Causa C‑538/09

Commissione europea

contro

Regno del Belgio

«Inadempimento di uno Stato — Ambiente — Direttiva 92/43/CEE — Art. 6, n. 3 — Zone speciali di conservazione — Valutazione opportuna dell’incidenza dei piani o progetti atti a pregiudicare significativamente il sito protetto — Esenzione dalla valutazione dei piani o progetti soggetti a regime dichiarativo — Trasposizione non corretta»

Massime della sentenza

1.        Ambiente — Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche — Direttiva 92/43 — Zone speciali di conservazione — Obblighi degli Stati membri

(Direttiva del Consiglio 92/43, art. 6, n. 3)

2.        Ambiente — Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche — Direttiva 92/43 — Zone speciali di conservazione — Obblighi degli Stati membri

(Direttiva del Consiglio 92/43, art. 6, n. 3)

3.        Ambiente — Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche — Direttiva 92/43 — Zone speciali di conservazione — Obblighi degli Stati membri

(Direttiva del Consiglio 92/43, art. 6, n. 3)

1.        L’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, subordina il requisito dell’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste qualora non possa escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato.

La valutazione del rischio dev’essere effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto.

(v. punti 39-40)

2.        La condizione cui è subordinata la valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito determinato, implicante che in caso di dubbio quanto all’assenza di effetti significativi occorre procedere alla valutazione stessa, non permette di sottrarre a quest’ultima talune categorie di progetti sulla base di criteri inidonei a garantire che questi ultimi non possano incidere significativamente sui siti protetti.

Invero, la possibilità di esentare in termini generali talune attività, conformemente alla normativa in vigore in uno Stato membro, dalla necessità di una valutazione delle incidenze sul sito interessato non è idonea a garantire che tali attività non pregiudichino l’integrità del sito protetto.

L’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, non può quindi autorizzare uno Stato membro ad emanare norme nazionali che portino ad eludere, in maniera generale, l’obbligo di valutazione dell’incidenza sul sito dei piani di assetto territoriale in considerazione vuoi dell’esiguo ammontare delle spese previste vuoi degli specifici settori di attività interessati. Del pari, esentando sistematicamente dalla procedura di valutazione delle incidenze sul sito i programmi e i progetti di lavori, di opere o di realizzazioni soggetti a regime dichiarativo, uno Stato membro viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43.

(v. punti 41-44)

3.        Laddove uno Stato membro istituisca un regime dichiarativo, che non prevede quindi una valutazione del rischio a seconda, in particolare, delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato, spetta a tale Stato membro dimostrare che le disposizioni che ha adottato consentono di escludere, sulla base di elementi oggettivi, che qualunque piano o progetto soggetto a tale regime dichiarativo pregiudichi significativamente un sito Natura 2000, singolarmente o in combinazione con altri piani o progetti.

Infatti, dall’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, si può dedurre che le autorità nazionali competenti possono tralasciare di effettuare una valutazione dell’incidenza di un piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione di un sito Natura 2000 soltanto quando si possa escludere, sulla base di elementi obiettivi, che tale piano o progetto, da solo o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudichi significativamente detto sito.

(v. punti 52-53)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

26 maggio 2011 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Art. 6, n. 3 – Zone speciali di conservazione – Valutazione opportuna dell’incidenza dei piani o progetti atti a pregiudicare significativamente il sito protetto – Esenzione dalla valutazione dei piani o progetti soggetti a regime dichiarativo – Trasposizione non corretta»

Nella causa C‑538/09,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 258 TFUE, proposto il 21 dicembre 2009,

Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra D. Recchia e dal sig. A. Marghelis, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno del Belgio, rappresentato dal sig. T. Materne, in qualità di agente,

convenuto,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič, E. Levits, M. Safjan (relatore) e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, non imponendo, per talune attività che possono pregiudicare un sito Natura 2000, un’opportuna valutazione dell’incidenza ambientale e assoggettando talune attività ad un regime dichiarativo, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 6, n. 3, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva “habitat”»).

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

2        In forza dell’art. 2, n. 1, la direttiva «habitat» ha lo scopo di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri a cui si applica il TFUE.

3        L’art. 3, n. 1, di tale direttiva così dispone:

«È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

(...)».

