ISSN 1725-2466

doi:10.3000/17252466.C_2010.141.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 141

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

53o anno
29 maggio 2010


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

82a sessione plenaria dal 3 al 4 dicembre 2009

2010/C 141/01

Parere del Comitato delle regioni sul pacchetto Legiferare meglio 2007-2008

1

2010/C 141/02

Parere del Comitato delle regioni su Il futuro della strategia di Lisbona dopo il 2010

5

2010/C 141/03

Parere del Comitato delle regioni su Nuove competenze per nuovi lavori — Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi

11

2010/C 141/04

Parere del Comitato delle regioni su Le prospettive regionali nello sviluppo della competenza mediatica — L'alfabetizzazione mediatica nella politica dell'UE in materia di istruzione

16

2010/C 141/05

Parere del Comitato delle regioni su Le infrastrutture TIC per la e-scienza; una strategia per la R&S e l'innovazione in materia di TIC e una strategia di ricerca sulle tecnologie emergenti e future in Europa

22

2010/C 141/06

Parere del Comitato delle regioni sulla Cooperazione tra le università e le imprese

27

2010/C 141/07

Parere del Comitato delle regioni su Un futuro sostenibile per i trasporti: verso un sistema integrato, basato sulla tecnologia e di agevole uso

31

2010/C 141/08

Parere del Comitato delle regioni su Libro verde — Riforma della politica comune della pesca e su Un futuro sostenibile per l'acquacoltura

37

2010/C 141/09

Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni su La politica forestale dell'UE: gli obiettivi 20/20/20

45

 

III   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

 

82a sessione plenaria dal 3 al 4 dicembre 2009

2010/C 141/10

Parere del Comitato delle regioni sulla Lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia e sulla Prevenzione e repressione della tratta degli esseri umani e protezione delle vittime

50

2010/C 141/11

Parere del Comitato delle regioni sulla Restrizione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) e procedura concernente i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)

55

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato delle regioni

82a sessione plenaria dal 3 al 4 dicembre 2009

29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/1


Parere del Comitato delle regioni sul pacchetto «Legiferare meglio» 2007-2008

2010/C 141/01

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che gli enti locali e regionali detengono ampie competenze, esclusive o condivise, per quanto riguarda i servizi pubblici e il contributo allo sviluppo economico e sociale delle loro comunità. Pertanto la loro piena partecipazione, già in una fase precoce, all'elaborazione della legislazione dell'UE e alla sua attuazione sul territorio è indispensabile per il funzionamento della vita democratica dell'UE,

dà atto che su questo fronte sono stati compiuti dei progressi e plaude all'impegno dimostrato dalla Commissione in questo ambito e ai suoi risultati, ma giudica possibili e necessari ulteriori miglioramenti,

ritiene che i principi di sussidiarietà e di proporzionalità e l'uso delle valutazioni d'impatto siano fondamentali per promuovere l'affermazione di un modello di governance multilivello nell'UE e che essi saranno molto utili per lo sviluppo economico delle regioni e la coesione territoriale dell'Unione europea nel suo insieme. Rammenta che a norma del Trattato le decisioni devono essere adottate al livello più vicino ai cittadini, il quale non coincide sempre con quello del governo centrale; il principio di sussidiarietà deve quindi essere inteso come un modo per tenere maggiormente conto delle esigenze dei cittadini a tutti i livelli della governance e per assicurare un processo decisionale più efficiente,

ritiene che le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee possano produrre un forte impatto sugli enti regionali e locali, ad esempio nell'ambito degli appalti, con conseguenze che potrebbero non essere state previste nella legislazione iniziale,

si rammarica infine della confermata tendenza degli Stati membri a praticare il cosiddetto goldplating (la «placcatura oro»), e cioè a complicare inutilmente con sovrapposizioni le normative UE, nella fase del loro recepimento nelle rispettive legislazioni nazionali.

Relatore

:

Graham TOPE (UK/ALDE), membro del Consiglio del comune di Sutton (città metropolitana di Londra)

Testi di riferimento

Documento di lavoro della Commissione Seconda relazione sullo stato d'avanzamento della strategia per la semplificazione del contesto normativo

COM(2008) 33 def.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Secondo esame strategico del programma per legiferare meglio nell'Unione europea

COM(2008) 32 def.

Relazione della Commissione sulla sussidiarietà e sulla proporzionalità (15a relazione Legiferare meglio, 2007)

COM(2008) 586 def.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Terzo esame strategico del programma per legiferare meglio nell'Unione europea

COM(2009) 15 def.

Documento di lavoro della Commissione Terza relazione sullo stato d'avanzamento della strategia per la semplificazione del contesto normativo

COM(2009) 17 def.

I.   OSSERVAZIONI DI CARATTERE GENERALE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

prosegue la sua collaborazione con la Commissione europea e con le altre istituzioni dell'Unione europea per realizzare con successo il miglioramento normativo a tutti i livelli dell'UE in un autentico spirito di governance multilivello;

2.

dà atto che su questo fronte sono stati compiuti dei progressi,plaude all'impegno dimostrato dalla Commissione in questo ambito e ai suoi risultati, ma giudica possibili e necessari ulteriori miglioramenti;

3.

rammenta l'importante contributo dato da Maij-Weggen, a nome del CdR, nella sua funzione di osservatrice in seno al Gruppo ad alto livello sulla riduzione degli oneri amministrativi. A questo proposito ribadisce il fatto che gli enti locali e regionali e lo stesso CdR sono nella posizione migliore per contribuire al miglioramento del processo legislativo europeo, specialmente in ragione del gran numero di normative UE che vengono attuate a livello regionale e locale e dell'impatto che esse esercitano sulla vita quotidiana dei cittadini;

4.

si compiace della maggiore apertura di cui la Commissione europea ha dato prova nella preparazione di nuove proposte e del fatto che essa abbia consultato non solo le istituzioni europee ma anche le parti interessate, e in particolare le associazioni europee rappresentative degli enti locali, oltre ad attuare con entusiasmo il cosiddetto «dialogo strutturato» per il tramite del Comitato delle regioni. È importante che i meccanismi di consultazione siano accessibili e diversificati, onde garantire che nella definizione delle politiche dell'UE si tenga conto dei punti di vista di un'ampia e rappresentativa fetta dell'opinione pubblica europea: ciò consentirà infatti di rendere più equilibrato il meccanismo decisionale e più efficace l'attuazione, in particolare nei casi in cui l'osservanza della legislazione UE e il rispetto della sua applicazione sono di competenza degli enti locali regionali;

5.

sottolinea che gli enti locali e regionali detengono ampie competenze, esclusive o condivise, per quanto riguarda i servizi pubblici e il contributo allo sviluppo economico e sociale delle loro comunità. Pertanto la loro piena partecipazione, già in una fase precoce, all'elaborazione della legislazione dell'UE e alla sua attuazione sul territorio è indispensabile per il funzionamento della vita democratica dell'UE;

6.

ritiene che i principi di sussidiarietà e di proporzionalità e l'uso delle valutazioni d'impatto siano fondamentali per promuovere l'affermazione di un modello di governance multilivello nell'UE e che essi saranno molto utili per lo sviluppo economico delle regioni e la coesione territoriale dell'Unione europea nel suo insieme. Rammenta che a norma del Trattato le decisioni devono essere adottate al livello più vicino ai cittadini, il quale non coincide sempre con quello del governo centrale; il principio di sussidiarietà deve quindi essere inteso come un modo per tenere maggiormente conto delle esigenze dei cittadini a tutti i livelli della governance e per assicurare un processo decisionale più efficiente;

7.

ribadisce il proprio impegno nell'opera di sensibilizzazione alla sussidiarietà; al riguardo la Rete di controllo della sussidiarietà è uno strumento utile, non solo per l'impegno dei partner a esercitare tale controllo, ma anche perché essa può fungere da laboratorio per lo scambio di buone pratiche nell'applicazione della sussidiarietà e della governance multilivello;

8.

si compiace degli sforzi profusi dalla Commissione europea per ottemperare al principio di proporzionalità nell'esercizio dei suoi poteri normativi, contribuendo all'abrogazione di numerosi strumenti legislativi grazie a proposte di consolidamento; constata che i colegislatori hanno infine approvato 48 proposte di semplificazione. Al riguardo è importante osservare che la posta in gioco non è solo la semplificazione di un certo numero di atti, bensì anche l'effettiva riduzione degli oneri amministrativi;

9.

ritiene che, grazie al fatto di verificare la necessità di intervenire al livello dell'Unione europea e di esaminare l'impatto potenziale di tutta una gamma di politiche possibili, le valutazioni d'impatto dovrebbero arrivare a migliorare e semplificare il contesto normativo; una valutazione ex ante efficace e sostenibile della nuova legislazione dell'UE è non solo importante per ottenerne una riduzione «netta», ma anche essenziale per mantenere il carico amministrativo a un livello accettabile. Il CdR teme tuttavia che le modifiche e gli emendamenti successivi apportati dal Parlamento europeo e dal Consiglio possano produrre sugli enti regionali e locali effetti di ampia portata non sempre e non del tutto previsti dagli organi decisori;

10.

ritiene che le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee possano produrre un forte impatto sugli enti regionali e locali, ad esempio nell'ambito degli appalti, con conseguenze che potrebbero non essere state previste nella legislazione iniziale;

11.

ritiene che, se vuole agire con maggiore trasparenza e rispondere alle preoccupazioni si dei cittadini, l'UE deve impostare la sua legislazione in modo che questa possa essere compresa dai suoi destinatari; di conseguenza il Comitato invita la Commissione europea a redigere testi più chiari, coerenti e univoci, in modo da assicurarne un'applicazione efficace e uniforme in tutti gli Stati membri; questa esigenza è tanto più importante in quanto i testi adottati da ultimo sono spesso fonte di compromessi non sempre facilmente trasponibili nelle legislazioni nazionali;

12.

al riguardo riconosce anche che la maggior parte degli enti regionali e locali, e i loro cittadini, dovranno operare non con la legislazione dell'UE, bensì con quella nazionale che l'avrà recepita; occorre pertanto che tutti i livelli di governo semplifichino e spieghino i nuovi regolamenti e politiche e ne assicurino la coerenza;

13.

si rammarica inoltre della confermata tendenza degli Stati membri a praticare il cosiddetto goldplating (la «placcatura oro»), e cioè a complicare inutilmente con sovrapposizioni di norme le normative UE, nella fase del loro recepimento nelle rispettive legislazioni nazionali;

14.

ricorda infine, pur condividendo l'importanza assegnata alla valutazione ex ante, che ai fini di un impegno più ampio per una migliore legislazione non si dovrebbero trascurare i raffronti ex post intesi a comparare il risultato ricercato con quello effettivamente conseguito. La maggior parte delle nuove proposte riguarda la modifica o il completamento dell'acquis comunitario esistente. In un processo costante di necessaria verifica dell'adeguatezza della legislazione è importante che nel definire queste nuove proposte si tenga conto della preziosa esperienza degli enti regionali e locali nell'applicazione delle norme comunitarie.

II.   RACCOMANDAZIONI STRATEGICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Preparazione di nuove normative: consultazione

15.

auspica che le istituzioni dell'UE e gli Stati membri assicurino un migliore coinvolgimento degli enti regionali e locali nella preparazione ed elaborazione della legislazione dell'UE, in misura proporzionale ai loro poteri, in modo da rafforzare la legittimità democratica del processo decisionale. Sottolinea che le regioni con poteri legislativi sono particolarmente interessate a questa partecipazione, dal momento che spetta a loro trasporre la legislazione comunitaria nei settori di loro competenza. È chiaro a tale proposito che il CdR rappresenta il migliore alleato per gli enti regionali e locali nel loro sforzo di partecipare al processo legislativo: i suoi membri infatti hanno un'esperienza pratica e una conoscenza delle situazioni locali e possono quindi valutare al meglio l'impatto e l'efficacia delle disposizioni legislative;

16.

sottolinea la necessità di consultare tutti i livelli decisionali - sia all'interno dell'UE che negli Stati membri. Ricorda che questi ultimi dovranno mettere a punto, per la consultazione degli enti regionali e locali, delle procedure di provata efficacia;

17.

pone l'accento sull'importanza crescente della fase preparatoria per il processo legislativo comunitario. Migliorando l'analisi e la consultazione in questa prima fase, l'UE aumenta notevolmente le sue possibilità di produrre una legislazione più efficace, che risulti più facilmente applicabile alle diverse situazioni esistenti nei singoli Stati membri.

Preparazione di nuove normative: valutazione d'impatto

18.

ribadisce il suo impegno a contribuire alla valutazione d'impatto delle nuove proposte legislative destinate a produrre notevoli effetti a livello regionale e locale. Nei casi in cui le nuove proposte riguardino la modifica di normative esistenti, la valutazione d'impatto dovrà riflettere anche le conclusioni della valutazione precedente, istituendo così un collegamento diretto fra la valutazione ex ante e quella ex post;

19.

è consapevole del fatto che la valutazione d'impatto è un lavoro che richiede molto tempo e notevoli risorse: la sua programmazione dovrebbe quindi essere il più possibile di lungo respiro e consentire l'individuazione bilaterale dei dossier prioritari, sulla base rispettivamente della Strategia politica annuale e del Programma legislativo e di lavoro della Commissione, eventualmente nel quadro di un dibattito tecnico su base annuale. Inoltre, le direzioni generali della Commissione europea dovrebbero essere incoraggiate a rivolgersi direttamente al CdR quando ritengano che il loro lavoro di valutazione d'impatto vada arricchito con dati circa le incidenze sul territorio delle iniziative programmate;

20.

chiede che nelle valutazioni d'impatto si tenga conto delle regioni con poteri legislativi e che si eviti a livello comunitario ogni tipo di accordo che possa comportare un trasferimento di questi loro poteri e competenze al governo centrale;

21.

invita il Parlamento europeo e il Consiglio a rispettare maggiormente l'Accordo interistituzionale (AII) del 2003 Legiferare meglio ogniqualvolta introducano nelle proposte della Commissione delle modifiche comportanti nuovi carichi amministrativi e finanziari per gli enti regionali e locali. Il CdR e il CESE dovrebbero essere associati a ogni revisione dell'AII;

22.

è lieto di essere stato rappresentato, nella persona di Hanja Maij-Weggen (PPE/NL), nel Gruppo ad alto livello sulla riduzione degli oneri amministrativi. Suggerisce che la Commissione europea consulti ufficialmente, in merito alle conclusioni di tale gruppo, il Comitato delle regioni prima della fine del suo mandato (agosto 2010), in modo che esso possa comunicarle, per i temi di interesse rispettivo, a tutti gli enti regionali e locali dell'UE.

Attuazione e trasposizione

23.

plaude all'intenzione di ridurre gli oneri superflui a carico delle PMI e di potenziare l'uso delle tecnologie dell'informazione; uno degli obiettivi della semplificazione del contesto normativo dell'Unione dovrebbe essere quello di rendere la legislazione più semplice, più efficace e quindi più «orientata verso l'utente»;

24.

riconosce che l'obiettivo di legiferare meglio implica una valutazione periodica delle normative. Ne consegue che tutti i provvedimenti legislativi comunitari debbono contenere disposizioni standard sulle valutazioni, in modo da permettere a tutti gli interessati di far conoscere le loro esperienze circa le conseguenze pratiche e il rispetto dell'applicazione delle norme considerate;

25.

invita le regioni con poteri legislativi a riconoscere che potrebbero trarre notevoli benefici da un ruolo più proattivo nella negoziazione e nella trasposizione delle normative UE. In tale contesto devono svolgere un ruolo di primo piano anche altri tipi di regioni e di enti locali; il CdR raccomanda agli Stati membri di adoperarsi in ogni modo per promuovere tale partecipazione attiva;

26.

sottolinea che i Patti territoriali europei, al pari dei Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT), favoriranno la coesione territoriale e la flessibilità delle politiche a forte impatto locale. Trattandosi di uno strumento dotato di personalità giuridica, che consente alle parti di creare una struttura giuridica stabile per la cooperazione territoriale, il GECT assicurerà un maggior grado di governance multilivello e promuoverà una migliore legislazione a livello regionale e locale nell'intera Europa;

27.

invita gli Stati membri a impegnarsi più a fondo nella semplificazione delle legislazioni nazionali e ad adottare le direttive comunitarie adeguatamente e con prontezza. Nell'ambito di questo processo essi dovrebbero consultare gli enti regionali e locali e tener conto delle loro idee e proposte;

28.

invita nuovamente i legislatori nazionali ad evitare il cosiddetto goldplating, vale a dire la sovrapposizione di ulteriori strati di norme al di là di quanto previsto dalla legislazione UE. Nelle sue relazioni sulla correttezza e tempestività nell'attuazione delle direttive dell'UE, la Commissione potrebbe indicare quali Stati membri abbiano scelto d'imporre maggiori obblighi a livello nazionale;

29.

sottolinea che la Commissione e la Corte di giustizia dovrebbero tener conto delle conseguenze che i procedimenti della Corte di giustizia possono avere sugli enti regionali e locali;

30.

invita la Commissione europea a definire con esattezza i casi concreti che si configurano come aiuti pubblici, ponendo l'accento sui problemi e sulle situazioni la cui gestione spetta agli enti locali e regionali.

Comunicazione

31.

invita la Commissione europea ad adottare un approccio più orientato ai cittadini nella presentazione del suo programma per il miglioramento normativo. Gli sforzi e la comunicazione dovrebbero privilegiare i settori che agli occhi dei cittadini offrono il maggiore valore aggiunto;

32.

raccomanda di utilizzare un linguaggio più chiaro nella redazione delle direttive: ciò consentirebbe di ridurre il rischio di errori interpretativi che potrebbero causarne un recepimento tardivo o scorretto;

33.

riconosce che i legislatori nazionali e gli enti regionali e locali, al pari delle loro associazioni rappresentative, hanno un ruolo da svolgere per far conoscere le normative dell'UE e la loro trasposizione nella legislazione nazionale sia ai soggetti preposti alla loro attuazione sia ai normali cittadini.

Bruxelles, 3 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/5


Parere del Comitato delle regioni su «Il futuro della strategia di Lisbona dopo il 2010»

2010/C 141/02

IL COMITATO DELLE REGIONI

afferma che livelli elevati di qualità della vita devono essere raggiunti nel rispetto dei limiti di sostenibilità determinati dal fatto che le risorse del pianeta non sono illimitate  (1) e basarsi sull'obiettivo di una società coesa ed equa, in cui siano ottimizzati il valore e il contributo di tutti i cittadini e di tutti i gruppi, e in cui gli incentivi e le misure di sostegno puntino essenzialmente ad affrontare i problemi della povertà e dell'esclusione sociale e a costruire un'economia sostenibile,

ricorda che per il successo della nuova strategia è di importanza fondamentale adottare su scala europea una politica di coesione adeguatamente finanziata che coinvolga tutte le regioni d'Europa e respinge qualsiasi tentativo di rinazionalizzare i fondi strutturali o di eliminare la dimensione regionale dalla politica di coesione in sede di revisione del bilancio comunitario,

rileva che la politica di coesione dell'UE dispone già di una struttura consolidata di governance multilivello per l'attuazione dei programmi dei fondi strutturali e afferma che la nuova strategia dovrebbe utilizzare queste strutture di partenariato preesistenti per rimediare agli attuali punti deboli delle strutture amministrative. Un metodo molto più efficace per coordinare le politiche consisterebbe nell'adeguare esplicitamente le strutture amministrative in funzione dei programmi regionali della politica di coesione dell'UE,

invita i leader dell'UE a designare come una delle principali priorità della nuova strategia lo sviluppo della competitività europea in un'economia rispettosa dell'ambiente, in modo che l'UE possa assumere un ruolo propulsivo nella necessaria azione di conferimento di una base solida e sostenibile all'economia mondiale. In particolare questo significa da un lato guidare con l'esempio, dando priorità agli investimenti nelle nuove tecnologie verdi e nella R&S (comprese la produzione di energia rinnovabile, l'efficienza energetica, i metodi sostenibili di produzione e consumo, le TIC e le infrastrutture a banda larga in comunità remote), e dall'altro promuovere la protezione e la conservazione dell'ambiente. Le università, le PMI e i centri di ricerca europei hanno un ruolo chiave nel far avanzare questo programma (2). Ciò richiede però dei mutamenti strutturali nell'economia europea, e tra di essi il coordinamento della politica macroeconomica con politiche attive da attuare nel mercato del lavoro per sostenere il passaggio a un'economia verde.

Relatrice

:

Christine CHAPMAN (UK/PSE), membro dell'Assemblea nazionale del Galles

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Messaggi principali

1.

pur appoggiando l'idea di definire una nuova strategia destinata a sostituire l'attuale strategia di Lisbona per il periodo successivo al 2010, ritiene necessario riequilibrare quest'ultima e fonderla con la strategia europea per lo sviluppo sostenibile; accoglie favorevolmente l'impegno a dare ai cittadini la capacità di inserirsi in una società inclusiva e a creare una economia competitiva, interattiva e più ecologica, così come definito dalla Commissione nel suo documento di consultazione sul futuro della strategia, pubblicato il 24 novembre. È tuttavia deluso dal fatto che la stessa Commissione non abbia una visione più ambiziosa e completa in grado di riequilibrare la strategia e di orientarla all'obiettivo di fare dell'Europa una società sostenibile, socialmente equa e coesa;

2.

fa presente che l'attuale strategia di Lisbona non ha riconosciuto a sufficienza il ruolo essenziale svolto dagli enti locali e regionali dell'intera UE nell'attuazione e comunicazione della strategia stessa sul territorio, e ribadisce l'invito, già rivolto nel Libro bianco sulla governance multilivello, a porvi rimedio con la nuova strategia;

3.

constata l'incertezza diffusa fra gli enti regionali e locali circa la finalità generale dell'attuale strategia di Lisbona: per ovviare a questo problema la nuova strategia dovrà definire degli obiettivi chiari e comunicarli in maniera efficace ai cittadini a livello locale;

4.

si rammarica che la strategia di Lisbona, che doveva contribuire a realizzare l'Unione economica e monetaria (UEM), non abbia avuto l'impatto auspicato ai fini di un miglioramento della governance economica comune a livello comunitario o in termini di migliore coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri; disapprova in particolare che per rispondere all'attuale crisi economica numerosi Stati membri abbiano adottato politiche economiche che sono basate puramente su considerazioni nazionali e non abbiano tentato di attuare misure di coordinamento all'interno di un mercato unico europeo;

5.

auspica vivamente che la finalità globale ed esplicita della nuova strategia sia quella di raggiungere livelli elevati di qualità della vita e di benessere per tutti i cittadini dell'UE. Per quanto l'occupazione, come anche una certa agiatezza, siano elementi chiave della qualità della vita e del benessere, per avere un quadro completo di questi parametri si devono prendere in considerazione anche altri fattori, tra cui in particolare i contesti più ampi (ambiente e società) in cui i cittadini vivono (3);

6.

afferma che questo livello elevato di qualità della vita deve essere realizzato nel rispetto dei limiti che possono essere sostenuti da un pianeta le cui risorse sono limitate  (4), e fondandosi sull'obiettivo di una società coesa ed equa, in cui sono ottimizzati il valore e il contributo di tutti i cittadini e di tutti i gruppi, e in cui gli incentivi e le misure di sostegno puntano essenzialmente ad affrontare i problemi della povertà e dell'esclusione sociale e a costruire un'economia sostenibile;

7.

sottolinea l'importanza cruciale dell'istruzione e della formazione per sensibilizzare ai problemi della sostenibilità e sviluppare i talenti creativi e imprenditoriali dei cittadini europei, e fa inoltre presente la necessità di forgiare una cultura dell'apprendimento permanente;

8.

propone che, per evitare confusioni con il Trattato di Lisbona, si assegni alla nuova strategia una denominazione diversa, in modo da evidenziarne il nuovo approccio. Ad esempio, la si potrebbe denominare «Qualità della vita per tutti: costruire un futuro sostenibile per l'Europa nel mondo», oppure, secondo una formula abbreviata, «Una strategia sostenibile per l'Europa»;

9.

invita ad attuare una forma di comunicazione più efficace, che coinvolga gli enti locali e regionali, per accrescere la sensibilizzazione e promuovere i messaggi salienti della nuova strategia.

Problemi attuali e nuove sfide

10.

sostiene che l'attuale crisi economica, finanziaria, sociale ed ambientale ha radicalmente modificato il contesto del dibattito sull'avvenire della strategia di Lisbona: di conseguenza non si può proseguire per la stessa strada come se nulla fosse cambiato. In effetti, questa crisi pone vari problemi immediati: in particolare i crescenti livelli di disoccupazione in Europa, specie fra i giovani, e il grave rischio del protezionismo. Essa ha altresì evidenziato le debolezze strutturali del modello economico globale e l'esigenza di un approccio nuovo e sostenibile, in termini sia ecologici che sociali ed economici, e di una regolazione più rigorosa dei settori bancario e finanziario;

11.

ribadisce che, anche prima che la crisi economica colpisse l'Europa, allorquando l'economia sembrava funzionare in modo soddisfacente, in tutta l'Europa si registravano livelli di povertà elevati e crescenti livelli di sperequazione dei redditi. Stando alle statistiche pubblicate dalla Commissione europea nell'ottobre 2008, in Europa il 16 % della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, una persona su dieci vive in una famiglia in cui nessuno lavora e il rischio della povertà incombe sul 19 % dei minori (5). Quindi la lotta contro la povertà e contro le crescenti disparità di reddito registrate in Europa dovrà essere uno degli obiettivi fondamentali della futura strategia;

12.

constata che la nuova strategia dovrà altresì affrontare le molte altre sfide di lungo periodo che si pongono all'Europa, tra cui le nuove tendenze demografiche, il cambiamento climatico, la sicurezza energetica, la globalizzazione (6) e la realizzazione della coesione territoriale nell'UE; si rammarica che la coesione territoriale, in quanto principio guida, non goda di maggiore visibilità nel documento di consultazione della Commissione in merito alla strategia dell'UE per il 2020. Chiede pertanto alla Commissione di impegnarsi, conformemente ai requisiti di coesione territoriale definiti nel Trattato di Lisbona, a presentare una valutazione dell'impatto territoriale di tutte le nuove proposte legislative concernenti la delimitazione delle competenze degli enti regionali e locali;

13.

rileva che, a causa del suo impatto sociale, finanziario ed economico, la crisi lascerà la pesante eredità di una forte pressione sulle finanze pubbliche per i prossimi anni. È pertanto essenziale assicurare un'allocazione più coordinata ed efficace delle risorse e dei finanziamenti ai livelli europeo, nazionale, regionale e locale, per garantire che vengano prescelti gli investimenti più atti a conseguire gli obiettivi di ampio respiro che la nuova strategia persegue; per permettere alle città e alle regioni di contribuire efficacemente all'attuazione della strategia di Lisbona, si deve garantire il pieno rispetto, da parte dell'Unione europea e degli Stati membri, dei principi della Carta europea dell'autonomia locale del Consiglio d'Europa in materia di risorse finanziarie degli enti locali (articolo 9);

14.

ritiene che per conseguire una vera coesione sociale e per sormontare le sfide a lungo termine sia indispensabile un approccio territoriale comune a tutte le politiche, che tenga conto delle caratteristiche specifiche delle diverse realtà regionali e locali europee. È inoltre necessario mettere a disposizione risorse sufficienti a titolo del bilancio comunitario al fine di promuovere uno sviluppo equilibrato del territorio dell'Unione;

15.

propone che la nuova strategia punti in via prioritaria sugli investimenti in un'economia verde, ricerchi la coesione sociale, assicuri un approccio impostato sulla governance multilivello e riesamini la maniera migliore per misurare il proprio impatto.

Investire nell'economia verde

16.

invita a integrare nella nuova strategia gli obiettivi e gli impegni dell'UE in materia di cambiamenti climatici e a creare in Europa un'economia a emissioni ridotte;

17.

invita i leader dell'UE a designare come una delle principali priorità della nuova strategia lo sviluppo della competitività europea in un'economia rispettosa dell'ambiente, in modo che l'UE possa assumere un ruolo propulsivo nella necessaria azione di conferimento di una base solida e sostenibile all'economia mondiale. In particolare questo significa da un lato guidare con l'esempio, dando priorità agli investimenti nelle nuove tecnologie verdi e nella R&S (comprese la produzione di energia rinnovabile, l'efficienza energetica, i metodi sostenibili di produzione e consumo, le TIC e le infrastrutture a banda larga in comunità remote), e dall'altro promuovere la protezione e la conservazione dell'ambiente. Le università, le PMI e i centri di ricerca europei hanno un ruolo chiave nel far avanzare questo programma (7). Ciò richiede però dei mutamenti strutturali nell'economia europea, e tra di essi il coordinamento della politica macroeconomica con politiche attive da attuare nel mercato del lavoro per sostenere il passaggio a un'economia verde;

18.

auspica una strategia europea per qualifiche e posti di lavoro «verdi», onde orientare gli investimenti nelle qualifiche e nelle conoscenze necessarie allo sviluppo di un'economia sostenibile. I futuri programmi dell'UE, compresi il programma di apprendimento permanente e il Fondo sociale europeo, dovrebbero sostenere innanzitutto gli investimenti in qualifiche e posti di lavoro «verdi», puntando in particolare su PMI nuove, dinamiche e innovative (8);

19.

invita l'UE ad adottare un pacchetto coerente d'incentivi e di meccanismi di sostegno (Green Better Regulation: Legiferare meglio e nel rispetto dell'ambiente) per coadiuvare lo sviluppo di un'economia sostenibile in tutta l'Europa;

20.

invita a dare la priorità allo scambio delle migliori pratiche riguardanti approcci innovativi per favorire l'adozione, nei singoli Stati membri, di incentivi volti a ricompensare i cittadini, le imprese e gli enti pubblici che adottano comportamenti verdi, e a penalizzare nel contempo i comportamenti «non sostenibili»;

21.

ribadisce che un approccio «verde» può innescare un circolo virtuoso affrontando problemi che interessano sia l'economia che l'ambiente. Ad esempio, recenti modifiche ai regolamenti dei fondi strutturali hanno permesso di contribuire alle misure per l'efficienza energetica in famiglie a basso reddito;

22.

sottolinea l'importanza delle iniziative dal basso verso l'alto adottate dagli enti locali per conseguire cambiamenti sul territorio (9).

Coesione e integrazione sociale

23.

richiama l'attenzione sul valore e sull'importanza dei sistemi assicurativi e di protezione sociale che tutelano i soggetti più vulnerabili della società. Evidenzia poi anche la necessità di conservare un modello sociale europeo forte (10);

24.

riconosce, conformemente al Protocollo sui servizi di interesse generale allegato al Trattato di Lisbona, il ruolo essenziale di detti servizi, e in particolare di quelli sociali di interesse generale, le cui modalità di organizzazione e di funzionamento devono essere rese più sicure, nonché l'importanza dei servizi pubblici di prossimità per i cittadini;

25.

invita ad affrontare i fenomeni della povertà minorile e della povertà inter-generazionale all'interno delle famiglie e sottolinea l'esigenza di mantenere gli obiettivi di Barcellona riguardanti le strutture e i servizi a favore dei minori (11);

26.

ricorda che per il successo della nuova strategia è d'importanza fondamentale adottare su scala europea una politica di coesione adeguatamente finanziata che coinvolga tutte le regioni d'Europa e respinge qualsiasi tentativo di rinazionalizzare i fondi strutturali o di eliminare la dimensione regionale dalla politica di coesione in sede di revisione del bilancio comunitario;

27.

invita a impegnarsi per un utilizzo più efficace delle conoscenze attuali e delle migliori pratiche nell'ambito dei programmi dei fondi strutturali a favore di tutte le regioni dell'UE;

28.

invita i leader dell'UE a cogliere l'occasione offerta dall'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (2010) per dare la priorità alla coesione e all'inclusione sociale onde affrontare i problemi costituiti dalla crescente disoccupazione, dalle disparità dei risultati economici conseguiti dalle regioni, dall'esclusione sociale, dalla mancanza di prospettive di lavoro e dall'inattività economica. Il CdR conviene con la relazione Barca sul fatto che i programmi strutturali dell'UE sono uno strumento chiave per affrontare il problema dell'esclusione sociale;

29.

invita ad affrontare il fenomeno sempre più grave della disoccupazione giovanile, dando la priorità agli investimenti nell'istruzione, nella formazione e nello sviluppo delle competenze, compresi programmi per promuovere la mobilità dei giovani. Il Comitato accoglie con favore la raccomandazione del Consiglio relativa alla mobilità dei giovani volontari in Europa, adottata nel novembre 2008, e appoggia la proposta della Commissione di designare il 2011 Anno europeo del volontariato;

30.

auspica un maggiore riconoscimento del contributo fondamentale delle donne alla forza lavoro e in quanto imprenditrici e innovatrici. In materia di parità di genere l'Europa ha ancora molto da fare: questo è quanto emerge da una recente relazione della Commissione europea, che evidenzia in particolare il persistere di problemi come le disparità retributive motivate dal genere, la difficoltà di conciliare lavoro e vita familiare e gli stereotipi di genere (12)  (13); auspica perciò che siano previsti raccomandazioni ed incentivi per la permanenza e l’ingresso delle donne nel lavoro;

31.

invita a un riconoscimento generalizzato del valore del contributo di tutti i membri della società. La nuova strategia dovrebbe riconoscere l'importanza della «società civile», e in particolare quella del terzo settore e di tutti coloro che si prendono cura di minori, disabili e anziani, il cui contributo al benessere generale è spesso misconosciuto. Essa dovrebbe altresì incoraggiare le politiche d'invecchiamento attivo e le iniziative intergenerazionali;

32.

ritiene che la futura politica di coesione dovrebbe prevedere anche il sostegno a iniziative di sviluppo locale destinate a comunità urbane e rurali caratterizzate da problemi socioeconomici particolari. In passato questo approccio è stato utilizzato con successo attraverso iniziative come EQUAL, Leader e URBAN e nei programmi di carattere generale per l'obiettivo 1 e l'obiettivo 2;

33.

invita ad adottare un approccio grazie al quale gli aiuti di Stato consentano di dare un sostegno alla produzione economica realizzata da comunità locali con metodi sostenibili (ad esempio dando la priorità agli appalti «verdi», all'accesso alle infrastrutture a banda larga per le comunità rurali in zone remote).

