SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

15 giugno 2023 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche – Zone speciali di conservazione – Articolo 6, paragrafo 3 – Preesame di un piano o progetto volto a determinare la necessità di una valutazione opportuna dell’incidenza di tale piano o di tale progetto su una zona speciale di conservazione – Motivazione – Misure che possono essere prese in considerazione – Progetto di costruzione di un’abitazione – Autonomia procedurale – Principi di equivalenza e di effettività – Norme procedurali in forza delle quali l’oggetto della controversia è determinato mediante i motivi sollevati al momento della presentazione del ricorso»

Nella causa C‑721/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court (Alta Corte, Irlanda), con decisione del 4 ottobre 2021, pervenuta in cancelleria il 26 novembre 2021, nel procedimento

Eco Advocacy CLG

contro

An Bord Pleanála,

con l’intervento di:

Keegan Land Holdings,

An Taisce – The National Trust for Ireland,

ClientEarth AISBL,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, M.L. Arastey Sahún, F. Biltgen, N. Wahl e J. Passer (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: C. Strömholm, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 ottobre 2022,

considerate le osservazioni presentate:

per la Eco Advocacy CLG, da O. Clarke e A. O’Connell, solicitors, O. Collins, SC, e C. Lenaghan, BL;

per la An Bord Pleanála, da D. Browne, BL, e B. Foley, SC, B. Magee e J. Moore, solicitors;

per la An Taisce – The National Trust for Ireland e la ClientEarth AISBL, da J. Kenny, BL, e F. Logue, solicitor;

per il governo irlandese, da M. Browne, A. Joyce e M. Tierney, in qualità di agenti, assistiti da A. Carroll, BL, P. Gallagher e B. Kennedy, SC;

per il governo italiano, da G. Palmieri, assistita da G. Palatiello, avvocato dello Stato;

per la Commissione europea, da C. Hermes e M. Noll-Ehlers, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 gennaio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione, segnatamente, dell’articolo 4, paragrafi da 2 a 5, e dell’allegato III della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014 (GU 2014, L 124, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2011/92»), nonché dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Eco Advocacy CLG e la An Bord Pleanála (autorità per la pianificazione territoriale, Irlanda) in merito alla validità di un permesso di costruzione rilasciato da quest’ultima.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 92/43

3

A norma dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43:

«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».

Direttiva 2011/92

4

L’articolo 4, paragrafi da 2 a 5, della direttiva 2011/92 dispone quanto segue:

«2.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 4, per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10. Gli Stati membri prendono tale decisione, mediante:

a)

un esame del progetto caso per caso;

o

b)

soglie o criteri fissati dallo Stato membro.

Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b).

3.   Qualora sia effettuato un esame caso per caso o siano fissate soglie o criteri di cui al paragrafo 2, si tiene conto dei pertinenti criteri di selezione riportati nell’allegato III. Gli Stati membri possono fissare soglie o criteri per stabilire in quali casi non è necessario che i progetti siano oggetto di una determinazione a norma dei paragrafi 4 e 5, né di una valutazione dell’impatto ambientale, e/o soglie o criteri per stabilire in quali casi i progetti debbono comunque essere sottoposti a una valutazione dell’impatto ambientale, pur senza essere oggetto di una procedura di determinazione a norma dei paragrafi 4 e 5.

4.   Qualora gli Stati membri decidano di richiedere una determinazione per i progetti di cui all’allegato II, il committente fornisce informazioni sulle caratteristiche del progetto e sui suoi probabili effetti significativi sull’ambiente. L’elenco dettagliato delle informazioni da fornire è precisato nell’allegato II.A. Il committente tiene conto, se del caso, dei risultati disponibili di altre valutazioni pertinenti degli effetti sull’ambiente effettuate in base a normative dell’Unione [europea] diverse dalla presente direttiva. Il committente può anche fornire una descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure previste per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare effetti negativi significativi sull’ambiente.