4        L’art. 4 della richiamata direttiva disciplina la procedura ai sensi della quale è costituita la rete Natura 2000, così come l’identificazione delle zone speciali di conservazione da parte degli Stati membri.

5        L’art. 6, nn. 2 e 3, della direttiva «habitat», che stabilisce le misure di conservazione per tali zone, recita:

«2.      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3.      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».

 La normativa nazionale

6        L’art. 28, n. 2, della legge 12 luglio 1973 sulla conservazione della natura (Moniteur belge dell’11 settembre 1973, pag. 10306), come modificata dalla legge regionale della Regione vallona 22 maggio 2008 (Moniteur belge del 17 giugno 2008, pag. 31074; in prosieguo: la «legge sulla conservazione della natura»), dispone quanto segue:

«I divieti generali applicabili all’interno o, se del caso, al di fuori dei siti Natura 2000, nonché qualsiasi altra misura di prevenzione generale da adottare, ove necessario, al di fuori dei siti per evitare il degrado degli habitat naturali e le perturbazioni significative che interessano le specie per le quali il sito è stato designato, sono disposti dal Governo».

7        La legge sulla conservazione della natura, all’art. 29, n. 2, così prevede:

«Qualsiasi piano o progetto soggetto ad autorizzazione che, rispetto alle disposizioni regolamentari del decreto di designazione di un sito Natura 2000, non sia direttamente connesso o necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una valutazione dell’incidenza prevista dalla legislazione che disciplina la valutazione dell’incidenza sull’ambiente nella Regione vallona, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito e secondo le modalità fissate dal Governo.

(...)».

8        L’art. 3 della legge regionale della Regione vallona 11 marzo 1999, relativa all’autorizzazione ambientale (Moniteur belge dell’8 giugno 1999, pag. 21114), nella versione applicabile alla presente controversia (in prosieguo: la «legge regionale 11 marzo 1999») prevede quanto segue:

«Gli impianti e le attività sono suddivisi in rubriche e ripartiti in tre classi (prima, seconda e terza classe) a seconda dell’intensità decrescente del loro impatto sull’uomo e sull’ambiente e della loro idoneità a essere disciplinate da condizioni generali, settoriali o [cosiddette] integrali.

La terza classe raggruppa gli impianti e le attività che hanno un impatto trascurabile sull’uomo e sull’ambiente per le quali il Governo ha dettato condizioni integrali.

(...)

Il Governo può disporre criteri che consentano al dichiarante di stabilire se la struttura in fase di progettazione rientrante nella terza classe sia in grado di rispettare le condizioni integrali. In caso contrario, la struttura in fase di progettazione passa alla seconda classe e il dichiarante presenta una domanda di autorizzazione ambientale di seconda classe. In tal caso, il Governo stabilisce quali siano le informazioni da accludere alla domanda di autorizzazione ambientale».

9        L’art. 10, n. 1, della legge regionale 11 marzo 1999 recita:

«Nessuno può utilizzare, senza autorizzazione ambientale, una struttura rientrante nella prima o nella seconda classe.

(...)».

10      L’art. 11, n. 1, di tale legge regionale così dispone:

«Nessuno può utilizzare una struttura rientrante nella terza classe senza avere effettuato una dichiarazione preventiva.

(...)».

11      L’art. 13 di detta legge regionale è formulato nei termini seguenti:

«Il collegio comunale del comune sul cui territorio è situata la struttura in fase di progettazione è competente a conoscere delle dichiarazioni e delle domande di autorizzazione ambientale.

(...)».

12      Il decreto del governo vallone 4 luglio 2002, che stabilisce l’elenco dei progetti per cui è prevista una valutazione dell’incidenza e degli impianti e attività classificate (Moniteur belge del 21 settembre 2002, pag. 42502), nella versione applicabile alla presente controversia (in prosieguo: il «decreto 4 luglio 2002»), all’art. 2, n. 1, così prevede:

«I progetti assoggettati a valutazione dell’incidenza nonché gli impianti e attività classificate sono riportati nell’elenco che figura nell’allegato I del presente decreto».

