30.4.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 112/68


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La candidatura della Croazia all'adesione all'UE

(2004/C 112/20)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 luglio 2003, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29 del Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema La candidatura della Croazia all'adesione all'UE.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 9 marzo 2004, sulla base del progetto predisposto dal relatore STRASSER.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 31 marzo 2004, nel corso della 407a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 98 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

La politica dell'Unione europea in tema di relazioni con i paesi dei Balcani occidentali punta a rafforzare la democrazia in questi paesi e a favorire la riconciliazione e la collaborazione. Per la Croazia, gli aiuti finanziari che l'Unione europea concede dal 1991 nell'ambito di svariati programmi hanno raggiunto, a tutto il 2002, l'importo di circa 500 milioni di euro. Nel 1999 l'Unione europea ha proposto un processo di stabilizzazione e associazione con i paesi dei Balcani occidentali.

1.2

Al vertice di Zagabria del 24 novembre 2000, l'Unione europea ha prospettato ai paesi balcanici la possibilità dell'adesione e un relativo programma di aiuti, subordinandoli al rispetto dei «criteri di Copenaghen» e degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea. I paesi dei Balcani occidentali hanno dichiarato di accettare gli obblighi imposti dall'Unione europea e di voler utilizzare il processo di stabilizzazione e associazione (PSA) - e in particolare, una volta siglati, i relativi accordi (ASA) - come strumento per la preparazione all'adesione.

1.3

Il 21 febbraio 2003 il governo croato ha presentato domanda di adesione all'Unione europea. Il Consiglio ha deciso di chiedere alla Commissione europea di procedere ai sensi dell'articolo 49 del Trattato CE e di presentargli quindi il proprio parere su tale domanda.

2.   Dati generali

2.1

Il 25 giugno 1991 la Croazia ha dichiarato la propria indipendenza dalla Iugoslavia. La guerra con la Serbia si è conclusa soltanto nel 1995 con l'accordo di pace di Dayton. Oltre a forti perdite nella popolazione civile e a ripercussioni sociali negative, gli scontri bellici hanno anche provocato gravi danni in vaste aree del paese nonché un ingente calo del prodotto interno lordo.

2.2

Tra il 1990 e il 1993 il PIL è sceso infatti del 36 % in termini reali (1). È soprattutto la produzione industriale ad aver risentito delle ripercussioni della guerra. La Croazia non deve affrontare soltanto il passaggio da un'economia pianificata di tipo socialista a un'economia di mercato funzionante, ma anche ampie ristrutturazioni in molti comparti economici, conseguenza della secessione dalla Iugoslavia e soprattutto della guerra.

2.3

La Croazia ha una superficie di 56 542 km2 e circa 4,5 milioni di abitanti. Dal censimento del 2001 risulta che il 7,47 % degli abitanti appartiene a una minoranza: la più numerosa è quella serba, con il 4,5 %, mentre la percentuale rimanente è ripartita fra bosniaci, italiani, ungheresi, albanesi, sloveni, rom, ecc.

2.4

Il periodo successivo alla guerra con la Serbia, fino alla morte del presidente TUDJMAN sopraggiunta nel 1999 e alle elezioni parlamentari del gennaio 2000, è stato dominato dal partito dell'HDZ, di impronta nazionalistica. Con la formazione di un governo di coalizione di centrosinistra e l'elezione di Stjepan MESIC a capo dello Stato, nel 2000 è stata creata la base politica per le necessarie riforme. Avendo ottenuto la maggioranza relativa alle elezioni politiche del 23 novembre 2003, l'HDZ, da cui nel frattempo erano uscite le forze estremiste di orientamento nazionalista, ha ricevuto l'incarico di formare il nuovo governo. Il Comitato economico e sociale europeo si compiace del fatto che il nuovo governo croato continui a seguire espressamente la tabella di marcia dell'integrazione e delle riforme e che si adoperi intensamente in favore dell'adesione all'UE, approvata da una netta maggioranza della popolazione.

2.5

Soprattutto a partire dal 2000 gli indicatori macroeconomici sono nettamente migliorati, con una vigorosa crescita economica (2001: + 4,1 %; 2002: + 5,2 %; fino al terzo trimestre 2003: 3,5 %). Il tasso di inflazione è diminuito, passando dal 7,4 % nel 2000 al 2,3 % nel 2002, e nel dicembre 2003 si è attestato sul 2,2 %. Questo andamento è da ricondursi principalmente a un'elevata domanda interna, alla stabilità del cambio, agli interventi di liberalizzazione del commercio, a una dinamica salariale caratterizzata da moderazione, ad aumenti produttivi e a una maggiore concorrenza (2). Ad esso si contrappongono un tasso di disoccupazione rimasto molto elevato, pari al 15 % circa, un disavanzo della bilancia commerciale che nel 2003 ha stabilito un nuovo record di 7 125 miliardi di $, e un debito pubblico che, anch'esso, ha continuato a crescere.