5.   L’autorità competente adotta una determinazione sulla base delle informazioni fornite dal committente in conformità del paragrafo 4 e tenendo conto, se del caso, dei risultati di verifiche preliminari o di valutazioni degli effetti sull’ambiente effettuate in base a normative dell’Unione diverse dalla presente direttiva. La determinazione è resa pubblica e:

a)

qualora si stabilisca che è necessaria una valutazione dell’impatto ambientale, specifica i motivi principali alla base della richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell’allegato III; ovvero

b)

qualora si stabilisca che non è necessaria una valutazione dell’impatto ambientale, specifica i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell’allegato III, e, ove proposto dal committente, specifica le eventuali caratteristiche del progetto e/o le misure previste per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare effetti negativi significativi sull’ambiente».

5

L’articolo 11 di tale direttiva prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:

(…)

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.

2.   Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni.

(…)

4.   (…)

[La procedura di ricorso giurisdizionale] è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa.

(...)».

6

L’allegato III della citata direttiva enuncia i criteri intesi a stabilire se i progetti elencati nell’allegato II della medesima debbano essere sottoposti a una valutazione dell’impatto ambientale.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

7

La controversia principale verte su un progetto per la costruzione di 320 abitazioni in località detta Charterschool Land (Trim, contea di Meath, Irlanda), nelle vicinanze della zona speciale di conservazione del fiume Boyne e del fiume Blackwater (IE0002299), designata ai sensi della direttiva 92/43, e della zona speciale di protezione del fiume Boyne e del fiume Blackwater (IE0004232), designata ai sensi della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7).

8

Dopo vari contatti informali, l’8 luglio 2020 è stata presentata una domanda formale di permesso di costruire per il progetto in esame.

9

Detto progetto è stato concepito, in particolare, in maniera che, durante la fase operativa del sito, le acque superficiali di dilavamento siano raccolte nel sottosuolo in serbatoi di attenuazione. Questi funzionerebbero insieme ad adeguati dispositivi di controllo del flusso che sarebbero montati sul pozzetto di smaltimento di ciascun serbatoio di attenuazione. Un separatore con sfioratore di piena di classe 1 sarebbe installato sul tubo d’ingresso di tutti i serbatoi per trattare le acque superficiali e rimuovere qualsiasi potenziale contaminante prima che l’acqua penetri nel serbatoio e prima dello scarico. L’acqua sarebbe scaricata in un torrente, affluente del fiume Boyne, a circa 100 metri a sud dell’area del progetto di costruzione di cui trattasi.

10

Sulla domanda di permesso di costruire si sono pronunciati, segnatamente, la An Taisce – The National Trust for Ireland, un ente non governativo, e il Meath County Council (Consiglio della contea di Meath, Irlanda) presentando documenti che sollevavano una serie di dubbi sull’impatto potenziale di tale progetto sulle zone di cui al punto 7 della presente sentenza, in particolare sulla qualità dell’acqua del fiume Boyne e sulle specie protette interessate.

11

Con decisione del 27 ottobre 2020, l’autorità per la pianificazione territoriale ha autorizzato detto progetto e rilasciato il permesso di costruire richiesto, considerando che, in base alla relazione di esame del 6 ottobre 2020, non era necessario procedere ad una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi della direttiva 2011/92, né ad una opportuna valutazione dell’incidenza ai sensi della direttiva 92/43.

12

Adito di un ricorso avverso tale decisione dalla ricorrente in via principale, il giudice del rinvio, con sentenza del 27 maggio 2021 (in prosieguo: la «sentenza del 27 maggio 2021»), ha respinto diverse eccezioni sollevate contro tale ricorso, e ha poi respinto quest’ultimo nella parte in cui era fondato sul diritto nazionale e su taluni aspetti del diritto dell’Unione.