13      L’allegato I del decreto 4 luglio 2002 elenca alcuni progetti, impianti o attività per cui non è previsto uno studio dell’incidenza ambientale, compresi i progetti, gli impianti o le attività seguenti, cui la Commissione fa specifico riferimento nel suo ricorso:

–        qualsiasi edificio o altra infrastruttura non contemplata dalla rubrica 01.20.01.01, atta ad accogliere da 4 a 500 animali per le attività di allevamento o d’ingrasso di animali di specie bovina di almeno 6 mesi, rientrante nel settore dell’agricoltura, di cui alla rubrica 01.20.01.02.01;

–        il deposito di cereali, granaglie e altri prodotti destinati all’alimentazione animale, sfusi o in silos, ad eccezione di paglia e fieno, per una capacità superiore a 50 m3, di cui alla rubrica 01.49.01.01;

–        gli impianti di distribuzione di idrocarburi liquidi il cui punto di infiammabilità è superiore a 55 °C e inferiore o uguale a 100 °C, per veicoli a motore, a fini commerciali diversi dalla vendita al pubblico, quali la distribuzione di idrocarburi destinata all’alimentazione di un parco veicoli in gestione propria o per proprio conto, con un massimo di due erogatori e purché la capacità di stoccaggio del deposito di idrocarburi sia superiore o uguale a 3 000 litri e inferiore a 25 000 litri, di cui alla rubrica 50.50.01, e

–        l’unità di depurazione individuale inferiore o uguale a 20 equivalenti/abitante, di cui alla rubrica 90.11.

 Fatti e procedimento precontenzioso

14      Nel corso del 2006, la Commissione ha ricevuto una denuncia diretta contro la gestione non autorizzata di una struttura destinata all’allevamento industriale, situata sul territorio del comune di Philippeville, nella Regione vallona (Belgio), ai margini del sito Natura 2000 denominato «Bassin de Fagnard de l’Eau blanche en aval de Mariembourg», designato come zona speciale di conservazione.

15      Il denunciante vi descriveva l’elevato degrado della zona centrale di tale sito Natura 2000 a causa degli scarichi dell’allevamento in questione, situazione questa che, a suo parere, minacciava numerose specie menzionate nell’allegato della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1), e nell’allegato della direttiva «habitat».

16      Con lettera del 23 agosto 2006, la Commissione ha invitato il Regno del Belgio a trasmetterle le sue osservazioni in merito al rispetto di quanto prescritto dall’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat».

17      Alla luce della risposta fornita dal Regno del Belgio, la Commissione ha ritenuto che, in effetti, la legislazione belga non fosse conforme alle prescrizioni dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», dal momento che essa non richiedeva una valutazione dell’incidenza ambientale e prevedeva un regime dichiarativo per talune attività, qualora esse potessero pregiudicare un sito Natura 2000.

18      Dopo aver intimato al Regno del Belgio, il 23 marzo 2007, di presentare le proprie osservazioni, il 6 maggio 2008 la Commissione ha emesso un parere motivato invitando tale Stato membro ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi a tale parere entro due mesi a decorrere dalla sua notifica.

19      In data 11 luglio 2008, il Regno del Belgio ha risposto a tale parere motivato sostenendo che l’azienda agricola messa inizialmente in discussione era, da allora, dotata di un impianto di depurazione, e che non erano presenti scarichi verso il sito Natura 2000 interessato. Tale Stato membro ha aggiunto che la legge sulla conservazione della natura conteneva ormai l’art. 28, n. 2, il cui testo è riportato al punto 6 della presente sentenza, e che un decreto diretto a garantire l’attuazione di tale disposizione era in corso di adozione definitiva.

20      In seguito a una «riunione pacchetto» tenutasi tra il Regno del Belgio e la Commissione il 17 marzo 2009, tale Stato membro, in data 5 maggio 2009, ha completato la sua risposta al parere motivato fornendo informazioni sulle disposizioni legislative e regolamentari adottate dalla Regione vallona per evitare qualsiasi rischio di danni all’ambiente.

21      In considerazione del fatto che tali disposizioni non consentono di garantire sistematicità alla valutazione dell’incidenza sul sito protetto prevista dall’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», la Commissione ha proposto il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

22      La Commissione sottolinea che, in conformità all’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», le autorità nazionali possono autorizzare la realizzazione di un piano o di un progetto solo dopo avere effettuato una valutazione dell’incidenza ambientale, che deve evidenziare l’impatto reale o potenziale del piano o del progetto sul sito protetto.

