52009DC0077

Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Parità tra donne e uomini — 2009 {SEC(2009) 165} /* COM/2009/0077 def. */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 27.2.2009

COM(2009) 77 definitivo

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

Parità tra donne e uomini — 2009

{SEC(2009) 165}

INDICE

1. Introduzione 3

2. Principali evoluzioni 4

2.1. Divari tra donne e uomini 4

2.2. Sviluppi politici e legislativi 6

3. Sfide e orientamenti politici 8

3.1. Favorire un'equa suddivisione, tra donne e uomini, delle responsabilità private e familiari 8

3.2. Lottare contro gli stereotipi per consentire alle donne e agli uomini di realizzare pienamente il loro potenziale 9

3.3. Promuovere la pari partecipazione delle donne e degli uomini a processi e ad incarichi decisionali 10

3.4. Suscitare una maggiore consapevolezza e una migliore comprensione della parità tra donne e uomini 11

4. Conclusioni 11

1. INTRODUZIONE

Su richiesta del Consiglio europeo, la Commissione europea presenta ogni anno una relazione sui progressi raggiunti verso la parità tra donne e uomini, nonché le sfide e le priorità per il futuro. Nel 2008 si è giunti a metà del processo di attuazione della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini che conferma l'impegno della Commissione a favore della parità. Gli Stati membri hanno ripreso tale impegno nel Patto europeo per la parità di genere. Gli sforzi congiunti hanno prodotto risultati positivi concernenti, in particolare, l'occupazione delle donne, ma i progressi generali sono tuttora troppo lenti nella maggior parte dei settori e la parità tra donne e uomini è lungi dall'essere raggiunta. Un maggior numero di donne si è inserito nel mercato del lavoro, il che ha reso più vicini gli obiettivi di Lisbona, ma l'obiettivo quantitativo ('più' posti di lavoro) non è coinciso con quello qualitativo (posti di lavoro 'migliori'). Le donne lavorano tuttora a tempo parziale più degli uomini, sono in maggioranza in settori e posti di lavoro meno valorizzati, sono in media pagate meno degli uomini e occupano meno posti di responsabilità.

La presente relazione è adottata in un contesto di recessione economica globale[1], collegata alla crisi finanziaria, causa di ripercussioni negative sulla crescita e sull'occupazione nell'UE. Per far fronte al rallentamento dell'economia, più importante che mai sarà investire in capitale umano e in infrastrutture sociali onde dar modo, alle donne e agli uomini, di sfruttare appieno il loro potenziale. Nell'Agenda sociale rinnovata[2] la Commissione ha riaffermato il suo impegno a creare posti di lavoro più numerosi e di migliore qualità nel quadro della Strategia europea per l'occupazione e la crescita. La parità tra donne e uomini è un fattore chiave per il successo di tale strategia e una necessità per far fronte alla penuria di manodopera e alle esigenze di nuove competenze[3]. Al giorno d'oggi le donne ottengono quasi il 60% delle lauree universitarie nell'UE, mentre la percentuale dei diplomi in materia di scienze e tecnologie rimane bassa. D'altra parte, esistono tuttora ostacoli che impediscono alle donne di realizzare pienamente il proprio potenziale e di accedere alle attività e ai posti di lavoro per i quali sono qualificate. La difficoltà nel conciliare il lavoro e la vita familiare è uno degli ostacoli principali all'occupazione e alla carriera femminile. Una serie di stereotipi legati al sesso, difficili da sradicare, limita le donne e gli uomini nella scelta dei loro studi e delle loro carriere, il che comporta una segregazione del mercato del lavoro a seconda del sesso. Inoltre, le donne sono più esposte degli uomini alle conseguenze della recessione economica, in quanto occupano più spesso posti di lavoro precari.

La presente relazione affronta le sfide e le risposte politiche connesse all'eliminazione degli ostacoli che si frappongono alla piena partecipazione delle donne e degli uomini al mercato del lavoro. Essa tratta altresì dell'importanza di correggere lo squilibrio tra i sessi nella presa di decisioni, tanto più che il 2009 recherà mutamenti di rilievo nella composizione delle strutture decisionali dell'Unione europea, in particolare in seno al Parlamento europeo e alla Commissione. Quantunque la recessione economica abbia modificato il contesto, è importante continuare a rafforzare le politiche in materia di parità tra donne e uomini. Decenni di sforzi congiunti hanno non soltanto migliorato la situazione e i diritti delle donne, ma anche contribuito alla sviluppo economico e sociale della nostra società.

