ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2013.076.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 76

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

56o anno
14 marzo 2013


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

486a sessione plenaria del 16 e 17 gennaio 2013

2013/C 076/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Liberare il potenziale dei bambini e dei giovani ad elevate capacità intellettive nell'Unione europea (parere d'iniziativa)

1

2013/C 076/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La dimensione di genere nella strategia Europa 2020 (parere d'iniziativa)

8

2013/C 076/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La pirateria marittima: potenziare la risposta dell'UE (parere d'iniziativa)

15

2013/C 076/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Introduzione di un marchio sociale europeo (parere esplorativo)

20

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

486a sessione plenaria del 16 e 17 gennaio 2013

2013/C 076/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L'Atto per il mercato unico II — Insieme per una nuova crescitaCOM(2012) 573 final

24

2013/C 076/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un partenariato rafforzato per lo Spazio europeo della ricerca a favore dell'eccellenza e della crescitaCOM(2012) 392 final

31

2013/C 076/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Politica industriale della sicurezza — Piano d'azione per un'industria della sicurezza innovativa e competitivaCOM(2012) 417 final

37

2013/C 076/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Potenziare e concentrare la cooperazione internazionale dell'UE nelle attività di ricerca e innovazione: un approccio strategicoCOM(2012) 497 final

43

2013/C 076/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un accesso migliore alle informazioni scientifiche: aumentare i benefici dell'investimento pubblico nella ricercaCOM(2012) 401 final

48

2013/C 076/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 273/2004 relativo ai precursori di drogheCOM(2012) 548 final — 2012/0261 (COD)

54

2013/C 076/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Sfruttare il potenziale del cloud computing in EuropaCOM(2012) 529 final

59

2013/C 076/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un partenariato rinnovato per lo sviluppo UE-PacificoJOIN(2012) 6 final

66

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

486a sessione plenaria del 16 e 17 gennaio 2013

14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Liberare il potenziale dei bambini e dei giovani ad elevate capacità intellettive nell'Unione europea» (parere d'iniziativa)

2013/C 76/01

Relatore: Rodríguez GARCÍA-CARO

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2012, ha deciso, conformemente all'articolo 29 paragrafo 2 del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Liberare il potenziale dei bambini e dei giovani ad elevate capacità intellettive nell'Unione europea.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 dicembre 2012.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 131 voti favorevoli, nessun voto contrario e 13 astensioni

1.   Raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è consapevole del fatto che la problematica dei bambini e dei giovani ad elevate capacità intellettive è relativamente ben analizzata grazie alle ricerche realizzate da diversi decenni e all'esistenza di un'abbondante bibliografia scientifica specializzata (1). Tuttavia, data l'importanza dell'argomento, il CESE raccomanda che la Commissione europea e gli Stati membri sostengano la realizzazione di studi e ricerche ulteriori e adottino misure adeguate che favoriscano l'attenzione a tutti i tipi di diversità, compresi programmi intesi a valorizzare il potenziale dei bambini e dei giovani ad elevate capacità, in modo da liberare tale potenziale nei contesti più vari. Gli obiettivi di una simile azione sarebbero fra l'altro promuovere l'occupazione e l'occupabilità all'interno dell'Unione europea e, in un contesto di crisi economica, potenziare la valorizzazione delle conoscenze specializzate ed evitare l'emigrazione delle persone a elevate capacità verso altre zone del mondo.

1.2

Il Comitato suggerisce di promuovere lo sviluppo e il potenziale dei bambini e dei giovani ad elevate capacità nel corso delle diverse fasi e forme della loro educazione, evitandone la specializzazione in fasi troppo precoci e favorendo l'attenzione alla diversità presso l'istituto scolastico, sfruttando le possibilità offerte dall'apprendimento cooperativo e dall'istruzione non formale.

1.3

Il Comitato raccomanda di promuovere l'istruzione e l'apprendimento permanente, tenendo presente che in ciascuno di noi il potenziale intellettuale non è statico e si sviluppa in maniera diversa a seconda dei periodi della vita.

1.4

Il CESE raccomanda per il futuro di rivolgere maggiore attenzione ai modelli e alle esperienze di lavoro con studenti a elevate capacità intellettive che vengono applicati in ciascuno degli Stati membri, in particolare a quei modelli che recano un beneficio alla società nel suo insieme, ne promuovono la coesione, riducono l'abbandono scolastico e inducono un miglioramento del sistema educativo in conformità degli obiettivi della strategia Europa 2020.

1.5

Il Comitato ricorda la necessità di individuare sul luogo di lavoro quali sono i lavoratori, in particolare quelli giovani, dotati delle capacità e della motivazione necessari per sviluppare le proprie capacità intellettive e contribuire all'innovazione, e di dar loro la possibilità di continuare la propria formazione nel settore corrispondente alle loro ambizioni e ai loro interessi.

1.6

Il CESE propone di migliorare il sostegno educativo rivolto ai bambini e ai giovani che presentano elevate capacità, nei seguenti ambiti:

la formazione iniziale e permanente del corpo insegnante circa il profilo e le caratteristiche degli studenti ad elevate capacità, la loro individuazione e il sostegno educativo di cui hanno bisogno;

la messa in comune di procedure che consentano di individuare tempestivamente l'esistenza di elevate capacità intellettive tra gli studenti in generale e fra quelli che provengono da categorie o ambienti sociali svantaggiati in particolare;

la concezione e attuazione di misure educative rivolte agli studenti ad elevate capacità intellettive. Queste misure devono includere azioni da realizzarsi presso l'istituto educativo ordinario e al di fuori di esso;

l'inserimento, nella formazione del corpo insegnante dei seguenti elementi: i valori umanistici, la realtà multiculturale, l'utilizzo educativo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e infine lo stimolo alla creatività, all'innovazione e alla capacità d'iniziativa.

1.7

Il miglioramento del sostegno educativo ai bambini e ai giovani ad elevate capacità deve comprendere anche l'educazione emotiva (particolarmente importante durante l'adolescenza) e l'acquisizione di competenze sociali, e deve essere finalizzato a facilitare l'integrazione di tali bambini e giovani e il loro inserimento nella società e nel mondo del lavoro, nonché promuoverne l'attitudine al lavoro di gruppo.

1.8

È necessario sfruttare i meccanismi e le procedure di scambio e di soggiorno temporaneo degli studenti in altri paesi affinché possano partecipare a tali attività quelli a elevate capacità, in particolare quanti provengono da ambienti svantaggiati.

1.9

Occorre cogliere le opportunità di scambio, fra gli Stati membri dell'UE, d'informazioni e buone pratiche relative all'individuazione degli studenti a elevate capacità e al sostegno loro necessario.

1.10

Si deve promuovere lo spirito imprenditoriale fra i bambini e i giovani ad elevate capacità, in una prospettiva di responsabilità e solidarietà finalizzata a recare un beneficio alla società nel suo insieme.

2.   Contesto generale

2.1

Europa 2020, la strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva approvata dalla Commissione europea nel 2010, annovera fra le sue tre priorità fondamentali la ricerca della crescita intelligente tramite lo sviluppo di un'economia basata sulla conoscenza e l'innovazione. In quest'ottica, l'istruzione di tutti i cittadini diventa una risorsa fondamentale per garantire il futuro dell'Unione europea, e questo concetto comprende fra l'altro il miglioramento dell'individuazione e del sostegno educativo per le persone a elevate capacità.

2.2

Le politiche educative attuali degli Stati membri dell'UE riconoscono una grande importanza all'attenzione alla diversità degli studenti, intesa come l'impegno a fornire a ciascuno di loro il sostegno educativo necessario perché sviluppino al massimo le proprie potenzialità. Nel quadro dello sforzo rivolto a tutti gli studenti che necessitano di un sostegno educativo specifico occorre aumentare le risorse attualmente dedicate a coloro che presentano elevate capacità intellettive.

2.3

L'analisi della situazione attuale nei paesi che appartengono all'Unione europea mostra una notevole eterogeneità per quanto riguarda l'individuazione e il sostegno educativo agli studenti a elevate capacità intellettive. Inoltre, si rileva la necessità di migliorare le pratiche e le attività educative rivolte a questo tipo di studenti, un aspetto condizionato dalla scarsa formazione specifica del corpo insegnante in questa materia.

3.   Le elevate capacità intellettive

3.1   Il concetto

3.1.1

Gli studi e le ricerche svolti a livello internazionale concordano sul fatto che le persone che presentano un profilo di elevate capacità si trovano in tutti i gruppi sociali (2). Questo principio è applicabile anche alla popolazione degli Stati membri dell'Unione europea. Da un punto di vista sociale, politico e educativo, l'individuazione delle persone a elevate capacità e il sostegno loro necessario rappresentano un tema relativamente recente, la cui importanza aumenterà sicuramente nei prossimi anni. I suddetti studi concordano nell'affermare che per migliorare l'individuazione e il sostegno educativo agli studenti a elevate capacità occorre un coinvolgimento di tutta la società: responsabili politici, corpo insegnante, mondo scientifico e della ricerca, famiglie e parti sociali.

3.1.2

Nella bibliografia scientifica specializzata in materia di elevate capacità si trovano diverse definizioni del fenomeno: studenti precoci (risultati superiori a quelli attesi per un'età determinata), dotati di talento (capacità specifica in settori molto concreti: matematica, musica, ecc.), nonché superdotati o a elevate capacità. Quest'ultimo concetto è attualmente definito attraverso le seguenti caratteristiche:

una capacità intellettiva superiore alla media, per quanto riguarda sia le abilità generali che quelle specifiche. Anche se tradizionalmente si è presa come riferimento la presenza di un quoziente d'intelligenza superiore a 130 (laddove 100 rappresenta l'indice medio), negli ultimi anni questo criterio si è fatto più ampio e più flessibile, e comprende la valutazione di altri indicatori anch'essi importanti;

un alto grado di dedizione e impegno: perseveranza, interesse, resistenza, fiducia in sé, ecc.;

un alto livello di creatività, flessibilità e originalità al momento di interrogare, chiedere, rispondere e risolvere i problemi e le difficoltà incontrati.

Per quanto le elevate capacità nell'ambito dell'attività scolastica e accademica siano in genere accompagnate da buoni risultati negli studi, è relativamente frequente incontrare anche casi di insuccesso scolastico fra gli studenti a elevate capacità. Il profilo di elevate capacità non va inteso come una situazione statica ma come un potenziale che, per dispiegarsi, ha bisogno di essere individuato, riconosciuto e seguito dalla società dato che, in caso contrario, rischia di perdersi.

3.1.3

La bibliografia scientifica è concorde anche nell'affermare che il profilo delle persone a elevate capacità presenta una carattere multidimensionale, ossia è ampio e polivalente. Esso non può essere limitato al calcolo del quoziente d'intelligenza, ma deve includere anche la valutazione di aspetti come l'originalità e la creatività del pensiero, e spesso è condizionato da elementi familiari e socioculturali. A volte, come nel caso di alcune persone affette da autismo o da alcune forme di disabilità motoria, il profilo di elevate capacità può coincidere con l'esistenza della disabilità.

3.1.4

Gli studenti e le persone con un profilo di elevate capacità sono presenti in tutte le categorie e gli strati della società, senza distinzione di sesso o di condizione sociale, anche se nei fatti i processi di individuazione presentano in genere i fenomeni seguenti, che occorre considerare e compensare:

l'individuazione degli studenti a elevate capacità è più frequente negli strati sociali di livello medio-alto, a causa di un maggiore livello d'informazione sull'argomento tra le famiglie, nonché per l'influenza di ambienti familiari particolarmente stimolanti nell'ambito educativo e scolastico. A volte, anche le basse aspettative degli istituti educativi quanto alle attitudini degli studenti possono influire negativamente sull'individuazione di quelli a elevate capacità negli ambienti sociali svantaggiati;

fatta salva una propensione generalizzata alla discrezione e all'anonimato da parte delle persone e degli studenti a elevate capacità, la loro individuazione fra gli individui maschi è più frequente rispetto alle femmine, per ragioni culturali e psicoevolutive, che indicano una maggiore tendenza all'anonimato da parte delle studentesse e delle donne di questo tipo (3).

3.1.5

Analogamente a quanto accade per il resto della popolazione scolastica, in riferimento agli studenti e ai giovani ad elevate capacità si deve tener conto del fatto che costituiscono una popolazione assai eterogenea.

3.1.6

Vi sono studenti che, pur presentando un profilo di elevate capacità intellettive, possono incontrare difficoltà di scolarizzazione e problemi di fallimento scolastico per motivi come l'insufficienza o addirittura la mancanza di un sostegno educativo specifico, o ancora per problemi di adattamento. È anche frequente incontrare studenti con un profilo di elevate capacità che presentano problemi di emarginazione o rifiuto da parte del gruppo, il che a sua volta contribuisce ad aumentare i rischi di fallimento scolastico. L'adeguatezza dell'individuazione e del sostegno agli studenti ad elevate capacità intellettive è un fattore che può e deve contribuire a ridurre l'abbandono scolastico e ad aumentare la percentuale della popolazione che completa gli studi superiori, un obiettivo fondamentale della strategia Europa 2020 per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

3.2   Individuazione e sostegno educativo degli studenti a elevate capacità

3.2.1

Un migliore sostegno agli studenti a elevate capacità implica diversi elementi: l'individuazione precoce, un'ampia valutazione psicopedagogica e sociale per confermare o escludere la presenza di elevate capacità e la risposta o il sostegno educativo propriamente detti, che possono essere realizzati mediante l'istruzione sia formale sia non formale.

3.2.2

È generalmente accettato che un numero considerevole di persone a elevate capacità sfugge al processo di individuazione. Tale processo può svolgersi a partire dal termine della scuola materna o dall'inizio dell'istruzione elementare. Come per qualunque altro studente che presenti necessità di sostegno educativo specifico, l'individuazione precoce degli studenti a elevate capacità facilita una risposta adeguata e il sostegno, e previene i possibili casi di fallimento o abbandono scolastico. Nonostante l'individuazione del profilo a elevate capacità sia possibile anche in fasi educative o della vita successive, questo fatto conferisce un'importanza particolare al processo di individuazione precoce e di valutazione psicopedagogica degli studenti eventualmente in possesso di elevate capacità.

3.2.3

L'individuazione precoce avviene in genere quando i genitori e/o i maestri osservano che un bambino si differenzia dai coetanei, oppure che in alcune occasioni mostra segni di disadattamento. La valutazione precoce, che dovrà poi essere confermata o smentita dagli specialisti, può basarsi sui seguenti indicatori:

uso del linguaggio - ampiezza del vocabolario, precisione nell'utilizzo delle parole, complessità della struttura delle frasi;

comprensione elevata di idee complesse o astratte - allo stesso tempo, il bambino può elaborare idee di un livello inatteso per la sua età;

qualità delle domande - possono essere inabituali, originali, complesse o piene di maturità e consapevolezza;

capacità di concepire strategie sistematiche e articolate per risolvere i problemi;

possibilità di apprendere con rapidità e facilità quando il suo interesse sia risvegliato;

comportamento estremamente creativo nella produzione di idee, oggetti e soluzioni a determinati problemi.

3.2.4

In età precoce (fino ai 4-5 anni) occorre esercitare particolare cautela nel definire uno studente come un individuo dotato di elevate capacità, dal momento che il fenomeno della precocità o la presenza di un ambiente familiare particolarmente stimolante per quanto riguarda l'attività scolastica possono dare luogo a una diagnosi prematura, che può quindi non risultare né stabile né esatta. In questi casi sarà opportuno procedere a un riesame in momenti in cui le alte capacità vanno cristallizzandosi o verificare, al contrario, se lo studente si stia avvicinando a parametri di normalità.

3.2.5

Negli ambienti sociali svantaggiati è frequente che il profilo di elevate capacità sia nascosto da difficoltà e deprivazioni socioeconomiche, o persino dalle basse aspettative degli istituti educativi, e che si manifesti con minore facilità. È importante tener conto di questo fatto e rivolgere un'attenzione particolare allo sviluppo e all'evoluzione dei bambini e dei giovani provenienti da ambienti svantaggiati, al fine di offrire loro il sostegno educativo necessario, compresa l'individuazione di quelli che possono presentare un profilo di elevate capacità.

3.2.6

Alcuni stereotipi o aspettative da evitare rispetto agli studenti e ai giovani ad elevate capacità sono i seguenti:

supporre che i bambini superdotati eccelleranno in tutti i settori dello sviluppo, saranno emotivamente maturi, possederanno un elevato autocontrollo, saranno indipendenti e responsabili e cercheranno di compiacere gli insegnanti;

pensare che spiccheranno in tutti gli ambiti del programma scolastico - i professori in genere si aspettano che gli studenti brillanti ottengano risultati brillanti in tutte le materie;

aspettarsi che i bambini superdotati posseggano un alto grado di motivazione a riuscire brillantemente a scuola e svolgano con zelo e interesse qualunque compito venga loro proposto.

3.2.7

Quando i genitori o gli insegnanti sospettano che un bambino o un giovane possa presentare un profilo di elevate capacità, l'individuazione iniziale richiede il ricorso ad alcuni strumenti di valutazione specifici e deve essere realizzata dagli specialisti della valutazione psicopedagogica, con la collaborazione degli insegnanti dell'istituto. Tale valutazione deve essere la più varia e completa possibile e riguardare diversi ambiti (scolastico, sociale, familiare) e strumenti diversificati di raccolta delle informazioni, che possano essere applicati a qualunque studente, indipendentemente dalla sua origine familiare e sociale. Questa valutazione ampia e varia consente di elaborare la relazione psicopedagogica finale, che confermerà o escluderà la presenza di elevate capacità.

3.3   Il sostegno educativo agli studenti a elevate capacità

3.3.1

Una volta confermata la presenza di elevate capacità, i fattori e le circostanze che possono agevolare una risposta educativa adeguata a questo tipo di bambini e giovani sono i seguenti:

un ambiente stimolante che ne promuova le potenzialità;

autonomia e autocontrollo;

sentimento di appartenenza al gruppo di amici e compagni;

accettazione e fiducia da parte delle persone che li circondano;

insegnamento adattato alle loro necessità e al ritmo personale dell'apprendimento;

offerta didattica flessibile, che consenta di approfondire gli argomenti;

accesso a risorse didattiche aggiuntive in grado di completare l'offerta ordinaria;

flessibilità nell'insegnamento per quanto riguarda aspetti come orari, attività, risorse, materiali e raggruppamenti;

partecipazione degli studenti alla pianificazione del proprio processo di apprendimento.

3.3.2

Nei vari modelli pedagogici e sistemi educativi vi sono approcci differenti circa il modo di rispondere alle necessità educative degli studenti a elevate capacità. Le misure adottate al riguardo possono essere raggruppate in due tendenze distinte:

a)

educazione differenziata: formazione nello stesso istituto educativo di gruppi omogenei di studenti in funzione delle capacità e dei livelli di apprendimento rispettivi;

b)

educazione inclusiva: gruppi eterogenei di studenti, con l'istituto d'insegnamento che offre risposte educative su misura della diversità degli studenti presenti in ciascun gruppo.

3.3.3

Attualmente l'educazione inclusiva è il modello dominante fra i sistemi educativi dell'Unione europea e comporta il tentativo di offrire a tutti gli studenti delle prime fasi educative un'istruzione comune in un ambiente scolastico di attenzione alla diversità, evitando la formazione prematura di raggruppamenti omogenei. Quest'approccio è compatibile col fatto che successivamente, nelle fasi educative non obbligatorie o quando gli studenti volgono al termine dell'istruzione secondaria e quindi si avvicinano all'inizio del percorso universitario, si organizzino in alcuni Stati membri dell'Unione europea esperienze finalizzate allo sviluppo di talenti concreti, oppure esperienze di gruppi più omogenei destinate a studenti a elevate capacità e/o studenti con un rendimento accademico alto. L'analisi della situazione attuale indica la probabile tendenza futura: mantenere l'educazione inclusiva nelle prime fasi educative e aprire la strada a esperienze concrete di gruppi omogenei nelle fasi più avanzate o successive alla scuola dell'obbligo.

3.3.4

Per quanto riguarda gli studenti con un profilo di elevate capacità, le misure educative concrete che possono essere adottate presso l'istituto educativo sono elencate qui sotto. Alcune di esse, quelle di carattere ordinario, si possono applicare a tutti gli studenti:

Misure di carattere ordinario - presentazione di contenuti con diversi gradi di difficoltà, raggruppamenti flessibili, varietà delle attività e ampliamenti del programma di studi normale;

arricchimento educativo imperniato sulla motivazione e l'interesse dello studente rispetto ad argomenti specifici e da lui stesso organizzato;

Misure di carattere meno abituale - implicano l'adeguamento del programma di studi mediante un ampliamento e/o un arricchimento dello stesso da parte dello studente interessato: adattamenti individuali del programma di studi.

Misure di carattere eccezionale - implicano che le diverse lezioni e fasi d'insegnamento siano rese flessibili, con una riduzione della loro durata: uno studente può essere scolarizzato con studenti di età più avanzata; si applicano in casi molto rari, ossia al 3 % circa degli studenti con un profilo di elevate capacità.

3.3.5

Al di fuori della scuola, gli studenti a elevate capacità possono partecipare ad attività programmate, ma meno regolari rispetto all'attività scolastica, che consentano il contatto con studenti a elevate capacità di altri istituti. Questo tipo di attività non previste dai programmi di studio è abbastanza esteso, presenta casistiche molto variegate e potrebbe essere sostenuto dagli Stati, dalle amministrazioni pubbliche e dall'Unione europea.

3.3.6

Questi due tipi di sostegno educativo, istruzione formale e non formale, non si escludono a vicenda. Un miglioramento del sostegno agli studenti ad elevate capacità deve comprendere entrambi gli aspetti: sostegno all'interno dell'istituto e in orario scolastico, simile a quello di cui hanno bisogno tutti gli studenti che necessitano di un'attenzione specifica, e sostegno complementare al di fuori del programma di studi, dentro o fuori l'istituto.

3.3.7

Attualmente, il grande compito da affrontare è migliorare in modo sensibile il sostegno educativo che gli studenti ad elevate capacità ricevono nel proprio istituto, il che richiede che si migliori la formazione iniziale e permanente del corpo insegnante per quanto riguarda l'individuazione e il sostegno educativo agli studenti ad elevate capacità nel quadro dell'attenzione alla diversità di tutti gli studenti.

3.3.8

Liberare il potenziale di tutti i giovani dell'Unione europea, in particolare quelli superdotati, non è un compito del solo settore educativo. È importante anche mettere in atto una politica economica e sociale che consenta di offrire alle persone a elevate capacità, fin da un'età precoce, possibilità di lavoro e opportunità di sfruttare le proprie capacità. Al rispetto, l'Europa ha una missione essenziale: prevenire e impedire l'emigrazione delle persone più brillanti, che attualmente si dirigono verso altre parti del mondo per esercitare il proprio talento.

4.   Il sostegno agli studenti a elevate capacità nel contesto europeo

4.1   Visione d'insieme

4.1.1

Negli ultimi anni, diversi studi si sono occupati di delineare la situazione in rapporto alle elevate capacità intellettive su tutto il territorio dell'UE (4). Ne sono risultate le seguenti informazioni:

in generale, gli studi individuano e prospettano la necessità di modificare le pratiche degli istituti educativi per migliorare l'attenzione alla diversità degli studenti, fra cui rientrano quelli ad elevate capacità;

la legislazione in materia educativa dei diversi paesi prevede l'esistenza degli studenti a elevate capacità, anche se esistono grandi variazioni al momento di considerare se tali studenti necessitino o meno di misure specifiche di sostegno educativo;

il profilo per la diagnosi di elevate capacità si sta progressivamente ampliando, superando la concezione tradizionale legata esclusivamente alla valutazione dell'intelligenza, e include ormai anche prove specifiche per valutare la creatività e l'originalità, nonché la messa a disposizione di informazioni scolastiche, sociali e familiari da parte dei professori e delle famiglie;

nel sostegno agli studenti a elevate capacità predominano in genere le attività di carattere extrascolastico inquadrate nell'istruzione non formale, rispetto alle attività previste dal programma o realizzate presso l'istituto educativo ordinario in orario scolastico; sono frequenti i concorsi e tornei specifici legati a capacità particolari (scientifiche, tecnologiche, sportive, musicali ecc.) piuttosto che azioni rivolte alle elevate capacità in generale;

vi è un ampio margine di miglioramento della formazione degli insegnanti, sia quella iniziale che quella permanente, in materia di individuazione e sostegno alle elevate capacità.

4.2   Legislazione e risposta educativa

4.2.1

In tutti i paesi dell'UE esistono associazioni private di professionisti e famiglie che realizzano attività extrascolastiche finalizzate a potenziare le facoltà degli studenti a elevate capacità. In alcuni paesi esistono anche attività promosse dagli enti responsabili dell'istruzione, oppure organizzate in collaborazione con essi.

4.2.2

La risposta educativa degli Stati membri dell'Unione europea rivolta agli studenti a elevate capacità comprende le seguenti possibilità:

la quasi totalità degli Stati membri prevede nelle rispettive legislazioni misure educative riferite agli studenti a elevate capacità; alcuni paesi dispongono di norme generali valide per tutti gli studenti senza differenziare quelli superdotati o dotati di talento dal resto, e ricercano l'eccellenza di tutti gli studenti;

la maggior parte dei paesi realizza raggruppamenti eterogenei di studenti con diverse capacità, cercando di rendere possibile un sostegno agli studenti di ciascun gruppo; alcuni paesi realizzano raggruppamenti omogenei di studenti a seconda delle capacità e del rendimento scolastico, sebbene alcuni utilizzino questa possibilità solamente per i talenti sportivi o artistici;

per quanto riguarda le misure di flessibilizzazione o di accelerazione, ossia la possibilità che uno studente possa seguire i corsi di un livello scolastico superiore alla sua età anagrafica, la maggior parte dei paesi prevede questa possibilità nella propria legislazione, ma non esiste un criterio unificato per realizzarla; alcuni Stati membri consentono la partecipazione anticipata degli studenti superdotati dell'istruzione secondaria a progetti e corsi personalizzati presso le università.

4.3   Formazione degli insegnanti

4.3.1

Malgrado la difficile congiuntura economica attuale, che si ripercuote anche sul settore dell'istruzione, e nonostante le sfide che il corpo insegnante deve affrontare nel suo lavoro quotidiano, è necessario migliorare la formazione specializzata degli insegnanti in questo settore, per quanto riguarda sia la formazione iniziale sia quella permanente.

4.3.2

La maggior parte dei paesi dell'Unione europea prevede nei programmi ufficiali di studi per i futuri insegnanti un qualche tipo di formazione specifica volta a sostenere gli studenti a elevate capacità, come materia concreta oppure nel quadro della materia generale che riguarda l'attenzione alla diversità degli studenti.

4.3.3

Per quel che concerne la formazione continua degli insegnanti gestita da enti pubblici, solo la metà dei paesi la offre nel quadro dei programmi di formazione continua del corpo insegnante. Questa formazione continua ufficiale coesiste con quella offerta da alcune entità private.

4.3.4

In sintesi, l'analisi della situazione nell'UE ci permette di constatare l'esistenza di un considerevole margine di miglioramento nei seguenti settori:

la formazione iniziale e permanente del corpo insegnante volta a migliorare la percezione che gli insegnanti hanno degli studenti ad elevate capacità, a promuovere la loro conoscenza del profilo di tali studenti e dei metodi da seguire per individuarli e per fornire loro un sostegno educativo specifico;

l'inserimento, nella formazione del corpo insegnante, dei seguenti elementi: i valori umanistici, la realtà multiculturale, l'utilizzo educativo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e infine lo stimolo alla creatività, all'innovazione e alla capacità d'iniziativa;

la messa in comune di procedure di valutazione psicopedagogica e dei fattori sociali e familiari che intervengono nell'individuazione degli studenti con elevate capacità intellettive; quest'individuazione deve avvenire in età precoce, ma anche prevedere la possibilità di essere realizzata in fasi educative successive, e persino sul luogo di lavoro nel caso delle persone che si sono già integrate nel mondo professionale;

la concezione e attuazione di misure di sostegno destinate agli studenti a elevate capacità intellettive o dotati di altre caratteristiche speciali sia presso l'istituto educativo ordinario che al di fuori nell'ambito dell'istruzione non formale: programmi di arricchimento educativo;

la concezione e attuazione di meccanismi e procedure volti a facilitare l'istruzione lungo tutto l'arco della vita per le persone a elevate capacità intellettive, in particolare nel momento dell'accesso all'università e durante la permanenza in ateneo.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Fra gli studi sulle elevate capacità e la relativa risposta educativa si possono consultare i seguenti lavori:

 

Martinez Torres, Mercé e Guirado, Angel (edd.): Altas capacidades intelectuales. Pautas de actuación, orientación, intervención y evaluación en el período escolar («Le elevate capacità intellettive. Modelli d'azione, orientamento, intervento e valutazione nel periodo scolastico»), Barcelona, Editorial Graó, 2012;

 

Torrego, Juan Carlos (ed.): Alumnos con altas capacidades y aprendizaje cooperativo. Un modelo de respuesta educativa («Studenti con elevate capacità e apprendimento cooperativo. Un modello di risposta educativa»), Madrid, Fundación SM, 2012.

 

Pfeiffer, Stephen: Current perspectives on the identification and assessment of gifted students («Prospettive attuali dell'individuazione e della valutazione degli studenti superdotati»), in Journal of Psychoeducational assessment, 2011;

 

Wallace, B. e Erikson, G.: Diversity in Gifted Education. International perspectives on global issues («La diversità nell'istruzione degli studenti superdotati. Prospettive internazionali su questioni globali»), New York, Routledge, 2006;

 

Sternberg, R.J. e Davidson, J.E.: Conceptions of Giftedness («Concezioni del talento»), Cambridge University Press, 2005;

 

Sternberg, R.J. (ed.): Definitions and Conceptions of Giftedness («Definizioni e concezioni del talento»), Thousand Oaks, Corwin Press, 2004.

(2)  Considerando il gruppo sociale meglio studiato, ossia la popolazione in età scolastica, le stime sulla percentuale delle persone che presentano un profilo di elevate capacità oscillano fra il 2 e il 15 %, a seconda degli indicatori utilizzati. Il criterio più tradizionale, ossia la valutazione del quoziente d'intelligenza, prendeva in genere come riferimento un Q.I. uguale o superiore a 130, in modo da comprendere circa il 2 % della popolazione. Attualmente è riconosciuto che tale criterio è molto restrittivo e che la valutazione delle capacità intellettive è solo uno dei fattori da tenere presenti per determinare un profilo di elevate capacità. Pertanto, il concetto di elevate capacità è stato esteso in modo da comprendere altri fattori, come la creatività, l'originalità e la capacità di confrontare, dedurre ed estrapolare. Da questa prospettiva più attuale, si stima che la percentuale di persone ad elevate capacità può arrivare a costituire il 10 % e perfino il 15 % della popolazione complessiva, nonostante le stime più comunemente accettate si collochino fra il 5 e il 10 %. Per avvicinarsi all'argomento si possono consultare gli studi ormai classici di Joseph Renzulli o quelli più recenti di Borland, J.H.: Myth 2: The Gifted Constitute 3 % to 5 % of the Population («Mito n. 2: le persone ad elevate capacità costituiscono dal 3 al 5 % della popolazione»), in Gifted Child Quarterly, 53, 2009, Miraca, G.: Exceptionally Gifted Children («I bambini eccezionalmente dotati»), New York, Routledge, 2004, e Robson, D.: High IQ Kids: Collected Insights, Information and Personal Stories from the Experts («I bambini ad elevato quoziente d'intelligenza: analisi, informazioni e storie personali raccolte dagli esperti»), Free Spirit Publishing, 2007.

(3)  Ad esempio, fra il 1999 e il 2012, il Programma di arricchimento educativo per gli studenti ad elevate capacità della regione di Madrid ha registrato, quasi senza variazioni, un 70 % di partecipanti di sesso maschile contro un 30 % di sesso femminile. Sullo stesso argomento si può consultare Pérez, L., Domínguez, P. e Alfaro, E. (edd.): Actas del Seminario: situación actual de la mujer superdotada en la sociedad («Atti del seminario sulla situazione attuale delle donne ad elevate capacità nella società»), Madrid, Consejería de Educación, 2002.

(4)  Per una visione dettagliata della situazione attuale circa il sostegno educativo agli studenti che presentano elevate capacità negli Stati membri dell'Unione europea si possono consultare:

 

La atención a los alumnos con altas capacidades en la Unión Europea («Il sostegno agli studenti ad elevate capacità nell'Unione europea»), in De todo un poco, n. 11, pubblicazione annuale del Programma per l'arricchimento educativo degli studenti ad elevate capacità della regione di Madrid, pagg. 21-29, Madrid 2009;

 

Gifted Learners. A survey of educational policy and provision («Gli studenti superdotati. Analisi della politica educativa e della sua attuazione»). Agenzia europea per lo sviluppo dell'istruzione per studenti con esigenze speciali, 2009;

 

Eurydice (2006), Specific Educations Measures to promote all Forms of Giftedness at School in Europe («Misure educative specifiche per promuovere tutte le forme di talento nelle scuole d'Europa»). Bruxelles: unità Eurydice;

 

Monks, F.J., Pflüger, R: Gifted Education in 21 European Countries: Inventory and Perspective («L'istruzione degli studenti superdotati in 21 paesi europei: situazione e prospettive»), Università di Nimega, 2005.


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/8


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La dimensione di genere nella strategia Europa 2020» (parere d'iniziativa)

2013/C 76/02

Relatrice: AGUDO I BATALLER

Correlatrice: ATTARD

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 12 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

La dimensione di genere nella strategia Europa 2020.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 dicembre 2012.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 17 gennaio 2013), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 200 voti favorevoli, 6 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE):

1.1

appoggia e condivide il principio secondo cui la Strategia Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva  (1) e la strategia per la parità tra donne e uomini  (2) devono rafforzarsi reciprocamente. A questo fine è indispensabile integrare la dimensione di genere (gender mainstreaming) e misure specifiche negli obiettivi, nell'attuazione, nel monitoraggio e nella valutazione delle politiche sviluppate nel quadro della Strategia Europa 2020.

1.2

Ritiene fondamentale superare il fatto che la dimensione di genere non sia stata trattata in modo specifico in nessuna delle sette iniziative faro della Strategia Europa 2020. A tale scopo ritiene fondamentale l'integrazione sistematica della dimensione di genere nei piani nazionali di riforma (PNR) e nel semestre europeo, soprattutto adesso che la situazione economica europea richiede una maggiore efficacia nell'attuazione delle politiche e una maggiore efficienza nell'utilizzo delle risorse, in quanto è riconosciuto che la disuguaglianza di genere ha un impatto negativo sulla crescita economica.

1.3

Sostiene le raccomandazioni specifiche per paese in cui la Commissione esorta gli Stati membri a correggere i bilanci preventivi dei PNR, in modo che le misure politiche tengano conto del principio della parità di genere. È importante che le riunioni ministeriali di revisione e monitoraggio garantiscano l'applicazione continua di queste raccomandazioni e diano visibilità ai progressi compiuti nelle politiche in materia di parità. A questo scopo bisogna utilizzare in modo coerente i fondi dell'UE, specialmente il Fondo sociale europeo.

1.4

Raccomanda che il prossimo quadro finanziario pluriennale 2014-2020 metta a disposizione fondi specifici per compiere passi avanti sul piano dei diritti delle donne e della parità di genere. Per il CESE il finanziamento deve essere adeguato e visibile, quale garanzia di utilizzo e trasparenza, allo scopo di favorire il sostegno a politiche in materia di parità, ad attività e a progetti in tutti i settori di competenza dell'UE.

1.5

Ritiene che, tenuto conto delle diverse situazioni concrete in paesi, regioni e settori, occorra adottare misure che permettano di migliorare la situazione nell'ambiente sociale e di aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, compreso il sostegno alla creazione di imprese. Il potenziale quantitativo e qualitativo delle donne deve essere sostenuto nei diversi settori che definiscono la Strategia Europa 2020: innovazione, ricerca, istruzione e formazione professionale, società digitale, clima ed economia «verde», energia, mobilità, competitività, occupazione, qualifiche, esclusione sociale e povertà.

1.6

Sottolinea il valore dell'impegno e della partecipazione delle parti sociali a livello europeo, nazionale, territoriale e settoriale e in tutte le fasi di attuazione delle varie politiche, per garantire la necessaria evoluzione della parità di genere in tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Il dialogo sociale e gli accordi inquadrabili nella contrattazione collettiva rappresentano degli strumenti fondamentali per integrare i piani nazionali di riforma con la dimensione di genere. A questo riguardo il quadro delle azioni in materia di parità di genere riconducibili alle parti sociali europee rappresenta un esempio importante di cui la Strategia Europa 2020 dovrebbe tener conto.

1.7

Sottolinea l'importanza di integrare la dimensione di genere nell'attuazione di ciascuna delle sette iniziative faro. A questo fine sarà necessario conoscere la situazione specifica e distinta di uomini e donne in rapporto a: il mercato del lavoro e la formazione permanente, l'accesso a tutti i livelli di istruzione e occupazione, la povertà e i rischi di esclusione, l'accessibilità e l'utilizzo delle nuove tecnologie del settore digitale, la partecipazione a tutti i livelli nella formazione, nella ricerca e nella produzione, soprattutto nei nuovi settori emergenti. Il CESE raccomanda di porre l'accento sull'istruzione digitale delle donne, che sono troppo poco presenti nei mestieri dell'informatica produttiva. Per il CESE è fondamentale che la Commissione e gli Stati membri utilizzino gli indicatori di genere esistenti e creino nuovi indicatori nei settori in cui non esistono.

1.8

Reputa che sia assolutamente necessaria un'integrazione più stretta della dimensione di genere nelle politiche relative alla gioventù, tenuto conto del fatto che la grave situazione in materia di disoccupazione giovanile e abbandono scolastico nella maggior parte degli Stati membri colpisce in modo diverso gli uomini e le donne.

1.9

Esorta gli Stati membri a tener conto delle raccomandazioni specifiche della Commissione e ad adottare misure per migliorare quantitativamente e qualitativamente l'occupazione delle donne in tutti gli Stati membri. A questo scopo è necessario aumentare l'accessibilità e la qualità dei servizi pubblici per l'infanzia e le persone anziane, eliminare il divario salariale, oltre a introdurre misure per conciliare la vita familiare, quella personale e quella lavorativa (facilitare la possibilità di permessi di paternità e di permessi retribuiti).

1.10

Ribadisce che la Strategia Europa 2020 deve potenziare e sostenere, in collaborazione con le parti sociali, gli accordi e le misure specifiche ed efficaci che garantiscano sul posto di lavoro la salute e la sicurezza delle donne in stato di gravidanza e di quelle che hanno appena avuto un figlio. Il CESE ha appoggiato la proposta della Commissione tesa ad adottare misure per una durata adeguata del permesso di maternità, che deve essere di almeno diciotto settimane (3).

1.11

Sebbene in modo differente in funzione dei paesi, delle regioni e dei settori, la crisi ha inciso negativamente sulla vita delle persone e ha accentuato alcuni problemi di convivenza e salute. Per questo motivo, il CESE ritiene necessario riservare un'attenzione speciale all'attuazione di misure che contribuiscano ad attenuare gli effetti negativi (stress, violenza, molestie in ambito lavorativo e in quello familiare (4)). A questo scopo è fondamentale una partecipazione congiunta, tesa a promuovere la parità di genere nella società, a eliminare le ineguaglianze strutturali e a cambiare i ruoli e gli stereotipi di genere.

1.12

Ritiene che una maggiore partecipazione delle donne al processo decisionale debba rappresentare una priorità, specialmente nei settori e nelle imprese considerati d'importanza strategica e con un futuro nel quadro della Strategia Europa 2020. Il CESE si esprimerà prossimamente con un parere in merito alla proposta della commissaria responsabile per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza di adottare misure vincolanti a livello europeo per accrescere la partecipazione delle donne.

1.13

Rileva con preoccupazione i tagli nei servizi sociali e per la protezione dei settori più svantaggiati e a rischio di esclusione sociale e povertà. In quest'ottica, le misure che devono essere attuate nel quadro della Strategia Europa 2020 dovrebbero lottare in modo specifico contro la crescente femminilizzazione della povertà e puntare all'integrazione delle donne, nel breve termine, con aiuti all'inserimento nel mondo del lavoro e, nel lungo termine, attraverso l'accesso alla formazione di base e alle nuove competenze, l'utilizzo delle nuove tecnologie e nuove forme di organizzazione del lavoro, conciliando la vita professionale e la vita familiare. Il CESE ritiene che, trascorsi 60 anni dall'inizio della costruzione europea, non sia accettabile lasciare che la differenza permanente di salario tra uomini e donne serva da variabile di aggiustamento, né permettere che prenda piede la precarizzazione delle donne salariate. Il CESE reputa che gli Stati membri debbano urgentemente includere nei loro PNR le misure che procurino alle donne un lavoro stabile con un salario e una pensione dignitosi.