2.6

Malgrado un'altra lieve riduzione del numero di disoccupati, la loro elevata percentuale, pari a circa il 15 % (3), resta uno dei grandi problemi sociali e politici. Secondo il Comitato deve preoccupare soprattutto che, in talune regioni, la percentuale tocchi anche il 40 %, tenendo altresì conto del fatto che il tasso di occupazione croato, che sfiora il 50 %, è molto basso rispetto a quello dell'Unione europea (oltre il 60 %). A questo proposito il Comitato fa osservare che l'economia sommersa assume notevoli proporzioni in Croazia. Sarà una delle principali sfide per il governo croato cercare di ridimensionarla, creando fra l'altro condizioni quadro favorevoli agli imprenditori.

2.7

La Commissione europea, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale valutano negativamente il debito totale del settore pubblico. Nonostante un prelievo fiscale e contributivo molto elevato, pari secondo l'ultimo dato al 48,4 %, il debito estero in percentuale del PIL è cresciuto dal 44,8 % nel 1998 al 74,3 % nel 2003 (4). Una delle cause principali di questo forte incremento risiede nel grande fabbisogno di investimenti per infrastrutture e impianti pubblici nel dopoguerra. Il Comitato considera peraltro problematico anche l'elevato indebitamento dei privati, dovuto alla forte espansione dei consumi.

2.8

Uno studio della Banca mondiale (5), fra l'altro, rileva criticamente che la Croazia spende nettamente di più per l'apparato amministrativo pubblico rispetto, ad esempio, ai paesi di prossima adesione (11,2 % del PIL contro una media del 7,2 %); lo stesso vale anche per i trasferimenti.

3.   Democrazia e stato di diritto

3.1

Nella relazione annuale 2003 sul processo di stabilizzazione e associazione, la Commissione europea afferma fra l'altro che:

le istituzioni democratiche funzionano bene, ma il dialogo politico fra governo e opposizione è spesso reso difficile da questioni interne che, il più delle volte, si sovrappongono all'agenda internazionale,

il parlamento esercita le proprie prerogative senza impedimenti di sorta e l'opposizione può esprimersi pienamente nell'attività parlamentare,

l'attività legislativa è diventata più rapida.

Il Comitato accoglie questi progressi con favore, in quanto costituiscono un presupposto determinante per la partecipazione al processo di integrazione europeo. È interesse della Croazia eliminare prima possibile le carenze che ancora impediscono il pieno funzionamento della democrazia e dello stato di diritto.

3.2

La relazione annuale della Commissione (6) segnala quali sono gli ambiti che richiedono ancora molto lavoro e, nel valutare la situazione nei settori dell'amministrazione della giustizia, dell'esecuzione delle sentenze e dello stato di diritto, esprime un giudizio critico

sul funzionamento della giustizia («i ritardi procedurali minano lo stato di diritto», «carenza di personale qualificato», «paralisi amministrativa» ecc.),

sul rispetto delle regole dello stato di diritto nell'esecuzione delle sentenze,

sulle carenze nella lotta alla corruzione,

sul trattamento insoddisfacente riservato alle domande di asilo,

sull'incertezza della giurisprudenza.

3.3

Alla fine del 2002 il governo croato ha presentato un Libro verde sulla riforma della giustizia. Con l'istituzione di un'accademia giuridica e la delega di funzioni a notai e ausiliari di giustizia sono stati fatti primi passi importanti. Il Comitato spera che gli altri interventi di riforma necessari siano realizzati coerentemente.

3.4

Ancora oggi continuano a porre grandi problemi la mancanza di personale qualificato e l'insufficienza delle dotazioni tecniche. Secondo il Comitato, i ritardi accumulati dai processi e la conseguente «paralisi amministrativa» riducono la certezza del diritto e ostacolano anche le necessarie riforme strutturali.

3.5

Come alcuni dei paesi in via d'adesione, anche la Croazia vanta una lunga tradizione in materia catastale. Tuttavia, poiché l'aggiornamento è stato trascurato per decenni, spesso è molto difficile appurare a chi appartengano effettivamente gli immobili, il che è di ostacolo alle necessarie privatizzazioni. Secondo il Comitato è indispensabile istituire un catasto moderno e funzionante, anche e soprattutto in previsione dell'eventuale adesione all'Unione europea. Un passo importante è stato fatto con la creazione dell'Ufficio del catasto.

3.6

Un problema politico molto serio è l'insoddisfacente collaborazione fra la Croazia e il Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nell'ex Iugoslavia, la quale ha indotto alcuni Stati membri dell'Unione europea a non ratificare l'Accordo di stabilizzazione e associazione. Il Comitato ritiene che sarebbe molto controproducente se la Croazia di fatto non applicasse le raccomandazioni della Commissione in questa materia politicamente molto delicata e spera che il governo croato presti il necessario appoggio alle richieste di estradizione del Tribunale dell'Aia.

3.7

La questione del rimpatrio dei rifugiati e degli sfollati, certamente di difficile soluzione, ha un'elevata valenza politica in Croazia e interessa circa 250 000 persone. I problemi riguardano la ricostruzione delle proprietà distrutte, la restituzione dei beni, la mancanza di alloggi e di possibilità di lavorare. Nel contesto dell'accordo di pace di Dayton, la Croazia ha assunto alcuni impegni in materia di rimpatrio dei rifugiati. Il Comitato si rende conto che il necessario rispetto di questi impegni costituisce un onere rilevante e spera che il problema venga risolto quanto prima.