2. PRINCIPALI EVOLUZIONI

2.1. Divari tra donne e uomini

La parità tra donne e uomini non è soltanto un obiettivo in sé, bensì una condizione preliminare per la realizzazione degli obiettivi generali di crescita, di occupazione e di coesione sociale dell'Unione europea. Una più forte partecipazione delle donne al mercato del lavoro offre sia una garanzia della loro indipendenza economica sia un contributo fondamentale allo sviluppo economico e alla sostenibilità dei sistemi di protezione sociale. Essendo sovrarappresentate in lavori precari basati su contratti a breve termine, le donne sono più colpite dal rallentamento dell'economia nel mercato del lavoro. È dunque essenziale proseguire e rafforzare l'integrazione dei due sessi nel settore dell'occupazione e delle politiche sociali, incluso quello della flessicurezza, e continuare gli sforzi per eliminare gli ostacoli alla piena partecipazione delle donne e degli uomini al mercato del lavoro.

Passato dal 51,1% nel 1997 al 58,3% nel 2007, il tasso di occupazione femminile nell'Unione europea si avvicina attualmente all'obiettivo di Lisbona, cioè al 60% nel 2010. Esistono tuttavia notevoli divergenze tra gli Stati membri, con tassi che variano dal 36,9% al 73,2%. Lo scarto medio tra i tassi di occupazione delle donne e quelli degli uomini si sta riducendo: 17,1 punti percentuali nel 2000, 14,2 punti percentuali nel 2007. Peraltro, lo scarto è quasi doppio se si raffrontano i tassi di occupazione delle donne e degli uomini con figli di età inferiore a 12 anni a carico. Inoltre, il tasso di occupazione delle donne diminuisce di 12,4 punti se esse hanno bambini, mentre aumenta di 7,3 punti per gli uomini anch'essi con bambini, il che rispecchia l'ineguale ripartizione delle responsabilità parentali e l'insufficienza delle strutture per la custodia dei bambini e delle azioni di conciliazione della vita privata e della vita professionale.

Nel 2007 il 31,2% dei lavoratori dipendenti di sesso femminile lavoravano a tempo parziale , percentuale quattro volte più elevata di quella relativa agli uomini. Quantunque il tempo parziale e altre modalità flessibili di lavoro possano rappresentare preferenze personali, l'ineguale ripartizione delle responsabilità domestiche e familiari induce un numero maggiore di donne che non di uomini ad optare per tali modalità. Nell'UE oltre 6 milioni di donne nel gruppo di età 25-49 anni dichiarano di essere indotte a rinunciare al lavoro o a lavorare soltanto a tempo parziale a causa delle loro responsabilità familiari[4].

Una migliore conciliazione tra la vita privata e la vita professionale, delle donne come degli uomini, è indispensabile non soltanto per arrivare alla parità tra i sessi, ma anche per conseguire gli obiettivi di Lisbona. L'allestimento di strutture destinate ai bambini, a prezzi abbordabili e di buona qualità, è indispensabile per consentire ai due genitori di conciliare lavoro e vita familiare. Resta ancora molto da fare per ottenere un livello soddisfacente delle strutture per bambini, in particolare al di sotto dei 3 anni, e raggiungere in tal modo gli obiettivi cosiddetti di Barcellona[5]; d'altro canto le politiche di conciliazione sono importanti per far fronte alle sfide demografiche. Gli Stati membri con il più elevato tasso di natalità sono attualmente quelli che più hanno fatto per migliorare l'equilibrio lavoro-vita familiare dei genitori e che fanno registrare un tasso di occupazione femminile elevato.

La situazione delle donne è inoltre migliorata nel settore dell' istruzione : nel 2006 esse hanno ottenuto il 58,9% delle lauree universitarie nell'Unione europea (56,7% nel 2004). Sussistono peraltro differenze nei campi di studio, ad esempio, negli studi di ingegneria (18% di laureati di sesso femminile) e in quelli di informatica (20%), mentre le donne predominano nei campi di studio del commercio, della gestione e del diritto (60%). Le donne sono tuttora dietro gli uomini per quanto riguarda l'utilizzazione di nuove tecnologie e riscontrano difficoltà nell'accesso a lavori più specialistici connessi alle TIC.