23      Quando i criteri di esclusione di una categoria di piani o progetti non sono sufficienti a garantire con certezza che i piani o i progetti in questione saranno privi di effetti pregiudizievoli significativi per quanto concerne l’integrità del sito protetto, tale valutazione dovrebbe, secondo la Commissione, avvenire sistematicamente.

24      Nella fattispecie, dall’art. 29, n. 1, della legge sulla conservazione della natura emergerebbe che i piani o i progetti non soggetti ad autorizzazione ambientale, tra cui figurano le categorie di piani e di progetti per cui è prevista una semplice dichiarazione presso l’amministrazione comunale, non richiedono una valutazione dell’incidenza ambientale.

25      Orbene, tale esclusione dall’obbligo di procedere a una valutazione di questo tipo per i piani e i progetti assoggettati a un regime dichiarativo non sarebbe fondata su un criterio oggettivo. Invero, non sarebbe possibile escludere che le attività che si collocano al di sotto delle soglie fissate dal decreto 4 luglio 2002 abbiano un impatto significativo sul sito interessato.

26      A tale proposito, la Commissione fa riferimento alle attività e agli impianti citati al punto 13 della presente sentenza, e afferma che un allevamento di 500 bovini, a causa degli scarichi che produce, può avere un impatto su un determinato sito, anche se su un altro sito tali scarichi sarebbero privi di effetto.

27      Nella replica, la Commissione aggiunge che, per quanto attiene all’argomento vertente sulla possibilità di un passaggio delle strutture dalla terza alla seconda classe, l’art. 3, quinto comma, della legge regionale 11 marzo 1999 conferisce tale responsabilità al dichiarante, mentre, in conformità all’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», spetta alle autorità nazionali competenti verificare, per mezzo di un’opportuna valutazione, che i piani e i progetti non pregiudichino l’integrità del sito in questione. Del resto, da detto art. 3, quinto comma, risulterebbe che il passaggio dalla terza alla seconda classe è connesso all’impossibilità di rispettare le condizioni integrali, e non al rischio corso da un sito Natura 2000.

28      Inoltre, i divieti generali cui fa riferimento l’art. 28, n. 2, della legge sulla conservazione della natura rientrerebbero nell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», che non riguarda l’obbligo di effettuare una valutazione dell’incidenza sul sito per un nuovo progetto. Di conseguenza, detto art. 28, n. 2, non sarebbe sufficiente ad assicurare la trasposizione dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat».

29      Il Regno del Belgio sostiene che i controlli effettuati dai suoi servizi non rivelano alcun impatto negativo dell’allevamento oggetto della denuncia sul sito Natura 2000 denominato «Bassin de Fagnard de l’Eau blanche en aval de Mariembourg».

30      Più in generale, dall’art. 3 della legge regionale 11 marzo 1999 emergerebbe che la terza classe di strutture, assoggettata a un regime dichiarativo, raggruppa per definizione gli impianti e le attività che hanno un impatto trascurabile sull’uomo e sull’ambiente.

31      La gestione di un impianto o di un’attività di terza classe comporterebbe inoltre il rispetto delle disposizioni del codice dell’ambiente nonché delle condizioni integrali dettate per settore di attività. Tali condizioni integrali sarebbero dirette a ridurre l’impatto sull’ambiente e a evitare di causare danni ai siti Natura 2000.

32      Inoltre, quando la Regione vallona ha proceduto a redigere l’elenco delle attività o degli impianti classificati avrebbe fatto realizzare uno studio sulle attività atte ad avere incidenze sull’ambiente, tenendo conto dei criteri fissati nell’allegato III della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40).

33      Al fine di ridurre i rischi di danni all’ambiente derivanti da una situazione imprevedibile, la legge regionale 11 marzo 1999 contempla anche la possibilità di un cambiamento di classe per le strutture rientranti nella terza classe che non siano in grado di rispettare le condizioni integrali ad esse applicabili. Il dichiarante dovrebbe in questo caso presentare una domanda di autorizzazione ambientale di seconda classe. In tal caso, l’autorità competente potrebbe, sulla base delle informazioni fornite nella domanda di autorizzazione, decidere di richiedere una valutazione dell’incidenza della struttura sul sito Natura 2000 interessato.