1.14

Affinché la Strategia Europa 2020 e la strategia per la parità raggiungano i loro obiettivi, ritiene prioritario trasmettere alle parti interessate e alla società in generale un messaggio chiaro sulla necessità di intensificare le misure per continuare ad avanzare lungo il cammino della parità. A questo fine, in primo luogo sono necessari un coordinamento maggiore e una collaborazione più stretta all'interno delle istituzioni europee e tra di esse (Parlamento europeo, Commissione, Consiglio, Banca centrale europea, CESE e Comitato delle regioni) e, in secondo luogo, bisogna integrare gli aspetti della parità a tutti i livelli nella composizione (5) e nel lavoro quotidiano delle sezioni, dei gruppi e delle commissioni di queste istituzioni.

2.   Introduzione

2.1

La Strategia Europa 2020, adottata nel 2010, ha tracciato il cammino per la crescita dell'Unione europea in un contesto economico complicato che già lasciava intravedere le difficoltà finanziarie e politiche che l'Unione attraversa attualmente. La Strategia Europa 2020 presenta una serie di misure affinché gli Stati membri possano affrontare, in modo efficace e unitario, le sfide che la crisi comporta e, al tempo stesso, rilanciare un modello di crescita che sia più intelligente, sostenibile e inclusivo.

2.2

È stato inoltre creato un nuovo processo di governance economica, il cosiddetto «semestre europeo», con un duplice scopo: da un lato, sincronizzare la valutazione delle politiche di bilancio e di quelle strutturali degli Stati membri, dall'altro, rendere possibile un controllo dell'attuazione della strategia.

2.3

Parallelamente, la strategia per la parità stabilisce il programma di lavoro della Commissione in materia di parità di genere. Questa proposta politica segue la Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (2006-2010) (6) e rappresenta finora il tentativo più importante di definire un insieme di obiettivi strategici e di indicatori di genere.

2.4

Nel 1996 l'UE ha introdotto un duplice approccio per la parità di genere: da un lato, attraverso l'attuazione di misure specifiche tese a superare le discriminazioni esistenti che colpiscono le donne e, dal'altro, mediante l'integrazione della dimensione di genere (gender mainstreaming) nelle decisioni politiche (7).

2.5

Il CESE appoggia il principio secondo cui, per rispondere efficacemente alle sfide della crisi, la corretta applicazione della Strategia Europa 2020 deve essere in sintonia con la strategia per la parità, in quanto le due strategie si rafforzano reciprocamente. Per questo motivo il Comitato condivide il punto di vista del PE, che si è espresso in tal senso. Anche il Patto europeo per la parità di genere (2011-2020), adottato dal Consiglio nel marzo 2011 (8), ricorda lo stretto legame tra le due strategie ed esorta a un'applicazione combinata di strumenti che permettano di uscire dalla crisi.

3.   La Strategia Europa 2020 - un'analisi della dimensione di genere

3.1

La parità di genere non è stata trattata in modo specifico nel testo, né in alcuna iniziativa faro, e non è stata menzionata nei cinque obiettivi quantificabili, ad eccezione del tasso di occupazione, in cui si esorta ad aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Ciò implica un'enorme contraddizione con i principi enunciati nella parte iniziale della Strategia Europa 2020, in cui si afferma che il rispetto della parità rappresenta uno dei fattori essenziali per superare la crisi economica, al pari della solidarietà economica, sociale e territoriale, del rispetto per l'ambiente e della diversità culturale.

3.2

Diverse istituzioni europee, organizzazioni della società civile e parti sociali avevano ampiamente sottolineato la necessità che la parità di genere fosse una priorità della nuova strategia d'azione e venisse considerata un fattore chiave per la competitività e la crescita. Secondo il Parlamento europeo, il testo dovrebbe stabilire la piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro e alla formazione professionale, oltre a stabilire un programma che abbia come obiettivo l'eliminazione della differenza salariale tra gli uomini e le donne.

3.3

L'elaborazione della Strategia Europa 2020 non ha ricevuto un appoggio unanime ed è stata oggetto di differenti critiche: per il suo contenuto troppo generale, per una struttura troppo complessa e per un approccio eccessivamente economico in cui mancano gli aspetti sociali. Per quanto riguarda la parità tra i sessi, si registra un chiaro regresso se effettuiamo un paragone con le precedenti strategie per l'occupazione. L'unico aspetto visibile ed esplicito - il tasso di occupazione delle donne - tralascia chiaramente gli aspetti qualitativi del lavoro e le differenti situazioni di partenza esistenti nel mercato del lavoro. Sono persino scomparsi gli obiettivi quantitativi ripartiti per genere che esistevano nella strategia di Lisbona.

3.4

Il CESE ritiene che né la Strategia Europa 2020, né la strategia per la parità raggiungeranno i loro obiettivi se non verranno adottate misure concrete che migliorino la situazione nell'ambiente sociale e lavorativo della donna. Bisogna sostenere il potenziale quantitativo e qualitativo delle donne nei differenti settori della Strategia Europa 2020 come un requisito indispensabile. Senza misure concrete nel quadro delle sette iniziative faro, sarà impossibile progredire nella realizzazione delle priorità della Strategia Europa 2020: una crescita intelligente, sostenibile e socialmente inclusiva non può diventare realtà senza una politica di parità.

3.5

I piani di riforma dei differenti Stati membri devono riconoscere il valore aggiunto per l'economia derivante dal lavoro della donna, come il valore che sarebbe apportato dalla professionalizzazione dei servizi alla persona (9), e le carenze concrete in cui la donna si imbatte non solo nel mercato del lavoro (accesso a tutti i livelli e in tutte le fasce d'età, carriera professionale, continuità, ecc.), ma anche nella società, in rapporto a tutti quegli aspetti sociali che la strategia per la parità considera cruciali. Per uscire dalla crisi e affrontare le nuove sfide, l'attuazione della Strategia Europa 2020 deve prevedere programmi, piani e interventi specifici che consentano alla parità di fare passi avanti. Ciò è impossibile senza conoscere il differente impatto che le misure contro la crisi possono avere in funzione delle diverse situazioni di partenza.

3.6

Il CESE esprime la sua preoccupazione per l'assenza di misure concrete e di indicatori di genere specifici. Tutto ciò impedisce di effettuare un monitoraggio e una valutazione dello stato di avanzamento, o mancato avanzamento, della Strategia Europa 2020 e priva il semestre europeo degli strumenti necessari per combattere le disuguaglianze, tenendo conto dei differenti punti di partenza, in funzione delle differenti realtà di genere tra paesi, settori e ambiti diversi.

3.7

La Strategia Europa 2020 dovrebbe offrire strumenti efficaci per valutare il ruolo della donna nella crescita dell'Unione e il valore aggiunto che essa apporta sul piano sociale, come sottolineato da un parere del CESE (10) che concorda con uno studio realizzato durante la presidenza svedese (11). In tale studio si sottolinea, tra gli altri aspetti, che la parità nel mercato del lavoro potrebbe far aumentare, in media, il prodotto interno lordo (PIL) degli Stati membri del 27 %.

4.   Priorità della strategia per la parità tra donne e uomini (2010-2015)

4.1

La strategia per la parità, che è stata adottata nel 2010, manifesta uno stretto legame con la Strategia Europa 2020 in tutti gli aspetti e in tutte le iniziative faro, specialmente al momento di definire e applicare le misure nazionali opportune attraverso l'assistenza tecnica, i fondi strutturali o i principali strumenti di finanziamento (come il Settimo programma quadro di ricerca). Nel quadro degli orientamenti per l'occupazione e la valutazione delle politiche nazionali, la Commissione realizzerà un attento monitoraggio per ridurre le disuguaglianze e favorire l'inclusione sociale delle donne.

4.2

La strategia fa riferimento anche al ruolo degli uomini nella promozione della parità di genere e considera importante il loro coinvolgimento per realizzare i cambiamenti necessari nei differenti ruoli che le donne e gli uomini svolgono nella società, a livello sia familiare che professionale.

4.3

La strategia per la parità illustra dettagliatamente le azioni in rapporto a cinque settori prioritari definiti nella Carta per le donne, oltre a comprendere un capitolo sulle questioni trasversali, ossia: a) pari indipendenza economica, b) pari retribuzione per lo stesso lavoro e lavoro di pari valore, c) parità nel processo decisionale, d) dignità, integrità e fine della violenza nei confronti delle donne, e) parità tra donne e uomini nelle azioni esterne, f) questioni orizzontali (ruoli di genere, normativa, nonché gestione e strumenti della parità di genere).

4.4

Il CESE condivide il punto di vista della Commissione quando essa afferma che gli strumenti dell'UE - come il mercato unico, gli aiuti finanziari e gli strumenti di politica estera - devono essere pienamente mobilitati per affrontare i problemi e raggiungere gli obiettivi della Strategia Europa 2020. Ritiene tuttavia necessario monitorare la coerenza tra l'attuazione dei principi della strategia per la parità e l'applicazione degli strumenti principali della Strategia Europa 2020, specialmente le sette iniziative faro e gli orientamenti, in quanto le prime e i secondi troveranno concretizzazione a livello sia europeo che nazionale.

5.   La dimensione di genere nelle sette iniziative faro  (12)

5.1   Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione

5.1.1

Nel parere sull'Analisi annuale della crescita (13) il CESE ha già sottolineato, tra gli altri elementi, la necessità di imprimere una spinta maggiore all'aspetto qualitativo nella creazione di posti di lavoro. Attualmente, a causa della crisi e dei suoi effetti economici e sociali, le istituzioni europee e gli Stati membri devono vigilare per garantire che si prosegua in questa direzione.

5.1.2

Il CESE ritiene che, per attuare questa iniziativa, sia necessario tener conto della situazione attuale delle donne nel mondo del lavoro in quanto, sebbene esse rappresentino attualmente il 44 % della popolazione attiva europea, la loro situazione continua ad essere differente e vulnerabile a vari livelli: tasso di occupazione più basso, divario salariale, concentrazione o assenza di donne a seconda del settore interessato, bassa partecipazione alla creazione di nuove imprese, lavoro a tempo parziale (75 % del totale), contratti a tempo determinato, mancanza di strutture adeguate per la custodia dei bambini, difficoltà nella carriera professionale, bassa rappresentanza delle donne nei posti di maggiore responsabilità (a livello sia economico che politico), accesso diseguale alle differenti discipline nell'ambito dell'istruzione, della formazione professionale e di quella universitaria.

5.1.3

Il tasso di occupazione è aumentato dal 51 % del 1997 al 62 % del 2011 e tale aumento ha riguardato essenzialmente i posti di lavoro in settori con alta presenza di manodopera femminile e molto colpiti dalle misure di aggiustamento. La crisi economica che colpisce l'Unione europea, sebbene abbia ripercussioni diverse in ogni Stato membro, sta peggiorando anche la situazione della donna e minaccia i fragili progressi in materia di parità tra uomini e donne. Il CESE ritiene che vadano prese le misure di sostegno necessarie affinché le disparità nel mondo del lavoro non aumentino alla fine della crisi.

5.1.4

In particolare, il Fondo sociale europeo deve programmare, monitorare e valutare tutte le attività realizzate negli Stati membri, vigilando all'avanzamento della strategia per la parità.

5.2   Youth on the move

5.2.1

Questa iniziativa faro abbraccia principalmente due settori: l'occupazione e la formazione. Il suo contenuto è pertanto strettamente legato all'iniziativa faro precedente: il rafforzamento di una maggiore mobilità nella formazione, la modernizzazione dell'insegnamento superiore, la valorizzazione e la convalida dell’apprendimento formale e informale, oltre alla garanzia di investimenti efficaci e sostenibili nell'istruzione e nella formazione professionale.

5.2.2

Per il CESE il tasso di disoccupazione dei giovani rappresenta uno degli elementi di maggiore preoccupazione in Europa. Attualmente esso arriva al 20 % e il tasso delle giovani disoccupate, specialmente tra quelle che hanno qualifiche basse, è ancora più alto.

5.2.3

L'impatto della maternità o della paternità sul mercato del lavoro è molto diverso. Delle donne con figli di età inferiore ai 12 anni, lavora soltanto il 64,7 % rispetto all'89,7 % degli uomini. Questi dati e queste differenze aumentano al crescere del numero di figli. La mancanza di strutture di insegnamento prescolare e lo squilibrio nella suddivisione dei compiti all'interno della famiglia sono un problema che rende difficile conciliare la vita lavorativa con il tempo libero, oltre a rappresentare un serio ostacolo alla promozione professionale delle donne.

5.2.4

Gli obiettivi adottati dal Consiglio europeo di Barcellona nel 2002 relativi alla disponibilità di strutture di educazione prescolare sono stati raggiunti da pochi Stati membri e nella situazione attuale, con tagli nei servizi pubblici di questo tipo, si corre il rischio di peggiorare la situazione.

5.2.5

Un altro dato allarmante è la percentuale di donne giovani che non studiano, né lavorano, né seguono un corso di formazione (NEET). Secondo Eurostat, questa situazione riguarda il 20 % delle donne, rispetto al 13 % degli uomini. Ridurre il tasso di abbandono scolastico è uno degli obiettivi fissati dalla Strategia Europa 2020 che questa iniziativa fa proprio.

5.2.6

Il CESE ritiene che, per attuare questa iniziativa faro, sia necessario tener conto della situazione attuale delle giovani donne vulnerabili a differenti livelli, oltre ai fattori già summenzionati: bassa formazione di base, minore accesso alla formazione professionale che la nuova società della conoscenza richiede, insufficiente convalida delle competenze e mancanza di orientamento professionale, oltre a problemi finanziari specifici al momento di avviare un'impresa o un'attività propria. Tutto ciò richiede misure rivolte in modo particolare alle giovani donne.

5.3   Piattaforma europea contro la povertà

5.3.1

Questa iniziativa faro propone di: definire e attuare programmi volti a promuovere l'innovazione sociale per le categorie più vulnerabili (in particolare offrendo possibilità innovative di istruzione, formazione e occupazione alle comunità svantaggiate), a combattere la discriminazione (ad esempio nei confronti dei disabili) e a definire una nuova agenda per l'integrazione dei migranti affinché possano sfruttare pienamente le loro potenzialità. Inoltre propone di valutare l'adeguatezza e la sostenibilità dei regimi pensionistici e di protezione sociale e di riflettere su come migliorare l'accesso ai sistemi sanitari. Il CESE esprime delle riserve in merito al concetto d'innovazione sociale, le cui esperienze sono per natura frammentarie e poco trasferibili. Tale concetto è connesso sia al principio legislativo di sussidiarietà che alla nozione sociologica di «equità». Una risposta locale a un bisogno espresso da un piccolo gruppo può essere utile, ma non potrebbe sostituire l'uguaglianza e la giustizia assicurate dai sistemi di protezione sociale collettiva (14).

5.3.2

Secondo la Strategia Europa 2020, gli Stati membri avranno bisogno di definire e attuare misure adattate alle circostanze specifiche di gruppi che presentano rischi particolari e utilizzare appieno i loro regimi previdenziali e pensionistici per garantire un sostegno sufficiente al reddito e un accesso adeguato all'assistenza sanitaria, allo scopo di garantire la coesione sociale. L'aumento del tasso di disoccupazione e di quello di inattività, l'insicurezza economica, i bassi salari, le misure di austerità e i tagli alle prestazioni sociali e agli assegni familiari interessano particolarmente le donne, in primo luogo come lavoratrici, in quanto la riduzione dei posti di lavoro nel settore pubblico e nei servizi ha ripercussioni dirette su di loro, visto che sono settori con alte percentuali di manodopera femminile. Però esse ne risentono anche in quanto cittadine e utenti, se consideriamo che i tagli alla prestazione di servizi di interesse generale colpisce le donne in quanto esse sono le prime utenti di questi servizi.

5.3.3

In Europa, oltre il 70 % dei lavoratori con salari bassi è formato da donne. Nella maggior parte degli Stati membri, il 17 % delle donne è vittima della povertà, assieme al 15 % degli uomini, una percentuale anch'essa preoccupante. La povertà e l'emarginazione sociale si accompagnano all'esclusione dal mercato del lavoro. Per questo motivo, le interruzioni dell'attività lavorativa e i posti di lavoro precari, così frequenti tra le donne - specialmente tra quelle che hanno scarse qualifiche - hanno un effetto negativo non solo immediato, ma anche a medio e lungo termine.

5.3.4

Le famiglie monoparentali, le vedove, le donne disabili, le vittime della violenza di genere, le donne anziane, le donne emigranti risentono in modo particolare dei tagli di bilancio e della crisi e corrono un rischio maggiore di esclusione sociale di fronte alla mancanza di protezione e di aiuti forniti attraverso misure specifiche.

5.4   Un'agenda digitale europea

5.4.1

L'obiettivo è promuovere l'accesso alle tecnologie dell'informazione - e specialmente a Internet - e il loro utilizzo da parte di tutti i cittadini europei, specialmente attraverso programmi che aumentino l'alfabetizzazione digitale e l'accessibilità.

5.4.2

A questo fine gli Stati membri dovranno elaborare strategie per l'Internet ad alta velocità e concentrare il finanziamento pubblico, anche attraverso i fondi strutturali, su settori non totalmente coperti dagli investimenti privati, oltre a promuovere la diffusione e l'utilizzo di servizi online moderni (ad es. e-government, servizi sanitari online, domotica, competenze digitali, sicurezza) (15).

5.4.3

Il CESE esprime la sua preoccupazione per l'assenza di statistiche disaggregate per genere, in quanto ciò non permette di conoscere la situazione della donna nei settori professionali connessi alle nuove tecnologie, né i livelli di utilizzo da parte delle donne. Sarebbe importante che venissero realizzati studi pertinenti per stabilire qual è la loro situazione, anche come utenti di servizi, per poter indirizzare più specificamente l'informazione e la formazione che la Strategia Europa 2020 propone.

5.5   L'Unione dell'innovazione

5.5.1

Questa iniziativa faro ha tra l'altro la finalità di promuovere e rafforzare i legami tra istruzione, impresa, ricerca e innovazione, oltre a promuovere l'imprenditorialità. Gli Stati membri dovranno riformare i rispettivi sistemi nazionali e regionali di R&S per stimolare l'eccellenza e una specializzazione intelligente, dare priorità alla spesa per la conoscenza, rafforzare la cooperazione tra università, ricerca e impresa, assicurare un numero sufficiente di laureati in scienze, matematica e ingegneria, oltre a imperniare i programmi scolastici su creatività, innovazione e imprenditoria.

5.5.2

Le donne possono e devono svolgere un ruolo essenziale in questo processo. Nel 2010 circa il 60 % dei diplomi universitari è stato conseguito da donne e, tuttavia, questa percentuale non corrisponde ai posti che esse occupano nel mercato del lavoro. D'altro canto, un'impresa su tre è creata da donne; esse rappresentano il 13,7 % dei membri dei consigli di amministrazione delle grandi imprese quotate in Borsa e soltanto il 3 % ha la carica di presidente.

5.5.3

Nella maggior parte dei paesi esiste la segregazione orizzontale di genere in funzione dei corsi di specializzazione professionale: scienze, ingegneria, matematica, tecnologie. Questi studi rappresentano inoltre un settore privilegiato per la cooperazione tra i responsabili del mondo economico e della ricerca, specialmente nel quadro dei master e dei dottorati, a cui le donne hanno meno accesso. Per questo motivo il CESE considera indispensabile prendere delle misure che elimino questi ostacoli.

5.5.4

Le donne sono ancora sottorappresentate nei livelli decisionali del mondo scientifico (come del resto in quello delle imprese e dei servizi): nelle università le donne occupano soltanto il 18 % dei posti più alti. Le possibilità di occupazione e l'assegnazione di fondi a fini di ricerca devono assicurare l'avanzamento delle donne in questo campo e servire ad aumentare il potenziale di sviluppo sostenibile della società europea.

5.6   Un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse

5.6.1

Questa iniziativa faro punta ad adottare e attuare un piano d'azione riveduto in materia di efficienza energetica e a promuovere un programma sostanziale per l'uso efficiente delle risorse (in favore delle PMI e delle famiglie) utilizzando i fondi strutturali e gli altri fondi per mobilitare nuovi finanziamenti mediante modelli esistenti di programmi innovativi d'investimento di particolare successo, in modo da far evolvere i modelli di consumo e di produzione.

5.6.2

L'energia e l'ambiente non sono argomenti neutrali: l'utilizzo dell'energia, l'accesso all'acqua potabile, il riciclaggio, le fonti di calore per riscaldare e rifornire di energia le case, il rispetto dell'ambiente e la sua conservazione, sono tutti degli esempi - tra i tanti possibili - che mostrano che in questi settori le donne svolgono un ruolo essenziale. Cambiamenti nei modelli di consumo sono impensabili senza definire misure specifiche che partano da una conoscenza concreta della realtà e si rivolgano in modo differenziato a pubblici distinti e principalmente alle donne.

5.6.3

Ne ha preso atto anche il Consiglio EPSCO (Occupazione, politica sociale, salute e consumatori) nelle sue conclusioni del giugno 2012, in cui ha sottolineato il ruolo essenziale svolto dalle donne nello sviluppo sostenibile. Il CESE concorda con le conclusioni del Consiglio quando esso afferma che le donne possono avere un'influenza decisiva sull'assunzione di decisioni che interessano l'ambiente, in particolare nel quadro della politica relativa ai cambiamenti climatici. Ciò rappresenta una nuova opportunità per le donne, che possono svolgere un ruolo chiave e migliorare la loro situazione personale ed economica in rapporto alla nuova ed emergente economia verde, un settore vitale per lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro.

5.6.4

A livello imprenditoriale, la discriminazione verticale in questo settore continua a essere notevole. Sebbene il 33 % dei posti dirigenziali sia oggi occupato da donne, rispetto al 31 % del 2001, la maggior parte di questi posti è concentrata nel terziario e nel settore del commercio, mentre sono molti di meno i posti nelle industrie manifatturiere, nel settore delle costruzioni o in quello dell'energia.

5.6.5

Sono poche le ricerche e scarsi i dati che permettano di conoscere la realtà di genere e, quindi, le misure necessarie per aumentare la percentuale di donne in questo processo di sviluppo sostenibile. Il CESE considera importanti gli investimenti, ma anche fornire orientamenti per superare gli stereotipi, suggerire soluzioni e promuovere interventi in termini di azioni positive, visto che si tratta di un settore in crescita e, se la situazione di partenza è discriminatoria, c'è il rischio che aumentino le differenze e il divario a livello sociale.

5.6.6

Una delle priorità della strategia per la parità è l'azione nelle relazioni esterne dell'UE, da un lato attraverso i programmi di cooperazione con le regioni vicine, comprese quelle della PEV (specialmente la regione Euromed) e, dall'altro, attraverso l'intervento dell'UE nei forum mondiali. Occorre dedicare un'attenzione particolare alle donne immigrate dai paesi terzi, alle donne migranti dell'Unione europea e a quelle provenienti dai paesi del vicinato. È preoccupante il fallimento di Rio+20 in materia di sviluppo sostenibile e diritti delle donne. Su temi fondamentali come il legame tra salute e diritti sessuali e riproduttivi, i diritti delle donne alla proprietà e all'eredità della terra, i cambiamenti climatici e i «lavori verdi» non è stato compiuto alcun passo avanti.

5.7   Una politica industriale per l'era della globalizzazione

5.7.1

Questa iniziativa faro ha un ruolo fondamentale in quanto integra gli aspetti della dimensione di genere nella strategia per la parità: la trasparenza delle retribuzioni, le iniziative a favore della parità salariale, le misure per incoraggiare le donne a scegliere professioni non tradizionali, non sono che alcune delle azioni chiave che la strategia propone e che risultano appropriate e in sinergia con questa iniziativa faro.

5.7.2

In Europa la differenza salariale tra uomini e donne si attesta in media sul 17 % e oscilla tra gli Stati da un minimo del 5 % a un massimo del 31 %. Esistono vari fattori interconnessi che provocano questa situazione, tra cui: minor valore del lavoro nei settori con alta presenza di manodopera femminile, una forte segregazione professionale e interruzione della carriera per vari motivi. E con la crisi questa situazione si sta aggravando.

5.7.3

Il divario tra il tasso di occupazione e i salari è diminuito in alcuni casi, però - purtroppo - ciò non è dovuto a miglioramenti nel lavoro e nel salario delle donne, ma alla contrazione della domanda in settori in cui prevale il lavoro degli uomini (costruzioni, finanza, settore manifatturiero), come conseguenza diretta della crisi. Il CESE ricorda che, secondo il TFUE, uno degli obiettivi della costruzione europea consiste nel «miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso» (16), e questo a beneficio di tutti.

5.7.4

Il CESE considera necessarie misure per rilanciare la crescita di questi settori in difficoltà e, parallelamente, altre misure per combattere la segregazione professionale, in particolare, per migliorare la partecipazione delle donne alle scienze, alla tecnologia, all'ingegneria e alla matematica. Sono inoltre necessarie misure per migliorare il riconoscimento dei settori con alta presenza di manodopera femminile, ad esempio, il lavoro domestico, i servizi sanitari e l'assistenza alle persone.

6.   La dimensione di genere nei piani nazionali di riforma e nel semestre europeo

6.1

Il semestre europeo di coordinamento delle politiche rappresenta il nuovo strumento deciso dagli Stati membri per vigilare sull'attuazione della Strategia Europa 2020. Il Patto europeo per la parità di genere raccomanda di includere una prospettiva di pari opportunità e la promozione delle politiche tese alla parità di genere nello sviluppo e nell'attuazione dei programmi nazionali riforma. Questo Patto invita inoltre la Commissione e il Consiglio ad applicare la prospettiva di genere nell'Analisi annuale della crescita, nelle conclusioni e nelle raccomandazioni specifiche per paese.

6.2

Nell'aprile 2012 sono state rivolte a 12 Stati membri delle raccomandazioni specifiche contenenti una dimensione di genere nei piani nazionali di azione. La Commissione ha proposto delle riforme concrete (che il CESE appoggia) nei seguenti settori: rafforzare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, migliorare la disponibilità e la qualità dei servizi di custodia dei bambini e delle scuole aperte tutto il giorno, migliorare la qualità dell'assistenza agli anziani, compresa la cura e l'assistenza per altre persone non autosufficienti.

6.3

La maggior parte delle raccomandazioni è tesa ad aumentare il tasso di occupazione delle donne, però non si tiene conto delle barriere che ostacolano un lavoro di qualità in rapporto alla remunerazione, alle condizioni e al riequilibrio delle responsabilità familiari con gli uomini. Soltanto a uno Stato membro - l'Austria - è stato raccomandato di affrontare il divario salariale di genere, sebbene esso esista in tutti gli Stati membri.

6.4

Il CESE considera preoccupanti alcune raccomandazioni che potrebbero avere un effetto negativo sulla parità di genere: quelle che si riferiscono alla riforma delle pensioni, le proposte tese a rivedere i meccanismi di adeguamento salariale e pensionistico, l'aumento dell'età pensionabile senza tener conto degli anni di vita in buona salute, nonché la proposta di introdurre incentivi fiscali per la seconda fonte di reddito della coppia.

Bruxelles, 17 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. la comunicazione COM(2010) 2020 final.

(2)  Cfr. la comunicazione COM(2010) 491 final, di seguito «strategia per la parità».

(3)  GU C 277 del 17.11.2009, pagg. 102-108.

(4)  Cfr. il parere CESE sul tema Eliminare alla radice la violenza domestica contro le donne (SOC/465), non ancora pubblicato in GU.

(5)  Composizione del CESE: 343 membri, di cui 81 (23,6 %) sono donne. Composizione dei gruppi: il I gruppo è composto di 112 membri, di cui 22 (22,1 %) sono donne; il II gruppo è formato da 120 membri, di cui 32 (26,8 %) sono donne; il III gruppo è composto di 111 membri, di cui 27 (24,3 %) sono donne.

(6)  COM(2006) 92 final, GU C 354 del 28.12.2010, pagg. 1-7.

(7)  Mainstreaming di genere: si prefigge di rendere la parità di genere parte integrante di questa tendenza dominante (mainstream) a livello sociale in modo che le donne e gli uomini possano godere degli stessi benefici. Significa prendere in esame ogni fase dello sviluppo delle politiche - progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione - nell’intento di promuovere la parità tra donne e uomini. Commissione europea, Guida al mainstreaming di genere – EQUAL.

(8)  GU C 155/02 del 25.5.2011, pagg. 10-13.

(9)  GU C 21/39 del 21.1.2011.

(10)  GU C 318 del 23.12.2009, pagg. 15-21.

(11)  Parità di genere, crescita economica e occupazione, Åsa Löfström (http://ec.europa.eu/social/BlobServlet?docId=3988&langId=en).

(12)  Il CESE ha adottato dei pareri su ciascuna di esse.

(13)  GU C 132 del 3.5.2011, pagg. 26-28.

(14)  GU C 143 del 22.5.2012, pagg. 88-93.

(15)  GU C 318 del 29.10.2011, pagg. 9-18.

(16)  Articolo 151 del TFUE.


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/15


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La pirateria marittima: potenziare la risposta dell'UE» (parere d'iniziativa)

2013/C 76/03

Relatrice: BREDIMA

Il Comitato economico e sociale europeo, nella sessione plenaria del 12 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

La pirateria marittima: potenziare la risposta dell'UE.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha adottato il proprio parere in data 26 novembre 2012.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 147 voti favorevoli, 1 voto contrario e 8 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

La gravità del fenomeno della pirateria marittima non è ancora percepita appieno dalla società civile europea. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) desidera pertanto sensibilizzare maggiormente la società civile e l'opinione pubblica europea su questo tema, al fine di mobilitare gli Stati membri e le istituzioni UE ad un'azione concreta per eliminare il fenomeno alla radice. Nel 2011 la Giornata marittima mondiale è stata dedicata alla lotta contro la pirateria. La natura multiforme di questa piaga richiederà un'azione globale, e non degli interventi slegati, effettuati caso per caso. La pirateria non è un problema lontano, che colpisce qualche zona remota dell'Oceano Indiano e interessa soltanto le navi vittime degli attacchi e i marittimi che vi lavorano. Essa danneggia i consumatori e i contribuenti europei in tanti modi diversi, e non è «un sintomo con cui possiamo convivere».

Il CESE chiede che le istituzioni UE e gli Stati membri diano prova di una concreta volontà politica per trovare una soluzione definitiva al problema della pirateria.

1.2

L'UE dispone di uno straordinario insieme di strumenti, le cui soluzioni vanno dall'aiuto al commercio e allo sviluppo alla presenza militare, dal consolidamento dello Stato alla sua ricostruzione.

1.3

Il CESE accoglie con favore le decisioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU e dell'UE di prorogare l'operazione UE/Navfor–Atalanta fino al dicembre 2014 e di estendere la zona delle operazioni a Est e a Sud nell'Oceano Indiano e sulla costa somala. Ritiene che l'UE/Navfor dovrebbe disporre di un mandato più forte, con regole d'ingaggio potenziate. Il CESE esorta a mantenere un forte impegno per quanto riguarda il numero delle navi assegnate a quest'operazione dagli Stati membri.

1.4

Grande importanza rivestono il recente collegamento dell'accordo di cooperazione regionale sulla lotta alla pirateria e alle rapine a mano armata contro le navi in Asia (ReCAAP) con il codice di condotta di Gibuti, e la conclusione, da parte dell'UE, di accordi bilaterali per perseguire i pirati con il Kenya, le Seychelles, Maurizio e altri paesi.

1.5

Il CESE approva il lancio, da parte del Servizio europeo per l'azione esterna (EEAS), di una missione dell'Unione europea per lo sviluppo delle capacità marittime regionali. L'EUCAP Nestor aiuterà i paesi del Corno d'Africa a definire un piano generale per la lotta alla pirateria, a elaborare normative adeguate e a rafforzare le capacità della guardia costiera.

1.6

Il CESE chiede agli Stati membri, come pure agli Stati candidati all'adesione o che hanno concluso accordi di associazione con l'UE, di far rispettare le norme contro la pirateria e di reprimerla anche in alto mare, come previsto dall'articolo 105 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982.

1.7

Il CESE incoraggia il settore navale ad applicare le migliori pratiche di gestione rivedute (BMP 4) per quanto riguarda le misure di autoprotezione a bordo delle navi. Il CESE invita gli Stati membri che intendono consentire l'uso di guardie armate private qualificate per la protezione delle navi vulnerabili a conformarsi ai relativi orientamenti dell'Organizzazione marittima internazionale (OMI) e a definire un quadro giuridico rigoroso che, tra le altre cose, stabilisca le condizioni della responsabilità del comandante della nave, in particolare nel caso in cui venga aperto il fuoco. L'impiego di guardie armate private, tuttavia, non costituisce di per sé una soluzione né dovrebbe diventare la regola, ma rappresenta una misura complementare alle BMP. Si incoraggiano gli Stati membri a organizzare convogli scortati da mezzi militari e a fornire unità militari terrestri (Nuclei militari di protezione - VPD) sotto l'egida dell'ONU, in grado di viaggiare sulle navi nelle rotte ad alto rischio.

1.8

Il CESE si oppone alle restrizioni al pagamento di riscatti, poiché ritiene che esse avrebbero effetti controproducenti e metterebbero ancora più a rischio la vita degli ostaggi. Per il momento, i riscatti restano uno strumento per garantire un ritorno sicuro dei marinai, che vengono usati come scudi umani. Il CESE condanna la prassi dei pirati di uccidere o torturare i marinai come mezzo di pressione per ottenere il pagamento del riscatto.

1.9

Il CESE ritiene che la chiave per risolvere il problema della pirateria consista nel rintracciare e intercettare i flussi finanziari connessi. Approva l'idea di puntare ai finanziatori e di coordinare le banche dati per migliorare la comprensione del «modello imprenditoriale» della pirateria. L'UE dovrebbe redigere una «lista nera» degli istituti finanziari coinvolti nel riciclaggio del denaro proveniente dalla pirateria. Europol ed Eurojust svolgono un ruolo importante in questo campo.

1.10

Il CESE esorta le istituzioni dell'UE ad affrontare il problema dell'aumento delle rapine a mano armata in mare e dei furti di petrolio al largo dell'Africa occidentale e nel Golfo di Guinea. Dato che il modus operandi utilizzato in queste rapine è molto diverso da quello che caratterizza i pirati somali, si dovrebbero prevedere misure specifiche per questa regione. Tre milioni di barili di petrolio e il 50 % del traffico internazionale di container attraversano quotidianamente le zone infestate dai pirati nell'Oceano Indiano.

1.11

Il CESE sottolinea l'urgenza di liberare i 218 marittimi attualmente tenuti in ostaggio e incoraggia la formazione professionale antipirateria per i marittimi e la creazione di centri sanitari per le vittime dei rapimenti. Tre convenzioni internazionali - la convenzione del 2010 sulle norme per l'addestramento, l'abilitazione e il servizio di guardia (STCW), il codice internazionale del 2004 per la sicurezza delle navi e dei porti (ISPS) e la convenzione del 2006 sul lavoro marittimo (MLC) - forniscono una base giuridica in termini di formazione pre-imbarco, prove ed esercitazioni a bordo, rimpatrio, compensazione, creazione di legami familiari e assistenza dei marinai rapiti dopo il rilascio. Il CESE esorta l'UE a rafforzare queste convenzioni e a formulare nuovi orientamenti globali per il benessere dei marittimi che sono stati vittime della pirateria o rischiano di esserlo e delle loro famiglie. L'UE dovrebbe svolgere un ruolo guida nel modificare le suddette convenzioni internazionali per includervi misure destinate ai marittimi tenuti in ostaggio.

1.12

Le elezioni del 20 agosto 2012 hanno segnato una tappa cruciale nella storia del dissestato Stato somalo. Il CESE si impegna a partecipare alle future azioni dell'UE, sostenendo il processo di creazione della società civile sul modello di azioni analoghe condotte in altri Stati africani.

1.13

Il CESE chiede un'azione coordinata dell'UE per destinare una parte degli aiuti allo sviluppo o delle altre risorse a programmi di formazione per giovani alla professione di pescatore, alla promozione dell'agricoltura sostenibile e dell'imprenditoria. Garantire ai giovani somali condizioni di vita dignitose potrebbe rendere meno interessante la «carriera» di pirata.

2.   La pirateria: un problema multiforme

2.1   La complessità del fenomeno

2.1.1

Dopo cinque anni di continuo aumento degli attacchi di pirati alle navi mercantili nel Golfo di Aden, nel bacino somalo, nel Mar Arabico e nell'Oceano Indiano, il calo che emerge dai dati statistici più recenti è un dato che può risultare fuorviante, facendo pensare ad un contenimento di questo fenomeno. Si rischia infatti di ignorare l'effetto di imitazione e l'aumento costante di tali aggressioni nell'Africa occidentale. Il problema della pirateria, purtroppo, è diffuso a livello mondiale e si riscontra anche in Indonesia, negli Stretti di Malacca e Singapore, nel Mar Cinese meridionale e in America Latina. Secondo i dati disponibili al 24 settembre 2012, 50 episodi di pirateria hanno avuto luogo in Somalia, 34 nel Golfo di Guinea e 51 in Indonesia.

2.1.2

L'impiego di «navi madre» ha permesso ai pirati di portare a termine le loro operazioni con maggiore successo. Il continuo cambiamento delle tattiche e delle attrezzature che facilitano l'individuazione degli obiettivi, così come gli strumenti per penetrare nelle camere di sicurezza blindate delle navi, hanno reso i pirati più aggressivi, capaci e violenti, il che in alcuni casi ha portato alla morte di marinai che lavoravano sulle navi.

2.1.3

La pirateria nasce come un problema marittimo che si estende poi anche al piano umanitario, commerciale e dell'economia globale, e interessa i consumatori di tutto il mondo. I suoi costi potrebbero salire alle stelle in caso di interruzione della catena dell'approvvigionamento di merci ed energia, qualora la comunità internazionale non combattesse in modo efficace le attività dei pirati o le associazioni di lavoratori marittimi si rifiutassero di navigare nelle zone infestate. Diciottomila navi percorrono queste rotte ogni anno. La pirateria nel Golfo di Aden/Corno d'Africa rappresenta una minaccia strategica per l'UE poiché colpisce il traffico nel principale corridoio Europa-Asia. Per evitare il canale di Suez, infatti, sempre più spesso le compagnie scelgono di circumnavigare il Capo di Buona Speranza. Inoltre, la pirateria è diventata un'attività criminale molto redditizia e si prospetta come una «carriera» attraente per i giovani di quella regione del mondo. I costi che comporta sono sproporzionati rispetto al numero di pirati in azione (in Somalia sono circa 1 500). La pirateria impedisce la consegna degli aiuti alimentari dell'UE quando le vittime della siccità in Africa ne hanno più bisogno. La presenza di forze navali nell'Oceano Indiano è stata paragonata al «pattugliamento del territorio europeo con 20 auto della polizia».

2.1.4

È intollerabile che gli atti di pirateria restino impuniti e che vengano messi a repentaglio il diritto e l'ordine internazionale (convenzione Unclos 1982), e l'UE deve dare prova di una forte volontà politica per sradicare questo fenomeno. Il gruppo di contatto dell'ONU contro la pirateria al largo delle coste somale ha promosso la creazione di una strategia globale, comprendente misure sia preventive che dissuasive e orientamenti operativi per migliorare la cooperazione tra le forze navali, perseguire i pirati e rintracciare le loro risorse finanziarie.

2.1.5

L'UE, che controlla il 40 % della navigazione mondiale, non può permettersi un aumento incontrollabile del fenomeno della pirateria. Come ha dichiarato il commissario per i trasporti Kallas, «la pirateria sui mari è un'autentica minaccia alla politica dei trasporti dell'UE». Inoltre, sono a rischio il commercio estero, l'approvvigionamento e la sicurezza energetica dell'UE, nonché il benessere dei marittimi e la consegna degli aiuti umanitari.

2.2   I costi umani della pirateria

2.2.1

Nel 2011 almeno sette marinai sono stati assassinati e 39 feriti dai pirati. Alla data del 24 settembre 2012, nel mondo sono stati uccisi sei marinai e 448 tenuti in ostaggio, in seguito a 225 attacchi e 24 dirottamenti. Il 30 giugno 2012 in Somalia i pirati hanno catturato 11 navi prendendo in ostaggio 218 marinai. Dal 2007 oltre 43 marittimi sono stati uccisi e 2 653 sono stati presi in ostaggio nel corso di atti di pirateria al largo delle coste somale.