La governance multilivello

34.

sottolinea la necessità di coinvolgere gli enti locali e regionali nella definizione, realizzazione e valutazione della nuova strategia;

35.

sottolinea l'importanza che gli enti regionali e locali prendano iniziative per reagire alla crisi finanziaria ed economica sul territorio e per affrontare le sfide immediate e a breve termine (14);

36.

invita a un miglior coordinamento e cooperazione fra i diversi livelli di governo in Europa e chiede di conferire alla strategia una dimensione regionale molto più marcata;

37.

invita i massimi responsabili dell'UE ad assicurare che in avvenire i fondi UE si concentrino sulla realizzazione degli obiettivi chiave della nuova strategia, secondo la formula dell'«earmarking Lisbona» (assegnazione delle risorse di bilancio a progetti specifici) applicata con successo per i finanziamenti dei fondi strutturali a tutte le voci interessate del bilancio dell'UE;

38.

invita a individuare incentivi più efficaci per indurre i governi nazionali a impegnarsi a realizzare le finalità della nuova strategia, anche a prezzo della eventuale accettazione di obiettivi vincolanti, per assicurarle un'effettiva realizzazione «sul terreno»;

39.

sostiene l'idea di collegare la strategia al mandato della Commissione europea e del Parlamento europeo. Nella nuova strategia è opportuno assegnare un ruolo più chiaro per il Parlamento europeo, in quanto organo eletto democraticamente, che opera in partenariato con il Comitato delle regioni e con il Comitato economico e sociale europeo;

40.

rileva che la politica di coesione dell'UE dispone già di una struttura consolidata di governance multilivello per l'attuazione dei programmi dei fondi strutturali e afferma che la nuova strategia dovrebbe utilizzare queste strutture di partenariato preesistenti per rimediare agli attuali punti deboli delle strutture amministrative. Un metodo molto più efficace per coordinare le politiche consisterebbe nell'adeguare esplicitamente le strutture amministrative in funzione dei programmi regionali della politica di coesione dell'UE;

41.

propone di sfruttare questi partenariati per la preparazione dei programmi nazionali di riforma (PNR) e che contestualmente i programmi dei fondi strutturali diventino un capitolo regionale per la realizzazione delle finalità generali dei PNR; osserva con preoccupazione che il documento di consultazione non contiene proposte concrete su come coinvolgere, nell'ambito della strategia dell'UE per il 2020, i governi locali e regionali nonché i parlamenti e le assemblee regionali nello sviluppo e nell'attuazione della strategia e dei PNR.

Misurare l’impatto economico della strategia

42.

constata un'insoddisfazione crescente riguardo all'uso del PIL come principale indicatore per misurare i risultati economici e invita a mettere a punto nuovi indicatori che permettano una misurazione più precisa della prosperità, del benessere e della qualità della vita in Europa (15);

43.

auspica vivamente che nel definire tali indicatori si tenga conto delle principali problematiche sociali e ambientali come la povertà minorile, la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, i livelli di CO2 e di altre emissioni e l'impatto sulla biodiversità, come anche degli altri elementi che rientrano nella definizione più ampia di benessere e che riflettono le disparità a livello subnazionale in Europa (16);

44.

auspica vivamente che gli enti locali e regionali siano direttamente coinvolti nella determinazione degli obiettivi e degli indicatori per la nuova strategia. Il Patto dei sindaci siglato nel gennaio 2009 mostra che tali enti possono dare impulso alla soluzione di problemi fondamentali e assumere impegni più ambiziosi di quanto non possano fare i livelli di governo nazionali ed europei.

Un approccio fondato sulle prove

45.

sottolinea che il presente parere si basa sui risultati della consultazione del CdR sull'avvenire della strategia, avviata a Praga nel marzo 2009, come pure su quelli delle ricerche attive svolte a Bruxelles, nel Galles e nel Regno Unito. Ad esso ha altresì contribuito la Piattaforma di monitoraggio di Lisbona (PML), che ha fornito un'analisi sollecita e globale dei risultati della consultazione;

46.

giudica essenziale che il CdR prosegua anche per la nuova strategia la sua azione di monitoraggio della realizzazione sul territorio utilizzando le proprie reti, in particolare la Piattaforma di monitoraggio di Lisbona.

Bruxelles, 3 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  Cfr. il rapporto Prosperity without Growth: the transition to a sustainable economy (Prosperità senza crescita: la transizione verso un'economia sostenibile) della Sustainable Development Commission (Commissione britannica per lo sviluppo sostenibile), pubblicata nel marzo 2009 (http://www.sd-commission.org.uk/pages/redefining-prosperity.html).

(2)  Ne è un esempio il cosiddetto Wave Hub, la cui costruzione deve essere ultimata in Cornovaglia per il 2010. Con il sostegno finanziario del FESR, esso costituirà il primo impianto off-shore per la generazione di energia dal moto ondoso. Il progetto è frutto di una collaborazione tra il settore pubblico, il settore privato e ricerca.

(3)  La New Economics Foundation (http://www.neweconomics.org/gen/) ha messo a punto una contabilità nazionale del benessere basata sui fattori costitutivi del benessere personale e sociale.

(4)  Cfr. il rapporto Prosperity without Growth: the transition to a sustainable economy (Prosperità senza crescita: la transizione verso un'economia sostenibile) della Sustainable Development Commission (Commissione britannica per lo sviluppo sostenibile), pubblicata nel marzo 2009 (http://www.sd-commission.org.uk/pages/redefining-prosperity.html).

(5)  DG Occupazione, affari sociali e pari opportunità (EMPL): MEMO/08/625 del 16 ottobre 2008. Cfr. http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=637

(6)  Cfr. The Regions 2020 Report (Relazione sulle regioni) pubblicata dalla Commissione europea nel dicembre 2008.

(7)  Ne è un esempio il cosiddetto Wave Hub, la cui costruzione deve essere ultimata in Cornovaglia per il 2010. Con il sostegno finanziario del FESR, esso costituirà il primo impianto off-shore per la generazione di energia dal moto ondoso. Il progetto è frutto di una collaborazione tra il settore pubblico, il settore privato e ricerca.

(8)  Come esempi si possono citare i programmi Capturing the Potential - A Green Jobs Strategy for Wales (Sfruttare il potenziale - Una strategia per posti di lavoro verdi in Galles), pubblicato dall'esecutivo gallese (Welsh Assembly Government) il 9 luglio 2009, e Going for Green Growth: a Green Jobs Strategy for Scotland (Per una crescita verde: una strategia di posti di lavoro verdi per la Scozia), pubblicato dall'esecutivo scozzese nel giugno 2005.

(9)  Il comune di Thisted in Danimarca ne è un esempio: un'iniziativa intrapresa dalla comunità locale per far fronte ai cambiamenti climatici ha consentito di evitare l'uso di combustibili fossili per oltre il 100 % dei suoi consumi di elettricità e per oltre l'80 % dei consumi per la generazione di calore (www.climate.thisted.dk).

(10)  Un dibattito proficuo al riguardo figura nell'opera The Spirit Level: Why More Equal Societies Almost Always Do Better (Il livello dello spirito: Perché le società più egualitarie hanno quasi sempre maggior successo), di Richard Wilkinson e Kate Pickett (Allen Lane, marzo 2009). La Piattaforma sociale chiede un sistema di minimi retributivi a livello europeo, e anche l'UE è stata invitata a impegnarsi al rispetto delle norme dell'Organizzazione internazionale del lavoro per un lavoro dignitoso.

(11)  «… l'assistenza per i figli dovrà essere disponibile per almeno il 90 % dei bambini di età compresa tra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico e per almeno il 33 % dei bambini di età inferiore ai 3 anni.» (Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Barcellona: http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/71065.pdf).

(12)  COM(2009) 77 def. - Parità tra donne e uomini.

(13)  La pubblicazione Global Economics Paper No: 164 Women Hold Up Half the Sky della Goldman Sachs, del 2007, afferma che riducendo le disparità di genere si aumenterebbe la crescita economica. Il governo norvegese, convinto dell'efficacia delle quote in campo economico, ha introdotto una quota per assicurare che nei consigli di amministrazione di tutte le società private siano presenti almeno un 40 % di donne. Nella sua pubblicazione The World Bank and Gender Equality (aprile 2009) la Banca mondiale afferma che la povertà non può essere debellata senza conseguire la parità di genere, e definisce «anti-economico» qualunque sistema che limiti le opportunità economiche delle donne.

(14)  Ad esempio, dall'ottobre 2008 nel Galles si sono tenuti sei vertici economici che hanno riunito tutte le parti interessate a programmare una soluzione alla crisi. L'esecutivo gallese ha utilizzato anche il FSE per finanziare soluzioni che abbinano sussidi salariali e formativi per i datori di lavoro che assumono lavoratori disoccupati da poco (ReAct) o che continuano ad occupare lavoratori a rischio di esubero (ProAct). Il 15 luglio 2009 la Conferenza delle regioni periferiche marittime d'Europa (CPMRE) ha adottato un manifesto dal titolo Emerging stronger from the crisis: a european territorial pact«Uscire più forti dalla crisi: un Patto territoriale europeo», il quale dà atto delle reazioni regionali alla crisi che colpisce l'Europa intera, e invita la Commissione, gli Stati membri e gli enti regionali (e anche il Comitato delle regioni) a tenere una riunione ad hoc per discutere delle soluzioni a più lungo termine della crisi.

(15)  Particolare interesse riveste la Commission sur la Mesure de la Performance Économique et du Progrès Social istituita per iniziativa del Presidente francese Sarkozy con il compito, appunto, di definire nuovi indicatori per misurare i progressi di carattere economico e sociale che non sono presi in considerazione nel PIL.

(16)  La nuova strategia per lo sviluppo sostenibile del governo gallese, denominata One Planet: One Wales (Un pianeta, un Galles) prevede cinque indici di livello elevato per consentire al Galles di occuparsi degli elementi principali della strategia: (i) «impronta ecologica», (ii) biodiversità, (iii) valore aggiunto lordo (equivalente della misurazione del PIL), (iv) famiglie a basso reddito e (v) benessere generale.


29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/11


Parere del Comitato delle regioni su «Nuove competenze per nuovi lavori — Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi»

2010/C 141/03

IL COMITATO DELLE REGIONI

fa presente che i responsabili politici (ai livelli statale, regionale e locale) sono tenuti a rimuovere le ricadute negative della crisi, a dare la priorità assoluta alle opportunità che si schiudono in un'economia caratterizzata da basse emissioni di gas carbonici e a promuoverle rivedendo la strategia di Lisbona con un'impostazione integrata e sostenibile,

fa presente che i responsabili politici (ai livelli statale, regionale e locale) sono tenuti a usare la loro influenza e a adoperarsi affinché siano rimosse le ricadute negative della crisi, a dare la priorità assoluta alle opportunità che si schiudono in un'economia caratterizzata da basse emissioni di biossido di carbonio e a promuoverle per mezzo di un'impostazione integrata e sostenibile nel quadro della strategia di Lisbona rinnovata,

rimarca che sono già migliaia i lavoratori degli Stati membri dell'Unione europea che hanno perso il loro posto di lavoro a causa dell'attuale, non ancora superata, crisi economica. Questo fenomeno è ulteriormente aggravato dall'emergere di nuovi mercati e dal trasferimento di imprese verso paesi con costi di produzione inferiori. Di qui l'assoluta necessità di potenziare le competenze di tutti i lavoratori e di renderle più rispondenti alle esigenze del mercato del lavoro,

ritiene che una formazione iniziale di qualità costituisca la base per acquisire competenze e accresca la predisposizione all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Le società, specie negli Stati membri nell'Unione europea, si stanno trasformando sempre più in società del sapere in cui vi sarà sempre più richiesta di persone altamente qualificate e in cui la maggior parte dei posti di lavoro sarà disponibile nel settore dei servizi,

richiama l'attenzione sul fatto che il passaggio, indotto dai cambiamenti climatici, verso un'economia caratterizzata da basse emissioni di carbonio, e gli ulteriori sviluppi tecnologici, specie nel comparto delle TIC, rendono necessarie ristrutturazioni (talvolta profonde) nei settori esistenti. Queste comportano trasformazioni corrispondenti per il mercato del lavoro, ma al tempo stesso offrono un grande potenziale per la creazione di nuovi posti di lavoro (green jobs) che spesso sono di natura interdisciplinare e richiedono competenze intersettoriali.

Relatrice

:

Marianne FÜGL (AT/PSE), vicesindaco del comune di Traisen

Testo di riferimento:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Nuove competenze per nuovi lavori — Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi

COM(2008) 868 def.

I.   RACCOMANDAZIONI PROGRAMMATICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

si compiace dell'impegno dimostrato dalla Commissione riguardo alla comunicazione Nuove competenze per nuovi lavori;

2.

osserva che l'attuale crisi finanziaria ed economica, la più grave da decenni, ha già generato una crisi occupazionale e sociale che si aggraverà in futuro e di cui occorre pertanto anticipare e attenuare gli effetti (1);

3.

fa presente che i responsabili politici (ai livelli statale, regionale e locale) sono tenuti a usare la loro influenza e ad adoperarsi affinché siano rimosse le ricadute negative della crisi, a dare la priorità assoluta alle opportunità che si schiudono in un'economia caratterizzata da basse emissioni di biossido di carbonio e a promuoverle per mezzo di un'impostazione integrata e sostenibile nel quadro della strategia di Lisbona rinnovata;

4.

constata che in questo contesto è indispensabile un'analisi dello sviluppo del mercato del lavoro dell'Unione europea nei prossimi anni.

Sfide future

5.

rileva che nei prossimi anni l'Unione europea e i suoi 27 Stati membri dovranno affrontare una serie di grandi sfide man mano che le strutture tradizionali e la cultura del lavoro e dell'impresa della società industriale e dell'informazione si adegueranno alle nuove prassi della società della conoscenza e dell'innovazione, per le quali la capacità di anticipare il futuro assume un'importanza capitale;

6.

rimarca che sono già migliaia i lavoratori degli Stati membri dell'Unione europea che hanno perso il loro posto di lavoro a causa dell'attuale, non ancora superata, crisi economica. Questo fenomeno è ulteriormente aggravato dall'emergere di nuovi mercati e dal trasferimento di imprese verso paesi con costi di produzione inferiori. Di qui l'assoluta necessità di potenziare le competenze di tutti i lavoratori e di renderle più rispondenti alle esigenze del mercato del lavoro;

7.

ritiene che una formazione iniziale di qualità costituisca la base per acquisire competenze e accresca la predisposizione all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Le società, specie nell'Unione europea, si stanno trasformando in società del sapere in cui vi sarà sempre più richiesta di persone altamente qualificate e in cui la maggior parte dei posti di lavoro sarà disponibile nel settore dei servizi;

8.

ritiene che occorra prestare maggiore attenzione anche all'evoluzione demografica e all'invecchiamento della popolazione;

9.

richiama l'attenzione sul fatto che il passaggio, indotto dai cambiamenti climatici, verso un'economia caratterizzata da basse emissioni di carbonio, e gli ulteriori sviluppi tecnologici, specie nel comparto delle TIC, rendono necessarie ristrutturazioni (talvolta profonde) nei settori esistenti. Queste comportano trasformazioni corrispondenti per il mercato del lavoro, ma al tempo stesso offrono un grande potenziale per la creazione di nuovi posti di lavoro (green jobs) che spesso sono di natura interdisciplinare e richiedono competenze intersettoriali;

10.

osserva che tutte queste trasformazioni hanno ripercussioni sui lavoratori, sul mercato del lavoro e sulle imprese;

11.

propone di adottare provvedimenti concreti, a lungo termine, basati su azioni di ampio respiro che si incentrino su una cooperazione più intensa tra ricerca, istruzione e innovazione (il cosiddetto triangolo della conoscenza) e nel cui quadro si proceda allo scambio di esperienze e allo sviluppo di soluzioni adeguate mediante una cooperazione a livello dell'Unione europea.

Ruolo delle regioni e dei comuni

12.

ricorda che le regioni e i comuni hanno una funzione importante per il conseguimento degli obiettivi menzionati nella comunicazione della Commissione;

13.

esprime il suo apprezzamento per il fatto che nella comunicazione si riconoscano esplicitamente le differenti esigenze in materia di qualifiche e di mercati del lavoro riscontrate nelle diverse regioni. Le regioni e i comuni sono peraltro anche i principali fornitori dell'istruzione primaria e secondaria e la formazione iniziale acquisita a questo livello è la prima pietra delle competenze ulteriori. Inoltre, gli enti regionali e locali sono spesso responsabili delle condizioni quadro necessarie per la mobilità e la formazione permanente, come le linee di trasporto, le strutture per la custodia dei bambini e gli istituti d'istruzione e formazione;

14.

ritiene che la mobilità professionale, anche transfrontaliera, sia un presupposto per disporre di maggiori possibilità di scelta e per consentire a un maggior numero di persone di trovare nuovi e migliori posti di lavoro;

15.

rammenta che una maggiore integrazione delle regioni e dei comuni, attraverso una cooperazione rafforzata di tutte le parti interessate, l'analisi dei mercati regionali del lavoro e la stima delle future esigenze in materia di qualità, risulta imprescindibile per le zone rurali caratterizzate da carenze strutturali e minacciate dall'esodo degli abitanti e per le regioni ultraperiferiche. Anche per la definizione delle risposte dell'Unione europea alle sfide cui essa è confrontata è indispensabile l'integrazione delle conoscenze e delle esperienze degli enti regionali e locali;

16.

auspica un impiego più efficiente dei mezzi finanziari del Fondo sociale europeo (FSE) per gli enti regionali e locali. Così facendo si potrà garantire che questi ottengano i fondi necessari in modo rapido e diretto e ne coordinino meglio l'utilizzo.

Trasformazioni nel mercato del lavoro

17.

sottolinea che il mercato del lavoro, sia nei singoli Stati membri che nell'intera Unione europea, deve far fronte a diversi sviluppi;

18.

rileva che ormai oggi praticamente nessun lavoratore conserva più lo stesso posto di lavoro per tutta la vita. Uno studio del 2005 mostrava che nella loro vita lavorativa complessiva in media i lavoratori interessati avevano occupato già quattro posti di lavoro (2). Numerosi lavoratori conoscono anche un alternarsi di periodi di lavoro e di disoccupazione, e si va diffondendo il precariato. Chiede quindi un equilibrio favorevole al lavoratore tra, da una parte, il bisogno fondamentale di sicurezza sociale e, dall'altra, le esigenze di flessibilità del mercato del lavoro (in base al concetto di «flessicurezza»);

19.

ritiene che la mobilità professionale abbia una grande importanza nell'attuale vita lavorativa, nel senso che soprattutto i lavoratori più giovani e altamente qualificati sono disposti a misurarsi con nuove sfide in campo professionale. Si attribuisce alle persone flessibili sul piano sia professionale che geografico la capacità di adeguarsi più facilmente a nuove situazioni e quindi anche di acquisire nuove competenze;

20.

segnala che il processo d'invecchiamento demografico si va accentuando così rapidamente che di qui al 2030 la forza lavoro dell'Unione europea potrebbe ridursi di quasi 20 milioni di persone (3). Perciò ai lavoratori devono fornirsi sin d'ora competenze sufficienti per poter rispondere alle esigenze del futuro mercato del lavoro, e va garantito l'accesso all'istruzione, alla formazione e alla formazione permanente. Al tempo stesso occorrono sistemi intelligenti per «pilotare» opportunamente i flussi migratori in modo da tener conto delle necessità dei singoli, dei paesi di accoglienza e di quelli di origine;

21.

sottolinea che si prevede nel prossimo decennio una domanda crescente di forza lavoro altamente qualificata con un amplissimo ventaglio di competenze (non solo tecniche, ma anche sociali e culturali, come ad es. capacità di comunicare, di comporre conflitti, ecc.). Vi è un progressivo avvicinamento dei requisiti richiesti ai lavoratori nei lavori poco qualificati e in quelli mediamente qualificati. Nell'insieme per questo tipo di occupazioni vengono richieste sempre maggiori qualifiche, mentre diminuisce la domanda di personale per impieghi che esigono qualifiche inferiori. Al tempo stesso aumentano i livelli retributivi per le occupazioni altamente qualificate e diminuiscono quelli per il personale poco qualificato. A questa polarizzazione dei posti di lavoro deve necessariamente seguire una politica salariale basata sulla produttività, in modo da evitare che vi siano settori con bassi livelli retributivi. Occorre attivarsi per aprire vere opportunità di mobilità alle persone attraverso misure corrispondenti di qualificazione.

Anticipare le future competenze

22.

invita gli Stati membri a mettere a punto sistemi di previsione e anticipazione trasparenti, grazie ai quali sia possibile promuovere la creazione di posti di lavoro con un elevato livello di conoscenze e sviluppare la formazione tenendo conto delle competenze richieste sui mercati del lavoro;

23.

raccomanda che, per garantire l'affidabilità e l'efficienza di tali sistemi di previsione, si adottino misure sia quantitative che qualitative; in tal modo si avrebbero previsioni affidabili circa il tipo di lavoratori o di competenze che saranno richiesti sul futuro mercato del lavoro;

24.

ritiene che, per poter essere competitivi sul mercato del lavoro, i lavoratori devono essere anzitutto flessibili, saper reagire a cambiamenti improvvisi e disporre di buone capacità di comunicazione (4). Al tempo stesso le condizioni quadro devono essere costruite in modo che l'esigenza della flessibilità non gravi unicamente sui lavoratori. Ciò significa che i poteri pubblici, ai vari livelli, e le parti sociali devono sviluppare insieme idee sul modo di conciliare l'esigenza della sicurezza sociale con quelle della flessibilità del mercato del lavoro. In proposito occorre inoltre tener presente che nel mercato interno dell'UE non va incoraggiata alcuna rincorsa verso lo standard più basso;

25.

invita a intensificare la collaborazione fra imprese, istituti d'istruzione e di formazione professionale, comuni, regioni e rappresentanze d'interessi in questo campo, e in particolare la cooperazione fra le imprese e gli istituti d'istruzione e di formazione professionale, in modo da creare partenariati volti a far fronte alla domanda in materia di qualifiche nel medio termine. Inoltre, si potrebbero ottenere informazioni utili grazie a studi qualitativi sulle aspettative dei datori di lavoro nei confronti degli studenti e dei diplomati;

26.

appoggia l'idea della Commissione secondo cui informazioni aggiuntive sulla situazione negli Stati membri dell'UE sono il presupposto indispensabile per risposte politiche adeguate alle sfide attuali;

27.

esorta la Commissione europea a proseguire e intensificare sia la cooperazione con il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop) sia l'impiego dei risultati degli studi da questo condotti, in modo da garantire un'individuazione tempestiva e una previsione completa dei bisogni di nuove competenze nel mercato del lavoro;

28.

fa presente che nella rilevazione e nell'utilizzo delle informazioni occorre tener conto delle differenze regionali. Solo così, infatti, è possibile porre in essere misure concrete che rispondano alle esigenze delle singole regioni dei vari Stati membri dell'UE.

Importanza dell'istruzione, della formazione e dell'istruzione permanente

29.

ricorda che la forza lavoro richiesta sul futuro mercato del lavoro dovrà disporre delle competenze necessarie: è quindi importante assicurare l'istruzione e la formazione professionale permanente dei lavoratori. Per le università e gli altri istituti di istruzione e formazione professionale la trasmissione delle necessarie conoscenze alle persone attive professionalmente deve assumere un'importanza pari all'istruzione di base dei bambini e giovani;

30.

segnala la necessità di programmare e mettere in atto strategie e politiche per rafforzare l'apprendimento permanente e accrescere la flessibilità e la sicurezza nel settore dell'occupazione;

31.

sottolinea che occorre sin d'ora mantenere ed investire negli attuali posti di lavoro. Per tale ragione le imprese hanno la responsabilità di permettere ai lavoratori la formazione di base e la formazione permanente al loro interno. Quest'ultima accresce la produttività e la crescita economica. In proposito l'Unione europea e gli Stati membri devono adottare un approccio coordinato per offrire incentivi anche alle imprese e promuovere la formazione permanente;

32.

ritiene che già con i processi di Bologna e di Copenaghen siano stati compiuti passi importanti per lo spazio europeo dell'istruzione. Dato che in avvenire aumenterà la domanda di competenze sul mercato del lavoro dell'Unione europea, è importante, per la mobilità professionale dei lavoratori, un migliore riconoscimento delle qualificazioni professionali nei singoli Stati membri;

33.

osserva che entro il 2020 la percentuale dei lavori che richiedono un livello elevato d'istruzione dovrebbe passare dal 25,1 % al 31,3 % (5). D'altro canto, occorre agire contro il rischio di una offerta in eccesso di lavoratori altamente qualificati. Pertanto, le competenze richieste sul mercato del lavoro - parallelamente alle elevate qualifiche necessarie - devono essere riconosciute tempestivamente in modo che vi sia un'offerta sufficiente di posti di lavoro altamente qualificati per raggiungere un equilibrio tra domanda e offerta;

34.

ritiene che l'applicazione del Quadro europeo delle qualifiche debba aumentare la trasparenza delle qualifiche professionali, agevolare l'accesso agli scaglioni superiori della formazione e promuovere la flessibilità e mobilità dei lavoratori. In questo contesto il termine «mobilità» non va inteso unicamente come mobilità fra imprese differenti, bensì anche, e in modo particolare, come mobilità all'interno delle imprese;

35.

rammenta che occorre trovare la possibilità di riconoscere la formazione dei cittadini dei paesi terzi e dei lavoratori migranti per evitare che le competenze presenti o che questi lavoratori apportano arrivando nell'UE vadano perdute. In tal senso assume grande importanza la collaborazione a livello internazionale (ad esempio con i paesi d'origine dei lavoratori migranti al fine di contrastare la fuga dei cervelli);

36.

chiede che la trasmissione delle competenze inizi sin dalla prima infanzia perché la disponibilità all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita viene incoraggiata anzitutto con la formazione iniziale. È infatti soprattutto in tale fase della vita che i bambini assimilano nuove competenze con maggiore rapidità e facilità;

37.

ritiene che la collaborazione fra imprese e istituti d'istruzione e di formazione professionale possa permettere di coordinare meglio le qualifiche e le competenze necessarie con i posti di lavoro offerti, grazie all'elaborazione e all'attuazione di un programma su scala comunitaria per le competenze digitali, adattabile alle esigenze e alle situazioni a livello regionale e locale. Tirocini e giornate d'introduzione forniscono competenze aggiuntive e consentono di farsi un'idea del mondo del lavoro;

38.

giudica utile istituire una Carta dell'Unione europea dei tirocini in quanto essa potrebbe offrire ai giovani maggiori diritti nel quadro dell'acquisizione e del riconoscimento delle esperienze lavorative e agevolare l'avvio della loro carriera.

Coesione sociale

39.

giudica opportuno che anche al livello dell'UE si presti, in generale, maggiore attenzione alla qualità del lavoro. Al riguardo si rammenta che dal 2008 la creazione di un lavoro dignitoso è divenuta parte integrante degli obiettivi di sviluppo del Millennio;

40.

sottolinea che la crescita e l'occupazione non bastano per portare l'Europa sulla via della ripresa. Bisogna anche definire misure di accompagnamento nell'interesse della coesione sociale;

41.

ricorda la necessità di garantire a tutti coloro che, per i loro interessi personali e/o per le loro capacità fisiche e intellettuali, non corrispondano ai requisiti di un mercato del lavoro altamente qualificato, l'accesso al mercato del lavoro mediante i necessari programmi di sostegno e accompagnamento all'occupazione e di assicurare loro, eventualmente, un reddito sufficiente, oppure il reddito minimo in quegli Stati membri in cui è previsto per legge;

42.

chiede che si acceleri la realizzazione della parità dei diritti fra uomini e donne nella partecipazione al mercato del lavoro rimuovendo tutti gli ostacoli. Al riguardo un fattore essenziale è costituito dall'eliminazione delle persistenti disparità retributive (il cosiddetto gender pay gap);

43.

rammenta che l'invecchiamento della popolazione fa prevedere anche nell'ambito dei servizi di assistenza e delle professioni sociali un incremento della domanda di lavoro e quindi maggiori opportunità occupazionali. Di conseguenza, sono importanti misure formative adeguate e una più intensa cooperazione a livello dell'Unione europea per poter correggere eventuali squilibri fra la domanda e l'offerta all'interno dell'UE;

44.

propone di incentivare forme di occupazione con orari di lavoro flessibili, adeguate alle capacità e allo stato di salute dei lavoratori anziani; in tal modo si potrebbe permettere in particolare alle persone anziane di rimanere nel mercato del lavoro fino al raggiungimento dell'età pensionabile;

45.

ritiene che grazie alla cooperazione fra enti locali e regionali e fra imprese e istituti di istruzione e formazione professionale sia già stato possibile realizzare modelli di successo nel campo della formazione permanente, del riconoscimento dell'esperienza lavorativa, dell'ampliamento delle competenze e delle opportunità occupazionali. Sarebbe auspicabile individuare e divulgare tali modelli di «buone pratiche». Inoltre occorrono investimenti consistenti per convertire tali buone pratiche in concetti, contenuti didattici e metodi di insegnamento e di apprendimento per l'istruzione e formazione professionale in modo da poter sviluppare, con il minimo costo aggiuntivo a livello locale, le competenze richieste nel mondo del lavoro (diffusione su vasta scala di un uso «su misura» delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione);

46.

constata che occorrerà adeguare gli strumenti finanziari esistenti (FSE, FESR) per rispondere efficacemente alle mutevoli condizioni del mercato del lavoro.

Bruxelles, 3 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  Secondo le previsioni della Commissione europea del 4 maggio 2009, si prevede che nel 2010 il tasso di disoccupazione passerà all'11 %. L'occupazione dovrebbe registrare una contrazione del 2,5 % circa sia nell'UE che nell'area dell'euro quest'anno e di un ulteriore 1,5 % nel 2010, con la conseguente perdita in questi due anni di circa 8,5 milioni di posti di lavoro, a fronte della creazione di quasi 9,5 milioni di posti di lavoro nel triennio 2006-2008. http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/09/693&format=HTML&aged=0&language=IT&guiLanguage=en

(2)  Eurobarometer 64.1 on geographical and labour market mobility (Rilevazione dell'Eurobarometro 64.1 sulla mobilità geografica e della manodopera) — settembre 2005.

(3)  Consiglio dell'Unione europea, parere congiunto dei comitati per l'occupazione e per la protezione sociale sull'invecchiamento attivo, 9269/07, maggio 2007.

(4)  Origins and Consequences of Changes in Labour Market Skill Needs. Considerations from a European Perspective. - rapporto predisposto per la Commissione europea dalla European Expert Network on Economics of Education (EENEE) (rete di esperti in economia e in scienze sociali dell'istruzione), www.education-economics.org, pag. 25.

(5)  COM(2008) 868 def., pag. 9.


29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/16


Parere del Comitato delle regioni su «Le prospettive regionali nello sviluppo della competenza mediatica — L'alfabetizzazione mediatica nella politica dell'UE in materia di istruzione»

2010/C 141/04

IL COMITATO DELLE REGIONI sottolinea che:

in molti casi, gli enti locali e regionali sono responsabili dell'integrazione dell'alfabetizzazione mediatica nell'istruzione ufficiale a tutti i livelli. Sarebbe pertanto opportuno ricercare una procedura adatta per contribuire ai loro interventi rivolti a sostenere tale competenza,

l'alfabetizzazione mediatica dovrebbe figurare tra i settori considerati nella nuova fase della cooperazione UE in materia di istruzione, avviata dal quadro strategico,

occorrerà distinguere chiaramente le principali componenti dell'alfabetizzazione mediatica, perché lo sviluppo di ciascuna di esse richiede una strategia, dei soggetti e delle risorse propri,

anche i consumatori dovrebbero essere sensibilizzati all'utilizzazione dei media. Infatti anche nel settore dei media è fondamentale un maggiore rispetto dei diritti dei consumatori.

Relatore

:

András SZALAY (HU/ALDE), consigliere comunale di Veszprém

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

1.

Il Comitato delle regioni (CdR) plaude la Commissione europea per avere non soltanto presentato le ragioni dell'importanza della politica di formazione, ma anche i suoi principi fondamentali e i suoi obiettivi, sulla base della definizione dell'alfabetizzazione mediatica (1). La Commissione ha anche preso in considerazione il parere adottato dal CdR nella sessione plenaria dell'8 e 9 ottobre 2008 (2).

2.