L'elevato livello di istruzione delle donne non si rispecchia direttamente nei posti che esse occupano nel mercato del lavoro. Per lo più le donne prestano lavoro in settori e professioni 'femminizzate' e restano in categorie di occupazione minori con un accesso limitato alle cariche elevate. Nella maggior parte degli Stati membri la segregazione professionale e settoriale è rimasta pressoché invariata negli ultimi anni, il che significa che l'aumento del tasso di occupazione femminile si è realizzato in settori in cui le donne erano già in maggioranza. Una ripartizione più equa dei campi di studio e delle professioni tra i sessi consentirebbe di rispondere alla domanda di nuove competenze e di soddisfare le future esigenze del mercato del lavoro.

Una delle conseguenze della segregazione dei sessi sul mercato del lavoro è il persistente scarto di retribuzione (mediamente il 17,4% nell'UE), dovuto in parte al fatto che le donne sono concentrate in occupazioni e posti di lavoro meno valorizzati. Più disposte a lavorare a tempo parziale e a interrompere la propria carriera per ragioni familiari, le donne sono più esposte alle conseguenze negative di tali scelte in materia di retribuzione, di evoluzione della carriera e di diritti al pensionamento. Questo fatto comporta anche il rischio di povertà, in particolare per genitori singoli, che per lo più sono donne (con un tasso di rischio di povertà del 32%) e per le donne di età superiore ai 65 anni (con un tasso di rischio di povertà del 21%, ossia superiore di 5 punti a quello degli uomini). Le donne sono altresì più vulnerabili in periodi di aumento della disoccupazione dal momento che esse hanno, più degli uomini, contratti a durata determinata (15% contro 13,9%).

Nonostante il fatto che sempre più numerose siano le donne altamente qualificate e che la partecipazione al mercato del lavoro delle donne sia in aumento, esse sono tuttora minoritarie rispetto agli uomini in posti di responsabilità nella politica e nelle imprese, specialmente ai più alti livelli. Il numero di donne con funzioni direttive [6] nell'UE è rimasto stabile negli ultimi anni, con una media del 30%, e meno ancora nella maggioranza degli Stati membri. Un membro su dieci degli consigli di amministrazione e il 3% dei direttori delle principali società quotate in borsa dell'Unione europea sono di sesso femminile. Non vi sono donne tra i governatori delle Banche centrali dell'Unione europea; esse rappresentano soltanto il 16% negli organi decisionali più elevati di tali istituzioni. La situazione è paradossale, se si pensa che le studentesse superano in numero gli studenti nei settori del commercio, della gestione e del diritto.

In politica, la maggior parte dei paesi dell'Unione europea ha fatto registrare progressi in questi ultimi dieci anni, progressi però lenti con cifre nel complesso basse. La percentuale media di donne tra i deputati dei parlamenti nazionali è passata dal 16% nel 1997 al 24% nel 2008, percentuale che varia dal 9% al 46% a seconda dei paesi. Soltanto in undici Stati membri tale percentuale è superiore al 30%, soglia ritenuta minima perché le donne possano esercitare un'effettiva influenza sulle questioni politiche. Nei governi nazionali un ministro di grado elevato su quattro è una donna, mentre la percentuale delle donne ministro varia dallo zero al 60%. Le istituzioni europee hanno fatto registrare alcuni progressi, ma le donne sono tuttora sottorappresentate ai più alti livelli. Soltanto tre su dieci deputati del Parlamento europeo sono donne.

2.2. Sviluppi politici e legislativi

Una delle principali iniziative del 2008 per giungere alla parità tra donne e uomini è stata l'adozione, da parte della Commissione europea, di varie misure destinate a favorire un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata [7]. Una delle proposte riguarda la modifica della direttiva 92/85/CEE sulla protezione della maternità[8]. Le principali modifiche proposte riguardano l'aumento da 14 a 18 settimane del congedo minimo di maternità, di massima senza perdita di reddito. La Commissione ha inoltre proposto di rafforzare le disposizioni della direttiva 86/613/CEE[9] a favore dei lavoratori autonomi e dei 'coniugi coadiuvanti' in aziende familiari. In una relazione della Commissione[10] è stata fatta una rassegna dei progressi nella realizzazione di strutture di custodia per i bambini negli Stati membri, e si è concluso che la maggior parte degli Stati membri non raggiungerà entro il 2010 gli obiettivi di Barcellona.