2.2.2

Le associazioni internazionali di armatori e lavoratori marittimi (ad es. la Camera internazionale della marina mercantile - ICS, l'Associazione degli armatori della Comunità europea - ECSA, la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti - ETF, il Forum degli armatori asiatici - ASF, l'associazione SOS Save Our Seafarers, composta di 31 organizzazioni internazionali del settore marittimo) si sono unite per lanciare, attraverso i media, un'azione di sensibilizzazione sui costi umani ed economici della pirateria, entrando in contatto con esponenti politici e operatori del settore al massimo livello. L'ASF (24 maggio 2012) ha rivelato che, negli ultimi sette anni, 62 marinai sono deceduti a seguito di azioni di pirateria e 4 000 sono stati tenuti in ostaggio sulle circa 200 navi dirottate da pirati somali. Mentre, per la prima volta in cinque anni (2007-2012), si è registrato un calo degli atti di pirateria nell'Oceano Indiano, negli ultimi due anni il numero di marittimi uccisi è triplicato (fonte: il sultano Ahmed bin Sulayem, presidente di DP World, 30 giugno 2012). Non può quindi esservi alcuno spazio per la tolleranza.

2.2.3

Per eliminare la pirateria occorre innanzitutto prevenire il reato, e non impedire i pagamenti che assicurano la liberazione delle vittime. La morte dei marittimi non dovrebbe essere accettata come un «danno collaterale» nella lotta alla pirateria (Nautilus International).

2.3   I costi economici della pirateria

2.3.1

È opportuno segnalare qui due relazioni sugli aspetti economici della pirateria:

2.3.2

The Economic Cost of Maritime Piracy («Costi economici della pirateria marittima») (dicembre 2010), che analizza i costi diretti: riscatti, premi assicurativi, deviazione della rotta delle navi intorno al Capo di Buona Speranza, misure di sicurezza di tipo dissuasivo, guardie armate, svolgimento di tre missioni navali, azioni giudiziarie, finanziamento di organizzazioni antipirateria, costi umanitari. La relazione stima che il costo complessivo annuale vada dai 7 ai 12 miliardi di dollari USA (USD). Inoltre, la One Earth Foundation ha stimato il costo dei riscatti per il 2009-2010 in 830 milioni di USD e il costo annuo delle attrezzature di dissuasione e delle guardie armate private tra i 360 milioni e i 2,5 miliardi USD.

2.3.3

The Economics of Piracy («Economia della pirateria») (maggio 2011), che analizza la «catena del valore» della pirateria tra pirati, finanziatori, contabili, fornitori di armi. Essa dimostra come la pirateria possa essere una scelta molto remunerativa tenuto conto del PIL/pro capite della Somalia (il reddito di un pirata può essere 67-157 volte superiore al reddito medio in Somalia). La relazione è incentrata sulla necessità di una tracciatura del denaro trasferito mediante il sistema informale noto come «hawala», e stima che i costi annuali vadano da 4,9 a 8,3 miliardi di dollari USA.

3.   L'azione dell'UE

3.1   Istituzioni europee

3.1.1

Nella dichiarazione congiunta su un partenariato per combattere la pirateria marittima e le rapine a mano armata nell'Oceano Indiano occidentale (Londra, 15 maggio 2012), l'Unione europea e l'Organizzazione marittima internazionale (OMI) hanno ribadito la loro determinazione ad aumentare la capacità di combattere la pirateria marittima e le rapine a mano armata e a migliorare la governance marittima nell'Oceano Indiano occidentale. Il codice di condotta di Gibuti è diventato uno strumento chiave, consentendo a 18 Stati dell'Africa orientale di formulare una risposta a livello regionale al problema della pirateria. Inoltre l'UE ha dato un sostegno finanziario all'Ufficio marittimo internazionale (IMB) per un periodo di tre anni relativamente alle attività dell'Osservatorio sulla pirateria, intese a eradicare questo fenomeno e a far cessare le rapine a mano armata contro le navi.

3.1.2

Il gruppo di contatto sulla pirateria internazionale sta esaminando delle modalità per colpire i beneficiari, poiché le somme pagate come riscatto - del valore di 300-500 milioni di euro - vanno ai capi somali delle relative reti criminali, i quali le depositano, forse, anche in banche dell'UE. Il CESE esorta a rintracciare e confiscare tali somme, in modo che la pirateria non costituisca più un'attività remunerativa.

3.1.3

A seguito dell'adozione del quadro strategico per il Corno d'Africa, la nomina di un rappresentante speciale incaricato di coordinare le azioni dell'UE nella regione costituisce un passo avanti nella giusta direzione.

3.1.4

Il CESE accoglie con favore la risoluzione del Parlamento europeo sulla pirateria marittima (10 maggio 2012), intesa a promuovere un migliore coordinamento tra le istituzioni UE per potenziare la lotta ai pirati e ricostruire la Somalia come uno Stato sovrano.

3.1.5

In un nutrito gruppo di prendenti pareri, sin dal 2008 il CESE ha espresso la propria preoccupazione circa la proliferazione di episodi di rapina a mano armata e pirateria nel Sud-Est asiatico e in Africa (1). Il CESE ha esortato la Commissione europea a promuovere la definizione di competenze giurisdizionali chiare per far fronte all'attuale impunità dei pirati e si è categoricamente opposto all'idea di armare i marittimi. Il CESE ha raccomandato alla Commissione di esaminare, con gli Stati membri, le attività di formazione antipirateria rivolte ai lavoratori marittimi.

3.1.6

Nel convegno che ha ospitato il 7 marzo 2012 sul tema Capacità di attrazione delle professioni marittime, il CESE ha individuato nella pirateria uno dei fattori che disincentivano i giovani a intraprendere la professione marittima e vanificano le campagne volte a renderla più attraente.

3.2   Parti sociali europee (ECSA/ETF)

3.2.1

In una dichiarazione congiunta del 31 luglio 2012 l'Associazione degli armatori della Comunità europea (ECSA) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) hanno espresso la loro preoccupazione per il fatto che, nonostante l'efficacia delle azioni europee e internazionali, gli atti di pirateria continuano. Hanno quindi posto l'eliminazione di questo fenomeno tra le principali priorità del comitato settoriale per il dialogo sociale sul trasporto marittimo (SSDC).

4.   Una risposta più coordinata da parte dell'UE

4.1

Dato il suo carattere complesso e multiforme, il problema della pirateria può essere risolto solo tramite un approccio globale e coordinato sia in mare che sulla terraferma. L'UE si trova in una posizione unica per mettere a punto un approccio di questo tipo, poiché gode di un grande rispetto nella regione, sul piano diplomatico, commerciale, militare e dei trasporti così come dal punto di vista umanitario.

4.2

I marittimi continuano a pagare un prezzo molto alto: tutti gli sforzi devono essere tesi ad evitare che venga messa a repentaglio la loro integrità fisica, mentale e psicologica. La Camera internazionale della marina mercantile (ICS) ha redatto degli orientamenti in materia di buone pratiche per le compagnie di navigazione, in modo che queste ultime possano assistere i marittimi interessati e le loro famiglie.

4.3

Poiché le cause che sono alla radice della pirateria esigono di trovare soluzioni a lungo termine sulla terraferma, la costruzione di capacità in Somalia è di vitale importanza per metter fine all'impunità e ripristinare lo Stato di diritto. È necessario un maggiore impegno da parte degli Stati di bandiera dell'UE per garantire un più stretto coordinamento tra le forze navali e assicurare che i pirati vengano perseguiti.

4.4

Data la recrudescenza degli atti di pirateria sin dal 2007, è adesso necessaria una volontà politica di porre questo problema in cima all'agenda politica dell'UE e mettere a disposizione maggiori risorse per aumentare il numero di aerei e navi militari nella regione. L'EEAS e la Commissione dovrebbero collaborare con il Consiglio europeo al fine di individuare i settori di rispettiva competenza per intervenire nella lotta alla pirateria e nella costruzione di capacità in Somalia. La Banca mondiale, Interpol ed Europol possono essere di aiuto per rintracciare le somme pagate come riscatto.

4.5

Occorre aggiornare le normative antipirateria degli Stati membri dell'UE:

dato che in alcuni paesi la pirateria non costituisce più reato, occorre creare un quadro giuridico più chiaro per quanto riguarda le giurisdizioni responsabili della repressione di tale fenomeno;

per quanto concerne le proposte di vietare il pagamento dei riscatti, una tale interdizione potrebbe avere effetti indesiderati e mettere ancora più a rischio le vite dei marittimi: tutto considerato, nell'UE il pagamento dei riscatti dovrebbe essere consentito;

negli Stati membri dovrebbe essere consentito l'impiego di guardie armate private debitamente accreditate, a condizione di adottare un quadro giuridico rigoroso che, tra le altre cose, ponga la formazione di tali guardie sotto la responsabilità dello Stato membro di stabilimento e definisca le condizioni della responsabilità del comandante della nave, in particolare nel caso in cui venga aperto il fuoco;

l'UE dovrebbe studiare, insieme ai paesi costieri delle regione, i problemi posti dal transito di navi con guardie armate a bordo.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere CESE Una politica marittima integrata per l'Unione, GU C 211 del 19.8.2008, pag. 31.

Parere CESE Obiettivi strategici e raccomandazioni per la politica UE dei trasporti marittimi fino al 2018, GU C 255 del 22.9.2010, pag. 103.

Parere CESE Verso l'integrazione della sorveglianza marittima: un sistema comune per la condivisione delle informazioni sul settore marittimo dell'UE, GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 173.

Parere CESE Partenariato Unione europea-Africa — Collegare l'Africa e l'Europa: verso un rafforzamento della cooperazione in materia di trasporti, GU C 18 del 19.01.2011, pag. 69.

Parere CESE Requisiti minimi di formazione per la gente di mare, GU C 43 del 15.2.2012, pag. 69.

Parere CESE Convenzione sul lavoro marittimo/Le responsabilità dello Stato di bandiera e dello Stato di approdo, GU C 299 del 4.10.2012, pag. 153.


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/20


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Introduzione di un marchio sociale europeo» (parere esplorativo)

2013/C 76/04

Relatrice: RODERT

Il Parlamento europeo, in data 3 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Introduzione di un marchio sociale europeo.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 dicembre 2012.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013, (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli, 1 voto contrario e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'opportunità di pronunciarsi in merito alla proposta della commissione Occupazione e affari sociali del Parlamento europeo riguardo a un progetto pilota per la creazione di un marchio sociale europeo nel 2013. Tuttavia, dal momento in cui è stata presentata la richiesta di consultazione, la situazione è cambiata, visto che il testo della commissione per i bilanci del Parlamento europeo è stato adottato senza alcun riferimento al progetto pilota.

1.2

In linea di principio, il CESE sostiene l'intento di rafforzare la dimensione sociale in Europa, di riconoscere la responsabilità sociale delle imprese (RSI) e di incoraggiarle in tal senso. Tuttavia, ritiene importante sottolineare che i diritti sociali non devono in alcun modo essere sostituiti dall'assunzione di responsabilità sociale delle imprese, in quanto essi sono garantiti tramite strumenti legislativi o internazionali nei quali il dialogo sociale costituisce un elemento cruciale.

1.3

Pertanto, come primo passo è necessario definire meglio il valore aggiunto, i tempi e l'orientamento della proposta e metterli in relazione con i relativi obiettivi politici. Tali obiettivi sono indubbiamente importanti, ma nella congiuntura attuale essi verrebbero raggiunti più efficacemente rafforzando la legislazione in materia sociale e migliorandone l'attuazione.

1.4

Inoltre, il CESE desidera rilevare che, pur trattandosi di un'iniziativa importante, ci si deve chiedere se un marchio sociale europeo non costituisca una proposta eccessivamente complessa in un momento in cui l'UE attraversa una crisi contraddistinta da un'elevata disoccupazione e da un numero crescente di fallimenti. Un marchio sociale in materia di RSI rappresenta solo le attività sociali volontarie, le quali, tuttavia, variano da uno Stato membro all'altro in base alle differenze tra le rispettive legislazioni, dato che la normativa europea stabilisce solo norme minime. L'introduzione di ulteriori impegni per le imprese potrebbe rappresentare un passo falso, poiché allo stato attuale si corre il rischio di aggravare la frattura anziché rafforzare la coesione tra imprese di diverse dimensioni e gli Stati membri dell'UE.

1.5

Per motivi di chiarezza, si devono altresì considerare le iniziative parallele in corso, come ad esempio il marchio sociale nell'ambito dell'imprenditoria sociale (menzionato nel quadro dell'«Iniziativa per l'imprenditoria sociale»). A questo proposito, il CESE consiglia di attendere i risultati dello studio che la Commissione sta realizzando sul marchio sociale nell'ambito dell'imprenditoria sociale, e di trarne le debite conclusioni. In relazione alla proposta occorre tenere conto anche di altre iniziative che si sovrappongono a essa, come ad esempio i nuovi premi RSI, la considerazione degli interessi sociali nell'aggiudicazione degli appalti pubblici e così via.

1.6

Inoltre, il CESE ritiene necessario fornire maggiori prove circa la credibilità, legittimità e fattibilità di un marchio sociale volontario. Per creare fiducia in un nuovo sistema di etichettatura e farlo conoscere a livello europeo, è necessario stabilire un sistema di controllo e di accreditamento completo, che deve essere valutato ponderandolo con i benefici offerti dalla creazione di un sistema di etichettatura supplementare. In questo contesto, prima di considerare l'introduzione di un nuovo marchio sociale europeo, il CESE raccomanda di procedere a un esame approfondito dei sistemi di etichettatura adottati nei diversi Stati membri, individuare le buone pratiche e trarre le lezioni da quelle che non hanno raggiunto gli obiettivi sperati. Pertanto, il CESE raccomanda piuttosto di migliorare gli attuali sistemi di etichettatura integrandovi la responsabilità sociale (qualora essa non sia ancora stata presa in considerazione).

1.7

Inoltre, si deve migliorare la sensibilizzazione rispetto ai sistemi già esistenti e alle imprese che li utilizzano, mentre altre imprese andrebbero incoraggiate a impiegarli, invece di introdurre un ulteriore sistema, al quale i consumatori e le imprese devono abituarsi. Occorre inoltre riflettere sull'opportunità di lanciare, almeno nel medio periodo, un'azione di comunicazione su scala UE per sensibilizzare i consumatori e i cittadini sui marchi europei.

1.8

Tuttavia, qualora si decidesse di lanciare un nuovo marchio, per evitare eventuali distorsioni, esso non dovrebbe allontanarsi troppo dalle standardizzazioni riconosciute a livello internazionale, e dovrebbe aggiungere un elemento tipicamente europeo: il rispetto dei diritti sociali.

2.   Introduzione

2.1

La commissione Occupazione e affari sociali del Parlamento europeo ha proposto di introdurre nel 2013 un progetto pilota per un marchio sociale europeo. Tuttavia, in ottobre il testo della commissione per i bilanci del Parlamento europeo in merito ai progetti pilota per il 2013 è stato adottato senza alcun riferimento a questa proposta (1). Sulla base della nuova situazione creatasi, il presente parere si occuperà essenzialmente di formulare osservazioni in merito al progetto pilota proposto.

2.2

Il concetto fondamentale della proposta è di contribuire a un'Europa sociale, nella quale le norme minime esistenti in materia sociale e di diritto del lavoro siano attuate più efficacemente. L'iniziativa si prefigge di creare posti di lavoro, sostenere l'occupazione giovanile e lottare contro la povertà attraverso l'introduzione di un sistema progressivo per il conferimento di un «marchio sociale europeo».

2.3

La consultazione del CESE da parte del Parlamento europeo fa riferimento in particolare ai seguenti aspetti: l'impatto e il valore del marchio in diverse politiche; i tipi di imprese che potrebbero essere interessate su base volontaria; le possibilità di creare un marchio progressivo; i criteri che bisogna soddisfare per ottenere il marchio e le misure da adottare per farlo conoscere.

2.4

In base alla proposta della commissione Occupazione e affari sociali, il marchio sociale dovrebbe essere gratuito e volontario e sarebbe destinato a tutte le imprese nell'UE, in particolare alle piccole e medie imprese (PMI) (2) e alle microimprese (3). L'obiettivo è quello di creare un'Europa con una maggiore responsabilità sociale, garantendo l'applicazione di norme sociali più elevate in tutte le imprese dell'UE. Inoltre, la proposta aspira ad armonizzare i sistemi di etichettatura esistenti nonché a segnalare le possibilità di miglioramento attraverso una griglia di valutazione. In base a un elenco di criteri sociali, ci si prefigge di valutare la responsabilità sociale interna dell'impresa per mezzo dei diversi livelli del marchio sociale.

3.   Osservazioni generali

3.1

A giudizio del CESE, gli sforzi volti a rafforzare la dimensione sociale e i valori sociali in Europa sono importanti. Tuttavia occorre riflettere sul valore aggiunto, sui tempi e sull'orientamento della proposta e tenere conto delle iniziative già in corso in ambiti affini. Per questo il CESE chiede che si illustri più chiaramente il valore aggiunto di un'iniziativa di questo genere, i soggetti ai quali è destinata nonché il suo contributo alla legislazione dell'UE.

3.2

Il CESE ha di recente segnalato nel proprio parere sul tema «Responsabilità sociale delle imprese» (4) che la responsabilità sociale delle imprese è un concetto collegato allo sviluppo sostenibile. In tale parere il CESE sottolinea altresì la necessità di distinguere tra «social responsability» (responsabilità sociale, solo sul luogo di lavoro) e «societal responsability» (responsabilità verso la società, che si estende al di là del luogo di lavoro).

3.3

In base a queste definizioni, la proposta della commissione Occupazione del Parlamento europeo in merito a un marchio sociale sembra far riferimento alla «responsabilità sociale». Ciò significa che è diretta a tutte le imprese dell'UE e che occorre pertanto tenere conto del fatto che la Commissione europea sta elaborando una strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese (5), che si occupa già di questioni analoghe.

3.4

Come già evidenziato dal CESE, è importante sottolineare che la responsabilità sociale delle imprese non deve mai sostituirsi ai diritti sociali garantiti da strumenti legislativi o internazionali, che sono principalmente di competenza degli Stati e dei governi. Inoltre, numerose imprese si assumono volontariamente più responsabilità e perciò si deve sottolineare che l'assunzione di una maggiore responsabilità sociale oltre a quella prevista per legge andrebbe apprezzata e incoraggiata. A giudizio del CESE, ogni impresa deve trovare il proprio approccio per garantire la responsabilità sociale, oltre ad applicare gli strumenti legislativi. Con l'introduzione di un marchio in materia di RSI si rischia di far passare in secondo piano l'innovazione sociale per concentrarsi invece sulla certificazione.

3.5

Si è già parlato in precedenza di un marchio sociale in relazione al lavoro della Commissione in materia di imprenditoria sociale, al quale il CESE ha contribuito attivamente con numerosi pareri (6). Già nella comunicazione «Verso un atto per il mercato unico» (7) si fa riferimento al rating sociale in relazione alle imprese sociali e all'imprenditoria sociale. L'idea è stata ripresa sotto forma di azione chiave nella comunicazione della Commissione «Iniziativa per l'imprenditoria sociale» (8), allo scopo di migliorare le possibilità delle imprese sociali di operare, competere e crescere alle stesse condizioni delle altre imprese. In tale iniziativa si proponeva tra l'altro di creare una banca dati pubblica delle etichette e certificazioni applicabili alle imprese sociali in Europa, per migliorarne la visibilità tra i soggetti interessati e la comparabilità. La Commissione intende, inoltre, nel prossimo futuro condurre uno studio per la valutazione dell'imprenditoria sociale, con il quale si dovrebbero tra l'altro esaminare i marchi esistenti e le rispettive caratteristiche, come pure altre particolarità, regole e modelli specifici per questo tipo di impresa.

3.6

Il CESE è pertanto del parere che il prossimo studio sulle imprese sociali, al quale si fa riferimento nell'iniziativa per l'imprenditoria sociale, vada condotto a priori e separatamente rispetto all'elaborazione di una definizione più ampia di marchio sociale per le imprese. Secondo il CESE, tale esercizio attualmente in corso dovrebbe essere terminato prima di prendere in considerazione l'opportunità di procedere a un'etichettatura più esauriente, poiché la valutazione delle etichettature attuali dell'imprenditoria sociale potrebbe fornire indicazioni preziose per quanto riguarda le possibilità e l'utilità di un marchio più completo. Inoltre, si dovrebbe dare la possibilità ad altre iniziative simili, come ad esempio la considerazione degli interessi sociali nell'aggiudicazione degli appalti, i nuovi premi RSI e le piattaforme settoriali nell'ambito dell'etichettatura delle imprese sociali, di maturare prima di avviarne di nuove.

3.7

Il CESE sottolinea che è necessario effettuare una netta distinzione tra la proposta della commissione Occupazione e affari sociali del Parlamento europeo (che è orientata verso la responsabilità sociale delle imprese) e l'iniziativa per l'imprenditoria sociale. Visto che non perseguono gli stessi obiettivi, devono essere trattate in maniera diversa. Pertanto il CESE sollecita la commissione Occupazione e affari sociali a considerare la possibilità di utilizzare un altro termine nella propria proposta, per evitare ulteriore confusione terminologica. Ciò è rafforzato dal fatto che nell'ambito dell'imprenditoria sociale esistono già attori certificati che con tale termine indicano la marcatura delle imprese sociali, come nel caso del «Social Enterprise Mark» (9).

4.   Osservazioni particolari relative alle richieste della commissione Occupazione e affari sociali

4.1

Con la proposta di progetto pilota per un marchio sociale si persegue l'obiettivo di spingere le imprese ad assumersi, oltre agli obblighi giuridici, una maggiore responsabilità sociale. Sebbene tale approccio sia estremamente importante, il CESE si chiede tuttavia se, alla luce della situazione economica attuale, un marchio sociale europeo specifico non costituisca una misura troppo complicata rispetto al valore aggiunto relativo che essa apporta. Gli obiettivi politici di tale proposta riguardano la creazione di nuovi posti di lavoro, nonché la lotta alla disoccupazione giovanile e alla povertà. Tutti questi ambiti rappresentano delle priorità chiave per l'Europa, tuttavia il CESE ritiene che tra di essi e un marchio sociale volontario vi sia un legame troppo debole e, pertanto, poco efficace. Per contro, il CESE reputa che tali obiettivi potrebbero essere perseguiti in modo più efficace rafforzando la legislazione in questo ambito e migliorandone l'attuazione, nonché ricorrendo a un metodo rinnovato e rafforzato di coordinamento aperto in ambito sociale.

4.2

Il CESE ritiene inoltre opportuno sottolineare che le proposte in tale ambito devono partire dal presupposto che disporre di imprese forti e competitive sia essenziale per generare crescita economica e, in tal modo, condizioni sostenibili per creare condizioni sociali migliori.

4.3

La proposta prevede anche un «sistema di valutazione» graduale e progressivo, in funzione del grado di rispetto dei diversi criteri sociali, come, ad esempio, remunerazione equa, sicurezza sociale, assistenza sanitaria, parità tra donne e uomini, assistenza all'infanzia, telelavoro, ecc. In considerazione dell'attuale crisi economica e dei grandi problemi che alcuni Stati membri si trovano ad affrontare, il CESE teme che tale sistema di valutazione graduale rischi, allo stato attuale, di aggravare il divario tra imprese di diverse dimensioni e gli Stati membri in Europa, anziché rafforzare la coesione tra di essi. Un «sistema di valutazione» progressivo è inadeguato se si applica solo alle grandi imprese multinazionali e non alle PMI e alle microimprese.

4.4

Inoltre, un marchio risulta utile solo se è conosciuto e riconosciuto. Perciò occorre avviare campagne di comunicazione per evidenziare l'impegno delle PMI e delle microimprese certificate. A questo fine è necessario discutere attentamente di ciò che si considera progresso sociale, non solo dal punto di vista della sussidiarietà in tale ambito bensì anche tenendo conto delle diverse tradizioni e modelli dei sistemi nazionali di sicurezza e assistenza sociale. Tale dialogo deve essere instaurato con le parti sociali e altre parti direttamente interessate, come per esempio le associazioni dei consumatori, sia a livello nazionale che dell'UE.

4.5

Nel contesto degli sforzi posti in atto dall'UE per agevolare la creazione e la gestione di imprese, sono state adottate numerose misure di semplificazione e promozione della crescita allo scopo di non indebolire la responsabilità sociale delle imprese, i diritti sociali dei lavoratori, le possibilità di crescita delle imprese e la loro competitività. Anche se nell'ambito dei diritti c'è ancora molto da fare, il CESE dubita che un sistema volontario possa migliorare effettivamente la responsabilità sociale. Inoltre, il CESE richiama l'attenzione sul fatto che un'etichettatura, per quanto gratuita, richiede delle risorse di cui le imprese, già sotto pressione in tempo di crisi, farebbero un uso migliore.

4.6

Nel quadro degli sforzi intesi a migliorare la responsabilità sociale è necessario anche valutare i diversi livelli in cui un'impresa è responsabile per i diritti sociali, ad esempio nella cooperazione con i fornitori di paesi terzi. Se non si fa chiarezza in merito a tale responsabilità, non sarà possibile generare fiducia nel marchio. Al tal proposito si deve tenere conto anche delle eventuali ripercussioni sul commercio e sulle imprese d'importazione.

4.7

Andrebbe inoltre affrontata la questione della legittimità di un eventuale marchio standardizzato. Precedenti esperienze mostrano che iniziative imposte «dall'alto», a carattere relativamente prescrittivo di questo tipo hanno un impatto limitato sui movimenti dei consumatori o su altre parti interessate, fatto che invece costituisce un presupposto fondamentale se si desidera che il marchio abbia un impatto. Al tale proposito, Fair Trade (10) rappresenta un valido esempio di come lo stesso settore dei consumatori abbia intrapreso l'iniziativa per un'etichettatura e potrebbe costituire un esempio da seguire. Si dovrebbero esaminare più attentamente anche gli esempi di sistemi di etichettatura che sembrano non funzionare perfettamente (11).

4.8

È importante esaminare i modi in cui creare fiducia nei confronti di un nuovo marchio. Dal punto di vista dei consumatori, i sistemi di marcatura attuali sono già poco chiari, per il fatto che presentano caratteristiche diverse, che molti di essi sono di difficile comprensione e che è impossibile essere adeguatamente informati. La creazione di un nuovo sistema e chiedere ai consumatori di prendere decisioni informate possono risultare richieste eccessive nei loro confronti. Invece di introdurre un nuovo marchio, si potrebbe considerare l'opportunità di ampliare i sistemi di etichettatura esistenti per integrare la responsabilità sociale (nei casi in cui ciò non avvenga di già). Un ragionamento analogo si applica alla possibilità che il marchio accresca la fiducia degli investitori. La Commissione si avvarrà, ad esempio, di iniziative in materia di investimenti sociali per stabilire degli orientamenti intesi a migliorare il sistema di comunicazione relativo agli effetti conseguiti sul piano sociale, - un obiettivo che il CESE ha evidenziato quale elemento centrale in relazione agli investimenti nell'imprenditoria sociale (12), e che andrebbe preso in considerazione anche nell'iniziativa in esame.

4.9

Inoltre, occorre tenere conto dei problemi posti dalla creazione di un sistema complesso a livello europeo, in particolare per quanto riguarda gli aspetti sociali, tecnici e pratici. Esistono già diversi sistemi di certificazione per diversi tipi di etichettatura sociale, e la maggior parte di essi ha contribuito a rafforzare la visibilità e l'importanza delle questioni sociali nelle imprese (13). In linea con la proposta della commissione Occupazione e affari sociali del Parlamento europeo, bisogna prestare particolare attenzione alla norma ISO 26000 (14), giacché copre la maggior parte dei criteri previsti dalla proposta stessa e molte imprese vi hanno già aderito. Inoltre, esiste già un gran numero di altre norme internazionali consolidate (15). Il progetto pilota dovrebbe pertanto valutare l'opportunità di creare un nuovo sistema di marcatura e considerare se non sia preferibile sensibilizzare maggiormente le imprese sui sistemi già esistenti e incoraggiarle a utilizzarli, oltre che a rafforzarli, per esempio, tramite indicatori di miglioramento.

4.10

Per evitare eventuali distorsioni, un marchio sociale europeo non dovrebbe allontanarsi troppo dalle standardizzazioni riconosciute a livello internazionale e dovrebbe aggiungere un elemento tipicamente europeo: il rispetto dei diritti sociali.

4.11

Molti dei criteri proposti come base per il marchio sociale sono già previsti nel quadro del dialogo sociale, dei negoziati in cui intervengono delle parti sociali o della legislazione nazionale in vigore. Ciò significa che una gradazione di tali criteri risulterebbe inadeguata. Il CESE sottolinea inoltre che nell'ambito del dialogo sociale si è anche promosso l'utilizzo delle migliori pratiche e sono stati elaborati orientamenti in materia, poiché la responsabilità sociale delle imprese contribuisce al dialogo sociale e lo completa.

4.12

La creazione di un elenco di criteri sociali che siano adatti a tutti i tipi di imprese, situazioni e circostanze nazionali costituisce un compito piuttosto complesso e ambizioso. Attualmente, oltre alla legislazione UE, esiste un gran numero di sistemi e tradizioni nazionali riguardanti molte di tali prestazioni sociali, ad esempio l'assistenza all'infanzia, il congedo di maternità/paternità, l'assistenza sanitaria, i salari minimi, ecc. Pertanto il progetto pilota dovrebbe tenere conto del principio di sussidiarietà e dei criteri proposti al fine di valutare l'utilità del marchio.

4.13

Per creare fiducia nel marchio, vi è bisogno non solo di un'opera di sensibilizzazione mirata alle imprese, agli investitori e ai consumatori, bensì anche di un efficace sistema di monitoraggio. Un marchio offre solo un'immagine che riflette il grado di rispetto dei criteri da parte dell'impresa al momento in cui ha presentato la richiesta. Senza un'autorità indipendente che si occupi della certificazione, del controllo e delle scadenze, il marchio non può ottenere né la fiducia né conseguire i progressi sociali che si prefigge. In questo contesto, è necessario tenere presente il rischio di abusi o di irregolarità, nonché esaminare le procedure di esclusione di un'impresa. Per realizzare un monitoraggio adeguato occorre disporre di risorse e dispositivi amministrativi. Pertanto è importante soppesare i costi del valore sociale aggiunto auspicato rispetto all'aumento degli oneri amministrativi e a una maggiore complessità.

4.14

Il CESE si interroga sull'opportunità di creare un nuovo marchio che si applichi a tutti i settori e a tutti gli Stati membri dell'UE. Le possibilità di conseguire gli obiettivi previsti variano in maniera significativa da un'impresa all'altra e risulta impossibile creare un'autorità di valutazione che sia configurata in maniera equa per tutte. Pertanto il CESE propone invece di sviluppare un aspetto di un più ampio concetto di responsabilità sociale delle imprese, che permetta di certificare non tanto l'impresa in quanto tale quanto piuttosto le diverse attività e processi.

4.15

Il CESE sottolinea quindi che il gruppo destinatario del marchio sociale deve essere coinvolto nell'organizzazione del progetto pilota, nel caso in cui esso fosse avviato in questo ambito. Sarebbe utile elaborare uno studio per chiarire i fattori determinanti per il marchio sociale, come il controllo, il periodo di validità, la revoca del marchio, gli intervalli di valutazione nonché gli indicatori di miglioramento, ecc. Inoltre, scopo del progetto pilota dovrebbe essere anche stabilire se un marchio sociale europeo sia attuabile e utile al fine di raggiungere i risultati desiderati.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Commissione per i bilanci del Parlamento europeo, 4 ottobre 2012.

(2)  Piccole e medie imprese.

(3)  In inglese per riferirsi alle microimprese è in uso l'abbreviazione VSE (Very Small Enterprises).

(4)  GU C 229 del 31.7.2012, pag. 77

(5)  COM(2011) 681 final.

(6)  GU C 24 del 28.1.2012, pagg. 1-6 e GU C 229 del 31.7.2012, pagg. 44-48).

(7)  COM(2010) 608 final.

(8)  COM(2011) 682 final.

(9)  http://www.socialenterprisemark.org.uk

(10)  http://www.fairtrade.net

(11)  Ad esempio il marchio sociale belga e il marchio sociale ed ecologico francese.

(12)  GU C 229 del 31.7.2012, pag. 55.

(13)  Per esempio Global Compact (Patto globale), EMAS (sistema comunitario di ecogestione e audit), Business Social Compliance Initiative (iniziativa di adeguamento alle norme sociali da parte delle imprese), Global Reporting (iniziativa mondiale per la presentazione di relazioni).

(14)  http://www.iso.org/iso/home/standards/iso26000.htm

(15)  Orientamenti dell'OCSE per le imprese multinazionali, dichiarazione tripartita dell'OIL, iniziativa delle Nazioni Unite «Global Compact».


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

486a sessione plenaria del 16 e 17 gennaio 2013

14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/24


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L'Atto per il mercato unico II — Insieme per una nuova crescita»

COM(2012) 573 final

2013/C 76/05

Relatore: SIECKER

Correlatori: FEDERSPIEL, VOLEŠ

La Commissione europea, in data 19 dicembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - L'Atto per il mercato unico II - Insieme per una nuova crescita

COM(2012)573 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 gennaio 2013.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 162 voti favorevoli, 24 voti contrari e 18 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riafferma (1) che il mercato unico è un elemento centrale dell'integrazione europea, in grado di offrire vantaggi concreti ai soggetti europei e di generare una crescita sostenibile per le economie europee. Nell'attuale contesto di crisi economica, un mercato unico efficiente e proiettato nel futuro non è soltanto auspicabile ma è anzi determinante per l'avvenire politico ed economico dell'Unione europea.

1.2

In un contesto di crisi economica e tenuto conto, tra l'altro, degli effetti che la deregolamentazione dei mercati finanziari ha avuto sui bilanci degli Stati membri, sull'economia reale, sul livello di povertà e sull'occupazione nell'UE (2), il tono ottimistico adottato dalla Commissione nella sua comunicazione sull'attuazione del mercato unico appare inappropriato. Il Comitato ritiene che la Commissione non abbia prestato sufficiente attenzione agli effetti collaterali negativi indesiderati del mercato unico. Proclamare a gran voce, prematuramente, che le misure proposte avranno successo può solo essere fonte di frustrazione per i cittadini europei e avere invece come risultato quello di compromettere ulteriormente la realizzazione del mercato unico, invece di imprimerle nuovo slancio. La Commissione dovrebbe dare prova di maggiore realismo comunicando con un linguaggio più equilibrato.

1.3

L'enorme aumento della disoccupazione (28 milioni di disoccupati), che colpisce in particolare i giovani europei, è una grave minaccia per il miglior funzionamento del mercato unico basato sui vecchi e sui nuovi orientamenti. Centinaia di migliaia di PMI hanno dichiarato fallimento e 120 milioni di cittadini - ossia circa un quarto della popolazione dell'UE - sono a rischio di povertà ed esclusione sociale. Per tutti questi motivi, le ripercussioni sulla domanda e sui consumi nell'UE sono enormi. Oltre ad attuare le azioni chiave previste, l'UE e gli Stati membri devono intensificare gli sforzi per superare la crisi finanziaria, economica e di bilancio e sfruttare fino in fondo il potenziale del mercato unico.

1.4

Il CESE esorta il Parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio ad agire rapidamente, senza compromettere la qualità degli interventi, per assicurare l'adozione delle proposte legislative in esame prima della scadenza degli attuali mandati del PE e della Commissione, nella primavera del 2014. Il Comitato accoglierebbe molto positivamente una rapida attuazione delle misure proposte nella comunicazione della Commissione sulla governance del mercato unico, al fine di migliorare l'applicazione complessiva delle norme europee.

2.   Osservazioni generali: Per un'economia sociale di mercato altamente competitiva

2.1

Per la seconda fase dell'Atto per il mercato unico, la Commissione ha messo a punto 12 nuove azioni chiave destinate a migliorare il funzionamento di tale mercato. Il CESE si compiace non solo di essere stato consultato prima della pubblicazione della comunicazione, ma anche del fatto che nell'Atto per il mercato unico II la Commissione abbia fatto proprie alcune delle sue raccomandazioni. Si rammarica tuttavia per il fatto che in quest'occasione non sia stata organizzata una consultazione pubblica formale e deplora che nel quadro della consultazione informale non sia stato riservato uno spazio equo ed equilibrato a tutti i soggetti interessati.

2.2

Malgrado il mercato unico abbia dato fin dalla sua istituzione un apporto positivo alla crescita economica e alla creazione di nuovi posti di lavoro, esso non è però riuscito a esprimere tutto il suo potenziale in favore dell'insieme delle parti interessate, siano esse imprese, lavoratori, consumatori, cittadini o altri soggetti Nella comunicazione, la Commissione sottolinea che sono stati creati 2,77 milioni di nuovi posti di lavoro nell’UE, ma non spende neppure una parola sul carattere precario di alcuni di questi posti di lavoro (3). Sappiamo che dalla primavera del 2008, quando gli effetti della crisi economica hanno iniziato a farsi sentire in tutta Europa, sino ad oggi sono andati perduti circa 10 milioni di posti di lavoro, e la recessione che stiamo attraversando non sembra prossima alla fine (4).

2.3

Benché la Commissione indichi quali sono i principi che hanno guidato le sue scelte (programma «Legiferare meglio», costo della non Europa, ecc.), il senso dell'urgenza di alcune di tali scelte non sembra essere sempre evidente in tutte le istituzioni europee. In materia di mobilità dei lavoratori, ad esempio, la Commissione annuncia un'iniziativa riguardante il portale EURES, mentre al contempo altre iniziative molto rilevanti in questo stesso campo rimangono in attesa di decisione in sede di Consiglio.

2.4

A giudizio del CESE, la Commissione non ha prestato sufficiente attenzione agli effetti collaterali negativi indesiderati del mercato unico. La regolamentazione di disciplina dei mercati finanziari da parte dell'Unione europea si è dimostrata troppo debole per riuscire a porre un termine a pratiche di vigilanza carenti e per impedire l'emergere di una concezione imprenditoriale finalizzata ai soli interessi di breve termine di un gruppo di azionisti privilegiati. Occorre prestare maggiore attenzione al miglioramento della governance delle imprese. Il rafforzamento della trasparenza e dell'assunzione di responsabilità dovrebbe essere l'obiettivo prioritario fondamentale per far sì che il mercato unico contribuisca a creare un quadro giuridico rispettoso dei legittimi interessi di tutti i soggetti.

2.5

Colpisce il tono risoluto con cui la Commissione afferma che queste nuove dodici leve serviranno a rafforzare la crescita, l'occupazione e la fiducia dei cittadini nel mercato unico. A giudizio del CESE, la storia della creazione del mercato unico insegna che alcune delle misure adottate in passato hanno avuto effetti di vasta portata nel breve periodo. Proclamare a gran voce, e prematuramente, che le misure proposte avranno successo può solo essere fonte di frustrazione per i cittadini europei, soprattutto se dalle valutazioni d'impatto non emergeranno prove solide dell'efficacia di tali azioni. Il risultato potrebbe essere quello di compromettere ulteriormente la realizzazione del mercato unico invece di imprimere nuovo slancio (5). La Commissione dovrebbe dare prova di maggiore realismo comunicando con un linguaggio più equilibrato.

2.6

Purtroppo, né l'Atto per il mercato unico I né il numero II mettono l'accento sull'importanza di infondere fiducia sull'effettivo rispetto dei diritti. Il Comitato attende tuttora con impazienza che venga finalmente messo a disposizione dei consumatori europei un meccanismo efficiente di ricorso giudiziario collettivo. Se da un lato la liberalizzazione dei mercati e l'incremento della concorrenza sono obiettivi chiave della strategia del mercato unico e svolgono un ruolo importante nell'offrire ai consumatori la libertà di scelta, dall'altro questi ultimi hanno bisogno anche di un quadro solido di protezione dei loro diritti per quanto concerne l'acquisto di beni e di servizi e di un'efficace applicazione dei medesimi diritti. Da tutta una serie di studi emerge che l'attuazione dei vari strumenti dell'UE procede troppo lentamente e che l'effettiva applicazione delle norme è tuttora relativamente insoddisfacente, soprattutto nei contesti transfrontalieri: la Commissione europea dovrebbe quindi proporre con urgenza misure vincolanti relative a nuovi strumenti capaci di assicurare tale applicazione.

2.7

È da deplorare il fatto che solo una delle 12 iniziative («leve») venga espressamente presentata come una misura rivolta ai consumatori, benché molte di queste leve abbiano una notevole incidenza sulla vita quotidiana dei consumatori europei (6). Auspichiamo che questo non rispecchi la visione generale della Commissione in materia di politica dei consumatori. È importante concentrare gli interventi su un campo abbastanza vasto, come pure che le iniziative rivolte ai consumatori non siano considerate una semplice appendice della politica per le imprese; piuttosto i consumatori devono essere visti come soggetti autonomi affinché sia possibile creare un mercato unico vantaggioso per tutti (cfr. le relazioni Monti e Grech). Il CESE conviene con la Commissione che nel mercato unico sono tuttora presenti delle potenzialità inutilizzate, anche dopo la pubblicazione delle comunicazioni sulle 50 proposte e sulle prime 12 leve. Dal punto di vista dei consumatori, tuttavia, la Commissione avrebbe potuto, anzi dovuto, insistere maggiormente sul fatto di inserire tra gli obiettivi prioritari anche delle iniziative a favore di tale categoria, come ha già sottolineato il CESE in un precedente parere (7).