13

Per quanto riguarda i motivi sui quali tale giudice non ha ancora statuito, emerge dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che, con quest’ultima, la ricorrente sostiene, in primo luogo, che la decisione del 27 ottobre 2020 non indica espressamente quali documenti espongono il ragionamento seguito dall’autorità per la pianificazione territoriale in relazione alla sua decisione di non esigere una valutazione dell’impatto ambientale, ai sensi della direttiva 2011/92, né un’opportuna valutazione dell’incidenza, ai sensi della direttiva 92/43; in secondo luogo, che tale autorità non ha risposto ai dubbi espressi, nei loro contributi, dal consiglio della contea di Meath e dalla An Taisce – The National Trust for Ireland, e, in terzo luogo, che detta autorità non ha esaminato espressamente, uno ad uno, i criteri di cui all’allegato III della direttiva 2011/92. Inoltre, detto giudice rileva che la medesima autorità ha ritenuto che il sistema di drenaggio sostenibile di cui trattasi non costituisse una misura di attenuazione, bensì una caratteristica ordinaria di progetti di costruzione come quello di cui trattasi in via principale.

14

Emerge tuttavia dalla sentenza del 27 maggio 2021 che la ricorrente principale ha fatto valere per la prima volta in udienza, dinanzi al giudice del rinvio, il primo e il terzo argomento di cui al punto precedente.

15

Alla luce di quanto precede, la High Court (Alta Corte, Irlanda) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se il principio generale del primato del diritto dell’Unione e/o della leale cooperazione abbia l’effetto che, in generale o nel contesto specifico del diritto dell’ambiente, laddove una parte proponga un ricorso diretto a contestare la validità di un atto amministrativo facendo riferimento espresso o implicito a un particolare atto del diritto dell’Unione, ma non specifichi quali disposizioni dell’atto siano state violate, o con riferimento a quale specifica interpretazione, il giudice nazionale adito debba o possa esaminare la censura, a prescindere da eventuali norme procedurali nazionali che richiedano che le specifiche violazioni in questione siano indicate negli atti processuali di parte.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 4, paragrafi 2, 3, 4 e/o 5 e/o l’allegato III della direttiva 2011/92 e/o la direttiva, alla luce del principio di certezza del diritto e di buona amministrazione di cui all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea abbiano come conseguenza che, quando un’autorità competente decide di non assoggettare una proposta di autorizzazione alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale, è opportuna una dichiarazione esplicita, distinta e/o specifica su quali sono esattamente i documenti che espongono le motivazioni dell’autorità competente.

3)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 4, paragrafi 2, 3, 4 e/o 5, e/o l’allegato III della direttiva 2011/92 e/o la direttiva, alla luce del principio di certezza del diritto e di buona amministrazione di cui all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali abbiano come conseguenza che qualora un’autorità competente decida di non sottoporre una proposta di autorizzazione alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale, vi è l’obbligo di esporre espressamente l’esame di tutti gli specifici punti e sotto-punti dell’allegato III della citata direttiva, nella misura in cui tali punti e sotto-punti siano potenzialmente rilevanti per l’opera.

4)

Se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 debba essere interpretato nel senso che, in applicazione del principio secondo il quale per determinare se sia necessario procedere successivamente a un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito interessato, non occorra, in fase di preesame, tener conto delle misure destinate ad evitare o a ridurre gli effetti nocivi del piano o del progetto su tale sito, l’autorità competente di uno Stato membro [non] possa considerare le caratteristiche del piano o del progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti atte a produrre l’effetto di ridurre le conseguenze nocive sul sito europeo unicamente basandosi sul fatto che tali caratteristiche non sono intese quali misure di attenuazione, pur se abbiano prodotto tale effetto, e che sarebbero state integrate nel progetto come caratteristiche ordinarie indipendentemente da qualsiasi effetto sul sito europeo interessato.

5)

Se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 debba essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità competente di uno Stato membro ritenga, nonostante le questioni o le preoccupazioni espresse dagli organismi di esperti nella fase di preesame, che non sia necessaria alcuna opportuna valutazione, essa deve fornire una motivazione esplicita e dettagliata tale da fugare ogni ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito europeo interessato, e che elimini espressamente e singolarmente ciascuno dei dubbi sollevati al riguardo nel corso del processo di partecipazione pubblica.