34      L’art. 28 della legge sulla conservazione della natura costituirebbe l’ultimo livello della protezione. Infatti, il n. 1 di tale articolo prevederebbe che tutti i gestori siano tenuti a rispettare il divieto generale di degrado degli habitat naturali e di perturbazione delle specie per le quali i siti Natura 2000 sono stati designati. Quanto al n. 2 di detto art. 28, esso permetterebbe al governo di disciplinare, con provvedimenti di carattere generale, tutte le attività che rischiano di avere un impatto sui siti Natura 2000. Tale disposizione sarebbe stata attuata dal decreto del governo vallone 23 ottobre 2008 recante misure di prevenzione generali applicabili ai siti Natura 2000 (Moniteur belge del 27 novembre 2008, pag. 62636) nonché dal decreto del governo vallone 23 ottobre 2008 che fissa talune modalità del regime preventivo applicabile ai siti Natura 2000 (Moniteur belge del 27 novembre 2008, pag. 62644).

35      Se la sovrapposizione di tali disposizioni, che assicurerebbero una protezione efficace dei siti Natura 2000, dovesse rivelarsi insufficiente, il governo vallone avrebbe comunque la possibilità di dettare misure generali di protezione applicabili al di fuori dei siti Natura 2000, a completamento di quelle relative ai siti stessi.

36      Nella sua controreplica, il Regno del Belgio sottolinea che il solo limite all’applicabilità dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» consiste nell’assenza di eventuali incidenze significative sulle zone speciali di conservazione. Orbene, le autorità belghe si conformerebbero a tale approccio mediante l’art. 3 della legge regionale 11 marzo 1999.

37      Per quanto riguarda la possibilità del passaggio delle strutture dalla terza alla seconda classe, l’interpretazione della Commissione sarebbe errata, in quanto il dichiarante deve basarsi su criteri determinati dal governo vallone per constatare che la struttura in questione è soggetta ad autorizzazione ambientale piuttosto che a dichiarazione. Quanto all’argomento secondo cui detto passaggio dipende dal rispetto delle condizioni integrali, il Regno del Belgio precisa che, tenuto conto della normativa belga, una struttura rientrante nella terza classe che rispetta le condizioni integrali ad essa applicabili non avrà effetti sulla salute umana e sull’ambiente o avrà effetti trascurabili su questi ultimi.

38      Pertanto, il Regno del Belgio avrebbe trasposto correttamente l’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», avendo stabilito un regime di opportuna valutazione dell’incidenza di tutte le attività che potrebbero avere un impatto negativo su un sito protetto.

 Giudizio della Corte

39      Secondo una giurisprudenza costante, l’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» subordina il requisito dell’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste qualora non possa escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato (v. sentenze 7 settembre 2004, causa C‑127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, Racc. pag. I‑7405, punti 43 e 44; 20 ottobre 2005, causa C‑6/04, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑9017, punto 54, nonché 13 dicembre 2007, causa C‑418/04, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑10947, punto 226).

40      La valutazione del rischio dev’essere effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto (v. sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punto 49, nonché 4 ottobre 2007, causa C‑179/06, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑8131, punto 35).

41      Inoltre, la condizione cui è subordinata la valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito determinato, implicante che in caso di dubbio quanto all’assenza di effetti significativi occorre procedere alla valutazione stessa, non permette di sottrarre a quest’ultima talune categorie di progetti sulla base di criteri inidonei a garantire che questi ultimi non possano incidere significativamente sui siti protetti (v., in tal senso, sentenza 10 gennaio 2006, causa C‑98/03, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑53, punto 41).

42      Invero, la possibilità di esentare, in termini generali, talune attività, conformemente alla normativa in vigore, dalla necessità di una valutazione delle incidenze sul sito interessato non è idonea a garantire che tali attività non pregiudichino l’integrità del sito protetto (v., in tal senso, sentenze Commissione/Germania, cit., punti 43 e 44, e 4 marzo 2010, causa C‑241/08, Commissione/Francia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 31).

