltura, pesca e cooperazione economica e cooperazione allo sviluppo [COM(2001) 162 def.],

visto il proprio progetto di parere (CdR 11/2004 riv. 1) adottato il 5 marzo 2004 dalla commissione Sviluppo sostenibile (relatore Cormick McCHORD, presidente del consiglio comunale di Stirling, UK/PSE),

considerando quanto segue:

1.

è evidente che l'attuale uso delle risorse, con le conseguenze che comporta per l'ambiente, i popoli d'Europa e la comunità mondiale più in generale, non è sostenibile.

2.

Per ridurre l'impatto dell'uso attuale delle risorse e avviare l'Europa verso modelli di consumo più sostenibili occorre una visione di lungo periodo, che sia coerente con le politiche comunitarie a favore dello sviluppo sostenibile.

3.

Gli enti locali e regionali sono in una posizione unica per influire, attraverso una serie di interventi, come ad esempio la gestione e la pianificazione dei rifiuti, sull'uso delle risorse naturali e altresì per attuare una serie di misure a livello locale finalizzate alla tutela delle risorse naturali e alla modifica dei modelli di consumo e di produzione.

4.

Per ottenere un utilizzo più sostenibile delle risorse è essenziale disporre di una strategia che preveda una serie di priorità e di azioni concrete: a questo fine bisognerà disaccoppiare la crescita economica dall'impatto sociale e ambientale da un lato e dall'uso delle risorse dall'altro. La strategia deve mirare a ridurre l'impatto ambientale e affrontare il problema del progressivo esaurimento e della sicurezza delle risorse non rinnovabili, ponendo fine nel contempo al degrado e all'impoverimento delle risorse rinnovabili. Essa dovrebbe inoltre contribuire a realizzare l'inclusione sociale e la giustizia ambientale nell'UE, affrontare il problema del fabbisogno di risorse dei paesi più poveri (ivi compresi i paesi di prossima adesione) e dell'equità intergenerazionale; dovrà altresì prevedere la valutazione delle politiche adottate, la raccolta di dati, anche in merito ai mutamenti comportamentali dei consumatori, l'integrazione e l'allineamento delle politiche. Dato il loro ruolo unico (Agenda 21, capitolo 28), gli enti locali dovrebbero svolgere una funzione fondamentale nel promuovere le attività basate sulle comunità locali.

5.

Occorrerà altresì riconoscere l'importanza della politica economica e fiscale ai fini del conseguimento di tali obiettivi: si dovranno adottare misure che consentano di «internalizzare le esternalità» (il principio per cui chi inquina paga) e potenziarle con adeguati provvedimenti fiscali e politiche in materia di appalti pubblici,

ha adottato all'unanimità, in data 22 aprile 2004, nel corso della 54a sessione plenaria, il seguente parere.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni,

1.1

accoglie con favore la comunicazione in esame in quanto rappresenta un primo passo verso la definizione della strategia tematica per un uso sostenibile delle risorse (nel prosieguo «la strategia») invocata dal sesto programma di azione per l'ambiente: tale programma si incentra sul riconoscimento del fatto che, per conseguire gli obiettivi della strategia comunitaria di sviluppo sostenibile, è fondamentale gestire l'uso delle risorse e ridurne il consumo;

1.2

si compiace che la strategia si prefigga innanzitutto di disaccoppiare o dissociare l'impatto ambientale dalla crescita economica e miri a «ridurre gli impatti ambientali e consentire alle economie in fase di crescita di usare razionalmente le risorse, dal punto di vista economico-ambientale»;

1.3

conviene che, per realizzare questo obiettivo, saranno necessari tempi lunghi e si rallegra perciò che sia stato proposto un arco di tempo di 25 anni, onde consentire alle parti interessate di adeguare le loro politiche e i loro processi produttivi «per sviluppare e adottare modelli di produzione e consumo aventi un minore impatto ambientale»;

1.4

appoggia in linea di massima il metodo proposto di raccolta dei dati e di valutazione e integrazione degli interventi, conviene soprattutto sull'importanza dell'istruzione e della sensibilizzazione e sottolinea la necessità di stabilire delle priorità, individuando i settori in cui è più forte l'esigenza di un uso delle risorse più rispettoso dell'ambiente;

1.5

riconosce che ciò che più preoccupa attualmente è l'impatto dell'utilizzo delle risorse non rinnovabili, ma ritiene che, ai fini dello sviluppo sostenibile, sia importante anche prendere atto dei rischi legati al progressivo esaurimento delle risorse non rinnovabili, in particolare per quanto riguarda i limiti delle risorse europee, la sicurezza degli approvvigionamenti e i rischi geopolitici.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni,