6)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 e/o la direttiva, alla luce del principio di certezza del diritto e di buona amministrazione di cui all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, abbia come conseguenza che, qualora un’autorità competente decida di non assoggettare una proposta di autorizzazione alla procedura di opportuna valutazione, debba dichiarare in modo esplicito, distinto e/o specifico quali siano esattamente i documenti che espongono la motivazione di tale autorità».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

16

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che, qualora una parte proponga un ricorso di annullamento di una decisione amministrativa e invochi a sostegno di tale ricorso, espressamente o implicitamente, un atto specifico del diritto dell’Unione, senza tuttavia precisare le disposizioni di tale atto violate o l’interpretazione specifica invocata, il giudice nazionale adito di tale ricorso debba o possa pronunciarsi sul medesimo nonostante l’esistenza di una norma di procedura interna in base alla quale il ricorso deve precisare le specifiche violazioni in questione.

17

Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio non riproduce la norma di procedura di cui trattasi. Tuttavia, da tale rinvio, dal fascicolo di causa dinanzi alla Corte e dalle osservazioni scritte depositate nel presente procedimento risulta che viene così richiamato il Rules of the Superior Courts (regolamento di procedura degli organi giurisdizionali superiori), secondo il quale, da un lato, una domanda di sindacato giurisdizionale deve essere basata su una presentazione delle domande e dei motivi su cui tali domande si fondano, indicando con precisione ciascuno di tali motivi e precisando, per ciascun motivo, i fatti o gli elementi invocati a sostegno e, dall’altro, il ricorrente non può, in sede di udienza, invocare motivi o presentare domande diversi da quelli esposti in tale presentazione.

18

Nel caso di specie, dalla sentenza del 27 maggio 2021 risulta che è in violazione di tali norme procedurali che il ricorrente nella causa principale ha dedotto, dinanzi al giudice del rinvio, i motivi sottesi alla seconda, alla terza e alla sesta questione, per cui tale giudice è tenuto a dichiarare irricevibili tali motivi, a meno che il diritto dell’Unione non gli imponga o gli consenta di trattarli.

19

Di conseguenza, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, si deve ritenere che, con il suo primo quesito, tale giudice chieda, in sostanza, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma procedurale nazionale come quella descritta al punto 17 della presente sentenza.

20

A questo proposito, come ha rilevato l’avvocato generale, in sostanza, ai paragrafi 29 e 30 delle sue conclusioni, anche se il diritto dell’Unione richiede, in virtù dell’articolo 11 della direttiva 2011/92 e dell’articolo 9 della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1), di garantire, in particolare, alle associazioni ambientaliste l’accesso a una procedura di ricorso efficace ed equa, esso non stabilisce come o quando debbano essere presentati i motivi per contestare la legittimità delle decisioni, degli atti o delle omissioni in questione.

21

Orbene, secondo la giurisprudenza costante della Corte, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti agli amministratori in forza delle norme di diritto dell’Unione, purché tali modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né, dall’altro, rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 7 giugno 2007, van der Weerd e a., da C‑222/05 a C‑225/05, EU:C:2007:318, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

22

Per quanto riguarda, in primo luogo, il principio di effettività, emerge dalla giurisprudenza che quest’ultimo, in via di principio, non impone ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio un motivo vertente sulla violazione di disposizioni di tale diritto, qualora l’esame di tale motivo li obblighi a violare i limiti della lite quale circoscritta dalle parti e a basarsi su fatti e circostanze diversi da quelli che la parte interessata all’applicazione di dette disposizioni ha posto a fondamento della propria domanda (sentenza del 26 aprile 2017, Farkas,C‑564/15, EU:C:2017:302, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

23

Peraltro, la Corte ha già giudicato che norme procedurali nazionali in forza delle quali l’oggetto della controversia è determinato dai motivi di ricorso sollevati al momento della sua proposizione sono compatibili con il principio di effettività dal momento che esse garantiscono il regolare svolgimento del procedimento, in particolare preservandolo dai ritardi dovuti alla valutazione dei motivi nuovi (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

24

Orbene, nel caso di specie, le norme procedurali in esame, come descritte al punto 17 della presente sentenza, non appaiono tali da rendere impossibile nella pratica o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dalle direttive 2011/92 e 92/43, di cui trattasi nella causa principale, ma, al contrario, tali da agevolare il corretto svolgimento del procedimento, richiedendo che i motivi dedotti nel ricorso siano presentati con un sufficiente grado di precisione.