Il Comitato delle regioni si augura che la Commissione europea proseguirà i propri sforzi rivolti a proseguire lo sviluppo coerente della politica per l'alfabetizzazione mediatica avviata nel 2007 e la invita a tener conto, nella definizione di tale politica, del parere del CdR, nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle specifiche competenze locali e regionali. Chiede inoltre alla Commissione di proseguire l'elaborazione di un piano d'azione sull'alfabetizzazione mediatica, in collaborazione con le altre istituzioni dell'Unione, con l'Unesco e con gli enti locali. In tale contesto occorrerà tenere conto del fatto che:

a)

dal punto di vista della cultura politica, della partecipazione attiva dei cittadini dell'UE e della sensibilizzazione degli utenti, la realizzazione della alfabetizzazione mediatica come obiettivo politico essenziale deve essere perseguita con determinazione da tutte le parti coinvolte e richiede innanzi tutto che ogni regione e Stato membro favorisca l'innovazione nel settore dell'istruzione;

b)

ai sensi del Trattato CE, la politica dell'istruzione e della formazione è di competenza esclusiva degli Stati membri, mentre l'Unione contribuisce ove necessario a migliorare i differenti sistemi nazionali, mettendo a disposizione strumenti comunitari complementari e facilitando lo scambio di informazioni e di buone pratiche. Ciò viene anche sottolineato nella comunicazione della Commissione dal titolo Un quadro strategico aggiornato per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione, pubblicata nel 2008 (3);

c)

la comunicazione sul quadro strategico per il settore dell'istruzione e della formazione (4) contiene la discutibile affermazione secondo cui l'alfabetizzazione mediatica costituisce un ramo dell'alfabetizzazione digitale, laddove essa è in grado di svolgere un ruolo cruciale nella realizzazione di numerosi obiettivi e priorità di questo stesso quadro strategico (in particolare l'acquisizione di competenze di base nella lettura, la capacità di «imparare ad imparare», la cittadinanza attiva, la promozione del dialogo interculturale e l'apprendimento permanente);

d)

i temi indicati come priorità immediate del quadro strategico (5) sono:

lo sviluppo trasversale delle competenze chiave,

misure rivolte a facilitare la creazione di un ambiente istituzionale favorevole alla creatività e all'innovazione, basate su un impiego critico e ponderato delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione e tali da favorire un miglioramento qualitativo della formazione degli insegnanti,

la creazione di partenariati tra le istituzioni e le imprese che forniscono istruzione e formazione, gli istituti di ricerca, i soggetti del mondo culturale e le industrie creative.

Queste priorità sono strettamente collegate con le considerazioni sullo sviluppo dell'alfabetizzazione mediatica.

e)

In molti casi gli enti locali e regionali sono i responsabili dell'integrazione dell'alfabetizzazione mediatica nell'istruzione ufficiale a tutti i livelli. Sarebbe pertanto opportuno ricercare una procedura adatta per contribuire ai loro interventi rivolti a sostenere i progetti, i programmi e gli statuti legati all'alfabetizzazione mediatica, compresi i differenti partenariati tra i numerosi soggetti pubblici e privati coinvolti e tra gli istituti di istruzione e culturali e i produttori professionali di contenuti, il tutto nel quadro dell'istruzione sia formale che informale e nel pieno rispetto delle disposizioni giuridiche.

3.

Pertanto, il Comitato chiede che l'alfabetizzazione mediatica sia inserita quale nona competenza chiave nel quadro di riferimento europeo per l'apprendimento permanente, conformemente alla raccomandazione 2006/962/CE. Infatti, senza bisogno di impiegare a questo fine ingenti finanziamenti comunitari, una siffatta modifica del gruppo di competenze chiave aiuterebbe gli organi responsabili dell'istruzione formale negli Stati membri e nelle regioni a prendere le decisioni necessarie per l'integrazione dell'alfabetizzazione mediatica nei programmi di insegnamento.

4.

Sarebbe opportuno che la Commissione europea distinguesse chiaramente tra l'apprendimento assistito da Internet (apprendimento on line o e-learning) e lo sviluppo dell'alfabetizzazione mediatica, vale a dire l'analisi critica di Internet in quanto mezzo di informazione in un ambiente on line. Va infatti precisato che l'apprendimento on line non coincide con l'alfabetizzazione mediatica e che le competenze in materia di tecnologie dell'informazione e della comunicazione e l'alfabetizzazione digitale, da un lato, e l'alfabetizzazione mediatica, dall'altro, costituiscono realtà differenti. L'alfabetizzazione mediatica deve permettere ai cittadini di svolgere un ruolo attivo e di preservare la diversità culturale e l'identità regionale e locale (creando nuove possibilità di dar voce al proprio punto di vista, per esempio, e offrendo alle persone che vivono in zone periferiche e alle minoranze l'opportunità di esprimersi nello spazio pubblico locale).

Considerazioni di principio

5.

Il CdR richiama l'attenzione sul fatto che lo sviluppo dell'alfabetizzazione mediatica, unito ad un adeguamento dei metodi di istruzione ai media nell'ambito scolastico e al di là di esso, è particolarmente importante per l'avvenire dell'Europa. Nel quadro di questo adeguamento occorrerà anche incoraggiare l'insegnamento delle nuove tecnologie della comunicazione, che sono importantissime ai fini dell'integrazione sociale e professionale.

6.

Lo sviluppo dell'alfabetizzazione mediatica costituisce un elemento fondamentale della protezione dei minorenni e dei giovani e della difesa della dignità umana nei media. Esso favorisce infatti un impiego consapevole dei media e lo sviluppo dell'autoregolamentazione e della coregolamentazione nell'industria dei contenuti (6). Va tuttavia ricordato che il rafforzamento di detta alfabetizzazione può solo integrare i controlli nazionali e sovranazionali al riguardo, nonché la protezione giuridica dei giovani (in relazione ai media). Tale competenza coinvolge inoltre i cittadini nella discussione relativa alla responsabilità delle varie componenti della società, favorendo così l'emergere di una cittadinanza attiva e cosciente dei media. Essa riveste pertanto un'importanza fondamentale per la cultura politica europea e la partecipazione attiva dei cittadini dell'UE ed è per questo che bisogna rendere visibile in tutti gli Stati membri e a tutti i livelli amministrativi e politici la politica europea in materia di alfabetizzazione mediatica.

7.

L'istruzione dei giovani che vivono in un contesto impregnato dai media richiede approcci qualitativamente nuovi, che tengano conto anche dei differenti ruoli socioculturali dei media e della scuola ai fini della trasmissione di informazioni e di valori. Occorre integrare nel modo di concepire il ruolo dell'insegnante il fatto che gli studenti vengono inconsapevolmente integrati in un mondo in cui le risposte sono a portata di mano, giacché i discorsi semplificatori dei media hanno messo loro a disposizione anticipatamente un'interpretazione di ogni problematica. Lo sviluppo delle competenze di base deve quindi prevedere anche l'interpretazione dei contenuti mediatici, perché lo sviluppo di un atteggiamento critico riguarda anzitutto gli schemi trasmessi dai media e ancorati nell'infanzia, che determinano in maniera inconsapevole le nostre concezioni del mondo.

8.

Al momento dell'applicazione del metodo aperto di coordinamento alla definizione di nuovi indicatori e nuovi valori di riferimento in materia di insegnamento e di formazione occorrerà tenere a mente i seguenti punti:

a)

è necessario che la verifica delle competenze di lettura e di comprensione del testo verta anche sull'individuazione di competenze relative ai contenuti mediatici, dato che attualmente, in un ambiente elettronico o digitale, tali contenuti prendono la forma di una combinazione di supporti scritti, di immagini e di filmati;

b)

nel quadro della definizione di un criterio di riferimento per valutare la promozione della creatività e dell'innovazione, bisognerà considerare che il coinvolgimento in progetti miranti a sviluppare la creatività nella redazione di testi costituisce una delle forme di base della risoluzione dei problemi e del lavoro di gruppo.

9.

Una delle principali ragioni della lentezza con cui si diffonde attualmente l'alfabetizzazione mediatica consiste nel fatto che nella pratica dell'istruzione europea non si è ancora affermata chiaramente la relazione tra competenza mediatica e competenza digitale. Nella pratica dell'insegnamento l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione è soprattutto divenuto un modo di garantire l'accesso al mondo digitale e di promuovere la parità di opportunità. Oggigiorno i giovani non hanno alcun problema né ad acquisire le conoscenze necessarie per utilizzare il materiale informatico e i software di base, né ad utilizzare applicazioni semplici. Al tempo stesso gli insegnanti sono poco competenti e dispongono di poco tempo per sviluppare l'interpretazione critica dei contenuti mediatici accessibili (anche) in forma digitale e la produzione creativa, sebbene si tratti di due essenziali elementi costitutivi dell'alfabetizzazione mediatica.

10.

Occorre ripensare la relazione tra alfabetizzazione digitale e alfabetizzazione mediatica, per impedire che la mancanza di chiarezza in merito alla delimitazione di queste due competenze provochi disfunzioni nel sistema di istruzione. È necessario sviluppare nei giovani, insieme alle capacità tecniche, una maggiore capacità critica e competenza rispetto al contenuto dei media, per insegnargli a tener conto delle preoccupazioni relative alla sicurezza, a prendere coscienza del rispetto della vita privata e del problema della manipolazione dei dati.

11.

Nel quadro delle consultazioni relative alla politica di istruzione e formazione legata all'alfabetizzazione mediatica è importante che:

aumenti la trasparenza dell'attività dei gruppi di esperti e di quanti, nelle varie direzioni generali della Commissione europea, sono responsabili dei lavori preparatori, dell'elaborazione delle proposte e del processo decisionale,

la politica di formazione nel settore della competenza mediatica si basi su un'effettiva conoscenza della situazione, che si estende anche alla considerazione dei punti di vista regionali,

le raccomandazioni e i piani d'azione adottati abbiano senso anche per i differenti attori, dalle posizioni divergenti, consultati nel quadro dello sviluppo dell'alfabetizzazione mediatica (governo, pubblici poteri, enti territoriali, rappresentanti dell'industria dei contenuti, ricercatori, istituti culturali e di istruzione, ONG e organizzazioni della società civile). Tale adozione dev'essere accompagnata da una pianificazione delle risorse che saranno necessarie.

12.

L'alfabetizzazione mediatica dovrebbe essere uno dei settori considerati nella nuova fase della cooperazione UE in materia di istruzione, avviata dal quadro strategico.

Osservazioni

13.

Il CdR si associa all'affermazione contenuta nella risoluzione del Parlamento europeo, secondo cui la competenza mediatica è assolutamente indispensabile a tutti i cittadini che vivono in una società dell'informazione e della comunicazione (7), e osserva che l'obiettivo da perseguire è una società competente in materia mediatica e che per realizzarla occorre un'alfabetizzazione mediatica. Ricorda pertanto che è assolutamente indispensabile garantire la parità di accesso alla rete a tutti i cittadini europei, soprattutto a coloro che vivono in zone periferiche o soggette alla discontinuità territoriale.

14.

Occorrerà distinguere chiaramente le principali componenti dell'alfabetizzazione mediatica, perché lo sviluppo di ciascuna di esse richiede una propria strategia, e dei propri soggetti e risorse. È quindi essenziale:

garantire l'accesso dei cittadini, sia alla sua dimensione tecnologica (in particolare attraverso l'Internet a banda larga, le immagini elettroniche e i programmi di trattamento di testi) sia al patrimonio audiovisivo europeo, nazionale e locale. Il patrimonio storico e culturale comune dev'essere accessibile ai cittadini nella loro lingua materna, conformemente alla dichiarazione di Riga del 2006 sull'e-inclusione e alle raccomandazioni del CdR in materia (8),

rafforzare le competenze necessarie per selezionare i contenuti mediatici e fare scelte consapevoli e coerenti, in particolare su Internet, in relazione a informazioni, testi mediatici e pubblicità che non è possibile verificare in assenza di gestori dei portali autorizzati e controllati (ad esempio case editrici, redazioni, critici),

sviluppare una visione critica del settore e della produzione dei media, dedicando speciale attenzione (i) alla ricerca continua e all'applicazione di metodi che favoriscono lo sviluppo della capacità di comprendere contenuti audiovisivi e non lineari, (ii) alle conclusioni di discipline quali l'economia, l'antropologia, la sociologia, la psicologia dei media rispetto ai modi di funzionamento e al ruolo sociale dei media e (iii) alle questioni fondamentali della regolamentazione dei media,

sviluppare un uso attivo e creativo, in particolare attraverso l'attuazione pratica nel quadro di progetti, delle attitudini tecniche e manuali, delle azioni e delle conoscenze necessarie. In particolare bisogna puntare sulla comunicazione audiovisiva e sulla creazione, presentazione e diffusione dei contenuti audiovisivi attraverso la tecnologia digitale,

incoraggiare la partecipazione alla vita pubblica locale, in particolare richiamando l'attenzione sulle questioni legate alla difesa della sfera privata, ai diritti individuali nel contesto del trattamento dei dati personali e all'interesse pubblico,

sensibilizzare maggiormente i cittadini affinché utilizzino i media rispettando il diritto di proprietà intellettuale, la riservatezza e il diritto applicabili ai media, e far prendere loro coscienza delle conseguenze penali e civili in caso di violazione,

migliorare la capacità dei cittadini di gestire con cautela i propri dati personali su Internet, richiamando in particolare l'attenzione dei bambini e dei minori sulle diverse fonti di pericolo presenti sui nuovi media.

15.

Senza rimettere in discussione l'importanza fondamentale dei settori trattati dalla Commissione europea quando fa riferimento alle buone pratiche (comunicazione commerciale, produzione audiovisiva e contenuti online), il CdR ritiene opportuno che tali priorità tematiche vengano motivate nelle raccomandazioni che seguiranno. Infatti, senza tale motivazione, l'alfabetizzazione mediatica potrebbe limitarsi in pratica al trattamento dei tre settori suddetti.

16.

Poiché è prevedibile che lo sviluppo di competenze come la capacità di ricercare autonomamente delle informazioni, l'interpretazione critica dei contenuti e l'utilizzazione creativa di Internet contribuirà a garantire la protezione dei minori e dei giovani e il rispetto della dignità umana nei media, occorre che parallelamente alle disposizioni normative adottate dai pubblici poteri venga intensificata, principalmente in questi settori, l'azione in materia di alfabetizzazione mediatica.

17.

Anche i consumatori dovrebbero essere sensibilizzati all'utilizzazione dei media. Infatti anche nel settore dei media è fondamentale il maggiore rispetto dei diritti dei consumatori.

18.

Il CdR sottolinea che lo sviluppo dell'educazione critica ai media non basterà da solo a eliminare le numerose forme di pregiudizio legate alla fornitura di contenuti (per esempio la violenza mediatica gratuita, la violazione dei diritti dei consumatori da parte di servizi di media, la mancanza di autenticità e di validità, la manipolazione). Inoltre l'alfabetizzazione mediatica non costituisce, se non in misura modesta, un fattore propulsivo di tendenze come la convergenza dei media, lo sviluppo, l'accesso e l'interconnessione degli archivi digitali, la ridefinizione dei diritti d'autore, la regolamentazione del settore o l'amministrazione on line (9). L'alfabetizzazione mediatica si occupa di tali tendenze, ricollocandole in un contesto e preparando una cittadinanza di utenti sensibilizzati a ciò che produce la sfera pubblica e mediatica. Oltre a sviluppare l'alfabetizzazione mediatica è dunque necessaria una regolamentazione al livello opportuno che tenga debito conto delle competenze e delle esperienze degli enti regionali e locali.

19.

Nel quadro delle raccomandazioni e dei piani d'azione futuri bisognerà indicare dei programmi per lo sviluppo delle principali componenti dell'alfabetizzazione mediatica che abbiano un'utilità pratica anche per i sistemi di istruzione e di formazione degli Stati membri (anche dal punto di vista dell'alfabetizzazione mediatica). Tali programmi dovranno quindi tenere conto delle differenti tradizioni degli Stati membri nel campo culturale e dell'istruzione, delle importanti disparità che derivano dai differenti modi di formazione dei sistemi regionali e delle disposizioni di ciascun sistema alla realizzazione di economie di scala.

20.

Al momento dell'elaborazione delle raccomandazioni e dei piani di azione è fondamentale tenere conto delle buone prassi. A questo proposito il CdR rinvia al proprio parere (10) nel quale esprime compiacimento per il fatto che la Commissione ha intensificato le attività rivolte a sfruttare le competenze acquisite nel quadro dei programmi locali e regionali per l'alfabetizzazione mediatica in tutta l'UE, ma anche nel quadro della promozione di piattaforme di dialogo, di testimonianze e di reti di scambio di buone pratiche.

21.

Il CdR desidera tuttavia esprimere la sua preoccupazione in relazione ai i seguenti elementi:

poiché attualmente nel territorio dell'UE non vi è nessuna sorveglianza, non è garantita la valorizzazione delle buone prassi in materia di alfabetizzazione mediatica,

manca una classificazione delle buone pratiche in funzione dei principali componenti dell'alfabetizzazione mediatica,

non è stata risolta la questione del parere critico particolareggiato sull'efficacia dell'attuazione,

mancano delle banche dati che permettano di sviluppare, adeguare e sfruttare su vasta scala le buone pratiche.

Bisogna quindi predisporre un'infrastruttura organizzativa e professionale appropriata: a tal fine si potrebbero per esempio creare degli sportelli di alfabetizzazione mediatica, sul modello di quelli che esistono nel quadro del programma MEDIA (o estendere il campo di applicazione di questi), oppure rafforzare o sviluppare la funzione consultiva professionale del gruppo di esperti in alfabetizzazione mediatica istituito dalla Commissione europea.

22.

Sia pure nel rispetto del principio di sussidiarietà e della loro indipendenza, la Commissione può aiutare, se necessario, gli Stati membri a elaborare proprie strategie nazionali di alfabetizzazione mediatica, tenendo conto delle principali componenti della competenza mediatica. Ove possibile, si dovrebbe a questo fine garantire il coinvolgimento delle autorità incaricate della regolamentazione dei media, degli organi decisionali competenti in materia di politica dell'istruzione e dei rappresentanti degli enti locali, della società civile, dell'industria dei contenuti e dell'innovazione nel settore dell'alfabetizzazione mediatica nell'elaborazione di tale strategia nazionale.

23.

In considerazione delle differenti situazioni che caratterizzano gli Stati membri e le regioni, lo sviluppo dell'alfabetizzazione mediatica nel quadro delle raccomandazioni e dei piani d'azione deve essere compatibile con il contesto socioeconomico locale. Ciò richiede tuttavia uno studio più approfondito della situazione nazionale o regionale, per avere un quadro più preciso, in particolare per quanto riguarda l'esame della motivazione e del comportamento degli enti locali, degli organi di finanziamento delle istituzioni e degli istruttori incaricati dell'alfabetizzazione mediatica.

24.

A causa della rapida evoluzione dell'ambiente mediatico, l'alfabetizzazione mediatica dovrebbe essere oggetto di costanti ricerche e valutazioni, cui dovrebbero prendere parte le autorità degli Stati membri incaricate della regolamentazione della comunicazione audiovisiva ed elettronica, la cui cooperazione andrebbe favorita.

25.

Il CdR invita la Commissione europea a favorire la creazione, all'interno delle strutture amministrative delle amministrazioni locali e regionali, di dipartimenti regionali di ricerca e di informazione incaricati di studiare le questioni di alfabetizzazione mediatica.

26.

Gli enti locali e regionali sono i soggetti principali dello sviluppo dell'alfabetizzazione mediatica, poiché sono i più vicini ai cittadini, in particolare nella veste di responsabili dell'organizzazione di una buona parte degli istituti di istruzione, di proprietari di media locali e di altri enti culturali (biblioteche, punti di incontro locali ecc.) o di gestori di fondi, comunitari o di altra provenienza, destinati allo sviluppo. È quindi opportuno avviare campagne di informazione destinate alle regioni e agli enti locali e basate sulle raccomandazioni dell'UE e sulle buone pratiche, oltre ad accrescere le possibilità di cooperazione in materia di alfabetizzazione mediatica nelle euroregioni e nelle aree transfrontaliere.

27.

Le autorità locali e regionali devono essere incoraggiate a sostenere i progetti, i programmi e i documenti concernenti l'alfabetizzazione mediatica, perseguendo innanzi tutto i seguenti obiettivi:

a)

quadro della situazione

valutazione della reale situazione in materia di alfabetizzazione mediatica, considerazione delle cooperazioni e dei partenariati esistenti;

b)

messa in rete, integrazione

messa in rete di tutti gli attori del territorio - industria mediatica (cinema, televisione, stampa, radio, fornitori e produttori di contenuti Internet), organizzazioni di media, sistemi di istruzione, organi di regolamentazione, istituti culturali e di ricerca, organizzazioni sociali;

c)

approccio più istituzionalizzato

realizzazione di servizi pubblici, di uffici per la promozione dell'alfabetizzazione mediatica;

d)

orientamento e informazione

organizzazione di campagne di alfabetizzazione mediatica, sostegno degli sportelli per l'alfabetizzazione mediatica in funzione a livello regionale, per individuare e diffondere le buone pratiche e informare i cittadini;

e)

partecipazione attiva, rappresentanza locale

misure di incoraggiamento, politiche di promozione, fornitura di strumenti, di competenza e di piattaforme mediatiche per la produzione di contenuti mediatici da parte del pubblico, con particolare attenzione ai gruppi sociali sfavoriti, alle minoranze e alle persone che soffrono di un handicap;

f)

cooperazione

partecipazione a reti di cooperazione nazionali e regionali nell'Unione;

g)

dialogo

iniziative delle pubbliche autorità miranti a favorire il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile, collettivizzazione del dibattito sull'alfabetizzazione mediatica;

h)

politica regionale dell'insegnamento, regolamentazione dell'insegnamento

attività dei pertinenti enti locali e regionali, miranti a introdurre l'alfabetizzazione mediatica a tutti i livelli dell'istruzione formale, azioni volte a incoraggiare l'introduzione dell'alfabetizzazione mediatica nella formazione degli insegnanti e dei formatori e a includerla come parte integrante dei programmi di insegnamento a tutti i livelli e nel programma di apprendimento permanente;

i)

creazione e sostegno di partenariati

creazione di partenariati in materia di alfabetizzazione mediatica tra l'industria dei contenuti e gli istituti di istruzione/formazione, nel contesto dell'istruzione e della formazione formali ed informali (ad esempio progetti di cooperazione tra media locali, imprese e istituti di istruzione e formazione, campagne di alfabetizzazione mediatica, festival) laddove nell'organizzazione di tali partenariati viene dedicata particolare attenzione al tipo di partecipazione, agli interessi materiali dell'industria dei media e al rigoroso rispetto delle disposizioni giuridiche vigenti.

28.

Il CdR invita la Commissione ad introdurre su nuove basi la pratica relativa al finanziamento della politica di formazione, al sostegno dei progetti pilota e alle ricerche nel settore dell'alfabetizzazione mediatica, dal momento che l'alfabetizzazione mediatica può essere sostenuta attraverso il rafforzamento degli strumenti finanziari ad essa destinati nel quadro di iniziative esistenti (ad esempio il programma Comenius nel campo della cooperazione regionale) o creati appositamente. Poiché la realizzazione degli obiettivi prescritti richiede sin dall'inizio la disponibilità di risorse mirate e multipolari, il CdR condivide la posizione del Parlamento europeo (11) e ritiene giustificato che un sottoprogramma relativo allo sviluppo della competenza mediatica sia integrato esplicitamente e in modo mirato in altri programmi di sostegno dell'UE, in particolare Comenius, «Istruzione e formazione permanenti», e-Twinning (gemellaggio elettronico), Safer Internet e il programma del Fondo sociale europeo.

29.

Suscita particolare compiacimento il fatto che la Commissione europea, abbia avviato l'elaborazione di indicatori dell'alfabetizzazione mediatica in una prospettiva di promozione a lungo termine. Contemporaneamente il CdR auspica che gli indicatori dell'alfabetizzazione mediatica non si limitino a cifre riguardanti la forma e la durata dell'utilizzazione dei media, perché la valutazione dell'alfabetizzazione mediatica comporta anche il ricorso a metodi di misura delle capacità individuali (sebbene in questo settore sia comprensibile un certo scetticismo in merito all'utilizzazione di indicatori numerici, dato che è difficile trasformare quantitativamente la conoscenza creativa e critica e la classificazione dei contenuti in criteri misurabili).

Bruxelles, 3 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  In questo ambito, la Commissione si è ispirata alla risoluzione sul tema L'alfabetizzazione mediatica nell'ambiente digitale, adottata dal Parlamento europeo il 16 dicembre 2008, 2008/2129(INI).

(2)  Parere del CdR 94/2008 fin. in merito alla comunicazione della Commissione sul tema Un approccio europeo all'alfabetizzazione mediatica nell'ambiente digitale.

(3)  COM(2008) 865 def.

(4)  Ibidem.

(5)  Ibidem.

(6)  A questo proposito il Comitato rinvia ai propri pareri CdR 67/2004 fin, sul tema Il futuro della politica europea in materia di regolamentazione audiovisiva e CdR 172/2007 fin, sul tema Un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione.

(7)  Vedi nota 1.

(8)  CdR 5/2008 fin sul tema L'e-inclusione e CdR 252/2005 fin sul tema i2010 - Una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione.

(9)  A questo proposito il CdR rinvia al proprio parere CdR 32/2006 fin sul tema i2010: le biblioteche digitali.

(10)  Vedi nota 2.

(11)  2008/2129 (INI).


29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/22


Parere del Comitato delle regioni su «Le infrastrutture TIC per la e-scienza; una strategia per la R&S e l'innovazione in materia di TIC e una strategia di ricerca sulle tecnologie emergenti e future in Europa»

2010/C 141/05

IL COMITATO DELLE REGIONI

incoraggia la Commissione europea e gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per coinvolgere in modo efficace e completo gli enti regionali e locali nella gestione delle iniziative connesse con lo Spazio europeo della ricerca (SER),

ritiene che i progetti TIC su scala europea che spaziano dalla R&S all'applicazione possano offrire vantaggi socioeconomici sostanziali per le città e regioni che vi partecipano,

invita la Commissione e i governi degli Stati membri a promuovere attivamente sia il coinvolgimento degli enti regionali e locali nelle diverse fasi dei processi di R&S, sia l'impiego delle innovazioni delle TIC nel settore pubblico, specie incoraggiando le migliori pratiche europee e fornendo consigli e raccomandazioni metodologiche,

sottolinea con forza il ruolo particolarmente rilevante del settore dei servizi nello sfruttare i vantaggi delle TIC, visto che settori come il commercio al dettaglio e all'ingrosso, i servizi finanziari e commerciali sono tra i principali investitori nelle TIC.

Relatore: Liudvikas ŽUKAUSKAS (LT/PPE), membro del Consiglio del distretto di Skuodas

Testi di riferimento

COM(2009) 108 def.

COM(2009) 116 def.

COM(2009) 184 def.

I.   RACCOMANDAZIONI STRATEGICHE

Il COMITATO DELLE REGIONI

1.

fa presente che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), che sono alla base di una società dell'informazione aperta a tutti, dovrebbero soddisfare i bisogni di tutti i cittadini, compresi quelli a rischio di esclusione sociale. A questo proposito il Comitato delle regioni (CdR) ha regolarmente invitato a investire nella ricerca ai livelli locale, regionale, nazionale ed europeo, per assicurare la crescita e promuovere nuove imprese, e ritiene che l'utilizzo delle TIC nell'innovazione permetta di affrontare sfide socio-economiche di fondamentale importanza;

2.

incoraggia la Commissione europea e gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per coinvolgere in modo efficace e completo gli enti regionali e locali nella gestione delle iniziative connesse con lo Spazio europeo della ricerca (SER). Nell'ambito della ricerca sulle TIC è evidente l'importanza delle regioni. Esse costituiscono infatti attori chiave nello sviluppo di strategie regionali di ricerca e innovazione, amministrano spesso istituti di ricerca, accolgono sul loro territorio università e altri istituti di ricerca e promuovono ambienti innovativi. Inoltre, molti governi e amministrazioni regionali detengono poteri legislativi e quindi gestiscono direttamente le loro dotazioni di bilancio destinate alla ricerca;

3.

osserva che la promozione della e-Inclusione, ossia di una società dell'informazione inclusiva, ed equa sul piano regionale e sociale, che utilizza le TIC per accrescere la competitività e migliorare i servizi pubblici, è stata definita dal CdR come un obiettivo chiave nel contesto della strategia di Lisbona dell'UE rinnovata;

4.

sottolinea che gli enti regionali e locali sono fra i principali destinatari delle proposte relative all'iniziativa sulla e-Inclusione dell'i2010 e possono costituire i principali motori della sua attuazione. La e-Inclusione a livello regionale e locale può migliorare la qualità di vita delle popolazioni e dare impulso all'attività sociale ed economica fra il pubblico, promuovendo al tempo stesso imprese locali e servizi pubblici regionali più efficienti e personalizzati. Di conseguenza gli enti regionali e locali devono essere parte del processo di coinvolgimento di tutte le generazioni nelle iniziative riguardanti le TIC intese a rendere la vita più semplice e confortevole. Per assicurare che questo potenziale sia sfruttato appieno le regioni e le città dispongono di diversi strumenti.

Una strategia per la R&S e l'innovazione in materia di TIC in Europa: passare alla velocità superiore (COM(2009) 116 def.)