3.8

Nel dicembre 2002 il parlamento croato ha approvato una legge costituzionale di tutela delle minoranze, con la quale si è inteso assicurare loro un'adeguata rappresentanza non soltanto negli organi elettivi, ma anche nel sistema giudiziario e in altri enti dell'amministrazione statale. Il Comitato ricorda che, qui come in altri settori, ciò che conta in ultima analisi è il modo in cui le leggi sono applicate e gestite. Il Comitato dà per scontato che saranno rimosse le discriminazioni ancora esistenti contro i rom, per esempio in occasione delle elezioni, e si compiace degli sforzi compiuti ultimamente in questa direzione.

3.9

Nel suo parere di iniziativa dal titolo «Per una maggiore partecipazione della società civile organizzata nell'Europa sudorientale - Esperienze passate e sfide future» (7), il Comitato ha osservato quanto segue: «l'indipendenza, la libertà e la forza dei media sono tra le principali condizioni di una democrazia sana e stabile, i cui cittadini siano opportunamente informati e possano quindi svolgere un ruolo attivo e adeguato nella gestione della cosa pubblica».

3.10

Il Comitato riconosce che la Croazia si è già adoperata per migliorare l'indipendenza e la libertà dei mass media e constata con piacere l'esistenza di una vasta gamma di organi di stampa indipendenti in grado di rappresentare il pluralismo esistente nel paese e le sue minoranze culturali e linguistiche. Il Comitato auspica che l'attuazione della riforma della radiofonia e delle telecomunicazioni di Stato, già approvata, consenta sia di garantire la piena indipendenza di questi importanti media, sia di soddisfare le esigenze del pluralismo e della varietà etnica.

4.   Economia di mercato e riforme strutturali

4.1

La relazione annuale della Commissione rivela che in Croazia il passaggio all'economia di mercato è già in fase molto più avanzata che in altri paesi dei Balcani occidentali. La Commissione segnala peraltro che il processo di privatizzazione si è arenato nel 2002. A sua volta, il rapporto della Banca mondiale constata che questo processo è ancora ben lungi dall'essere concluso e che anche la ristrutturazione dell'economia lascia ancora a desiderare. Nel corso del 2003 il Fondo croato per le privatizzazioni (HFP) ha realizzato ulteriori operazioni in alcuni settori, per esempio quello bancario, ma non nella misura che sarebbe richiesta. Il Comitato ritiene importante che il nuovo governo porti avanti con accortezza il necessario processo di privatizzazione, specialmente nei comparti industriale, turistico e agricolo. Andrebbero sfruttate anche le possibilità di creare partnership tra i settori pubblico e privato.

4.1.1

Il Comitato considera inoltre necessario che, quando si privatizza, si tenga conto anche degli interessi dei lavoratori direttamente coinvolti. Per evitare il più possibile conseguenze negative sul piano sociale servono misure di accompagnamento per il mercato del lavoro, per esempio sotto forma di finanziamenti agli interventi di riqualificazione professionale. In questo contesto il Comitato segnala che la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale raccomandano di tenere conto anche della dimensione sociale nel quadro della liberalizzazione, privatizzazione e deregolamentazione.

4.2

Si valutano in termini genericamente negativi, anche in relazione al debito pubblico, i consistenti aiuti che lo Stato croato continua a concedere a imprese statali operanti in perdita. Fra il 1996 e il 2000 il numero degli occupati è sceso del 21 % nelle imprese statali e del 14 % in quelle privatizzate, mentre l'occupazione nelle imprese private è aumentata del 50 % (8). Le parti sociali croate ravvisano un ulteriore problema per l'occupazione nel fatto che non vengano create aziende manifatturiere, soprattutto PMI, in numero sufficiente. Anche il Comitato ritiene che migliorare la formazione e l'aggiornamento professionale nonché gli investimenti nelle dotazioni tecniche dei centri di formazione sia un importante primo passo per risolvere la problematica occupazionale.

4.3

Attualmente l'industria produce poco più del 23 % del PIL e occupa circa 300 000 persone (pari a circa il 25 % dell'intera forza lavoro) (9). Molte imprese operano in perdita e, talvolta, sono fortemente indebitate. Data la carenza di capitale, spesso si lavora ancora con tecnologie antiquate, per cui la produzione non sempre è in grado di reggere il confronto con la concorrenza internazionale. Il Comitato ribadisce perciò la necessità che la Croazia investa più massicciamente nella ricerca e nello sviluppo (nel 2001: 1,09 % del PIL) (10) per accrescere la competitività della sua economia, che introduca incentivi alla creazione di nuove imprese, specialmente PMI, e che rimuova gli ostacoli amministrativi che vi si frappongono.

4.4

La Croazia vanta un'industria chimica e farmaceutica solida, mentre è grave la situazione del suo settore tessile. L'industria pesante, e soprattutto la cantieristica, resta ancora prevalentemente nelle mani dello Stato e opera in forte perdita.

4.5

Con una quota superiore al 20 % del PIL e quasi il 6 % degli occupati, il turismo è particolarmente importante per l'economia croata e procura circa un terzo del totale degli introiti in valuta. Il Comitato considera un problema il peso ancora molto elevato delle imprese turistiche statali. Proprio nel settore del turismo il progredire della privatizzazione potrebbe consentire un migliore sfruttamento del potenziale esistente. In questo settore sarebbe inoltre auspicabile un'apertura agli investimenti esteri.