2.8

Il Comitato è inoltre sfavorevolmente colpito dal fatto che nella comunicazione non vi sia traccia di una sensibilizzazione al partenariato sociale. Eppure, per recuperare la fiducia dei cittadini non è sufficiente che la partecipazione delle parti sociali alle politiche europee si limiti all'ambito di intervento della DG Occupazione: La consultazione delle parti sociali è indispensabile anche in merito a tutta una serie di attività di competenza della DG Mercato interno e servizi.

2.9

Qualsiasi proposta per le transazioni transfrontaliere dei consumatori dovrebbe essere realizzata in modo graduale, cominciando con le vendite commerciali transfrontaliere tra imprese (B2B), come progetto pilota. In attesa dell'adozione di una proposta per le transazioni tra imprese e consumatori (B2C), non vi dovrebbe essere alcuna ulteriore iniziativa di natura facoltativa relativa ai contratti per vendite commerciali transfrontaliere, come il CESE ha indicato in suoi precedenti pareri.

3.   Le prime dodici leve e le misure mancanti: il quadro della situazione

3.1

La Commissione ha già presentato undici delle dodici proposte legislative relative alle azioni chiave, proposte su cui il CESE ha adottato dei pareri (8). Il Comitato esorta il Parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio ad agire rapidamente ma senza compromettere la qualità degli interventi, per assicurare l'adozione delle proposte legislative prima della scadenza degli attuali mandati del PE e della Commissione, nella primavera del 2014. Gli Stati membri dovrebbero dare adeguata attuazione agli atti legislativi adottati e assicurarne l'effettivo rispetto onde garantire condizioni uniformi per tutti i cittadini; occorre inoltre eliminare le barriere ingiustificate o discriminatorie affinché il mercato unico possa funzionare correttamente.

3.2

Il ritiro della proposta di regolamento «Monti II» non risolve i problemi sollevati dalle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea nelle cause relative al distacco di lavoratori. È necessario trovare una soluzione alla situazione attuale, che impedisce ai lavoratori di esercitare pienamente i loro diritti. Spetta alla Commissione garantire che le libertà economiche non abbiano l'effetto di limitare l'esercizio dei diritti sociali fondamentali. Essa dovrebbe inoltre prendere in considerazione la proposta di allegare ai Trattati un protocollo sul progresso sociale che apporterebbe i seguenti chiarimenti sulla relazione tra diritti sociali fondamentali e libertà economiche, riaffermando che il mercato unico, non è un fine in sé, ma è stato creato per realizzare il progresso sociale per tutti i cittadini dell'Unione (di fatto, in applicazione dell'articolo 3, paragrafo 3, della versione consolidata del Trattato sull'Unione europea); il protocollo dovrebbe altresì affermare esplicitamente che le libertà economiche e le norme sulla concorrenza non possono prevalere sui diritti sociali fondamentali e sul progresso sociale, né possono in alcun modo essere interpretate nel senso di concedere alle imprese il diritto di aggirare o eludere le legislazioni e le prassi degli Stati membri in materia sociale e occupazionale, o a fini di concorrenza sleale in materia di condizioni salariali e lavorative.

3.3

Il CESE ha individuato una serie di misure non contemplate nell'Atto per il mercato unico I che, a suo giudizio, contribuirebbero anch'esse ad accrescere la fiducia dei cittadini. Si tratta tra l'altro delle seguenti misure: revisione della direttiva sul diritto d'autore, riscossione dei diritti d'autore, neutralità della rete, protocollo sul progresso sociale, microimprese e imprese a conduzione familiare, misure di sostegno alla creazione di nuove imprese e allo sviluppo delle imprese esistenti, indebitamento eccessivo e bonifici interbancari, con l'obiettivo di consolidare il funzionamento dell'area unica dei pagamenti in euro (SEPA).

4.   Le dodici nuove leve

4.1   Trasporti

Il CESE accoglie con favore le misure intese a migliorare l'interconnessione tra trasporto ferroviario, marittimo e aereo nel mercato unico, ma ritiene che ad esse faccia difetto un approccio globale, dal momento che la proposta della Commissione non menziona nessuna iniziativa per il trasporto merci su rotaia e il trasporto su strada, che costituisce il segmento maggiore nel settore del trasporto di passeggeri e di merci, né per il trasporto multimodale quale strumento per massimizzare l'efficienza del settore.

4.1.1   Trasporto ferroviario

Il modo in cui la Commissione illustra e difende la privatizzazione del settore ferroviario non tiene conto del fatto che in regioni importanti d'Europa occorre tener presenti anche motivazioni non meramente economiche se si vuole mantenere in vita il trasporto pubblico. Basarsi su un criterio di pura redditività potrebbe intaccare la funzione pubblica dei sistemi di trasporto ferroviario. Per valutare la riuscita o meno di un processo di privatizzazione non basta prendere in esame unicamente i risparmi che ne potrebbero derivare, poiché il criterio fondamentale dovrebbe essere la qualità e la sicurezza per il personale e per tutti i cittadini.

4.1.2   Trasporto marittimo

Realizzare un vero mercato unico dei trasporti marittimi è possibile soltanto se viene garantito un contesto uniforme in rapporto agli altri modi di trasporto: ciò significa intensificare decisamente gli sforzi per una semplificazione degli adempimenti amministrativi - ad es. doganali - per il trasporto marittimo unicamente intra-UE. Le merci UE dovrebbero ricevere un trattamento diverso rispetto a quelle importate da paesi terzi (facendo uso in particolare del manifesto elettronico) al fine di ridurre le pratiche amministrative e di renderne responsabili i trasportatori. Il punto fondamentale è che le merci sottoposte a verifica al loro ingresso nell'UE non devono subire ulteriori controlli in nessun altro porto di destinazione nel territorio dell'Unione.

Queste misure contribuirebbero, da un lato, a creare un settore del trasporto marittimo senza barriere all'interno dell'UE e, dall'altro, a realizzare quello strumento assolutamente necessario che sono le «autostrade del mare», ossia una serie di rotte marittime chiave per collegare i porti dell'Unione combinate ad altri modi di trasporto. Il CESE ha attualmente in preparazione un parere sulla cosiddetta «crescita blu», e presenterà proposte concrete in merito nei primi mesi del 2013.

4.1.3   Trasporto aereo

Benché riconosca l'importanza delle misure proposte dalla Commissione per rimediare all'attuale frammentazione dello spazio aereo europeo, il CESE si rammarica che la revisione del regolamento sui diritti dei passeggeri del trasporto aereo, che prevede l'indennizzo e l'assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, cancellazione del volo o ritardi prolungati, non sia ancora stata presentata. La normativa europea va precisata e aggiornata per quanto concerne il suo ambito di applicazione e l'interpretazione di alcune disposizioni di carattere generale. Il CESE chiede inoltre alla Commissione di presentare una proposta legislativa che imponga alle compagnie aeree di garantire la protezione di tutti i passeggeri in caso di insolvenza della compagnia. Invita infine la Commissione ad agire contro la proliferazione delle clausole contrattuali inique, a rimediare alla mancanza di trasparenza nella fissazione dei prezzi dei biglietti e a tener conto delle difficoltà incontrate dai consumatori nel presentare ricorso, obbligando le compagnie aeree a ricorrere ai sistemi di risoluzione alternativa delle controversie (ADR, alternative dispute resolution) e a rispettare inoltre le decisioni adottate dalle autorità nazionali responsabili del trasporto aereo.

4.2   Energia

In molti Stati membri la mancanza di concorrenza impedisce agli utenti di poter scegliere tra vari fornitori di energia. L'erogazione di servizi a prezzi ragionevoli, un trattamento dei reclami di qualità adeguata, la comparabilità delle offerte e dei prezzi, la possibilità di cambiare fornitore con facilità e la trasparenza delle tariffe e delle condizioni contrattuali sono risultati ancora non acquisiti in tutta Europa. Il CESE invita la Commissione e il Consiglio a vigilare attentamente sui mercati nazionali di fornitura al dettaglio dell'energia e, ove necessario, ad agire tempestivamente per garantire che le misure del terzo «pacchetto energia» vengano efficacemente applicate a vantaggio dei cittadini. È essenziale che ciascuno Stato membro recepisca le disposizioni pertinenti contenute nel terzo pacchetto in modo tale da tutelare le proprie fasce di popolazione più deboli e lottare contro la povertà energetica. L'impegno attivo da parte dei consumatori è un prerequisito indispensabile per assicurare con successo la diffusione dei cosiddetti «contatori intelligenti», i quali possono offrire delle potenzialità in materia di efficienza energetica. Restano tuttavia numerose questioni irrisolte, ad esempio se i benefici potenziali derivanti da questi dispositivi siano davvero superiori ai costi per i consumatori, o ancora problemi di protezione dei dati. Occorre trovare quanto prima una soluzione a questi interrogativi, nell'interesse dell'intera platea degli utilizzatori di energia.

4.3   Mobilità dei cittadini

La Commissione europea difende strenuamente la mobilità, che però non rappresenta un obiettivo in quanto tale. Abbandonare la propria casa e la propria terra non è una decisione facile da prendere e i confronti con gli Stati Uniti non sempre hanno rilevanza. I lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi che attraversano le frontiere spesso sono costretti a fare i conti con il mancato riconoscimento delle loro qualifiche, ad accettare lunghi orari di lavoro e condizioni di lavoro inadeguate, e devono far fronte a problemi di discriminazione, a disparità di trattamento e a barriere linguistiche. Il miglioramento delle condizioni di lavoro e la promozione della parità di trattamento dovrebbero formar parte di una politica europea attiva del mercato del lavoro. Il Comitato denuncia in particolare il fatto che in oltre 20 anni non si siano fatti passi avanti su una questione importante come il riconoscimento delle qualifiche professionali (9). Si dovrebbe incentivare la mobilità di tirocinanti, apprendisti e giovani imprenditori in Europa.

4.4   Accesso ai finanziamenti

Le misure proposte per facilitare l'accesso a fondi d'investimento a lungo termine rappresentano un passo nella giusta direzione, anche se non risolveranno le difficoltà cui sono confrontate le PMI per mancanza di capitale circolante. Le PMI, che costituiscono la spina dorsale dell'economia europea, non dovrebbero essere discriminate per quanto concerne il loro accesso ai finanziamenti a causa dell'imposizione di norme rigide sulle riserve obbligatorie delle banche (10). Il CESE rimanda in proposito a un suo precedente parere sull'accesso delle PMI ai finanziamenti (11). A tale riguardo, il CESE raccomanda di creare strumenti rotativi per la concessione di crediti che consentano alle PMI di accedervi senza che siano richieste eccessive garanzie collaterali (12). Le garanzie per questi crediti dovrebbero essere fornite dalle finanze pubbliche statali o dal bilancio UE. Gli Stati membri dovrebbero prevedere anche altre possibilità, ad esempio offrire per un certo numero di anni esenzioni fiscali e altri tipi di incentivi ai privati o alle famiglie che investono nelle PMI appena avviate o nella loro espansione. Queste misure dovrebbero completare la proposta, contenuta nell'Atto per il mercato unico I, di libera circolazione transfrontaliera del capitale europeo di rischio (European venture capital) destinato alle imprese innovative, ma non risolvono il problema della mancanza di finanziamenti per le altre PMI.

4.5   Contesto imprenditoriale

La proposta di aggiornare la legislazione sulle procedure d'insolvenza è un passo nella giusta direzione poiché consente di migliorare il contesto imprenditoriale, specie nei casi in cui l'obiettivo perseguito è quello di dare agli imprenditori una seconda possibilità. Tuttavia, vi sono ancora troppi adempimenti burocratici che le PMI, e soprattutto le microimprese, non sono in grado di soddisfare. Il Comitato chiede alla Commissione di proseguire gli sforzi di riduzione degli oneri amministrativi e di definire degli obiettivi quantitativi e qualitativi al riguardo. A tale proposito, la valutazione d'impatto andrebbe costantemente migliorata. La valutazione degli oneri amministrativi svolta finora si è concentrata troppo sulle regolamentazioni in quanto tali e, anche per questo motivo, ha assunto un carattere eccessivamente «tecnocratico». La regolamentazione in vigore in uno Stato membro può essere giustamente motivata dall'intento di preservare la qualità del servizio fornito e può quindi essere adottata nell'interesse di tutti i cittadini ed essere conseguentemente utile (13).

4.6   Servizi

Il CESE accoglie favorevolmente il fatto che l'Atto per il mercato unico II preveda la revisione della direttiva sui servizi di pagamento e sottolinea che lo sviluppo di un mercato europeo dei pagamenti competitivo e ben funzionante, vantaggioso per tutti i consumatori e le imprese, dovrebbe essere l'obiettivo primario di tale revisione. È particolarmente importante rendere i servizi di pagamento accessibili ai consumatori, ma è altrettanto essenziale anche garantire che tali servizi siano forniti in modo sicuro, efficiente e a buon mercato. La revisione dovrebbe inoltre vietare la pratica di imporre commissioni ai consumatori per l'utilizzo di metodi di pagamento in tutta l'UE. Coloro che utilizzano gli strumenti di addebito diretto dovrebbero godere di diritti di rimborso senza condizioni, sia per le transazioni autorizzate sia per quelle non autorizzate. I consumatori dovrebbero poter beneficiare di una forte protezione indipendentemente dal metodo di pagamento usato e va tenuto conto delle robuste norme di protezione dei consumatori esterni in alcuni Stati membri. In questo contesto si dovrebbero prendere in considerazione i numerosi vantaggi per tutti i soggetti interessati, come pure l'esigenza che le PMI che offrono questi metodi di pagamento ai loro clienti possano farlo ad un prezzo ragionevole. Il CESE plaude all'intenzione della Commissione di presentare una proposta legislativa sulle commissioni interbancarie multilaterali per i pagamenti con carta.

4.7   Mercato unico digitale

Il CESE approva l'intenzione della Commissione europea di ridurre i costi e incrementare l'efficienza nello sviluppo di infrastrutture di comunicazione ad alta velocità attraverso l'adozione di norme comuni. Il Comitato appoggia la proposta di migliorare la connessione Internet a banda larga ad alta velocità in quanto prerequisito tecnico per l'espansione del commercio elettronico. È importante adottare un modello coerente per le metodologie di costo utilizzate dalle autorità nazionali di regolamentazione in tutta l'UE, onde assicurare che i costi siano equi e vengano calcolati in funzione di standard uniformi. I mercati delle telecomunicazioni, se ben regolamentati, devono dare ai consumatori la possibilità di scegliere. Il fatto di non garantire effettivamente ai nuovi operatori un accesso a parità di condizioni alle reti di nuova generazione significa distorcere o limitare la qualità della scelta dei servizi al dettaglio per i consumatori. Tutti i concorrenti dovrebbero avere accesso alle infrastrutture alle stesse condizioni. Bisogna inoltre garantire l'accesso alle reti a prezzi ragionevoli (ossia basati sui costi) sia ai nuovi operatori che a quelli già presenti sul mercato.

4.8   Fatturazione elettronica negli appalti pubblici

Le imprese chiedono da tempo l'utilizzo della fatturazione elettronica su vasta scala, anche per le attività transfrontaliere. Il Comitato appoggia pertanto con vigore la proposta di un'adozione generalizzata della fatturazione elettronica nel settore degli appalti pubblici. Il modulo elettronico dovrebbe tuttavia entrare in vigore anche per quanto concerne la presentazione delle offerte. La sua assenza è infatti uno dei motivi per i quali solo un modesto numero di PMI straniere partecipa ai bandi di gara per appalti pubblici in un altro Stato membro (cfr. anche il programma di lavoro della Commissione per il 2013).

4.9   Consumatori

4.9.1

Sul mercato UE è ancora possibile trovare prodotti, anche con il marchio CE, non sicuri per i consumatori. Tali prodotti comportano dei rischi per la salute e la sicurezza che potrebbero essere evitati. Il CESE pertanto plaude alla proposta, che verrà presentata dalla Commissione europea, di un pacchetto di misure legislative sulla sicurezza dei prodotti che comprende uno strumento di sorveglianza del mercato unico per tutti i prodotti non alimentari, una proposta di una direttiva riveduta sulla sicurezza generale dei prodotti e un programma quadro pluriennale di sorveglianza del mercato. La revisione dovrebbe fare maggiore chiarezza sul modo in cui le varie normative dell'UE in materia di sicurezza dei prodotti interagiscono le une con le altre. Occorre in particolare rafforzare e chiarire le responsabilità dei fabbricanti. Bisogna assicurare un livello uniforme di applicazione delle norme in tutta l'UE e che le attività di sorveglianza del mercato si rivelino efficaci su tutto il territorio europeo.

4.9.2

È inoltre opportuno affrontare espressamente il problema dei prodotti suscettibili di attirare i bambini e mantenere il divieto dei prodotti che imitano gli alimenti. La politica dell'UE deve costituire un importante passo avanti per la sicurezza e la salute. Si dovrebbe prestare attenzione alla concorrenza sleale esercitata nei confronti delle imprese europee, le quali sono tenute a rispettare le norme dell'UE. La revisione della direttiva sulla sicurezza generale dei prodotti dovrebbe effettivamente proibire la commercializzazione dei prodotti pericolosi, cosa che richiede un sistema europeo di sorveglianza dei mercati che preveda anche controlli efficaci alle frontiere esterne dell'UE.

4.10   Coesione sociale e imprenditoria sociale

4.10.1

Le proposte formulate nella sezione relativa a questo ultimo motore della crescita sono riunite in modo piuttosto forzato sotto un titolo che richiama «l'imprenditoria sociale» e «la coesione sociale». Il CESE riconosce che, in periodi di crisi come quello attuale, è importante concentrare l'azione sulla lotta all'aggravarsi dei fenomeni di esclusione sociale e di povertà. In tale contesto, le imprese sociali vengono messe in risalto come un fattore determinante nella strategia di uscita dalla crisi. Il Comitato deplora la mancanza di un'azione chiave specifica per lo sviluppo e la crescita dell'economia sociale e delle imprese sociali. L'azione chiave n. 12 proposta nella comunicazione non affronta il problema dei crescenti livelli di emarginazione sociale e di povertà in Europa. Il CESE pertanto propone di elaborare un'azione chiave ben definita e mirata alle imprese sociali, sulla base delle raccomandazioni proattivamente formulate dallo stesso Comitato, raccomandazioni che, a suo avviso, consentiranno di tener meglio conto dell'esigenza di una più ampia coesione sociale (14).

4.10.2

Il CESE accoglie favorevolmente la proposta di dare a tutti i cittadini dell'UE l'accesso a un conto di pagamento di base, di garantire la trasparenza e la comparabilità delle spese bancarie per il conto di pagamento e di facilitare il trasferimento di tale conto. Il CESE auspica che, in quest'occasione, la Commissione presenti una normativa vincolante piuttosto che una raccomandazione come quella del luglio dello scorso anno, che è stata aspramente criticata per il suo carattere volontario. Il Comitato osserva che il livello di trasparenza e comparabilità delle spese bancarie sul conto di pagamento per i consumatori è in definitiva assai insoddisfacente, se non addirittura inesistente. La normativa europea proposta dovrebbe garantire a ogni consumatore il diritto di accesso a un conto di pagamento di base ed eliminare tutti gli ostacoli alla possibilità di trasferire il conto di pagamento.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 99.

(2)  http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/3-03122012-AP/EN/3-03122012-AP-EN.PDF

(3)  FLASH-IT, Policy Research Alert n. 5 -Employment (Occupazione), ottobre 2012.

(4)  Comunicato stampa di Eurostat, 31 ottobre 2012.

(5)  Relazione Monti (2010): «In una tale circostanza, si assisterebbe allo sgretolamento dell'integrazione economica, della crescita e dell'occupazione in tutta l'UE, in un momento in cui nuove potenze si affacciano sulla scena internazionale e gravi rischi ambientali gettano ombre sul nostro futuro, rendendo quanto mai necessaria la coesione dell'Unione, nell'interesse dei cittadini europei e di un governo mondiale efficiente».

(6)  Risoluzione del Parlamento europeo del 14 giugno 2012 su «Atto per il mercato unico: i prossimi passi per la crescita».

(7)  GU C 299 del 4.10.2012, pag. 165.

(8)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 99.

(9)  GU C 191 del 29.6.2012, pag. 103.

(10)  Cfr. la quarta direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD IV).

(11)  GU C 351 del 15.11.2012, pag. 45.

(12)  Ad es. la carta Széchenyi (Széchenyi Kártya) in Ungheria, cfr. http://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=0CC8QFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.iapmei.pt%2Fconferencia%2F1_Laslo_Krisan.ppt&ei=DM29UKvHJNGRhQehsoGwDA&usg=AFQjCNHWIFTTA7fbjHyT1ShycR1qL7tKRQ

(13)  Cfr. il parere del CESE GU C 318 del 29.10.2011, pag. 109, punto 3.2.

(14)  La questione è stata evidenziata dal CESE in un altro suo parere: GU C 299 del 4.10.2012, pag. 165.


ALLEGATO

al Parere el Comitato economico e sociale europeo

Il seguente emendamento, che ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni (articolo 39, paragrafo 2, del Regolamento interno):

Emendamento 5 Punto 3.2 Modificare come segue:

Il ritiro della proposta di regolamento "Monti II" non risolve i problemi sollevati dalle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea nelle cause relative al distacco di lavoratori. È necessario trovare una soluzione alla situazione attuale, che impedisce ai lavoratori di esercitare pienamente i loro diritti. Spetta alla Commissione garantire che le libertà economiche non abbiano l'effetto di limitare l'esercizio dei diritti sociali fondamentali. Essa dovrebbe inoltre prendere in considerazione la proposta di allegare ai Trattati un protocollo sul progresso sociale che apporterebbe i seguenti chiarimenti sulla relazione tra diritti sociali fondamentali e libertà economiche, riaffermando che il mercato unico, non è un fine in sé, ma è stato creato per realizzare il progresso sociale per tutti i cittadini dell'Unione (di fatto, in applicazione dell'articolo 3, paragrafo 3, della versione consolidata del Trattato sull'Unione europea); il protocollo dovrebbe altresì affermare esplicitamente che le libertà economiche e le norme sulla concorrenza non possono prevalere sui diritti sociali fondamentali e sul progresso sociale, né possono in alcun modo essere interpretate nel senso di concedere alle imprese il diritto di aggirare o eludere le legislazioni e le prassi degli Stati membri in materia sociale e occupazionale, o a fini di concorrenza sleale in materia di condizioni salariali e lavorative. La Commissione ha presentato due proposte legislative miranti a migliorare e rafforzare il recepimento, l'attuazione e l'applicazione pratica della direttiva sul distacco dei lavoratori. La prima, riguardante l'applicazione della direttiva 96/71/CE, mira ad accrescere la tutela dei lavoratori temporaneamente distaccati all'estero migliorando l'informazione, la cooperazione amministrativa e i controlli. Questa proposta è ancora in discussione. La seconda proposta, sull'esercizio del diritto di promuovere azioni collettive nel quadro della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (Monti II), è stata ritirata.

Per quanto riguarda il principio dell'uguale valore dei diritti sociali fondamentali rispetto alle libertà economiche, il CESE è dell'opinione che il diritto primario in particolare debba garantire tale approccio. Il CESE rammenta che già il terzo considerando del Preambolo e conseguentemente l'articolo 151 del TFUE hanno come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro "che consenta la loro parificazione nel progresso". Esso inoltre chiede con forza che nei Trattati sia incluso un Protocollo sul progresso sociale, allo scopo di sancire il principio dell'uguale valore dei diritti sociali fondamentali rispetto alle libertà economiche, sottolineando così in modo chiaro che né le libertà economiche né le norme in materia di concorrenza possono prevalere sui diritti sociali fondamentali, nonché allo scopo di definire chiaramente l'impatto che ha l'obiettivo dell'Unione di realizzare il progresso sociale  (1).

Motivazione

Sarà presentata oralmente.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

77

Voti contrari

:

114

Astensioni

:

11


(1)  GU C 376 del 22.12.2011, pag 74.


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/31


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un partenariato rafforzato per lo Spazio europeo della ricerca a favore dell'eccellenza e della crescita»

COM(2012) 392 final

2013/C 76/06

Relatrice: RONDINELLI

La Commissione europea, in data 17 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un partenariato rafforzato per lo Spazio europeo della ricerca a favore dell'eccellenza e della crescita

COM(2012) 392 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 gennaio 2013.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 120 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Per il Comitato economico e sociale europeo (CESE), la realizzazione dello Spazio europeo della ricerca (SER) rappresenta un obiettivo prioritario per favorire la crescita e lo sviluppo economico, sociale e culturale dell'UE, nonché l'eccellenza scientifica e la coesione tra Stati membri, regioni e società. La politica di finanziamento prevista nel programma Orizzonte 2020 dovrebbe essere il livello cruciale che consente di raggiungere questo obiettivo.

1.2

Il CESE ha espresso in suoi numerosi pareri (1) la sua visione del SER e ha già avviato con la Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio un dibattito e un confronto approfondito sul tema, pertanto accoglie con favore la Comunicazione.

1.3

Il CESE concorda con la Commissione che indica la crescita come uno degli obiettivi prioritari del SER. Nell'attuale grave crisi economica e sociale, questo riferimento è d'importanza cruciale per la società civile organizzata europea.

1.4

Il CESE crede che la libera circolazione dei ricercatori, della conoscenza scientifica e della tecnologia deve diventare la «quinta libertà» del mercato interno.

1.5

Il CESE considera che la realizzazione dell'area unificata della ricerca sia un processo in continua evoluzione e che la scadenza del 2014 sia troppo ambiziosa, anche considerando che in molti paesi europei si stanno attuando misure di austerità che tagliano gli investimenti nazionali su ricerca e innovazione.

1.6

Il CESE accoglie la proposta di realizzare il SER attraverso un partenariato rafforzato basato sulle buone pratiche piuttosto che per via regolamentare ma esprime preoccupazione rispetto al fatto che i Protocolli d'intesa sottoscritti con le organizzazioni abbiano carattere volontario, non giuridicamente vincolante e informale.

1.7

Il CESE auspica una forte volontà politica che possa sostenere sistemi nazionali di ricerca efficaci e competitivi che potranno essere meglio realizzati attraverso la valutazione inter pares, che dovrà basarsi sulla valorizzazione della qualità dell'équipe di ricerca, delle strutture coinvolte e dei risultati prodotti.

1.8

Il Comitato ritiene che la ricerca finanziata con fondi pubblici debba dare priorità a quei settori che rivestano particolare importanza per il benessere dei cittadini europei e che i fondi pubblici debbano continuare a finanziare progetti nell'ambito di una forte e condivisa cooperazione europea.

1.9

Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per eliminare gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del SER legati all'assenza di un mercato del lavoro europeo dei ricercatori, alle loro condizioni di lavoro, alla loro mobilità e al sistema di sicurezza sociale.

1.10

Il CESE ricorda l'urgenza di cambiare la situazione delle pensioni e dei fondi pensione dei ricercatori che partecipano a progetti transnazionali e di creare un fondo europeo di pensioni complementari per coprire/compensare le perdite derivanti dai passaggi da un paese a un altro e da un sistema di sicurezza sociale a un altro.

1.11

Il Comitato avverte che le nuove iniziative proposte dalla Commissione non dovrebbero compromettere o neutralizzare tutti gli sforzi per ridurre gli oneri amministrativi dei ricercatori all'interno dell'ERA.

1.12

Il CESE ribadisce alla CE e agli Stati membri la necessità di adottare tutte le iniziative volte all'effettiva eliminazione delle discriminazioni, delle disuguaglianze e delle disparità di genere che ancora oggi esistono nel mondo accademico, scientifico e della ricerca. In particolare saluta la decisione di assicurare una presenza femminile pari almeno al 40 % in tutti i comitati coinvolti nella assunzione, nell'elaborazione e/o revisione dei criteri per la valutazione dei progetti, e in quelli che stabiliscono le politiche lavorative nei centri accademici, di ricerca e della scienza.

1.13

Il CESE accoglie con favore la proposta della CE di elaborare una tabella di marcia per lo sviluppo delle e-infrastrutture che sostengano l'e-scienza e rinvia al proprio parere (2) sulla comunicazione (3) in materia di accesso, conservazione e diffusione dei risultati della ricerca e delle conoscenze scientifiche.

1.14

Il CESE sostiene l'appello del mondo della ricerca e della comunità scientifica europea (4) rivolta ai capi di Stato e di governo e ai presidenti delle istituzioni UE per il quale l'Europa non può permettersi di perdere i suoi migliori talenti, ricercatori e docenti, specie se giovani; che i finanziamenti europei sono essenziali per rendere più efficienti ed efficaci quelli nazionali e per migliorare la competitività paneuropea ed internazionale; e quindi chiede che non venga ridotta la relativa voce di spesa nel futuro budget europeo 2014-2020.

1.15

Il CESE ritiene che la preannunciata mappa delle attività da svolgersi nelle aree prioritarie, il Forum per la diffusione e la trasmissione dei risultati dei progetti scientifici e di ricerca e la valutazione finale dei risultati prodotti dalla Comunicazione dovrebbero prevedere il coinvolgimento pieno ed effettivo della società civile coinvolta nel SER.

1.16

Per tutte le motivazioni sopra espresse, il CESE auspica che sia individuato al suo interno un gruppo preposto che diventi punto di riferimento per le istituzioni europee nelle diverse fasi future di valutazione, monitoraggio e presa di decisioni che riguardano la realizzazione del SER.

2.   Introduzione

2.1

Il CESE ha espresso in numerosi pareri la sua visione sul SER, che rimane valida e pertinente; e accoglie favorevolmente la Comunicazione che punta a un partenariato rafforzato che dimostra quanto sia urgente che l'UE e gli Stati membri mantengano ed estendano gli impegni assunti. I progressi negli Stati membri non sono stati omogenei e in alcuni casi continuano a essere lenti. L'aspetto innovativo della Comunicazione risiede nel fatto che allarga la collaborazione tra Commissione e Stati membri alle organizzazioni legate al SER (5). Il CESE ritiene necessaria una cooperazione rafforzata più ampia ed efficace.

2.2

Il CESE condivide il punto di vista della Commissione, secondo cui la realizzazione del SER deve sostenere la crescita economica, l'eccellenza scientifica e la coesione tra regioni, paesi e società. Al contempo deve tener conto e sviluppare la necessaria interazione tra scienza e mercato, tra innovazione e impresa, tra le nuove forme dell'organizzazione del lavoro e un mondo della ricerca sempre più interconnesso.

2.3

Il CESE ritiene che nell'attuale contesto di crisi globale siano necessarie misure più precise ed energiche, sia per superare gli effetti negativi della frammentazione nazionale nell'elaborazione e attuazione delle politiche di ricerca che per ottimizzare le attività che tendono ad aumentare l'efficacia di tali politiche. Le misure devono anche puntare ad aumentare la concorrenza sana e leale e le sinergie transfrontaliere tra i sistemi nazionali di ricerca, a facilitare la carriera del ricercatore, la mobilità e la libera circolazione delle conoscenze (6).

2.4

La consultazione pubblica realizzata in vista dell'elaborazione della Comunicazione ha fatto emergere che:

per i ricercatori, le principali preoccupazioni sono la scarsa attrattiva delle carriere, la limitata libertà di movimento e la mancanza di opportunità per lo scambio di idee;

per le organizzazioni che finanziano e/o conducono attività di ricerca, si devono realizzare sforzi e coordinamenti maggiori e migliori per raggiungere l'eccellenza e per affrontare le attuali grandi sfide in Europa e nel mondo. La cooperazione transfrontaliera e paneuropea e infrastrutture adeguate di accesso a banche dati, a risultati e a pubblicazioni sono elementi indispensabili. La società civile legata alla ricerca deve partecipare maggiormente al processo decisionale del SER;

per il settore privato, si avverte una preoccupazione generale dovuta alla mancanza di ricercatori altamente qualificati e formati. Anche l'industria chiede con forza una maggiore collaborazione tra, da un lato, il settore dell'insegnamento e quello della scienza e, dall'altro, il settore imprenditoriale; le imprese ritengono che il mondo accademico, il settore privato e quello imprenditoriale non collaborino in misura sufficiente;

gli Stati membri e i paesi partner concordano nell'affermare che sono necessarie azioni più concrete tese al completamento del SER e preferiscono un metodo basato sulle buone pratiche rispetto a un eventuale approccio legislativo.

3.   Rafforzare i sistemi di ricerca nazionali per renderli più efficaci, aperti e competitivi

3.1

Il CESE condivide l'idea della Commissione di rafforzare i sistemi di ricerca nazionali attraverso le buone pratiche e concorda che l'assegnazione delle risorse debba essere fatta attraverso inviti pubblici e aperti a presentare proposte valutate da gruppi di esperti (valutazione inter pares  (7)) dello Stato membro in questione, di altri Stati membri o di paesi terzi. La valutazione della qualità delle équipe di ricerca, delle istituzioni partecipanti e dei risultati ottenuti deve servire da base alle decisioni adottate in materia di finanziamento pubblico istituzionale. In molti casi i ricercatori, le équipe, le proposte e i programmi di ricerca non sono ancora valutati secondo standard comparabili, sebbene si tratti di progetti e di ricerche realizzati e finanziati in modo simile. Per il CESE ciò rappresenta una perdita di valore inaccettabile in un momento in cui vari Stati membri riducono sensibilmente le dotazioni di bilancio per la ricerca.

3.2

Il CESE è consapevole che la ricerca europea è una delle migliori del mondo. La ricerca nelle università e istituzioni scientifiche ha permesso alle imprese europee di essere leader e all'avanguardia nello sviluppo delle tecnologie e di occupare posti di primo piano. Per questo motivo il CESE esprime preoccupazione per la conclusione a cui arriva la Commissione nella valutazione d'impatto, in cui afferma che il divario tra l'Europa, gli Stati Uniti, il Giappone e altre economie sviluppate sta diventando sempre più evidente (8). Ciò sembra indicare che l'Europa stia perdendo terreno nella produzione di conoscenze e che i paesi leader nell'innovazione a livello mondiale sopravanzino l'UE-27 in alcuni indicatori. A fronte della crisi globale e al conseguente cambiamento nei rapporti di forza, il CESE ritiene che il SER debba consolidare la preminenza della scienza europea la cui qualità e livelli di eccellenza devono servire da vantaggio competitivo quando si entra in concorrenza con altri attori internazionali.

3.3

Nel 2002, l'UE ha deciso che gli investimenti di tutti gli Stati membri in R&S dovevano raggiungere il 3 % del PIL europeo (9). I ripetuti insuccessi nel raggiungere questo obiettivo e il suo slittamento al 2020 spingono il CESE a domandarsi se questo obiettivo verrà raggiunto. Il CESE concorda che una delle priorità del SER debba essere la crescita, specie nell'attuale grave crisi economica e sociale, ed esprime grande preoccupazione circa i forti tagli alla ricerca che scaturiscomo dalle politiche di austerità.

3.4

Uno dei pilastri dello Spazio europeo dell'istruzione superiore, strettamente legato alla realizzazione del SER, consiste nel promuovere la mobilità per migliorare la formazione di studenti, professori e ricercatori in modo effettivo. Questi tagli renderanno difficile per molti ricercatori trarre beneficio dal SER e parteciparvi pienamente. Il CESE manifesta la propria inquietudine per queste decisioni (10).

3.5

Il CESE ribadisce la propria convinzione secondo cui dei sistemi nazionali di ricerca efficaci e competitivi richiedono una volontà politica forte e esorta l'UE e gli Stati membri a compiere progressi in modo più risoluto e rapido nel far fronte agli impegni assunti.

3.6

Negli ultimi anni la ricerca finanziata con fondi pubblici sembra aver abbandonato settori strategici per il benessere dei cittadini europei che invece dovrebbero rappresentare per il SER ambiti innovativi di ricerca specie nell'ambito di una cooperazione europea condivisa.

3.7

Inoltre il CESE ricorda che per ottimizzare e/o ridefinire il sostegno economico ai sistemi di ricerca nazionali, bisogna sfuggire alla falsa dicotomia tra scienza applicata e scienza di base, dalla quale sembrano essere attratti alcuni Stati membri impegnati a ridurre i loro bilanci. Ciò rappresenta un grave ostacolo nell'accesso a risorse e finanziamenti.

4.   La cooperazione transnazionale

4.1

Nell'UE la cooperazione nella ricerca paneuropea si è concentrata su alcune grandi iniziative (11). Tuttavia soltanto lo 0,8 % degli stanziamenti pubblici (12) per ricerca e sviluppo viene utilizzato per programmi congiunti degli Stati membri, compresi quelli sostenuti o cofinanziati dalla Commissione, malgrado vi siano prove che dimostrano che attraverso la cooperazione transnazionale è possibile migliorare il livello delle attività di R&S, comprendere nuovi settori e ottenere sostegni pubblici e privati per progetti congiunti. Ciò conferma la necessità di un fitto intreccio di reti della conoscenza in tutta l'Europa.

4.2

L'introduzione di nuovi programmi di finanziamento della ricerca - come la sovvenzione di sinergia CER, lanciata nel 2012 che sostiene piccoli gruppi transfrontalieri (e, in generale, interdisciplinari) di ricercatori - può contribuire a dimostrare il valore aggiunto e la complementarità del lavoro in comune, purché tali gruppi siano creativi nella gestione e condividano in modo nuovo conoscenze complementari, capacità e risorse.

4.3

Continuano inoltre a esistere ostacoli e barriere all'accesso degli stranieri ai centri di ricerca nazionali di interesse europeo e l'accesso alle infrastrutture di ricerca paneuropea da parte degli scienziati che lavorano negli Stati membri non partecipanti. In ambedue i casi, l'accesso è accordato sulla base della preferenza nazionale. Il CESE crede che tali difficoltà impediscano la piena realizzazione del SER.

4.4

Il CESE ritiene che l'annunciata mappa delle attività - che evidenzierebbe i punti forti, quelli deboli e le lacune della cooperazione scientifica transnazionale - dovrebbe non solo basarsi sulle informazioni fornite dagli Stati membri, ma anche garantire una partecipazione reale ed effettiva della società civile legata e/o interessata al SER.

5.   Aprire il mercato del lavoro per i ricercatori

5.1   Assunzioni

Nonostante gli sforzi profusi, continuano a esistere barriere ad assunzioni aperte, trasparenti e basate prioritariamente sul merito. Non sempre i criteri di selezione sono debitamente annunciati, né si conoscono le regole per la scelta dei componenti del panel di valutazione, che spesso non sono confrontabili tra Stati membri (per esempio Portale Euraxess). La Commissione segnala che un certo numero di incarichi di ricerca non sono stati conferiti sulla base del merito, sebbene il numero esatto non sia noto (13). La raccomandazione relativa alla Carta europea dei ricercatori, il Codice di condotta per l'assunzione di ricercatori e la Partnership europea per i ricercatori (14) hanno prodotto alcuni effetti positivi a livello nazionale e istituzionale. Tuttavia l'attuazione dei principi della Carta e del Codice rimane troppo lenta. Il CESE teme che l'assenza di un mercato del lavoro dei ricercatori più integrato e che offra maggiori garanzie possa rappresentare un ostacolo difficile da superare per completare il SER entro il 2014.

5.2   Condizioni di lavoro

Le condizioni di lavoro dei ricercatori differiscono notevolmente da uno Stato membro a un altro, e in alcuni casi non risultano sufficientemente interessanti per attrarre i giovani, trattenere i professionisti esperti e richiamare i ricercatori stranieri. I criteri di promozione, le prospettive di carriera e i sistemi di retribuzione variano ancora troppo da paese a paese. Non sempre le istituzioni riconoscono la mobilità come indicatore di rendimento accademico. Nei paesi più colpiti dalla crisi si registra già un notevole aumento nel numero dei ricercatori giovani e/o esperti che cercano alternative, anche al di fuori dell'Europa. La Commissione non può ignorare questa perdita di risorse umane nel settore scientifico e nella ricerca, e il CESE la esorta a adottare misure urgenti e concrete per frenarla, in collaborazione con gli Stati membri.

5.3   Mobilità

Anche le condizioni di portabilità e di accesso delle sovvenzioni e dei finanziamenti costituiscono un ostacolo alla mobilità dei ricercatori, che non sempre possono conservare le proprie sovvenzioni nazionali (è il caso di 13 Stati membri), e non sempre le équipe di ricerca possono includere partner stranieri nei loro progetti nazionali di ricerca, poiché in vari paesi (11 Stati membri) i beneficiari devono essere istituti nazionali. In 4 Stati membri le borse di studio non sono accessibili ai cittadini stranieri.