5.

si compiace che in questa comunicazione gli Stati membri e le regioni siano riconosciuti come i principali promotori di una più intensa collaborazione fra gli utilizzatori e i produttori di innovazioni TIC in diversi ambiti del governo e delle amministrazioni, il che dovrebbe portare a tabelle di marcia condivise riguardanti le esigenze dei servizi pubblici che le TIC possono contribuire a soddisfare (1). Il CdR ha già dichiarato di ritenere (2) che gli enti regionali e locali dovrebbero partecipare a una cooperazione ad ampio raggio volta a migliorare l'interoperabilità delle pubbliche amministrazioni e l'efficienza dell'erogazione dei servizi pubblici;

6.

appoggia la conclusione della Commissione secondo cui il successo degli sforzi per agevolare l'emergenza di mercati per l'innovazione e conseguire l'interoperabilità e standard comuni dipende dal sostegno e dalla partecipazione costanti degli enti nazionali, regionali e locali, e secondo cui questi sforzi dovrebbero essere integrati da azioni a livello regionale e locale (3);

7.

si compiace che la Commissione miri a semplificare le procedure e a ridurre gli oneri amministrativi per invogliare maggiormente le imprese innovatrici, soprattutto le PMI locali, a partecipare alle azioni a livello locale, nazionale e comunitario;

8.

ritiene che i progetti TIC su scala europea che spaziano dalla R&S alla diffusione e utilizzo pratico possano offrire vantaggi socioeconomici sostanziali per le città e regioni che vi partecipano. Il CdR ha già ribadito che le TIC hanno un ruolo importante nell'attuazione della strategia di sviluppo sostenibile dell'Unione;

9.

auspica il pieno sfruttamento dell'intero potenziale europeo di sviluppo dei servizi TIC nei settori pubblico e privato, e chiede quindi che le TIC vengano utilizzate come strumento per migliorare i servizi degli enti regionali e locali in ambiti come la sanità, l'istruzione e formazione, la creazione di posti di lavoro, l'ordine pubblico, la sicurezza e i servizi sociali. Il partenariato pubblico-privato, sostenuto dall'Unione europea, fra gli enti regionali e locali e le PMI impegnate nello sviluppo delle TIC nel settore dei pubblici servizi TIC può costituire un eccellente punto di partenza per costruire competenze e conoscenze locali in tutta l'UE;

10.

sottolinea che gli enti regionali e locali possono assumere - ed effettivamente assumono - una funzione di leader nell'uso delle TIC per accrescere l'efficienza energetica e svolgono un ruolo motore nell'identificazione delle opportunità delle TIC a livello locale per la condivisione delle migliori prassi tecnologiche, l'individuazione dei partner per i progetti e l'allocazione dei fondi;

11.

invita la Commissione e i governi degli Stati membri a promuovere attivamente sia il coinvolgimento degli enti regionali e locali nelle diverse fasi dei processi di R&S, sia l'impiego delle innovazioni delle TIC nel settore pubblico, specie incoraggiando le migliori pratiche europee e fornendo consigli e raccomandazioni metodologiche;

12.

sottolinea con forza il ruolo particolarmente rilevante del settore dei servizi nello sfruttare i vantaggi delle TIC, visto che settori come il commercio al dettaglio e all'ingrosso, i servizi finanziari e commerciali sono tra i principali investitori nelle TIC (4);

13.

osserva che nell'ultimo decennio le TIC si sono rivelate una tecnologia fondamentale capace di trasformare l'attività economica e sociale, contribuendo in tal modo alla crescita sostenibile e accrescendo la competitività. Tuttavia, da sole le politiche di promozione delle TIC non saranno sufficienti per ottenere migliori risultati economici e (5) non potranno essere realizzate senza il supporto attivo e la partecipazione degli enti regionali e locali;

14.

sottolinea la necessità che le parti sociali, gli enti regionali e locali e il governo collaborino per fare in modo che si avvii un circolo virtuoso di potenziamento delle risorse umane, modifiche organizzative, TIC e produttività e che le TIC vengano sviluppate e utilizzate in maniera efficiente. Le politiche intese ad accrescere l'alfabetizzazione elementare nelle TIC, creare competenze di alto livello nelle TIC, promuovere l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita nelle TIC e potenziare le competenze manageriali e di creazione di reti necessarie per l'utilizzo efficiente delle TIC rivestono un'importanza particolare (6) e rientrano nelle competenze fondamentali degli enti regionali e locali;

15.

condividendo pienamente l'idea secondo cui la mobilità dei ricercatori costituisce un fattore essenziale per assicurare che le carriere nel settore della ricerca siano più soddisfacenti e, nella maggioranza dei casi, più interessanti, sottolinea che:

occorre promuovere l'interesse per la ricerca e l'innovazione nella società, specie tra i giovani. Gli Stati membri dovrebbero cercare di adattare i rispettivi programmi scolastici nazionali in modo da familiarizzare gli studenti al potenziale delle TIC nella scienza e nella ricerca, cominciando già dai programmi dei primi cicli d'insegnamento. Gli enti regionali e locali, come livello di governo direttamente responsabile dell'organizzazione dell'istruzione, dovrebbero formare parte integrante di questo processo, combinando le competenze e l'esperienza locali e le misure di sostegno europee che dovranno essere sviluppate in questo ambito. La Commissione dovrebbe cercare l'opportunità di sviluppare un meccanismo di sostegno adeguato;

16.

evidenzia inoltre la necessità di attirare accademici di vaglia dai paesi extraeuropei e insiste quindi sull'importanza dei programmi dell'UE a favore della mobilità (ad es. il programma Marie Curie) e delle misure adottate in talune regioni per favorire il rientro in patria degli scienziati (7);

17.

ricorda le conclusioni del gruppo di esperti SER (8) circa la crescente importanza degli attori nazionali e regionali per lo sviluppo di nuove grandi iniziative europee (ERA-NET, Eurostars, l'Istituto europeo per l'innovazione e la tecnologia (IET), le iniziative tecnologiche congiunte e i cluster);

18.

propone che tutti gli attori, l'Unione europea, gli Stati membri e le regioni esplorino tutti i modi possibili per realizzare complementarità fra le politiche esistenti e gli strumenti di cooperazione e per creare meccanismi atti ad assicurare che i programmi di coordinamento esistenti sostengano pienamente la ricerca TIC (9). Più in particolare, come già in suoi precedenti pareri (10), il CdR chiede un uso coordinato del 7° PQ, dei fondi strutturali e del Programma quadro per la competitività e l'innovazione (Competitiveness and Innovation Framework Programme - CIP), perché ciò è essenziale in termini di competitività dell'UE e di sinergia tra le politiche di coesione, della ricerca, dell'insegnamento superiore e dell'innovazione a livello nazionale e regionale;

19.

dichiara che il coordinamento dei principali strumenti dell'UE come il 7° PQ, i fondi strutturali e il CIP non è soltanto una questione di intenzioni politiche, ma anche una sfida a livello di coerenza politica. Assicurare la coerenza politica nel caso di programmi multilivello in cui siano coinvolti più soggetti interessati esige un sistema di governance multilivello efficiente (11);

20.

fa presente l'importanza che le regioni utilizzino al meglio gli strumenti di coordinamento del 7° PQ. Ciò consentirebbe alle regioni di attivarsi per conseguire eccellenza e competitività a livello europeo o internazionale nella loro ricerca e nei loro sistemi innovativi. Questo include il miglioramento delle reti regionali fra istituti di ricerca, università, PMI e altri attori interessati, la creazione di cluster, piattaforme tecnologiche e poli a livello regionale, nonché l'assistenza agli attori a livello regionale affinché si familiarizzino con i progetti e i programmi dell'UE in materia di ricerca e d'innovazione come ERA-NET e le Piattaforme tecnologiche europee (12);

21.

si compiace dell'opportunità di un maggiore riconoscimento del ruolo degli enti regionali e locali nel sostegno alla ricerca sulle TIC. Le regioni e le città possono facilitare l'entrata sul mercato di nuovi prodotti e promuovere l'innovazione e la ricerca attraverso appalti pre-commerciali;

22.

sottolinea che gli enti regionali e locali possono anche incoraggiare la domanda di nuove soluzioni basate sulle TIC e quindi creare nuovi mercati per la ricerca europea. Inoltre, le regioni e le città possono anche adeguare i loro investimenti nella R&S per sostenere determinate aree a forte impatto, collegando tali sforzi in industrie e cluster economici preesistenti ed emergenti, e contribuendo in tal modo a contrastare la recessione e a rimediare alle carenze d'investimenti nella R&S;

23.

fa presente la generale mancanza di coordinamento degli sforzi in tutta una serie di fasi come l'insegnamento, l'innovazione, la ricerca, gli investimenti e il marketing di soluzioni innovative TIC. In proposito, la nozione d'innovazione guidata dall'utilizzatore può servire come strumento di miglioramento utilizzata in un numero sempre maggiore di regioni e città in tutta l'Europa e ha dimostrato di offrire un impulso fondamentale per gli investimenti di R&S e per la commercializzazione delle innovazioni più recenti; auspica pertanto che questa nozione risulti più presente, e con maggior risalto, nella comunicazione della Commissione europea;

24.

sottolinea l'importanza di un collegamento più stretto fra la R&S e i processi industriali, e invita pertanto gli Stati membri e la Commissione a fare tutto il possibile per promuovere il rapido trasferimento della ricerca nelle prassi quotidiane del settore pubblico e di quello privato.

Nuovi orizzonti delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione - una strategia di ricerca sulle tecnologie emergenti e future in Europa (COM(2009) 184 def.)

25.

sottolinea che il processo di accrescimento del potenziale di ricerca e innovazione europeo per schiudere nuovi orizzonti alle tecnologie dell'informazione può aver successo unicamente se vi partecipano le città e gli enti regionali. Per la loro vicinanza fisica, essi sono i principali catalizzatori della conoscenza e dell'innovazione in Europa. Un numero crescente di regioni europee sta facendo della ricerca e dell'innovazione una priorità assoluta dei loro finanziamenti pubblici (13);

26.

rileva che nel quadro delle loro politiche di ricerca, attraverso programmi di sostegno e condizioni generali di sostegno a carattere programmatico, strutturale e legislativo, le regioni contribuiscono in misura rilevante a creare un valore aggiunto europeo nell'ambito della ricerca e a forgiare uno Spazio europeo della ricerca (SER) veramente dinamico (14);

27.

fa presente che in termini di strategie continuano ad emergere iniziative riguardanti reti e cluster, che il sostegno loro accordato si orienta sempre più verso la creazione di «nodi» di livello mondiale per il collegamento a catene di innovazione globali; ne consegue la sempre maggiore importanza che vanno assumendo i collegamenti in rete e la cooperazione fra le regioni sia all'interno di singoli paesi, sia fra paesi diversi (15);

28.

richiama l'attenzione sulla grande importanza delle città e delle regioni per lo sviluppo di ambienti innovativi attraverso politiche dell'innovazione a livello locale, centri tecnologici, incubatori d'imprese, parchi scientifici e capitali di rischio (16);

29.

si compiace della strategia proposta dalla Commissione, che consiste nel definire e lanciare due o tre nuove iniziative coraggiose di ricerca nelle tecnologie emergenti e future (TEF) con alto valore simbolico, che permettano a più vaste iniziative delle comunità di ricerca multidisciplinare di sfociare in scoperte fondazionali ai limiti delle TIC;

30.

riconosce che la programmazione congiunta, se ben strutturata e disciplinata, ha il potenziale per diventare un meccanismo almeno importante quanto il programma quadro dell'UE in termini di promozione della ricerca TEF. Per sfruttare appieno questo potenziale il CdR fa nuovamente presente la crescente necessità di coordinare meglio i finanziamenti pubblici e privati per la ricerca (17);

31.

sottolinea che l'UE e gli Stati membri dovrebbero sfruttare tutte le possibilità per razionalizzare e potenziare le sinergie fra tutta la serie di strumenti politici e di meccanismi di collaborazione attualmente esistenti a livello transnazionale, adattandoli in sintonia con lo Spazio europeo della ricerca (SER) (18);

32.

desidera ribadire che il programma ERA-NET per il coordinamento dei programmi di ricerca a livello regionale ed europeo si è dimostrato valido e andrebbe ulteriormente sviluppato (19). Il suo successo viene dall'inclusione di tutta una serie di soggetti interessati, fra cui gli enti regionali e locali;

33.

auspica ulteriori sforzi per accrescere l'apertura e la trasparenza delle piattaforme tecnologiche europee, per assicurare il coinvolgimento di altri soggetti interessati, oltre all'industria e alle comunità di ricercatori: ad esempio gli enti regionali e locali, le organizzazioni della società civile e le PMI (20).

Le infrastrutture TIC per la e-Scienza (COM(2009) 108 def.)

34.

ritiene che le regioni e gli enti locali svolgano un ruolo cruciale nello Spazio europeo della ricerca (SER) in quanto curano gli interessi locali, avvicinano questa politica ai cittadini e sono più vicini alla realtà quotidiana dei soggetti interessati. Per tale motivo il Comitato ritiene che le regioni debbano assumere un ruolo strategico nelle iniziative dirette a rafforzare e ampliare il SER, specie in quelle che comportano la creazione di solide istituzioni di ricerca in contesti innovativi e attività di collaborazione e cooperazione su temi della ricerca (21);

35.

ribadisce le raccomandazioni del CdR alla Commissione e agli Stati membri affinché «proseguano gli sforzi per aumentare la capacità delle regioni in tutta l'Europa di accedere, utilizzare, costruire e gestire infrastrutture di ricerca moderne»:

per assicurare che le regioni e gli enti locali abbiano un peso notevolmente maggiore nell'elaborazione della tabella di marcia europea del Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca (ESFRI) (22), in modo particolare al momento di classificare secondo un ordine di priorità i 35 progetti chiave di interesse europeo già approvati,

per tener conto del peso delle regioni e degli enti locali e del loro coinvolgimento nelle Infrastrutture di ricerca europee (ERI), e

per garantire un coinvolgimento reale ed effettivo degli enti locali e regionali in una governance efficiente delle ERI (23);

36.

sottolinea l'importanza degli enti regionali e locali come promotori di programmi di ricerca comuni, compresi quelli cui partecipano paesi terzi, grazie al fatto che tali enti sono più vicini alle realtà specifiche locali scientifico-tecnologiche e imprenditoriali, e quindi alle esigenze di cooperazione in settori strategici (24);

37.

ritiene che il problema dell'attuazione e del finanziamento della tabella di marcia europea, che attualmente prevede 35 progetti chiave d'interesse europeo da portare avanti nei prossimi 10-20 anni, sia un'importante pietra miliare per la creazione di uno Spazio europeo della ricerca (25);

38.

rammenta che tale tabella di marcia europea deve essere realizzata applicando anzitutto il criterio dell'eccellenza; fa inoltre presente di aver sollecitato i nuovi Stati membri a partecipare più intensamente a questa iniziativa (26);

39.

appoggia le raccomandazioni formulate dal gruppo di esperti dello Spazio europeo della ricerca (27), secondo cui il Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca (ESFRI) dovrebbe migliorare ulteriormente la sua metodologia e in particolare per quanto concerne la trasparenza delle procedure e la partecipazione dei soggetti interessati;

40.

sottolinea la necessità che gli enti regionali e locali siano pienamente coinvolti nell'attuazione e revisione della tabella di marcia dell'ESFRI, specie per quanto riguarda la necessaria fissazione dell'ordine di priorità dei progetti e il coordinamento fra questa tabella di marcia e attività simili a livello nazionale/regionale, integrando sia le infrastrutture fisiche sia quelle virtuali;

41.

sottolinea la necessità di far sì che un pubblico quanto più vasto possibile riceva informazioni sulle opportunità offerte dalla scienza, includendo la creazione e la promozione di banche dati pubbliche sulle migliori pratiche, i migliori esempi e le migliori soluzioni di successo della e-Scienza, assicurando nel contempo le relative informazioni in tutte le lingue ufficiali dell'UE.

Bruxelles, 3 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  COM(2009) 116 def.

(2)  CdR 10/2009 fin.

(3)  COM(2009) 116 def.

(4)  The Economic Impact of ICT Measurement, Evidence and Implications http://browse.oecdbookshop.org/oecd/pdfs/browseit/9204051E.PDF

(5)  The Economic Impact of ICT Measurement, Evidence and Implications http://browse.oecdbookshop.org/oecd/pdfs/browseit/9204051E.PDF

(6)  The Economic Impact of ICT Measurement, Evidence and Implications http:///browse.oecdbookshop.org/oecd/pdfs/browseit/9204051E.PDF

(7)  CdR 83/2007 fin.

(8)  Relazione del gruppo di esperti SER Aprirsi al mondo: la cooperazione internazionale nel settore scientifico e tecnologico.

(9)  CdR 283/2008 fin.

(10)  CdR 263/2007 fin.

(11)  CdR 263/2007 fin.

(12)  CdR 263/2007 fin.

(13)  CdR 263/2007 fin.

(14)  CdR 83/2007 fin.

(15)  OECD Science, Technology and Industry Outlook 2008 - Highlights (Principali prospettive dell'OCSE in campo scientifico, tecnologico e industriale, 2008).

(16)  CdR 83/2007 fin.

(17)  CdR 83/2007 fin.

(18)  Relazione del gruppo di esperti SER Optimising research programmes and priorities («Ottimizzare i programmi e le priorità di ricerca», cfr. allegato.

(19)  CdR 83/2007 fin.

(20)  Commissione europea, marzo 2007: Third Status Report on ETPs (Terza relazione intermedia sulle PTE), capitolo 4.1

(21)  CdR 283/2008 fin.

(22)  Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca, http://cordis.europa.eu/esfri/home.html

(23)  CdR 283/2008 fin.

(24)  CdR 283/2008 fin.

(25)  http://www.riportal.eu

(26)  CdR 263/2007 fin; CdR 83/2007 fin.

(27)  Relazione del gruppo di esperti SER Developing World-class Research Infrastructures for the ERA (Sviluppare infrastrutture di ricerca di levatura mondiale per il SER).


29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/27


Parere del Comitato delle regioni sulla «Cooperazione tra le università e le imprese»

2010/C 141/06

IL COMITATO DELLE REGIONI

Il CdR ribadisce che attualmente, mentre l'UE sta cercando di limitare al massimo l'impatto della crisi economica e di rilanciare la crescita, è importante creare una piattaforma di dialogo tra i soggetti fondamentali nel campo dell'istruzione e dell'economia, data la cruciale importanza dei sistemi di istruzione e formazione nel quadro della strategia di Lisbona e dell'agenda sociale rinnovata.

Il CdR sottolinea l'importanza del dialogo università-imprese a tutti i livelli di governance come strumento fondamentale per sfruttare appieno le potenzialità di sviluppo economico e sociale regionale.

Il CdR fa rilevare che, in tutta l'UE, ai livelli regionali e locali spettano responsabilità fondamentali in materia di istruzione e formazione e ribadisce che gli enti regionali e locali svolgono una funzione essenziale nella messa a punto delle strategie regionali per la ricerca e l'innovazione. In molti casi, inoltre, essi gestiscono gli istituti di ricerca e sostengono i contesti innovativi.

Il CdR sottolinea la necessità di puntare sul ruolo dell'istruzione superiore nello sviluppo regionale e locale e sulla promozione di una cooperazione fra gli istituti di istruzione superiore e gli enti regionali e locali che preveda anche la partecipazione dei soggetti economici e sociali regionali e locali.

Relatore

:

Mohammad MASOOD (UK/PPE) membro del Consiglio comunale di Bradford

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un nuovo partenariato per la modernizzazione delle università: il forum dell'UE sul dialogo università-imprese

COM(2009) 158 def.

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

dà atto della ricchezza di idee, spesso strettamente legata ad iniziative a livello regionale e locale, che si è manifestata finora nel quadro del dialogo università-imprese nonché della qualità delle riflessioni effettuate in tale ambito;

2.

sottolinea l'importanza del dialogo università-imprese a tutti i livelli di governance come strumento fondamentale per sfruttare appieno le potenzialità di sviluppo economico e sociale regionale;

3.

riconosce l'importanza del triangolo della conoscenza, ossia l'interazione tra ricerca, istruzione e innovazione, come mezzo per rafforzare la capacità di innovazione e migliorare l'occupabilità dei laureati europei;

4.

riconosce che è in atto una transizione da modelli di trasferimento delle tecnologie tramite lo scambio di conoscenze verso sistemi di condivisione delle conoscenze e sistemi di innovazione aperti, e sottolinea la necessità di intensificare le attività di ricerca sui processi e sui comportamenti sociali che sono alla base di questi sistemi emergenti;

5.

fa rilevare che, in tutta l'UE, ai livelli regionali e locali spettano responsabilità fondamentali in materia di istruzione e formazione;

6.

ribadisce che gli enti regionali e locali svolgono una funzione essenziale nella messa a punto delle strategie regionali per la ricerca e l'innovazione. In molti casi, inoltre, essi gestiscono gli istituti di ricerca e sostengono i contesti innovativi;

7.

evidenzia che per definire le politiche e attuare i programmi ci si dovrebbe avvalere degli organi locali democraticamente eletti. Grazie alle conoscenze locali e alla responsabilità democratica si potranno migliorare i meccanismi di governance per lanciare partenariati tra università, imprese ed enti locali. Ciò consentirà di definire delle priorità e assegnare delle responsabilità a livello locale in modo strettamente conforme al principio di sussidiarietà;

8.

osserva pertanto che gli enti regionali e locali sono tra le principali parti interessate alle politiche e alle iniziative volte ad approfondire e - aspetto ancora più importante - ad ampliare lo Spazio europeo della ricerca (SER), in particolare la visione prospettata da tale programma, che prevede istituzioni accademiche e di ricerca forti e immerse in un contesto innovativo;

9.

si compiace del fatto che negli ultimi dieci anni numerose università europee abbiano ufficialmente accolto lo sviluppo economico regionale nelle loro dichiarazioni di intenti. Anche le agenzie di sviluppo regionale attuano ora misure a sostegno dei partenariati tra università e imprese nel quadro delle strategie economiche regionali;

10.

fa rilevare che le modalità di interazione politica rivestono un'importanza fondamentale a livello regionale e spesso richiedono un coordinamento sia verticale tra i livelli amministrativi (europeo, nazionale, regionale) sia orizzontale (tra le regioni) in modo da evitare duplicazioni e fare tesoro delle diverse esperienze;

11.

sottolinea l'esigenza di allineare le iniziative e i programmi, nuovi e già avviati oppure in fase di proposta (come lo Spazio europeo della ricerca (SER), l'Istituto europeo di tecnologia (IET) e il Programma per l'apprendimento permanente), intesi a sostenere il dialogo università-imprese;

12.

riconosce che la collaborazione università-imprese dipende anche dalla specifica situazione regionale, dalla capacità delle agenzie per lo sviluppo di sostenere questo tipo di collaborazione a livello regionale, dal ruolo dei cluster economici nello sviluppo delle reti università-imprese, nonché dall'entità degli investimenti in R&S effettuati dalle imprese nella regione.

Osservazioni generali

13.

sottolinea la necessità di puntare sul ruolo dell'istruzione superiore nello sviluppo regionale e locale e sulla promozione di una cooperazione fra gli istituti di istruzione superiore e gli enti regionali e locali che preveda anche la partecipazione dei soggetti economici e sociali regionali e locali;

14.

appoggia la cooperazione tra università e settore privato e sostiene la necessità di considerare le università come vettori di innovazione nelle rispettive regioni;

15.

esorta le università a studiare nuovi percorsi di collaborazione fra gli enti pubblici e il settore privato, ad esempio adottando, per quanto consentito dalle loro competenze, misure volte a creare fondi comuni pubblici-privati per l'innovazione al fine di migliorare la mobilità in tutti i settori;

16.

raccomanda di instaurare una stretta cooperazione su scala europea fra imprese, università e istituti di ricerca, coinvolgendo anche responsabili politici e amministrazioni a livello locale, regionale e nazionale;

17.

osserva che il livello di cooperazione varia a seconda del paese, dell'università e della disciplina accademica, nonostante i programmi lanciati dall'UE per creare partenariati tra il settore delle università e delle imprese, che sono di norma incentrati su aree specifiche come la ricerca o la mobilità degli studenti;

18.

ritiene che tali cooperazioni abbiano influito solo limitatamente sulla governance o sulle culture organizzative nei due settori in questione, poiché sono poche le università che possiedono una strategia a livello di istituzione per la cooperazione con le imprese, e le più attive in questo campo sono concentrate in un numero ristretto di Stati membri;

19.

esprime preoccupazione per il fatto che in molti paesi il quadro giuridico e finanziario ancora non premia gli sforzi compiuti dalle università per cooperare con le imprese, o addirittura li ostacola;

20.

raccomanda che vengano messi a punto indicatori adeguati di misurazione dei risultati per valutare il livello attuale del dialogo università-imprese. Tutti i metodi per misurare i risultati devono comprendere indicatori sia qualitativi che quantitativi, e occorre prestare la debita attenzione al modo in cui la scelta di tali indicatori potrà influenzare il comportamento dei gruppi di utenti;

21.

incoraggia le università a premiare il dialogo università-imprese. Una sfida particolare per la comunità accademica consiste nel riconoscere questo impegno nei criteri di promozione. Infatti, delle numerose università che dichiarano di riconoscere l'importanza del dialogo università-imprese, solo poche dispongono di metodi chiari e trasparenti per valutare questo dialogo in relazione alle attività di ricerca e insegnamento e per premiarlo in modo adeguato;

22.

riconosce che la cultura dell'imprenditorialità e il miglioramento delle competenze lungo tutto il corso della vita sono funzioni importanti dell'istruzione superiore;

23.

si compiace pertanto delle iniziative volte a finanziare la ricerca e l'innovazione lanciate in diverse regioni con l'obiettivo di ottenere un maggiore coinvolgimento del settore privato rafforzando l'autonomia degli istituti di livello universitario;

24.

osserva che nuovi percorsi di collaborazione fra gli enti pubblici e il settore privato, ad esempio tramite fondi comuni per l'innovazione, potrebbero rappresentare esempi significativi di impiego sostenibile e salvaguardia delle risorse pubbliche;

25.

concorda sul fatto che la politica di coesione svolge un ruolo speciale nel sostenere le attività di innovazione nelle regioni. Pertanto il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) può essere impiegato anche per finanziare «incubatori d'imprese» e parchi scientifici (infrastrutture e collegamenti). I cluster sono particolarmente utili per le PMI, che in essi trovano l'ambiente adatto a favorire i loro collegamenti con le università e le grandi imprese e a permettere loro di accedere alle reti di commercio internazionale;

26.

riconosce che le PMI svolgono un ruolo cruciale, specialmente nella creazione di posti di lavoro e nell'innovazione, e raccomanda la loro partecipazione al dialogo università-imprese e lo sviluppo di iniziative innovative e mirate per sostenere tale partecipazione;

27.

appoggia la cooperazione transfrontaliera fra gli istituti universitari e gli istituti di ricerca con partner extrauniversitari del mondo economico, della pubblica amministrazione, del mondo della cultura e di altre categorie della società;

28.

riconosce inoltre che le organizzazioni e gli altri soggetti che esercitano una funzione di mediazione tra le università e le imprese possono svolgere un ruolo importante nella creazione di contatti tra questi due settori. Per questo motivo il ruolo di tali mediatori dovrebbe essere messo in risalto e maggiormente sostenuto.

Esempi di buone pratiche

29.

prende atto e si rallegra dei numerosi esempi di cooperazione università-imprese esistenti in tutta Europa;

30.

esprime preoccupazione, tuttavia, per la scarsa disponibilità di esempi di buone pratiche provenienti dai nuovi Stati membri;

31.

approva l'intento della Commissione di commissionare uno studio per compiere un inventario delle buone pratiche esistenti e chiede che in esso si tenga conto anche delle esigenze degli enti regionali e locali.

Strumenti a disposizione degli enti regionali e locali

32.

incoraggia la creazione di strutture di partenariato composte di attori fondamentali che rappresentino gli enti regionali e locali, il mondo delle imprese, la comunità e gli istituti di insegnamento superiore per creare occasioni di dialogo, ad esempio organizzando tavole rotonde e workshop, creando parchi scientifici per il trasferimento di tecnologie, organizzando eventi culturali scientifici o fiere studentesche;

33.

raccomanda di mobilitare le risorse degli istituti di istruzione superiore per la preparazione e l'attuazione di strategie regionali e urbane finalizzate allo sviluppo economico, sociale, culturale ed ambientale;

34.

esorta gli istituti di istruzione superiore ad investire insieme in programmi che portino vantaggi specifici alle imprese e alla comunità regionali, promuovendo al tempo stesso il finanziamento di cattedre sponsorizzate dalle imprese che incoraggino la creazione di reti tra diversi centri di conoscenza, di R&S e di innovazione, promuovano forum per lo scambio delle conoscenze e potenzino la creazione di reti di regioni che eccellono nell'innovazione;

35.

raccomanda che gli istituti di istruzione superiore utilizzino le risorse per l'impegno regionale in modo sostenibile e con una pianificazione pluriennale;

36.

raccomanda di garantire un uso coordinato del Settimo programma quadro per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (7PQ), dei fondi strutturali (FS), del programma quadro per la competitività e l'innovazione (PCI/CIP) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), perché esso è essenziale per la competitività dell'UE e per le sinergie tra le politiche in materia di coesione, ricerca, istruzione superiore e innovazione a livello nazionale e regionale, come già indicato in precedenti pareri del CdR;

37.

propende per un'interpretazione ampia del concetto di innovazione, che comprenda le scienze umane e sociali e la loro proficua interazione con le culture urbane e regionali delle rispettive località.

Conclusioni

38.

ribadisce che attualmente, mentre l'UE sta cercando di limitare al massimo l'impatto della crisi economica e di rilanciare la crescita, è importante creare una piattaforma di dialogo tra i soggetti fondamentali nel campo dell'istruzione e dell'economia, data la cruciale importanza dei sistemi di istruzione e formazione nel quadro della strategia di Lisbona e dell'agenda sociale rinnovata;

39.

accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di esaminare in quale modo i fondi strutturali possano sostenere le iniziative regionali in questo ambito;

40.

riconosce le potenzialità di cooperazione tra imprese ed altri settori dell'istruzione, in particolare le scuole secondarie e gli istituti di formazione professionale, nonché le opportunità offerte dai programmi europei per rafforzare tale cooperazione;

41.

ribadisce l'esigenza di coinvolgere maggiormente i rappresentanti pubblici competenti, compresi gli enti regionali e locali, nella prossima fase del forum dell'UE sul dialogo università-imprese;

42.

giudica opportuno che il forum dell'UE sul dialogo università-imprese continui ad essere incentrato sulla cooperazione nel campo dell'istruzione superiore;

43.

invita gli enti regionali e locali a sostenere la cooperazione tra imprese ed università e a considerare le università come vettori di innovazione nelle rispettive regioni;

44.

invita a portare avanti le attività del forum sul dialogo università-imprese organizzando sessioni plenarie e seminari tematici, allestendo uno spazio sul web e garantendo un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti pubblici competenti, compresi gli enti regionali e, se possibile, anche soggetti esterni all'UE;

45.

raccomanda di proporre una risposta efficace al programma «Nuove competenze per nuovi lavori» e ai problemi posti dalla crisi economica, nonché di esaminare i seguenti temi: i partenariati per lo sviluppo regionale e con le PMI, la diversificazione degli approcci all'apprendimento, la garanzia della qualità e l'accreditamento;

46.

raccomanda alla Commissione di adoperarsi per trovare modalità atte a sostenere nuove forme di partenariati strutturati fra imprese e università tramite i pertinenti programmi UE.

Bruxelles, 4 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/31


Parere del Comitato delle regioni su «Un futuro sostenibile per i trasporti: verso un sistema integrato, basato sulla tecnologia e di agevole uso»

2010/C 141/07

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che per poter conseguire un trasporto sostenibile, la soluzione non è quella di limitare la domanda di servizi di trasporto; non contano in questo caso il numero di passeggeri o di merci trasportate, ma le modalità con cui ciò avviene. Abitudini di trasporto non orientate alla sostenibilità si possono contrastare solo adottando in questo settore una politica tariffaria adeguata. Di conseguenza è importante adottare una formula appropriata e trasparente per ripartire i costi tra tutti i modi di trasporto,

sottolinea che, per incrementare la sostenibilità del sistema di trasporto, occorre superare il problema della congestione del traffico. Non basta aumentare la capacità delle reti di trasporto, dal momento che l'impatto delle reti più importanti sull'ambiente può diventare rapidamente inaccettabile, bensì occorre incrementare la competitività dei sistemi di trasporto sostenibili,

precisa che gli enti regionali e locali sono evidentemente interessati a favorire le alternative al trasporto stradale, soprattutto dove le reti presentano strozzature, in special modo nelle zone sensibili e nelle aree dalle condizioni naturali difficili, dato che producono problemi gravi come l'inquinamento acustico, le emissioni di gas di scarico, gli ingorghi, i ritardi e la rapida usura delle strade, e impongono agli enti competenti ingenti spese di manutenzione della rete stradale,

sottolinea che le reti di trasporto urbane, suburbane e regionali rappresentano un'importante componente delle reti di trasporto e delle catene di distribuzione a livello mondiale e richiedono dunque un'attenzione prioritaria,

auspica che il Libro bianco sulla politica dei trasporti contenga un messaggio politico forte in previsione del prossimo riesame del bilancio comunitario, in modo che la futura dotazione finanziaria per i trasporti comunitari corrisponda alle ambizioni dichiarate dell'UE e viceversa.

Relatore

:

Väino HALLIKMÄGI (EE/ALDE), membro del Consiglio comunale di Pärnu, Estonia

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione - Un futuro sostenibile per i trasporti: verso un sistema integrato, basato sulla tecnologia e di agevole uso

COM(2009) 279 def.

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI,

Introduzione

1.

accoglie con favore la comunicazione della Commissione europea sul futuro sostenibile per i trasporti, con la quale si compie un primo passo verso la revisione della politica dei trasporti comunitaria per i decenni a venire;

2.

si associa alla Commissione quando questa dichiara che la politica dei trasporti deve basarsi su «una visione a lungo termine per la mobilità sostenibile delle persone e delle merci»; una premessa fondamentale per poter costruire una politica dei trasporti basata su questa visione consiste in una valutazione corretta delle tendenze che influenzano il settore;

3.

è dell'avviso che le future reti dei trasporti debbano offrire una buona accessibilità a tutte le regioni d'Europa quale requisito essenziale per garantire la coesione territoriale dell'UE. Questo fatto agisce in modo determinante sul consolidamento dell'integrazione sociale ed economica e sulla garanzia di uno sviluppo sostenibile. L'attuazione della politica dei trasporti richiede da parte degli Stati membri una maggiore volontà politica e un sostegno più convinto alle strategie sostenibili e innovative in materia.

Raccomandazioni politiche

4.

Ritiene necessario che nel Libro bianco sulla politica dei trasporti sottoposto a riesame intermedio dalla Commissione si analizzino in modo maggiormente sistematico e approfondito i fattori esterni, l'evoluzione interna del settore dei trasporti, le loro conseguenze e interazioni. Va inoltre tenuto conto degli effetti dei cambiamenti climatici ed economici sull'evoluzione del settore e sui fattori che lo condizionano;

5.

è dell'avviso che il documento di sviluppo strategico vada completato da un'analisi (comparativa) degli effetti socioeconomici ed ambientali delle decisioni politiche e delle misure in esso contenute. Idealmente i risultati dell'analisi andranno trasposti a livello di Stati membri e di regioni per poter valutare in quale misura varia l'impatto della politica dei trasporti comune. Occorre soppesare tutti gli approcci concettuali che possono orientare la politica dei trasporti, individuando quelli rilevanti per il dibattito sul futuro di questo settore;

6.

giudica importante offrire agli enti regionali e locali nei singoli Stati membri l'opportunità di incidere sul processo di elaborazione della politica dei trasporti comunitaria, coinvolgendoli nella messa a punto dei piani strategici e nel processo decisionale, in modo da garantire un quadro di regolamentazione e programmazione che consenta di condurre a buon fine le iniziative e le misure in questo settore. I responsabili regionali e locali sono i più idonei a decidere il tipo di misura da adottare per risolvere i problemi di trasporto al loro livello di competenza. Per questo motivo, quando si sostengono tali enti con iniziative su scala europea o nazionale, occorre rispettare il principio di sussidiarietà;

7.

sottolinea che al momento di sviluppare le infrastrutture di trasporto occorre fissare delle priorità in termini di reti e di progetti. Per realizzare in tempi rapidi le infrastrutture più urgenti va garantito il sostegno politico e finanziario delle istituzioni centrali dell'UE e dei governi nazionali;

8.

sottolinea che nella fase di sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), la cui strategia basata su progetti (30 progetti prioritari) viene ora sostituita da un approccio che differenzia la rete nel suo complesso dalla rete principale TEN-T, bisogna fare in modo che le regioni periferiche, le regioni frontaliere o che presentano condizioni naturali difficili ricevano sufficiente attenzione e sostegno al fine di migliorare i collegamenti tra il nucleo centrale dell'UE e i paesi limitrofi. Per garantire la coesione territoriale sia interna che esterna dell'Europa si dovrebbe pertanto pensare, ad esempio, di differenziare le connessioni o i collegamenti prioritari nella politica dei trasporti comunitaria, compresi i relativi meccanismi di finanziamento. Va pertanto creato un quadro normativo da cui emerga ancor più chiaramente di prima su quali basi e secondo quali modalità la rete TEN-T viene stabilita e, se necessario, modificata e integrata; i progetti TEN-T prioritari già avviati vanno comunque portati a termine. Nella rete principale TEN-T dovrebbero essere inseriti anche i prolungamenti e le integrazioni che costituiscano raccordi alla rete. Si dovrebbe inoltre promuovere un miglior coordinamento dei progetti tra gli Stati membri per evitare sfasamenti nella pianificazione e nell'esecuzione, dando priorità ai tratti transfrontalieri;

9.

pone in rilievo l'importanza centrale del trasporto merci per il funzionamento dell'economia europea. Il sistema europeo di trasporto risulta però al tempo stesso sempre più gravato dal fenomeno della congestione, attribuibile in primo luogo alla ripartizione non equilibrata del traffico tra i diversi modi di trasporto (nelle attuali condizioni di mercato il trasporto su strada ha eccessivi vantaggi concorrenziali), ad infrastrutture inadeguate e alla scarsa interoperabilità tra modi di trasporto. Il CdR è dell'avviso che, per una più profonda integrazione tra le diverse infrastrutture di trasporto, vadano valorizzate le azioni volte a garantire il coordinamento e la coerenza delle soluzioni individuate di volta in volta nel quadro delle decisioni riguardanti la TEN-T e le questioni della mobilità urbana, ma anche in fase di definizione dei progetti prioritari da finanziare tramite il Fondo europeo per lo sviluppo regionale e il Fondo di coesione;

10.

sottolinea che le città costituiscono un elemento importante e indissociabile delle reti di trasporto. Esse sono infatti nodi di comunicazione in cui si incontrano diversi modi di trasporto e dove, di regola, iniziano e terminano le vie di trasporto. Per questo motivo occorre dedicare al trasporto urbano la medesima attenzione rivolta alle reti di trasporto;

11.

sollecita una maggiore semplificazione delle procedure di finanziamento dell'UE e giudica necessaria la coerenza tra i programmi di finanziamento comunitari e quelli nazionali;

12.

chiede che il Libro bianco sulla politica dei trasporti contenga un messaggio politico forte in previsione del prossimo riesame del bilancio comunitario, in modo che la futura dotazione finanziaria per i trasporti comunitari corrisponda alle ambizioni dichiarate dell'UE e viceversa.