4.6

La crisi bancaria del 1998 è stata superata attraverso la vendita a investitori esteri di alcune banche di proprietà dello Stato. È stata così raggiunta una maggiore sicurezza e stabilità, con il contestuale miglioramento della produttività e dei servizi offerti. Il Comitato ritiene che ciò rappresenti un importante presupposto per l'attuazione degli interventi strutturali che richiede l'economia croata. Fa però notare che un costo del denaro ancora troppo elevato rende più difficili gli investimenti necessari.

4.7

L'amministrazione statale è chiamata a sostenere le imprescindibili riforme strutturali e il miglioramento della competitività dell'economia. Il Comitato ritiene che la pubblica amministrazione croata non abbia ancora una struttura abbastanza efficiente per rispondere ai compiti e alle esigenze attuali con la qualità richiesta. Il Comitato considera che i diversi programmi di sostegno, quali il programma SIGMA (11), saranno d'aiuto alla realizzazione delle necessarie riforme. Nell'ambito del previsto decentramento è determinante ottimizzare la ripartizione delle competenze fra organi centrali e livelli di governo territoriali.

4.8

La Croazia dispone di un sistema di sicurezza sociale relativamente ben sviluppato. Nel 2001 il paese ha realizzato una riforma del sistema previdenziale, allo scopo sia di alleviare il passivo del bilancio statale, sia di influenzare positivamente l'andamento dell'economia. Questa riforma è stata accolta per lo più con favore dalla popolazione. Le riforme del mercato del lavoro, anche nel senso di una sua flessibilizzazione, vanno introdotte insieme ad adeguati interventi in materia di sicurezza e tutela sociale; esse devono potersi basare su una giurisdizione del lavoro ben funzionante.

4.9

Anche nel comparto agricolo servono interventi di rilievo. L'agricoltura croata è caratterizzata da piccole aziende con una superficie media di 5 ha. Il rapporto della Banca mondiale segnala che il 30 % della superficie agricola resta ancora di proprietà dello Stato, mentre per stabilire a chi appartiene un ulteriore 40 % saranno necessari ancora quindici anni. L'agricoltura croata oggi è poco competitiva: la sua quota relativamente alta sul PIL, pari al 9 %, è prodotta dall'8 % circa degli occupati. La scarsa competitività, tra l'altro, determina la necessità di importare materie prime per l'industria alimentare croata, un comparto relativamente produttivo.

4.10

Le numerose piccole aziende contadine lavorano il 75 % della superficie coltivabile, mentre la quota residua continua a essere gestita dai pochi grandi complessi agroalimentari rimanenti. In seguito ai danni bellici (per es. collocamento di mine), molte superfici agricole produttive sono tuttora utilizzabili solo in parte. Mentre le piccole aziende contadine hanno recuperato già nel 1998 i livelli produttivi del 1990, i grandi complessi agroalimentari, ancora di proprietà statale, non reggono il passo con il nuovo contesto economico.

4.11

Il fatto che tuttora la proprietà dei terreni sia spesso incerta rappresenta un grosso ostacolo per le riforme strutturali necessarie nell'agricoltura croata. Lo stesso vale per il reperimento di finanziamenti destinati all'ammodernamento delle aziende agricole. Gli elevati rischi rendono le banche poco propense a concedere crediti per effettuare investimenti in agricoltura.

4.12

Nel 2003 è entrato in vigore un nuovo programma di sostegno all'agricoltura. Il Comitato spera che questa riforma da un lato accresca la competitività dell'agricoltura croata, dall'altro ne agevoli l'avvicinamento all'Unione europea. Per il Comitato, nella prospettiva di un'agricoltura croata più moderna, è essenziale non solo migliorare la formazione e la consulenza, cosa comunque necessaria, ma anche costituire presto una rappresentanza di categoria ben funzionante e politicamente indipendente.

5.   Attuazione dell'Accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) e utilizzo dei programmi di sostegno

5.1

L'attuazione dell'Accordo di stabilizzazione e associazione è determinante in preparazione dell'adesione all'Unione europea. Non essendo ancora concluso il processo di ratifica da parte della Comunità e degli Stati membri, il periodo transitorio è coperto da un accordo interinale (cfr. punto 3.6).

5.2

Nel mese di ottobre 2001 il governo croato ha varato un piano d'azione per l'attuazione dell'Accordo, del quale sono già state realizzate alcune misure; l'obiettivo è di preparare la Croazia all'adesione all'Unione europea entro la fine del 2006. Per poter raggiungere gli ambiziosi obiettivi definiti, in ogni ente governativo è stato nominato un coordinatore per le questioni relative all'integrazione europea.

5.3

Nel mese di dicembre 2002 è stato approvato un programma governativo per il 2003 per l'integrazione della Croazia nell'Unione europea, i cui principali punti sono:

l'adeguamento dell'economia,

l'armonizzazione della legislazione croata con quella comunitaria,

il miglioramento dell'efficienza amministrativa,

una strategia di informazione dell'opinione pubblica croata e

gli adattamenti legislativi richiesti dagli impegni assunti nell'Accordo.