25

Infine, anche se la Corte ha deciso che, in alcuni settori, e in particolare in ambito di protezione dei consumatori, i giudici nazionali possono essere tenuti a valutare d’ufficio il rispetto delle disposizioni derivanti dalla normativa dell’Unione in materia (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 66 e giurisprudenza ivi citata), un siffatto requisito, che consegue dalle specificità proprie a tali settori e alle disposizioni del diritto dell’Unione in materia, come la necessità di compensare lo squilibrio esistente tra il consumatore e il professionista, non può, tuttavia, essere dedotto, nel caso di specie, dalle norme dell’Unione che formano l’oggetto dei motivi menzionati al punto 18 della presente sentenza.

26

In secondo luogo, poiché, secondo le informazioni di cui dispone la Corte, le norme procedurali di cui trattasi nella causa principale si applicano indipendentemente dal fatto che le presunte violazioni riguardino il diritto irlandese o il diritto dell’Unione, esse non appaiono neppure in contrasto con il principio di equivalenza.

27

Il rispetto di tale principio richiede certamente che, qualora le disposizioni di diritto interno relative alle modalità procedurali conferiscano a un giudice l’obbligo di sollevare d’ufficio un motivo relativo a una violazione del diritto nazionale, tale obbligo debba prevalere allo stesso modo rispetto a un motivo della stessa natura relativo a una violazione del diritto dell’Unione. Lo stesso vale nel caso in cui il diritto nazionale conferisce al giudice la facoltà di rilevare d’ufficio un siffatto motivo (sentenza del 26 aprile 2017, Farkas, C‑564/15, EU:C:2017:302, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

28

Tuttavia, nel caso di specie, non vi è nulla nel fascicolo sottoposto alla Corte che indichi che, in base all’ordinamento irlandese, il giudice del rinvio sia soggetto a un siffatto obbligo o disponga di una siffatta facoltà. Al contrario, dalla sentenza del 27 maggio 2021 risulta che, in forza di tale ordinamento, i motivi di ricorso del tipo di quelli menzionati al punto 18 della presente sentenza, indipendentemente dal fatto che vertano sulla violazione del diritto dell’Unione o del diritto nazionale, che non siano stati formulati con la necessaria precisione nel ricorso, devono essere dichiarati irricevibili dai giudici nazionali.

29

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che non osta ad una norma procedurale nazionale in forza della quale, da un lato, una domanda di sindacato giurisdizionale, sia ai sensi del diritto nazionale sia ai sensi di disposizioni del diritto dell’Unione quali l’articolo 4, paragrafi da 2 a 5, e l’allegato III della direttiva 2011/92 o l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, deve essere fondata su una presentazione delle domande e dei motivi su cui tali domande si fondano, che enunci con precisione ciascuno di tali motivi e precisando, per ciascun motivo, i fatti o gli elementi invocati a sostegno e, dall’altro, il ricorrente non può, in sede di udienza, invocare motivi o presentare domande diversi da quelli esposti in tale presentazione.

Sulla seconda, terza e sesta questione

30

Tenuto conto della risposta data alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda, alla terza e alla sesta questione.

Sulla quinta questione

31

Con la quinta questione, che occorre esaminare prima della quarta, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 debba essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità competente di uno Stato membro decida che non sia necessaria un’opportuna valutazione dell’incidenza, essa deve fornire una motivazione esplicita e dettagliata a fondamento della propria decisione, tale da fugare ogni ragionevole dubbio scientifico in merito all’impatto del piano o del progetto previsti sul sito interessato, e da eliminare espressamente e singolarmente ciascuno dei dubbi sollevati a tale riguardo nel corso del processo di partecipazione del pubblico.