Trasporto ferroviario, marittimo e navigazione interna

13.

È dell'avviso che nel trasporto ferroviario un problema notevole sia costituito dalla frammentazione del settore. Risulta anche indispensabile eliminare le strozzature esistenti nelle infrastrutture attuali, soprattutto quelle che si creano nei tratti transfrontalieri o che attraversano ostacoli naturali. Per creare una rete ferroviaria europea funzionale, che fornisca prestazioni di qualità sia in termini di tempistica e di affidabilità, che dal punto di vista della capacità di trasporto, occorre sviluppare un approccio sostenibile ed efficiente, che consenta di spostare una quota maggiore del traffico merci dalla strada alla ferrovia;

14.

ritiene che le norme diverse adottate per le infrastrutture dei singoli Stati membri - si pensi allo scartamento delle rotaie, ai sistemi elettrici e di sicurezza - aggravino ulteriormente la frammentazione del settore. Per armonizzare le condizioni e le installazioni tecniche è necessario armonizzare le norme tecniche e quindi investire nelle infrastrutture. Al tempo stesso occorre procedere all'armonizzazione dei diversi regimi nazionali in materia di formazione dei macchinisti come pure di sicurezza e di carichi, e introdurre, analogamente a quanto fatto per il traffico aereo, una lingua comune di lavoro per la gestione del traffico ferroviario internazionale, in particolare proveniente da paesi terzi, onde rafforzarne la competitività rispetto al traffico stradale. Nei tratti della rete ferroviaria che risultano maggiormente congestionati si dovrebbero creare le condizioni per assicurare che il trasporto dei passeggeri e quello delle merci si svolgano sugli stessi binari senza perturbarsi reciprocamente, oppure introdurre nuovi tracciati e separare il traffico merci da quello passeggeri, nella misura in cui ciò sia tecnicamente possibile ed economicamente realizzabile;

15.

è dell'avviso che le infrastrutture aggiuntive per il trasporto merci debbano garantire il collegamento tra centri cittadini, senza però aumentare ulteriormente il volume di traffico, e conseguentemente il tasso di congestione, nei centri urbani;

16.

per garantire il collegamento economico tra le regioni periferiche e il nucleo centrale dell'UE, ritiene necessario disporre di porti in corrispondenza di località di importanza strategica, dotate di buone connessioni multimodali. Il CdR ritiene sia necessario garantire un collegamento di trasporto multimodale con le regioni in cui il trasporto marittimo svolge un ruolo molto importante;

17.

sottolinea che il trasporto marittimo e la navigazione interna vanno incoraggiati in quanto possono assumere un ruolo chiave nella lotta contro i cambiamenti climatici. Inoltre, i programmi come l'attuale «Autostrade del mare» dovrebbero essere notevolmente potenziati in considerazione del loro contributo al raggiungimento degli obiettivi sia della politica dei trasporti che della coesione territoriale dell'UE. Analogamente, il trasporto marittimo e la navigazione interna potrebbero contribuire ad assorbire la domanda crescente di trasporto passeggeri e merci. Al tempo stesso, però, va continuamente ridotto l'impatto negativo sull'ambiente del traffico mercantile, dell'attività portuale e dei centri logistici; il CdR si rammarica pertanto che il trasporto marittimo internazionale sia tuttora escluso dai meccanismi del protocollo di Kyoto e dal calendario per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Tuttavia, per non arrecare - per quanto possibile - svantaggi al settore marittimo comunitario sul piano della concorrenza, l'UE dovrebbe far sì che le regole vincolanti siano adottate a livello internazionale. Inoltre, andrebbero esaminati gli eventuali effetti dell'introduzione di tasse portuali differenziate in funzione dell'impatto ambientale;

18.

è convinto che lo sviluppo di nodi multimodali debba figurare tra le priorità della politica dei trasporti comune. Se si trasferisce su rotaia una proporzione maggiore del traffico merci, occorre garantire al tempo stesso che il trasporto ferroviario soddisfi i requisiti in materia di ambiente e sicurezza e che restino il più possibile contenuti gli effetti negativi sul traffico passeggeri.

Trasporto aereo

19.

È dell'avviso che lo sviluppo del trasporto aereo debba tenere in debito conto e programmare soluzioni tecniche e di pianificazione territoriale che riducano gli effetti sull'ambiente quali l'inquinamento acustico e atmosferico. Al momento di integrare i costi ambientali nelle tariffe aeree non va però dimenticato che il trasporto aereo presenta un'importanza diversa a seconda delle regioni e che garantisce inoltre un buon collegamento con le zone periferiche d'Europa. Per quanto riguarda lo sviluppo delle infrastrutture aeroportuali, soprattutto le città di dimensioni medio-grandi e le regioni insulari dipendono dai finanziamenti comunitari per poter assicurare la sicurezza del traffico aereo e la soddisfazione della clientela;

20.

è dell'avviso che vada garantita un'equa concorrenza tra gli aeroporti introducendo disposizioni comuni in materia di calcolo e definizione delle tasse aeroportuali.

Costi di trasporto e investimenti

21.

Sottolinea la necessità di garantire un più efficace coordinamento degli investimenti: ad esempio, il finanziamento della TEN-T dovrebbe continuare a promuovere progetti ferroviari basati sul mercato e gli aiuti regionali dovrebbero essere maggiormente mirati ai modi di trasporto ecocompatibili, per rafforzare la coesione territoriale dell'UE;

22.

tiene a sottolineare che un ricorso equilibrato e sostenibile ai diversi modi di trasporto presuppone l'integrazione dei costi esterni (inquinamento ambientale, risarcimento danni a seguito di incidenti, perdite di tempo) nei costi di trasporto e l'impiego generalizzato del principio secondo cui «l'utente paga». Al tempo stesso le risorse ottenute vanno investite in modi di trasporto con un minore impatto ambientale, aumentando così la proporzione globale di tali modi, nonché l'efficienza generale di tutti i modi di trasporto e la loro interoperabilità. Le regolamentazioni che si basano su simili valutazioni devono inoltre considerare in che misura esse sono sostenibili per il quadro socioeconomico corrispondente. Altrimenti i settori economici e le imprese che dipendono dalle connessioni di trasporto finiranno per perdere la loro competitività a livello non solo nazionale, ma anche europeo;

23.

fa rilevare che l'obiettivo importante e fondamentale della «verità dei costi» non può essere messo in discussione. Nel caso in cui buona parte degli investimenti nelle infrastrutture di trasporto debba fondarsi sul principio «l'utente paga», si potrebbero talvolta verificare delle trasformazioni nel tessuto socioeconomico delle singole regioni. Si raccomanda agli Stati membri che prevedono di introdurre e/o di adeguare le tariffe relative al traffico in base ad approcci moderni di «verità dei costi» di valutarne al tempo stesso gli effetti economici, ambientali e sociali. Ciò è necessario per consentire, laddove ve ne sia l'esigenza riconosciuta e in base a considerazioni strategiche, di predisporre a medio e lungo termine adeguate misure di accompagnamento, che prevedano ad esempio di riorientare un sostegno economico mirato a livello regionale;

24.

ricorda i pareri del CdR in merito al Libro verde sui trasporti urbani (CdR 236/2007) e al Piano d'azione sulla mobilità urbana (CdR 417/2008) la cui pubblicazione nel settembre 2009 da parte della Commissione risponde a una richiesta formulata congiuntamente dal CdR e dal Parlamento europeo.

Trasporto urbano

25.

Osserva che lo sviluppo del trasporto urbano è essenziale in quanto le città costituiscono componenti imprescindibili delle reti di trasporto, nonché punti di snodo per i diversi modi. La più grande sfida per il trasporto urbano consiste nel dare priorità al trasporto pubblico, creando le condizioni adeguate e migliorando la sua posizione nel trasporto di passeggeri, e riorganizzare le condizioni del traffico urbano in modo che nel centro delle città si riversi quanto meno traffico possibile, potenziare i percorsi pedonali e ciclabili, aumentare la percentuale di veicoli a propulsione elettrica e incoraggiare le modalità di spostamento meno gravose per l'ambiente;

26.

raccomanda ai comuni di adottare misure più severe per limitare l'impatto negativo del trasporto urbano sull'ambiente e promuovere modalità di spostamento più sane. È importante che l'UE rispetti il principio di sussidiarietà in modo da creare le condizioni che permettano agli enti regionali e locali competenti di assumere tale responsabilità;

27.

giudica necessario orientare la politica dei trasporti comune in modo da promuovere lo sviluppo di sistemi di trasporto locali unici per i centri cittadini, le periferie e le zone rurali circostanti e da favorire il collegamento dei sistemi su rotaia (ferrovia, treni locali e tram) ad un sistema ferroviario regionale di nuovo tipo;

28.

considera importante lo scambio continuo di buone prassi di sviluppo e utilizzo del trasporto urbano per quanto riguarda i seguenti temi: parcheggi di interscambio (Park-and-Ride) o situati a breve distanza dai centri cittadini (Park-and-Walk), progettazione di modi di trasporto a propulsione elettrica, potenziamento delle reti per il trasporto leggero, creazione di corsie riservate al trasporto pubblico, introduzione di terminali multimodali in corrispondenza degli accessi alle città, potenziamento dei servizi di condivisione dell'automobile (car-sharing), modifica delle abitudini di trasporto tramite iniziative di orientamento (formazione, campagne di sensibilizzazione del pubblico) e restrizioni (tassa di congestione e parcheggi a pagamento). L'UE dovrebbe creare e sviluppare ulteriormente i meccanismi a sostegno dei progetti di cooperazione volti a trovare soluzioni tramite uno sforzo congiunto e a trasmettere le esperienze maturate.

Sviluppo tecnologico

29.

Nello sviluppo dei mezzi di trasporto pubblico multimodali, ritiene necessario dare la precedenza ai sistemi di biglietteria e pagamento elettronici, in quanto questi consentono di calcolare esattamente il costo dei tragitti percorsi e di programmare gli itinerari in base alle necessità dei viaggiatori, oltre a rendere i trasporti pubblici più adatti alle esigenze degli utenti. Il ricorso a nuove tecnologie dell'informazione deve servire a sostenere la creazione di sistemi di trasporto intermodale intelligenti, di cui l'UE dovrebbe favorire la diffusione;

30.

è dell'avviso che nell'ambito dello sviluppo tecnologico vada incoraggiato il trasferimento delle tecnologie tra le regioni e tra i diversi livelli regionali: nel finanziare la messa a punto di soluzioni tecnologiche non si dovrebbero infatti privilegiare solo le tecnologie fatte su misura per le grandi città. Sviluppo e finanziamento dovrebbero al contrario essere configurati in modo tale da utilizzare una parte considerevole delle risorse per la messa a punto di soluzioni appropriate e sostenibili sia per città di dimensioni medio-grandi o piccole sia per il territorio circostante;

31.

sottolinea che, per ridurre la dipendenza del settore dei trasporti dai prodotti petroliferi, va creata la possibilità di differenziare l'entità delle imposte al consumo per i carburanti derivanti da altre materie prime e, se necessario, di scendere al di sotto delle soglie minime fissate dall'UE;

32.

rileva che, per promuovere la sicurezza dei trasporti, è essenziale armonizzare e rafforzare i meccanismi di controllo e vigilanza. In fase di armonizzazione dei requisiti di sicurezza va tenuto conto tra l'altro delle caratteristiche naturali locali, delle tipologie stradali e delle tradizioni culturali. L'almeno parziale armonizzazione dei codici identificativi utilizzati nelle banche dati nazionali costituisce un presupposto per integrare le banche dati relative agli incidenti stradali;

33.

è dell'avviso che nel quadro della vigilanza del traffico vadano creati i presupposti per elaborare e introdurre soluzioni generali e comuni basate sulle tecnologie dell'informazione e sul sistema di posizionamento globale (GPS). Il ruolo essenziale dell'UE consiste, oltre che nella promozione della ricerca e dello sviluppo, nella definizione di norme comuni che consentano agli Stati membri un controllo accurato dei flussi di traffico transfrontalieri.

Educazione stradale

34.

Sottolinea che gli istituti di istruzione svolgono un ruolo decisivo nell'educazione a una condotta stradale improntata alla sicurezza e al rispetto dell'ambiente. Vanno quindi create le condizioni per inserire l'educazione stradale nei programmi di studio degli istituti di istruzione di tutti i paesi. Nel campo dell'istruzione, l'UE potrebbe avviare ricerche di orientamento pratico sulla cui base elaborare una serie di raccomandazioni didattiche comuni sotto forma di materiale e di moduli di apprendimento per le scuole fin dalla scuola materna.

Collegamento con i paesi vicini, attività transfrontaliere

35.

Ritiene particolarmente importante migliorare le connessioni di trasporto con i paesi vicini. A tal fine le istituzioni centrali dell'UE, i governi degli Stati membri e dei paesi terzi devono investire congiuntamente nelle attrezzature frontaliere (terminali, strade, ponti) per consentire al traffico merci, ma anche a quello passeggeri di attraversare le frontiere secondo modalità rapide e scarsamente nocive per l'ambiente. Ugualmente importante è compiere passi avanti nell'armonizzazione delle procedure di transito e di sdoganamento delle merci, nonché nel rafforzamento della cooperazione in materia;

36.

ritiene importante che la politica dei trasporti contribuisca all'integrazione delle regioni ultraperiferiche nei loro contesti geografici, sostenendo l'istituzione di servizi marittimi ed aerei rispettosi dell'ambiente che le colleghino con i paesi della loro regione, promuovendo inoltre l'intermodalità;

37.

è dell'avviso che, in sede di organizzazioni internazionali e di negoziati con paesi terzi in materia di trasporto, gli Stati membri e le istituzioni dell'UE debbano puntare ad ottenere condizioni eque di concorrenza in tutti i modi di trasporto per le imprese per quanto riguarda le imposte sul carburante, le tasse portuali e aeroportuali, le tariffe ferroviarie e vari tipi di requisiti ambientali. Si tratta di questioni particolarmente rilevanti per l'economia di paesi situati in corrispondenza dei confini esterni dell'UE. Delle diverse condizioni di concorrenza occorre tener conto al momento di integrare i costi esterni nei costi di trasporto.

Conclusioni e raccomandazioni

38.

Sottolinea che la libertà di circolazione costituisce un diritto fondamentale dei cittadini comunitari e un principio guida dell'UE. La libera circolazione delle merci costituisce a sua volta un pilastro del mercato interno. Per poter conseguire un trasporto sostenibile, la soluzione non è quella di limitare la domanda di servizi di trasporto;

39.

sottolinea che non contano in questo caso il numero di passeggeri o di merci trasportate, ma le modalità con cui ciò avviene. Abitudini di trasporto non orientate alla sostenibilità si possono contrastare solo adottando in questo settore una politica tariffaria adeguata. Di conseguenza è importante adottare una formula appropriata e trasparente per ripartire i costi tra tutti i modi di trasporto;

40.

sottolinea che, per incrementare la sostenibilità del sistema di trasporto, occorre superare il problema della congestione del traffico. Gli Stati membri dovrebbero impegnarsi ad investire in infrastrutture compatibili con l'ambiente per eliminare le strozzature. Al tempo stesso non basta però aumentare la capacità delle reti di trasporto, dal momento che l'impatto delle reti più importanti sull'ambiente può diventare rapidamente inaccettabile. Per questo motivo occorre incrementare la competitività dei sistemi di trasporto sostenibili;

41.

precisa che gli enti regionali e locali sono evidentemente interessati a favorire le alternative al trasporto stradale, soprattutto dove le reti presentano strozzature, in special modo nelle zone sensibili e nelle aree dalle condizioni naturali difficili, dato che producono problemi gravi come l'inquinamento acustico, le emissioni di gas di scarico, gli ingorghi, i ritardi e la rapida usura delle strade, e impongono agli enti competenti ingenti spese di manutenzione della rete stradale;

42.

è dell'avviso che la competitività del trasporto marittimo e ferroviario debba aumentare. Per creare una rete ferroviaria europea funzionale che fornisca prestazioni di qualità sia in termini di tempi di viaggio e di affidabilità che dal punto di vista della capacità di trasporto, va ridotta la frammentazione del settore ferroviario in Europa. Al tempo stesso occorre creare uno spazio unico del trasporto marittimo e dare priorità agli investimenti destinati agli scali portuali e al loro collegamento alla rete di trasporto tramite le tecnologie più appropriate;

43.

sottolinea che il sistema di trasporto adottato nelle città e nelle regioni incide in modo determinante sullo sviluppo regionale. Dal momento che le reti di trasporto urbane, suburbane e regionali rappresentano un'importante componente delle reti di trasporto e delle catene di distribuzione a livello mondiale, esse richiedono un'attenzione prioritaria;

44.

è dell'avviso che le future reti di trasporto debbano garantire un buon accesso a tutte le regioni d'Europa. Al tempo stesso gli enti regionali e locali ed altri attori direttamente interessati a livello regionale e locale devono essere consultati in merito a tutte le iniziative che potrebbero influire sul futuro della rete europea di trasporto, a seconda del ruolo che gli enti o le parti interessate svolgono nell'applicazione delle misure pertinenti nel settore dei trasporti e nel fornire il quadro di regolamentazione e pianificazione necessario per l'attuazione di tali iniziative.

Bruxelles, 4 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/37


Parere del Comitato delle regioni su «Libro verde — Riforma della politica comune della pesca» e su «Un futuro sostenibile per l'acquacoltura»

2010/C 141/08

IL COMITATO DELLE REGIONI

concorda sulla necessità di strutturare il processo decisionale nell'ambito della PCP, fra l'altro delegando la regolamentazione e/o la gestione di alcune attività agli Stati membri, alle regioni e agli stessi enti del settore, nel quadro delle norme comunitarie;

raccomanda di approfondire la riflessione sui vantaggi e gli inconvenienti che comporterebbe l'introduzione, accompagnata dalle opportune salvaguardie, di diritti di pesca trasferibili, considerando che, se le QIA (quote individuali amministrate) possono costituire una pista di riflessione, le QIT (quote individuali trasferibili) sono pericolose per l'equilibrio della filiera,

concorda sull'idea di creare un regime distinto per la gestione della pesca artigianale e della raccolta di molluschi, di mantenere l'accesso al finanziamento pubblico per queste attività e di agevolare l'adozione a livello regionale delle decisioni specifiche sulla gestione di questa flotta. Ritiene altresì che il concetto di pesca costiera artigianale non dovrebbe più essere legato alla lunghezza dell'imbarcazione, ma che dovrebbero essere considerati anche altri parametri,

raccomanda che, per ciascuna zona di pesca, si valuti il sistema di gestione alieutica più adeguato disponibile per la zona considerata, le specie oggetto della pesca e il tipo di flotta e raccomanda di esaminare in modo più approfondito un sistema di gestione dei contingenti basato sulle catture,

raccomanda di regolamentare l'accesso agli aiuti pubblici secondo un modello analogo a quello applicato nel quadro della politica agricola comune (PAC), introducendo il concetto di «condizionalità»,

condivide l'idea che l'UE debba adottare una serie di azioni per lo sviluppo concorrenziale dell'acquacoltura, stabilire una tabella di marcia per il 2010 che determini i limiti della crescita del settore per ogni regione, promuovere un'acquacoltura ecologicamente sostenibile e sostenere la creazione di una piattaforma europea di tecnologia e innovazione per l'acquacoltura (EATIP). Richiama inoltre l'attenzione sull'importanza della pianificazione marittima, di programmi per il miglioramento della salute animale, di norme sull'etichettatura e di procedure di semplificazione amministrativa per il settore in esame.

Relatore

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO (ES/PPE), presidente della Comunità autonoma della regione Murcia

Testi di riferimento

Libro verde - Riforma della politica comune della pesca

COM(2009) 163 def.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Costruire un futuro sostenibile per l'acquacoltura - Un nuovo impulso alla strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea

COM(2009) 162 def.

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

INTRODUZIONE

1.

ritiene che lo scenario presentato dalla Commissione per la pesca europea nel 2020 sia realizzabile e desidera contribuire compiutamente al dibattito sulle riforme necessarie per concretizzarlo con il minor disagio possibile a livello del lavoro e la minore distorsione possibile a livello del mercato. Il riesame e la riforma della politica comune della pesca offrono opportunità irripetibili non solo per ovviare alle carenze del passato, ma anche per ispirare fiducia e dare rassicurazioni per il futuro. Grazie al pieno coinvolgimento delle comunità di pesca, gli stock ittici saranno gestiti in modo migliore, le marinerie saranno più in linea con le risorse ittiche, le operazioni di pesca saranno meglio regolamentate e la redditività economica fornirà le salvaguardie necessarie per la sicurezza nel lungo termine;

2.

ritiene che la pesca rappresenti un mezzo di sostentamento in molte regioni d'Europa, nonché una fonte di approvvigionamento per un'industria di trasformazione altamente dipendente. Malgrado le riforme attuate e la sua lunga esistenza, la politica comune della pesca (PCP) non è riuscita a correggere i crescenti problemi del settore, che deve affrontare una serie di sfide importanti: lo sfruttamento eccessivo delle risorse alieutiche, il mancato adattamento delle capacità di pesca alle risorse disponibili e all'obiettivo di una sostenibilità socioeconomica e ambientale, la necessità di una trasformazione energetica delle navi, la precaria situazione in cui versa un numero elevato di risorse ittiche e un livello elevato di sovvenzioni che ha determinato una situazione economica fragile. Inoltre, in molti casi gli accordi di partenariato nel settore della pesca (APP) con i paesi in via di sviluppo stanno minacciando la sicurezza alimentare di questi stessi paesi, alimentando la pesca eccessiva e impedendo lo sviluppo delle industrie alieutiche locali;

3.

è dell'avviso che la nuova PCP debba condurre a un approccio più globalizzato, integrandosi con le politiche marittime e ambientali, con nuovi strumenti per trattare l'annoso problema della sovraccapacità della flotta con soluzioni a basso costo. Per questo motivo bisogna definire un quadro politico dotato di un sistema per l'assunzione di decisioni a medio e lungo termine, che decentri la responsabilità di determinati aspetti e fissi alcuni obiettivi precisi; inoltre, è necessario migliorare la governance del settore, definire meccanismi di attuazione che garantiscano in modo migliore il rispetto della normativa, nonché promuovere un settore più coinvolto e responsabilizzato nella gestione e nello sviluppo delle misure della PCP;

4.

reputa che l'acquacoltura abbia il potenziale per offrire prodotti sani, sicuri e sostenibili, di qualità elevata, in condizioni di rigoroso rispetto dell'ambiente, rappresentando un elemento di stabilizzazione dei livelli occupazionali in numerose regioni europee che dipendono, in maggior o minor misura, dalla pesca. L'Unione europea ha sviluppato iniziative per la promozione dell'acquacoltura, che si sono tradotte in strumenti finanziari di tipo strutturale (SFOP, FEP), e ha dato impulso e avviato strategie per il suo sviluppo sostenibile. Gli obiettivi raggiunti sono stati numerosi, ma la crescita della produzione nell'UE è notevolmente inferiore alla media mondiale e si delineano attualmente delle sfide che comportano l'integrazione dell'acquacoltura nelle politiche marittime e ambientali, un percorso verso l'uso di metodi ecocompatibili nel quadro di una politica della pesca sostenibile, la promozione della competitività, la gestione integrata delle zone costiere, il miglioramento della governance, nonché il rafforzamento delle garanzie per la salute e il benessere della fauna ittica, come è stato fatto per altre produzioni animali, e tutto ciò sempre nella prospettiva della protezione del consumatore;

5.

crede che la crescita della popolazione mondiale, i futuri allargamenti dell'UE, l'inquinamento delle acque marittime e interne e le sue ripercussioni sugli ecosistemi costieri e i cambiamenti climatici siano tutti fattori di cui la PCP deve tenere conto nel suo orizzonte a medio termine, perché essi comporteranno una modifica degli orientamenti di gestione delle produzioni ittiche e acquicole.

LIBRO VERDE - RIFORMA DELLA POLITICA COMUNE DELLA PESCA

Osservazioni generali

6.

accoglie positivamente la tempestiva iniziativa della Commissione europea di presentare il Libro verde sulla riforma della PCP (COM(2009) 163 def.) che ha avviato il processo di consultazione; apprezza l'autocritica della Commissione in relazione al fallimento di alcuni aspetti della PCP, le sue proposte di miglioramento dell'attuale PCP fino al 2012 e le riflessioni sulla nuova PCP a partire dal 2013;

7.

conviene che si è in presenza di un mancato adeguamento della capacità della flotta, più marcato in determinati segmenti, e appoggia la creazione di meccanismi che consentano di adeguare la dimensione delle flotte pescherecce europee alle risorse sfruttabili e ad un approccio socioeconomico più sostenibile; ritiene che tali meccanismi di adeguamento debbano ottimizzare l'uso delle risorse finanziarie pubbliche e che ciò rappresenti un elemento fondamentale per il pieno sviluppo di altri aspetti della PCP;

8.

sottolinea l'importanza fondamentale del ruolo svolto dagli enti regionali e locali in quanto presupposto per il successo della PCP. Propone, in particolare, di rafforzare il ruolo dei consigli consultivi regionali (CCR);

9.

evidenzia che, ai fini dell'effettiva integrazione della PCP nella politica marittima integrata (PMI) dell'UE, è necessario che gli organismi regionali e locali del settore della pesca siano disposti ad assumersi degli impegni e a dare un contributo efficace in questo campo;

10.

appoggia la promozione di una migliore cooperazione tra le guardie costiere degli Stati membri e la decisione di elaborare misure che consentano di istituire un sistema di controllo più integrato;

11.

raccomanda di approfondire la riflessione sui vantaggi e gli inconvenienti che comporterebbe l'introduzione, accompagnata dalle opportune salvaguardie, di diritti di pesca trasferibili, al livello del diritto di pesca collettivo ovvero del diritto di pesca individuale;

12.

conviene sulla necessità che le misure e gli impegni futuri nel quadro della PCP, volti a correggere o attenuare gli effetti socioeconomici delle riduzioni delle possibilità di pesca, siano sempre compatibili con la sostenibilità ambientale a lungo termine;

13.

raccomanda che le attuali zone di conservazione per le specie ittiche siano mantenute e, anzi, ampliate;

14.

concorda con la necessità di strutturare il processo decisionale nell'ambito della PCP, ricorrendo in determinati casi alla procedura di comitato e delegando la regolamentazione e/o la gestione di alcune delle attività di pesca agli Stati membri, alle regioni e agli stessi enti del settore, nel quadro delle norme comunitarie. Chiede pertanto che siano previste modalità di gestione differenziate in funzione della situazione costiera, dell'estuario e delle attività di pesca (approccio ecosistemico);

15.

appoggia la Commissione circa la proposta che prevede una maggiore assunzione di responsabilità da parte del settore nell'attuazione della PCP. Soltanto ai pescatori che esercitino le loro responsabilità in modo corretto deve essere concesso l'accesso agli stock ittici, senza dimenticare che essi appartengono alla collettività e che i costi di gestione di queste risorse sono sostenuti in gran parte dai contribuenti;

16.

appoggia lo sviluppo di una cultura del rispetto delle norme. Si deve limitare l'accesso degli Stati membri al finanziamento comunitario qualora non adempiano ai loro obblighi in materia di controllo e di conservazione;

17.

sostiene la creazione di sistemi di raccolta dei dati in tempo reale che permettano di disporre di informazioni tecniche e aggiornate sulle catture;

18.

invita la Commissione a fare in modo che la riforma della PCP tenga conto delle necessità specifiche delle regioni ultraperiferiche (RUP), in considerazione delle loro condizioni strutturali e socioeconomiche e coerentemente con la strategia europea per dette regioni;

19.

incoraggia la Commissione ad assumere un ruolo di guida a livello mondiale nello sviluppo di sistemi volti ad adeguare le politiche di pesca e quelle relative alle zone marittime costiere ai cambiamenti climatici.

Osservazioni sull'iniziativa

Un regime distinto per proteggere le flotte di pesca artigianali

20.

concorda con l'iniziativa di creare un regime distinto per la gestione della pesca artigianale e della raccolta di molluschi, attività legate all'identità culturale di molte regioni europee che danno un'occupazione a numerosi lavoratori appartenenti a microimprese. Accoglie positivamente la proposta di mantenere l'accesso al finanziamento pubblico per queste attività;

21.

appoggia pienamente l'intenzione della Commissione di agevolare, in un approccio ecosistemico, l'adozione a livello regionale delle decisioni specifiche sulla gestione di questa flotta, sempre nel rispetto di norme e principi globali comunitari;

22.

ritiene che l'impegno comunitario nell'ambito delle strutture locali di partenariato sia fondamentale per massimizzare il contributo locale all'individuazione delle potenzialità e degli svantaggi specifici esistenti in una determinata zona e per assicurare che l'attuazione sia conforme alle condizioni locali;

23.

raccomanda di approfondire il concetto di pesca costiera artigianale e di non legarlo più esclusivamente alla lunghezza dell'imbarcazione, ma di considerare anche altri parametri, come il legame economico e sociale tra l'attività e il territorio, la durata delle bordate di pesca, il tipo di catture, l'inclusione o no in un determinato piano di pesca, ecc.;

24.

ritiene che i costi di manutenzione delle «scatole blu» siano troppo gravosi per le piccole imbarcazioni che praticano la pesca artigianale sottocosta, per cui la Commissione dovrebbe prevedere il ricorso a sistemi alternativi meno onerosi;

25.

sottolinea che questa flotta, che non è di tipo industriale, risente direttamente delle distorsioni generate dal mercato globalizzato. In proposito, si dovrebbe valutare nuovamente la possibilità di concedere aiuti per la costruzione di nuove imbarcazioni, nell'ambito dei programmi di adeguamento delle flotte, tenendo conto del maggiore sforzo dovuto ai miglioramenti tecnologici nel settore, allo scopo di disporre di una flotta competitiva, adeguata alle possibilità di pesca delle imbarcazioni e sicura per i pescatori, viste le difficoltà di accesso alle zone di pesca. Sarebbe d'altronde molto utile introdurre delle distinzioni obbligatorie nell'etichettatura dei prodotti di tale flotta, indicandone la provenienza in maniera facilmente comprensibile per i consumatori;

26.

esorta la Commissione a promuovere una formazione adeguata dei lavoratori marittimi, in modo che essi acquisiscano conoscenze imprenditoriali, marine, ambientali e relative alle corrette prassi igieniche che consentano di trattenere questi lavoratori nelle zone dipendenti dalla pesca e permettano una diversificazione delle attività verso altre aree di interesse sociale e civile, come il sostegno alla lotta contro l'inquinamento dei mari o il soccorso in mare;

27.

invita la Commissione a promuovere un'iniziativa integrata per lo sviluppo e il miglioramento delle infrastrutture nelle regioni insulari e periferiche che dipendono dalla pesca costiera artigianale.