Secondo informazioni di fonte ufficiale croata, nel 2003 sono stati adottati più di 109 provvedimenti legislativi in materia. Nel gennaio 2004 è stato approvato il secondo programma d'integrazione per l'avvicinamento all'acquis comunitario. Nel 2004 saranno emanati i corrispondenti regolamenti di attuazione per garantirne la messa in opera. Pur riconoscendo l'impegno dimostrato dalla Croazia, il Comitato è consapevole che, in alcuni ambiti (per es. l'armonizzazione con Eurostat), le insufficienti capacità amministrative causeranno difficoltà nell'attuazione dei provvedimenti.

5.4

Nell'ambito dell'attuazione dell'Accordo una funzione irrinunciabile spetta ai programmi CARDS per il sostegno finanziario alla Croazia, che indubbiamente danno un importante contributo non solo all'ammodernamento e alla democratizzazione, ma anche alla messa in opera delle necessarie misure ambientali. Il Comitato dà per scontato che, in caso di parere favorevole della Commissione europea sulla candidatura della Croazia, i programmi di sostegno istituiti per i paesi in via d'adesione (ISPA, Sapard, Phare, TAIEX, ecc.) saranno messi anche a sua disposizione.

5.5

Perché l'avvicinamento dell'economia croata alle condizioni del mercato interno europeo vada a buon fine, bisogna che anche la società civile partecipi alle necessarie riforme e ai necessari interventi di liberalizzazione e di adeguamento al diritto comunitario. A tal fine è essenziale dare alla popolazione informazioni costanti ed esaustive sul significato e sulle ripercussioni dell'integrazione nell'Unione europea e coinvolgere le organizzazioni rappresentative della società civile nei processi di decisione politica.

6.   Problemi regionali

6.1

In alcuni casi le disparità di sviluppo e di benessere tra singoli agglomerati urbani e regioni rurali sono enormi. Per di più un numero consistente di regioni grandi e piccole sono state particolarmente coinvolte nelle devastazioni della guerra, che ne ha nettamente pregiudicato lo sviluppo economico, come per esempio è avvenuto soprattutto nelle regioni della Slavonia e della Lika-Senj.

6.2

Nel febbraio 2002 è stato istituito un Fondo di sostegno alle regioni svantaggiate, destinato principalmente alle zone che hanno subito più di altre le conseguenze della guerra, alle aree colpite dallo spopolamento e a quelle che presentano svantaggi di altro tipo, ad esempio determinate isole o zone di montagna.

6.3

Nella relazione annuale 2003 la Commissione europea ha criticato, da un lato, la mancata deliberazione di criteri per l'erogazione dei relativi fondi e, dall'altro, una scarsa chiarezza nella disciplina delle competenze gestionali. Il Comitato raccomanda di affrontare immediatamente le problematiche non risolte e ritiene che ciò sia un importante presupposto per poter utilizzare correttamente i diversi programmi messi a disposizione dalla UE, per es. Interreg.

7.   Ambiente

7.1

Nel rapporto della Banca mondiale la situazione dell'ambiente naturale in Croazia è descritta in termini positivi rispetto ad altri paesi dell'Europa centrale. Tuttavia, nei settori dell'approvvigionamento di acqua potabile, del trattamento delle acque reflue e dello smaltimento dei rifiuti sono ancora necessari considerevoli investimenti per raggiungere gli standard europei.

7.2

Nelle zone costiere il trattamento delle acque reflue raggiunge standard quasi europei, data la sua importanza per il turismo e gli impegni internazionali di lotta contro l'inquinamento del mare Mediterraneo. Nelle altre zone, invece, servono ancora cospicui investimenti nei settori della raccolta e del trattamento delle acque reflue. Lo stesso vale per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, specialmente dei rifiuti speciali. Il Comitato rileva che la Croazia, nel perfezionare le proprie norme di legge in materia, prende come riferimento le direttive dell'UE ed è già riuscita a realizzare progressi adeguati.

7.3

Nell'ultimo decennio la qualità dell'aria è migliorata, ma ciò è riconducibile in parte alla flessione della produzione industriale dovuta alla guerra e alle difficoltà dell'economia. Nelle aree urbane, infatti, la scarsa qualità dell'aria continua a rappresentare un grosso problema. Una volta iniziata la probabile ripresa dell'economia, si renderanno necessarie misure per la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti e in quello della produzione energetica.

7.4

La quota relativamente ampia di aree protette (circa il 10 % della superficie) rende giustizia alla presenza di una forte biodiversità, di diversi ecosistemi e di paesaggi unici, alcuni dei quali sono stati posti sotto tutela dall'Unesco. Nonostante i suddetti interventi di tutela, la pressione sulla biodiversità è in crescita, e le misure adottate finora e le riserve naturali non bastano a far fronte alle esigenze.

7.5

Il Comitato fa notare che, come la maggior parte dei paesi in via d'adesione, anche la Croazia avrà bisogno di cospicui investimenti per raggiungere gli standard europei in campo ambientale. Il Comitato reputa quindi necessario sostenere adeguatamente l'impegno del paese per migliorare la situazione.