32

Né l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, né alcun’altra disposizione di quest’ultima prevedono requisiti relativi alla motivazione delle decisioni adottate in applicazione di detto articolo 6, paragrafo 3.

33

Va tuttavia sottolineato, in primo luogo, che il diritto a una buona amministrazione, in quanto riflette un principio generale di diritto dell’Unione, comporta requisiti che gli Stati membri sono tenuti a rispettare quando attuano il diritto dell’Unione. Tra tali requisiti, l’obbligo di motivazione delle decisioni adottate dalle autorità nazionali, riveste un’importanza particolare, poiché pone il loro destinatario in grado di difendere i propri diritti nelle migliori condizioni possibili e di valutare, con piena cognizione di causa, se sia utile proporre ricorso contro di essa. Esso è altresì necessario per consentire ai giudici di esercitare un sindacato sulla legittimità di dette decisioni (sentenza del 9 novembre 2017, LS Customs Services, C‑46/16, EU:C:2017:839, punti 3940, e giurisprudenza ivi citata).

34

In secondo luogo, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 prevede una procedura di valutazione volta a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, sia autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 117 e giurisprudenza ivi citata).

35

Tale medesimo articolo 6, paragrafo 3, distingue due fasi nella procedura di valutazione che esso prevede.

36

La prima, di cui al primo periodo di detta disposizione, richiede che gli Stati membri effettuino un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito protetto quando è probabile che tale piano o progetto pregiudichi in maniera significativa detto sito. La seconda fase, di cui al secondo periodo della stessa disposizione, che interviene una volta effettuata detta opportuna valutazione, subordina l’autorizzazione di un siffatto piano o progetto alla condizione che lo stesso non pregiudichi l’integrità del sito interessato, fatte salve le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43 (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 119 e giurisprudenza ivi citata).

37

A tal riguardo, anzitutto, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’esigenza di un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto prevista all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 è subordinata alla condizione che sussista una probabilità o un rischio che esso pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, si ritiene che un siffatto rischio sussista in quanto non si può escludere, sulla base delle migliori conoscenze scientifiche in materia, che il piano o il progetto in questione possa pregiudicare gli obiettivi di conservazione di tale sito. La valutazione del rischio va effettuata, in particolare, alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 134, e giurisprudenza ivi citata).

38

Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto implica che, prima dell’approvazione di quest’ultimo, devono essere individuati, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto di cui trattasi che possano, da soli o congiuntamente ad altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione del sito protetto. Le autorità nazionali competenti autorizzano un’attività solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che tale attività è priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità di detto sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun ragionevole dubbio da un punto di vista scientifico circa l’assenza di tali effetti (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

39

Conformemente alla giurisprudenza, tale valutazione non può comportare lacune e deve contenere rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi, atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito protetto in questione (sentenze del 25 luglio 2018, Grace e Sweetman, C‑164/17, EU:C:2018:593, punto 39 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 novembre 2018, Holohan e a., C‑461/17, EU:C:2018:883, punto 49).

40

Un siffatto requisito implica che l’autorità competente, a seguito di una valutazione appropriata, sia in grado di indicare adeguatamente le ragioni che le hanno consentito, prima di concedere l’autorizzazione in esame, di acquisire la certezza, nonostante i pareri contrari eventualmente espressi, che è escluso ogni ragionevole dubbio scientifico per quanto riguarda l’impatto ambientale dei lavori previsti sul sito interessato (v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2018, Holohan e a., C‑461/17, EU:C:2018:883, punto 51).

41

Tali obblighi di motivazione devono essere soddisfatti anche quando, come nel caso di specie, l’autorità competente approva un progetto che può avere ripercussioni su un sito protetto senza richiedere un’opportuna valutazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43.