Valorizzare al massimo il nostro settore della pesca

28.

condivide l'obiettivo fissato dal Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, al quale gli Stati membri hanno accettato il concetto di rendimento massimo possibile come traguardo da raggiungere entro il 2015. Questo obiettivo deve essere un principio guida fondamentale della PCP. Inoltre, valuta positivamente la politica volta a eliminare i rigetti in mare e propone di valutare gli effetti sull'ecosistema della pesca industriale praticata per produrre farine destinate all'alimentazione dei pesci di allevamento;

29.

propone di conferire agli Stati membri i poteri di migliorare la regolamentazione dell'accesso delle flotte alle zone di particolare interesse per la conservazione, al fine di ripristinare e mantenere condizioni soddisfacenti in queste zone protette;

30.

raccomanda di esaminare in modo più approfondito un sistema di gestione dei contingenti basato sulle catture e fondato sulla documentazione verificabile fornita dagli stessi pescatori;

31.

approva l'iniziativa della Commissione di proporre un cambiamento nel sistema di gestione delle attività di pesca, basato sulla fissazione di restrizioni al numero dei giorni in cui un'imbarcazione può pescare, oppure sull'uso dell'attuale sistema per le attività di pesca monospecifica;

32.

raccomanda di valutare il sistema di gestione alieutica più adeguato disponibile per ciascuna zona di pesca presa in considerazione, le specie oggetto della pesca e il tipo di flotta. L'unità di gestione deve essere costituita dalla zona di pesca e dall'insieme delle specie ivi pescate, tranne quando si considerino specie migratorie;

33.

rammenta che per risolvere alcuni problemi bisogna necessariamente introdurre degli incentivi per i singoli pescatori e le loro associazioni (cogestione) che inducano gli operatori del settore a praticare una pesca responsabile;

34.

propone la creazione di un «attestato di eccellenza della pesca», certificato da un'impresa esterna, che consenta, come avviene nella politica marittima, di garantire che le attività di pesca sono condotte secondo modelli rigorosamente conformi alla normativa;

35.

ritiene necessario lo sviluppo di un sistema omogeneo di rispetto delle norme e di controllo dell'attività alieutica attraverso l'introduzione di modelli conformi alle norme ISO, come la norma ISO 17020;

36.

raccomanda che per gestire le attività alieutiche si tenga conto dell'importanza crescente della pesca a fini sportivi o ricreativi. La diversificazione delle attività di pesca verso la pesca-turismo deve rappresentare uno sbocco potenziale per i pescatori in possesso di un brevetto di capitano compatibile con questa attività e un mezzo per assorbire la manodopera e ridurre lo sforzo di pesca.

Stabilità relativa e accesso alla pesca costiera

37.

fa notare che l'applicazione del principio di stabilità relativa può aver provocato spesso l'aumento dei totali ammissibili di catture (TAC) oltre il livello indicato dalle raccomandazioni scientifiche, nonché una crescita dei rigetti in mare e una diminuzione delle potenzialità di uso razionale delle risorse alieutiche;

38.

concorda con la Commissione sul fatto che il principio di stabilità relativa non garantisce che i diritti di pesca vengano utilizzati nella maniera più efficace ed efficiente. Esiste una discrepanza tra i contingenti assegnati agli Stati membri, le esigenze delle flotte nazionali e l'effettiva utilizzazione di tali contingenti da parte di queste flotte. Di conseguenza, il CdR raccomanda di rivedere il principio di stabilità relativa e di valutare gli adeguamenti dei contingenti richiesti dalle flotte nazionali in rapporto ai diritti di pesca disponibili;

39.

riguardo ai diritti di pesca trasferibili ritiene che le QIA (quote individuali amministrate) possono costituire una pista di riflessione, mentre le QIT (quote individuali trasferibili) sono pericolose per l'equilibrio della filiera. Infatti, esse hanno l'effetto principale di concentrare la capacità di cattura nelle mani di alcune grandi società, accelerando così la scomparsa dei pescatori artigianali. Inoltre, sarebbe assolutamente paradossale riflettere su un sistema differenziato della gestione delle flotte di pesca artigianale mentre al tempo stesso i diritti di pesca vengono affidati alle sole regole del mercato;

40.

appoggia l'iniziativa di continuare a limitare le possibilità di pesca entro la fascia delle 12 miglia nautiche.

Commercio e mercati

41.

condivide l'idea di garantire che tutti i prodotti della pesca immessi sul mercato comunitario, comprese le importazioni, provengano da attività di pesca gestite in modo sostenibile, per assicurare in tal modo condizioni di parità nel mercato dell'UE; propone che prima di concedere la licenza di pesca sia effettuata una valutazione preliminare di impatto ambientale;

42.

raccomanda di promuovere iniziative che garantiscano l'origine dei prodotti della pesca, favorendo per i prodotti freschi un inscatolamento che attesti la tracciabilità e la provenienza;

43.

ritiene che vadano incentivati gli attestati di eccellenza della pesca, a livello sia del settore estrattivo che della commercializzazione, quale garanzia al consumatore del rigoroso rispetto delle risorse ittiche;

44.

conviene sulla necessità che le organizzazioni dei produttori assumano responsabilità più ampie nella gestione delle attività di pesca;

45.

chiede che si incoraggino, quali elementi cruciali per migliorare i mercati ittici, la formazione permanente e l'individuazione dei bisogni formativi nelle organizzazioni dei produttori.

Integrare la PCP nel contesto più ampio della politica marittima

46.

condivide il punto di vista della Commissione sulla necessaria attuazione della politica marittima integrata (PMI) quale strumento fondamentale per progredire nelle questioni marittime che hanno un impatto diretto su altre politiche settoriali, in particolare sulla PCP, sempre nella prospettiva dello sviluppo sostenibile delle regioni costiere e con un'attenzione particolare alla sostenibilità della pesca nel lungo periodo e all'adattamento ai cambiamenti climatici;

47.

ritiene che, in linea con il principio di coesione territoriale, la sopravvivenza futura delle comunità costiere dipenda dalla diversificazione e dalla creazione di una base economica sostenibile capace di offrire un'ampia gamma di opportunità in modo che i talenti delle generazioni future siano invogliati a rimanere, anziché essere indotti a emigrare verso le grandi città alla ricerca di una migliore qualità di vita;

48.

raccomanda che, nel quadro della PMI, il settore della pesca possa partecipare alla progettazione e allo sviluppo di altre attività potenzialmente complementari alla pesca, come la pesca-turismo (ad esempio: pesca sportiva o avvistamento di cetacei), la lotta contro l'inquinamento marino, il salvataggio in mare o la pulizia dei fondali;

49.

invita la Commissione ad elaborare, in collaborazione con gli Stati membri e le loro regioni, dei sistemi di informazione geografica (SIG) che consentano di pianificare gli usi della costa;

50.

ritiene in particolare che i partenariati costieri locali che riuniscono enti locali e parti interessate possano essere fondamentali nell'assicurare che la gestione integrata delle zone costiere sia realizzata in modo efficace e con un approccio dal basso verso l'alto;

51.

chiede alla Commissione di promuovere lo sviluppo di brevetti polivalenti di capitano di peschereccio, validi all'interno dello spazio europeo, che permettano la diversificazione delle attività di pesca e siano compatibili con altre attività professionali.

Una politica basata sulla conoscenza

52.

approva le iniziative volte a migliorare la comunicazione tra scienziati, responsabili dell'elaborazione delle politiche e gruppi interessati, in particolare il comitato consultivo per la pesca e l'acquacoltura (CCPA) e i consigli consultivi regionali (CCR);

53.

insiste sul fatto che i processi decisionali devono poggiare su informazioni e conoscenze solide e affidabili, e si dichiara favorevole alle iniziative della Commissione a questo riguardo;

54.

raccomanda la costituzione di un cluster per l'attività di pesca basato sulla conoscenza, che consenta di creare una struttura dinamica, trasparente e pubblica che diventi gradualmente un portale di diffusione delle conoscenze sull'attività alieutica nell'UE.

Politica strutturale e sostegno finanziario pubblico

55.

concorda sul fatto che la politica strutturale ha prodotto effetti indesiderati nel settore della pesca e, in alcuni casi, ha contribuito ad aggravare i problemi strutturali invece di risolverli. Condivide anche l'idea che la riforma debba affrontare le carenze strutturali del settore, istituendo tuttavia salvaguardie per evitare effetti indesiderati o antitetici a quelli perseguiti con la PCP;

56.

raccomanda di regolamentare l'accesso agli aiuti pubblici secondo un modello analogo a quello applicato nel quadro della politica agricola comune (PAC), introducendo il concetto di «condizionalità»: l'ottenimento degli aiuti finanziari verrebbe condizionato al raggiungimento degli obiettivi fissati e al tempo stesso si regolamenterebbero le penali e i rimborsi;

57.

caldeggia l'introduzione di tecniche di pesca più selettive e rispettose dell'ambiente. Gli sforzi volti ad affrontare questi problemi devono però tener conto delle specificità regionali.

La dimensione esterna

58.

ritiene che l'obiettivo principale nel quadro della dimensione esterna della PCP debba essere quello di stabilire relazioni economiche e di cooperazione con paesi terzi, in uno spirito di non discriminazione e di reciproco beneficio nell'ottica di una pesca sostenibile e responsabile;

59.

condivide la valutazione della Commissione secondo cui il mantenimento della presenza della flotta comunitaria a livello internazionale avrebbe perso d'importanza;

60.

si congratula con la Commissione per il passaggio dal principio «paga, pesca e va» a quello degli accordi di partenariato nel settore della pesca (APP), basati su un approccio più ampio che stimola la cooperazione, la governance e la sicurezza giuridica degli investimenti comunitari in paesi terzi. Gli accordi di pesca con i paesi extracomunitari vanno mantenuti come strumento per influire sull'adeguamento del settore alieutico. Tali accordi devono includere l'acquacoltura, gli investimenti e la cooperazione in quanto strumenti di sviluppo;

61.

si compiace della proposta, avanzata in un momento in cui si punta sull'integrazione regionale quale strumento di sviluppo, di esplorare la possibilità di istituire dei sistemi di cooperazione su base regionale;

62.

sottolinea che le organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP) costituiscono uno strumento eccellente per la governance del settore e chiede che esse abbiano una rappresentanza più forte e un peso decisionale maggiori, secondo criteri precisi quali la popolazione o il numero di Stati membri dell'UE;

63.

ritiene necessario che per la gestione e il controllo della pesca nel Mar Mediterraneo, nel Mar Baltico e in altre zone marittime sulle quali si affacciano tanto Stati membri dell'UE quanto paesi terzi vengano conclusi accordi internazionali che consentano uno sfruttamento equilibrato delle risorse ittiche in un ecosistema caratterizzato da una notevole biodiversità e un'evidente fragilità;

64.

appoggia la definizione di misure atte a introdurre un sistema di controllo più integrato che riunisca i sistemi di monitoraggio e di localizzazione esistenti, in particolare nel bacino del Mediterraneo. In questo senso, chiede alla Commissione di avviare in quest'area geografica un primo progetto pilota, che potrebbe essere poi esteso a tutta l'Europa;

65.

esorta a una migliore cooperazione tra le guardie costiere degli Stati membri e quelle dei paesi terzi rivieraschi.

COMUNICAZIONE COSTRUIRE UN FUTURO SOSTENIBILE PER L'ACQUACOLTURA

Osservazioni generali

66.

accoglie positivamente la comunicazione Costruire un futuro sostenibile per l'acquacoltura (COM(2009) 162 def.) in quanto dà un nuovo impulso alla Strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea (COM(2002) 511 def.): ciò consentirà di affrontare le sfide riguardanti in particolare la sostenibilità ambientale della produzione acquicola e la qualità e sicurezza dei suoi prodotti, allo scopo di incanalare il considerevole sviluppo che questa attività potrebbe avere;

67.

ritiene che l'acquacoltura comunitaria contribuisca ad approvvigionare il mercato comunitario di prodotti della pesca, il quale risulta sempre più deficitario a causa del minor apporto del settore ittico e dell'aumento della domanda;

68.

è consapevole dell'importanza socioeconomica dell'acquacoltura in alcune regioni, un settore che genera circa 65 000 posti di lavoro e che produce un fatturato superiore a 3 miliardi di euro;

69.

approva che si continui a promuovere l'acquacoltura ed esprime apprezzamento per le iniziative della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo volte a favorire la crescita di questo settore grazie al sostegno della PCP;

70.

conviene con la Commissione sul fatto che il proseguimento della crescita dell'acquacoltura europea incontra limiti consistenti ad esempio nell'accesso agli spazi necessari per il suo sviluppo, nella difficoltà di ottenere le licenze, nella frammentazione del settore tuttora scarsamente organizzato e nelle numerose restrizioni nell'accesso al capitale di avviamento, oltre che nelle rigide norme comunitarie che riducono la capacità del settore di competere con produttori asiatici o sudamericani;

71.

si compiace degli sforzi finanziari sostenuti dall'UE attraverso la politica strutturale allo scopo di favorire lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura e propone di definire un «principio di ecocondizionalità» per il settore della pesca che fissi criteri specifici: ambientali, di sicurezza alimentare, di benessere degli animali, ecc. In caso di mancato rispetto di tali criteri, l'accesso agli aiuti pubblici sarà limitato e/o vietato.

Osservazioni sull'iniziativa

Costruire il futuro del settore dell'acquacoltura

72.

condivide l'idea che l'UE debba definire una serie di azioni per lo sviluppo concorrenziale del settore in modo da poter far fronte a una crescente domanda di prodotti della pesca, che non potrà essere soddisfatta con gli stock ittici naturali;

73.

concorda con l'idea che l'UE assuma un ruolo guida nell'ambito della «rivoluzione azzurra», in rapporto sia alla produzione ittica che alla tecnologia e all'innovazione, e che a livello europeo vengano istituiti degli organismi di certificazione che garantiscano la «eccellenza della produzione acquicola nell'UE»; considera che l'UE debba assumere un ruolo guida nello sviluppo di metodi biologici in rapporto alla produzione ittica e promuovere l'acquacoltura esclusivamente nei luoghi dove può essere praticata in maniera ecologicamente sostenibile e garantire la conservazione dell'ambiente marino per le generazioni future;

74.

plaude all'iniziativa della Commissione di creare un quadro adeguato di politiche e azioni per lo sviluppo dell'acquacoltura, quadro che favorisca l'eliminazione degli ostacoli al livello delle legislazioni nazionali - in particolare per quanto riguarda la delimitazione nelle aree costiere di spazi riservati all'acquacoltura a condizioni paritarie con altre attività e la concessione delle relative licenze -, e spiani il cammino per far progredire questo settore strategico;

75.

invita la Commissione a stabilire, assieme agli Stati membri, una tabella di marcia per il 2010 che determini i limiti alla crescita dell'acquacoltura europea e li precisi per ogni regione, favorendo l'elaborazione di relazioni tecniche nel quadro della PMI, la determinazione di spazi per lo sviluppo dell'acquacoltura e la costruzione delle infrastrutture portuali necessarie;

76.

chiede che venga agevolato l'accesso a polizze assicurative che stabilizzino e non compromettano la situazione economica, in molti casi fragile, dei produttori del settore.

Promuovere la competitività dell'acquacoltura

77.

ritiene appropriata la creazione di una piattaforma europea di tecnologia e innovazione per l'acquacoltura (EATIP), che consentirà all'acquacoltura europea di mantenere la sua leadership mondiale e doterà il settore di linee guida strategiche per la R&S e promuoverà la ricerca di metodi di pesca e acquacoltura sostenibili;

78.

chiede che l'EATIP venga promossa quale organismo con una funzione di stimolo della ricerca e dello sviluppo per mettere a punto metodi di pesca e acquacoltura sostenibili e sia strutturata come una rete di singole piattaforme nazionali per l'acquacoltura, la pesca e l'oceanografia, che convoglino dal basso verso l'alto i timori legati alla R&S e diffondano dall'alto verso il basso le innovazioni e le più recenti tecnologie;

79.

sottolinea l'importanza della pianificazione marittima al momento di fornire spazi e orientamenti per ubicare questa attività economica. Una pianificazione adeguata degli spazi consente di programmare la crescita dell'acquacoltura, di determinare le sue potenzialità produttive, di evitare conflitti con altri utilizzatori della costa o di zone continentali, nonché di promuovere le sinergie tra le attività e gli ambienti nelle zone più dipendenti da questo tipo di attività, in una prospettiva di sostenibilità ambientale, sociale, economica e di mercato;

80.

appoggia la definizione e l'adozione di norme sulla qualità e su un'etichettatura informativa all'interno dello spazio europeo e sostiene la collaborazione internazionale in materia di etichettatura e certificazione;

81.

conviene sulla necessità di allargare la dimensione internazionale dell'acquacoltura europea e di porre le basi per piani di controllo delle malattie che consentano produzioni sicure dal punto di vista zootecnico;

82.

chiede uno sforzo finanziario consono alle sfide che si delineano per l'acquacoltura comunitaria e alle aspettative che questa attività genera;

83.

esorta ad analizzare la situazione dei sistemi di formazione professionale relativi alla nautica, alla pesca e all'acquacoltura e a valutare le necessità a medio termine. Al riguardo chiede che venga fissata una tabella di marcia per gli Stati membri, in un quadro europeo di libera circolazione delle persone che esercitano un'attività economica, in modo da permettere la crescita del settore sotto l'aspetto della formazione e di far sì che l'acquacoltura diventi parte integrante della cultura europea.

Stabilire le condizioni per uno sviluppo sostenibile dell'acquacoltura

84.

concorda con l'UE sull'impegno a garantire la compatibilità tra acquacoltura e ambiente, permettendo la produzione di alimenti di qualità, sani e sicuri per mezzo della definizione di misure a tutela delle zone di produzione, in conformità alla PMI e alla direttiva quadro 2000/60/CE in materia di acque, che invita gli Stati membri a migliorare il loro ambiente acquatico nei tempi da essa stabiliti. Si compiace altresì dell'impegno dell'UE ad adottare disposizioni che consentano di controllare l'evoluzione delle perdite;

85.

ritiene che, per una crescita sostenibile dell'acquacoltura, è necessario intervenire nel campo della salute e del benessere degli animali e disporre sia di nuovi farmaci veterinari per tale attività che di mangimi di qualità elevata e rispettosi dell'ambiente;

86.

chiede che venga riesaminato lo stato di applicazione della direttiva 2006/88/CE riguardante la salute degli animali acquatici negli Stati membri e che venga preparato un sistema d'informazione geografica (SIG) sulle malattie che colpiscono la produzione acquicola a livello mondiale;

87.

esorta a disciplinare l'introduzione di un registro delle produzioni acquicole che consenta alle amministrazioni pubbliche di conoscere la precisa situazione delle produzioni, le colture autorizzate, le loro origini e la loro densità, nonché i programmi sanitari in corso;

88.

ritiene necessario, analogamente a quanto fatto per altre specie destinate all'alimentazione umana, introdurre modelli e protocolli per la richiesta d'immersione di novellame e la sua autorizzazione, la dichiarazione di malattie, la comunicazione di perdite, l'informazione sulle produzioni, la valutazione dei piani di monitoraggio ambientale, il controllo e la documentazione sanitaria per il trasporto di fauna ittica su strada e per mare, così come è stato fatto per altre specie di allevamento;

89.

chiede un sostegno finanziario maggiore per il controllo dell'ambiente nelle aziende acquicole, lo sviluppo di programmi per il miglioramento della salute animale, gli adeguamenti della produzione acquicola in funzione del benessere degli animali, nonché la ricerca sui farmaci veterinari e sull'utilizzo di materie prime alternative per la fabbricazione di mangimi per pesci;

90.

appoggia l'idea di garantire la protezione della salute dei consumatori e di riconoscere i benefici per la salute derivanti dal consumo di alimenti di origine acquatica.

Migliorare l'immagine e la governance del settore

91.

sostiene l'iniziativa di favorire la governance dell'acquacoltura come mezzo per migliorare l'immagine del settore e per creare eque condizioni di concorrenza all'interno dell'UE che contribuiscano al suo sviluppo sostenibile. In questo senso, propone alla Commissione di preparare una guida per il miglioramento della governance nel settore dell'acquacoltura e in quello della pesca;

92.

considera opportuna la proposta di un'applicazione equilibrata della normativa dell'UE mediante la divulgazione degli strumenti normativi e la loro applicazione, e dell'estensione delle procedure di semplificazione amministrativa e di quelle che comportino una riduzione degli adempimenti burocratici;

93.

conviene con la Commissione sulla necessità di condurre un monitoraggio adeguato del settore dell'acquacoltura attraverso statistiche affidabili, indicatori globali e armonizzati e una rete informativa pubblica sui prezzi di mercato;

94.

propone alla Commissione di creare all'interno dell'Agenzia comunitaria di controllo della pesca (ACCP) un'unità incaricata della valutazione e del controllo delle produzioni acquicole;

95.

sottolinea nuovamente l'importanza della professionalizzazione e della formazione ai fini del raggiungimento di un buon livello di governance;

96.

si offre come forum di diffusione e come garante della partecipazione del pubblico e della sua informazione sugli aspetti legati all'acquacoltura, per contribuire, insieme con la Commissione, a migliorare la governance del settore acquicolo.

Bruxelles, 4 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/45


Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni su «La politica forestale dell'UE: gli obiettivi 20/20/20»

2010/C 141/09

IL COMITATO DELLE REGIONI

accoglie con favore una serie di azioni e iniziative politiche comunitarie che hanno l'effetto di obbligare gli Stati membri ad allineare le rispettive politiche forestali nazionali agli obiettivi dell'Unione europea,

mette in rilievo il notevole potenziale del settore forestale e silvicolo ai fini della realizzazione degli obiettivi che l'UE si propone di conseguire entro il 2020, ed è convinto che occorra esplorare ulteriormente la possibilità di utilizzare gli introiti derivanti dal sistema comunitario di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra per sostenere iniziative in questo campo,

sottolinea l'importanza di promuovere un'economia forestale multifunzionale,

accoglie con favore le iniziative lanciate dall'UE per limitare la deforestazione e il degrado delle foreste; richiama l'attenzione sul fatto che la biomassa prodotta nell'UE contiene una quota troppo elevata di residui forestali e legno verde, contenenti circa il 90 % della riserva di microelementi assorbiti dai vegetali nel corso dell'assimilazione e della formazione di massa arborea, e che una quota troppo elevata di tali residui può provocare l'isterilimento degli habitat,

approva senza riserve tutti gli incentivi a sfruttare il legno e le altre risorse provenienti dalle foreste gestite in conformità al principio dello sviluppo sostenibile, precisando che si tratta in special modo di energia e di materie prime; raccomanda di sostenere ampiamente la certificazione volontaria con altri strumenti, anche finanziari, ed è convinto che in una fase successiva la certificazione debba diventare obbligatoria; esorta a esaminare, ai diversi livelli decisionali, la possibilità di fissare una data per l'introduzione della certificazione obbligatoria sul territorio dell'Unione europea,

raccomanda di sostenere le regioni che introducono politiche forestali sostenibili per mitigare i cambiamenti climatici, precisando che occorre privilegiare gli incentivi per gli operatori economici sotto forma di agevolazioni fiscali, contributi alla copertura dei costi dell'innovazione, accordi preferenziali per l'acquisto di prodotti forestali, assistenza tecnica e tecnologica e partecipazione alle spese sostenute per la protezione dell'ambiente.

Relatore

:

Adam BANASZAK (PL/UEN-AE), consigliere regionale della Cuiavia-Pomerania

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Raccomandazioni di base

1.

ritiene che le foreste, immagazzinando nella loro biomassa oltre la metà delle riserve mondiali di biossido di carbonio, contribuiscano a contrastare i cambiamenti climatici, il che significa che il degrado delle foreste e la deforestazione del territorio rappresentano una minaccia per l'ambiente e per il clima. È pertanto assolutamente indispensabile condurre una politica forestale sostenibile;

2.

è convinto che gli ecosistemi naturali si trovino in un delicato equilibrio e che la diversità della vita animale e vegetale sia di cruciale importanza per la nostra salute e il nostro benessere. Le aree forestali originarie o naturali sono habitat importanti gestite nel rispetto delle leggi forestali e regionali. Gli Stati membri e le regioni dovrebbero quindi avere la possibilità di vietare l'impianto di specie arboree e di altri vegetali geneticamente modificate;

3.

si compiace per la promozione, da parte della Commissione europea, dell'uso della biomassa forestale per produrre energia, nonché per il sostegno di tale attività da parte del comitato forestale permanente: ciò, infatti, contribuisce ad accrescere, sia pure in misura ancora insufficiente, la quota di tale combustibile nella produzione di energia da fonti rinnovabili. Nel contempo, richiama l'attenzione sul fatto che la biomassa prodotta nell'UE contiene una quota troppo elevata di residui forestali (ramaglia e cimali) e di legno verde, che costituiscono circa il 90 % della riserva di microelementi assorbiti dai vegetali nel corso dell'assimilazione e della formazione di massa arborea. Una quota troppo elevata di tali residui può provocare l'isterilimento degli habitat. Occorre tener conto di questo anche nello scegliere il metodo di raccolta del legname. Nei siti forestali in condizioni critiche, già poveri di elementi nutritivi, i rami e le cime dovrebbero rimanere nel luogo di abbattimento o comunque sul suolo forestale;

4.

richiama l'attenzione sul notevole potenziale, tuttora non pienamente sfruttato, del settore forestale e silvicolo ai fini della realizzazione degli obiettivi che l'UE si propone di conseguire entro il 2020, e in special modo sulla possibilità di accrescere sensibilmente la quota di biomassa forestale utilizzata come materia prima e nella produzione di energia, anche attraverso l'impianto di alberi a crescita rapida; osserva che l'utilizzo del legno come materia prima e come fonte di energia contribuisce a lottare contro i cambiamenti climatici, dato che esso fissa l'anidride carbonica (il legno come pozzo di carbonio), fa risparmiare l'energia consumata per produrre altri materiali da costruzione e quella utilizzata per il riscaldamento in inverno e per la climatizzazione in estate (termoisolanti in legno) e sostituisce i combustibili fossili per la produzione di calore e di elettricità (combustibili a base di legno, riciclaggio termico del legno vecchio). Occorre esplorare ulteriormente la possibilità di utilizzare gli introiti derivanti dal sistema comunitario di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra (EU ETS) per sostenere questa ed altre iniziative;

5.

reputa necessario rivitalizzare in modo ponderato la silvicoltura per intensificare la produzione di legname da opera, il che dovrebbe determinare al tempo stesso un aumento del legno per energia;

6.

considerata l'assenza di una politica forestale comune, ritiene che l'adozione del piano d'azione 2007-2011 per le foreste nell'UE assicuri il giusto indirizzo ai lavori della Commissione. Allo stesso tempo, raccomanda di avviare senza indugio i lavori necessari a instaurare un quadro giuridico e strutturale per le azioni intersettoriali della Commissione in materia di foreste, che consenta di assicurare il coordinamento delle azioni in questo campo dopo il 2011: oltre a definire un piano d'azione per gli anni a venire, si potrebbe istituire a livello di Unione europea un organismo di coordinamento nel campo della politica forestale;

7.

appoggia le attività di informazione e formazione dei proprietari di foreste circa le possibilità di realizzare una silvicoltura che sia gestita conformemente ai principi dello sviluppo sostenibile e quindi tenga conto sia dell'esigenza di tutelare la biodiversità che di quella di coltivare alberi di qualità e impiantare essenze arboree a crescita rapida, da utilizzare a scopi energetici; raccomanda inoltre che, per realizzare tali obiettivi, i proprietari di foreste ricevano un sostegno completo, che includa consulenze e aiuti finanziari;

8.

appoggia gli studi e le iniziative di ricerca scientifica volti a individuare tecnologie moderne per la raccolta e la produzione di legname che, se comparate ai metodi tradizionali, consentano di ridurre l'impatto sull'ambiente (anche grazie a impianti forestali destinati alla produzione di legname a fini energetici), nonché tecnologie che facciano diminuire i costi di gestione e nel contempo permettano uno sviluppo sostenibile;

9.

si compiace e si congratula per i risultati dei sistemi di certificazione volontaria esistenti, è favorevole al mantenimento di sistemi siffatti e raccomanda di sostenerli ampiamente con altri strumenti, anche finanziari, contribuendo così, in una fase successiva, anche a contenere ulteriormente l'afflusso di legname e altri prodotti di origine illegale. Suggerisce di inserire tutto ciò nel contesto di una spinta più ampia per diffondere la certificazione su scala globale. Raccomanda che - in linea con iniziative come il piano d'azione dell'UE per l'applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale (Forest Law Enforcement Governance and Trade - FLEGT) - si vietino l'importazione e il possesso di legname prodotto illegalmente in paesi terzi. Nel contempo, richiama l'attenzione sul fatto che le condizioni giuridiche ed economiche per la certificazione e l'adesione alla rete Natura 2000 differiscono notevolmente tra i vari paesi e le varie regioni. Fa inoltre notare che la certificazione dei prodotti del legno non sostiene sempre in maniera ottimale gli obiettivi prioritari di gestione delle zone protette. Raccomanda quindi di tenere conto di tali differenze e dei requisiti di sussidiarietà e proporzionalità;

10.

sottolinea l'importanza di promuovere un'economia forestale multifunzionale, in cui, accanto alle attività fondamentali relative alla produzione di legname, vi sia spazio anche per altre funzioni extraproduttive, che rivestono un notevole interesse sul piano silvicolo ed economico, quali il turismo, la funzione sociale, di tutela e ricreativa, la caccia, lo sfruttamento in senso ampio del sottobosco e l'estrazione di specifici materiali (resine, scorze tanniche per l'industria conciaria, sughero, ecc.). L'incremento del peso economico di queste attività complementari alla produzione di legname può essere conseguito aumentando nel contempo la biodiversità degli habitat e avrà un impatto positivo sullo sviluppo delle zone rurali;

11.

richiama l'attenzione sul fatto che è indispensabile associare gli enti regionali e locali all'adozione delle decisioni in materia di politica forestale dell'UE.

I modi più efficaci per produrre biomassa a fini energetici

12.

raccomanda di rafforzare in maniera significativa il sostegno offerto a livello europeo all'impianto di alberi a crescita rapida coltivati con metodi ecocompatibili e destinati alla produzione di energia: ciò, infatti, contribuisce a rivitalizzare le zone rurali grazie alla creazione di un nuovo mercato del lavoro e costituisce un fattore di sviluppo economico per le microregioni;

13.

alla luce degli obiettivi 20/20/20, occorre insistere affinché tutti gli Stati membri partecipino ampiamente all'utilizzo della biomassa a fini energetici, in modo da raggiungere la quota prefissata di energia rinnovabile nell'ambito della produzione energetica complessiva; sottolinea, tuttavia, che lo sviluppo del legno da utilizzare a fini energetici dovrebbe essere anche una preoccupazione degli enti regionali e locali, e ciò per quanto attiene sia all'offerta di combustibile (gestione mirata delle foreste in funzione delle caratteristiche specifiche del territorio) che alla relativa domanda (incoraggiamento di un mercato locale del legno per energia da parte degli operatori pubblici e privati di una determinata zona);

14.

raccomanda di promuovere ulteriormente l'utilizzo della biomassa forestale per la produzione di energia e invita il comitato forestale permanente a sostenere tale attività di promozione, ma propone altresì che si adottino misure volte a limitare la quota di residui forestali e di legno verde nella biomassa prodotta;

15.

fa notare che l'interesse per la produzione e l'utilizzo di bioenergia di origine forestale dipenderà dalle condizioni economiche negli Stati membri, come ad esempio l'imposizione fiscale, ma anche dal livello delle sovvenzioni concesse per promuovere l'utilizzo di combustibile di legno e dall'orientamento di tale aiuto. Detto aiuto contribuirà ad accelerare lo sviluppo futuro delle zone rurali e condurrà allo sviluppo sostenibile dell'ambiente naturale nei territori interessati. Il Comitato delle regioni invita gli Stati membri a non penalizzare con la loro politica fiscale i biocarburanti rispetto ai combustibili fossili.