8.   Cooperazione internazionale e relazioni con i paesi limitrofi

8.1

Fondamentale per una proficua partecipazione della Croazia al processo di integrazione europeo è il rispetto degli impegni che il paese ha assunto negli accordi di pace di Dayton e di Parigi e con la sua adesione al Consiglio d'Europa nel 1996. Il Comitato rileva che il governo croato riconosce espressamente la validità di questi impegni ma che non ne assume ancora le necessarie conseguenze in alcuni ambiti.

8.2

Intrattenere buoni rapporti di vicinato è un presupposto indispensabile per una convivenza pacifica. Il Comitato rileva che la cooperazione economica della Croazia con i paesi immediatamente confinanti ha registrato un'evoluzione più positiva rispetto alle relazioni politiche con alcuni paesi vicini. Il Comitato considera assolutamente necessario, tra l'altro, addivenire a una rapida soluzione del contenzioso con la Slovenia sul confine marittimo, problema ulteriormente aggravato dalla decisione del parlamento croato di estendere unilateralmente i suoi diritti sovrani sul mare Adriatico creando una zona ecologico-ittica protetta (12). In questo contesto il Comitato ricorda la necessità di rispettare gli obblighi derivanti dal diritto marittimo internazionale.

8.3

L'adesione all'Organizzazione mondiale per il commercio, avvenuta nel 2000, ha rappresentato un importante passo verso l'internazionalizzazione dell'economia croata.

8.4

Agli inizi del 2002 è entrato in vigore l'accordo interinale dell'ASA, firmato il 29 ottobre 2001, che dispone consistenti agevolazioni commerciali. Dal 1o marzo 2003 la Croazia è membro dell'Accordo di libero scambio centroeuropeo (CEFTA) e intrattiene scambi con ben 35 paesi partner (compresi gli Stati membri dell'Unione). Attualmente il 90 % del commercio estero croato avviene già a condizioni preferenziali e, dopo la fase transitoria dell'ASA, più di 2/3 del commercio estero si svolgerà in regime di esenzione doganale. Nel 2003 l'economia croata ha esportato beni per un valore di 5,65 miliardi $ e ne ha importati per un valore di 12,77 miliardi $; ne risulta un disavanzo della bilancia commerciale pari a 7,12 miliardi $.

9.   Società civile organizzata

9.1

La società civile organizzata ha un ruolo importante da svolgere sia nel passaggio all'economia di mercato che nel processo di adesione. In Croazia esistono più di 20 000 organizzazioni non governative. Il 1o gennaio 2002 è entrata in vigore una legge che ha reso meno rigide le norme in materia di libertà di riunione e associazione e di controllo sulle attività delle organizzazioni non governative.

9.2

Nel parere dal titolo «Per una maggiore partecipazione della società civile organizzata nell'Europa sudorientale - Esperienze passate e sfide future», il Comitato evidenzia alcuni importanti presupposti per la stabilità e il benessere:

rafforzare le organizzazioni della società civile e fare della democrazia partecipativa parte integrante della cultura,

trattandosi di democrazia partecipativa, rendere autonome le organizzazioni della società civile, cosa che però complessivamente incontra ancora poco favore,

migliorare il dialogo sociale,

avviare un vasto dialogo civile per creare, fra l'altro, una maggiore coscienza ecologica.

Nello stesso parere, il Comitato ha accolto espressamente con favore la dichiarazione delle autorità croate secondo cui il governo attribuisce la massima priorità allo sviluppo della società civile.

9.3

Il precedente governo croato ha elaborato un disegno di legge volto a istituire un foro di discussione che consenta alle organizzazioni della società civile (ONG) di dibattere temi di loro interesse ed eventualmente di formulare pareri in merito, tutto ciò allo scopo di favorire il dialogo civile. Il 16 ottobre 2003 è stata istituita la Fondazione nazionale per la promozione della società civile, che assolve le funzioni del foro di discussione proposto. I rappresentanti delle ONG hanno la possibilità di far sentire adeguatamente la propria voce in seno al consiglio di amministrazione. Il Comitato valuta positivamente questo provvedimento, così come il sostegno finanziario previsto per le attività delle ONG. Inoltre, si compiace del fatto che le ONG abbiano la possibilità di collaborare ai gruppi di lavoro del Consiglio economico e sociale e spera che questa collaborazione venga ulteriormente ampliata.

9.4

Nel 1999 è stato istituito il secondo Consiglio economico e sociale della Croazia, a composizione tripartita e comprendente un totale di 15 membri in rappresentanza del governo, delle organizzazioni datoriali e dei sindacati. Nell'ambito di quest'organo i datori di lavoro sono rappresentati da un'unica federazione (l'Associazione dei datori di lavoro della Croazia) e i lavoratori da cinque confederazioni sindacali (ognuna con un delegato). Le tre componenti si alternano alla presidenza a intervalli regolari. I lavori si svolgono nell'ambito di sette commissioni e le decisioni vengono adottate nel corso di una sessione plenaria che si svolge di solito trimestralmente. I compiti organizzativi sono a carico di un apposito ufficio istituito dal governo.

9.5

Come in vari Stati membri dell'Unione europea, anche in Croazia il Consiglio economico e sociale ha il compito di occuparsi, fra l'altro, di questioni fondamentali relative alla politica economica e sociale, al mercato del lavoro, al bilancio o anche alle privatizzazioni.