43      L’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» non può quindi autorizzare uno Stato membro ad emanare norme nazionali che portino ad eludere, in maniera generale, l’obbligo di valutazione dell’incidenza sul sito dei piani di assetto territoriale in considerazione vuoi dell’esiguo ammontare delle spese previste vuoi degli specifici settori di attività interessati (v. sentenza 6 aprile 2000, causa C‑256/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2487, punto 39).

44      Del pari, esentando sistematicamente dalla procedura di valutazione delle incidenze sul sito i programmi e i progetti di lavori, di opere o di realizzazioni soggetti a regime dichiarativo, uno Stato membro viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» (v., in tal senso, sentenza 4 marzo 2010, Commissione/Francia, cit., punto 62).

45      Di conseguenza, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, nell’applicare l’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», uno Stato membro non può, in linea di massima, sottrarre in maniera sistematica e generale talune categorie di piani o di progetti all’obbligo di valutazione della loro incidenza sui siti Natura 2000 a seconda del settore di attività o predisponendo un regime dichiarativo.

46      Alla luce di tali considerazioni occorre valutare se, nella fattispecie, le disposizioni adottate dal Regno del Belgio siano conformi all’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat».

47      A tale proposito, occorre rilevare che l’art. 29, n. 2, della legge sulla conservazione della natura prevede che qualsiasi piano o progetto soggetto ad autorizzazione, che possa avere incidenze in modo significativo su un sito Natura 2000, singolarmente o in combinazione con altri piani e progetti, è oggetto della valutazione dell’incidenza prevista dalla normativa che disciplina la valutazione dell’incidenza sull’ambiente nella Regione vallona.

48      Nel contempo, la legge regionale 11 marzo 1999 recita che le attività e gli impianti rientranti nella terza classe formano unicamente oggetto di una dichiarazione preventiva presso il collegio comunale del comune sul cui territorio è situata la struttura in fase di progettazione.

49      Dalla combinazione di tali disposizioni la Commissione deduce che le attività e gli impianti rientranti nella terza classe non sono soggetti ad autorizzazione e che, di conseguenza, non sono idonei a formare oggetto di una valutazione della loro incidenza su un sito Natura 2000, il che non è contestato dal Regno del Belgio.

50      A tale proposito, la Commissione fa riferimento all’allegato I del decreto 4 luglio 2002, che precisa quali sono i progetti, gli impianti o le attività non soggetti allo studio dell’incidenza sull’ambiente, tra cui figurano quelli elencati al punto 13 della presente sentenza, che rientrano nella terza classe.

51      Di conseguenza, il Regno del Belgio ha istituito un regime dichiarativo che sottrae talune attività e impianti, in maniera generale, all’obbligo di valutazione della loro incidenza su un sito Natura 2000. Tale Stato membro presuppone quindi che i piani o i progetti soggetti a tale regime dichiarativo non possano pregiudicare significativamente un sito protetto.

52      Ciò premesso, laddove uno Stato membro istituisca un regime dichiarativo, che non prevede quindi una valutazione del rischio a seconda, in particolare, delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato, spetta a tale Stato dimostrare che le disposizioni che ha adottato consentono di escludere, sulla base di elementi oggettivi, che qualunque piano o progetto soggetto a tale regime dichiarativo pregiudichi significativamente un sito Natura 2000, singolarmente o in combinazione con altri piani o progetti (v., in tal senso e per analogia, sentenza 4 marzo 2010, Commissione/Francia, cit., punto 32).

53      Invero, dall’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» si può dedurre che le autorità nazionali competenti possono tralasciare di effettuare una valutazione dell’incidenza di un piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione di un sito Natura 2000 soltanto quando si possa escludere, sulla base di elementi obiettivi, che tale piano o progetto, da solo o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudichi significativamente detto sito (v., in tal senso, citate sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, punto 45, nonché Commissione/Irlanda, punto 238).

54      A tale proposito, in primo luogo, il Regno del Belgio fa riferimento all’art. 3 della legge regionale 11 marzo 1999, secondo cui il regime dichiarativo riguarda esclusivamente gli impianti e le attività che hanno un impatto trascurabile sull’uomo e sull’ambiente, per le quali il Governo ha dettato condizioni integrali.