Campi di intervento raccomandati nel contesto del «Piano d'azione per il periodo 2007-2011»

16.

accoglie con favore le iniziative lanciate dall'UE per limitare la deforestazione e il degrado delle foreste, contrastando così i cambiamenti climatici e la riduzione dei terreni che contribuiscono alla fissazione del biossido di carbonio;

17.

constata con soddisfazione i buoni risultati del monitoraggio effettuato sulle foreste ai fini della loro conservazione, dato che lo stato e la vitalità delle foreste garantiscono un elevato tasso di assorbimento dei gas a effetto serra e contribuiscono quindi a stabilizzare il clima;

18.

osserva che la gestione delle foreste fa registrare costanti progressi in una parte degli Stati membri, nei quali la materia organica morta viene estratta in modo ponderato a fini bioenergetici, conformemente ai principi stabiliti nel quadro della certificazione e della rete Natura 2000, il che contribuisce in particolare a prevenire gli incendi. Una gestione siffatta va nella direzione di un'economia sostenibile, rispettando nel contempo il carattere multifunzionale delle zone forestali;

19.

accoglie con favore una serie di azioni e iniziative politiche comunitarie che hanno l'effetto di obbligare gli Stati membri ad armonizzare elementi delle rispettive politiche forestali nazionali con gli obiettivi dell'Unione europea;

20.

tenuto conto che l'incremento della copertura forestale migliora la cattura del biossido di carbonio e dunque incide positivamente sulla stabilizzazione del clima, il Comitato delle regioni raccomanda inoltre che, nel quadro della politica di sviluppo rurale, si aumentino i fondi destinati al mantenimento e al miglioramento delle zone forestali esistenti, nonché al rimboschimento dei terreni e alla cura delle relative colture; in relazione a ciò, insiste sulla necessità di subordinare questi aiuti alla condizione che non vi sia alcun deterioramento della biodiversità;

21.

si deve tener conto del fatto che in determinati paesi o in certe regioni dell'UE gli incendi forestali rappresentano la principale minaccia per la conservazione degli ecosistemi forestali, costituiti da formazioni arboree e boscaglia, e che tali incendi sono dovuti, oltre che alle condizioni meteorologiche sfavorevoli, all'eccessivo accumulo di combustibili derivante dal mancato sfruttamento o dall'abbandono dei terreni forestali a causa della loro scarsa redditività. Ciò fa sì che gli incendi divampino con maggiore intensità e violenza, rendendo molto difficili le operazioni di spegnimento. Si deve incentivare e sostenere l'esercizio di una silvicoltura preventiva che renda le masse forestali più resistenti alla propagazione del fuoco, grazie a operazioni di silvicoltura che riducano e modifichino il combustibile vegetale e alla creazione e manutenzione di cesse parafuoco. La biomassa residua derivante da tali lavori deve essere destinata alla produzione di energia rinnovabile, contribuendo così alla riduzione delle emissioni di CO2;

22.

ritiene che si debbano incitare gli Stati membri a sviluppare ulteriormente la rete di monitoraggio, sulla base dell'esperienza acquisita in materia di osservazione dei danni causati alle foreste dagli incendi, dagli insetti nocivi, dai funghi patogeni o dagli effetti nefasti delle inondazioni, che deteriorano la salute e la vitalità delle foreste;

23.

raccomanda di appoggiare gli Stati membri e le regioni che attuano una politica forestale sostenibile che contribuisce a mitigare i cambiamenti climatici. Occorre privilegiare le iniziative nazionali, regionali e locali dirette a introdurre incentivi per gli operatori economici sotto forma di agevolazioni fiscali, di contributi alla copertura dei costi dell'innovazione, di accordi preferenziali per l'acquisto di prodotti derivanti dalla produzione forestale, di assistenza tecnica e tecnologica, nonché di partecipazione alle spese sostenute per la protezione dell'ambiente;

24.

raccomanda di promuovere ampiamente i prodotti ricavati da materie prime legnose, che sono garanzia di uno stoccaggio durevole del carbonio assorbito nel corso dell'assimilazione dell'anidride carbonica da parte dei popolamenti forestali, in particolare nella costruzione;

25.

sottolinea la necessità, già rilevata in precedenza, di adottare un approccio politico intersettoriale ben coordinato a livello internazionale, comunitario, nazionale, regionale e locale, che tenga debito conto dell'evoluzione della situazione mondiale e miri a garantire una gestione davvero sostenibile delle risorse forestali, combinando le strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici con le misure volte ad adattarsi a tali cambiamenti. Invita quindi l'Unione europea ad assumere un ruolo maggiormente di punta nella comunità internazionale, e incoraggia i suoi Stati membri nei loro sforzi per rispettare gli impegni in materia di attenuazione dei cambiamenti climatici assunti nell'ambito della convenzione quadro dell'ONU sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e del protocollo di Kyoto, nonché il sostegno offerto nel campo dell'adattamento agli effetti di detti cambiamenti (azione chiave n. 6 del Piano d'azione per il periodo 2007-2011); si compiace che la Commissione europea proponga di creare, nel quadro della suddetta convenzione UNFCCC, un meccanismo mondiale del carbonio forestale (Global Forest Carbon Mechanism - GFCM) basato su un sistema di finanziamento permanente, e propone che una parte significativa dei proventi della vendita all'asta delle quote di emissioni prevista dal sistema UE ETS sia assegnata alla lotta contro la deforestazione e il degrado delle foreste nei paesi in via di sviluppo;

26.

fa notare che è necessario continuare a promuovere la politica forestale, dato che essa è strettamente legata all'obiettivo di accrescere del 20 % l'efficacia energetica entro il 2020, nonché alla riduzione delle emissioni di biossido di carbonio, considerata l'ampia superficie coperta dalle foreste (pari al 35 % circa del territorio europeo); con l'obiettivo di raggiungere tale efficienza energetica, occorre sostenere l'impiego termico della biomassa, dandole priorità rispetto alla produzione di elettricità. A tal fine si dovrà fare uno sforzo in materia di contabilizzazione di tale impiego, inserendolo nei bilanci energetici globali, dato che si tratta dell'uso più efficiente della biomassa;

27.

richiama l'attenzione sulla necessità di adottare misure supplementari per limitare la propagazione dei danni causati alle foreste dagli agenti biotici e abiotici, e in particolare da quelli di origine antropica, come previsto dal piano d'azione per il periodo 2007-2011;

28.

fa notare il buon funzionamento di una serie di soluzioni introdotte dall'UE, che occorre sviluppare ulteriormente associando al dibattito e alla ricerca di nuove idee esperti provenienti da diversi paesi, e in particolare da quelli in cui la gestione forestale è più efficace, nonché rappresentanti degli enti regionali e locali dei territori in cui questo settore economico riveste un notevole rilievo;

29.

riconosce l'importanza del ruolo svolto dalla Conferenza ministeriale sulla protezione delle foreste in Europa (Ministerial Conference on the Protection of Forests in Europe - MCPFE) nell'evidenziare e segnalare i problemi forestali dell'intero continente europeo, e in particolare dell'UE, e raccomanda una collaborazione più stretta con tale organismo;

30.

raccomanda di iniziare a lavorare alla creazione di un quadro giuridico e strutturale per le azioni intersettoriali della Commissione europea che consenta di assicurare il coordinamento delle azioni nel campo della politica forestale europea: ciò infatti avrà un'importanza decisiva dopo la scadenza del «Piano d'azione per il periodo 2007-2011»;

31.

considerato il carattere intersettoriale delle questioni di politica forestale, raccomanda di avviare i lavori necessari per istituire un organo responsabile della politica forestale comunitaria e dotarlo dei mezzi finanziari necessari.

Realizzare gli obiettivi voluti attraverso l'istruzione

32.

raccomanda di sostenere le azioni di educazione e informazione nel campo della tutela dell'ambiente, ma constata altresì che gli effetti della sensibilizzazione dei cittadini riguardo ai benefici di una gestione forestale sostenibile sono ancora insufficienti, per cui le società europee non comprendono appieno i vantaggi che ne derivano per lo sviluppo delle zone rurali;

33.

raccomanda di rafforzare il sostegno offerto alle azioni di educazione e informazione, specie se rivolte sia ai piccoli proprietari di foreste che ai gestori di foreste, nel campo della gestione forestale sostenibile e del contributo della biomassa forestale ai fini della realizzazione degli obiettivi 20/20/20.

Il sostegno scientifico come condizione fondamentale per la realizzazione degli obiettivi perseguiti

34.

la scienza e la gestione forestale svolgono un ruolo essenziale nell'adattamento ai cambiamenti climatici, che passa attraverso la modifica delle pratiche direttamente legate alla silvicoltura, la selezione delle specie adatte per un determinato luogo e il rimboschimento di foreste che offrono una maggiore flessibilità di fronte ai cambiamenti climatici; in particolare, tutto ciò può incidere in maniera significativa sull'efficacia protettiva delle foreste di montagna nei confronti dei rischi naturali;

35.

appoggia le iniziative di ricerca scientifica volte a studiare il potenziale energetico, la adattabilità ai diversi contesti climatici e geografici e il miglioramento genetico delle diverse specie arboree - e dei metodi per impiantarle - la cui introduzione può comportare un aumento considerevole della biomassa forestale utilizzata per la produzione sia di legname da opera che di legno per energia, il che consente di aumentare la massa arborea per entrambi questi scopi; nel contempo, tuttavia, occorre studiare e valutare sistematicamente anche le conseguenze sul piano ecologico.

La certificazione come elemento di gestione sostenibile delle foreste

36.

approva senza riserve gli incentivi a sfruttare il legno e le altre risorse provenienti dalle foreste gestite in conformità al principio dello sviluppo sostenibile. Si tratta in special modo di energia e di materie prime. È inoltre favorevole alla certificazione, che garantisce la buona gestione delle zone forestali e consente di evitare l'immissione sul mercato di legname di origine sconosciuta, ma sottolinea anche il ruolo che in tale gestione può essere svolto dagli enti regionali e locali;

37.

appoggia le iniziative come FLEGT (piano d'azione dell'UE per l'applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale), che mirano a diffondere su scala globale la certificazione del legname e dei prodotti del legno per lottare contro il disboscamento illegale, purché esse poggino sui sistemi di certificazione attualmente in uso (PEFC o FSC), nonché le altre iniziative volte a raggiungere un accordo in materia di lotta contro i fenomeni di questo tipo; anche in considerazione della preferenza accordata ai prodotti commercializzati dalle imprese certificate, tali iniziative contribuiscono efficacemente a contenere l'afflusso di legname e altri prodotti di origine illegale;

38.

esorta a esaminare, ai diversi livelli decisionali, la possibilità di fissare una data per l'introduzione della certificazione obbligatoria sul territorio dell'Unione europea.

Le attività economiche legate alla biodiversità e alla natura multifunzionale delle foreste

39.

tenuto conto che l'aumento della biodiversità migliora la resistenza delle foreste, il che a sua volta consente di sfruttare in misura ben maggiore il potenziale degli habitat, richiama l'attenzione sull'importanza di privilegiare le azioni in tal senso (ossia nel senso dell'aumento della biodiversità), senza perdere mai di vista la natura multifunzionale delle foreste e il loro sviluppo sostenibile; a tal fine raccomanda che i nuovi impianti forestali siano gestiti in conformità a principi di sostenibilità ambientale che garantiscano la protezione del suolo, della flora e della fauna;

40.

sottolinea che le foreste contribuiscono a contrastare i cambiamenti climatici, fra l'altro grazie a una gestione multifunzionale, dato che esse immagazzinano nella biomassa il 77 % delle riserve mondiali di biossido di carbonio e svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo globale del carbonio, intervenendo nei cicli biologici nonché nella protezione idrogeologica. Se non si presta un'attenzione particolare alle foreste, nessun obiettivo ecologico potrà essere raggiunto;

41.

chiede agli Stati membri e all'Unione europea nel suo insieme di cogliere l'occasione dell'Anno internazionale delle foreste 2011 per realizzare un «salto quantico» nel settore forestale e silvicolo.

Bruxelles, 4 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


III Atti preparatori

Comitato delle regioni

82a sessione plenaria dal 3 al 4 dicembre 2009

29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/50


Parere del Comitato delle regioni sulla «Lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia» e sulla «Prevenzione e repressione della tratta degli esseri umani e protezione delle vittime»

2010/C 141/10

IL COMITATO DELLE REGIONI

condivide l'idea secondo cui l'abuso, lo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia - che, nel contesto della tratta di persone, vanno considerati insieme con altre forme di sfruttamento come l'accattonaggio, il coinvolgimento nei circuiti della microcriminalità o l'espianto di organi - costituiscano gravi violazioni dei diritti dell'uomo, in particolare della dignità umana e dei diritti dei minori, e esprime il convincimento che, per combattere tali violazioni, l'UE debba dotarsi di un approccio comune intransigente,

è consapevole del fatto che le immagini pornografiche di abusi sessuali su minori ed altre forme di sfruttamento sessuale a danno di minori sono in crescita e si diffondono mediante l'uso delle nuove tecnologie. È inoltre conscio che le misure per contrastare questi fenomeni non sono state sufficientemente rapide né efficaci. Per contribuire all'individuazione e alla prevenzione di queste attività occorre quindi organizzare una risposta adeguata a tutti i livelli, anche attraverso l'educazione e lo sviluppo delle capacità del personale dei servizi competenti a livello regionale e locale,

conviene sul fatto che le sanzioni devono essere effettive, dissuasive e proporzionate alla gravità del reato, anche per rendere più efficaci le indagini e l'azione penale, e per migliorare l'applicazione delle leggi e la cooperazione giudiziaria a livello internazionale,

concorda nel ritenere che reati gravi quali lo sfruttamento sessuale dei minori, la pedopornografia e gli altri fenomeni di sfruttamento dei minori collegati alla tratta richiedano un approccio globale che comprenda l'azione penale contro gli autori del reato, la protezione delle vittime, la prevenzione e il monitoraggio di tale fenomeno, incluse misure di sensibilizzazione ed educazione,

ricorda che la tratta degli esseri umani è una questione globale e, allo stesso tempo, un problema locale; è pertanto indispensabile che gli organismi locali siano in prima linea nella lotta a questo fenomeno. Le politiche relative all'azione delle forze dell'ordine e le politiche giudiziarie possono essere efficaci solo in presenza di un partenariato ampio che coinvolga tutti i livelli di governo, le organizzazioni dei datori di lavoro, il settore privato, i sindacati e le ONG.

Relatore

:

Ján ORAVEC (SK/PPE), sindaco di Štúrovo

Testi di riferimento

Proposta di decisione quadro del Consiglio relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia, che abroga la decisione quadro 2004/68/GAI

COM(2009) 135 def.

Proposta di decisione quadro del Consiglio concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime, che abroga la decisione quadro 2002/629/GAI

COM(2009) 136 def.

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

condivide l'idea secondo cui l'abuso, lo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia - che, nel contesto della tratta di persone, vanno considerati insieme con altre forme di sfruttamento come l'accattonaggio, il coinvolgimento nei circuiti della microcriminalità o l'espianto di organi - costituiscano gravi violazioni dei diritti dell'uomo, in particolare della dignità umana (articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea) e dei diritti dei minori (articolo 24 della predetta Carta e Convenzione di New York sui diritti del fanciullo adottata nel 1989), e che, per combattere tali violazioni, l'UE debba dotarsi di un approccio comune intransigente;

2.

ribadisce che i livelli locale e regionale, essendo quelli più vicini ai cittadini, possono essere i primi punti di contatto per le vittime di abusi sessuali. Una migliore allocazione delle risorse aiuterà un intervento politico più ampio, accanto a strategie per combattere questo fenomeno;

3.

è consapevole del fatto che le immagini pornografiche di abusi sessuali su minori ed altre forme di sfruttamento sessuale a danno di minori sono in crescita e si diffondono mediante l'uso delle nuove tecnologie. È inoltre conscio che le misure per contrastare questi fenomeni non sono state sufficientemente rapide né efficaci. Per contribuire all'individuazione e alla prevenzione di queste attività occorre quindi organizzare una risposta adeguata a tutti i livelli, anche attraverso l'educazione e lo sviluppo delle capacità del personale dei servizi competenti a livello regionale e locale;

4.

la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile, entrambi fenomeni a forte connotazione transfrontaliera, ravvicina le legislazioni degli Stati membri affinché le forme più gravi di abuso e sfruttamento sessuale dei minori siano configurate come reato, sia esteso l'ambito della giurisdizione nazionale e sia assicurato un livello minimo di assistenza alle vittime, prima e dopo la pronuncia del giudizio;

5.

è del parere che il Protocollo opzionale alla Convenzione dei diritti del fanciullo dell'ONU sulla vendita di bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia rappresentante bambini, nonché, in particolare, la Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali segnino una tappa fondamentale verso il miglioramento della cooperazione internazionale in questo settore; invita pertanto gli Stati membri a promuovere più attivamente la ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa;

6.

concorda nel ritenere che reati gravi quali lo sfruttamento sessuale dei minori, la pedopornografia e gli altri fenomeni di sfruttamento dei minori collegati alla tratta richiedano un approccio globale che comprenda l'azione penale contro gli autori del reato, la protezione delle vittime, la prevenzione e il monitoraggio di tale fenomeno, incluse misure di sensibilizzazione ed educazione. Qualsiasi misura di lotta contro questi reati dovrebbe essere applicata nell'interesse prevalente e nel rispetto dei diritti del minore. È necessario sostituire la decisione quadro 2004/68/GAI con un nuovo strumento che fornisca un quadro giuridico completo per raggiungere tale obiettivo e che garantisca, in tutti gli Stati membri, la protezione dei minori da criminali provenienti da tutti gli Stati membri;

7.

conviene sulla necessità di predisporre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive contro le forme gravi di abuso e sfruttamento sessuale dei minori, in particolare contro le nuove forme di abuso e sfruttamento favorite dall'uso delle tecnologie dell'informazione. Occorre inoltre chiarire la definizione di pedopornografia e ravvicinarla a quella prevista negli strumenti internazionali. Anche le norme procedurali devono essere armonizzate, in modo da garantire l'adozione di un approccio unico nei confronti di chi commette questi crimini e, soprattutto, in modo da evitare ritardi inutili che possano ridurre il valore educativo della pena;

8.

è opportuno agevolare lo svolgimento delle indagini e dell'azione penale in modo da tenere conto delle difficoltà che le giovani vittime incontrano nel denunciare gli abusi e dell'anonimato di cui godono gli autori del reato nel cyberspazio. È necessario stabilire un chiaro mandato di indagine, sulla base di competenze materiali e territoriali ben precise;

9.

fa rilevare che, per poter contribuire efficacemente a questa lotta, le polizie locali e comunali - che conoscono meglio l'ambiente locale e possono quindi svolgere un ruolo importante nell'individuare tali attività criminali - devono poter accedere alle banche dati, essere addestrate ad investigare su questo tipo di crimini ed essere dotate delle competenze adeguate;

10.

conviene sulla necessità di modificare le norme sulla giurisdizione affinché gli autori di reati originari dell'UE siano perseguiti per abuso e sfruttamento sessuale di minori anche quando il fatto è commesso al di fuori dell'UE, in particolare nell'ambito del cosiddetto «turismo sessuale». Parallelamente, l'UE deve tuttavia esercitare la sua influenza politica ed economica per fare in modo che venga instaurato un quadro giuridico analogo anche nei paesi terzi;

11.

conviene sul fatto che le giovani vittime devono poter accedere agevolmente ai mezzi di ricorso e non dovrebbero subire conseguenze negative dalla loro partecipazione ai procedimenti penali. Si deve garantire la possibilità di usare le tecnologie disponibili per registrare le testimonianze delle vittime, soprattutto se si tratta di minori. Ciò ridurrebbe la necessità di ripetere gli interrogatori e di mettere le vittime in contatto diretto con gli autori del reato;

12.

riconosce che, per prevenire e ridurre al minimo il rischio di recidiva, occorre sempre sottoporre gli autori del reato a una valutazione del pericolo che rappresentano e dei possibili rischi di reiterazione dei reati sessuali a danno di minori. Gli autori del reato, inoltre, dovrebbero avere accesso a programmi o misure di intervento efficaci, su base volontaria, che prevedano anche il coinvolgimento attivo degli enti locali;

13.

propone che, laddove ciò sia opportuno e giustificato dal pericolo che il condannato rappresenta e dai possibili rischi di reiterazione del reato, questi sia interdetto, in via temporanea o permanente, dall'esercizio di attività che comportano contatti regolari con minori. Sarebbe opportuno agevolare l'attuazione di tali divieti in tutta l'UE e coinvolgere efficacemente gli enti locali e regionali in questo processo;

14.

osserva che, per combattere la pedopornografia, specie quando il materiale originale non è situato nell'UE, è necessario istituire meccanismi che impediscano l'accesso, dal territorio dell'UE, ai siti Internet che contengono o diffondono materiale pedopornografico;

15.

rileva che la decisione quadro in esame, in conformità con i principi di sussidiarietà e proporzionalità, si limita a emanare le disposizioni minime per raggiungere gli obiettivi fissati a livello europeo e non va al di là di quanto necessario a tale scopo;

16.

rileva che essa rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare la dignità umana, la proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, i diritti del bambino, il diritto alla libertà e alla sicurezza, la libertà di espressione e d'informazione, la protezione dei dati di carattere personale, il diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e i principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene. In particolare, la decisione quadro si prefigge di garantire il pieno rispetto di questi diritti e non intende disciplinare i rapporti sessuali consensuali tra minori.

17.

ricorda che la tratta degli esseri umani è una questione globale e, allo stesso tempo, un problema locale; è pertanto indispensabile che gli organismi locali siano in prima linea nella lotta a questo fenomeno. Le politiche relative all'azione delle forze dell'ordine e le politiche giudiziarie possono essere efficaci solo in presenza di un partenariato ampio che coinvolga tutti i livelli di governo, le organizzazioni dei datori di lavoro, il settore privato, i sindacati e le ONG;

18.

è d'accordo nel ritenere che la tratta di esseri umani sia un reato grave, spesso commesso nell'ambito della criminalità organizzata, e una seria violazione dei diritti dell'uomo. Appoggia perciò l'adozione di un approccio olistico, unificato e intransigente da parte dell'UE nei confronti di questo fenomeno, che riveste carattere prioritario;

19.

sostiene l'impegno dell'UE a prevenire e combattere la tratta degli esseri umani e a proteggere i diritti delle vittime, impegno che ha dato luogo all'adozione della decisione quadro del Consiglio del 19 luglio 2002 sulla lotta alla tratta degli esseri umani (2002/629/GAI) e al piano UE sulle migliori pratiche, le norme e le procedure per contrastare e prevenire la tratta di esseri umani (GU C 311 del 9.12.2005, pag. 1);

20.

plaude all'approccio globale e integrato adottato dalla decisione in esame nella lotta alla tratta di esseri umani. Gli obiettivi principali del testo sono una più rigorosa prevenzione e repressione di questo fenomeno e la tutela dei diritti delle vittime. Data la loro età, i minori possono trovarsi in situazioni precarie. Essi costituiscono dunque una categoria più vulnerabile, e corrono maggiori rischi di cadere vittime della tratta degli esseri umani. È pertanto necessario che tutte le disposizioni della decisione quadro in esame siano applicate tenendo conto dell'interesse superiore del minore, conformemente alla Convenzione ONU del 1989 sui diritti del fanciullo;

21.

è consapevole del fatto che il Protocollo dell'ONU del 2000 per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, allegato alla Convenzione dell'ONU contro la criminalità organizzata transnazionale, e la Convenzione del Consiglio d'Europa del 2005 sulla lotta contro la tratta di esseri umani rappresentano passi decisivi nel processo di potenziamento della cooperazione internazionale nella lotta contro la tratta di esseri umani. Per intensificare il processo di ravvicinamento delle legislazioni, la decisione in esame adotta l'ampia definizione di questo reato contenuta nei succitati strumenti dell'ONU e del Consiglio d'Europa. Tale definizione contempla le varie tipologie di vittime - e cioè non solo donne, ma anche minori ed uomini; le varie forme di sfruttamento - e cioè non solo quello sessuale ma anche quello lavorativo, l'accattonaggio e il coinvolgimento dei minori nei circuiti della microcriminalità, nonché infine la tratta di esseri umani perpetrata ai fini del prelievo di organi, pratica che può essere collegata al traffico di organi. Tutte queste pratiche costituiscono gravi violazioni della dignità umana e dell'incolumità fisica;

22.

conviene sul fatto che le sanzioni devono essere effettive, dissuasive e proporzionate alla gravità del reato, anche per rendere più efficaci le indagini e l'azione penale, e per migliorare l'applicazione delle leggi e la cooperazione giudiziaria a livello internazionale. Nell'ambito delle circostanze aggravanti occorre tenere conto della necessità di proteggere, in particolare, le vittime che si trovano in situazioni di vulnerabilità, fra cui tutti i minori e gli adulti vulnerabili per circostanze personali o per le conseguenze fisiche o psicologiche del reato. Ad ogni modo, è necessaria la cooperazione di tutti i servizi esistenti relativi alla difesa dei diritti dei minori e degli altri servizi relativi ai diritti dell'uomo, come pure indagini preliminari efficienti da parte delle forze dell'ordine e tribunali efficaci;

23.

condivide l'idea che occorre tutelare le vittime, in virtù di una decisione dell'autorità competente, dall'azione penale e dalle sanzioni per le attività illecite in cui siano state coinvolte - ad esempio, violazione delle leggi sull'immigrazione, uso di documenti falsi, commissione di reati previsti dalle leggi sulla prostituzione - come conseguenza diretta dei mezzi illeciti usati dai trafficanti, valutando tuttavia le circostanze con coerenza e sensibilità. Una tale protezione mira anche a incoraggiare le vittime a testimoniare nei procedimenti penali;

24.

la decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale stabilisce una serie di diritti delle vittime nei procedimenti penali, fra cui il diritto alla protezione e al risarcimento. Anche le vittime della tratta degli esseri umani sono in una situazione di vulnerabilità e pertanto è necessario adottare nei loro confronti delle misure specifiche. Tali vittime, che subiscono le conseguenze delle attività criminose legate alla tratta degli esseri umani, fra cui il prelievo di organi, devono essere protette contro l'intimidazione e la cosiddetta «vittimizzazione secondaria», ossia contro ogni altro pregiudizio o trauma derivante dal modo in cui viene svolto il procedimento penale. Occorre inoltre creare mezzi specifici per garantire una protezione e un risarcimento effettivi;

25.

ritiene che le vittime debbano poter esercitare effettivamente i propri diritti. È quindi necessario che esse dispongano di un'adeguata assistenza - in alcuni casi, universalmente obbligatoria - prima, durante e dopo il procedimento penale. La decisione quadro in esame obbliga gli Stati membri a fornire alle vittime tale assistenza, in misura sufficiente affinché si ristabiliscano e per garantirne la protezione;

26.

è convinto che la tratta degli esseri umani coinvolga enormi somme di denaro e l'accumulazione di ricchezza da parte dei criminali che sono implicati in questa attività illegale e incoraggia pertanto gli Stati membri a utilizzare i beni confiscati ai criminali per finanziare servizi terapeutici e d'integrazione addizionali per questi minori;

27.

osserva che se la direttiva 2004/81/CE prevede il rilascio di un titolo di soggiorno alle vittime della tratta degli esseri umani che siano cittadini di paesi terzi e la direttiva 2004/38/CE disciplina l'esercizio del diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, nonché la protezione contro l'allontanamento, la decisione quadro in esame stabilisce specifiche misure di protezione per tutte le vittime della tratta degli esseri umani, e non riguarda le condizioni del loro soggiorno nel territorio degli Stati membri o qualsiasi altra questione di competenza comunitaria;

28.

ritiene che, oltre alle misure rivolte agli adulti, ogni Stato membro debba garantire specifiche misure di protezione anche ai minori vittime di questi reati;

29.

accoglie con favore l'iniziativa di richiedere agli Stati l'adozione e/o il rafforzamento delle politiche di prevenzione della tratta degli esseri umani - prevedendo anche misure che scoraggino la domanda, fonte di tutte le forme di sfruttamento - attraverso la ricerca, l'informazione, la sensibilizzazione, l'istruzione e attraverso campagne di comunicazione sociale a livello europeo che sappiano promuovere la definizione olistica di tratta e contrastare il fenomeno della vittimizzazione secondaria. Nell'ambito di tali iniziative essi devono adottare una prospettiva di genere e un approccio fondato sui diritti dei minori;

30.

ricorda che la [direttiva 2009/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del …, che introduce norme minime relative a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE] prevede sanzioni penali a carico dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in posizione irregolare e che, pur non essendo stati accusati o condannati per tratta di esseri umani, consapevolmente ricorrono al lavoro o ai servizi di una persona vittima della tratta. Oltre a ciò, gli Stati membri devono prendere in considerazione la possibilità di irrogare sanzioni a chi si avvale di qualsiasi prestazione da parte di una persona di cui sa che è vittima della tratta;

31.

condivide la proposta di istituire sistemi nazionali di monitoraggio, quali ad esempio relatori nazionali o meccanismi equivalenti, per raccogliere dati, valutare le tendenze della tratta degli esseri umani, misurare i risultati della politica anti-tratta ed effettuare consulenze per i governi e i parlamenti in merito allo stato attuale della lotta contro il fenomeno;

32.

sottolinea la necessità di affrontare anche le ragioni per cui alcuni gruppi organizzati riescono a portare avanti la tratta di esseri umani. Molto spesso le vittime sono indotte dalla disperazione e da una situazione economica e sociale insopportabile nel paese d'origine. Moltissime vittime vengono letteralmente spinte nelle mani di gruppi organizzati dalla prospettiva di un futuro potenzialmente migliore. Questi gruppi sfruttano poi le vittime per diversi scopi: lavoro nero, prostituzione, accattonaggio, traffico di organi o altre attività illegali;

33.

sottolinea che le polizie locali e comunali, che conoscono la situazione locale nei minimi dettagli, possono svolgere un ruolo importante nell'individuazione di tali attività criminali, nella scoperta delle loro cause e nella vigilanza sull'ambiente. A tal fine, tuttavia, occorre consentire loro l'accesso alle banche dati, addestrarle ad investigare su questo tipo di attività criminali e dotarle delle competenze adeguate;

34.

appoggia con vigore le misure prese dall'Unione europea per evitare l'immigrazione clandestina, dato che gli immigranti clandestini sono in pratica vittime potenziali della tratta di esseri umani;

35.

riconosce che, poiché l'obiettivo della presente decisione quadro, vale a dire lottare contro la tratta degli esseri umani, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti, essere realizzato più efficacemente a livello dell'Unione, l'UE può intervenire in base al principio di sussidiarietà richiamato dall'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea e sancito dall'articolo 5 del Trattato che istituisce la Comunità europea. La decisione quadro in esame non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato in quest'ultimo articolo;

36.

rileva che la decisione quadro in esame rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, segnatamente la dignità umana, la proibizione della schiavitù, del lavoro forzato e della tratta degli esseri umani, la proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, i diritti del bambino, il diritto alla libertà e alla sicurezza, la libertà di espressione e d'informazione, la protezione dei dati di carattere personale, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e i principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene;

37.

riconosce che le persone vittime della tratta sono inevitabilmente traumatizzate e stigmatizzate per le esperienze subite e che spesso sono gli enti regionali e locali ad avere la responsabilità dei servizi di trattamento riabilitativo e di reinserimento. Questo loro ruolo dovrebbe essere riconosciuto e si dovrebbero mettere a disposizione risorse adeguate per agevolare il processo.

II.   PROPOSTA DI EMENDAMENTO

Proposta di decisione quadro del Consiglio concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime - Articolo 10, paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento

Gli Stati membri danno alle vittime l'assistenza e il sostegno necessari, nel quadro del procedimento penale, per consentire loro di ristabilirsi e di sottrarsi all'influenza degli autori del reato, anche fornendo un alloggio adeguato e sicuro, assistenza materiale, le cure mediche necessarie, fra cui assistenza psicologica, consigli e informazioni, assistenza affinché i loro diritti e interessi siano rappresentati e presi in considerazione nel corso del procedimento penale, e, se necessario, servizi di traduzione ed interpretariato. Gli Stati membri tengono conto delle esigenze particolari delle persone più vulnerabili.

Gli Stati membri danno alle vittime l'assistenza e il sostegno necessari, nel quadro del procedimento penale, per consentire loro di ristabilirsi e di sottrarsi all'influenza degli autori del reato, anche fornendo un alloggio adeguato e sicuro, assistenza materiale, le cure mediche necessarie, fra cui assistenza psicologica, consigli e informazioni, assistenza affinché i loro diritti e interessi siano rappresentati e presi in considerazione nel corso del procedimento penale, e, se necessario, servizi di traduzione ed interpretariato. . Gli Stati membri tengono conto delle esigenze particolari delle persone più vulnerabili.

Bruxelles, 3 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


29.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 141/55


Parere del Comitato delle regioni sulla «Restrizione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) e procedura concernente i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)»

2010/C 141/11

IL COMITATO DELLE REGIONI

propone che la direttiva raccomandi agli Stati membri di obbligare (e non solo incoraggiare) i produttori di AEE a progettare i prodotti in modo tale da agevolarne la riparazione, lo smontaggio, il riutilizzo e il recupero. Gli oneri imposti dai sistemi di conformità dovrebbero quindi essere legati alla riutilizzabilità o alla riciclabilità di uno specifico prodotto,

chiede che il tasso di raccolta venga applicato per ogni categoria di prodotto individualmente e raccomanda di calcolare l'obiettivo da raggiungere sulla base della durata media del ciclo di vita delle AEE; le azioni intraprese dagli Stati membri dovrebbero anche servire ad evitare l'introduzione di RAEE di piccole dimensioni nel flusso dei rifiuti non differenziati,

chiede che l'obbligo per i produttori di finanziare i costi generati dalla raccolta e dagli impianti di raccolta dei RAEE risulti in maniera chiara e leggibile dal testo. L'estensione della responsabilità del produttore ai costi per la raccolta differenziata dei rifiuti provenienti dai nuclei domestici dovrebbe essere resa obbligatoria, al fine di garantire una maggiore armonizzazione della responsabilità finanziaria e creare condizioni uniformi in tutta l'Unione europea,

chiede di fissare un obiettivo specifico per il riutilizzo delle apparecchiature a un tasso minimo del 5 %, conformemente alla gerarchia dei modi di gestione dei rifiuti. In tal modo, infatti, si potrebbe ovviare all'attuale riluttanza a riutilizzare le apparecchiature derivanti dal recupero e garantire inoltre il riutilizzo delle apparecchiature di elevata qualità,

chiede che il prezzo delle AEE tenga conto dell'insieme dei costi di smaltimento dei RAEE contenenti sostanze pericolose, smaltimento effettuato secondo modalità non nocive per la salute umana o per l'ambiente; deplora tuttavia che nell'elenco delle sostanze da vietare ai sensi dell'allegato IV della direttiva RoHS non siano state incluse altre sostanze,

invita a prestare un'attenzione decisamente maggiore al ruolo dell'educazione ambientale, anche sotto forma di campagne di sensibilizzazione dei cittadini. Occorre quindi appoggiare gli enti regionali e locali nell'elaborazione e nella realizzazione di tali azioni che possono rivestire un'enorme importanza nel plasmare i comportamenti dei consumatori.

Relatore

:

Jerzy ZAJĄKAŁA (PL/UEN-AE), sindaco di Łubianka

Testi di riferimento

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RoHS) (rifusione)

COM(2008) 809 def.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (rifusione)

COM(2008) 810 def.