A seguito di una consultazione a due tappe avviata dalla Commissione, le parti sociali hanno iniziato negoziati sui congedi per motivi familiari diversi dal congedo di maternità. La cooperazione tra gli Stati membri continua in seno all' Alleanza europea per la famiglia , che rappresenta una piattaforma a livello europeo di discussione sulla conciliazione della vita privata e della vita professionale e sulle politiche degli Stati membri in materia di famiglia. La maggior parte degli Stati membri ha riconosciuto l'importanza delle politiche di conciliazione di fronte alle sfide economiche e demografiche. È stata introdotta una serie di misure, ad esempio una più ampia disponibilità di strutture di custodia per bambini (Germania, Regno Unito e Paesi Bassi), modalità di congedo più vantaggiose, in particolare per i padri (Svezia, Germania, Grecia, Lituania e Spagna) e azioni di sensibilizzazione sul ruolo dei padri (Slovenia).

La Commissione ha continuato a raccogliere dati comparabili a livello europeo sulle donne e sugli uomini nella presa di decisioni, e una recente relazione ha confermato che, malgrado sviluppi positivi, le donne rimangono fortemente sottorappresentate[11]. Vari Stati membri hanno attuato misure per favorire un migliore equilibrio tra i sessi in posti direttivi (ad esempio, Spagna, Finlandia, Francia, Portogallo, Austria, Danimarca, Polonia e Cipro). Nel 2008 è stata lanciata una rete comunitaria per promuovere la presenza delle donne in posti di responsabilità nell'economia e nella politica , rete che potrà servire da piattaforma di scambio delle prassi ottimali tra le reti esistenti a livello dell'Unione europea.

L'equa partecipazione delle donne e degli uomini alla presa di decisioni politiche è stato un tema prioritario della presidenza slovena, nel quadro della verifica della piattaforma d'azione di Pechino. Nel giugno 2008 il Consiglio dei ministri ha adottato una serie di conclusioni sulle donne nella presa di decisioni politiche e sull'eliminazione degli stereotipi legati al sesso esistenti nella società, tema prioritario del programma del trio di presidenza (Germania, Portogallo e Slovenia). Alla fine del 2007 la Commissione ha avviato un'iniziativa di formazione e di sensibilizzazione destinata ad informare le imprese, in particolare le piccole e medie imprese, circa i benefici della lotta contro gli stereotipi legati al sesso. Essa svolge altresì una campagna per attirare le giovani verso professioni connesse alle TIC e mantenere in questo settore l'occupazione femminile.

La legislazione dell'UE sulla parità di trattamento tra donne e uomini contribuisce anch'essa ai progressi in questo campo. Nel 2008 la Commissione ha esaminato in modo approfondito l'applicazione delle direttive 2002/73/CE[12] e 2004/113/CE[13] e ha intrapreso le iniziative necessarie per verificare il recepimento tempestivo e corretto di tali direttive negli Stati membri. La Commissione ha avviato contro un certo numero di Stati membri procedimenti di infrazione, di cui 20 tuttora in sospeso, per il recepimento non corretto della direttiva 2002/73/CE. Quanto alla direttiva 2004/113/CE, sono stati avviati, nei confronti di dodici Stati membri, procedimenti di infrazione, sette dei quali tuttora in sospeso alla fine del 2008, per la mancata comunicazione delle misure nazionali di recepimento.

La Commissione inoltre sta esaminando l'adeguatezza dell'attuale legislazione dell'UE sulla parità di retribuzione al fine di contrastare il divario di retribuzione tra le donne e gli uomini conformemente alla comunicazione del 2007[14], e ha avviato una campagna di sensibilizzazione su tale problema. Vari Stati membri hanno avviato, in merito a tale problema, iniziative mirate, ad esempio il Regno Unito (dovere di parità dei poteri pubblici e commissione "Donne e lavoro"), la Francia (inclusione nelle contrattazioni collettive a livello delle parti sociali), la Finlandia (strategia nazionale di parità di retribuzione), la Svezia (piano d'azione annuale obbligatorio in tema di pari retribuzione per tutte le imprese con almeno dieci dipendenti) e il Belgio (relazione annuale e introduzione di sistemi di valutazione delle funzioni non discriminatori per le donne).

L' Istituto europeo per l'uguaglianza di genere sta per essere istituito, e, una volta operativo, fornirà una nuova assistenza tecnica alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri.