5.4   Sicurezza sociale

Come già fatto nel suo parere su Orizzonte 2020 (15), il CESE ricorda la necessità urgente di cambiare in meglio la situazione delle pensioni e dei fondi pensione dei ricercatori che partecipano a progetti transnazionali e l'opportunità di creare un fondo europeo di pensioni complementari per coprire/compensare le perdite derivanti dai passaggi da un paese a un altro e da un sistema di sicurezza sociale a un altro. I sistemi previdenziali, che molte volte danno per scontato che i ricercatori lavorino per la stessa organizzazione durante l'intera carriera, tendono a ignorare o semplicemente a scartare gli anni trascorsi svolgendo attività di ricerca in un altro paese. Gli sforzi profusi finora sono chiaramente insufficienti e non sono riusciti a superare quest'ostacolo particolarmente dannoso per i giovani ricercatori.

6.   Piena realizzazione della parità tra donne e uomini. Integrazione della prospettiva di genere nei progetti di ricerca

6.1

Negli ultimi anni si è verificata, praticamente in tutti i settori, un'importante crescita nel numero delle ricercatrici, ma è ancora troppo basso il numero di ricercatrici attive in posizioni accademiche senior, come capi di ricerca di alto livello negli Istituti scientifici e nelle Università (16). Ciò avviene nonostante l'esistenza di prove sufficienti che dimostrano come i gruppi di ricerca misti abbiano un rendimento migliore e beneficino di esperienze più ampie, conoscenze condivise, punti di vista diversi e un più alto livello di intelligenza sociale. La carriera accademica delle donne continua a essere caratterizzata da una forte segregazione verticale e il soffitto di cristallo continua ad essere una realtà al pari della segregazione lavorativa (17).

6.2

Il divario salariale di genere continua a esistere in ambito accademico e nei centri di ricerca, così come in altri settori dell'economia. A questo fenomeno contribuiscono, tra altri fattori, sistemi di descrizione degli incarichi teoricamente «neutrali» ma che ignorano le disparità di genere, la mancata condivisione delle responsabilità familiari e la persistenza della discriminazione, diretta e indiretta (18). Ciò comporta che il potenziale scientifico femminile è sottovalutato e sottoutilizzato, che le donne sono sottorappresentate e che manca un equilibrio di genere nelle decisioni in materia di ricerca e innovazione.

6.3

Non tutti gli Stati membri si sono dotati di politiche nazionali per promuovere l'integrazione di una dimensione di genere nella ricerca e questo mina alla base la qualità e la pertinenza della stessa. Una partecipazione più equa delle donne comporterebbe un aumento della diversità nella riserva di talenti, nella forza lavoro e nel processo decisionale e darebbe una migliore qualità della ricerca. Ciò eviterebbe alti costi economici e perfino errori dovuti all'assenza della prospettiva di genere nella ricerca. L'assenza di miglioramenti sul piano dell'integrazione della dimensione di genere nel contenuto della ricerca avrà conseguenze negative sugli obiettivi che si il SER pone in termini di livelli di eccellenza. Un maggiore coinvolgimento delle donne contribuirà alla crescita socioeconomica europea e a migliorare l'eccellenza, le prestazioni e i risultati della ricerca.

6.4

Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri a raddoppiare i loro sforzi e ad adottare iniziative più efficaci per l'effettiva eliminazione delle disparità di genere che esistono nel mondo accademico, nella ricerca e nella scienza. Occorre in particolare realizzare la promessa di garantire la presenza di almeno un 40 % di donne in tutti i comitati che intervengono nell'assegnazione dei contratti e nell'elaborazione e/o nella revisione dei criteri di valutazione dei progetti o che stabiliscono le politiche del lavoro nei centri accademici, scientifici e di ricerca. L'elaborazione, l'esecuzione e la valutazione dei piani d'azione per la parità di genere nelle università e nei centri di ricerca è un'altra misura che il CESE valuta positivamente, a condizione che le donne partecipino attivamente e pienamente all'intero processo.

6.5

Il Comitato esorta inoltre la Commissione europea a garantire la partecipazione della società civile organizzata all'elaborazione della raccomandazione che conterrà gli orientamenti per le modifiche istituzionali volte a promuovere l'effettiva parità tra donne e uomini nelle università e nei centri di ricerca.

7.   Ottimizzare la diffusione, l'accessibilità e il trasferimento delle conoscenze scientifiche anche tramite gli strumenti digitali

7.1

Nell'aprile 2008 la Commissione ha pubblicato una raccomandazione (19) sulla gestione della proprietà intellettuale nel trasferimento delle conoscenze, che comprendeva un codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca (20). Tuttavia, il codice non è sufficiente per realizzare gli obiettivi della raccomandazione.

7.2

L'accesso alle informazioni scientifiche rappresenta un presupposto fondamentale per una proficua attività di ricerca e un'efficace promozione dell'innovazione e, quindi, anche per la competitività dell'Europa. Esso consente tra l'altro il trasferimento di conoscenze tra ricercatori, tra partenariati di ricerca (in particolare tra il mondo della ricerca e quello delle imprese) e tra ricercatori e cittadini, e si estende al libero accesso alle pubblicazioni. Il CESE si compiace della comunicazione della Commissione in materia (21) e rinvia al proprio parere (22) su tale documento.

7.3

Il CESE approva inoltre l'intenzione di elaborare una tabella di marcia per lo sviluppo delle e-infrastrutture che sostengano l'e-scienza, grazie all'accesso a strumenti e risorse per la ricerca.

7.4

Il CESE invita la Commissione europea a chiedere e a sfruttare appieno la partecipazione delle organizzazioni della società civile europea nel campo della ricerca e della scienza agli scambi periodici che si annunciano nel quadro dell'istituzione di un forum degli Stati membri che funga da punto di riferimento per la diffusione e la trasmissione dei risultati dei programmi e dei progetti scientifici.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 95, del 23.4.2003, pag. 48; GU C 218, dell'11.9.2009, pag. 8; GU C 306, del 16.12.2009, pag. 13; GU C 132, del 3.5.2011, pag. 39; GU C 318, del 29.10.2011, pag. 121; GU C 181, del 21.6.2012, pag. 111; GU C 299, del 4.10.2012, pag. 72; GU C 229, del 31.7.2012, pag. 60; GU C 44, del 15.2.2013; parere CESE sul tema Tecnologie abilitanti; parere CESE sul tema Cooperazione internazionale nelle attività di ricerca e innovazione; parere CESE sul tema Accesso alle informazioni scientifiche – Investimenti pubblici. (Cfr. pagina 43, 48 della presente Gazzetta ufficiale)

(2)  Parere CESE sul tema Accesso alle informazioni scientifiche – Investimenti pubblici.

(3)  COM(2012) 401 final.

(4)  Lettera aperta di 42 Premi Nobel e 5 Fields medaglisti; 23.10.2012 http://erc.europa.eu/

(5)  Il 17.7.2012 la Commissione ha siglato Protocolli d'intesa con the European Association of research and technology organisations (EARTO); Nordforsk; The league of European Research Universities (LERU); The European University Association (EUA); Science Europe.

(6)  COM(2010) 546 final.

(7)  I principi di base fissati negli «Orientamenti volontari sulle condizioni quadro per la programmazione congiunta nella ricerca», ERAC - GPC, 2010.

(8)  Il rapporto «Innovation scoreboard 2011» dell'UE dimostra che gli Stati Uniti, il Giappone e Corea del Sud hanno un rendimento superiore a quello dell'Europa dei 27. Lo spazio occupato dalle economie emergenti come il Brasile, la Cina e l'India è in crescita, e il loro peso in R & S sta raggiungendo una maggiore rilevanza.

(9)  Nel 2008 gli investimenti erano l'1,92 % del PIL europeo mentre negli Stati Uniti erano il 2,79 % (Eurostat, 2008).

(10)  Patrizio Fiorilli, portavoce al Bilancio della Commissione, ha dichiarato nell'ottobre 2012 che saranno tagliati gli stanziamenti del Bilancio comunitario e degli Stati membri per le borse Erasmus.

(11)  Ad esempio i Programmi quadro, l'Agenzia spaziale europea, il Laboratorio europeo di biologia molecolare, l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare.

(12)  Il GBAORD è il criterio che misura gli stanziamenti di bilancio, gli investimenti pubblici e le misure di sostegno che i governi nazionali dedicano alla Ricerca e Sviluppo.

(13)  Ci sono circa 40 000 posti vacanti di ricercatori all'anno, di cui 9 600 per diventare titolari di cattedra universitaria (Technopolis, 2010).

(14)  Per sostenere l'attuazione concreta della Carta e del Codice, nel 2008 la CE ha lanciato la «Strategia delle risorse umane per integrare la Carta e il Codice di ricercatori» e ha istituito nel 2009 un «Gruppo di strategia istituzionale per le risorse umane» per costituire una piattaforma per lo scambio delle migliori pratiche tra gli attori interessati in tutta Europa.

(15)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 111.

(16)  Le donne rappresentano il 45 % dei dottorati, ma soltanto il 30 % dei ricercatori attivi, cifra che scende al 19 % negli incarichi superiori del mondo accademico. In media, solo il 13 % degli istituti scientifici o di ricerca di alto livello è diretto da donne, e solo il 9 % delle università. She Figures Preliminary data 2012, «Gender in Research and Innovation: statistics and indicators», del Gruppo di Helsinki Donne e Scienza - Commissione europea http://ec.europa.eu

(17)  La percentuale di studentesse universitarie (55 %) e laureate (59 %) è più elevata di quella degli uomini, ma questi ultimi sono più numerosi ai livelli superiori. Le donne rappresentano soltanto il 44 % del personale accademico di grado inferiore, il 36 % degli associati e il 18 % dei professori ordinari.

(18)  La risoluzione del Parlamento europeo del marzo 2012 sottolinea che il divario salariale resta elevato. In media, le donne nell'UE guadagnano il 17,5 % in meno degli uomini mentre rappresentano il 60 % dei nuovi laureati.

(19)  C(2008) 1329.

(20)  Il fine di questo documento era di fornire agli Stati membri e ai soggetti interessati un insieme di pratiche e di politiche per stimolare il trasferimento delle conoscenze, che tuttavia continua a essere insufficiente. D'altronde, il numero di addetti (per esempio, nei dipartimenti delle università dedicati alla diffusione e al trasferimento delle conoscenze) con esperienza nel settore industriale è significativamente più basso in Europa che in altre parti del mondo; e solo il 5-6 % dei ricercatori dell'UE è passato dal settore pubblico al privato o viceversa.

(21)  COM(2012) 401 final.

(22)  Parere CESE sul tema Accesso alle informazioni scientifiche – Investimenti pubblici.


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Politica industriale della sicurezza — Piano d'azione per un'industria della sicurezza innovativa e competitiva»

COM(2012) 417 final

2013/C 76/07

Relatore: PEZZINI

La Commissione europea, in data 26 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo - Politica industriale della sicurezza - Piano d'azione per un'industria della sicurezza innovativa e competitiva

COM(2012) 417 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 gennaio 2013.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene essenziale una politica europea integrata per il settore industriale della sicurezza, basata su un approccio coordinato alle sfide del settore, su una strategia comune e su una visione condivisa del suo sviluppo competitivo, in un mercato europeo unificato.

1.2

Per assicurare condizioni di rilancio competitivo del settore (inteso come industria della sicurezza tradizionale e industria della difesa orientata alla sicurezza, ma in cui sono entrati anche nuovi operatori, perlopiù imprese che applicano le rispettive tecnologie per uso civile anche al settore della sicurezza e imprese che forniscono servizi di sicurezza), il cui bacino occupazionale e di utenza è vasto e promettente, il CESE ritiene indispensabile lo sviluppo di:

una dimensione interna di piena interoperatività del mercato unico: sostenendo, con un quadro regolamentare, tecnico-normativo e procedurale, un adeguato livello di risorse dedicate, una strategia unitaria di sviluppo, notevoli investimenti in ricerca e innovazione;

azioni prioritarie per tipologie di prodotti e di servizi in ragione della capacità di risposta a regolamentazioni e procedure armonizzate;

dimensione di accesso affidabile ai mercati internazionali, con una miglior tutela internazionale dei diritti di proprietà industriale (IPR), liberalizzazioni ai mercati, sia commerciali che di appalto pubblico, con una strategia integrata di politica industriale;

parità di accesso alle rotte marittime, in modo da consentire a tutti i fabbricanti europei di esportare i loro prodotti nei mercati internazionali;

azioni integrate e comuni nei vari settori della sicurezza e della protezione civile;

dimensione sociale ed etica delle applicazioni tecnologiche di sicurezza; sin dalla loro concezione, per garantirne l'accettazione sociale, con piena tutela della privacy dei cittadini;

dimensione formativa e professionale delle risorse umane, dedicate alla concezione, installazione, manutenzione e funzionamento applicativo delle tecnologie di sicurezza, che devono essere incentrate sul rispetto della dignità e delle libertà dell'essere umano e sul diritto alla salvaguardia della sua dignità.

1.3

Il CESE condivide le iniziative del piano d'azione ma in un quadro di cooperazione e coordinamento più forte, incentrato anche su tipologie di prodotto, sulla base di statistiche adeguate, dettagliate ed affidabili, anche sotto il profilo produttivo, occupazionale e dimensionale delle imprese del settore.

1.4

Il CESE raccomanda coordinamento, convergenza dei sistemi di gestione dell'informazione, e garanzie di interoperabilità.

1.5

Il CESE sostiene con forza il rafforzamento delle possibilità di governare e anticipare nuovi scenari competitivi e prospettive d'accesso a risorse finanziarie istituzionali, anche attraverso esercizi di foresight partecipativi, a livello europeo.

1.6

Il collegamento della dimensione sociale ed etica deve essere trasparente e garantito in tutte le fasi, dalla concezione alla standardizzazione e all'applicazione tecnologica sul terreno. Nuove tecnologie e normative devono integrare, sin dall'origine la tutela dei diritti fondamentali del cittadino, specie quelli che si riferiscono alla privacy e alla protezione dei dati personali.

1.7

È necessario uno sforzo dell'UE e un coordinamento degli sforzi nazionali, per assicurare una formazione e un inquadramento delle risorse umane che consenta di erogare servizi professionali di qualità, rispettosi dell'individuo e al passo con l'applicazione di tecnologie avanzate, in un regime di piena interoperatività.

2.   Introduzione

2.1

L'industria della sicurezza costituisce un settore strategico con applicazioni civili e militari vicine e interrelate, e rappresenta un punto di incontro ideale tra ricerca scientifica, l'innovazione tecnologica e le applicazioni avanzate.

2.2

Tale industria è per sua natura technology-driven con un flusso costante di nuove tecnologie. I prodotti e i servizi del settore sono diversificati, presentano alti gradi di obsolescenza e richiedono elevate performance tecnico-scientifiche.

2.3

Il mercato dell'industria della sicurezza UE ha un valore stimato fino a 36,5 miliardi di euro con circa 180 mila posti nell'UE, mentre a livello mondiale il settore è passato, nell'ultimo decennio, da 10 a 100 miliardi di euro nel 2011. Esso comprende i settori della sicurezza aerea, marittima, dei trasporti in generale, delle frontiere, la protezione delle infrastrutture critiche, l'intelligence antiterroristica (inclusa la sicurezza informatica e delle comunicazioni e la cyber-dimensione), la sicurezza fisica, la gestione delle crisi e gli indumenti di protezione.

2.4

A questi settori va aggiunta l'industria spaziale della sicurezza, con le sue molteplici applicazioni.

2.5

In Europa il mercato dei prodotti spaziali per la sicurezza risulta fondato su grandi gruppi multinazionali, che operano a livello europeo e dei singoli Stati membri, in ambito civile e commerciale, con una domanda per il 40 % commerciale e per il 60 % istituzionale.

2.6

Malgrado gli andamenti di mercato siano in continua crescita e non segnati da rallentamenti economici della crisi internazionale, l'industria della sicurezza UE si confronta con un mercato interno molto frammentato e con una base industriale indebolita da quadri normativi e standard tecnico-normativi nazionali che differiscono notevolmente, mentre gli sforzi compiuti in materia di ricerca e appalti pubblici – malgrado gli interventi unionali in materia, ad esempio nel 7PQ – sono ancora in gran parte confinati nei singoli Stati membri.

2.7

L'UE è tenuta a garantire la sicurezza dei suoi cittadini e delle sue imprese e della società nel suo insieme in numerosi ambiti, dalla protezione civile contro le calamità naturali alla tutela della catena alimentare, dalla prevenzione e lotta al terrorismo alla salvaguardia dai rischi chimici, biologici, radiologici, nucleari ed esplosivi.

2.8

Il settore industriale della sicurezza è cruciale per il futuro ed è particolarmente rappresentativo delle sfide e delle opportunità che l'Europa ha davanti: molte imprese europee, grazie al loro livello tecnologico, sono tra i leader mondiali in vari segmenti del settore, ma rischiano di perdere quote di mercato rispetto ai loro principali partner commerciali.

2.8.1

Sono necessarie basi statistiche adeguate, dettagliate ed affidabili anche sotto il profilo produttivo, occupazionale e dimensionale delle imprese del settore.

2.9

La gestione delle imprese del settore della sicurezza si caratterizza per un elevato grado di complessità, determinato da una serie di variabili:

omogeneità, trasparenza e accessibilità dei mercati,

strategie e visioni; accesso a risorse finanziarie,

quadri normativi, standard tecnici, procedure armonizzate e tutele in materia di diritti di proprietà industriale (IPR),

performance tecnologiche e operative,

possibilità di governare e anticipare nuovi scenari competitivi.

2.10

Per assicurare condizioni di rilancio competitivo dell'industria europea del settore, il CESE ritiene indispensabile che il mercato interno europeo assicuri:

una dimensione interna di piena interoperatività del mercato unico, riducendo la frammentazione, sia dei mercati nazionali, sia degli investimenti in ricerca e innovazione;

una dimensione esterna di accesso ai mercati internazionali, rimediando all'insufficiente tutela internazionale degli IPR ed alle restrizioni all'accesso ai mercati sia commerciali che di appalto pubblico, e attuando, anche in questo settore, una più aggressiva «strategia integrata di politica industriale nella sua dimensione esterna, che assicuri un ruolo guida dell'Unione nel sistema commerciale e unicità di indirizzi negli accordi commerciali multilaterali e bilaterali» (1);

parità di diritti, per i fabbricanti europei, di esportare materiale militare in paesi terzi. Nel mercato unico non dovrebbero esservi discriminazioni nei confronti dei fabbricanti che, essendo stabiliti in Stati membri senza accesso diretto al mare, devono ottenere «licenze di transito» per poter trasportare i loro prodotti fino al porto marittimo di un altro Stato membro;

una dimensione sociale ed etica delle applicazioni tecnologiche di sicurezza, sin dalla loro concezione, per garantirne l'accettazione sociale, con piena tutela della privacy dei cittadini e dei loro diritti fondamentali, unita alla protezione dei dati confidenziali;

una dimensione produttiva e di servizi non intrusiva nella vita privata, ma che permetta percorsi vincenti sia sul piano delle sviluppo delle risorse umane sia nelle proiezioni internazionali, incoraggiando le grandi imprese, le imprese nascenti e le piccole e medie imprese, anche attraverso consorzi in reti e la valorizzazione dei distretti, al fine di ottenere masse critiche concorrenziali adeguate.

2.11

A livello globale, il concorrente di gran lunga più importante è rappresentato dagli Stati Uniti d'America, che beneficiano di un quadro giuridico armonizzato, di standard comuni e di una forte domanda pubblica federale (2), con un mercato interno consolidato che rappresenta oltre il 42 % del fatturato mondiale e con aziende all'avanguardia nelle attrezzature tecniche di sicurezza. Il Giappone e Israele dispongono di aziende di punta in alcune specifiche attrezzature avanzate, specie nei comparti dell'informatica e delle comunicazioni, mentre la Russia e la Cina mostrano tassi di sviluppo elevati nei comparti tradizionali della protezione della sicurezza fisica.

2.12

In questo quadro mondiale, il CESE sottolinea la necessità di una politica industriale europea proattiva per il settore della sicurezza, che rifletta meglio l'equilibrio tra le capacità del settore, un quadro tecnico normativo IPR, e, soprattutto, tipologie di prodotti, servizi e sistemi che possano rispondere a standard comuni, a regolamentazioni e a procedure armonizzate, come:

sistemi di controllo d'accesso,

hardware e software di scansione (scanning),

sistemi e strumenti di protezione,

sistemi e strumenti di identificazione e di interpretazione della realtà,

sistemi e strumenti di sorveglianza e tracciabilità,

sistemi di allarme,

mentre, per i prodotti «sensibili», le condizioni di regolamentazione e d'accesso e sono sottoposte a valutazioni e accordi, caso per caso, per mantenere i livelli di qualità, e di sicurezza.

2.13

Il CESE ha sottolineato, a più riprese, la necessità di sviluppare politiche in materia di sicurezza delle reti e dell'informazione, elementi che risultano essenziali per l'Agenda digitale europea.

2.14

Il CESE si è già espresso sugli aspetti cruciali della sicurezza aerea (3), marittima (4) e dei trasporti terrestri (5), nonché sulla gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (6), sottolineando il ruolo dell'Agenzia Frontex e la necessità di un approccio globale in fatto di sicurezza delle frontiere e di lotta contro l'«immigrazione clandestina‧'.

2.15

Quanto al monitoraggio spaziale dell'ambiente e la sicurezza, il Comitato ha sottolineato l'importanza dei satelliti Sentinel e GMES e del sistema di navigazione satellitare Galileo (7).

2.16

Varie ricerche hanno sottolineato l'importanza di progetti dimostrativi di tecnologie della sicurezza nel settore dei rischi chimici, biologici, radiologici, nucleari ed esplosivi (CBRNE).

2.17

Il Settimo programma quadro (PQ) è stato il primo a prevedere un programma di ricerca specifico in materia di sicurezza, con un budget di 1,4 miliardi di euro, incentrato solo su progetti di applicazioni civili e sviluppo di tecnologie e conoscenze destinate a proteggere i cittadini dell'UE (8), nel rispetto della loro privacy e dei diritti fondamentali.

2.18

Secondo il CESE, occorrerebbe facilitare l'uso di tecnologie ibride civili/militari, sviluppando standard adeguati in cooperazione con l'Agenzia europea per la difesa, e sostenere, con più forza e risorse, la tematica «Sicurezza» anche tra le tecnologie abilitanti del nuovo PQ di ricerca e innovazione (9), incoraggiando progetti dimostrativi e di prototipazione pilota.

2.19

La Commissione ha posto l'industria della sicurezza tra gli elementi essenziali dell'iniziativa faro Europa 2020 «Una politica industriale integrata per l'era della globalizzazione », sulla quale il Comitato ha già avuto modo di pronunciarsi (10).

2.20

Il CESE ritiene essenziale varare una strategia europea unitaria di approccio integrato del settore dell'industria della sicurezza, perché la sicurezza è tra le preoccupazioni principali della società attuale, rappresenta un elemento basilare per la crescita e l'occupazione e richiede sforzi congiunti e visioni condivise, tra tutti gli Stati membri, per rafforzare la competitività.

3.   Sintesi del documento della Commissione

3.1

La comunicazione illustra l'importanza strategica dell'industria della sicurezza e definisce le principali azioni per rendere innovativa e competitiva l'industria europea della sicurezza attraverso le quali la Commissione intende accompagnare tale processo.

3.2

Il piano d'azione proposto individua le seguenti linee direttrici:

superamento della frammentazione del mercato interno UE attraverso procedure di certificazione e norme tecniche armonizzate per le tecnologie della sicurezza e mutuo riconoscimento dei sistemi di certificazione;

ricerca e innovazione più efficiente e vicina alle imprese, attraverso mandati tecnico-normativi in accordo con l'AED per «standard ibridi» validi per la R&S sia di sicurezza che di difesa e l'uso delle nuove norme di proprietà intellettuale e degli appalti pre-commerciali, previsti da Orizzonte 2020 nonché dei finanziamenti del futuro Fondo sicurezza interna per test di convalida rapida di tecnologie di sicurezza;

integrazione della dimensione sociale e della privacy;

accesso ai mercati: norme export per l'apertura dei mercati degli appalti pubblici dei paesi terzi ed eliminazione di barriere tecniche, e studio d'un marchio di sicurezza europeo per i prodotti; studio di limitazioni di responsabilità civile, come previste dall'US Safety Act (attuazione: 2012/2013).

3.3

La Commissione intende creare un gruppo di monitoraggio per verificare lo stato di avanzamento delle misure proposte secondo scadenze precise.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il Comitato ritiene che, per i cittadini europei, per le imprese e per i lavoratori dell'Unione, per la società europea nel suo insieme e per lo sviluppo di una economia competitiva e sostenibile, sia essenziale definire, a livello UE, un approccio integrale e coordinato alle sfide della sicurezza e dello sviluppo del relativo settore industriale europeo, elaborando una strategia complessiva dell'UE in materia di sistemi di sicurezza che ponga al centro l'individuo e la sua dignità, per soddisfare bisogni primari di libertà e di sicurezza.

4.2

Secondo il CESE occorre tenere in maggiore considerazione il valore aggiunto delle agenzie già istituite, quali l'AED (Difesa), Frontex (frontiere esterne), EUROPOL (pubblica sicurezza), l'ENISA (sicurezza informatica), l'AESA (sicurezza aerea), l'EMSA (sicurezza marittima) e l'EFSA (sicurezza alimentare), nonché dei sistemi d'allerta, quali il RAPEX (Sistema europeo di allarme rapido sicurezza prodotti) e l'ECA di Helsinki (Sistema prodotti chimici/REACH).

4.3

Il CESE condivide l'analisi della Commissione riguardo alla necessità di sfruttare appieno le posizioni di punta di molteplici imprese europee del settore, assicurando in modo proattivo un mercato interno europeo realmente unificato e percorribile, senza ostacoli di frammentazione, e promuovendo un settore che rappresenta un bacino produttivo e di servizi vasti e promettenti da un punto di vista occupazionale.

4.4

Il CESE ritiene però che sarebbe opportuno spingersi più in là nella definizione di un piano d'azione europeo, per affrontare il varo di una vera e propria strategia comune europea per il settore industriale della sicurezza, con una visione comune, una piattaforma europea che raggruppi i vari aspetti della sicurezza e una governance in grado di assicurare un effettivo coordinamento unitario.

4.5

Tale strategia d'approccio integrato potrebbe concretizzarsi in una piattaforma virtuale, che inglobi le tematiche etiche e di governance, gli aspetti intersettoriali e l'interoperatività.

4.6

Secondo il CESE è necessario colmare il divario di comprensione tra decisori politici e industria, anche attraverso il rafforzamento di iniziative come l'European Security Congress e una piattaforma di dialogo permanente come il Security Policy Forum.

4.7

Per superare la frammentazione del mercato interno europeo, si dovrebbe procedere a:

una cooperazione e un coordinamento orizzontali nel campo della sicurezza, all'interno e tra le istituzioni dell'UE e le sue agenzie, per assicurare la piena interoperatività dei prodotti e delle procedure, accompagnati da un coordinamento verticale tra i livelli d'intervento;

un esercizio di foresight partecipato, per definire una visione comune condivisa;

un sistema di governance che associ pubblico e privato.

4.8

Secondo il Comitato, occorre, oltre che inserire la dimensione sociale sin dalla concezione di prodotti, servizi e sistemi, attuare meccanismi che facciano partecipare le parti sociali e la società civile organizzata al monitoraggio del rispetto della dimensione sociale e etica dello sviluppo della sicurezza e delle sue applicazioni tecnologico-produttive.

4.8.1

L'attribuzione dei mandati tecnico-normativi, in accordo con l'AED, dovrebbe avvenire secondo i principi della nuova politica di standardizzazione, con pubblicità e trasparenza del programma annuale di lavoro, con la piena partecipazione delle parti sociali e delle rappresentanze della società civile organizzata, con l'elaborazione di specifiche utilizzabili per appalti rispettose dei principi di apertura, consenso, trasparenza, rilevanza, neutralità e qualità (11).

4.8.2

Il CESE condivide l'approccio proposto in tema di mutuo riconoscimento dei sistemi di certificazione, nella misura in cui si realizzino livelli comuni di competenza degli organismi di certificazione accreditati, nonché criteri di selezione più rigorosi e delle procedure di selezione armonizzate, per le valutazioni di conformità (12).

4.9

Il Comitato ritiene importante il riconoscimento normativo delle tecnologie a uso duale per stimolare tecnologie ibride ad uso congiunto civile/militare, ma sostiene ancor più il rafforzamento, sia finanziario sia di contenuti, nell'ambito della priorità Tecnologie abilitanti, prevista in Orizzonte 2020, unitamente agli interventi del futuro Fondo sicurezza interna.

4.9.1

In tema di proprietà industriale e intellettuale, pur essendo certamente importanti le impostazioni innovative previste per Orizzonte 2020, occorre rafforzare le tutele IPR in sede OMC e nell'ambito degli accordi europei bilaterali e multilaterali d'associazione, con particolare attenzione alle clausole di limitazione di responsabilità e di accesso ai mercati pubblici esteri.

4.9.2

Il CESE concorda sull'utilità di utilizzare appieno le nuove possibilità offerte dallo strumento degli appalti pre-competitivi, previsto da Orizzonte 2020.

4.10

Il CESE condivide appieno il rafforzamento della dimensione sociale ed etica nelle norme che regolano il settore industriale delle tecnologie della sicurezza.

5.   Osservazioni particolari

5.1

Superamento della frammentazione del mercato per tipologie di prodotto. Il CESE raccomanda priorità d'azione, non per settori, ma per tipologie di prodotti che possano più agevolmente rispondere ad esigenze del mercato unico, attraverso regolamentazioni e procedure armonizzate, in ragione delle loro alte potenzialità di mercato e del loro impatto su una larga fascia di cittadini e di lavoratori, con particolare riguardo alla promozione dello sviluppo delle PMI, sia sotto il profilo delle risorse finanziarie e di ricerca che sotto quello organizzativo.

5.2

Ricerca e innovazione, IPR e appalti. Il CESE chiede un rafforzamento dei fondi UE dedicati alle tecnologie di sicurezza in Orizzonte 2020, accompagnato da una forte presenza nelle tematiche di «Tecnologie Abilitanti»; il rafforzamento dei progetti comuni di interoperatività dedicati alla sicurezza nel Programma ISA (13); l'applicazione delle esenzioni al settore, nel regime di aiuti di stato all'innovazione; la verifica dell'effettiva applicazione delle direttive CE/2004/18-CE/2009/81 e degli strumenti d'appalto pre-competitivo all'industria della sicurezza; più cooperazione pubblico/privato e civile/militare e l'agevolazione delle strategie di fusione e raggruppamento transnazionale di imprese; l'armonizzazione delle norme di «Third party limited liability protection-TPLL»; migliori normative interne IPR.

5.3

Accesso ai mercati esteri. Il CESE ritiene che occorra rafforzare le azioni di politica estera integrate e comuni, nei settori industriali della sicurezza, potenziando le tutele IPR in sede OMC e di accordi europei bilaterali e multilaterali d'associazione, garantendo la parità d'accesso ai mercati esteri e agli appalti pubblici su base di reciprocità, aumentando il peso dell'azione europea nella standardizzazione internazionale e lanciando un marchio di qualità Euro Security Label.

5.4

Dimensione sociale ed etica. Tutti i sistemi/prodotti/servizi di sicurezza devono rispettare le libertà e i diritti fondamentali dei cittadini, specie il diritto alla confidenzialità, e contribuire al progresso economico e sociale, al commercio sicuro e al benessere e sicurezza delle persone. Gli sviluppi tecnologici devono consentire di incrementare ab origine la tutela dei dati personali e la confidenzialità, fornendo – col sostegno del dialogo pubblico/privato – strumenti per un'applicazione trasparente e responsabile della legge che deve avere al centro la tutela dell'uomo.

5.5

Dimensione formativa, d'inquadramento e inserimento di risorse umane qualificate e in linea con i requisiti di sicurezza e di applicazione di tecnologie di sicurezza avanzate, in grado di erogare, in regime di piena interoperatività, servizi professionali di qualità, rispettosi dell'individuo e della sua dignità.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. GU C 218 del 23.7.2011, pag. 25.

(2)  Cfr. Homeland Security Act of 2002 e US Safety Act of 2002.

(3)  Cfr. GU C 100 del 30.4.2009, pag. 39, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 142.

(4)  Cfr. GU C 44 del 11.2.2011, pag. 173.

(5)  Cfr. GU C 65 del 17.3.2006, pag. 30.

(6)  Cfr. GU C 44 del 11.2.2011, pag. 162 e GU C 191 del 29.6.2012, pag. 134.

(7)  Cfr. GU C 256 del 27.10.2007, pag. 47, GU C 256 del 27.10.2007, pag. 73 e GU C 181 del 12.6.2012, pag. 175.

(8)  A metà del suo percorso, il 7PQ aveva già finanziato oltre 130 progetti di ricerca in materia di sicurezza. La Commissione europea ha pubblicato un catalogo di progetti di successo finanziati dal 7PQ.

(9)  Cfr. INT/651 Tecnologie abilitanti.

(10)  GU C 218 del 23.7.2011, pag. 38.

(11)  Cfr. GU C 68 del 6.3.2012, pag. 35.

(12)  Cfr. GU C 120 del 16.5.2008, pag. 1.

(13)  ISA – Interoperability Solutions for European Public Administrations 2010-2015.


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/43


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Potenziare e concentrare la cooperazione internazionale dell'UE nelle attività di ricerca e innovazione: un approccio strategico»

COM(2012) 497 final

2013/C 76/08

Relatore: WOLF

La Commissione europea, in data 14 settembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Potenziare e concentrare la cooperazione internazionale dell'UE nelle attività di ricerca e innovazione: un approccio strategico

COM(2012) 497 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 gennaio 2013.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 133 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Sintesi

1.1

In un contesto globale, il successo della ricerca e dell'innovazione è cruciale per la competitività europea - che costituisce la base dell'occupazione, delle prestazioni sociali e del benessere. Il programma Orizzonte 2020 contiene una serie di urgenti misure di sostegno previste dall'UE a tal fine. La cooperazione internazionale con partner in paesi terzi ne è una componente.

1.2

La cooperazione internazionale ha numerosi effetti positivi sui progressi compiuti nel settore dai partner interessati e sull'intesa fra i popoli.

1.3

Tuttavia, il beneficio che l'Europa può trarne dipende in maniera decisiva dall'attrattività dello Spazio europeo della ricerca (SER), nonché dal prestigio e dal rendimento delle università, degli organismi di ricerca e delle imprese (incluse le PMI) europee. Creare, a livello europeo, le condizioni necessarie affinché ciò avvenga rappresenta uno dei principali obiettivi della strategia Europa 2020.

1.4

A fronte dell'attuale crisi finanziaria ed economica, risulta ancora più urgente attuare una politica europea anticiclica e adottare tutte le misure finanziarie e strutturali necessarie a rafforzare e rendere attrattivo il SER, le sue fondamenta e la sua dimensione internazionale, preservandolo al contempo dai tagli. Il bilancio destinato a Orizzonte 2020 non deve divenire la moneta di scambio di interessi divergenti.

1.5

L'obiettivo principale degli accordi quadro conclusi con i paesi partner dovrebbe essere quello di garantire parità di condizioni (level playing field) con diritti e doveri reciproci. Per il resto, le disposizioni europee non dovrebbero limitare i partner della cooperazione più di quanto sia strettamente necessario alla salvaguardia degli interessi europei. La creatività ha bisogno di spazio!

1.6

Conformemente al principio di sussidiarietà, gli accordi di cooperazione relativi a un dato progetto devono essere conclusi dai soggetti che partecipano in prima persona al progetto stesso, o che ne sono responsabili come organizzazione.

1.7

Le infrastrutture di ricerca e i progetti dimostrativi di grandi dimensioni possono superare la capacità e il potenziale di utilizzo di un singolo Stato membro (e forse anche dell'intera UE) e richiedono, se del caso, la partecipazione diretta della Commissione.

1.8

Premesse fondamentali per il successo dei progetti di cooperazione internazionale sono l'affidabilità, la continuità e il mantenimento di riserve per tutta la loro durata. A tal fine occorre adottare dei provvedimenti particolari, oltre a garantire e incentivare una sufficiente mobilità degli esperti interessati.

1.9

La cooperazione internazionale non è fine a se stessa: essa unisce gli operatori che vi partecipano e trova giustificazione nel valore aggiunto che si prevede possa apportare. È importante garantire che non si trasformi in un vettore della politica estera della Commissione.

1.10

I criteri fondamentali della cooperazione internazionale devono essere l'interesse proprio dell'UE e il rafforzamento dello Spazio europeo della ricerca e della capacità innovativa europea. Le cooperazioni con partner provenienti da paesi ancora in via di sviluppo, e sovvenzionate con le risorse europee, andrebbero pertanto finanziate di preferenza con i bilanci destinati agli aiuti allo sviluppo.

1.11

Per i partner europei della cooperazione, il fatto che non esista ancora un brevetto europeo a tutela della proprietà intellettuale rappresenta un grave svantaggio economico. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esorta pertanto il Parlamento, la Commissione e il Consiglio a sostenere l'iniziativa prevista per l'introduzione di un brevetto europeo con effetto unitario e a uscire finalmente dall'impasse. In questo contesto, sarebbe inoltre opportuno introdurre in Europa un periodo di grazia che non pregiudichi la novità brevettuale.

1.12

Le informazioni sull'attuazione dell'approccio strategico andrebbero ottenute senza ricorrere a nuovi strumenti, bensì avvalendosi ad esempio dei dati rilevati nell'ambito del semestre europeo.

2.   Sintesi della comunicazione della Commissione

2.1

La comunicazione della Commissione presenta le ragioni, gli obiettivi strategici e alcune pratiche della cooperazione internazionale nelle attività di ricerca, sviluppo e innovazione. Per cooperazione internazionale si intende la cooperazione con i partner non europei.

2.2

Gli obiettivi perseguiti sono i seguenti:

a)

rafforzare l'eccellenza e l'attrattiva dell'Unione nel campo della ricerca e dell'innovazione nonché la sua competitività economica e industriale, accedendo a fonti esterne di conoscenze; attirando talenti e investimenti nell'Unione; facilitando l'accesso a mercati nuovi ed emergenti; stabilendo pratiche comuni per lo svolgimento della ricerca e lo sfruttamento dei risultati;

b)

affrontare le sfide sociali di livello mondiale, sviluppando e attuando più rapidamente soluzioni efficaci e ottimizzando l'uso delle infrastrutture di ricerca;

c)

sostenere le politiche esterne dell'Unione, stabilendo una stretta collaborazione con le politiche in materia di allargamento, vicinato, commercio, politica estera e di sicurezza comune (PESC), nonché le politiche di aiuto umanitario e di sviluppo e integrando la ricerca e l'innovazione in una serie di strumenti per l'azione esterna.

2.3

Il nuovo approccio strategico per la cooperazione internazionale in materia di ricerca e innovazione sarà caratterizzato da:

la piena apertura dell'iniziativa Orizzonte 2020 a partecipanti di paesi terzi, che consentirà ai ricercatori europei di collaborare con le menti più brillanti di tutto il mondo;

iniziative di cooperazione internazionale mirate, che abbiano le dimensioni e la portata necessarie per ottenere il massimo impatto;

l'elaborazione di tabelle di marcia pluriennali per la cooperazione con i principali paesi e regioni partner;

il rafforzamento del partenariato tra Commissione, Stati membri e soggetti interessati;

la promozione di principi comuni per lo svolgimento di iniziative di cooperazione internazionale nel settore della ricerca e dell'innovazione;

il rafforzamento del ruolo dell'Unione nelle organizzazioni internazionali e nei consessi multilaterali;

il rafforzamento dell'attuazione, della gestione, del controllo e della valutazione.

3.   Osservazioni generali del Comitato

3.1

In un contesto globale, il successo della ricerca e dell'innovazione è cruciale per la competitività europea - che costituisce la base dell'occupazione, delle prestazioni sociali e del benessere. Il programma Orizzonte 2020 contiene una serie di misure di sostegno urgenti previste a tal fine dalla CE. La cooperazione internazionale con partner in paesi terzi ne è una componente.

3.2

La cooperazione internazionale nella ricerca e nell'innovazione ha numerosi effetti positivi sui progressi compiuti nel settore dai partner interessati e sull'intesa fra i popoli. Questo vale non solo all'interno dello Spazio europeo della ricerca, ma anche a livello globale, e si applica pertanto anche alla tematica in esame. Il Comitato ribadisce le raccomandazioni formulate precedentemente in materia (1).

3.3

Il Comitato accoglie pertanto con favore la nuova comunicazione della Commissione e ne sostiene essenzialmente gli obiettivi e gli argomenti.

3.4

Le posizioni negoziali europee all'avvio dei partenariati e i benefici della cooperazione internazionale per l'UE dipendono in maniera decisiva dall'attrattività dello Spazio europeo della ricerca, dal prestigio e dal rendimento delle università e degli istituti di ricerca europei, nonché dalla forza innovativa delle imprese (incluse le PMI).