9.6

Il Consiglio economico e sociale svolge indubbiamente un'importante funzione a favore del dialogo sociale. Per il Comitato, un Consiglio economico e sociale ben funzionante è un presupposto essenziale per un'attuazione conforme agli obiettivi degli imminenti provvedimenti di riforma, che potranno così ottenere il sostegno delle categorie professionali di volta in volta interessate. È altrettanto importante finanziare un dialogo sociale autonomo fra le parti.

9.7

In Croazia i gruppi di interesse sono ancora in via di costituzione e non tutte le categorie professionali dispongono di un proprio organo di rappresentanza.

9.8

Prima del 1990 l'appartenenza a un sindacato era praticamente obbligatoria ma, dopo il cambiamento di sistema, i sindacati si sono sviluppati in modo molto diverso nelle repubbliche nate dalla dissoluzione dell'ex Iugoslavia. L'iscrizione obbligatoria al sindacato è stata eliminata ovunque, con la conseguenza di una completa ristrutturazione delle organizzazioni sindacali. In Croazia esistono molti sindacati di categoria e cinque confederazioni sindacali, rappresentate in funzione del loro peso anche nel Consiglio economico e sociale.

9.9

La frammentazione dei sindacati in cinque confederazioni nazionali fa sì che non sempre le aspirazioni dei lavoratori siano prese in considerazione in misura soddisfacente, per esempio nell'ambito del Consiglio economico e sociale. Ci si sta quindi adoperando per creare un'organizzazione che riunisca le diverse confederazioni sindacali. Per il Comitato sarebbe motivo di rincrescimento se questa situazione impedisse al sindacato croato di svolgere appieno il ruolo di sua competenza nel nuovo sistema di relazioni industriali.

9.10

I datori di lavoro sono organizzati nella Camera dell'economia croata, articolata per categoria e per regione, e nell'Associazione dei datori di lavoro della Croazia. Il compito principale della Camera consiste nel dare sostegno alle attività nazionali ed estere, per esempio organizzando manifestazioni fieristiche, e soprattutto nel curare l'aggiornamento professionale degli iscritti. L'iscrizione alla Camera dell'economia è obbligatoria per tutti gli operatori economici registrati in Croazia.

9.11

Fino al 1996, la Camera dell'economia aveva anche il compito di rappresentare i datori di lavoro nelle contrattazioni collettive, ruolo assunto ora dall'Associazione dei datori di lavoro, che raccoglie 23 associazioni di categoria e si basa sull'appartenenza volontaria. Va però osservato che l'Associazione rappresenta gli interessi solo di una parte degli imprenditori croati. Le PMI, infatti, sono organizzate in una loro associazione, che però, di nuovo, comprende solo una parte delle imprese esistenti. Il Comitato ritiene necessario che le organizzazioni datoriali trovino soluzioni in grado di garantire la rappresentanza degli interessi di tutte le imprese, sia nell'ambito del Consiglio economico e sociale che nei confronti del governo.

9.12

Esiste una base giuridica che consentirebbe una rappresentanza autonoma degli interessi del comparto agricolo e silvicolo, ma finora non è stata applicata. Essa prevede che gli interessi dei produttori agricoli siano seguiti da un'apposita sezione della Camera dell'economia. Il Comitato condivide la tesi presentata nel rapporto della Banca mondiale secondo cui l'insufficiente rappresentanza degli interessi degli agricoltori costituisce una notevole penalizzazione in vista dell'avvicinamento alla politica agricola comune. Il Comitato spera che la Confederazione degli agricoltori croati (Farmers' Union), attiva ormai da alcuni anni, sia riconosciuta come interlocutore ufficiale e coinvolta nelle procedure di valutazione e che possa affermarsi rapidamente in quanto gruppo di interesse efficace e indipendente degli agricoltori croati.

10.   Sintesi e raccomandazioni

10.1

Il 25 giugno 1991 la Croazia ha dichiarato la propria indipendenza dalla Iugoslavia. La guerra con la Serbia ha provocato, oltre a forti perdite nella popolazione civile, gravi danni in vaste aree del paese e, soprattutto, ha compromesso notevolmente lo sviluppo economico.

10.2

Negli ultimi anni è cambiato molto nella politica e nell'economia della Croazia: il processo di democratizzazione ha fatto passi da gigante e, soprattutto a partire dal 2000, gli indicatori macroeconomici sono nettamente migliorati. Bisogna tener presente che, accanto alla trasformazione del vecchio sistema in un'economia di mercato funzionante, il paese deve affrontare anche le conseguenze della guerra.

10.3

Da qualche anno l'andamento dell'economia è caratterizzato da una crescita per fortuna vigorosa e da una stabilizzazione dei prezzi. A ciò si contrappongono un alto tasso di disoccupazione, che resta il principale problema sociale irrisolto soprattutto nelle zone rurali, e l'enorme aumento del disavanzo della bilancia commerciale e del debito pubblico.

10.4

Il Comitato evidenzia il ruolo del dialogo sociale autonomo ai fini del processo di riforma, e ricorda che il governo dovrebbe prendere in seria considerazione anche in futuro la funzione del Consiglio economico e sociale.