2.1

propone di presentare chiaramente la strategia come il fondamento stesso dello sviluppo sostenibile, con implicazioni che vanno dal riallineamento della politica economica e fiscale alla politica in materia di cambiamenti climatici. Essa non va presentata come un'iniziativa limitata, che interessa unicamente la politica ambientale o la gestione dei rifiuti (sebbene questi aspetti ne facciano parte integrante): ciò sarebbe infatti in contraddizione con il processo di Cardiff, che mira a integrare maggiormente le considerazioni ambientali negli altri settori di intervento, e potrebbe comportare invece la marginalizzazione della strategia;

2.2

esorta a non pensare che disaccoppiare significhi solo fare in modo che la crescita economica possa continuare senza che vi sia un impoverimento delle risorse o conseguenze ambientali negative. L'ambiente, l'economia e la società continueranno a essere interdipendenti: lo sviluppo economico e in particolare l'innovazione tecnologica vanno imbrigliati per ridurre l'utilizzo delle risorse, usare queste ultime in modo più efficiente, eventualmente recuperandole e riutilizzandole nonché incoraggiando l'uso delle risorse rinnovabili, e limitare i danni ambientali. I «tre pilastri»: «sviluppo sostenibile, sfera economico-sociale e ambiente» non devono essere «bilanciati», ma in armonia e coerenti tra loro;

2.3

auspica pertanto che venga riconosciuta maggiormente l'importanza della politica economica e fiscale allo scopo di internalizzare le esternalità, e fare in modo che chi inquina paghi, anche ricorrendo ad adeguati provvedimenti fiscali e politiche in materia di appalti pubblici;

2.4

invita ad affrontare anche i temi dell'inclusione sociale e della giustizia ambientale nell'ambito della strategia in esame, tenendo pienamente conto dell'impatto di quest'ultima sui diversi gruppi sociali ed evitando che gli effetti negativi colpiscano in modo sproporzionato quanti non sono in grado di sopportarne il peso. La strategia dovrebbe inoltre completare le azioni comunitarie di lotta contro la discriminazione e l'esclusione sociale;

2.5

esorta a dare maggior peso alle questioni legate all'allargamento e alla dimensione internazionale, riaffermando il sostegno al piano di attuazione del WSSD (World Summit on Sustainable Development, vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile) e collocando l'uso sostenibile delle risorse in Europa nel contesto del maggiore fabbisogno di risorse dei paesi più poveri e di chi vive nell'indigenza. La strategia dovrebbe adottare l'approccio del protocollo di Kyoto, che consente la crescita ai paesi più poveri (ivi compresi i paesi di prossima adesione) rimanendo tuttavia entro i limiti della capacità di carico del pianeta e spingendo nel contempo ad abbandonare modelli insostenibili di utilizzo e intensità di risorse;

2.6

chiede che nella prospettiva di lungo periodo si tenga conto della giustizia intergenerazionale. La strategia dovrebbe affrontare il problema del progressivo esaurimento e della sicurezza degli approvvigionamenti di risorse non rinnovabili, nonché dell'impoverimento e del degrado delle risorse rinnovabili tra cui la biodiversità, le riserve ittiche e i pozzi di assorbimento del carbonio, tenendo conto della prospettiva mondiale e a lungo termine;

2.7

esorta a fissare gli interventi prioritari in base alla vulnerabilità delle risorse, alla gravità dell'impatto ambientale che esse provocano e alla capacità di carico;

2.8

propone di riconoscere nella strategia il ruolo degli enti locali e regionali e di altri organismi pubblici, dato l'interesse che essa riveste per settori come la pianificazione, la gestione dei rifiuti, la biodiversità locale e la protezione dell'habitat, i trasporti e l'istruzione.

2.9

esorta la Commissione europea a tenere debitamente conto del principio di sussidiarietà nelle politiche proposte. Spesso infatti l'azione condotta a livello comunitario, ivi compresa l'Agenda 21 locale, è il principale propulsore delle iniziative di tutela delle risorse. Le politiche devono essere studiate in modo tale da garantire un livello ottimale di flessibilità, che consenta agli enti locali e regionali di intervenire al loro livello territoriale senza essere vincolati dalle politiche realizzate altrove.

Bruxelles, 22 aprile 2004.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 357 del 14.12.2001, pag. 44.

(2)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 51.

(3)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 63.