42

Ne consegue che, anche se, qualora un’autorità competente decida di autorizzare un progetto simile senza richiedere un’opportuna valutazione ai sensi di tale disposizione, il diritto dell’Unione non impone a tale autorità di rispondere, nella motivazione di una siffatta decisione, uno per uno, a tutti i punti di diritto e di fatto sollevati dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo, tuttavia tale autorità deve indicare adeguatamente le ragioni che le hanno consentito, prima di concedere tale autorizzazione, di acquisire la certezza, nonostante i pareri contrari e i ragionevoli dubbi eventualmente ivi espressi, che sia stato escluso ogni ragionevole dubbio scientifico circa la possibilità che il progetto incida significativamente su tale sito.

43

Alla luce delle considerazioni suesposte, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 dev’essere interpretato nel senso che anche se, qualora un’autorità competente di uno Stato membro decida di autorizzare un piano o un progetto che può avere ripercussioni su un sito protetto ai sensi di tale direttiva senza richiedere un’opportuna valutazione, ai sensi di tale disposizione, tale autorità non è tenuta a rispondere, nella motivazione della sua decisione, a tutti i punti di diritto e di fatto sollevati nel corso del procedimento amministrativo, essa deve tuttavia indicare adeguatamente le ragioni che le hanno consentito, prima di concedere tale autorizzazione, di acquisire la certezza, nonostante i pareri contrari e i ragionevoli dubbi eventualmente ivi espressi, che sia stato escluso ogni ragionevole dubbio scientifico circa la possibilità che detto progetto incida significativamente su tale sito.

Sulla quarta questione

44

Con la quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 debba essere interpretato nel senso che, al fine di determinare se sia necessario procedere ad un’opportuna valutazione degli effetti di un piano o di un progetto su un sito protetto ai sensi di tale direttiva, si può tener conto delle caratteristiche di tale piano o progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti e che sono atte a produrre l’effetto di ridurre le conseguenze nocive di tale piano o progetto sul sito, qualora tali caratteristiche siano state integrate nello stesso piano o nello stesso progetto come caratteristiche ordinarie, indipendentemente da qualsiasi effetto su detto sito.

45

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che tale giudice si pone tale questione in particolare alla luce della sentenza del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman (C‑323/17, EU:C:2018:244). Più in particolare, esso si chiede se, alla luce di tale sentenza, l’autorità per la pianificazione territoriale poteva tener conto delle misure descritte al punto 9 della presente sentenza ai fini della sua decisione di non richiedere un’opportuna valutazione delle incidenze del progetto di cui trattasi nella causa principale sulle zone menzionate al punto 7 della presente sentenza.

46

A tale proposito, occorre rilevare che, al punto 40 della sentenza del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman (C‑323/17, EU:C:2018:244), la Corte ha deciso che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 dev’essere interpretato nel senso che, al fine di determinare se sia necessario procedere successivamente a un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto su un sito interessato, non occorre, nella fase di preesame, prendere in considerazione le misure intese a evitare o a ridurre gli effetti negativi di tale piano o progetto su tale sito.

47

La Corte ha segnatamente considerato, nella stessa sentenza, che la circostanza che le misure volte a evitare o a ridurre gli effetti negativi di un piano o di un progetto sul sito interessato siano prese in considerazione, in sede di esame della necessità di realizzare un’opportuna valutazione, presuppone che sia verosimile che tale sito sia pregiudicato in modo significativo e che, pertanto, occorra procedere a una simile valutazione. Tale conclusione è corroborata dal fatto che un’analisi completa e precisa delle misure intese a evitare o a ridurre eventuali effetti significativi sul sito interessato dev’essere effettuata non allo stadio della fase di preesame, ma precisamente a quello dell’opportuna valutazione. Peraltro, secondo la Corte, la presa in considerazione di simili misure fin dalla fase di preesame potrebbe compromettere l’effetto utile della direttiva 92/43, in generale, nonché la fase di valutazione, in particolare, in quanto quest’ultima fase perderebbe il suo oggetto e sussisterebbe un rischio di aggiramento di tale fase di valutazione, che costituisce tuttavia una garanzia essenziale prevista da detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman, C‑323/17, EU:C:2018:244, punti da 35 a 37).