3. SFIDE E ORIENTAMENTI POLITICI

La sfida globale è quella di trovare risposte efficaci e sostenibili alla crisi economica e di ridurne le molteplici ripercussioni a breve e lungo termine, in particolare sul mercato del lavoro. L'occupazione delle donne è stata una delle principali forze motrici del mercato del lavoro europeo a seguito dell'avvio della strategia di Lisbona. Di conseguenza, l'uguaglianza di genere deve essere integrata nelle azioni rivolte a far fronte alle sfide, in quanto le donne potranno essere interessate diversamente dagli uomini. Le politiche di parità tra uomini e donne si sono dimostrate risposte efficaci alle sfide, e gli Stati membri devono continuare ad investire a favore di una migliore utilizzazione dei talenti e delle risorse delle donne e degli uomini, rafforzando in particolare la specificità di genere delle politiche in materia di flessicurezza.

Il persistere del divario tra donne e uomini conferma l'importanza dell'eliminazione degli ostacoli alla piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro e alla lotta contro gli stereotipi legati al sesso profondamente radicati, che determinano i ruoli delle donne e degli uomini nella società, aggravando lo squilibrio, tra i sessi, nella ripartizione del lavoro retribuito e non retribuito. La ripartizione ineguale delle responsabilità familiari può spesso indurre le donne, in misura maggiore che non gli uomini, ad optare per modalità di lavoro flessibili e a interrompere il loro percorso lavorativo, fatto che può avere un impatto negativo sull'evoluzione della loro carriera, sul loro reddito, sui loro diritti al pensionamento e sulla loro indipendenza economica. Le politiche destinate a favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro debbono quindi seguire un approccio integrato, includendo strategie destinate ad eliminare gli stereotipi legati al sesso, nonché misure di conciliazione della vita privata e della vita professionale tanto delle donne quanto degli uomini.

Oltre alle strutture e alle pratiche discriminatorie visibili o invisibili, l'accesso delle donne a posti di responsabilità e di direzione è ostacolato anche dagli stereotipi legati al sesso e dalla difficoltà di conciliare lavoro e responsabilità familiari. Le politiche volte a promuovere la parità tra donne e uomini nei processi e nelle funzioni decisionali devono quindi essere di natura molteplice e affrontare le cause principali del problema. Nei punti seguenti sono illustrati i settori in cui è necessario agire.

3.1. Favorire un'equa suddivisione, tra donne e uomini, delle responsabilità private e familiari

Le politiche a favore della conciliazione della vita privata e della vita professionale rispondono a sfide economiche e demografiche a lungo termine e vanno quindi rafforzate per stimolare la crescita. Una migliore ripartizione del tempo consacrato al lavoro/alla famiglia, sia per le donne sia per gli uomini, richiede una suddivisione più equa del tempo dedicato al lavoro retribuito e al lavoro non retribuito. Il tempo delle donne è, più che per gli uomini, legato alle responsabilità domestiche e familiari. Le misure di conciliazione devono rivolgersi anche agli uomini, in quanto la promozione della parità tra donne e uomini comporta cambiamenti e nuove opportunità per entrambi i sessi.

- L'istituzione di servizi di cura per bambini e altre persone a carico, che siano abbordabili, accessibili e di qualità, consentirà a un numero maggiore di donne di entrare e di rimanere nel mercato del lavoro e di facilitare l'equilibrio vita professionale-vita privata tanto per le donne quanto per gli uomini. Il potenziale dei Fondi strutturali e dell'FEASR[15] deve essere pienamente utilizzato per finanziare servizi di qualità.

- Le politiche di conciliazione devono consentire alle donne e agli uomini di scegliere personalmente modalità più flessibili per il lavoro e le ferie. Misure quali il congedo di paternità possono stimolare gli uomini a condividere equamente con le donne le responsabilità parentali o di altro genere.

- Le politiche di conciliazione devono essere applicate a tutti i livelli sul posto di lavoro, al fine di generalizzare un utilizzo più equo del tempo delle donne e degli uomini e favorire un atteggiamento più idoneo nei confronti della necessità, per le donne come per gli uomini, di conciliare lavoro e vita familiare.

- Le proposte che modificano le due direttive[16] sul congedo di maternità e i diritti delle lavoratrici autonome devono essere quanto prima adottate dal legislatore. Esse rappresentano un concreto contributo alla conciliazione della vita privata e della vita professionale nell'Unione europea.