3.5

Creare, a livello europeo, le condizioni necessarie affinché ciò avvenga rappresenta uno dei principali obiettivi della strategia Europa 2020. A fronte dell'attuale crisi finanziaria ed economica, risulta ancora più urgente attuare una politica europea anticiclica, per cui non si devono tagliare i bilanci in questo settore, bensì adottare tutte le misure finanziarie e strutturali necessarie a rafforzare e rendere attrattivo il SER, le sue fondamenta e la sua dimensione internazionale. È esattamente in quest'ottica che il bilancio destinato all'iniziativa Orizzonte 2020 deve essere almeno equivalente a quanto proposto dalla Commissione. Il Comitato reitera pertanto l'appello rivolto a più riprese al Parlamento europeo e al Consiglio a non ammettere restrizioni in questo senso e a non utilizzare suddetto bilancio come moneta di scambio di interessi divergenti.

3.6

La ricerca e l'innovazione non prosperano sempre in egual misura in tutti gli Stati membri. Il Comitato rinnova l'appello lanciato più volte affinché i paesi dello Spazio europeo della ricerca che non sono attualmente dotati in maniera adeguata di istituti di ricerca d'eccellenza e innovativi superino al più presto tale carenza avvalendosi dei fondi strutturali e di coesione e favoriscano l'emergere di un numero adeguato di ricercatori di eccellenza e di un'imprenditoria innovativa adottando politiche di sostegno ed economiche fruttuose. Solo così sarà possibile tradurre in pratica l'importante concetto di «Teaming of excellence» (formazione di équipe di eccellenza) (2). Il Comitato, pertanto, esorta anche tutti gli Stati membri (e, se coinvolto, anche il settore privato) a realizzare finalmente gli obiettivi della strategia di Lisbona, recepiti ormai nella strategia Europa 2020, investendo il 3 % del PIL in attività di ricerca e sviluppo.

3.7

Uno degli obiettivi espliciti della Commissione consiste nella «piena apertura dell'iniziativa Orizzonte 2020 a partecipanti di paesi terzi, che consentirà ai ricercatori europei di collaborare con le menti più brillanti di tutto il mondo». Poiché questa possibilità sussiste (3) già da diversi decenni, e viene sfruttata piuttosto ampiamente, la Commissione dovrebbe illustrare con maggior chiarezza la situazione e descrivere a quali nuove libertà aspira e di quali nuove risorse intende avvalersi per conseguirle, nonché quali azioni inedite intende autorizzare e finanziare d'ora in poi.

3.8

Tra le principali misure a sostegno di una proficua cooperazione internazionale, la Commissione propone la stipula di accordi quadro con i potenziali paesi partner. Il Comitato ritiene opportuno privilegiare in prima linea la conclusione di accordi con i paesi industrializzati particolarmente innovativi, efficienti e dai migliori risultati. Analogamente agli accordi di libero scambio, gli accordi quadro dovrebbero garantire innanzitutto parità di condizioni (level playing field) con diritti e doveri reciproci. Per il resto, le disposizioni europee non dovrebbero limitare i partner della cooperazione più di quanto sia strettamente necessario alla salvaguardia degli interessi europei.

3.9

Gli accordi quadro devono essere estranei a qualsiasi posizione o influenza estranea al settore, e garantire al contempo la flessibilità e il margine di manovra necessari alla conclusione di contratti che possano essere adattati al meglio ai singoli casi e alla specificità delle situazioni di partenza. La creatività ha bisogno di spazio!

3.10

È particolarmente importante garantire sufficiente affidabilità, continuità e mantenimento di riserve per tutta la durata del progetto di cooperazione. Si tratta di un compito molto ambizioso che richiede provvedimenti particolari.

3.11

Conformemente al principio di sussidiarietà, gli accordi di cooperazione relativi a un dato progetto devono essere conclusi dai soggetti che partecipano in prima persona al progetto interessato o che ne sono responsabili come organizzazione.

3.12

La Commissione dovrebbe intervenire direttamente soltanto nei casi in cui il potenziale di un singolo Stato membro, di una singola impresa o di un singolo organismo di ricerca si riveli insufficiente (come nel caso dei grandi progetti tecnico-scientifici). In questo caso è tenuta ad assumersene anche la responsabilità. Il Comitato rammenta (4) che sono in particolare le infrastrutture di ricerca e i progetti dimostrativi di grandi dimensioni che superano la capacità e il potenziale di utilizzo di un singolo Stato membro (e forse anche dell'intera UE) a necessitare di un intervento più incisivo da parte della Commissione.

3.13

Dall'altro lato, la maggior parte delle forme di cooperazione internazionale si sviluppa grazie ai contatti interpersonali che ricercatori, équipe di ricercatori, imprese (incluse le PMI) o organismi di ricerca instaurano e coltivano generalmente in occasione di convegni o fiere specialistiche internazionali. È pertanto importante rendersi conto di tali processi di auto-organizzazione, riconoscerli e incentivarli in maniera più decisa. Il Comitato si rammarica del fatto che le raccomandazioni formulate a più riprese in questo senso non abbiano trovato un riscontro visibile da parte della Commissione.

3.14

Garantire un'adeguata mobilità degli esperti che partecipano ai progetti di cooperazione è una premessa fondamentale per il successo di questi ultimi. La Commissione dovrebbe sviluppare questo aspetto, ispirandosi eventualmente alle norme e ai modelli di incentivazione applicati alla mobilità intra-europea.

3.15

Il Comitato teme (cfr. punto 5 della comunicazione della Commissione) che la cooperazione internazionale possa divenire, da parte della Commissione, un obiettivo politico fine a se stesso o un vettore della sua politica esterna: la cooperazione non è affatto fine a se stessa, e anzi richiede degli sforzi aggiuntivi che trovano la loro giustificazione soltanto nell'aumento e nell'integrazione delle conoscenze e delle competenze che ne derivano e nei risultati raccolti in termini di innovazione. Per questo motivo, i progetti di cooperazione non dovrebbero includere più collaboratori di quanti possano contribuire alla creazione di valore aggiunto.

3.16

Le preoccupazioni del Comitato non riguardano soltanto le priorità nell'assegnazione delle risorse, ma anche lo sforzo amministrativo. Sebbene le misure annunciate in materia di semplificazione (5) possano far sperare in una riduzione a livello intra-europeo dello sforzo imposto dal programma Orizzonte 2020, quest'ultimo continua ad assorbire una percentuale considerevole della capacità lavorativa di scienziati e ingegneri. Aggiungere adesso una cooperazione su scala mondiale, con procedure probabilmente fin troppo formali, rischia di creare nuovamente un eccesso di burocrazia.

3.17

L'utilizzo delle risorse finanziarie, purtroppo ancora eccessivamente limitate, dell'iniziativa Orizzonte 2020 costituisce un'altra fonte di preoccupazione per il Comitato. Fino a quando tali risorse saranno destinate a paesi terzi esterni all'UE, esse verranno automaticamente sottratte allo Spazio europeo della ricerca. In questo senso occorre procedere a un'attenta ponderazione delle priorità, anche alla luce del considerevole ritardo che gli Stati membri dell'UE devono recuperare. Per questo motivo, le cooperazioni che hanno principalmente il carattere di aiuto allo sviluppo andrebbero finanziate di preferenza con i bilanci previsti a tal fine.

3.18

La comunicazione della Commissione menziona anche la questione della proprietà intellettuale, che adduce tra i motivi per cui occorre adottare un approccio «europeo». Nel caso della ricerca fondamentale, si tratta in primo luogo di riconoscere la priorità in termini di tempo di una nuova scoperta o di una nuova conoscenza. Tuttavia, già nel periodo di transizione che ne precede l'applicazione, entra ovviamente in gioco la questione della brevettabilità di una possibile invenzione.

3.19

Ed è questa, ormai da decenni, la ferita aperta dell'Europa: non esiste ancora un brevetto europeo! Per tutte le imprese nell'UE, e in particolare per le PMI, questa situazione determina dei costi molto più elevati rispetto a quelli sostenuti dai partner extra europei della cooperazione (ad esempio negli Stati Uniti) e, in alcuni casi, può portare addirittura alla rinuncia al brevetto e di conseguenza alla perdita della tutela brevettuale. Il Comitato esorta pertanto il Parlamento, la Commissione e il Consiglio (6) a sostenere appieno l'iniziativa per l'introduzione di un brevetto europeo con effetto unitario e a uscire finalmente dall'impasse. Accoglie con favore le risoluzioni del Parlamento europeo in materia (7). In questo contesto, sarebbe inoltre opportuno introdurre in Europa un periodo di grazia che non pregiudichi la novità brevettuale  (8).

3.19.1

Anche la normativa in materia di proprietà intellettuale nell'ambito delle iniziative tecnologiche congiunte (Joint Technology Initiatives) realizzate a livello internazionale andrebbe nuovamente discussa ed esaminata.

4.   Osservazioni specifiche del Comitato

4.1

Secondo la proposta della Commissione, oltre all'attuale criterio di selezione, basato unicamente sull'RNL pro capite, è prevista l'applicazione di un altro criterio basato sull'ammontare complessivo del PIL, che porterà a escludere i paesi che superano una determinata soglia e a restringere l'elenco di paesi ammissibili al finanziamento automatico.

4.1.1

Ad avviso del Comitato occorre adottare un approccio differenziato. Il criterio principale per l'avvio di una cooperazione finanziata dall'UE con partecipanti selezionati da paesi terzi dovrebbe essere esclusivamente l'interesse o la necessità specifici che le organizzazioni, le imprese e PMI, gli scienziati e i ricercatori europei hanno in termini di know-how apportato; è la promozione dello Spazio europeo della ricerca che va posta in primo piano. Se la partecipazione di un eminente esperto proveniente da un paese con un PIL più elevato si rivela necessaria per un determinato progetto, dovrebbe poter essere possibile concedere un sostegno finanziario, laddove non esistano altre possibilità per avvalersi delle sue competenze e delle sue conoscenze nell'interesse europeo. Il criterio fondamentale deve essere l'interesse proprio dell'UE!

4.2

La Commissione ritiene che, per dare attuazione all'approccio strategico, occorrano informazioni obiettive. Il Comitato si compiace delle dichiarazioni orali rilasciate dal rappresentante della Commissione, secondo cui la raccolta dei dati e le rilevazioni statistiche proposte nella comunicazione non prevedono alcuno sforzo supplementare, dato che la Commissione intende piuttosto attingere a fonti già esistenti. Il Comitato raccomanda di avvalersi ad esempio dei dati rilevati nell'ambito del semestre europeo (9) per evitare oneri aggiuntivi per le imprese e i ricercatori.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. GU C 306 del 16.12.2009, pag. 13.

(2)  Cfr. ad esempio Peter Gruss in MaxPlanckForschung 3/12, pag. 6, ISSN 1616-4172.

(3)  Cfr. GU C 306 del 16.12.2009, pag. 13, punto 3.2.

(4)  Cfr. in particolare GU C 181 del 21.6.2012, pag. 111, punto 4.3.1.

(5)  Cfr. GU C 48 del 15.2.2011, pag. 129, punto 1.2.

(6)  Consiglio dell'Unione europea, 23 giugno 2011 - 11328/11.

(7)  http://www.europarl.europa.eu/news/it/pressroom/content/20121210IPR04506/html/Il-Parlamento-approva-il-nuovo-brevetto-UE

(8)  Cfr. Parere CESE sul tema Accesso alle informazioni scientifiche – Investimenti pubblici, punto 3.4. (Cfr. pagina 48 della presente Gazzetta ufficiale).

(9)  http://ec.europa.eu/europe2020/making-it-happen/index_it.htm


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/48


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un accesso migliore alle informazioni scientifiche: aumentare i benefici dell'investimento pubblico nella ricerca»

COM(2012) 401 final

2013/C 76/09

Relatore: WOLF

La Commissione europea, in data 17 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Verso un accesso migliore alle informazioni scientifiche: aumentare i benefici dell'investimento pubblico nella ricerca

COM(2012) 401 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 gennaio 2013.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 151 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

L'accesso alle informazioni scientifiche rappresenta un presupposto fondamentale per una proficua attività di ricerca e un'efficace promozione dell'innovazione, e quindi anche per la competitività dell'Europa. Esso consente, tra l'altro, il trasferimento delle conoscenze tra ricercatori, tra partenariati di ricerca (in particolare tra il mondo della ricerca e quello delle imprese) e tra ricercatori e cittadini.

1.2

Tenuto conto delle osservazioni che seguono, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia gli obiettivi e le proposte formulati dalla Commissione. Il Comitato ritiene, infatti, che questi consentano una semplificazione e un potenziale aumento dell'efficienza dell'attività scientifica, resi tecnicamente possibili dall'uso di Internet.

1.3

Per realizzare questi obiettivi, occorre continuare ad assicurare che siano rispettati i diritti d'autore e di proprietà intellettuale dei ricercatori e delle organizzazioni presso cui essi lavorano, non pregiudicare la libertà della scienza e della ricerca, ed evitare che i ricercatori debbano farsi carico di attività diverse dalla ricerca o nuovi adempimenti burocratici che riducano l'efficienza dell'attività di ricerca.

1.4

Il libero accesso (via Internet) alle pubblicazioni scientifiche rappresenta, rispetto alle biblioteche, un ampliamento o un complemento adeguato alle odierne possibilità tecniche. Un simile libero accesso è molto utile e ormai molto diffuso, e deve pertanto continuare ad essere perseguito e completato. L'obiettivo deve essere quello di una simmetria globale tra l'Europa e i paesi terzi.

1.5

La conservazione delle informazioni scientifiche (archiviazione dei dati della ricerca) per eventuali usi successivi è necessaria, ed è ormai annoverata tra le buone prassi scientifiche. Il Comitato accoglie con favore l'intenzione della Commissione di continuare a sostenere anche in futuro le infrastrutture necessarie a tal fine. Se la conservazione dei dati, poi, debba essere disciplinata in modo più puntuale negli accordi relativi ai vari progetti, va deciso insieme ai ricercatori interessati, stabilendo caso per caso il volume, il formato, i dettagli e la descrizione (con metadati).

1.6

Dalla conservazione delle informazioni scientifiche discende la questione di un accesso via Internet libero (quindi generale, globale, gratuito, non controllato e incondizionato) ai dati della ricerca conservati. Tale questione presenta varie sfaccettature, e riguarda, non da ultimo, la stessa cultura scientifica sin qui sviluppatasi. La problematica va quindi affrontata caso per caso e con cautela. Se è possibile pensare ad ambiti di ricerca per cui un accesso esterno e libero potrebbe essere utile e sicuro, in molti altri ambiti esistono importanti controindicazioni. Il Comitato sconsiglia pertanto un approccio generalizzato.

1.7

Le possibili soluzioni dovrebbero quindi essere testate gradualmente e in via sperimentale nel quadro di un progetto pilota per dei casi accuratamente scelti, facendo riferimento a quelle procedure ormai consuete per lo scambio volontario auto-organizzato (si pensi all'esempio del CERN e del world wide web) e di comune accordo con gli scienziati che prendono parte al processo di ricerca. Gli iter amministrativi necessari a tal fine non possono, però, introducendo nuovi oneri o procedure supplementari, ostacolando gli sforzi di semplificazione appena intrapresi.

1.8

Cionondimeno, il libero accesso a un'opportuna selezione dei dati contenuti in pubblicazioni liberamente accessibili potrebbe essere utile, soprattutto nel caso di una simmetria globale tra l'Europa e i paesi terzi, a condizione che gli oneri supplementari che ne derivano risultino accettabili e giustificati.

1.9

Le misure sopraccitate comportano costi aggiuntivi talvolta considerevoli per i ricercatori e le loro organizzazioni, costi che occorre tenere nella dovuta considerazione nel definire e nell'assegnare le dotazioni di bilancio.

2.   Sintesi della comunicazione della Commissione

2.1

La comunicazione illustra le misure che la Commissione intende intraprendere per migliorare l'accesso alle informazioni scientifiche e aumentare i benefici dell'investimento pubblico nella ricerca.

2.2

Obiettivo delle misure è:

l'accesso alle pubblicazioni scientifiche,

la conservazione delle informazioni scientifiche,

l'accesso ai dati della ricerca.

2.3

Per quanto concerne l'accesso alle pubblicazioni scientifiche, al momento si stanno negoziando con gli editori di pubblicazioni scientifiche due modelli:

la «via aurea» (editoria ad accesso aperto): non sono più i lettori (tramite abbonamento) a pagare i costi della pubblicazione, bensì gli autori. In generale i costi sono sostenuti dall'università o dall'istituto di ricerca per cui lavora il ricercatore ovvero dall'ente finanziatore che sostiene la ricerca;

la «via verde» (archiviazione autonoma): il ricercatore archivia in un deposito in linea l'articolo pubblicato o il manoscritto finale oggetto di valutazione inter pares prima, dopo o contestualmente alla pubblicazione. Spesso l'accesso all'articolo è differito, su richiesta dell'editore, per un determinato periodo («embargo»), affinché gli abbonati beneficino di un vantaggio aggiuntivo.

2.4

La Commissione presenta inoltre un calendario per il progressivo conseguimento di tali obiettivi nel quadro di Orizzonte 2020.

3.   Osservazioni del Comitato

Il tema in esame riguarda l'accesso via Internet libero, ossia generale, gratuito, globale e senza restrizioni alle pubblicazioni future e ai dati della ricerca in esse contenuti, in genere disponibili ormai anche in forma digitalizzata.

3.1   Pareri precedenti

Il Comitato si era già occupato del tema in oggetto nel suo parere dal titolo La cooperazione e il trasferimento delle conoscenze tra gli organismi di ricerca, l'industria e le PMI: un presupposto importante per l'innovazione  (1), formulando osservazioni di fondo che rimangono valide tuttora e che erano intese a migliorare il trasferimento delle conoscenze tra i partenariati di ricerca (in particolare tra il mondo della ricerca e quello delle imprese), considerato un fattore importante per promuovere l'innovazione e, di conseguenza, la competitività dell'Europa. Le osservazioni formulate dal Comitato riguardavano anche la questione dei diritti di proprietà intellettuale legati al processo di ricerca e di innovazione e quella della libertà delle arti e della ricerca scientifica (2), (3).

3.2   Diritti d'autore e proprietà intellettuale

I diritti d'autore e la proprietà intellettuale dei ricercatori e delle loro organizzazioni consistono, da un lato, nel riconoscere che l'interessato è stato il primo a fare una scoperta scientifica o ad acquisire una nuova conoscenza, fatto solitamente documentato da una pubblicazione a suo nome, e dall'altro nel riconoscere e, se del caso, tutelare i diritti di sfruttamento (totale o parziale) del processo creativo, che può portare, grazie a nuove conoscenze, a innovazioni e scoperte per cui spesso è richiesta una protezione brevettuale. Il Comitato, pertanto, accoglie con favore quanto affermato dalla Commissione al punto 4.1, vale a dire che «[l]e politiche di accesso aperto lasciano impregiudicata la libertà dell'autore di scegliere se pubblicare o no e non incidono sulla brevettazione né sulla valorizzazione commerciale in altra forma».

3.3   «Periodo di grazia» che non pregiudichi la novità brevettuale

Quello di decidere se pubblicare tempestivamente i risultati di una ricerca scientifica, rischiando però così di perdere il requisito della novità rispetto a eventuali scoperte fatte a partire da tali risultati, oppure, onde evitare quest'eventualità, rimandare la pubblicazione, con il possibile rischio di perdere il diritto di priorità, per esempio rispetto a una scoperta, rappresenta un grave dilemma che può comportare, talvolta, anche delle perdite finanziarie. Per mitigare tale dilemma, il Comitato ribadisce la sua raccomandazione di prevedere, al momento dell'introduzione del tanto atteso brevetto dell'Unione europea (4), un «periodo di grazia» che non pregiudichi la novità brevettuale.

3.4   Esempio dal diritto dei brevetti

In decenni di evoluzione a livello internazionale, il diritto dei brevetti ha trovato e introdotto un giusto equilibrio tra l'iniziale diritto alla riservatezza rispetto alla proprietà intellettuale, da un lato, e il libero accesso ai prodotti che ne derivano, dall'altro. Oggi le domande di brevetto, infatti, sono pubblicate e messe a disposizione di tutti su Internet dopo 18 mesi.

3.5   Dati della ricerca

Il modus operandi seguito finora prevede generalmente, anche se in modo più o meno marcato a seconda della disciplina,

i.

che, prima di poter essere presentati in un corpus di dati convalidato e affidabile e di poter essere pubblicati, i dati derivanti dal processo di ricerca, basati sui cosiddetti dati grezzi, debbano innanzitutto essere calibrati, corretti in caso di misurazioni sbagliate, verificati in termini di coerenza in un processo di definizione interno, valutati in base alla loro importanza e, ove necessario, comparati e combinati con altri dati di misurazione, e

ii.

che i ricercatori coinvolti siano i primi a presentarli in una pubblicazione, a interpretare i risultati e a trarre conclusioni.

3.6   Approvazione di principio

Tenuto conto delle osservazioni espresse, il Comitato appoggia gli obiettivi formulati dalla Commissione. Il Comitato ritiene, infatti, che essi possano consentire una semplificazione e un aumento dell'efficienza dell'attività scientifica, resi possibili, da un punto di vista tecnico, dall'uso di Internet. Il Comitato raccomanda di continuare a sviluppare in modo graduale i processi e gli approcci già avviati, in collaborazione permanente con gli scienziati coinvolti nel processo di ricerca. In tale contesto, occorre tenere in considerazione le peculiarità delle varie discipline ed evitare che i ricercatori debbano farsi carico di attività diverse dalla ricerca e di nuovi adempimenti burocratici che riducono l'efficienza della ricerca. Il capitolo seguente presenta alcune osservazioni più puntali e alcune limitazioni in proposito.

4.   Osservazioni particolari del Comitato

4.1   Libero accesso alle pubblicazioni

Il libero accesso (via Internet) alle pubblicazioni scientifiche rappresenta un complemento rispetto alle biblioteche, adeguato alle odierne possibilità tecniche. Tale libero accesso, molto utile e ormai molto diffuso, deve continuare a essere perseguito e completato con determinazione.

4.1.1   «Via aurea» o «via verde»

Quella di potere, o volere, concordare con gli editori un accesso aperto in «via aurea» o in «via verde» è una scelta piuttosto pragmatica ed economica. Quello che conta è avere un accesso via Internet generale e non troppo differito alle pubblicazioni scientifiche e tecniche.

4.1.2   Costi eccessivi

L'impressione, tuttavia, è che gli editori più autorevoli imputino a tale accesso costi eccessivi, cui potrebbe porre rimedio una maggiore concorrenza nei rapporti tra gli autori, i curatori e gli editori. Nella valutazione dei lavori scientifici, però, pesa anche il prestigio della rivista nella quale è stato pubblicato l'articolo. A tal proposito, il Comitato esorta quindi la Commissione a continuare a riflettere su come si possa pervenire a dei miglioramenti, facendo però attenzione a non limitare la libertà degli autori di scegliere la rivista in cui pubblicare.

4.1.3   Pre-pubblicazione (pre-print)

Il Comitato ricorda la consuetudine, molto diffusa, di anticipare alla comunità scientifica, già sotto forma di articolo (anche su Internet), i nuovi risultati che sono ancora in fase di valutazione da parte di esperti esterni (referees), in attesa di essere pubblicati in una rivista specializzata. Una situazione analoga si riscontra per gli interventi in occasione di simposi e conferenze di esperti, molto importanti per mettere in contatto gli interessati.

4.1.4   Accordi internazionali - Simmetria

In tale contesto occorre evitare che, a livello internazionale, tra l'UE e i paesi terzi si creino forti squilibri: se gli scienziati o, a seconda dei casi, i cittadini di tutto il mondo ottengono un accesso gratuito via Internet alle pubblicazioni scientifiche dell'UE, è necessario che gli scienziati e i cittadini dell'UE ottengano a loro volta un accesso gratuito a tutte pubblicazioni scientifiche dei paesi terzi. Il Comitato appoggia gli sforzi profusi dalla Commissione per assicurare una tale simmetria mediante la conclusione di accordi internazionali. Solo un flusso di informazioni globale, infatti, può veramente agevolare l'attività scientifica.

4.1.5   Conferenze specializzate e biblioteche

Il Comitato mette in guardia, al contempo, dal ritenere che, con l'accesso aperto (open access), le altre forme di scambio di informazioni e opinioni possano diventare superflue o trascurabili. Il lavoro svolto davanti a un computer non potrà mai sostituirsi agli stimoli dati da una conversazione e da una discussione o dall'ambiente intellettuale di una biblioteca o di una conferenza specializzata.

4.2   Conservazione dei dati

La maggior parte delle principali organizzazioni di ricerca annovera già la conservazione dei dati tra le buone prassi scientifiche. In considerazione della mole di dati prodotta attualmente, anche la possibilità di conservare i dati dipende principalmente dalle risorse e dalle infrastrutture disponibili, e quindi dalla possibilità di sostenere le ingenti spese per le attrezzature e il personale necessari per convalidare i dati ed eventualmente ordinare, comprimere, abbreviare, cancellare o descrivere (attraverso metadati) i dati grezzi, senza che vadano perse informazioni importanti. In tale contesto, è quindi opportuno tener conto di un'analisi costi-benefici.

4.2.1   Sostegno da parte della Commissione

Il Comitato accoglie con favore le misure che la Commissione ha già adottato e intende adottare in futuro per sostenere la conservazione dei dati di ricerca e le infrastrutture necessarie a tal fine.

4.2.2   Soluzioni mirate per ciascuna disciplina

Il Comitato conviene con la Commissione sul fatto che non vadano cercate soluzioni generalizzate, ma che ciascuna disciplina debba decidere autonomamente in che misura e con quali risorse provvedere alla conservazione dei dati e in che misura sia opportuno normalizzare la materia. L'eventuale normalizzazione, comunque, dovrebbe basarsi su norme quanto più aperte e internazionali possibile, per consentire così l'interoperabilità.

4.3   Libero accesso ai dati da parte di esterni

Secondo la Commissione e altri sostenitori (5) del libero accesso (digitale) ai dati della ricerca, questo va promosso in particolare allo scopo di:

a)

migliorare la qualità del discorso scientifico, poiché, per capire e studiare in dettaglio i risultati della ricerca pubblicati, è in genere necessario poter accedere ai dati analizzati e agli strumenti impiegati per l'analisi;

b)

accrescere la redditività delle risorse pubbliche investite per la raccolta dei dati consentendo il riutilizzo di questi ultimi.

Il Comitato condivide pienamente questi obiettivi generali.

La questione, tuttavia, è con quali strumenti, con che livello di differenziazione e in che misura tali obiettivi debbano essere realizzati, quali siano gli oneri ulteriori (anche amministrativi) che tale realizzazione comporta, se i benefici previsti giustifichino tali oneri e quali siano le osservazioni che vi si oppongono.

4.3.1   Prassi seguita finora

La ricerca scientifica si caratterizza per il fatto che qualsiasi processo di acquisizione di nuove conoscenze, ivi compresi i dati e le fonti, deve essere intelligibile e riproducibile, e che le conclusioni che se ne traggono devono reggere a qualsivoglia discussione e dibattito. A tal fine la comunità scientifica segue, prima, durante e dopo la pubblicazione in una rivista, una serie di prassi consolidate ed efficaci, come seminari, conferenze, valutazioni di esperti, revisioni inter pares, scambi di informazioni e di dati, scambi di personale, ecc. Nel frattempo, la comunità scientifica ha iniziato ad avvalersi, a questo scopo, anche dei moderni strumenti previsti dall'agenda digitale. Il CERN (6), per esempio, ha lanciato il world wide web (www) proprio come piattaforma per lo scambio di dati, sviluppandolo ulteriormente in collaborazione con i suoi partner.

4.3.2   Misure supplementari

Nelle sue proposte, la Commissione non può che limitarsi a valutare in che modo le prassi di autorganizzazione seguite finora possano essere completate, migliorate, semplificate e rese più efficienti. Le misure concrete supplementari proposte a tal fine nella comunicazione in esame non sono sufficientemente chiare. Dalla comunicazione, inoltre, sembra emergere anche l'intenzione di organizzare progetti pilota.

4.3.3   Problemi - impossibilità

Se le aspettative riposte nel libero accesso sono già state ricordate, occorre ora evidenziare anche quali siano le difficoltà, le eccezioni e gli impedimenti che esso comporta, come ad esempio quelli riguardanti:

la riservatezza negli sviluppi innovativi, soprattutto in collaborazione con l'industria (PMI), e gli aspetti relativi ai brevetti;

la riservatezza dei dati dei pazienti nella ricerca medica;

la garanzia del rispetto del diritto d'autore (di ricercatori e organizzazioni di ricerca) in relazione ai dati;

i malintesi nella consultazione e nell'interpretazione dei dati e relative conseguenze;

le limitazioni al trasferimento di tecnologia eventualmente imposte dalle norme in materia di controllo delle esportazioni;

la garanzia di una simmetria globale tra l'UE e i paesi terzi;

le risorse umane e tecniche necessarie per ricavare i dati pertinenti da una massa di dati grezzi, spesso difficili da interpretare, e renderli comprensibili e utilizzabili per gli esterni.

È chiaro che i problemi sopraccitati si frappongono a un'introduzione generalizzata del libero accesso ai dati della ricerca.

4.3.4   Distinguo

A tal proposito occorre quindi fare un distinguo. Da un lato, infatti, il Comitato ribadisce che in alcuni ambiti il libero accesso via Internet da parte di esterni ai dati della ricerca può essere un fatto positivo: è il caso dei dati meteorologici, delle banche dei geni, dei dati demografici o di altri dati definiti in modo altrettanto chiaro e di analoga rilevanza statistica (anche se va comunque precisato quale debba essere la definizione di «dati»).

D'altro canto, però, il Comitato raccomanda un approccio molto più cauto in altri ambiti, come:

i.

nel caso di esperimenti estremamente complessi, come gli acceleratori o gli impianti sperimentali per la ricerca nel campo della fusione, e

ii.

nel caso di qualsiasi collaborazione che coinvolge la ricerca industriale, ivi comprese le PMI.

4.3.5   Proprio in quest'ultimo caso il Comitato ravvisa una contraddizione intrinseca tra gli obiettivi perseguiti: da un lato diffondere un accesso aperto ai dati della ricerca, e dall'altro dare maggiore impulso - anche attraverso i partenariati pubblico-privati - alla promozione dell'innovazione, per la quale la riservatezza assume un rilievo fondamentale. Tuttavia, non è privo di rischio neanche il tentativo di conciliare gli interessi di questi obiettivi contradditori distinguendo tra, da un lato, i dati «innocui», ad es. della ricerca di base, e, dall'altro, quelli propizi all'innovazione, per es. della ricerca applicata. Una tale distinzione a priori richiede infatti la capacità di guardare al futuro. In fondo, proprio le scoperte rivoluzionarie della cosiddetta ricerca di base possono rivelarsi particolarmente propizie all'innovazione e, in caso di pubblicazione prematura, perdere la protezione conferita da un brevetto (cfr. anche il punto 3.3). Perciò andrebbe trovata una soluzione altrettanto pragmatica come nel caso di pubblicazione «normale» (cfr. il punto 3.2 del presente parere e il punto 4.1 della comunicazione della Commissione).

4.3.6   Volontarietà

Di conseguenza spetta ai ricercatori coinvolti nel progetto di ricerca in questione decidere liberamente se, a partire da quando e in caso affermativo con che livello di dettaglio consentire, a determinate condizioni, un libero accesso ai dati raccolti nel quadro del progetto. Proprio l'esempio del CERN dimostra che i processi volontari che partono dal basso rispondono meglio anche all'interesse oggetto del presente parere rispetto a norme imposte dall'alto. Il Comitato raccomanda di dare maggiore fiducia alle forze di autorganizzazione della comunità scientifica. Occorre infatti evitare qualsiasi ingerenza (cfr. il punto 4.3.10) nella cultura scientifica, tanto efficace quanto sensibile.

4.3.7   Dati delle pubblicazioni

Si potrebbe ad esempio considerare di elaborare per via elettronica e rendere liberamente accessibile, insieme alle pubblicazioni, anche una selezione (cfr. punto 4.2) dei dati su cui si basano le pubblicazioni disponibili «con accesso aperto» (open access). Ma anche in questo caso viene da chiedersi, e occorre verificare, se il guadagno previsto attraverso l'utilizzo online dei dati da parte di terzi giustifichi effettivamente gli oneri aggiuntivi che ne derivano per i primi autori, i quali vengono così distolti dalla loro attività di ricerca.

4.3.8   Progetto pilota

Il Comitato appoggia gli sforzi profusi dalla Commissione per avviare anzitutto un progetto pilota in una disciplina poco complessa e che si presti allo scopo, per raccogliere così qualche prima esperienza. Sul valore aggiunto ottenuto dovrebbe essere presentata una relazione.

4.3.9   Burocrazia e accettabilità

Il malcontento diffuso tra molti ricercatori rispetto all'eccessiva burocratizzazione delle procedure di domanda e di assegnazione definite dalla Commissione era appena stato in parte placato grazie agli sforzi intesi ad assicurare una semplificazione e la continuità degli strumenti di finanziamento (7). Tale malcontento potrebbe, però, riesplodere se dovessero essere imposti nuovi requisiti mal concepiti e se dovessero esservi ingerenze nell'attività di ricerca e nuovi ostacoli burocratici.

4.3.10   Interesse del «finanziatore»

Nel dibattito sulle questioni di cui sopra ci si interroga anche se e in che misura il «finanziatore» o «contribuente», rappresentato nella fattispecie dalla Commissione, debba semplicemente esigere quale presupposto per il suo finanziamento che tutti i dati della ricerca ottenuti siano resi liberamente accessibili su Internet. Fermo restando quanto affermato ai punti 3.1 e 3.2, non è su tale questione che si concentrano le riflessioni espresse nel presente parere. Per il Comitato la questione verte piuttosto su quali siano le procedure di finanziamento e di gestione della ricerca (nell'interesse stesso del «finanziatore») che consentono di ottenere un successo ottimale dal punto di vista scientifico ed economico.

4.4   Oneri ulteriori a carico dei bilanci per la ricerca

Le misure proposte dalla Commissione sollevano tutte il beneficiario di informazioni (pubblicazioni e dati) dall'onere di pagare un corrispettivo. I relativi costi devono infatti essere sostenuti dagli autori dei dati e delle pubblicazioni, ossia dai ricercatori e dalle loro organizzazioni. In altre parole, tali costi devono essere contabilizzati nei bilanci per la ricerca; e, se si tratta di un finanziamento da parte dell'UE, il bilancio in questione è quello di Orizzonte 2020. Occorre pertanto tenere in considerazione tali costi nelle somme stanziate per il finanziamento.

4.4.1

Se le pubblicazioni scientifiche sono liberamente accessibili, le dotazioni di bilancio per la ricerca devono quindi andare a finanziare non solo la ricerca vera e propria, ma anche la messa a disposizione generale dei risultati conseguiti.

4.4.2

Altrettanto vale per i costi aggiuntivi dovuti alla necessità di conservare una maggiore quantità di dati e per i costi che ne derivano per il personale e per le infrastrutture (anche come presupposto al punto 4.4.3).

4.4.3

Naturalmente lo stesso vale anche per i costi aggiuntivi eventualmente derivanti dal dare libero accesso ai dati della ricerca, nella loro totalità o solo per la parte che si è deciso di mettere a disposizione.

4.5   Possibili malintesi

Il Comitato ha l'impressione che, nel dibattito politico, alcuni dei requisiti che si vogliono imporre per il libero accesso e alcune delle ragioni addotte a favore di quest'ultimo si fondino in parte su malintesi in merito al modus operandi di scienza e ricerca e alla capacità dei normali cittadini di comprendere le questioni specificamente scientifiche. Solitamente, infatti, le pubblicazioni scientifiche sono comprensibili solo per gli esperti del settore. Ne consegue che il libero accesso va a informare esclusivamente gli esperti. Altrettanto vale per l'accesso ai dati della ricerca.

4.6   Informazione dei cittadini e degli attori politici

Alla luce di quanto detto, risulta tanto più importante impegnarsi affinché i contenuti fondamentali delle nuove scoperte siano presentati anche ai profani. Il Comitato ha già ricordato a più riprese l'importanza di questi mezzi di comunicazione e riconosce gli sforzi profusi dalla Commissione in tal senso, segnatamente in relazione a CORDIS (8). In particolare va sottolineato l'impegno di quegli scienziati che hanno la dote di saper spiegare le scoperte fatte nel loro settore nel modo più comprensibile possibile per il grande pubblico. In conclusione, è importante anche per gli attori politici essere informati al meglio del contenuto e dell'importanza delle scoperte scientifiche, nonché del potenziale offerto dal proseguimento della ricerca in un determinato campo, per poter così prendere decisioni informate.

4.7   Accesso a competenze tecniche

Le imprese e le organizzazioni della società civile lamentano spesso un insufficiente accesso a competenze tecniche specifiche. Perciò è particolarmente importante che anche le PMI dispongano almeno di un esperto interno o esterno in grado di comprendere tali dati o possano accedere a un'organizzazione di consulenza in materia. Inoltre, il Comitato rimanda, da un lato, alle sue raccomandazioni (formulate in un precedente parere (9)) alla Commissione affinché venga creato un motore di ricerca specifico in questo settore e, dall'altro, al motore di ricerca (10) messo a disposizione dall'Ufficio europeo dei brevetti, grazie al quale oggi è possibile accedere alla maggior parte dei fascicoli di brevetto più recenti disponibili a livello mondiale.

4.8   Accesso via Internet a pubblicazioni meno recenti

Al di là del tema trattato in questa sede, è interessante, in particolare per le scienze umanistiche, rendere accessibili in formato elettronico via Internet anche pubblicazioni originali meno recenti. Il Comitato accoglie con particolare favore gli sforzi compiuti in questo senso, anche se non sono oggetto del presente parere.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 8, punto 3.

(2)  Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, articolo 13 (marzo 2010): «La libertà accademica è rispettata».

(3)  Cfr. ad es. Torsten Wilholt in Forschung & Lehre, 19o anno 12/12, pag. 984; www.forschung-und-lehre.de

(4)  GU C 132 del 3.5.2011, pag. 39, punto 3.9.

(5)  Ad es. ww.royalsociety.org/uploadedFiles/Royal_Society_Content/policy/projects/sape/2012-06-20-SAOE.pdf, www.wissenschaftsrat.de/download/archiv/2359-12.pdf

(6)  Organizzazione europea per la ricerca nucleare.

(7)  GU C 48 del 15.2.2011, pag. 129.

(8)  http://cordis.europa.eu/home_it.html

(9)  GU C 218 dell'11.9.2009, punto 3.2.

(10)  http://worldwide.espacenet.com


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/54


Parere del Comitato economico e sociale europeo «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 273/2004 relativo ai precursori di droghe»

COM(2012) 548 final — 2012/0261 (COD)

2013/C 76/10

Relatore: SEARS

Il Consiglio, in data 15 ottobre 2012, e il Parlamento europeo, in data 22 ottobre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 273/2004 relativo ai precursori di droghe

COM(2012) 548 final – 2012/0261 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 gennaio 2013.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 130 voti favorevoli, 1 voto contrario e 7 astensioni.

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1

La proposta in esame è stata elaborata per rimediare a determinate lacune individuate nella legislazione dell'UE in vigore per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo del commercio di anidride acetica tra imprese nell'Unione. Tale sostanza chimica ha numerose applicazioni legittime ed essenziali, ma è soggetta a essere utilizzata, generalmente in Afghanistan, per la produzione illecita di eroina a partire dalla morfina. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce la necessità delle modifiche introdotte attraverso tale regolamento e sostiene decisamente la proposta.

1.2

Il Comitato è inoltre favorevole alla proposta di istituire un registro europeo degli operatori e utilizzatori finali in possesso di una licenza, e di migliorare la raccolta dei resoconti degli Stati membri su sequestri e intercettazioni di spedizioni di tutti i precursori di droghe classificati e non classificati.

1.3

L'inserimento degli utilizzatori, come categoria a parte rispetto agli operatori, nelle disposizioni in materia di registrazione richiede un serie di definizioni nuove o rivedute; si rilevano inoltre problemi minori e vengono avanzate raccomandazioni. Occorrerebbe informare esaurientemente gli utilizzatori finali dell'obiettivo della registrazione e dei vantaggi che ne derivano. Le autorità competenti dovrebbero avere diritto di accesso ai locali destinati all'esercizio dell'attività degli utilizzatori finali alle stesse condizioni attualmente previste nel caso degli operatori.

1.4

Il Comitato riconosce che la nuova proposta sarà efficace solo se sarà oggetto di un'adeguata comunicazione e se non comporterà oneri finanziari aggiuntivi superflui per i soggetti coinvolti. Accoglie quindi con grande favore la proposta di esonerare le microimprese dal pagamento degli oneri di registrazione.