48

Tuttavia, siffatte considerazioni non dovrebbero avere l’effetto di escludere la presa in considerazione, durante la fase di preesame di un progetto, di qualsiasi elemento costitutivo, inerente a quest’ultimo, che abbia l’effetto di ridurre il suo impatto negativo sul sito interessato.

49

Pertanto, qualora elementi simili siano incorporati nella concezione di un progetto non con l’obiettivo di ridurne l’impatto negativo sul sito interessato, ma come caratteristiche ordinarie richieste per tutti i progetti dello stesso tipo, tali elementi non possono, in particolare, essere considerati come un indizio di un probabile pregiudizio significativo a tale sito, a differenza delle misure di cui ai punti 46 e 47 della presente sentenza.

50

Orbene, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, risulta che l’integrazione delle misure di cui al punto 9 della presente sentenza nell’elaborazione di progetti come quello oggetto della causa principale è richiesta, in generale, dagli strumenti di pianificazione e che, nel caso di specie, era richiesta dal piano di sviluppo della contea di Meath per il periodo 2013-2019, che, peraltro, è stato oggetto di una valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU 2001, L 197, pag. 30).

51

L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, interpretato alla luce del principio di precauzione, non osta quindi alla presa in considerazione di siffatte misure nella fase di preesame di tali progetti.

52

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 deve essere interpretato nel senso che, al fine di determinare se sia necessario effettuare un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito, si può tener conto delle caratteristiche di tale piano o progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti e che sono quindi atte a produrre l’effetto di ridurre le conseguenze nocive di tale piano o progetto sul sito, qualora tali caratteristiche siano state integrate nello stesso piano o nello stesso progetto come caratteristiche ordinarie, inerenti a siffatto piano o progetto, indipendentemente da qualsiasi effetto su detto sito.

Sulle spese

53

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

1)

Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che non osta a una norma procedurale nazionale in forza della quale, da un lato, una domanda di sindacato giurisdizionale, sia ai sensi del diritto nazionale sia ai sensi di disposizioni del diritto dell’Unione quali l’articolo 4, paragrafi da 2 a 5, e l’allegato III della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, o l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, deve essere fondata su una presentazione delle domande e dei motivi su cui tali domande si fondano, che enunci con precisione ciascuno di tali motivi e che precisi, per ciascun motivo, i fatti o gli elementi invocati a sostegno e, dall’altro, il ricorrente non può, in sede di udienza, invocare motivi o presentare domande diversi da quelli esposti in tale presentazione.

 

2)

L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43

dev’essere interpretato nel senso che:

anche se, qualora un’autorità competente di uno Stato membro decida di autorizzare un piano o un progetto che può avere ripercussioni su un sito protetto ai sensi di tale direttiva senza richiedere un’opportuna valutazione, ai sensi di tale disposizione, tale autorità non è tenuta a rispondere, nella motivazione della sua decisione, a tutti i punti di diritto e di fatto sollevati nel corso del procedimento amministrativo, essa deve tuttavia indicare adeguatamente le ragioni che le hanno consentito, prima di concedere tale autorizzazione, di acquisire la certezza, nonostante i pareri contrari e i ragionevoli dubbi eventualmente ivi espressi, che sia stato escluso ogni ragionevole dubbio scientifico circa la possibilità che detto progetto incida significativamente su tale sito.

 

3)

L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43

dev’essere interpretato nel senso che:

al fine di determinare se sia necessario effettuare un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito, si può tener conto delle caratteristiche di tale piano o progetto che comportano l’eliminazione dei contaminanti e che sono quindi atte a produrre l’effetto di ridurre le conseguenze nocive di tale piano o progetto sul sito, qualora tali caratteristiche siano state integrate nello stesso piano o nello stesso progetto come caratteristiche ordinarie, inerenti a siffatto piano o progetto, indipendentemente da qualsiasi effetto su detto sito.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.