55      Occorre tuttavia ricordare che anche un progetto di dimensioni ridotte può avere un notevole impatto ambientale se si situa in un luogo in cui i fattori ambientali come la fauna e la flora, il suolo, l’acqua, il clima o il patrimonio culturale sono sensibili al minimo cambiamento (v., in tal senso, per quanto riguarda la direttiva 85/337, sentenza 21 settembre 1999, causa C‑392/96, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑5901, punto 66).

56      Uno Stato membro non può quindi dare per scontato che alcune categorie di piani o progetti, determinate da settori di attività e specifici impianti, avranno per definizione un impatto trascurabile sull’uomo e sull’ambiente.

57      In secondo luogo, il Regno del Belgio osserva che, quando la Regione vallona ha proceduto a redigere l’elenco delle attività o degli impianti classificati, essa ha fatto realizzare uno studio sulle attività atte ad avere incidenze sull’ambiente, tenendo conto dei criteri stabiliti nell’allegato III della direttiva 85/337.

58      Orbene, si deve constatare che il Regno del Belgio non ha prodotto tale studio. In ogni caso, come rilevato dalla Commissione, contrariamente a quanto impone l’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», tale studio preventivo, in particolare, non può consentire di prevedere, in linea di principio, i possibili effetti di un piano o di un progetto, in combinazione con altri piani e progetti, su un dato sito.

59      In terzo luogo, il Regno del Belgio sostiene che, conformemente alla legge regionale 11 marzo 1999, quando una struttura, rientrante nella terza classe, in fase di progettazione non è in grado di rispettare le condizioni integrali ad essa applicabili, è oggetto di un passaggio alla seconda classe. L’autorità competente, sulla base delle informazioni fornite dal dichiarante nella domanda di autorizzazione ambientale di seconda classe, potrebbe allora decidere di imporre una valutazione dell’incidenza della struttura in fase di progettazione sul sito Natura 2000 interessato, tenuto conto degli obiettivi di conservazione di tale sito.

60      Il Regno del Belgio non ha però indicato né le disposizioni relative alle condizioni integrali concernenti gli impianti e le attività cui fa riferimento la Commissione né i criteri che consentono al dichiarante di determinare se la struttura rientrante nella terza classe in fase di progettazione sia in grado di rispettare tali condizioni integrali. Lo stesso Stato membro non spiega nemmeno sotto quale profilo, in concreto, tali disposizioni permetterebbero di sopperire all’assenza di un’opportuna valutazione dell’incidenza dei piani o dei progetti che possono pregiudicare significativamente il sito protetto.

61      In quarto luogo, il Regno del Belgio richiama le disposizioni di applicazione dell’art. 28, n. 2, della legge sulla conservazione della natura, che garantirebbero, in ogni caso, una protezione efficace dei siti Natura 2000 nella Regione vallona.

62      Tale Stato membro si limita tuttavia a fornire i riferimenti dei due decreti del governo vallone del 23 ottobre 2008, citati al punto 34 della presente sentenza, senza esaminarne il contenuto né spiegare i motivi per cui tali decreti sono, a suo parere, sufficienti a garantire la trasposizione dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat».

63      In quinto luogo, il Regno del Belgio cita anche l’obbligo di rispettare il codice dell’ambiente ma senza precisare, in concreto, sotto quale profilo le disposizioni di tale codice, lette in combinazione con le condizioni generali, sarebbero idonee a garantire la protezione dell’ambiente.

64      Da quanto precede risulta che il Regno del Belgio non ha fornito elementi per consentire alla Corte di verificare se le disposizioni che ha adottato siano sufficienti a escludere, sulla base di elementi oggettivi, che un piano o progetto assoggettato al regime dichiarativo pregiudichi in modo significativo un sito Natura 2000, singolarmente o in combinazione con altri piani o progetti.

65      Ciò premesso, il ricorso della Commissione deve ritenersi fondato.

66      In considerazione di quanto precede, occorre dichiarare che, non imponendo, per talune attività, assoggettate a un regime dichiarativo, un’opportuna valutazione dell’incidenza ambientale, qualora tali attività possano pregiudicare un sito Natura 2000, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat».

 Sulle spese

67      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno del Belgio, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Non imponendo, per talune attività, assoggettate a un regime dichiarativo, un’opportuna valutazione dell’incidenza ambientale, qualora tali attività possano pregiudicare un sito Natura 2000, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 6, n. 3, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

2)      Il Regno del Belgio è condannato alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.