10.5

In alcuni comparti dell'economia, per esempio in quello bancario, la Croazia ha privatizzato con grande successo. Complessivamente, però, il processo di privatizzazione si è svolto con meno coerenza che nei paesi in via d'adesione, il che funge da deterrente per gli investimenti privati almeno quanto i problemi irrisolti nei rapporti di proprietà. Il Comitato auspica che il nuovo governo, oltre a portare avanti con determinazione il processo di privatizzazione, elimini anche gli altri ostacoli che tuttora si frappongono agli investimenti privati.

10.6

Per creare i nuovi posti di lavoro necessari in Croazia non basta incentivare l'apertura di nuove imprese, in particolare PMI, ma è molto importante anche migliorare la formazione e l'aggiornamento professionale.

10.7

In occasione del vertice di Zagabria del 24 novembre 2000, l'Unione europea ha prospettato ai paesi dei Balcani occidentali la possibilità di aderire all'Unione europea e di usufruire dei relativi programmi d'aiuto, subordinandola al rispetto dei criteri di Copenaghen e degli obblighi discendenti dal Trattato sull'Unione europea. Il 21 febbraio 2003 la Croazia è stato il primo paese dei Balcani occidentali a presentare domanda di adesione all'Unione. Secondo il Comitato si tratta di una decisione positiva, che testimonia l'intenzione della Croazia di partecipare al processo di integrazione europea.

10.8

Il Comitato riconosce che la Croazia si sta adoperando attivamente per creare le condizioni per l'adesione. Il programma d'azione approvato dal governo per dare attuazione all'Accordo di stabilizzazione e associazione svolge un'importante funzione in tal senso, così come il programma governativo per l'integrazione della Croazia nell'Unione europea, approvato alla fine del 2002.

10.9

Gli obiettivi definiti sono indubbiamente molto ambiziosi e creare i presupposti per l'adesione all'Unione europea impone l'attuazione di un ampio processo di riforme. In questo contesto è assolutamente determinante che i necessari strumenti legislativi, adottati nel 2003, siano anche seguiti dalla tempestiva creazione dei presupposti amministrativi per una loro attuazione conforme agli obiettivi.

10.10

Secondo il Comitato, però, è altrettanto essenziale per un esito positivo che anche i cittadini partecipino alle necessarie riforme e ai necessari interventi di liberalizzazione e di adeguamento al diritto comunitario, il che presuppone di informare la popolazione in maniera esaustiva sul significato e sulle ripercussioni dell'adesione all'Unione. Il Comitato raccomanda pertanto di coinvolgere la società civile organizzata nel suo complesso, e non solo singole associazioni di categoria, nei necessari processi decisionali. Queste organizzazioni vanno inoltre messe in condizioni di informare con obiettività i loro aderenti.

10.11

Analogamente alla Commissione europea, anche il Comitato osserva con preoccupazione il persistere di problemi irrisolti nei settori della giustizia, della lotta alla corruzione, del trattamento delle domande di asilo e in particolare in relazione al Tribunale internazionale dell'Aia per i crimini di guerra nell'ex-Iugoslavia. Il Comitato avverte che la soluzione di questi problemi avrà un peso determinante nel valutare se i criteri di Copenaghen possano ritenersi rispettati.

10.12

Il Comitato riconosce l'esplicita volontà del governo croato di rispettare pienamente gli impegni assunti con gli accordi di pace di Dayton e di Parigi, uno dei quali è la grande sfida rappresentata dal rimpatrio dei numerosi profughi.

10.13

Dal punto di vista del Comitato, in preparazione all'adesione all'Unione è pure fondamentale migliorare le relazioni bilaterali con gli Stati confinanti.

10.14

Un importante presupposto per la stabilità e il benessere risiede nell'esistenza di solide organizzazioni della società civile e di una democrazia partecipativa vissuta. Il Comitato valuta pertanto positivamente il fatto che in Croazia siano in corso di creazione i presupposti istituzionali idonei allo svolgimento del dialogo sociale e civile. Sarà determinante che tutte le categorie professionali, mediante gruppi di interesse rappresentativi e validamente organizzati, abbiano la possibilità di esercitare un influsso su questo processo.

Bruxelles, 31 marzo 2004.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Roger BRIESCH


(1)  Rapporto della Banca mondiale n. 25435 HR.

(2)  Da rilevare che il PIL pro capite della Croazia corrisponde più o meno ad appena un terzo di quello della Slovenia.

(3)  Questo secondo il metodo di calcolo dell'OIL, mentre l'Istituto croato di statistica indica per il 2002 un tasso di disoccupazione del 22,5 %).

(4)  European Economy, Occasional Papers, n. 5, gennaio 2004.

(5)  Rapporto della Banca mondiale n. 25434 HR.

(6)  COM(2003) 139 def. del 26 marzo 2003.

(7)  REX/123 - GU C 208 del 3.9.2003, pag. 82.

(8)  Rapporto della Banca mondiale, pagg. 87 e segg.

(9)  Fonte: Istituto croato di statistica.

(10)  Risposte fornite al questionario della Commissione europea.

(11)  Support for Improvement in Governance and Management in Central and Eastern European Countries (programma istituito come joint venture tra l'OCSE e l'UE).

(12)  Protected Ecological and Fishing Zone (PEFZ).