1.5

Il Comitato osserva infine che le parti in causa in Europa hanno pienamente accolto i requisiti imposti dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1988 contro il traffico illegale di stupefacenti e sostanze psicotrope, e in particolare dal suo articolo 12, in materia di collaborazione per realizzare gli obiettivi perseguiti. Ciò ha condotto a buoni risultati nella cooperazione con altri soggetti, dentro e fuori dell'UE, in materia di lotta alla criminalità, tutela della salute dei cittadini, garanzia del commercio lecito e salvaguardia della reputazione delle organizzazioni e delle imprese interessate. Le procedure seguite, il grado di rispetto e fiducia reciproci che si sono creati e lo stile e il contenuto della comunicazione rivolta ai soggetti interessati meritano riconoscimento come modelli di comportamento normativo e di conformità a livello dell'UE e ad ogni altro livello. È da sperare che le previste proposte per il controllo delle sostanze psicotrope e delle droghe sintetiche «di progettazione» nel quadro di politiche di sanità pubblica forti, ben mirate e basate su dati di fatto, rivolte in particolare alla prevenzione a livello dell'UE e nazionale, seguiranno un modello analogo. Il CESE auspica di poter contribuire a tali proposte a tempo debito.

2.   Introduzione

2.1

I precursori di droghe sono sostanze prodotte, commercializzate e utilizzate in tutto il mondo in una varietà di processi legittimi ed essenziali, ma che possono essere dirottati verso la produzione illegale di stupefacenti quali la cocaina, l'eroina, l'ecstasy e le metamfetamine. Da molto tempo si ritiene essenziale intervenire per controllare il commercio di queste sostanze, che sono necessarie per le loro proprietà fisiche, ad esempio come solventi per estrarre principi attivi da materie prime vegetali, o come agenti chimici in grado di modificare la natura e l'efficacia delle droghe che ne risultano.

2.2

Il quadro di azione internazionale è fornito dalla menzionata Convenzione delle Nazioni Unite del 1988. L'articolo 12 di tale convenzione sottolinea che la cooperazione tra autorità di regolamentazione e imprese è essenziale per realizzare i risultati auspicati.

2.3

Contenere il dirottamento verso usi illegali dei precursori delle droghe è un obiettivo importante sia della strategia dell'UE in materia di droga (2005-2012) che del piano di azione dell'UE in materia di lotta contro la droga (2009-2012). Il quadro giuridico per il commercio interno è fornito attualmente dal regolamento (CE) n. 273/2004, di competenza della direzione generale per le imprese e l'industria (DG ENTR), mentre per il commercio esterno l'atto giuridico di riferimento è il regolamento del Consiglio (CE) n. 111/2005, di competenza della DG della Fiscalità e dell'unione doganale (DG TAXUD). Il regolamento (CE) n. 1277/2005 della Commissione, modificato dai regolamenti (CE) n. 297/2009 e (UE) n. 225/2011, fornisce alle autorità competenti e agli operatori economici le modalità dettagliate di applicazione.

2.4

A norma dei suddetti regolamenti, gli Stati membri rilevano e riferiscono le quantità di determinate sostanze classificate (vale a dire specificamente oggetto di sorveglianza e controllo) e non classificate (ossia controllate su base volontaria) che sono state sequestrate (prima dell'inizio della consegna) o intercettate (durante o dopo la consegna). Tali quantità possono poi essere rapportate alle quantità totali di dette sostanze che vengono sequestrate o intercettate su scala mondiale. Un aumento inatteso delle quantità registrate, o cambiamenti nella frequenza e nella distribuzione dei sequestri e delle intercettazioni, possono essere dovuti a un miglioramento della sorveglianza, ma anche a una maggiore pressione su un determinato mercato per ragioni illecite, possibilmente a causa di una debolezza reale o percepita dei controlli locali.

2.5

I dati consolidati per il 2008 mostrano rispetto al 2007 un aumento di sette volte delle quantità registrate per uno specifico precursore, l'anidride acetica, usata per convertire la morfina (derivata dall'oppio) in eroina. Le 241 tonnellate di tale sostanza sequestrate nell'UE rappresentano oltre il 75 % dei sequestri complessivi mondiali. Ciò ha causato critiche ripetute da parte dell'Organo internazionale di controllo degli stupefacenti delle Nazioni Unite. La relazione della Commissione COM(2009) 709 final, in merito alla valutazione e al funzionamento della legislazione in materia, giunge alla conclusione che, sebbene i risultati siano in genere soddisfacenti, ci sono taluni punti deboli. Il documento avanza una serie di raccomandazioni, in particolare per quanto riguarda il monitoraggio e il controllo delle vendite di anidride acetica nell'UE.

2.6

In tale processo, la Commissione e tutte le altre parti in causa hanno riconosciuto che l'anidride acetica svolge un ruolo essenziale in quanto agente alchilante nella sintesi di un gran numero di materiali rivestiti, pellicole, materie plastiche, farmaci (come l'aspirina) e altri prodotti di consumo. Stando alle informazioni disponibili, la maggior parte della produzione globale (attualmente pari a circa un milione di tonnellate all'anno) viene utilizzata dai produttori stessi all'interno delle rispettive aziende, mentre una piccola quota, pari a meno di un terzo del totale, viene rivenduta a utilizzatori finali terzi. Si ritiene che la quantità utilizzata in maniera illegale, principalmente in Afghanistan, sia compresa tra 380 e 570 tonnellate all'anno. Attraverso di essa vengono prodotte circa 380 tonnellate di eroina afghana, 70 delle quali destinate a consumatori di droga in Europa. Al prezzo finale stimato di 40 EUR al grammo in Europa, ciò equivale ad un volume di affari illeciti pari a circa 3 miliardi di euro all'anno. Il valore di mercato dell'anidride acetica richiesta è minimo rispetto a quest'ultima cifra, nonché al valore delle vendite legali o al costo della perdita di reputazioni personali o aziendali dovuta al dirottamento della sostanza verso usi illeciti. Il programma globale dell'industria chimica denominato Responsible Care contribuisce a garantire che tali aspetti siano compresi dagli operatori legali che entrano nel mercato per la prima volta.

2.7

Viene inoltre riconosciuto che, anche se tutti i tentativi di dirottare la sostanza verso usi illeciti fossero efficacemente prevenuti in Europa, tali tentativi avverranno comunque in altre zone del mondo. Come spiegato più sopra, i profitti dei fabbricanti di droga sono semplicemente troppo elevati. Tuttavia l'esecuzione di controlli rimane perfettamente giustificata, e in più offre un modello che altri possono seguire. A condizione che tali controlli siano considerati efficaci rispetto ai costi, essi sono pienamente sostenuti dai settori industriali coinvolti, affinché il loro legittimo commercio all'interno dell'UE possa proseguire.

2.8

In considerazione della situazione descritta più in alto, la Commissione ha considerato una serie di approcci alternativi, illustrati nella valutazione di impatto, e ha consultato gli organismi rappresentativi dei settori coinvolti, in primo luogo il Consiglio europeo delle federazioni dell'industria chimica (CEFIC) per i produttori («operatori») e alcuni importanti utilizzatori finali, e la Federazione europea dei distributori di prodotti chimici (FECC) per i distributori e gli utilizzatori finali di minori dimensioni, nonché rappresentanti degli Stati membri che saranno incaricati di attuare le proposte. Vi è stato un consenso generale sul fatto che la proposta attuale costituisce l'opzione preferibile.

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1

La proposta della Commissione estende agli utilizzatori finali di anidride acetica, vale a dire le imprese che l'acquistano per le proprie utilizzazioni o i propri processi nell'UE, gli obblighi di registrazione già in vigore per produttori, distributori e commercianti di tale sostanza.

3.2

L'obiettivo è contenere ulteriormente i dirottamenti di anidride acetica tentati o perpetrati nell'UE, per ridurre l'uso illecito di tale sostanza al di fuori dell'UE e per creare una maggiore certezza giuridica per le imprese che operano legalmente sul territorio dell'Unione europea.

3.3

L'attuale categoria 2 in cui il regolamento (CE) n. 273/2004 classifica alcune sostanze viene pertanto divisa in due sottocategorie: 2A per l'anidride acetica e 2B per quattro altre sostanze chimiche non interessate dalle modifiche in esame. Le definizioni della categoria 1, comprendente specialità chimiche prodotte in quantità minori, che sono soggette a controlli ancora più rigorosi in quanto precursori essenziali, altamente sensibili, di droghe, e della categoria 3, riguardante sostanze chimiche amorfe multiuso, rimangono invariate.

3.4

La proposta prevede inoltre la costituzione di una banca dati europea dei precursori di droghe, allo scopo di garantire un'efficiente raccolta di informazioni sui sequestri e le intercettazioni e di conservare un elenco degli operatori e degli utilizzatori che producono, commercializzano o usano legalmente i precursori di droghe.

3.5

La proposta inoltre chiarisce alcune definizioni preesistenti, esonera le microimprese dal pagamento dei costi di registrazione, modifica le vigenti regole sulla procedura di comitato in linea con le nuove disposizioni del Trattato di Lisbona e sopprime il requisito di una procedura formale di adozione nella preparazione di orientamenti. Essa chiarisce inoltre i diritti degli Stati membri per quanto riguarda l'adozione di misure ulteriori per ottenere informazioni ed eventualmente accedere ai locali destinati all'attività produttiva degli operatori in caso di ordini sospetti connessi a sostanze non registrate.

3.6

La proposta si basa sull'articolo 114 del TFUE e, almeno nella sua forma attuale, soddisfa i previsti requisiti di sussidiarietà e di proporzionalità.

3.7

Il regolamento entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'UE e sarà interamente vincolante e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Esso prevede una fase transitoria della durata massima di 18 mesi per lo sviluppo, da parte delle autorità competenti, dei processi pertinenti e per la prima registrazione di alcuni utilizzatori finali. La procedura di registrazione è stata resa più rigorosa per tutti gli utenti e la registrazione può essere negata se le informazioni fornite alle autorità competenti sono giudicate inadeguate.

3.8

La proposta è accompagnata da un memorandum esplicativo e da un documento di lavoro dei servizi della Commissione (valutazione di impatto). Viene inoltre fornita una sintesi della valutazione di impatto. Le pertinenti pagine Internet delle direzioni generali Imprese e industria (DG ENTR) e Tassazione e unione doganale (DG TAXUD) riassumono lo sviluppo della legislazione comunitaria sul monitoraggio e il controllo dei precursori di droghe nell'UE e tra questa e i paesi terzi e forniscono link a tutti i documenti, le parti in causa e le organizzazioni pertinenti.

3.9

Le relazioni della Commissione sui sequestri e le intercettazioni di precursori di droghe, elaborate in base a dati forniti dagli Stati membri relativi agli anni tra il 2006 e il 2010, illustrano la motivazione della proposta in esame e figurano nelle pagine Internet. In una presentazione del 16 ottobre 2012, destinata al gruppo di lavoro del Consiglio sull'unione doganale, la DG ENTR ha fornito ulteriori informazioni sul contesto. È stata anche fornita una copia degli orientamenti destinati agli operatori, pubblicati congiuntamente da DG ENTR e DG TAXUD e distribuita dalle autorità nazionali competenti esclusivamente alle imprese meritevoli di fiducia impegnate in transazioni lecite a lungo termine di sostanze classificate e non classificate.

3.10

Altri documenti, come il rapporto del 2011 dell'Organo internazionale di controllo degli stupefacenti sui precursori e le sostanze chimiche utilizzate frequentemente nella produzione illecita di droghe e sostanze psicotrope, e il rapporto del 2012 del Dipartimento di Stato USA sulla strategia internazionale di controllo della droga – controllo delle sostanze chimiche, offrono punti di vista esterni più generali. Ad esempio, è ormai riconosciuto che in Afghanistan non c'è una domanda legale di anidride acetica, e che pertanto tutte le importazioni in tale paese sono illegali. Nel 2011 le forze della coalizione hanno sequestrato circa 20 tonnellate di tale sostanza, a fronte di importazioni molto superiori. Le principali fonti illecite, stando alle informazioni disponibili, sono la Cina, la Corea del Sud, l'Europa, gli Stati dell'Asia centrale e l'India. Si tratta evidentemente di un lavoro in corso, nel cui contesto rimangono essenziali una stretta cooperazione internazionale e una fiducia reciproca acquisita sul campo.

4.   Osservazioni generali

4.1

Nel parere del 26 febbraio 2003 (1) sul documento COM(2002) 494 final, il CESE ha sostenuto pienamente la proposta della Commissione circa i controlli sui precursori di droghe. Il documento finale, regolamento (CE) n. 273/2004 del febbraio 2004, tiene debito conto di ciò (2).

4.2

Il CESE sostiene inoltre decisamente gli sforzi volti a ridurre l'uso di droga dentro e fuori dell'UE, come risulta chiaramente dal parere del maggio 2012 sulla comunicazione della Commissione Verso un'azione europea più incisiva nella lotta alla droga  (3), in cui sottolinea l'esigenza di mantenere un approccio equilibrato nei confronti sia dell'offerta che della domanda. Le riduzioni dell'offerta, che possono essere solo temporanee, devono essere coadiuvate da politiche dell'Unione e nazionali forti, ben mirate ed efficaci nel campo della sanità pubblica e in special modo della prevenzione (art. 168, par. 1, del TFUE). Saranno essenziali la cooperazione e lo scambio di buone pratiche tra Stati membri. Le politiche dovrebbero essere basate su dati e risultanze oggettive, piuttosto che viceversa.

4.3

Il CESE sostiene quindi fortemente la proposta in esame, volta a rafforzare il monitoraggio e il controllo del commercio di anidride acetica tra imprese nell'UE e ad applicare ulteriori misure per coadiuvare il monitoraggio e il controllo dei precursori di droghe in generale, in particolare attraverso la creazione di una banca dati europea sugli operatori e gli utilizzatori finali autorizzati o registrati e sulle informazioni fornite dagli Stati membri circa i sequestri e le intercettazioni di sostanze dirottate verso usi illegali, specificamente la produzione di stupefacenti e di sostanze psicotrope, generalmente in paesi terzi. Il dirottamento di piccole quantità di anidride acetica per la produzione di eroina costituisce un motivo di particolare preoccupazione.

4.4

Il CESE si congratula inoltre con la Commissione e tutti i soggetti coinvolti nell'attuazione della vigente legislazione, e nei successivi processi di revisione e di consultazione, per la cooperazione stretta e continua con gli Stati membri, le autorità di regolamentazione, gli organi addetti all'applicazione della legge, i produttori, i vettori e gli utilizzatori finali, a norma dell'articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite del 1988. Ne sono risultate proposte mirate, informate e documentate, efficaci rispetto ai costi e oggetto di un chiaro sostegno, in grado quindi di essere pienamente applicate da tutte le parti in causa.

4.5

Tale cooperazione ha già condotto a una drastica riduzione delle quantità di precursori di droghe sequestrati o intercettati nell'UE, indicazione, si spera, del fatto che l'UE non è più considerata un obiettivo facile. Il monitoraggio su base volontaria di sostanze non classificate sembra essere stato particolarmente efficace. Nell'intervenire contro questi comportamenti criminali innovativi, persistenti e molto redditizi, è essenziale la flessibilità. In questo settore, quanto meno, ognuno ha lo stesso obiettivo, cosa che viene pienamente riconosciuta da tutte le parti in causa e che potrebbe forse servire da modello per una legislazione unionale efficace rispetto ai costi in altri settori, con un impatto più ampio sulle imprese, i lavoratori e i consumatori.

4.6

La legislazione è efficace anche perché i produttori, i distributori e gli utilizzatori finali interessati sono già impegnati - e hanno una certa esperienza - nell'applicazione di analoghi controlli sulle sostanze radioattive, gli agenti biologici, i prodotti chimici a duplice uso, le esportazioni assoggettate a un consenso preliminare informato e altro ancora. Presto entrerà in vigore una nuova disciplina sui precursori degli esplosivi. Occorre però lasciare invariato il modello generale di tali requisiti e limitare al minimo necessario l'elenco di sostanze soggette a registrazione o a licenza. L'attuale proposta ha pertanto buone possibilità di risultare efficace, per lo meno nei limiti del suo obiettivo, rigorosamente definito, di ridurre ulteriormente qualsiasi dirottamento verso impieghi illeciti dell'anidride acetica nel contesto del commercio lecito di tale sostanza sul territorio dell'UE. Ulteriori alternative, meno mirate o di più onerosa applicazione, avrebbero maggiori probabilità di fallire.

4.7

Il CESE concorda inoltre con la Commissione nel ritenere che la proposta in esame non abbia riflessi sulle condizioni operative dei settori produttivi coinvolti o sui diritti dei consumatori in generale, se non nella misura in cui costoro, a titolo individuale, sono favorevoli a una riduzione della disponibilità di eroina e di prodotti affini dentro o fuori dell'Europa. Purtroppo sarà difficile misurare se una siffatta riduzione si verifica realmente. La proposta, tuttavia, non dipende da questo equilibrio tra costi e benefici, e pertanto andrebbe applicata nella forma attuale e quanto più rapidamente possibile.

4.8

Infine il CESE intende contribuire a ulteriori iniziative dell'UE in questo campo, e invita pertanto la Commissione a varare quanto prima le nuove proposte in programma, in particolare in materia di sostanze psicotrope e di nuove droghe «di progettazione» puramente sintetiche, che stanno attualmente sostituendosi in modo costante alle droghe tradizionali quali l'eroina, oltre ad estendere il mercato complessivo.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Il CESE osserva che adesso si può ravvisare una sovrapposizione tra le definizioni di «operatore» e di «utilizzatore», perché tutti gli operatori interessati saranno prima o poi «in possesso di sostanze classificate». Essendo evidentemente necessario distinguere le due figure, si potrebbero inserire le parole «non è un operatore ma» dopo «persona fisica o giuridica che» all'articolo 2, lettera h).

5.2

È inoltre importante stabilire che quanto sopra si riferisce specificamente a utilizzatori che hanno sede e sono attivi nell'UE. Le vendite e/o consegne a utenti al di fuori dell'UE sono oggetto di una legislazione a parte. Per garantire un corretto funzionamento del mercato interno, occorrerebbe anche che gli Stati membri chiarissero tra di loro dove occorra effettuare la registrazione in quanto operatore o utilizzatore, ad esempio nello Stato in cui ha sede l'operatore o utilizzatore o in quello in cui il prodotto (l'anidride acetica) viene immesso nel mercato.

5.3

L'obbligo di prima registrazione degli utilizzatori finali potrebbe condurre, nel breve periodo, a perturbazioni del commercio legale, che possono essere ridotte al minimo grazie a una comunicazione proattiva, nella fase transitoria di 18 mesi, da parte degli operatori e dei distributori, possibilmente sulla base di orientamenti chiari e opportunamente formulati emanati dalle autorità competenti degli Stati membri. Gli attuali orientamenti destinati agli operatori offrono un ottimo esempio di questo tipo di comunicazione. Occorrerebbe mettere in chiaro, al momento della registrazione, gli obiettivi e i vantaggi di quest'ultima, in maniera che gli utilizzatori finali e gli operatori siano consapevoli della possibilità e del rischio di un dirottamento della sostanza verso usi illeciti e possano pertanto contribuire meglio a ridurli al minimo. Le autorità competenti dovrebbero avere le stesse possibilità di accesso ai locali destinati alla produzione sia degli utilizzatori finali che degli operatori.

5.4

Il CESE è favorevole alla proposta della Commissione di esonerare le microimprese dal pagamento degli oneri di registrazione, poiché è essenziale non soltanto che il commercio legale prosegua (per il bene delle microimprese e di coloro che vi lavorano), ma anche che i controlli siano capiti e applicati nella misura più ampia possibile. Dato che le quantità richieste per utilizzazioni illegali sono relativamente modeste, i piccoli utilizzatori sono probabilmente i più esposti al rischio connesso a offerte che ritengono di non potere rifiutare. Nell'interesse della conformità alla legislazione sarà pertanto essenziale un'adeguata comunicazione in forma stampata ed elettronica, in tutte le lingue locali pertinenti.

5.5

Il CESE osserva che gli obblighi di rendicontazione e in generale di informazione in merito alle sostanze non registrate riflettono il loro carattere facoltativo, ossia gli Stati membri «possono» e non «devono» seguire le procedure proposte. Ovviamente questa situazione non è ideale ai fini della protezione del mercato interno, ma potrebbe essere preferibile all'aggiunta di altre sostanze all'elenco dei precursori prioritari già individuati. Occorrerebbe pertanto che tutte le parti in causa seguissero attentamente questa situazione.

5.6

Il CESE, infine, accoglie con favore la proposta relativa alla banca dati europea, e auspica fortemente che tale iniziativa venga portata avanti, a condizione che venga dotata di risorse adeguate per un aggiornamento a lungo termine e per l'uso di tutte le parti interessate, e che venga strutturata in modo da produrre risultati, senza limitarsi ad accumulare dati obsoleti o parziali. La qualità dei dati raccolti avrà un'importanza pari alla loro quantità. A tal fine sarà essenziale un sostegno continuo da parte degli organi preposti all'applicazione della legge degli Stati membri.

5.7

Ovviamente l'accesso ai dati deve essere limitato ai soggetti che praticano in maniera esclusiva e continua il commercio legale, verosimilmente gli stessi che figurano nella banca dati. Per tutelare il mercato interno e ridurre al minimo i costi, occorrerebbe armonizzare ove possibile i requisiti per l'inserimento di dati a carico degli operatori, dei distributori, dei commercianti, degli utilizzatori finali e degli Stati membri. Ciò non dovrebbe tuttavia entrare in conflitto con l'obiettivo primario della proposta, di individuare e limitare il dirottamento illegale di precursori di droghe e, possibilmente, di perseguire i responsabili.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 95 del 23.4.2003, pag. 6.

(2)  GU L 47 del 18.2.2004, pag. 1.

(3)  COM(2011) 689 final, parere del CESE: GU C 229 del 31.7.2012, pag. 85.


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa»

COM(2012) 529 final

2013/C 76/11

Relatore: PIGAL

La Commissione europea, in data 14 agosto 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa

COM(2012) 529 final.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 dicembre 2012.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 16 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 158 voti favorevoli, 2 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che il cloud computing (CC) rappresenti per l'Europa un'opportunità di crescita e di competitività, e, con il presente parere, intende proporre una visione diversa e complementare rispetto a quella espressa dalla Commissione nella sua comunicazione. Il Comitato esorta vivamente la Commissione a esaminare con attenzione questa proposta e ad adeguare in funzione di essa la sua strategia in materia di CC.

1.2

Il Comitato conviene con la Commissione sulla necessità di promuovere l'utilizzo del CC o «nuvola informatica» (risorse informatiche distribuite in remoto) in Europa al fine di rendere più agile, efficiente e innovativa l'economia dell'Unione. Appoggia quindi le tre azioni proposte dalla Commissione:

mettere ordine nella giungla di norme tecniche e sostenere i sistemi di certificazione;

elaborare condizioni contrattuali tipo «sicure ed eque» per i contratti di CC;

istituire un partenariato europeo che coinvolga gli Stati membri e le imprese al fine di sviluppare un settore pubblico fondato sul CC.

1.3

L'impiego del CC rafforza la necessità di proteggere i cittadini, i loro dati personali e la vita privata. È per questo motivo che il CESE incoraggia la Commissione a continuare su questa via, in particolare tramite la cooperazione internazionale e il rafforzamento di un quadro regolamentare per:

la protezione dei dati e della vita privata;

l'accesso dei governi ai dati;

il controllo dei dati e la gestione dei conflitti tra utenti e fornitori;

la portabilità e l'interoperabilità.

Il Comitato rammenta altresì che questi sforzi di protezione avranno un'efficacia massima per i dati immagazzinati da fornitori di CC con sede sul territorio europeo.

1.4

Il Comitato raccomanda alla Commissione di adoperarsi, in maniera parallela e complementare alle misure volte ad agevolare l'utilizzo del CC e ispirandosi al successo che questa architettura informatica sta riscuotendo negli USA, per favorire la creazione di una produzione europea di «energia digitale», ossia l'emergere e l'affermarsi di gestori europei di infrastrutture di CC (IaaS: Infrastructure as a Service).

Per realizzare questo obiettivo la Commissione può:

incoraggiare degli attori europei a mobilitarsi e a investire in progetti di produzione di energia digitale. Destinatari di quest'iniziativa potrebbero essere, in particolare, gli operatori di telecomunicazioni, gli editori di software ecc.;

rafforzare la dotazione dei fondi strutturali o favorire l'impiego delle sovvenzioni al fine di favorire la nascita di centri dati per CC gestiti da operatori europei; il finanziamento europeo della banda larga potrebbe servire da modello per quello del CC;

avviare dei progetti europei per i quali dei consorzi europei potrebbero proporre delle offerte competitive e rafforzare così le loro attività, i loro servizi e i loro prodotti.

Lo scopo è quello di trarre vantaggio da condizioni favorevoli (forte protezione dei dati in Europa, timori degli utenti nei confronti di provider troppo lontani, bisogno di solide garanzie di sicurezza ecc.), per consentire la comparsa di fornitori di servizi di CC europei, che siano locali, nazionali (cloud nazionale) o transfrontalieri (consorzi operanti in diversi Stati membri).

1.5

Le ristrutturazioni legate alla distribuzione in remoto (cloudification) dei servizi informatici, la perdita di posti di lavoro, le delocalizzazioni, la «virtualizzazione» e la sempre maggiore distanza tra utenti e informatici sono altri aspetti negativi di cui occorre tenere conto. Questo impatto sociale, tuttavia, nella comunicazione della Commissione non viene menzionato.

La Commissione si basa anzi sulle prospettive elaborate da una società di ricerche per annunciare che il CC dovrebbe condurre alla creazione di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro. Il Comitato si chiede se tali cifre non siano irraggiungibili e sconnesse dalla realtà del settore informatico.

1.6

A integrazione del partenariato europeo per il CC, la Commissione dovrebbe avviare al più presto l'elaborazione di una strategia di priorità al CCpolitica Cloud First », sull'esempio di quelle adottate negli Stati Uniti o in Nuova Zelanda) per promuovere l'utilizzo del CC nelle amministrazioni europee e in quelle degli Stati membri. L'obiettivo è quello di abbattere le barriere culturali o i timori individuali e, naturalmente, di poter beneficiare della massima flessibilità dei servizi, ma anche della riduzione considerevole dei costi legati al CC.

Naturalmente il Comitato esorta la Commissione a integrare in questa «politica Cloud First» delle misure di tutela per l'utilizzo del CC nel settore pubblico e in alcuni comparti sensibili di quello privato, al fine di controllare o addirittura evitare che tali servizi siano «ospitati» (hosted) da provider soggetti a regolamentazioni nazionali che comportano dei rischi per l'utente, per esempio il «Patriot Act» per i provider nordamericani, anche quando abbiano sede in Europa.

1.7

Una delle principali difficoltà (e paure) degli utenti (cittadini o imprese) in relazione al CC è rappresentata dalla gestione delle controversie con un provider avente sede fuori dai confini nazionali.

Sull'esempio del commercio elettronico, altrettanto internazionale e globalizzato come il CC, il Comitato, che ha formulato un parere al riguardo (1), propone che la Commissione preveda la risoluzione online delle controversie (ODR - Online Dispute Resolution) tra le possibili soluzioni per dirimere, grazie alla mediazione, la maggior parte delle controversie, in particolare quelle che coinvolgono più giurisdizioni. Tale mediazione, che deve essere indipendente e imparziale, potrebbe essere affidata a un'agenzia europea, già esistente o di nuova istituzione, con il compito di fungere da moderatore e negoziatore tra i provider e gli utenti di CC. Inoltre, questa attività di conciliazione consentirebbe di individuare le cause principali di controversia, le disfunzioni ricorrenti, le esigenze in termini di adeguamento delle pratiche o delle normative.

1.8

Sebbene i rappresentanti della Commissione abbiano confermato in varie occasioni (convegni, comunicati stampa ecc.) la loro volontà di sostenere l'informazione, la sensibilizzazione e la formazione degli utenti potenziali del CC, nella comunicazione in esame non viene proposta alcuna misura concreta e quantificata in questo senso.

Il Comitato si aspetta dunque che la Commissione completi la sua comunicazione con, in particolare, delle iniziative rivolte prioritariamente agli utenti meno consapevoli dei rischi legati al CC, vale a dire:

istruzione degli utenti individuali sulle protezioni e precauzioni d'uso legate al CC, sulle condizioni generali o i contratti applicabili, sulla tutela della privacy ecc.;

sensibilizzazione delle PMI sui vantaggi che può offrire loro il CC, sulla riduzione dei costi, sulla flessibilità e rapidità di adeguamento all'evoluzione informatica ecc.

1.9

Il Comitato propone che la Commissione aggiunga alla comunicazione l'elaborazione di norme sui consumi energetici dei centri di server dedicati al CC.

1.10

Per quanto riguarda le azioni che la Commissione intende intraprendere, il Comitato suggerisce di definire un calendario dettagliato e di pianificare in maniera precisa ed esplicita una tabella di marcia e delle relazioni sullo stato di avanzamento per ciascuno degli ambiti previsti.

2.   La proposta della Commissione

2.1

Il CC può essere spiegato riprendendo la descrizione introduttiva della comunicazione:

«Il cosiddetto CC (nuvola informatica) in sintesi, può essere inteso come l'archiviazione, l'elaborazione e l'uso di dati su computer remoti [senza conoscerne l'ubicazione precisa] e il relativo accesso via Internet».

A completamento, nel 2012 il Comitato ha adottato un parere esclusivamente dedicato al CC (2). Sono inoltre molto interessanti anche i lavori svolti dall'organismo di normalizzazione statunitense National Institute of Standards and Technology (NIST), dal Parlamento europeo e dal Garante europeo della protezione dei dati.

La Commissione ha pubblicato due documenti (ma la consultazione del Comitato riguarda solo il primo dei due):

una comunicazione (in prosieguo, «la comunicazione»), che illustra la strategia in materia di CC della Commissione europea (in prosieguo, «la Commissione»);

un documento di valutazione d'impatto.

2.2

La Commissione propone tre «azioni strategiche» intese a promuovere l'utilizzo di questa architettura informatica in Europa:

mettere ordine nella giungla di norme tecniche e sostenere i sistemi di certificazione a livello UE per i provider di servizi di CC affidabili;

elaborare condizioni contrattuali tipo «sicure ed eque» per i contratti di CC, in particolare per gli accordi sui livelli di servizio;

istituire un partenariato europeo per il CC che coinvolga gli Stati membri per sviluppare, insieme, dei settori pubblici basati sul CC.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Comitato propone una nuova visione del CC, illustrata dal concetto di «energia digitale», che si sta ormai diffondendo per indicare la capacità informatica (archiviazione, trattamento e trasferimento di dati) messa a disposizione dal CC.

L'energia digitale viene erogata senza che i consumatori conoscano il modo in cui viene prodotta, ossia quali siano il centro dati, la sua ubicazione, le tecnologie impiegate ecc. Si produce così una nuova segmentazione del mercato: agli utenti e ai fornitori di servizi, si vengono ora ad aggiungere dei «produttori di energia digitale», in grado di effettuare ingenti investimenti (dell'ordine di miliardi di dollari USA) per la creazione di centri di CC.

3.2

Come gli altri tipi di energia (fossile, elettrica ecc.), l'energia digitale assume un'importanza economica e strategica.

Innanzitutto, il controllo di questa energia (sia in termini di produzione che di distribuzione), è alla base del potenziale di crescita e di creazione di posti di lavoro cui mira l'Agenda digitale. Inoltre, è necessario un ruolo attivo nella produzione di energia digitale per garantire all'Europa e ai suoi Stati membri l'indipendenza e l'autosufficienza strategiche (almeno parziali).

3.3

L'evoluzione del CC in Europa richiederà quindi il controllo dell'intera catena di valore dell'energia digitale (utilizzo, servizi e produzione), come illustra la tabella seguente:

Livello di sviluppo

Descrizione

Obiettivi strategici

Descrizione

Utilizzo

Sempre maggiore utilizzo delle soluzioni di CC da parte dei privati, delle imprese e dei servizi pubblici.

Cloud Friendly (Atteggiamento aperto al CC)

L'Europa si limita a utilizzare l'energia digitale prodotta/sviluppata fuori dai suoi confini.

Servizi

Nascita di un nuovo indotto specializzato nello sviluppo di applicativi basati su infrastrutture di CC.

Cloud Active  (3) (Ruolo attivo in materia di CC)

L'Europa non è solo utilizzatrice ma anche attiva nel settore dell'energia digitale, attraverso l'innovazione e lo sviluppo di nuovi servizi.

Produzione

Creazione di capacità informatiche messe a disposizione dei fornitori di servizi e degli utenti (ossia «megaparchi» di server per l'infrastruttura di CC).

Cloud Productive  (4) (Ruolo produttivo in materia di CC)

L'Europa non si limita a proporre servizi ma è attiva anche nel settore digitale, producendo essa stessa energia digitale per essere indipendente e autosufficiente.

Questi ultimi decenni hanno dimostrato cosa significa per gli Stati membri, e per l'Europa nel suo complesso, dipendere dall'esterno per quanto riguarda le diverse fonti di energia: petrolio, gas, elettricità ecc. Se in futuro i dati dei cittadini, delle imprese e dei servizi pubblici europei dovessero essere «ospitati», gestiti e controllati da operatori extraeuropei di CC, sarebbe legittimo interrogarsi sugli effetti di una tale dipendenza:

protezione dei dati più sensibili che sono fondamentali per la competizione strategica tra paesi europei e paesi non europei, come nel settore aeronautico, automobilistico, farmaceutico, della ricerca ecc.;

disponibilità dei dati in caso di tensioni internazionali tra paesi in cui è ubicata l'infrastruttura di hosting e Stati membri;

parità di trattamento degli utenti di energia digitale a seconda che siano cittadini o organizzazioni di un paese «amico» o meno;

creazione di posti di lavoro e di ricchezza grazie alla produzione di energia digitale, ma anche attraverso l'intero indotto di sviluppo di servizi, nei paesi nei quali è ubicata l'infrastruttura di hosting, a tutto svantaggio dei paesi che sono semplici utilizzatori, essendosi limitati a essere «cloud-friendly».

3.4

Ma l'Europa è già fortemente dipendente da soggetti extraeuropei per la fornitura di hardware, software e reti informatiche. I social network di maggior successo hanno sede negli Stati Uniti. I motori di ricerca più utilizzati sono controllati da società con sede negli Stati Uniti o in Cina. Lo sviluppo di sistemi informatici viene sempre più esternalizzato in India o in altri paesi a basso costo.

Attualmente, la produzione di energia digitale viene quasi completamente controllata a livello mondiale da un oligopolio di soggetti. Il primo operatore europeo, secondo alcuni studi, è la società francese OVH (acronimo di «On Vous Héberge» (Vi ospitiamo) - www.ovh.com), che tuttavia non può vantare la stessa visibilità e influenza a livello mondiale. Alcune iniziative sono state intraprese da operatori di telecomunicazioni quali T-Systems, Telefonica Digital, Cloud Sigma, Numergy/SFR o Cloudwatt/Orange, i quali però non sono in grado di competere con i leader del mercato Amazon, Microsoft e Google.

3.5

Attualmente, le normative dei diversi Stati membri, pur presentando tra loro alcune differenze, sono vicine ai testi, agli standard e alle direttive europee; da ciò scaturiscono i timori, talvolta legittimi, degli utenti per la delocalizzazione dei loro dati al di fuori dell'Europa, con conseguenti difficoltà e stalli giudiziari in caso di controversia.

Inoltre, il maggior motivo di preoccupazione per gli utenti è rappresentato dal «Patriot Act». Questa legge federale statunitense, emanata nel quadro della lotta contro il terrorismo (dopo gli attentati alle Twin Towers), consente al governo degli Stati Uniti o a un giudice federale di accedere a qualsiasi informazione, indipendentemente dal fatto che ne sia proprietario un cittadino americano o meno; l'unico requisito è che tali dati siano ospitati e gestiti da una società americana, persino se sono fisicamente archiviati in un centro ubicato sul suolo europeo. Ciò che inquieta è soprattutto il fatto che il proprietario di tali dati non può essere informato della divulgazione dei dati ospitati da parte della società di hosting.

3.6

Dal punto di vista economico, secondo la Commissione, il settore potrebbe creare 2,5 milioni di posti di lavoro nei prossimi otto anni in Europa e contribuire nella misura di 160 miliardi di euro l'anno al PIL dell'Unione europea (ossia per circa l'1 %).

Il Comitato si interroga sulla pertinenza di questi obiettivi quantitativi. Infatti, da un'analisi dettagliata dell'impatto del CC sul terreno emerge che:

i servizi di gestione saranno «condivisi» tra gli utenti del CC, il che si traduce naturalmente in una riduzione degli organici, se non addirittura in una delocalizzazione;

il CC favorisce l'utilizzo di software standard (cfr. SaaS) a scapito dello sviluppo di applicativi più specifici che richiedono anche un maggior numero di sviluppatori. Quindi, anche su questo piano si può prevedere una perdita di posti di lavoro.

Tuttavia, nella comunicazione, l'impatto sociale di cui sopra non è menzionato né preso in considerazione; come neppure, del resto, le ristrutturazioni legate alla distribuzione in remoto dei servizi informatici, la perdita di posti di lavoro, le delocalizzazioni, la «virtualizzazione» e la sempre maggiore distanza tra utenti e informatici.

3.7

Il semplice utilizzo del CC consente già di realizzare dei risparmi energetici per le apparecchiature informatiche. Nello stesso tempo, i grandi provider di CC (capacità di memoria e servizi associati) possiedono parchi di server dotati per lo più di processori con consumi di circa 100 W/h per unità, che potrebbero essere ridotti a un decimo a breve o medio termine. Alcuni produttori di microprocessori fabbricano processori a buon mercato, che generano meno calore (un vero e proprio problema per il condizionamento delle sale server) e consumano meno elettricità.

4.   Osservazioni particolari

4.1

La Commissione si concentra principalmente sul cloud pubblico, senza soffermarsi sul mercato del cloud privato. Eppure quest'ultimo è un approccio ritenuto affidabile e talvolta necessario per le informazioni critiche, da tenere in considerazione prima di riflettere a un concetto esclusivo di «cloud pubblico», il quale, si noti, è da intendere come «cloud pubblicamente disponibile» e non «cloud per i servizi pubblici».

4.2

Nella sezione introduttiva, la Commissione afferma che la tecnologia del CC può comportare «ulteriori» rischi, il che non corrisponde necessariamente alla realtà: infatti, il cloud crea sicuramente nuovi rischi, ma ne elimina anche altri.

4.3

Alcuni termini inglesi come «cloud-friendly» o «cloud-active» sono difficili da tradurre in altre lingue; in alcuni casi, le versioni tradotte della comunicazione hanno completamente distorto la finalità della versione originale. Ad esempio, ai punti 3.1 e 3.2, i concetti «cloud-friendly» e «cloud-active» vengono tradotti (in alcune lingue) in modo identico sebbene si riferiscano a obiettivi diversi.

5.   Analisi del Comitato economico e sociale europeo

5.1

Le proposte della Commissione per promuovere l'utilizzo del CC mirano a:

migliorare i contratti tra i consumatori e i fornitori di energia digitale, allo scopo di imporre (o impedire) talune clausole in modo da tutelare meglio i singoli utenti o le piccole imprese dal potere di alcuni produttori;

giungere a norme coerenti e universalmente riconosciute, che facilitino l'interoperabilità, se non addirittura la portabilità, tra due piattaforme di CC;

definire un mercato unico europeo del CC basato su un quadro giuridico coerente, possibilmente comune a tutti gli Stati membri.

Tutte queste proposte sono concrete, realistiche e necessarie; di conseguenza, sono pienamente sostenute dal CESE. Il Comitato osserva, tuttavia, che le prime due proposte riguardano difficoltà che non sono proprie dell'Europa, e si sarebbe quindi aspettato che, nella sua comunicazione, la Commissione si fosse concentrata in primo luogo su difficoltà specificamente europee.

5.2

Il Comitato rimane fedele agli obiettivi fondamentali dell'Agenda digitale, ossia:

far conquistare all'Europa, ai suoi Stati membri e ai suoi operatori economici la posizione di leader nel settore delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni;

raggiungere un certo grado di indipendenza da altre zone economiche all'avanguardia o emergenti;

e, soprattutto, creare posti di lavoro e ricchezza all'interno dell'Europa stessa.

5.3

Per quanto riguarda la promozione dell'«utilizzo» del CC, nel punto 3.1 della comunicazione in esame viene menzionato due volte il concetto di « cloud-friendly » (nella versione italiana: «[politiche] a sostegno del cloud » e «[rendere l'Europa più] aperta ai servizi di cloud ») quale obiettivo da raggiungere. Ma, nei suoi numerosi interventi a sostegno del CC, la commissaria responsabile dell'Agenda digitale ha difeso l'obiettivo di rendere l'Europa « cloud-active », ossia attiva nella diffusione di questa tecnologia.