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.   Tener conto della dimensione regionale e locale

Osservazioni generali

1.

conferma l'importanza di una soluzione appropriata delle questioni relative alla corretta gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), tenuto conto del considerevole impatto di tali rifiuti sull'ambiente e sulla salute;

2.

sottolinea che, nella maggior parte degli Stati membri, gli enti regionali e locali sono i responsabili dell'attuazione della politica dell'UE in materia di gestione dei rifiuti. Essi elaborano infatti i piani, concedono le autorizzazioni per la raccolta e il trattamento dei rifiuti e gestiscono i sistemi di raccolta e di trattamento. Dovrebbero quindi svolgere un ruolo cruciale nel processo di elaborazione di nuovi approcci e proposte in materia di gestione dei rifiuti;

3.

esprime soddisfazione per l'iniziativa della Commissione europea di rifondere le direttive in oggetto, e si compiace del fatto che nella proposta essa abbia tenuto conto delle raccomandazioni formulate dal Comitato nel precedente parere in materia, adottato nel 2000, in cui si invitava a ridurre i costi e gli oneri ingiustificati per gli operatori del mercato e per l'amministrazione, a rafforzare l'efficacia e soprattutto a limitare l'impatto ambientale del ciclo dei rifiuti in rapida crescita;

4.

afferma che la politica ambientale della Comunità si basa sul principio «chi inquina paga». La responsabilità del produttore, che è una conseguenza diretta di questo principio, è un principio chiave della gestione dei rifiuti e una pietra angolare della direttiva RAEE;

5.

richiama l'attenzione sui ritardi accumulati nel recepimento della direttiva RAEE, che non consentono di fornire in tempo utile agli enti regionali e locali e ai produttori istruzioni chiare per la corretta applicazione della normativa;

6.

chiede con forza che la nuova direttiva RAEE garantisca che i sistemi di conformità prevedano una compensazione adeguata e continua a favore degli enti regionali e locali interessati per qualsiasi onere finanziario o amministrativo che dovranno sostenere per attuare tale direttiva.

B.   Legiferare meglio

Esame congiunto delle direttive RAEE e RoHS

7.

è dell'avviso che le due direttive in oggetto vadano esaminate per quanto possibile in parallelo, nonché in relazione alle altre normative UE concernenti le problematiche in oggetto, poiché solo un approccio siffatto consente una soluzione appropriata dei problemi.

Armonizzazione del diritto — creazione di sistemi coerenti

8.

si attende un'uniformazione del trattamento previsto per ciascuna categoria di operatori del ciclo dei rifiuti (produttori, distributori, enti regionali e locali) in merito alle rispettive responsabilità per la raccolta dei RAEE provenienti dai nuclei domestici. La situazione attuale, contraddistinta da un approccio che varia da uno Stato membro all'altro, comporta una differenziazione ingiustificata dei costi sostenuti da detti operatori, il che, a sua volta, perturba una regolare concorrenza; tuttavia accetta che i metodi di raccolta possano variare da una regione all'altra a seconda delle condizioni e delle circostanze locali;

9.

conferma che la rifusione delle direttive è conforme al principio di sussidiarietà: il carattere transfrontaliero tanto degli effetti delle AEE e dei RAEE sulla salute e sull'ambiente, quanto della libera circolazione dei prodotti sul mercato fanno sì che il livello appropriato per disciplinare la materia sia quello dell'Unione europea. Iniziative individuali degli Stati membri possono invece finire per ridurre la tutela dell'ambiente e creare problemi sul mercato interno, ad esempio a causa dei maggiori costi di conformità per i produttori e i consumatori;

10.

riconosce che l'obiettivo della direttiva RoHS è quello di accrescere la coerenza e le sinergie con gli altri testi normativi comunitari riguardanti questa materia e questi stessi prodotti, e in special modo con il regolamento REACH. I chiarimenti relativi al campo di applicazione e alle definizioni, l'introduzione di clausole armonizzate per l'applicazione delle norme e il miglioramento del meccanismo di concessione delle esenzioni accresceranno la certezza del diritto;

11.

sottolinea l'esattezza dell'armonizzazione del campo di applicazione delle direttive, disciplinato dagli articoli 2 di entrambe, come pure l'esattezza delle definizioni di cui all'articolo 3 della direttiva RAEE. La leggibilità di questa normativa e la sua coerenza con le disposizioni di diritto comunitario in materia accresceranno la chiarezza del diritto e contribuiranno a contenere i costi amministrativi;

12.

riconosce gli aspetti positivi dell'armonizzazione dei sistemi di registrazione dei produttori di AEE, ma richiama l'attenzione sul fatto che in alcuni Stati membri l'attuale sistema di registrazione è stato attuato solo negli ultimi quattro anni e ha comportato costi elevati. L'introduzione del nuovo sistema di registrazione dei produttori dovrebbe quindi essere preceduta da una verifica dell'efficacia di tale sistema. Allo stesso tempo, il Comitato osserva che occorre continuare a soddisfare i requisiti posti dagli enti regionali e locali ai fini delle loro esigenze in materia di reporting;

13.

esprime soddisfazione per i requisiti minimi proposti in materia di controlli effettuati dagli Stati membri e di vigilanza sul trasferimento dei RAEE, requisiti che agevoleranno l'applicazione della direttiva. Nel contempo, esorta gli Stati membri a far sì che gli organismi competenti ricevano mezzi finanziari sufficienti per l'applicazione della normativa, e in particolare sussidi per la formazione dei servizi incaricati di tale applicazione. Inoltre occorrerebbe coinvolgere la rete IMPEL (1) nell'elaborazione dei requisiti minimi di vigilanza;

14.

richiama l'attenzione sull'assenza di disposizioni precise in materia di controllo e vigilanza sul rispetto dei requisiti da parte dei sistemi collettivi e individuali, nonché in materia di adempimento degli obblighi finanziari dei singoli produttori conformemente alla direttiva;

15.

deplora che l'opera di rifusione non abbia dedicato un'attenzione sufficiente allo sviluppo degli sbocchi sul mercato paneuropeo per i prodotti sottoposti a riciclaggio e a recupero. A tal fine si potrebbero utilizzare strumenti di regolazione della domanda (quali ad esempio gli appalti pubblici «verdi», gli incentivi all'acquisto di materiali riciclati, per esempio mediante la tassazione dei materiali vergini, se sono disponibili alternative riciclate, ecc.). Indubbiamente ciò servirebbe a ridurre la quantità dei RAEE e contribuirebbe a convincere i cittadini che tali rifiuti vengono adeguatamente trattati.

C.   Azioni volte a sensibilizzare maggiormente i consumatori e a promuovere i loro comportamenti rispettosi dell'ambiente

16.

invita a prestare un'attenzione decisamente maggiore al ruolo dell'educazione ambientale, anche sotto forma di campagne di sensibilizzazione dei cittadini, rivolte alle persone di ogni fascia di età e adeguate alle condizioni e ai modelli di consumo locali. L'efficacia di tali azioni riveste un'enorme importanza nel plasmare i comportamenti dei consumatori. Occorre quindi appoggiare gli enti regionali e locali nell'elaborazione e nella realizzazione di tali azioni;

17.

invita l'UE e gli Stati membri ad avviare e a sostenere ricerche scientifiche nel campo della gestione efficace dei prodotti derivanti dal recupero e dei loro singoli componenti, nonché a ricercare metodi validi per sensibilizzare i cittadini sui comportamenti rispettosi dell'ambiente;

18.

invita ad appoggiare - tramite l'UE e i singoli Stati membri - le azioni volte a sensibilizzare maggiormente i consumatori e a promuovere scambi di migliori pratiche tra Stati membri e tra enti regionali o locali.

D.   Rifusione della direttiva RAEE

19.

considera vitale che i sistemi per il recupero dei RAEE non cambino in funzione del valore dei materiali;

20.

osserva che occorre introdurre una distinzione chiara tra il riutilizzo degli oggetti che non sono ancora allo stato di rifiuti (e che non dovrebbero quindi essere compresi nell'obiettivo fissato) e il riutilizzo di quelli che si trovano già in quello stato, come ad esempio quelli provenienti dai centri di raccolta dei rifiuti gestiti dagli enti locali. Richiama l'attenzione sulle difficoltà incontrate nella verifica dello stato dei RAEE trasportati nei punti di raccolta dei rifiuti e sul fatto che sarebbe più opportuno indirizzare certe apparecchiature vetuste e poco efficienti più verso il riciclaggio che non verso il riutilizzo;

21.

accoglie con favore i chiarimenti apportati al campo di applicazione della direttiva, nonché la chiara individuazione delle categorie e dei tipi di AEE negli allegati della direttiva RoHS. Richiama tuttavia l'attenzione sulla possibilità che insorgano problemi riguardo alla qualificazione dei beni a duplice uso. Invita inoltre a riconoscere tali prodotti come RAEE provenienti da nuclei domestici. L'assenza di un siffatto riconoscimento può, in determinate situazioni, condurre a un trasferimento ingiustificato dei costi su altri operatori e a una maggiore difficoltà di finanziamento per i RAEE provenienti dai nuclei domestici; questa classificazione fornirebbe anche una maggiore chiarezza e certezza ai produttori;

22.

propone che la direttiva raccomandi agli Stati membri di obbligare (e non solo incoraggiare) i produttori di AEE a progettare i prodotti in modo tale da agevolarne la riparazione, lo smontaggio, il riutilizzo e il recupero, riducendo così la quantità di rifiuti di apparecchiature diretti agli impianti di stoccaggio e di incenerimento. In questo campo, vale la pena di notare che è possibile introdurre un sistema di incentivi basati su vantaggi concessi ai produttori che superino i livelli minimi di recupero dei prodotti fissati per una data categoria merceologica;

23.

desidera evidenziare un problema nell'applicazione del tasso di raccolta nei sistemi collettivi. Quando il tasso di raccolta è applicato ad un sistema (collettivo) nel suo complesso (per tutte le apparecchiature), come proposto dalla Commissione europea, possono verificarsi degli effetti indesiderati. In questo caso è probabile che i sistemi di conformità si concentreranno innanzi tutto sulle apparecchiature pesanti (che contribuiscono maggiormente al peso del flusso), più che sulle apparecchiature molto leggere. Si dovrebbe evitare che, tramite questo tasso di raccolta, si crei un meccanismo per cui ci si concentra sulle apparecchiature pesanti piuttosto che su quelle con un elevato impatto ambientale. A tale scopo, il tasso di raccolta andrebbe applicato come minimo per ogni categoria di prodotto individualmente;

24.

riconosce che il cambiamento di formula apportato al livello programmato di raccolta dei RAEE, dal sistema attualmente in uso - basato sulla quantità in chilogrammi per abitante - a quello basato sulla percentuale del peso medio delle apparecchiature immesse sul mercato, va nella direzione giusta. Tuttavia, il periodo biennale considerato per calcolare la media non tiene conto del ciclo di vita effettivo di alcuni tipi di AEE, la cui durata supera spesso i due anni. Inoltre, il Comitato fa notare che un più lungo ciclo di vita delle AEE riduce il problema dei rifiuti, e che quindi, nello scegliere quali acquistare, i consumatori dovrebbero accordare la loro preferenza a questo tipo di apparecchiature;

25.

raccomanda inoltre di calcolare l'obiettivo da raggiungere sulla base della durata media del ciclo di vita delle AEE anziché sulla base delle vendite di nuovi prodotti nel corso del biennio precedente. Adottare come base di calcolo un periodo di due anni appare infatti arbitrario e potrebbe avere effetti indesiderabili sull'ambiente, dato che i cicli di vita dei diversi tipi di apparecchiature differiscono tra loro in misura significativa;

26.

esprime preoccupazione per il fatto che l'obiettivo sia ancora basato sul peso, elemento che non rispecchia l'impatto ambientale dei prodotti, e sottolinea le difficoltà incontrate nell'incitare i consumatori a reintrodurre nei circuiti di riciclaggio le AEE di piccole dimensioni nel quadro dei sistemi di raccolta differenziata. Fa notare che gran parte di tali apparecchiature viene abbandonata nei contenitori municipali di rifiuti e finisce quindi nelle discariche di rifiuti. Invita inoltre a tener conto degli impianti di piccole dimensioni nel quadro dell'impegno degli Stati membri di cui all'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva;

27.

sottolinea che il principio «chi inquina paga» significa che i costi della gestione dei RAEE dovrebbero essere sopportati dai consumatori, tramite i produttori di AEE, e non dai contribuenti, principalmente tramite gli enti locali. Ciò implica pertanto che i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche siano responsabili dei costi di raccolta, gestione e trattamento dei RAEE, nonché dei costi di informazione e del design adeguato dei prodotti. Il principio della responsabilità del produttore fornisce la base per una valida e chiara cooperazione fra i produttori e gli enti regionali e locali per il conseguimento degli obiettivi della direttiva;

28.

prende atto delle preoccupazioni espresse dai produttori (2) di AEE, i quali fanno osservare che, pur essendo giustamente tenuti responsabili della realizzazione degli obiettivi in materia di raccolta, la loro capacità di controllare tale processo è limitata, per esempio per quanto concerne l'accessibilità dei punti di raccolta o la quantità di rifiuti prodotti dai consumatori. L'articolo 7, paragrafo 1, dispone giustamente che incombe in ultima analisi ai produttori la responsabilità del conseguimento del tasso programmato di raccolta. Tuttavia, il Comitato richiama l'attenzione sulle seguenti esigenze:

una migliore definizione del ruolo e degli obblighi di tutti gli operatori del ciclo dei rifiuti (non solo dei produttori, ma anche dei distributori nonché degli enti regionali e locali) al fine di consacrare il principio della responsabilità del produttore e garantire che i RAEE siano individuati in modo più trasparente e trattati in conformità alle norme ambientali stabilite dalla direttiva,

l'obbligo che tutti i RAEE consegnati ad organizzazioni registrate al di fuori dei sistemi di ritiro dei rifiuti (waste take-back) dei produttori siano registrati, in modo che i produttori ricevano una prova di tale consegna,

l'introduzione di meccanismi che consentano ai produttori di denunciare e controllare gli abusi in materia di costi e i dati relativi alle questioni di cui agli articoli 12 e 13 della direttiva, fermo restando che un tale meccanismo non deve creare oneri indebiti per gli enti locali;

29.

chiede che l'estensione della responsabilità del produttore ai costi di una raccolta separata dei RAEE provenienti dai nuclei domestici non sia facoltativa, ma obbligatoria;

30.

si compiace per l'innalzamento del 5 % degli obiettivi minimi stabiliti dall'articolo 11, paragrafo 1, e per la loro estensione anche ai dispositivi medici. Raccomanda di fissare un obiettivo specifico per il riutilizzo delle apparecchiature a un tasso minimo del 5 %, conformemente alla gerarchia dei modi di gestione dei rifiuti. In tal modo, infatti, si potrebbe ovviare all'attuale riluttanza a riutilizzare le apparecchiature derivanti dal recupero e garantire inoltre il riutilizzo delle apparecchiature di elevata qualità;

31.

fa notare che i produttori di beni business to consumer (B2C) hanno poco o nessun interesse a incoraggiare il riutilizzo delle loro apparecchiature. La conseguenza è che il riutilizzo non viene effettuato. L'inclusione di obiettivi di riutilizzo negli obiettivi di riciclaggio non cambierà questa situazione: i produttori, infatti, cercheranno di conseguire tali obiettivi solo attraverso il riciclaggio e trascureranno di sfruttare le possibilità di riutilizzo. L'esperienza delle organizzazioni per il riutilizzo dei rifiuti dimostra invece che dal 20 al 30 % di tutti gli AEE scartati è ancora pienamente funzionante o può diventarlo in seguito a piccole riparazioni. Il Comitato prende molto sul serio la gerarchia dei rifiuti ed è favorevole alle iniziative volte a stimolare il riutilizzo degli apparecchi interi. Esso propone pertanto di fare del riutilizzo degli apparecchi interi un obiettivo a sé stante;

32.

fa notare che la flessibilità offerta da talune disposizioni della direttiva vigente e la scarsa chiarezza della definizione, da parte del diritto interno, degli obblighi e delle responsabilità hanno finito per produrre in molti casi oneri amministrativi e finanziari sproporzionati per gli enti locali. Costi che, ai sensi della direttiva, dovrebbero essere sostenuti dai produttori finiscono per essere sostenuti dagli enti locali, dato che questi ultimi sono di solito obbligati per legge a provvedere alla raccolta dei rifiuti e sono tenuti a intervenire quando i sistemi di ritiro dei rifiuti dei produttori non funzionano correttamente. Il Comitato è dell'avviso che gli enti regionali e locali non debbano patire le conseguenze finanziarie delle lacune esistenti nella normativa sui RAEE.

E.   Rifusione della direttiva RoHS

33.

ribadisce la sua preoccupazione per la contaminazione, ancora ampiamente diffusa, derivante dall'uso di sostanze e materiali pericolosi nelle AEE. Oltre al fatto che un gran numero di tali sostanze viene usato per fabbricare tali apparecchiature, anche quando queste ultime non sono più utilizzate il loro riciclaggio e il loro trattamento generano a loro volta altre sostanze nocive, quali le diossine e i furani;

34.

fa notare che occorre agire per spezzare il legame tra crescita economica e incremento della quantità dei rifiuti, e in particolare di quelli contenenti sostanze pericolose. Sottolinea che i costi di gestione dei rifiuti contenenti sostanze pericolose non possono essere fatti gravare sui contribuenti stabilendo imposte supplementari. L'uso di tali sostanze nelle AEE dipende infatti da una decisione volontaria dei produttori (nonché dei distributori che importano tali apparecchiature da paesi terzi), cosicché il prezzo di tali prodotti dovrebbe tener conto dell'insieme dei costi di smaltimento dei RAEE contenenti sostanze pericolose secondo modalità non nocive per la salute umana o per l'ambiente;

35.

giudica opportuna la decisione di trasferire in un allegato della direttiva l'elenco delle sostanze vietate e i valori massimi tollerati della loro concentrazione. Deplora tuttavia che nell'elenco delle sostanze che si propone di vietare ai sensi dell'allegato IV non siano stati inclusi in particolare l'esabromociclododecano (HBCDD), lo ftalato di dietilexile (DEHP), lo ftalato di butibenzile (BBP) e lo ftalato di dibutile (DBP) per quanto riguarda il loro utilizzo in tutte le AEE;

36.

chiede che vengano esaminati i diversi argomenti che depongono a favore sia di una piena applicazione del regolamento REACH mediante la direttiva RoHS che della complementarità di quest'ultima a tale regolamento, in quanto la direttiva fissa un calendario più serrato per la segnalazione delle sostanze chimiche recentemente individuate come pericolose da sostituire con altre equivalenti più sicure;

37.

si compiace che il riesame da effettuare ogni quattro anni sia stato sostituito da un periodo di validità massima di quattro anni per le esenzioni, con la possibilità di chiederne il rinnovo, allo scopo di incoraggiare gli sforzi di sostituzione e di trasferire l'onere della prova, che finora gravava sugli organismi pubblici, sul produttore o sul distributore che presentino detta richiesta;

38.

invita la Commissione a elaborare immediatamente norme dettagliate per la concessione delle esenzioni, onde garantire sicurezza giuridica agli operatori economici, nonché a determinare le modalità di applicazione dei nuovi criteri relativi agli effetti e ai benefici socioeconomici di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), nel quadro della concessione e del riesame delle esenzioni;

39.

riconosce la chiarezza e la coerenza della disciplina di cui agli articoli da 6 a 8 della direttiva, e fa notare che la riduzione del numero dei prodotti non conformi alle regole dovuta all'armonizzazione e al rafforzamento della vigilanza sul mercato costituisce un metodo economicamente vantaggioso per accrescere i benefici recati all'ambiente dalla direttiva.

II.   EMENDAMENTI PROPOSTI

Emendamento 1

Proposta di direttiva RAEE (rifusione), considerando n. 19

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

I nuclei domestici utenti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche dovrebbero poter restituire almeno gratuitamente i RAEE. I produttori dovrebbero finanziare almeno , il trattamento, il recupero e lo smaltimento dei RAEE. Gli Stati membri devono incoraggiare i produttori ad assumersi la piena responsabilità per la gestione della raccolta dei RAEE, in particolare finanziandone la raccolta (anche nel caso di RAEE prodotti dai nuclei domestici), lungo tutta la catena dei rifiuti, per evitare che i RAEE raccolti separatamente vengano sottoposti a trattamenti non conformi alle norme e siano esportati illegalmente, per creare condizioni eque armonizzando il finanziamento del produttore in tutta l'UE, trasferire il pagamento dei costi della raccolta di tali rifiuti dai contribuenti ai consumatori di AEE e conformare il finanziamento al principio «chi inquina paga». (…)

(19)

I nuclei domestici utenti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche dovrebbero poter restituire almeno gratuitamente i RAEE. I produttori dovrebbero finanziare , il trattamento, il recupero e lo smaltimento dei RAEE. Gli Stati membri devono i produttori la piena responsabilità per la gestione della raccolta dei RAEE, in particolare finanziandone la raccolta (anche nel caso di RAEE prodotti dai nuclei domestici), lungo tutta la catena dei rifiuti, per evitare che i RAEE raccolti separatamente vengano sottoposti a trattamenti non conformi alle norme e siano esportati illegalmente, per creare condizioni eque armonizzando il finanziamento del produttore in tutta l'UE, trasferire il pagamento dei costi della raccolta di tali rifiuti dai contribuenti ai consumatori di AEE e conformare il finanziamento al principio «chi inquina paga». (…)

Motivazione

La responsabilità finanziaria dei produttori dovrebbe insorgere nel momento in cui il consumatore si disfa del prodotto elettronico, il che avviene in genere a livello di nucleo domestico. La direttiva dovrebbe evitare di consentire varianti nell'attuazione del regime di responsabilità del produttore, per i motivi indicati nel considerando in esame e per garantire una gestione ottimale dei RAEE.

Emendamento 2

Proposta di direttiva RAEE (rifusione), articolo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Gli Stati membri , in conformità alla legislazione comunitaria sui prodotti, compresa la direttiva 2005/32/CE sulla progettazione ecocompatibile, incoraggiano misure volte a favorire la progettazione e la produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche , soprattutto al fine di agevolare il riutilizzo, la soppressione e il recupero dei RAEE, dei loro componenti e materiali. Tali misure devono rispettare il corretto funzionamento del mercato interno. In tale contesto, gli Stati membri adottano misure adeguate affinché i produttori non impediscano, mediante caratteristiche specifiche della progettazione o processi di fabbricazione, il dei RAEE, a meno che tali caratteristiche specifiche della progettazione o processi di fabbricazione presentino vantaggi di primaria importanza, ad esempio in relazione alla protezione dell'ambiente e/o ai requisiti di sicurezza.

Gli Stati membri , in conformità alla legislazione comunitaria sui prodotti, compresa la direttiva 2005/32/CE sulla progettazione ecocompatibile, misure volte a favorire la progettazione e la produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche , soprattutto al fine di agevolare il riutilizzo, la soppressione e il recupero dei RAEE, dei loro componenti e materiali. Tali misure devono rispettare il corretto funzionamento del mercato interno. In tale contesto, gli Stati membri adottano misure adeguate affinché i produttori non impediscano, mediante caratteristiche specifiche della progettazione o processi di fabbricazione, il dei RAEE, a meno che tali caratteristiche specifiche della progettazione o processi di fabbricazione presentino vantaggi di primaria importanza, ad esempio in relazione alla protezione dell'ambiente e/o ai requisiti di sicurezza.

Motivazione

La direttiva dovrebbe prevedere che gli Stati membri obblighino (e non semplicemente incoraggino) i produttori di AEE a progettare prodotti più ecologici. Gli oneri imposti dai sistemi di conformità dovrebbero quindi essere legati alla riutilizzabilità o alla riciclabilità di uno specifico prodotto. Per far ciò, è necessario introdurre nella direttiva RAEE delle specifiche riguardo al calcolo degli oneri (visibili) imposti da detti sistemi.

Emendamento 3

Proposta di direttiva RAEE (rifusione), articolo 5, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Gli Stati membri adottano misure adeguate a ridurre al minimo lo smaltimento dei RAEE sotto forma di rifiuti misti e raggiungere un elevato livello di raccolta dei RAEE , in particolare e in via prioritaria per le apparecchiature destinate alla refrigerazione e al congelamento contenenti sostanze che riducono lo strato di ozono e gas fluorurati ad effetto serra.

Gli Stati membri adottano misure adeguate ridurre al minimo lo smaltimento dei RAEE sotto forma di rifiuti misti e raggiungere un elevato livello di raccolta dei RAEE , in particolare e in via prioritaria per le apparecchiature destinate alla refrigerazione e al congelamento contenenti sostanze che riducono lo strato di ozono e gas fluorurati ad effetto serra.

Motivazione

Una parte consistente dei RAEE di piccole dimensioni viene gettata nei contenitori dei rifiuti urbani e finisce poi nel flusso dei rifiuti indifferenziati. Il recupero di questi RAEE è costoso e grava in modo ingiustificato sugli enti locali creando il bisogno di ulteriori accordi con i produttori. Eliminare tale pratica riduce i costi di recupero.

Emendamento 4

Proposta di direttiva RAEE (rifusione), articolo 7, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Articolo 7

Tasso di raccolta

1.

Fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 1, gli Stati membri si adoperano affinché i produttori, o i terzi che agiscono per conto dei produttori, raggiungano almeno un tasso di raccolta del 65 %. Il tasso di raccolta è calcolato sulla base del peso totale di RAEE raccolti conformemente agli articoli 5 e 6 in un dato anno da detto Stato membro ed espresso come percentuale del peso medio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato in detto Stato membro nei due anni precedenti. Il tasso di raccolta deve essere raggiunto ogni anno a partire dal 2016.

Progetto di parere

Emendamento

 

Articolo 7

Tasso di raccolta

1.

Fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 1, gli Stati membri si adoperano affinché i produttori, o i terzi che agiscono per conto dei produttori, raggiungano almeno un tasso di raccolta del 65 % . Il tasso di raccolta è calcolato sulla base del peso totale di RAEE raccolti conformemente agli articoli 5 e 6 in un dato anno da detto Stato membro ed espresso come percentuale del peso medio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato in detto Stato membro nei due anni precedenti. Il tasso di raccolta deve essere raggiunto ogni anno a partire dal 2016.

Motivazione

Si vuole così trasformare il contenuto del punto 23 del progetto di parere in emendamento alla proposta legislativa.

Emendamento 5

Proposta di direttiva RAEE (rifusione), articolo 11, paragrafi 1 e 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Riguardo a tutti i RAEE raccolti separatamente e inviati per il trattamento a norma o per la preparazione per il riutilizzo gli Stati membri provvedono affinché i produttori raggiungano i seguenti obiettivi minimi entro il 31 dicembre 2011:

a)

per i RAEE che rientrano nelle categorie 1 e 10 dell'allegato I della direttiva 20xx/xx/CE (RoHS),

recupero dell'85 %, e

preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dell'80 %;

b)

per i RAEE che rientrano nelle categorie 3 e 4 dell'allegato I della direttiva 20xx/xx/CE (RoHS),

recupero dell'80 %, e

preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio del 70 %;

c)

per i RAEE che rientrano nelle categorie 2, 5, 6, 7, 8 e 9 dell'allegato I della direttiva 20xx/xx/CE (RoHS),

recupero del 75 %, e

preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio del 55 %;

d)

per tutti i rifiuti di lampade a scarica, preparazione per il riutilizzo e riciclaggio dell'85 %. riciclaggio

2.

Gli obiettivi sono calcolati come percentuale del peso dei RAEE raccolti separatamente e inviati ai punti di recupero.

.

Riguardo a tutti i RAEE raccolti separatamente e inviati per il trattamento a norma o per la preparazione per il riutilizzo gli Stati membri provvedono affinché i produttori raggiungano i seguenti obiettivi minimi entro il 31 dicembre 2011:

a)

per i RAEE che rientrano nelle categorie 1 e 10 dell'allegato I della direttiva 20xx/xx/CE (RoHS) ,

recupero dell'85 %, e

riciclaggio del %;

b)

per i RAEE che rientrano nelle categorie 3 e 4 dell'allegato I della direttiva 20xx/xx/CE (RoHS),

recupero dell'80 %, e

riciclaggio del  %; apparecchio

c)

per i RAEE che rientrano nelle categorie 2, 5, 6, 7, 8 e 9 dell'allegato I della direttiva 20xx/xx/CE (RoHS),

recupero del 75 %, e

preparazione riciclaggio del 5 %;

d)

per tutti i rifiuti di lampade a scarica, preparazione per il riutilizzo e riciclaggio dell'85 %. reimpiego

2.

Gli obiettivi sono calcolati come percentuale del peso dei RAEE raccolti separatamente e inviati ai punti di recupero.

Motivazione

Nelle proposte della Commissione europea il riutilizzo dei RAEE non è previsto come un obiettivo a sé stante, con la conseguenza che i produttori non vengono incitati a preparare tali rifiuti per il riutilizzo: l'accorpamento dell'obiettivo del riutilizzo dei RAEE all'obiettivo del riciclaggio degli stessi rischia infatti di scoraggiare i produttori dal preparare per il riutilizzo i rifiuti di questo tipo. In proposito occorre tener presente che un gran numero di AEE può essere riutilizzato direttamente oppure dopo esser stato sottoposto a piccole riparazioni. Per questo motivo si propone di fare del riutilizzo un obiettivo distinto.

Emendamento 6

Proposta di direttiva RAEE (rifusione), articolo 12

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.

Gli Stati membri provvedono affinché i produttori prevedano almeno il finanziamento della raccolta, del trattamento, del recupero e dello smaltimento ecologicamente corretto dei RAEE provenienti dai nuclei domestici depositati nei centri di raccolta istituiti a norma dell'articolo 5, paragrafo 2. Quando necessario, gli Stati membri incoraggiano i produttori a finanziare tutti i costi legati agli impianti di raccolta dei RAEE prodotti da nuclei domestici.

2.

Per quanto riguarda i prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005 ciascun produttore è responsabile del finanziamento delle operazioni di cui al paragrafo 1 relative ai rifiuti derivanti dai suoi prodotti. Il produttore può scegliere di adempiere tale obbligo o individualmente o aderendo ad un regime collettivo.

Gli Stati membri provvedono affinché ciascun produttore, allorché immette un prodotto sul mercato, fornisca una garanzia che dimostra che la gestione di tutti i RAEE sarà finanziata e affinché i produttori marchino chiaramente i loro prodotti a norma dell'articolo 1, paragrafo 2. Detta garanzia assicura che le operazioni di cui al paragrafo 1 relative a tale prodotto saranno finanziate. La garanzia può assumere la forma di una partecipazione del produttore a regimi adeguati per il finanziamento della gestione dei RAEE, di un'assicurazione di riciclaggio o di un conto bancario vincolato.

3.

Il finanziamento dei costi della gestione dei RAEE originati da prodotti immessi sul mercato anteriormente («rifiuti storici») è fornito da uno o più sistemi ai quali contribuiscono proporzionalmente tutti i produttori esistenti sul mercato al momento in cui si verificano i rispettivi costi, ad esempio in proporzione della rispettiva quota di mercato per tipo di apparecchiatura.

1.

Gli Stati membri provvedono affinché i produttori prevedano almeno il finanziamento della raccolta, del trattamento, del recupero e dello smaltimento ecologicamente corretto dei RAEE provenienti dai nuclei domestici depositati nei centri di raccolta istituiti a norma dell'articolo 5, paragrafo 2. li Stati membri i produttori finanzi tutti i costi legati agli impianti di raccolta dei RAEE prodotti da nuclei domestici.

2.

Per quanto riguarda i prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005 ciascun produttore è responsabile del finanziamento delle operazioni di cui al paragrafo 1 relative ai rifiuti derivanti dai suoi prodotti. Il produttore può scegliere di adempiere tale obbligo o individualmente o aderendo ad un regime collettivo.

Gli Stati membri provvedono affinché ciascun produttore, allorché immette un prodotto sul mercato, fornisca una garanzia che dimostra che la gestione di tutti i RAEE sarà finanziata e affinché i produttori marchino chiaramente i loro prodotti a norma dell'articolo 1, paragrafo 2. Detta garanzia assicura che le operazioni di cui al paragrafo 1 relative a tale prodotto saranno finanziate. La garanzia può assumere la forma di una partecipazione del produttore a regimi adeguati per il finanziamento della gestione dei RAEE, di un'assicurazione di riciclaggio o di un conto bancario vincolato.

3.

Il finanziamento dei costi della gestione dei RAEE originati da prodotti immessi sul mercato anteriormente («rifiuti storici») è fornito da uno o più sistemi ai quali contribuiscono proporzionalmente tutti i produttori esistenti sul mercato al momento in cui si verificano i rispettivi costi, ad esempio in proporzione della rispettiva quota di mercato per tipo di apparecchiatura.

Motivazione

Considerata l'importanza della questione, è opportuno che l'obbligo per i produttori di finanziare i costi generati dalla raccolta e dagli impianti di raccolta dei RAEE risulti in maniera chiara e leggibile dal testo, a partire dalla raccolta dei rifiuti elettrici generati alla fine dell'utilizzo dei prodotti. L'estensione della responsabilità del produttore ai costi per la raccolta differenziata dei rifiuti provenienti dai nuclei domestici dovrebbe essere resa obbligatoria, al fine di garantire una maggiore armonizzazione della responsabilità finanziaria e creare condizioni uniformi in tutta l'Unione europea.

Bruxelles, 4 dicembre 2009.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  Rete dell'Unione europea per l'attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell'ambiente.

(2)  CESE 2008, CECED 2009, DigitalEurope 2009, Orgalime 2009.