3.2. Lottare contro gli stereotipi per consentire alle donne e agli uomini di realizzare pienamente il loro potenziale

Gli stereotipi legati al sesso rappresentano convincimenti culturali e sociali nei confronti di ruoli e funzioni considerati per tradizione 'maschili' o 'femminili' che possono influenzare le donne e gli uomini nella scelta dei loro studi e delle loro attività e comportano una segregazione del mercato del lavoro a seconda del sesso. Tali stereotipi comportano una suddivisione ineguale, tra donne e uomini, dell'orario lavorativo, del reddito e delle responsabilità familiari; essi rappresentano anche ostacoli all'evoluzione della carriera delle donne e al loro accesso a posti di responsabilità. Lottare contro gli stereotipi legati al sesso significa quindi lottare contro la causa basilare degli scarti ancora esistenti tra i due sessi sul mercato del lavoro.

- I bambini e i giovani hanno bisogno di modelli di donne e di uomini non basati su stereotipi. Le pratiche e gli atteggiamenti discriminatori devono essere eliminati dai materiali e metodi didattici, dall'insegnamento e dall'orientamento professionale.

- È possibile eliminare i pregiudizi legati al sesso tramite azioni di formazione e di sensibilizzazione sul luogo di lavoro e modificare in tal modo culture di lavoro basate su una versione stereotipata dei ruoli e delle competenze delle donne e degli uomini, in particolare nei riguardi delle donne in posti di responsabilità.

- Occorre incoraggiare i mezzi di comunicazione, compreso il settore pubblicitario, a diffondere immagini e contenuti non stereotipati, in particolare sulle donne che rivestono funzioni decisionali.

3.3. Promuovere la pari partecipazione delle donne e degli uomini a processi e ad incarichi decisionali

La pari partecipazione di donne e uomini ai processi decisionali è una necessità democratica ed economica. Nell'attuale situazione economica è tanto più importante mobilitare tutti i talenti, in quanto non è il caso si sprecare competenze e potenziale produttivo a causa di concezioni obsolete circa il ruolo e la capacità di dirigere delle donne e degli uomini. Gli studi[17] sottolineano un rapporto positivo tra la presenza delle donne in posti direttivi e i risultati finanziari e organizzativi. La ricerca di un migliore equilibrio tra i sessi nella condotta degli affari può migliorare la gestione e la redditività delle imprese.

- La promozione della parità tra donne e uomini nella presa di decisioni passa per un impegno e una partnership più forti a tutti i livelli: governi, autorità regionali e locali, partiti politici, parti sociali, dirigenti di imprese, unità risorse umane, organizzazioni non governative, istituti di istruzione, mezzi di comunicazione, uomini e donne.

- Una partecipazione più equilibrata alla presa di decisioni richiede azioni mirate e misure efficaci come, se del caso, un'azione positiva, piani di parità, consulenza e formazione mirata. Tutte le procedure di nomina, di assunzione, di valutazione delle funzioni e delle competenze, di retribuzione e di promozione devono essere trasparenti e neutre rispetto al sesso. È importante lottare sistematicamente contro la discriminazione e le molestie morali e sessuali.

- Occorre migliorare la raccolta, l'analisi e la diffusione di dati comparabili disponibili a livello europeo ripartiti per sesso, in modo da seguire il processo di parità tra donne e uomini nelle prese di decisione. Studi quantitativi e qualitativi sono necessari per valutare le strategie, tra cui misure positive quali quote, adottate dagli Stati membri. Gli scambi e la diffusione delle prassi ottimali devono essere incoraggiati, ad esempio mediante reti di donne in posti di comando.

- I sistemi elettorali esercitano un impatto sull'impegno delle donne e sulla loro rappresentanza. Occorre incoraggiare i partiti politici e i parlamenti europeo e nazionali, secondo le loro responsabilità rispettive, ad adottare misure adeguate affinché le donne si impegnino maggiormente e la presenza delle donne e degli uomini sulle liste elettorali e nelle nomine a cariche pubbliche sia più equilibrata.

3.4. Suscitare una maggiore consapevolezza e una migliore comprensione della parità tra donne e uomini

Negli ultimi anni l'impegno politico a favore della parità dei sessi è aumentato tanto a livello europeo quanto a livello degli Stati membri. Peraltro, tale impegno deve tuttora tradursi in azioni e in progressi concreti in tutti gli Stati membri. A tale scopo, tutte le parti interessate devono conoscere e comprendere i fattori d'ineguaglianza, nonché gli strumenti e i meccanismi che consentono di ridurli. È indispensabile disporre delle risorse e delle strutture necessarie e di una migliore capacità d'azione a favore dell'integrazione della parità dei sessi. Una politica di comunicazione più ampia e meglio concepita può favorire una presa di coscienza e rendere tali problemi più visibili e più comprensibili a tutti i livelli della società.