La vicepresidente della Commissione europea Neelie Kroes ha affermato a Davos (il 27 gennaio 2011): «I want to make Europe not just cloud-friendly but cloud-active» (Non mi accontenterò che l'Europa sia soltanto favorevole al CC («cloud-friendly»), ma voglio che sia anche attiva in questo settore («cloud-active»)); e ha annunciato ufficialmente la pubblicazione della comunicazione in esame con un articolo intitolato «Making Europe cloud-active» (Rendere l'Europa attiva nel settore del CC), pubblicato sul suo blog (il 27 settembre 2012). Il livello di sviluppo sostenuto nei suoi interventi è dunque più ambizioso del semplice livello «cloud-friendly».

Il Comitato si meraviglia quindi del divario tra gli obiettivi legittimamente difesi dalla vicepresidente della Commissione, da una parte, e le azioni che vengono in realtà proposte nella comunicazione, dall'altra. Inoltre, il CESE ricorda che, in un suo precedente parere (5), aveva invitato la Commissione a essere più ambiziosa non limitandosi a rendere l'Europa attiva sul fronte del CC (cloud-active), ma proponendole di puntare a essere « cloud-productive », ossia fornire essa stessa soluzioni di CC.

5.4

La comunicazione non propone la creazione di un soggetto europeo, un «super-cloud europeo», per la produzione di energia digitale. Data la missione della DG Connect e la difficoltà di creare un «colosso» di questo genere, il CESE comprende e sostiene questo punto di vista. Anche i diversi soggetti che operano nel settore (operatori di telecomunicazioni, editori di software, integratori di sistemi ecc.), consultati dal Comitato, sono unanimi nel sostenere questa posizione.

Nondimeno, tra un irrealistico «colosso» europeo e dei «micro-cloud» europei relegati ai mercati di nicchia per effetto della potenza commerciale, finanziaria e in termini di marketing messa in campo dagli operatori mondiali e non europei, deve pur esistere una via di mezzo europea!

La proposta del Comitato mira a favorire la nascita e il rafforzamento di grandi gestori europei di megacentri di CC: il futuro settore europeo del digitale. Questi operatori potranno essere locali, nazionali (cloud nazionale) o transfrontalieri (consorzi operanti in diversi Stati membri).

5.5

Il Comitato fa inoltre notare che gli operatori europei di CC, pur non avendo le dimensioni dei leader del mercato, beneficiano di alcuni vantaggi competitivi:

gli utenti dei servizi di CC sono ancora molto cauti e preferiscono un provider più «vicino», possibilmente nazionale o addirittura regionale, anche se tale cautela non consente di massimizzare la riduzione dei costi di questi servizi;

la normativa in materia di protezione dei dati vigente in Europa e negli Stati membri resta complessa per gli utenti e favorisce la scelta di un provider nazionale;

attualmente la normativa internazionale, alla quale sono soggetti i provider di paesi extraeuropei, non è adeguata per il CC; il Patriot Act statunitense ne è l'esempio più eloquente.

Queste condizioni favorevoli alla comparsa di operatori europei, tuttavia, non dureranno a lungo. È quindi importante e urgente che la Commissione agisca per promuovere la nascita di soggetti europei in questo periodo ancora favorevole.

5.6

Al punto 2 della comunicazione in esame si legge che «con gli sforzi individuali a livello nazionale è poco probabile che si raggiunga un livello ottimale di efficienza in termini di costi». Il Comitato invita la Commissione a riconsiderare la sua posizione nei confronti del cloud nazionale.

In primo luogo, in nessun punto della comunicazione o della valutazione d'impatto tale affermazione viene suffragata dal benché minimo elemento concreto, il che è assai sorprendente vista la perentorietà dell'affermazione.

In secondo luogo, visto che la comunicazione non propone alcuna soluzione alternativa, le critiche nei confronti dei cloud nazionali o locali appaiono severe e rischiano di pregiudicare qualsiasi soluzione credibile per creare un'offerta di CC solida, sostenibile e capace di competere con i «colossi» di altre aree geografiche (India, Cina o Stati Uniti).

5.7

L'approccio proposto, attraverso il partenariato europeo per il CC, è in gran parte incentrato sul settore dei servizi pubblici (cfr. punto 3.5 della comunicazione in esame) che intende «promuovere una leadership comune del settore pubblico».

Il Comitato riconosce e appoggia la posizione della Commissione circa l'importanza dei servizi pubblici nei modelli socioeconomici europei: essi possono infatti svolgere un ruolo nello sviluppo del CC.

Tuttavia, per il Comitato è difficile immaginare che, in un contesto generale di restrizioni di bilancio, i servizi pubblici europei possano fungere da promotori dell'innovazione in materia di CC. Ricorda inoltre che gli artefici dei maggiori successi europei sono stati il settore privato tout court (ad esempio, la telefonia mobile e le smart card) o un settore privato che abbia beneficiato del sostegno pubblico (ad esempio, Airbus, Arianespace ecc.).

Il Comitato raccomanda alla Commissione di precisare in maniera più esplicita il ruolo di «leadership» previsto per questo partenariato.

5.8

L'approccio proposto dalla Commissione si inquadra in un modello «top-down» (dall'alto), volto cioè a promuovere l'utilizzo al fine di favorire il decollo di servizi e, possibilmente, della produzione di energia digitale.

Il Comitato sosterrebbe pienamente questa espansione graduale guidata dalla domanda, in un contesto privo di operatori dominanti, o con un equilibrio tra gli operatori europei e quelli extraeuropei. Purtroppo questo contesto non esiste più: i principali operatori del CC sono extraeuropei e detengono una posizione di oligopolio. La promozione dell'utilizzo del CC potrebbe pertanto avere effetti controproducenti, andando a rinforzare ulteriormente la posizione di questi operatori leader.

Il Comitato non è contrario a questo sviluppo, ma insiste affinché la Commissione preveda delle «misure di tutela» affinché le sue azioni rechino beneficio agli operatori europei e consentano loro di contrastare la posizione dominante di quelli extraeuropei.

5.9

In maniera parallela e complementare all'approccio «top-down» di cui sopra, il Comitato incoraggia la Commissione a proporre azioni concrete che rientrino in modo esplicito in un approccio «bottom-up» (dal basso), vale a dire volte a favorire la nascita di produttori di CC a livello regionale, nazionale o transfrontaliero, per promuovere poi lo sviluppo dei servizi legati a questa tecnologia e il suo utilizzo.

Altri settori, come quello automobilistico o della telefonia mobile, hanno dimostrato come una produzione industriale forte in Europa possa esercitare un effetto di traino sui livelli superiori (servizi e utilizzo). Gli incentivi a favore di questi settori potrebbero essere riutilizzati per la produzione di energia digitale.

Un altro esempio da considerare è quello degli Stati Uniti, dove la promozione del CC ha seguito fin da subito un approccio «bottom-up», con il successo che sappiamo.

Il Comitato propone quindi alla Commissione di trarre ispirazione da questo esempio riuscito di promozione, su vasta scala, del CC per contribuire a un successo analogo in Europa.

5.10

La Commissione, come le altre istituzioni europee, fa un larghissimo uso di risorse informatiche, ma molto raramente le soluzioni sviluppate finora sono basate sul CC. Nel frattempo gli Stati Uniti hanno adottato il «Cloud First Act», che impone alle amministrazioni interessate di dare la priorità a un approccio basato sul CC.

Sull'esempio di questo successo, il Comitato propone che la Commissione adotti una strategia per la priorità al CC («politica Cloud First »), da applicare a se stessa e alle altre istituzioni europee, consentendo in questo modo lo sviluppo di un indotto europeo specializzato in questa tecnologia e la realizzazione di risparmi considerevoli sul fronte dei costi operativi.

5.11

In passato la Commissione aveva messo a punto e attuato delle azioni sul terreno, ad esempio per la rete a banda larga e la «modernizzazione informatica», che prevedevano in particolare:

programmi di informazione e di comunicazione volti a sensibilizzare e formare gli attori locali interessati;

programmi di sviluppo di progetti innovativi intesi a sviluppare l'indotto locale, anche in regioni considerate escluse dall'innovazione;

sovvenzioni volte a modernizzare i servizi pubblici, ad esempio mediante l'amministrazione digitale (e-Government).

Visto il successo di questi precedenti programmi, il Comitato invita la Commissione a pianificare e a iscrivere a bilancio un programma analogo specifico per il CC.

Il CESE chiede che le basi di dati istituzionali e protette entrino a far parte in maniera regolamentata - e graduale, ma quanto più possibile tempestiva - dell'ambiente di cloud computing. Ciò consentirebbe ai cittadini di gestire più facilmente i dati critici (a norma delle disposizioni dell'UE e di quelle nazionali), accrescendo al tempo stesso la fiducia nel CC.

5.12

La Commissione propone una serie di azioni per lo sviluppo del CC, per le quali la comunicazione non fornisce però un calendario preciso e serrato.

Il Comitato sollecita pertanto la Commissione a pubblicare quanto prima una tabella di marcia in questo senso. L'evoluzione attorno alla tecnologia del CC è rapida, ed è quindi urgente e importante che tutti i soggetti possano accordare e allineare la propria strategia alle azioni della Commissione.

Bruxelles, 16 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Pareri in merito alla direttiva sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, GU C 181 del 21.6.2012, pag. 93, e in merito al regolamento relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori, GU C 181 del 21.6.2012, pag. 99.

(2)  Parere CESE sul tema Il cloud computing in Europa (parere d'iniziativa), GU C 24 del 28.1.2012, pag. 40.

(3)  Questo livello di sviluppo è quello sostenuto dalla vicepresidente della Commissione Neelie Kroes, responsabile dell'Agenda digitale, in numerosi suoi interventi.

(4)  Il CESE ha proposto questo obiettivo strategico più ambizioso nel suo precedente parere sul tema del CC (TEN/452).

(5)  Parere CESE sul tema Il cloud computing in Europa (parere d'iniziativa), GU C 24 del 28.1.2012, pag. 40.


14.3.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 76/66


Parere del Comitato economico e sociale europeo «Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un partenariato rinnovato per lo sviluppo UE-Pacifico»

JOIN(2012) 6 final

2013/C 76/12

Relatore: CEDRONE

La Commissione europea e l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, in data 21 marzo 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Verso un partenariato rinnovato per lo sviluppo UE-Pacifico

JOIN(2012) 6 final.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 dicembre 2012.

Alla sua 486a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 gennaio 2013 (seduta del 17 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 139 voti favorevoli, 13 voti contrari e 14 astensioni.

1.   Conclusioni e proposte

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) considera ambiziosi e di ampio respiro gli obiettivi che la UE ha posto alla base del nuovo partenariato per lo sviluppo UE-Pacifico, ma ritiene poco chiare le modalità di attuazione, che sono rivolte prevalentemente alla tutela ambientale e salvaguardia della biodiversità nella regione. Condivide la necessità di affrontare in modo sinergico con altre organizzazioni l'impatto dei cambiamenti climatici, che condizionano in modo trasversale tutte le politiche di sviluppo nazionali e multilaterali e hanno ripercussioni non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale. Le problematiche legate all'impatto dei cambiamenti climatici, inoltre, dovrebbero far parte in modo organico delle politiche ambientali dell'area, così da indirizzare comportamenti e interventi coerenti.

1.2

Il CESE considera, però, che per raggiungere questo obiettivo sia necessario arrivare ad azioni e ad attività integrate di sviluppo sostenibile nei paesi coinvolti, al fine di massimizzare gli effetti degli aiuti, utilizzare in modo sinergico tutti gli interventi, coinvolgendo attivamente anche gli attori locali con un approccio programmatico di medio-lungo periodo.

1.3

Il CESE ritiene importante che nella Comunicazione ci sia un riferimento al riconoscimento che il pieno godimento dei diritti e la stabilità della democrazia sono essenziali per lo sviluppo economico di un paese. Purtroppo la trattazione della situazione a Figi, dove permane un sistema dittatoriale che continua a privare i propri cittadini dei diritti fondamentali, è solo accennata, mentre meriterebbe una presa di posizione più determinata e coerente da parte europea.

1.4

Si dovrebbe sfruttare l'opportunità della definizione del nuovo partenariato di sviluppo, per indicare principi e condizionalità, che dovrebbero costituire una linea di indirizzo della UE verso tutti i paesi beneficiari degli aiuti comunitari, a partire dalla piena applicazione dell'Accordo di Cotonou. Va garantito, inoltre, l'esercizio effettivo della democrazia in tutti i paesi, attraverso il pieno godimento dei diritti fondamentali e del lavoro e la partecipazione alla vita democratica.

1.5

Particolare attenzione deve essere rivolta alla drammatica e preoccupante condizione delle donne in tutti i paesi dell'area, private dei più fondamentali diritti. I diritti e la protezione delle donne dovrebbero svolgere un ruolo importante in tutte le questioni collegate alle relazioni UE-Pacifico. L'elevato livello di violenza legata al genere e il basso grado di coinvolgimento delle donne nei processi decisionali, come anche la loro scarsa presenza nelle posizioni elevate, sono fonte di preoccupazione per il CESE e i suoi partner e dovrebbero rivestire maggiore importanza nel documento e nelle attività future della Commissione.

1.6

Per il CESE resta fondamentale la crescita delle parti sociali e della società civile nel suo insieme, in questa regione come nelle altre interessate agli accordi stipulati con l'UE. A questo fine è fondamentale che vengano promossi ed attuati strumenti idonei che consentano praticamente il raggiungimento di tale obiettivo. Pur consapevole delle difficoltà legate alla collocazione geografica che limitano anche relazioni bilaterali strutturate, il CESE ritiene utile in particolare la creazione di una rete e di un comitato misto a livello territoriale, di singolo paese e auspicabilmente dell'intera area. Questi strumenti di partecipazione dovrebbero agevolare il coinvolgimento attivo delle parti sociali e della società civile in tutte le fasi relative alla definizione, alla messa in opera e al monitoraggio degli accordi. Questo dovrebbe diventare un vero e proprio principio. È auspicabile un'iniziativa diretta a favorire la nascita di un vero e proprio CES della regione anche per favorire il rafforzamento del dialogo sociale e civile e migliorare lo sviluppo di capacità (capacity building) di tutti gli attori locali prevedendo dei finanziamenti specifici.

1.7

Il CESE ritiene prioritario un coordinamento tra le diverse azioni dell'UE attraverso le differenti direzioni della CE coinvolte nei programmi e il SEAE, come anche il coinvolgimento dell'OMC nella regione. Tale coordinamento è essenziale, viste le ridotte dimensioni delle amministrazioni pubbliche dei paesi interessati. Questo orientamento può rappresentare un'opportunità per l'azione decisiva del SEAE nella speranza che l'UE rafforzi la sua azione di politica estera a partire da un maggior coordinamento tra i paesi UE.

1.8

Nella sua comunicazione la Commissione insiste in particolare misura sul clima. Il CESE rileva tuttavia che lo sviluppo economico è essenziale per far fronte alla sfida climatica. Ai fini di assicurare una crescita inclusiva, sostenibile e integrata a favore dello sviluppo nella regione, il CESE ritiene fondamentale che venga garantita la coerenza tra le politiche di sviluppo e gli interventi per la tutela ambientale, così come in altri settori, quali commercio, pesca, agricoltura, sicurezza alimentare, ricerca e sostegno ai diritti umani e alla democrazia. I criteri di erogazione degli aiuti devono basarsi su indicatori ben definiti e prestabiliti, anche per il successivo monitoraggio dei programmi e attraverso un coordinamento dei diversi soggetti donatori.

1.9

Il CESE condivide l'indicazione di differenziare gli interventi tra paesi ACP e Paesi d'Oltremare tenendo conto delle diverse situazioni istituzionali e di sviluppo dei singoli paesi ai fini di ottimizzare le opportunità d'integrazione nella regione. Va valutato anche lo stato dei Territori d'Oltremare, che hanno uno sviluppo più avanzato rispetto agli altri paesi e che già beneficiano del Fondo europeo di sviluppo e di aiuti bilaterali. Tali interventi andrebbero coordinati con i programmi destinati agli altri paesi della regione. Questi Territori potrebbero costituire un riferimento importante «per diffondere i diritti, i valori e le buone pratiche delle politiche europee centrate sulla crescita inclusiva».

1.10

Per quanto riguarda gli accordi commerciali sarebbe opportuno, pur considerando le difficoltà attuali, indirizzarsi verso un accordo di area superando gli accordi bilaterali, tenendo conto, comunque, che, ad eccezione della pesca, si tratta di piccole entità economiche in termini relativi di scambi.

1.11

Il CESE ritiene inoltre opportuno che l'UE segua con attenzione, presso l'apposita commissione dell'ONU, i negoziati sui diritti marittimi legati alla PIATTAFORMA CONTINENTALE, in particolare per quanto riguarda l'area oggetto del presente parere.

2.   Introduzione

2.1

Com'è noto, l'UE ha concluso diversi partenariati con l'area del Pacifico; questo nuovo partenariato riguarda 15 paesi insulari indipendenti (1), 4 paesi e territori d'oltremare (PTOM) (2), il Forum delle Isole del Pacifico (PIF), l'Australia e la Nuova Zelanda – quali principali membri del Forum nonché partner che condividono i medesimi principi. Dopo la strategia del 2006, lo scopo è quello di consolidare il proprio ruolo nell'area, sia perché la UE è il 2o donatore dopo l'Australia, sia per contribuire allo sviluppo economico e sociale di tutta la regione, riconoscendo la necessità di assicurare anche il pieno rispetto dei diritti e il consolidamento di istituzioni democratiche.

2.2

Partendo dall'accordo di Cotonou (UE-ACP), l'UE si propone con la presente comunicazione di concentrare la sua azione nel Pacifico in quanto regione su alcuni obiettivi fondamentali conformemente al proprio Programma di cambiamento (3):

promuovere la coerenza tra le politiche in materia di sviluppo e di azione per la tutela ambientale e altre politiche dell'UE in settori quali il commercio, l'ambiente, la pesca e la ricerca, da un lato, e il sostegno al riconoscimento e pieno godimento dei diritti umani e della democrazia, dall'altro;

adeguare e razionalizzare i metodi di erogazione di aiuti pubblici allo sviluppo (APS) dell'UE prevedendo maggiori finanziamenti destinati alla lotta contro i rischi dei cambiamenti climatici nella regione del Pacifico, al fine di aumentare complessivamente valore aggiunto, risultati, impatto ed efficacia degli aiuti;

stimolare la riuscita dell'integrazione regionale dei PTOM del Pacifico potenziandone la capacità di promuovere i valori dell'UE e diventare catalizzatori di crescita inclusiva e sostenibile a favore dello sviluppo umano della regione;

definire con i paesi del Pacifico un programma costruttivo di punti di interesse comune nell'ambito delle Nazioni Unite e di altri consessi internazionali;

unire le forze con partner che condividono gli stessi principi per affrontare questioni fondamentali in materia di diritti dell'uomo e contribuire al consolidamento del processo democratico in tutta la regione.

Riconosciuta dai partner e interlocutori locali come leader nella lotta al cambiamento climatico e al suo impatto, l'UE intende consolidare la sua presenza nella regione in modo responsabile.

2.3

La maggior parte degli Stati e territori insulari costituisce comunque un'area piccola come popolazione interessata ma ampia come estensione ed eterogenea, che pone non pochi problemi a causa della particolare collocazione geografica della regione, facendone un insieme fragile e delicato, unito però non solo dall'ecosistema marino, che pure rimane un valore unico meritevole di attenzione e di difesa.

2.4

Non si tratta di un obiettivo facile da raggiungere, non solo per le ragioni indicate nella comunicazione, ma anche per i limiti imposti dalla crisi economica alla politica esterna dell'Unione, che potrebbero condizionare anche il futuro accordo di Cotonou, dopo il 2020. La collocazione di questi paesi, invece, ne fa un'area geostrategica anche per la UE, vista la vicinanza con paesi come la Cina ed il Giappone. Sarebbe molto utile a questo fine un maggiore coinvolgimento e un migliore utilizzo dei PTOM per la diffusione delle politiche, dell'implementazione dei programmi e della cultura giuridica dell'UE, con indubbi vantaggi reciproci.

3.   Aspetti positivi

3.1

Attenzione all'impatto dei cambiamenti climatici e alle gravi ripercussioni in tutta l'area sia sulla stabilità dell'ecosistema, fino al punto di minacciarne l'esistenza, che sui rischi di una sempre più squilibrata crescita sostenibile dei paesi coinvolti, dal punto di vista strettamente economico e di bilancio, ma anche politico e sociale, con un effetto moltiplicatore dei rischi, che limita anche il conseguimento degli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite;

3.2

Attenzione alla necessità di azioni integrate dei vari attori internazionali impegnati negli aiuti, sia bilaterali che multilaterali, oggi troppo frammentate, che ne impediscono la piena efficacia. Valorizzazione degli strumenti finanziari adottati e dell'impatto degli aiuti stessi;

3.3

La necessità di un coordinamento con le istituzioni internazionali; la comunicazione della Commissione fa riferimento soprattutto alle Nazioni Unite per l'impatto dei cambiamenti climatici;

3.4

Attenzione alla cooperazione regionale e alla necessità di potenziare (se non costruire) programmi settoriali e piani di sviluppo sostenuti dalle organizzazioni regionali per favorire un approccio integrato degli aiuti e della loro gestione oltre che delle stesse strategie di sviluppo dell'area;

3.5

Importanza del dialogo con gli attori istituzionali locali per definire i programmi di aiuto e per condividere le responsabilità della loro attuazione;

3.6

Attenzione a potenziare l'efficacia degli interventi mettendo in evidenza la necessità di predisporre con i paesi riceventi meccanismi condivisi di monitoraggio, gestione e implementazione degli stessi. A questo riguardo sarebbe necessaria una maggiore informazione specifica.

3.7

Analisi delle modalità di erogazione degli aiuti da parte di donatori multilaterali e bilaterali, esprimendo l'impegno ad adattare le modalità di erogazione degli aiuti in modo da rispondere alle difficoltà incontrate dalle piccole amministrazioni degli Stati e territori insulari del Pacifico; attenzione alle difficoltà dei paesi riceventi di inserire gli aiuti in programmi nazionali di sviluppo, che presuppongono interventi mirati per migliorare lo sviluppo di capacità (capacity building) delle istituzioni nazionali;

3.8

Preoccupazione espressa per la situazione delle violazioni dei diritti fondamentali a Figi, che la Commissione intende seguire, ma senza fare riferimento specifico a eventuali ulteriori condizionalità poste per l'erogazione degli aiuti.

4.   Criticità

4.1

La comunicazione della Commissione essenzialmente non è chiara su come l'UE intende ricercare e potenziare gli interventi oltre gli obiettivi di breve periodo, importanti, ma parziali se intendiamo incidere sulla sostenibilità futura dell'area. Si tratta di una regione specifica, ampia, che coinvolge un numero elevato di piccoli e piccolissimi paesi per numero di abitanti, ma estesi in termini geografici; paesi che hanno approcci diversi, comprensione diversa della necessità di interventi che mirino ad uno sviluppo sostenibile nel lungo periodo, visione diversa delle regole da applicare a livello nazionale e nelle acque territoriali ed internazionali che delimitano i confini tra i paesi.

4.2

Il CESE ritiene necessario un approccio integrato e di lungo periodo, con responsabilità condivise tra tutti gli attori che operano nell'area, siano essi attori istituzionali internazionali, altri paesi e attori locali. La proposta di partenariato della Commissione dovrà tener conto del negoziato per la revisione del nuovo bilancio comunitario, delle nuove priorità che saranno indicate negli Obiettivi del Millennio dopo il 2015 e del processo che sarà avviato per il nuovo negoziato dell'Accordo di Cotonou.

4.3

Negli obiettivi indicati sarebbe utile porre maggiore attenzione allo sviluppo integrato dell'area del Pacifico, alle politiche di sviluppo e ai settori di intervento; ad es. l'agricoltura e la sicurezza alimentare sono solo menzionati nel contesto di implicazioni relative al cambiamento climatico nella regione. L'agricoltura è la base della vitalità delle aree rurali. Anche se l'agricoltura è prevalentemente di sussistenza - solo la produzione di canna da zucchero e olio di palma rappresentano un'esportazione di un certo rilievo - esiste un problema di gestione delle risorse naturali e di un uso sostenibile della terra e dell'agricoltura. A questo riguardo viene fatto osservare che in seguito alla riforma della politica saccarifera europea del 2006 alcuni dei paesi interessati hanno perso la loro posizione privilegiata, con una conseguente perdita di posti di lavoro.

4.4

Il focus della comunicazione riguarda principalmente i rischi dei cambiamenti climatici, questione vitale per la sopravvivenza di alcuni paesi e dell'eco sistema (innalzamento del livello dell'acqua, la scomparsa delle foreste, le falde acquifere salate, aumento della temperatura del mare, ecc.). Perciò la Commissione propone l'allocazione delle risorse principalmente in questo settore; andrebbero potenziati, invece, programmi integrati e coerenti di sviluppo sostenibile e crescita, con impegni definiti da parte dei paesi riceventi. A questo fine sarebbe auspicabile anche il coinvolgimento del settore privato, in particolare per le PMI.

4.5

Il CESE ritiene che serva un approccio integrato strategico degli aiuti, e la comunicazione rappresenta un buon inizio. Dovrebbe essere favorito il lavoro congiunto tra le diverse direzioni della Commissione, in particolare la DEVCO, la DG Affari Marittimi e Pesca, le DG Commercio, DG Sanco, Ricerca e SEAE, che oggi, nonostante i passi avanti compiuti, andrebbe maggiormente coordinato (4) per dare maggiore coerenza alle politiche dell'UE.

4.6

Soprattutto il settore della pesca, vitale per tutti i paesi del Pacifico, ma anche per l'UE in considerazione del livello importante di esportazione verso i paesi comunitari (in particolare del tonno), dovrebbe avere una considerazione maggiore negli interventi, nella necessità di mantenere oggi la sostenibilità della produzione e dell'ecosistema, impedendo lo sfruttamento eccessivo che potrebbe compromettere la pesca futura. Il CESE valuta positivamente l'azione intrapresa dall'UE nella lotta alla pesca illegale attraverso l'applicazione del regolamento UE inteso a prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN). Sulla base di tale regolamento la Commissione ha notificato due paesi nella regione (Vanuatu e Figi) della possibilità di essere identificati come paesi terzi non cooperanti nella lotta contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

4.6.1

Per queste ragioni l'Unione dovrebbe mantenere i regimi preferenziali ACP, come avvenuto di recente con alcuni paesi dell'area (5), anche se per l'Unione occorre tener conto del rischio della distorsione della concorrenza con gli altri operatori del settore.

4.6.2

Il CESE riconosce le difficoltà oggettive in questo settore, valuta positivamente i tre accordi (FPA) sottoscritti con Kiribati, le isole Salomone e gli stati federati della Micronesia, ma auspica che si possa arrivare ad un accordo complessivo con tutti i paesi coinvolti sulle regole da applicare nelle acque territoriali ed internazionali di quest'area.

4.7

Nel quadro del coordinamento dei vari interventi di aiuto al commercio, giustamente sottolineato nella Comunicazione, la Commissione non fa alcun riferimento all'attività dell'OMC nella regione, anche se 6 paesi tra le isole del Pacifico sono membri di questa organizzazione e godono di programmi e agevolazioni specifici.

4.8

Commercio (OMC): Figi, Papua Nuova Guinea, le Isole Salomone, Tonga, Samoa e Vanuatu sono paesi membri dell'OMC, che, con i diversi accordi di adesione, cerca di assicurare un sistema commerciale stabile e integrato a livello regionale al fine di capitalizzare i benefici, fare un uso più efficace delle risorse e delle economie di scala.

4.8.1

L'OMC si è adoperata per istituire nel 2004 un Ufficio di rappresentanza delle Isole del Pacifico (Pacific Islands Forum Representative Office) a Ginevra, con l'obiettivo di facilitare una maggiore integrazione dei sistemi burocratici e promuovere lo sviluppo di capacità (capacity building) sui temi del commercio e dell'agenda multilaterale, vitale per queste piccole economie.

4.8.2

Appare quanto mai utile che l'Unione europea, anche sulla base del rinnovato Accordo di Cotonou, stabilisca legami stretti e strutturati con l'Ufficio di Rappresentanza a Ginevra e con l'OMC. Un approccio coordinato è fondamentale soprattutto se si considerano le dimensioni ridotte delle amministrazioni pubbliche di numerosi paesi interessati. Tale approccio consentirebbe di coordinare le iniziative a sostegno di queste economie con programmi di assistenza tecnica già attivi e non coordinati a livello multilaterale. A tutto ciò si aggiunge una ridotta crescita economica non stabile e di lunga durata con differenze enormi tra i paesi – Papua Nuova Guinea e le Isole Salomone hanno beneficiato di un tasso di crescita più elevato dovuto ai prezzi delle commodities, mentre Figi e Samoa, economie già deboli, hanno dovuto affrontare le conseguenze di disastri naturali (6).

4.8.3

Inoltre un'attenzione specifica andrebbe posta allo sviluppo delle PMI, alla creazione di servizi di assistenza regionali alle PMI che andrebbero sollecitati e istituiti a livello multilaterale utilizzando le risorse ed i programmi già esistenti di OMC, FMI e Banca Mondiale, anche per quanto riguarda lo sviluppo rurale.

4.9

La Comunicazione della CE fa riferimento giustamente ai rischi sociali di uno scarso sviluppo economico di queste isole, ai tassi di emigrazione di manodopera qualificata che non trova opportunità di impiego in loco e alle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici. Secondo i dati della Banca Mondiale, le Isole Salomone, Vanuatu, Samoa, Kiribati, Timor Est e Tuvalu sono inseriti nel gruppo dei Least Developed Countries («paesi meno avanzati», LDCs) con tassi di povertà diffusi. Nella stessa Papua Nuova Guinea, il paese più grande tra quelli del Pacifico, più del 40 % della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Questi dati condizionano il raggiungimento degli MDGs e sollecitano interventi coordinati a livello internazionale. La comunicazione, però, non fa riferimento al lavoro delle varie Agenzie delle NU a sostegno dello sviluppo economico e sociale.

4.9.1

I diversi programmi delle Agenzie delle Nazioni Unite sono indispensabili e andrebbero incoraggiati dalla Commissione, in quanto aiutano a creare quella necessaria consapevolezza e sviluppo di capacità (capacity building) per «assorbire» e potenziare gli aiuti dei diversi donatori, UE compresa. Inoltre vanno nella direzione dell'assunzione di maggiore responsabilità da parte di istituzioni e parti sociali e civili nazionali e stimolano la creazione di istituzioni democratiche partecipative.

5.   Diritti, democrazia, libertà sindacali, situazione a Figi

5.1

Le isole del Pacifico sono considerate dalle Istituzioni Finanziarie Internazionali tra le più svantaggiate al mondo, isolate, poco popolate, con una forte spinta migratoria, modesti livelli di istruzione e formazione, enormi carenze di competenze specifiche nel commercio e nell'attività economica internazionale.

5.1.1

Soprattutto la condizione dei giovani appare quanto mai problematica, dovuta a vari fattori quali l'isolamento geografico, i limiti allo sviluppo economico (piccole economie poco integrate fra loro e mercati domestici limitati), dinamiche demografiche con rapida crescita della forza lavoro giovanile (7). L'Australia ha avviato un programma di aiuto al lavoro stagionale dai paesi del Pacifico più svantaggiati. Si tratta di un intervento nella stessa direzione, che andrebbe favorito e guidato anche verso altri paesi dell'area.

5.1.2

La condizione delle donne è drammatica e preoccupante per l'estensione del fenomeno di sfruttamento e degrado e per gli scarsissimi passi avanti nella ricerca di soluzioni efficaci. Le donne restano fortemente discriminate sia per una quasi inesistente partecipazione al lavoro regolare e alla vita politica, sia per la diffusa violazione dei diritti fondamentali con atti di violenza persistenti ed estesi in tutti i paesi. Non si tratta solo di una questione culturale, ma anche di offrire opportunità di lavoro, di integrazione e di partecipazione. Si dovrebbe fare esplicito riferimento al Piano d'azione dell'UE sulla parità di genere ed emancipazione femminile nello sviluppo 2010-2015 che, tra l'altro, sollecita l'utilizzo di indicatori precisi per la partecipazione delle donne nelle istituzioni nazionali.

5.2

Il rispetto dei diritti umani e della democrazia sono condizioni imprescindibili della politica di aiuti e cooperazione della UE. Tra questi ci sono i diritti sindacali, riconosciuti a livello internazionale a partire dalle 8 Convenzioni fondamentali dell'OIL.

5.3

Anche l'Accordo di Cotonou riconosce il valore fondante del rispetto dei diritti umani e di istituzioni democratiche per la creazione di un'economia stabile e prosperosa. Purtroppo la comunicazione, pur avendo come oggetto una strategia regionale, non indica con sufficiente attenzione la questione delle gravi violazioni in atto soprattutto a Figi, come noto la seconda isola della regione per estensione geografica e popolazione.

5.4

La situazione di Figi, infatti, è inaccettabile: il governo, guidato da una giunta militare sin dal colpo di Stato del 2006, ha lanciato una campagna aggressiva nel 2011 per smantellare il movimento sindacale e privare i lavoratori di Figi dei loro diritti fondamentali, violando le Convenzioni OIL 87 e 98, ratificate dal governo; l'eliminazione della libertà di espressione, di associazione e di riunione, la tortura ed i maltrattamenti, la violenza contro le donne e i minori, la soppressione dei diritti più elementari dei lavoratori, ne fanno un caso emblematico per la UE, che non può essere più tollerato. Nonostante sia stato applicato l'art. 96 di Cotonou, il CESE ritiene necessario un intervento più fermo su Figi, anche in vista delle elezioni del 2014 e del processo di definizione della nuova Costituzione.

5.5

La situazione a Figi è stata nuovamente discussa al GB OIL di novembre 2012, che ha approvato una risoluzione specifica, anche alla luce della recente decisione del governo di Figi di respingere la delegazione OIL in missione su mandato del GB (8). L'UE non può non affrontare la questione in modo coerente con gli stessi Stati membri che ne hanno condiviso la condanna in sede OIL.

5.6

Le condizioni di agibilità della società civile in questo caso sono difficili, quasi inesistenti. Anzi, i più elementari diritti della società civile vengono palesemente violati, in contraddizione con qualunque principio di democrazia, e il CESE non può accettare il procrastinarsi di tali situazioni di violazioni. Il CESE si deve fare portatore presso le altre istituzioni comunitarie di questa sua posizione ed agire di conseguenza (9).

5.7

Occorre intervenire con più fermezza sia direttamente sia a livello bilaterale nella definizione delle condizionalità necessarie per l'erogazione degli aiuti comunitari, nella affermazione che sui diritti la UE ha una posizione condivisa tra gli Stati membri e coerente con i principi fondanti dell'Unione, non negoziabile.

6.   Ruolo delle parti sociali e della società civile

6.1

Per il CESE, il coinvolgimento della società civile organizzata è la base intorno a cui sviluppare le diverse forme di partenariato per raggiungere gli obiettivi della coesione economica e sociale. Un ruolo ancor più importante sul fronte dei diritti e della democrazia, il cui rispetto è condizione per usufruire della politica di assistenza e cooperazione dell'UE.

6.2

La partecipazione della società civile organizzata rappresenta un obiettivo prioritario anche in quest'area, nonostante almeno due limiti oggettivi; il primo, la particolare configurazione geografica, la vulnerabilità delle isole e la dispersione della popolazione, che di fatto rende molto difficile l'esercizio di questo diritto; il secondo, relativo all'esercizio della democrazia e alla partecipazione attiva della società civile organizzata alla vita delle istituzioni.

6.3

Il CESE comunque chiede che si faccia il possibile per coinvolgere le rappresentanze delle comunità locali nell'individuazione, realizzazione e monitoraggio dei progetti comunitari, in particolare quelli legati alla tutela ambientale, al dialogo sociale e civile, allo sviluppo e alla difesa dei diritti e della democrazia.

6.4

Il CESE chiede che si arrivi in tempi rapidi alla creazione di un partenariato UE-Pacifico, con la presenza della società civile organizzata, per affrontare con più efficacia l'insieme dei problemi dell'area (10), prevedendo la costituzione di un apposito comitato di monitoraggio dei programmi, come elemento fondamentale di partecipazione.

7.   Azioni raccomandate nella comunicazione: osservazioni

7.1

Le azioni raccomandate dall'UE, con il problema dei rischi dei cambiamenti climatici come priorità nell'area del Pacifico, sono solo parzialmente condivisibili, in quanto mancano di un approccio integrato dello sviluppo sostenibile dell'area.

7.2

Occorre favorire e ricercare un migliore approccio coordinato tra il SEAE e le diverse DG della Commissione per individuare programmi coerenti e strategici che indirizzino le risorse disponibili verso la tutela ambientale e della pesca, ma anche verso programmi integrati di sviluppo sostenibile e sviluppo rurale.

7.3

Il CESE condivide la necessità espressa di rafforzare il dialogo con le istituzioni locali, ma occorre garantire il coinvolgimento più sistematico della società civile, costituendo un tavolo permanente di valutazione degli aiuti e di analisi dell'impatto degli stessi.

7.4

Il CESE ritiene che sia necessario dare continuità agli incontri tra tutti i soggetti donatori e i paesi beneficiari per assicurare quel coordinamento dei programmi sottolineato dalla Commissione. Resta fondamentale la destinazione e la valutazione dell'efficacia degli aiuti. Importante in questa direzione, oltre ad un'attività preventiva di informazione-formazione, è l'attività di monitoraggio attraverso un comitato misto che faccia perno sulle parti sociali e civili.

7.5

Andrebbero rafforzate, come già detto, le valutazioni in merito al rispetto dei diritti umani fondamentali, all'inaccettabile condizione delle donne nella regione, alle limitate opportunità di lavoro per i giovani, al ruolo della società civile in tutti i paesi, in particolare alla specifica situazione di Figi.

Bruxelles, 17 gennaio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Isole Cook (senza diritto di voto alle Nazioni Unite), Stati federati di Micronesia, Figi, Kiribati, Isole Marshall, Nauru, Niue (senza diritto di voto alle Nazioni Unite), Palau, Papua Nuova Guinea, Samoa, Isole Salomone, Timor Orientale, Tonga, Tuvalu e Vanuatu.

(2)  Polinesia francese, Nuova Caledonia, Isole Pitcairn e Wallis e Futuna.

(3)  Comunicazione della Commissione - Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento; COM(2011) 637 final del 13 ottobre 2011.

(4)  Il totale degli aiuti allo sviluppo e assistenza per il cambiamento climatico ai paesi del Pacifico e gli PTOM per il periodo 2008-2013 è di circa EUR 785 milioni, di cui EUR 730 provenienti dal 10o FES e EUR 56 dal bilancio UE. Senza contare i programmi nazionali, la cooperazione regionale UE-Pacifico 2008-2013 comprende finanziamenti per circa EUR 95 iniziali complementari ai finanziamenti provenienti dai programma tematico dello strumento di cooperazione allo sviluppo. Il programma regionale UE-Pacifico mira a rafforzare le capacità di integrazione economica e commercio regionali (EUR 45 milioni), sostegno alla società civile e rafforzamento della capacità di gestione delle finanze pubbliche (EUR 10 milioni) e promozione della gestione sostenibile delle risorse naturali (40 milioni). La Commissione ha inoltre annunciato il prominente lancio della cosiddetta «Pacific Investment Facility» per potenziare investimenti in infrastrutture principali per rendere la regione più competitiva sui mercati globali e rilanciare la crescita economica, ridurre la povertà e finanziare strumenti verdi e per l'adattamento al cambiamento climatico.

(5)  Vedere NAT/459, Situazione e sfide della flotta dell'Unione europea per la pesca del tonno tropicale, relatore: SARRÓ IPARRAGUIRRE, GU C 48 del 15.2.2011, pagg. 21–26.

(6)  IMF: Regional Economic Outlook, Asia and the Pacific, Navigating an Uncertain Global Environment while building inclusive Growth (ottobre 2011).

(7)  A Samoa su 4 000 giovani che chiedono di entrare nel mercato del lavoro, solo 500 trovano un lavoro, a Vanuatu il rapporto è 700 su 3 500, a Figi la disoccupazione giovanile è intorno al 46 %; vedi anche UNICEF: Investing in Youth Policy, UN Asia-Pacific Interagency Group on Youth (2011).

(8)  Press Release Fiji Trade Union Congress del 19.9.2012 e successiva documentazione OIL in preparazione.

(9)  Vedere lettera del Consiglio.

(10)  Parere CESE sul tema Il ruolo della società civile nell'accordo commerciale multilaterale tra l'UE, la Colombia e il Perù, GU C 299 del 4.10.2012, pagg. 39–44.