- Occorre rafforzare l'integrazione della parità dei sessi grazie a una formazione più intensa dei decisori politici e a un rafforzamento dei loro mezzi d'azione affinché possano meglio utilizzare tale strumento in tutte le politiche e misure adottate.

- La capacità d'azione sarà facilitata dallo sviluppo di statistiche e di indicatori specifici, basati sui dati esistenti, e in particolare dalla presa in considerazione del genere nell'analisi e nel controllo delle politiche.

- Una migliore conoscenza e una migliore comprensione dei problemi di ineguaglianza tra le donne e gli uomini a tutti i livelli della società, anche grazie ad attività di comunicazione, aumenteranno la consapevolezza tra le parti interessate e il pubblico in generale.

4. CONCLUSIONI

La presente relazione illustra i principali progressi registrati nel 2008 in materia di parità tra donne e uomini e accenna alle sfide future; in questo contesto, occorre mettere in luce le esigenze seguenti:

- l'importanza di rafforzare i risultati positivi dell'impegno politico a favore della parità dei sessi e garantire i principi fondamentali e i diritti di tutti i cittadini grazie ad una corretta applicazione della legislazione europea, tra cui le direttiva 2002/73/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione, 2004/113 sulla parità di trattamento per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e 2006/54, che rappresenta la rifusione di sette direttive sulla parità di trattamento[18];

- la rapida adozione delle due proposte intese a modificare le direttive 92/85/CEE sulla tutela della maternità e 86/613/CEE sui lavoratori autonomi e sui 'coniugi coadiuvanti' in aziende familiari.;

- i negoziati avviati dalle parti sociali per concludere un accordo su altri tipi di congedo per motivi familiari;

- la continuazione degli sforzi miranti a raggiungere gli obiettivi di Barcellona sulle strutture di custodia per bambini e sviluppare altri servizi per consentire sia alle donne sia agli uomini di conciliare la loro vita privata e professionale;

- sostegno all'attiva promozione di una presenza equilibrata delle donne e degli uomini nelle elezioni del Parlamento europeo del 2009 e la nomina di donne alle più alte cariche politiche presso le istituzioni dell'Unione europea;

tenuto conto del contributo che la parità dei sessi può apportare alla crescita, all'occupazione e alla coesione sociale, la Commissione invita il Consiglio europeo a chiedere agli Stati membri di reagire tempestivamente alle sfide menzionate nella presente relazione, confermando il loro impegno a favore dell'integrazione della parità tra donne e uomini in tutti i campi d'azione, in collaborazione con le parti sociali e la società civile.

[1] COM (2008) 800.

[2] COM (2008) 412.

[3] COM (2008) 868.

[4] Eurostat, Indagine sulle forze di lavoro 2006.

[5] Nel marzo 2002 il Consiglio europeo, riunitosi a Barcellona, ha invitato gli Stati membri a ‘eliminare gli elementi dissuasivi alla partecipazione delle donne alla forza lavoro e adoperarsi, tenendo conto della richiesta di servizi di custodia dei bambini e conformemente ai modelli nazionali di offerta di tali servizi, per fornire, entro il 2010, servizi ad almeno il 90% dei bambini di età compresa tra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico e ad almeno il 33% dei bambini al di sotto dei 3 anni’.

[6] Direttori, amministratori delegati e dirigenti di piccole imprese.

[7] COM (2008) 635.

[8] COM (2008) 637.

[9] COM (2008) 636.

[10] COM (2008) 638.

[11] http://ec.europa.eu/employment_social/publications/2008/ke8108186_en.pdf.

[12] Direttiva 2002/73/CE che modifica la direttiva 76/207/CEE relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro.

[13] Direttiva 2004/113/CE che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura.

[14] COM (2007) 424.

[15] Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

[16] Cfr. note 9 – 10.

[17] Ad es., Mc Kinsey Women Matter Report (2007); Vinnicombe, Susan, Singh, Val (2003); Catalyst (2004).

[18] Direttiva 2006/54/CE riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione).