CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate l’8 maggio 2013 ( 1 )

Cause riunite da C‑204/12 a C‑208/12

Essent Belgium NV

contro

Vlaamse Reguleringsinstantie voor de Elektriciteits- en Gasmarkt

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal rechtbank van eerste aanleg te Brussel (Belgio)]

«Libera circolazione delle merci — Misure di effetto equivalente a una restrizione quantitativa — Direttiva 2001/77/CE — Regimi nazionali di sostegno alle energie rinnovabili — Obbligo dei fornitori di elettricità di acquisire certificati verdi — Divieto di tener conto delle garanzie di origine provenienti da altri Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo»

1. 

L’instaurazione di un regime di sostegno all’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili che preveda la concessione di certificati verdi ai produttori di elettricità verde stabiliti in una determinata regione e imponga ai distributori di elettricità di presentare annualmente un certo numero di certificati verdi corrispondenti a una quota, vietando loro nel contempo di utilizzare le garanzie di origine rilasciate in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo (SEE), è compatibile con la libera circolazione delle merci e con il divieto di discriminazioni?

2. 

È questa, in sostanza, la problematica principale sollevata dalle questioni pregiudiziali qui considerate le quali vertono anche sull’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità ( 2 ), e della direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE ( 3 ).

3. 

Intervenendo in un ambito nel quale si sovrappongono e possono potenzialmente confliggere due forze molto importanti della costruzione europea, vale a dire la libera circolazione delle merci e la protezione dell’ambiente, le presenti controversie sembrano, prima facie, imporre alla Corte un difficile e pericoloso esercizio di conciliazione e di ricerca di equilibrio tra i due suddetti obiettivi che rivestono entrambi un valore fondamentale.

4. 

A mio avviso, la Corte non dovrà tuttavia dedicarsi a un siffatto esercizio poiché la normativa nazionale controversa, nella parte in cui vieta di tener conto delle garanzie di origine provenienti dall’estero, non si prefigge e non può prefiggersi quale obiettivo la protezione dell’ambiente.

5. 

Nelle presenti conclusioni sosterrò che, mentre l’articolo 5 della direttiva 2001/77 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa interna di sostegno alle energie rinnovabili, come quella oggetto del procedimento principale, che, nel concedere certificati verdi ai produttori di elettricità verde all’interno di una determinata regione e nell’imporre ai distributori di elettricità di presentare annualmente un determinato numero di certificati verdi corrispondenti a una quota, esclude che si possa tener conto delle garanzie di origine rilasciate in un altro Stato membro dell’Unione o del SEE, l’articolo 28 CE e l’articolo 11 dell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 ( 4 ) ostano invece a una normativa siffatta, che ostacola in modo discriminatorio il commercio tra gli Stati membri senza essere giustificata da esigenze imperative di protezione dell’ambiente.

I – Diritto applicabile

A – Diritto dell’Unione

1. La direttiva 2001/77

6.

Promulgata, in base al suo considerando 1, al fine di promuovere la protezione dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile, creare occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire più rapidamente gli obiettivi del protocollo di Kyoto sulla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l’11 dicembre 1997 ( 5 ), e approvato a nome della Comunità europea con la decisione 2002/358/CEE ( 6 ), la direttiva 2001/77 ha stabilito obiettivi indicativi nazionali di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili, per raggiungere nel 2010 una quota complessiva del 22 %.

7.

I considerando 10, 11, 14, 15 e 16 della direttiva 2001/77 erano formulati come segue:

«(10)

La presente direttiva non impone agli Stati membri di riconoscere l’acquisizione di una garanzia d’origine da altri Stati membri o il corrispondente acquisto di elettricità quale contributo all’adempimento di un obbligo nazionale in materia di quote. Tuttavia al fine di promuovere gli scambi di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili e aumentare la trasparenza per facilitare la scelta dei consumatori tra elettricità prodotta da fonti energetiche non rinnovabili ed elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, la garanzia di origine di tale tipo di elettricità è necessaria. I regimi di garanzia d’origine, di per sé, non implicano il diritto di beneficiare dei meccanismi nazionali di sostegno istituiti nei vari Stati membri. È importante che la garanzia di origine copra tutte le forme di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

(11)

È importante operare una chiara distinzione tra le garanzie di origine e i certificati verdi scambiabili.

(...)

(14)

Gli Stati membri applicano meccanismi diversi di sostegno delle fonti energetiche rinnovabili a livello nazionale, ivi compresi i certificati verdi, aiuti agli investimenti, esenzioni o sgravi fiscali, restituzioni d’imposta e regimi di sostegno diretto dei prezzi. Un importante mezzo per conseguire l’obiettivo della presente direttiva consiste nel garantire il buon funzionamento di questi meccanismi fino all’introduzione di un quadro comunitario allo scopo di mantenere la fiducia degli investitori.

(15)

È prematuro istituire un quadro comunitario per i regimi di sostegno, data l’esperienza limitata maturata con i regimi nazionali e la percentuale relativamente bassa di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili che beneficia attualmente nella Comunità di un sostegno dei prezzi.

(16)

A medio termine è tuttavia necessario adeguare i regimi di sostegno ai principi del mercato interno dell’elettricità in espansione (...)».

8.

L’articolo 1 della direttiva 2001/77 indicava che quest’ultima «mira a promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricità nel relativo mercato interno e a creare le basi per un futuro quadro comunitario in materia».

9.

A norma dell’articolo 3, paragrafo 1, della suddetta direttiva:

«Gli Stati membri adottano misure appropriate atte a promuovere l’aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili perseguendo gli obiettivi indicativi nazionali di cui al paragrafo 2. Tali misure devono essere proporzionate all’obiettivo».

10.

L’articolo 4 della direttiva in parola, intitolato «Regimi di sostegno», aveva il seguente tenore:

«1.   Nel rispetto degli articoli 87 e 88 del trattato, la Commissione valuta l’applicazione dei meccanismi utilizzati negli Stati membri attraverso i quali un produttore di elettricità, in base a una normativa emanata da autorità pubbliche, percepisce, direttamente o indirettamente, un sostegno e che potrebbero avere un effetto restrittivo sugli scambi, tenendo conto che essi contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli 6 e 174 del trattato.

2.   La Commissione presenta, entro il 27 ottobre 2005, una relazione (...) corredata, se necessario, di una proposta relativa a un quadro comunitario per i regimi di sostegno dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

Qualsiasi proposta relativa a un quadro deve:

(...)

b)

essere compatibile con i principi del mercato interno dell’elettricità;

(...)».

11.

L’articolo 5 della direttiva 2001/77, recante il titolo «Garanzia di origine dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili», disponeva quanto segue:

«1.   Entro il 27 ottobre 2003 gli Stati membri fanno sì che l’origine dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sia garantita come tale ai sensi della presente direttiva, secondo criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori stabiliti da ciascuno Stato membro. Essi prevedono il rilascio su richiesta di garanzie di origine in tal senso.

(...)

3.   Le garanzie di origine:

specificano la fonte energetica da cui è stata prodotta l’elettricità, le date e i luoghi di produzione e, nel caso delle centrali idroelettriche, indicano la capacità,

consentono ai produttori di elettricità che utilizzano fonti energetiche rinnovabili di dimostrare che l’elettricità da essi venduta è prodotta da fonti energetiche rinnovabili ai sensi della presente direttiva.

4.   Tali garanzie di origine rilasciate a norma del paragrafo 2 sono reciprocamente riconosciute dagli Stati membri esclusivamente come prova degli elementi di cui al paragrafo 3. Un eventuale mancato riconoscimento della garanzia di origine quale prova in questo senso, in particolare per ragioni connesse con la prevenzione delle frodi, deve essere fondato su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori (...)».

12.

La direttiva 2001/77 è stata integrata nell’accordo SEE con la decisione del Comitato misto SEE n. 102/2005 dell’8 luglio 2005, entrata in vigore il 1o settembre 2006, che modifica l’allegato IV (Energia) di detto accordo ( 7 ).

13.

Gli articoli 2, 3, paragrafo 2, e gli articoli da 4 a 8 della direttiva 2001/77 sono stati abrogati con effetto dal 1o aprile 2010 dalla direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE ( 8 ). La direttiva in parola ha abrogato l’intera direttiva 2001/77 con effetto dal 1o gennaio 2012.

2. La direttiva 2003/54

14.

La direttiva 2003/54 fa parte del «secondo pacchetto energia» adottato dal legislatore dell’Unione per la graduale liberalizzazione del mercato interno dell’energia elettrica e del gas.

15.

Il considerando 26 della direttiva 2003/54 così recita:

«Il rispetto degli obblighi relativi al servizio pubblico è un elemento fondamentale della presente direttiva ed è importante che in essa siano definiti standard minimi comuni, rispettati da tutti gli Stati membri, che tengano conto degli obiettivi della protezione dei consumatori, della sicurezza degli approvvigionamenti, della tutela dell’ambiente e di livelli equivalenti di concorrenza in tutti gli Stati membri. È importante che gli obblighi relativi al servizio pubblico possano essere interpretati su base nazionale, tenendo conto di circostanze nazionali e fatto salvo il rispetto della legislazione comunitaria».

16.

L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della suddetta direttiva 2003/54 prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri, in base alla loro organizzazione istituzionale e nel dovuto rispetto del principio di sussidiarietà, fanno sì che le imprese elettriche, fatto salvo il paragrafo 2, siano gestite secondo i principi della presente direttiva, al fine di realizzare un mercato dell’energia elettrica concorrenziale, sicuro e sostenibile dal punto di vista ambientale, e si astengono da qualsiasi discriminazione tra le imprese riguardo ai loro diritti o obblighi.

2.   Nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni del trattato, in particolare dell’articolo 86, gli Stati membri possono, nell’interesse economico generale, imporre alle imprese che operano nel settore dell’energia elettrica obblighi relativi al servizio pubblico concernenti la sicurezza, compresa la sicurezza dell’approvvigionamento, la regolarità, la qualità e il prezzo delle forniture, nonché la tutela dell’ambiente, compresa l’efficienza energetica e la protezione del clima. Questi obblighi sono chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili, e garantiscono alle società dell’Unione europea che operano nel settore dell’energia elettrica parità di accesso ai consumatori nazionali (...)».

17.

La direttiva 2003/54 è stata integrata nell’accordo SEE con la decisione del Comitato misto SEE n. 146/2005, del 2 dicembre 2005, entrata in vigore il 1o giugno 2007 e che modifica l’allegato IV (Energia) di detto accordo ( 9 ).

B – Il diritto della Regione delle Fiandre

1. La legge regionale del 17 luglio 2000 recante l’organizzazione del mercato dell’elettricità

18.

La legge regionale del 17 luglio 2000 recante l’organizzazione del mercato dell’elettricità (Vlaams decreet houdende de organisatie van de elektriciteitsmarkt), del 17 luglio 2000 ( 10 ), mirava, in particolare, a garantire l’attuazione delle direttive 2001/77 e 2003/54. È stato abrogato con decreto dell’8 maggio 2009.

19.

L’articolo 2, punto 17, della legge sull’elettricità definiva il «certificato [verde]» come «un bene immateriale trasferibile attestante che un [produttore] ha prodotto, nel corso di un determinato anno, una determinata quantità di elettricità [verde], espressa in kWh».

20.

L’articolo 22 del suddetta legge stabiliva che «[p]er l’elettricità verde che il produttore dimostra essere stata prodotta nella Regione delle Fiandre (...) l’autorità di regolamentazione rilascia su richiesta del produttore un certificato verde per tranche da 1000 kWh»

21.

L’articolo 23, paragrafo 1, della legge in parola prevedeva che «[o]gni operatore che fornisce elettricità a consumatori finali collegati alla rete di distribuzione o alla rete di trasmissione è tenuto a presentare annualmente, entro il 31 marzo, all’autorità di regolamentazione il numero di certificati di elettricità [verdi] stabilito in applicazione del paragrafo 2».

22.

L’articolo 23 bis della stessa legge autorizzava la vendita di elettricità ai consumatori finali nella Regione delle Fiandre «a condizione che il fornitore presenti alla [Vlaamse Reguleringsinstantie voor de Elektriciteits- en Gasmarkt ( 11 )] un numero corrispondente di certificati di elettricità [verdi]».

23.

L’articolo 24 della legge sull’elettricità prevedeva che il vlaamse regering (governo delle Fiandre) ( 12 )«adotta le norme di attuazione e le procedure specifiche per il riconoscimento di certificati [verdi] e stabilisce quali certificati vengono presi in considerazione per soddisfare l’obbligo previsto dall’articolo 23».

24.

L’articolo 25 di detta stessa legge stabiliva che «fermo restando l’articolo 23, il governo delle Fiandre è autorizzato, previo parere dell’autorità di regolamentazione e tenendo conto dell’esistenza di garanzie uguali o analoghe per il rilascio di siffatti certificati, ad accettare certificati per elettricità [verde] che non è prodotta nella Regione delle Fiandre».

25.

L’articolo 37, paragrafo 2, del decreto di cui trattasi stabiliva che «l’importo dell’ammenda amministrativa per una violazione dell’articolo 23, paragrafo 1, (...) [d]al 31 marzo 2005 (...) è fissato in EUR 125 per ciascun certificato mancante».

2. Il decreto del governo delle Fiandre del 5 marzo 2004

26.

Il provvedimento in parola garantisce l’attuazione dell’articolo 24 del decreto sull’elettricità.

27.

Nella sua versione iniziale detto decreto conteneva un articolo 15, paragrafo 1, in base al quale «[a]l fine di soddisfare l’obbligo di certificati [verdi] la VREG accetta soltanto i certificati [verdi] riconosciuti per elettricità prodotta nella Regione delle Fiandre».

28.

A seguito di una decisione del Consiglio di Stato con cui quest’ultimo ha disposto la sospensione dell’attuazione dell’articolo 15 del decreto del governo della Fiandre del 5 marzo 2004, un decreto del 25 febbraio 2005, applicabile nella causa C‑204/12, ha modificato il suddetto articolo eliminando dal paragrafo 1 le parole «nella Regione delle Fiandre».

29.

Inoltre, nella sua versione risultante dal decreto modificativo dell’8 luglio 2005, applicabile nelle cause da C‑205/12 a C‑208/12, il decreto del governo delle Fiandre del 5 marzo 2004 conteneva anche le disposizioni indicate qui di seguito.

30.

L’articolo 1, paragrafo 2, punto 14, di detto decreto definiva la «garanzia di origine» come un «documento giustificativo volto a comprovare che una determinata quantità di elettricità fornita ai consumatori [finali] proviene da fonti energetiche rinnovabili».

31.

L’articolo 13, paragrafi 2 e 3, del detto decreto, inserito nella sezione III, recante il titolo «Registrazione dei certificati di elettricità [verdi]», era formulato come segue:

«Paragrafo 2:   nel certificato verde sono specificati almeno i seguenti dati:

(...)

punto 6 se il certificato [verde] può essere accettato al fine di adempiere l’obbligo di presentazione dei certificati, quale previsto all’articolo 15;

(...)

Paragrafo 3:   la dicitura, prevista al paragrafo 2, punto 6, è:

1o

“accettabile”, se il certificato [verde] soddisfa le condizioni dell’articolo 15, paragrafo 1 (...)

“non accettabile”, se il certificato [verde] non soddisfa le condizioni dell’articolo 15, paragrafo 1 (...)».

32.

L’articolo 15, paragrafo 3, dello stesso decreto prevedeva quanto segue: «[i] certificati [verdi] utilizzati come garanzie di origine conformemente alle disposizioni della sottosezione III possono essere utilizzati anche nell’ambito dell’obbligo di presentare i certificati a condizione che la dicitura prevista all’articolo 13, paragrafo 2, punto 6, sia “accettabile” (...)».

33.

Gli articoli 15 bis e 15 quater del decreto del 5 marzo 2004, come modificato dal decreto dell’8 luglio 2005, che rientrano nella sottosezione III, recante il titolo «Impiego dei certificati [verdi] come garanzia di origine», stabilivano quanto segue:

«Articolo 15 bis, paragrafo 1:   i certificati [verdi] sono utilizzati come garanzia di origine quando sono presentati nel quadro della vendita ai consumatori finali di elettricità qualificata come elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili (...)

(...)

Articolo 15 quater, paragrafo 1:   Una garanzia di origine che proviene da un’altra regione o da un altro paese può essere importata nella [Regione delle Fiandre per essere ivi utilizzata] come garanzia di origine, a condizione che il [suo] titolare [dimostri alla VREG che sono soddisfatte le seguenti condizioni]:

(...)

Paragrafo 2:   se la garanzia di origine viene importata da un’altra regione o da un altro paese, i [relativi] (…) dati vengono registrati nella banca dati centrale sotto forma di un certificato di elettricità [verde] con le seguenti indicazioni:

1o

“non accettabile” come previsto all’articolo 13, paragrafo 2, punto 6

(...)

I certificati [verdi] provenienti da un’altra regione o da un altro paese sono registrati con la menzione “accettabile” nel caso in cui il governo delle Fiandre decida di accettare i certificati di cui trattasi in applicazione dell’articolo 25 [del decreto] sull’elettricità.

Detta registrazione avviene [previa trasmissione alla VREG, da parte dell’autorità competente dell’altra regione o dell’altro paese, dei dati essenziali della garanzia di origine] e dopo che la garanzia di origine è stata resa definitivamente inutilizzabile nell’altro paese o regione.

(...)».

II – Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

34.

L’Essent Belgium NV ( 13 ), un fornitore di elettricità, è stata soggetta, tra il 2003 e il 2009, all’obbligo stabilito all’articolo 23, paragrafo 1, della legge regionale sull’elettricità, di presentare ogni anno, entro il 31 marzo, un determinato numero di certificati verdi all’autorità fiamminga di regolamentazione del mercato dell’energia elettrica e del gas, la VREG.

35.

Al fine di adempiere i suoi obblighi per gli anni dal 2005 al 2009, l’Essent ha presentato alla VREG, oltre ai certificati verdi provenienti da produttori di elettricità stabiliti nella Regione delle Fiandre e nelle Regioni vallona e di Bruxelles capitale, garanzie di origine provenienti, per l’anno 2005, da produttori stabiliti nei Paesi Bassi e in Norvegia, per l’anno 2006, da produttori stabiliti in Danimarca e in Norvegia e, per gli anni compresi tra il 2007 e il 2009, da produttori stabiliti in Norvegia ( 14 ).

36.

In considerazione del fatto che, non avendo il governo delle Fiandre adottato alcuna misura di attuazione dell’articolo 25 della legge regionale sull’elettricità, potevano essere accettati soltanto i certificati verdi attestanti la produzione di energia elettrica nella Regione delle Fiandre, la VREG, sulla base dell’articolo 37, paragrafo 2, di detto decreto, ha irrogato all’Essent ammende per un importo pari, rispettivamente, a EUR 542 125 per l’anno 2005, a EUR 234 750 per l’anno 2006, a EUR 166 125 per l’anno 2007, a EUR 281 250 per l’anno 2008 e a EUR 302 375 per l’anno 2009.

37.

Dato che l’Essent ha presentato ricorso avverso le suddette decisioni dinanzi al rechtbank van eerste aanleg te Brussel (Belgio), quest’ultimo ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se una normativa nazionale come quella contenuta nella [legge regionale sull’elettricità] attuata dal [decreto del governo delle Fiandre 5 marzo 2004], come modificato dal [decreto del 25 febbraio 2005] e dal [decreto dell’8 luglio 2005], in base alla quale:

i fornitori di elettricità che riforniscono consumatori finali collegati alla rete di distribuzione o alla rete di trasmissione sono tenuti a presentare annualmente all’autorità di regolamentazione un certo numero di certificati verdi (articolo 23 della [legge sull’elettricità]);

la mancata presentazione da parte dei fornitori di elettricità che riforniscono consumatori finali collegati alla rete di distribuzione o alla rete di trasmissione di un numero di certificati verdi sufficiente a soddisfare una quota obbligatoria di certificati verdi (articolo 37, paragrafo 2, della [legge sull’elettricità]), comporta una sanzione pecuniaria amministrativa irrogata dall[a VREG];

è precisato espressamente che le garanzie di origine provenienti da altri paesi possono essere accettate a determinate condizioni per soddisfare la quota obbligatoria (articolo 15 quater, paragrafo 2, del decreto [del governo della Fiandre del 5 marzo 2004, come modificato del decreto dell’8 luglio 2005]) [il presente trattino non figura nella questione pregiudiziale proposta nella causa C‑204/12];

la [VREG] non può o non vuole prendere in considerazione garanzie di origine provenienti dalla Norvegia [e dai Paesi Bassi] [precisazione relativa alla questione pregiudiziale sollevata nella causa C‑204/12] [e dalla Danimarca] [precisazione relativa alla questione pregiudiziale sollevata nella causa C‑205/12] [e dalla Danimarca/dalla Svezia] [precisazione relativa alla questione pregiudiziale sollevata nella causa C‑206/12], in mancanza di misure di attuazione ad opera del governo delle Fiandre che abbiano riconosciuto l’uguaglianza o l’equivalenza della presentazione di siffatti certificati (articolo 25 della legge regionale [sull’elettricità] e [i) riguardo alla causa C‑204/12] articolo 15, paragrafo 1, del decreto [del governo della Fiandre del 5 marzo 2004, come modificato dal decreto del 25 febbraio 2005], [ii) riguardo alle cause da C‑205/12 a C‑208/12], articolo 15 quater, paragrafo 2, del decreto [del governo della Fiandre del 5 marzo 2004, come modificato dal decreto dell’8 luglio 2005]), senza che l’uguaglianza o l’equivalenza sia stata concretamente verificata dalla [VREG];

di fatto, per tutto il periodo in cui era in vigore il decreto [sull’elettricità], al fine di verificare se fosse soddisfatto l’obbligo in materia di quote, venivano presi in considerazione unicamente certificati attestanti la produzione di [elettricità] verde nella Regione delle Fiandre, mentre per i fornitori di elettricità che rifornivano consumatori finali collegati alla rete di distribuzione o alla rete di trasmissione non esisteva alcuna possibilità di dimostrare che le garanzie di origine presentate [provenienti da altri Stati membri dell’Unione europea (questa precisazione non è presente nella questione pregiudiziale sollevata nel quadro della causa C‑204/12)] soddisfacevano la condizione dell’esistenza di garanzie uguali o equivalenti per il rilascio di siffatti certificati;

sia compatibile con l’articolo 28 CE e con l’articolo 11 dell’accordo SEE e/o con l’articolo 30 CE e con l’articolo 13 dell’accordo SEE [nelle cause C‑207/12 e C‑208/12, la questione pregiudiziale si riferisce soltanto agli articoli 11 e 13 dell’accordo SEE].

2)

Se una normativa nazionale come quella di cui [alla prima questione pregiudiziale] sia compatibile con l’articolo 5 della direttiva [2001/77] [nelle cause C‑207/12 e C‑208/12, la seconda questione pregiudiziale qui riportata è sollevata soltanto “nella misura in cui la succitata norma è applicabile al SEE”] ».

3)

Se una normativa nazionale come quella di cui [alla prima questione pregiudiziale] sia compatibile con il principio di uguaglianza e con il principio di non discriminazione, sanciti tra l’altro all’articolo 18 TFUE [cause da C‑204/12 a C‑206/12], all’articolo 4 dell’accordo SEE [cause C‑207/12 e C‑208/12], e all’articolo 3 della direttiva [2003/54/CE] [nelle cause C‑207/12 e C‑208/12, la questione pregiudiziale si riferisce al succitato articolo 3 solo “nella misura in cui la norma in parola è applicabile al SEE”]».

III – Analisi

A – Osservazioni preliminari

1. Ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale

38.

La VREG, il Vlaamse Gewest (Regione delle Fiandre) e la Vlaamse Gemeenschap (Comunità fiamminga) ( 15 ) contestano la ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte alla Corte, in quanto, da una parte, quest’ultima non sarebbe competente a interpretare il diritto nazionale o a pronunciarsi sulla sua compatibilità con il diritto dell’Unione e, dall’altra, queste domande sarebbero irrilevanti ai fini della risoluzione delle controversie oggetto del procedimento principale in quanto si fonderebbero su un’interpretazione errata del diritto interno, avendo il giudice del rinvio equiparato a torto le garanzie di origine e i certificati verdi mentre l’articolo 25 della legge regionale sull’elettricità non ricomprende le garanzie di origine.

39.

Questa duplice argomentazione non cambia in alcun modo la mia opinione sulle norme che disciplinano la ripartizione dei poteri tra la Corte e i giudici nazionali nel quadro del meccanismo di cooperazione previsto dall’articolo 267 TFUE.

40.

In primo luogo, in virtù di una giurisprudenza costante, spetta unicamente ai giudici nazionali, che sono chiamati a risolvere la controversia e devono assumere la responsabilità dell’emananda decisione giudiziaria, valutare, tenuto conto delle peculiarità di ogni causa, sia la necessità di una pronuncia in via pregiudiziale per essere posti in grado di statuire nel merito, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in linea di principio, è tenuta a statuire. La presunzione di pertinenza che si riconnette alle questioni sollevate in via pregiudiziale dai giudici nazionali può essere confutata solo in casi eccezionali, segnatamente qualora sia evidente che l’interpretazione richiesta delle disposizioni del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale ( 16 ).

41.

In secondo luogo, la Corte ha precisato che il fatto che il tenore letterale delle questioni sottoposte in via pregiudiziale invita la Corte a pronunciarsi sulla compatibilità di una disposizione di diritto interno con il diritto dell’Unione non impedisce alla Corte di dare una risposta utile al giudice del rinvio fornendo a quest’ultimo gli elementi di interpretazione propri del diritto dell’Unione che consentiranno a quest’ultimo di statuire egli stesso sulla compatibilità del diritto interno con il diritto dell’Unione ( 17 ).

42.

In terzo luogo, si deve ricordare che non spetta alla Corte pronunciarsi in merito all’interpretazione del diritto nazionale ( 18 ). La Corte è tenuta, infatti, a prendere in considerazione, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra i giudici dell’Unione e i giudici nazionali, il contesto normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, come definito dal provvedimento di rinvio.

43.

Ora, nel caso di specie il giudice del rinvio, che non chiede che venga interpretato il diritto interno, nutre dubbi quanto alla compatibilità del regime regionale di sostegno alla produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili con numerose disposizioni di diritto dell’Unione, sia primario che derivato, in considerazione del fatto che il suddetto regime impedisce di prendere in considerazione le garanzie di origine provenienti dall’estero. La decisione di rinvio indica chiaramente le norme di diritto dell’Unione di cui viene chiesta l’interpretazione, spiegando il rapporto che essa individua tra detta interpretazione e le norme nazionali coinvolte. Essa individua inoltre con precisione le norme di diritto nazionale applicabili e gli effetti delle modifiche normative intervenute nel corso del 2005. Osservo peraltro che la descrizione ivi compiuta dell’oggetto delle controversie nel procedimento principale e del contesto normativo e di fatto nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali sollevate ha permesso alle parti interessate di presentare utilmente le loro osservazioni ai sensi dell’articolo 23, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

44.

Le domande di pronuncia pregiudiziale devono pertanto essere dichiarate ricevibili.

2. Applicazione dell’accordo SEE e del suo allegato IV (Energia)

45.

Per quanto attiene all’accordo SEE, mi limiterò a osservare che, secondo una giurisprudenza costante, spetta alla Corte controllare che le norme dell’accordo SEE identiche nella sostanza a quelle del Trattato FUE siano interpretate in maniera uniforme all’interno degli Stati membri ( 19 ).

B – Risposta alle questioni pregiudiziali

46.

Con le sue questioni pregiudiziali, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se l’articolo 5 della direttiva 2001/77 o, se del caso, gli articoli 28 CE e 30 CE e gli articoli 11 e 13 dell’accordo SEE o, ancora, il principio di non discriminazione sancito segnatamente dall’articolo 12 CE, dall’articolo 4 dell’accordo SEE e dall’articolo 3 della direttiva 2003/54 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale di sostegno alle energie rinnovabili, quale quella oggetto del procedimento principale, che impedisca di tener conto di garanzie di origine rilasciate da un altro Stato membro dell’Unione o del SEE.

1. Interpretazione della direttiva 2001/77

47.

Si contrappongono due interpretazioni divergenti della direttiva 2001/77.

48.

Da una parte, la VREG e a. e la Commissione negano ogni incompatibilità tra la norma fiamminga e la suddetta direttiva sulla base della distinzione tra il sistema di riconoscimento delle garanzie di origine istituito dalla direttiva de qua per garantire la libera circolazione dell’elettricità verde e quello dei certificati verdi previsti nel quadro dei regimi di sostegno nazionali.

49.

Secondo la Commissione, dai considerando 10 e 11 della direttiva 2001/77 si evince che il sistema delle garanzie di origine, attuato dall’articolo 5 della suddetta direttiva per agevolare gli scambi di elettricità e aumentare la trasparenza per i consumatori permettendo di stabilire se l’elettricità è prodotta da fonti energetiche rinnovabili, deve essere distinto da quello dei certificati verdi introdotto da taluni regimi nazionali di sostegno ai sensi dell’articolo 4 della suddetta direttiva. Detti certificati verdi, che non rispondono a un regime armonizzato, sono volti, da parte loro, a sovvenzionare la produzione di elettricità verde riconoscendo ai produttori di elettricità un’integrazione del reddito volta a coprire i maggiori costi connessi a detta tipologia di produzione. A differenza delle garanzie di origine, essi costituiscono titoli negoziabili che possono essere scambiati su un mercato secondario sul quale i produttori competono. Ne consegue che le garanzie di origine non implicano alcun diritto di beneficiare di simili regimi nazionali di sostegno e che gli Stati membri non sono tenuti a riconoscere le garanzie di origine provenienti dagli altri Stati membri quale contributo all’adempimento delle quote nazionali.

50.

Sviluppando un argomento fondato, anch’esso, sulla distinzione tra le garanzie di origine e i certificati verdi, la VREG e a. negano l’applicazione dell’articolo 5 della direttiva 2001/77, relativo ai primi, a favore dell’articolo 4 della suddetta direttiva, relativo ai regimi di sostegno. A detta della VREG e a., le garanzie di origine, volte a promuovere lo scambio di energia elettrica verde e ad aumentare la trasparenza, hanno un obiettivo diverso da quello perseguito dai certificati verdi, che sono strumenti atti a contribuire all’adempimento dell’obbligo nazionale in materia di quote di fornitura di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Osservando, tuttavia, che il giudice del rinvio ha espressamente circoscritto la questione pregiudiziale all’esame della compatibilità della normativa nazionale con l’articolo 5 della direttiva 2001/77, VREG e a. affermano, a tal proposito, che il sistema di garanzie di origine esistente nella Regione delle Fiandre è compatibile con le condizioni enunciate nella suddetta disposizione.

51.

D’altra parte, l’Essent e il governo dei Paesi Bassi controdeducono che il regime controverso impedisce di prendere in considerazione le garanzie di origine provenienti da altri Stati membri, benché una tale esclusione sia ammessa, in virtù dell’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2001/77, soltanto sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori.

52.

Ne consegue che, a loro avviso, la normativa fiamminga non è compatibile con il principio del riconoscimento reciproco delle garanzie di origine.

53.

Non ho alcun dubbio in merito alla questione considerata cui occorre rispondere, in conformità dei metodi di interpretazione della Corte, esaminando, nell’ordine, il tenore letterale, l’impianto generale e gli obiettivi della direttiva 2001/77.

54.

L’articolo 5, paragrafo 3, della detta direttiva stabilisce che le garanzie di origine che indicano la fonte energetica da cui è stata prodotta l’elettricità, specificando le date e i luoghi di produzione, mirano a consentire ai produttori di elettricità di dimostrare che l’elettricità da essi venduta è prodotta da fonti energetiche rinnovabili. L’articolo 5, paragrafo 4, della suddetta direttiva sancisce il principio del riconoscimento reciproco delle garanzie di origine, ma limita la portata di questo riconoscimento prevedendo che le garanzie devono essere riconosciute «esclusivamente come prova». La presenza dell’avverbio «esclusivamente» concretizza la volontà del legislatore dell’Unione di limitare gli effetti del riconoscimento reciproco alla prova dell’origine verde dell’elettricità prodotta.

55.

Il considerando 10 della direttiva 2001/77 precisa inoltre che gli Stati membri non sono tenuti a riconoscere l’acquisizione di una garanzia di origine da altri Stati membri o il corrispondente acquisto di elettricità quale contributo all’adempimento di un obbligo nazionale in materia di quote e che i regimi di garanzia d’origine non implicano, di per sé, il diritto di beneficiare dei meccanismi nazionali di sostegno.

56.

Ne consegue che la direttiva 2001/77 non impone di tener conto delle garanzie di origine provenienti da produttori stranieri ai fini di un regime di sostegno nazionale, come quello oggetto del procedimento principale, basato sul rilascio di certificati verdi.

57.

Questa interpretazione letterale trova conferma negli insegnamenti tratti dall’analisi dell’impianto generale della direttiva 2001/77. È, infatti, pacifico che quest’ultima prevede una distinzione netta tra il sistema delle garanzie di origine e i meccanismi nazionali di sostegno alle energie rinnovabili, cui essa dedica due articoli distinti. Mentre l’articolo 4 della direttiva 2001/77 si limita a prevedere che la Commissione valuta l’applicazione dei meccanismi di sostegno attuati dagli Stati membri, indicando espressamente che detti meccanismi possono avere un effetto restrittivo sugli scambi, tenendo conto del fatto che essi contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli 6 e 174 del Trattato CE, l’articolo 5 della stessa direttiva definisce e disciplina le garanzie di origine, pensate come volte a promuovere gli scambi di elettricità verde, per garantire il riconoscimento reciproco. Ne consegue che le garanzie di origine e i certificati verdi costituiscono, ai sensi della direttiva 2001/77, due strumenti giuridici distinti e diversi.

58.

L’interpretazione da me proposta trova infine conferma negli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2001/77 come indicati, in particolare, nei suoi considerando. Essa non persegue un’armonizzazione completa della normativa nel settore dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Essa si limita a stabilire obiettivi indicativi nazionali di consumo, ma lascia che siano gli Stati membri a decidere liberamente la natura e il contenuto delle misure da adottare per raggiungere tali obiettivi, disponendo detti Stati di un’ampia discrezionalità. In base ai suoi considerando 14, 15 e 16, la direttiva 2001/77 instaura un regime transitorio nel corso del quale gli Stati membri possono applicare meccanismi di sostegno diversi da quelli dei certificati verdi, per i quali si ritiene sia «prematuro» istituire un quadro comunitario. Orbene, obbligare gli Stati membri a riconoscere le garanzie di origine nell’ambito dei regimi di sostegno equivarrebbe a limitare il loro margine di discrezionalità al riguardo, mentre questa, evidentemente, non era l’intenzione del legislatore dell’Unione.

59.

Tutto depone quindi nel senso di ritenere che la direttiva 2001/77, che indica nelle garanzie di origine e nei certificati verdi due strumenti giuridici distinti e diversi, non impone, di per sé, l’equiparazione dei primi ai secondi nell’ambito dei regimi nazionali di sostegno alla produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili.

60.

Occorre, di conseguenza, esaminare se gli articoli 28 CE e 30 CE e l’articolo 11 dell’accordo SEE ostino a una disciplina nazionale come quella oggetto delle controversie dei procedimenti principali.

2. Interpretazione delle norme in materia di libera circolazione delle merci

61.

Secondo il giudice del rinvio, che richiama la sentenza del 13 marzo 2001, Preussen Elektra ( 20 ), l’obbligo gravante sui fornitori di elettricità stabiliti nella Regione delle Fiandre di acquistare certificati verdi fiamminghi va inteso, prima facie, come una misura con effetti equivalenti a una restrizione quantitativa all’importazione. Il rechtbank van eerste aanleg te Brussel, riferendosi al contenuto della lettera inviata il 25 luglio 2001 dalla Commissione al Regno del Belgio in occasione della notifica, ai sensi delle disposizioni dei Trattati relative agli aiuti di Stato, della normativa controversa, osserva inoltre che le autorità delle Fiandre si erano allora espressamente impegnate «per non violare le norme che disciplinano il mercato interno, (...) a riconoscere agli importatori di elettricità la possibilità di provare che hanno importato elettricità verde».

62.

Secondo VREG e a., il giudice del rinvio muoverebbe a torto dal presupposto che le garanzie di origine siano merce ai sensi dell’articolo 28 CE, mentre dette garanzie non potrebbero essere qualificate in tal modo dato il loro carattere accessorio e immateriale. Soltanto l’elettricità in sé potrebbe essere qualificata come merce, ma la questione se la normativa fiamminga ostacoli la libera circolazione dell’elettricità verde non sarebbe oggetto della questione pregiudiziale. In ogni caso, il regime controverso non creerebbe alcun ostacolo dal momento che l’elettricità verde prodotta all’estero potrebbe essere liberamente importata nella Regione delle Fiandre. Quanto ai certificati verdi provenienti da altri Stati membri dell’Unione o del SEE, essi non sarebbero oggetto dei procedimenti principali e non costituirebbero neppure delle merci.

63.

VREG e a. ritengono, da ultimo, che, anche ammettendo l’esistenza di un ostacolo alla libera circolazione delle merci, esso sarebbe giustificato da esigenze imperative di tutela dell’ambiente e che la normativa fiamminga costituirebbe una misura non discriminatoria, opportuna e proporzionata.

64.

La Commissione osserva anzitutto che, mentre l’elettricità, in conformità della giurisprudenza della Corte, deve essere qualificata come merce ai sensi dell’articolo 28 CE e dell’articolo 11 dell’accordo SEE, lo stesso non può dirsi per le garanzie di origine, che hanno carattere accessorio rispetto all’elettricità di cui esse agevolano lo scambio. Peraltro, pur considerando che una disciplina come quella oggetto del procedimento principale, che combina il sistema dei certificati verdi con quello delle quote obbligatorie, non può essere equiparata al regime controverso nella causa che è sfociata nella sentenza Preussen Elektra, dal momento che i distributori di elettricità restano liberi di acquistare elettricità verde proveniente da altri Stati membri o da altri Stati del SEE, la Commissione non esclude che la disciplina controversa possa, almeno potenzialmente, avere un effetto restrittivo sulla libera circolazione delle merci.

65.

La Commissione ritiene tuttavia che un siffatto ostacolo sia giustificato dall’obiettivo di tutela dell’ambiente. Essa afferma, in tal senso, che la normativa oggetto del procedimento principale contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, favorisce un approccio regionale al problema dell’inquinamento, conformemente al principio della correzione, prioritariamente alla fonte, dei danni all’ambiente, ed è conforme all’obbligo, a carico degli Stati membri in base alla direttiva 2001/77, di stabilire obiettivi indicativi nazionali di consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, cercando l’Unione di fare anche in modo che tutti gli Stati membri contribuiscano in modo equilibrato e proporzionale al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

66.

Sottolineando la mancata armonizzazione dei meccanismi di sostegno pubblico alle fonti energetiche rinnovabili, la Commissione aggiunge che, tenuto conto delle differenze degli Stati membri dal punto di vista climatico e geografico, occorre evitare che l’inquinamento si concentri nelle regioni dove è più difficile produrre elettricità verde a causa della mancanza di risorse naturali e occorre fare in modo che aiuti nazionali mirati possano stimolare, anche in queste regioni, una produzione locale di elettricità verde. A suo avviso, la concessione del sostegno pubblico a tutti i produttori stranieri potrebbe provocare un afflusso verso i regimi nazionali che offrono le condizioni più generose, il che comprometterebbe il rispetto dell’obbligo che grava su tutti gli Stati membri di raggiungere i loro obiettivi nazionali.

67.

L’Essent, la quale osserva che, in base alla giurisprudenza della Corte, l’elettricità deve essere considerata una merce ( 21 ), afferma che la disciplina controversa è stata adottata in spregio al divieto di restrizioni quantitative all’importazione e di misure con effetti equivalenti. Il rifiuto, fondato esclusivamente sulla provenienza geografica, di prendere in considerazione le garanzie di origine provenienti da altri Stati membri dell’Unione o del SEE, senza esaminare la loro equivalenza ai certificati verdi rilasciati nella Regione delle Fiandre, ostacolerebbe l’importazione di elettricità verde.

68.

La ricorrente nel procedimento principale ritiene che una simile misura non possa essere giustificata dall’obiettivo di protezione dell’ambiente, dato che le garanzie di origine straniere perseguono, da questo punto di vista, gli stessi obiettivi dei certificati verdi, vale a dire un incremento della produzione e del consumo di energia verde nel mercato interno. Essa aggiunge che l’obiettivo di incentivare la produzione locale non può essere ammesso come giustificazione poiché tale finalità non si rinverrebbe nel decreto sull’elettricità e sarebbe addirittura contraria all’obiettivo, indicato nelle motivazioni di detto decreto, di incoraggiare lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili in modo «conforme al mercato». Incentivare la produzione locale equivarrebbe per di più ad attuare una discriminazione sulla base della provenienza a vantaggio dei produttori fiamminghi.

69.

Al fine di rispondere alla questione sollevata, suddividerò il mio ragionamento in tre passaggi valutando, in primo luogo, se le norme relative alla libera circolazione delle merci siano applicabili, per poi esaminare, in secondo luogo, se la normativa di cui trattasi ricada nel divieto di ostacoli, e considerando, in terzo luogo, le possibili giustificazioni.

a) Applicabilità delle norme in materia di libera circolazione delle merci

70.

In via preliminare occorre ricordare che, in mancanza di un’armonizzazione da parte della direttiva 2001/77 dei regimi di sostegno alle energie rinnovabili, gli Stati membri continuano a essere tenuti a rispettare le libertà fondamentali sancite dal Trattato, tra le quali figura la libera circolazione delle merci.

71.

Affinché quest’ultima sia applicabile, occorre che la normativa nazionale abbia un impatto sulla circolazione delle merci come intesa dal Trattato. Prima di valutare se questo accada nei procedimenti principali, reputo necessario tornare brevemente sul funzionamento del sistema dei certificati verdi istituito dalla normativa fiamminga.

72.

Ricordo anzitutto che le politiche di incentivazione delle energie rinnovabili possono contare su diversi strumenti, quali il sistema di prezzi d’acquisto garantiti, i meccanismi delle aste o quelli dei certificati verdi. Questi ultimi, introdotti da numerosi Stati membri, sono soggetti a regole di funzionamento tra loro eterogenee ( 22 ).

73.

Per quanto attiene, più in particolare, alla normativa fiamminga oggetto dei procedimenti principali, il sistema dei certificati verdi, introdotto a partire dal 1o gennaio 2001, si basa sul doppio meccanismo del riconoscimento di certificati verdi ai produttori di elettricità da fonti energetiche rinnovabili e della contemporanea previsione di quote obbligatorie che gravano sui distributori di elettricità.

74.

Da una parte, vengono attribuiti ai produttori di elettricità certificati verdi per una quantità predefinita di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili o da impianti di cogenerazione di qualità. Dato che questi certificati possono essere venduti, il meccanismo valorizza la produzione di elettricità verde permettendo ai produttori di essere remunerati non soltanto attraverso la vendita di elettricità in rete, ma anche con la vendita di certificati sul mercato.

75.

Dall’altra, i distributori di elettricità sono tenuti ad acquistare una determinata quota di certificati verdi calcolata in funzione della quantità totale di elettricità che essi vendono ai consumatori. I distributori che non riescono a presentare la quota di certificati verdi richiesta ogni anno sono tenuti a pagare una sanzione amministrativa, di importo progressivo, corrispondente di fatto a un tetto tariffario, mentre i proventi delle ammende vanno ad alimentare un fondo destinato al sostegno di progetti di sviluppo delle energie verdi.

76.

È evidente che questo sistema, che si afferma essere volto a incentivare la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili nella Regione delle Fiandre, può eventualmente incidere sull’importazione di elettricità verde dall’estero. In quest’ottica ritengo non sia necessario stabilire se le garanzie di origine o i certificati verdi siano, essi stessi, merci ai sensi dell’articolo 28 CE. È sufficiente osservare che dalla giurisprudenza della Corte, la quale ha dato una definizione ampia della nozione di merce ( 23 ), si desume senza alcun dubbio che l’elettricità deve essere qualificata come tale ( 24 ), cosicché la sua circolazione, in conformità del citato articolo, non deve, in linea di principio, essere impedita.

77.

Esamino quindi l’eventuale restrizione.

b) Esistenza di una restrizione alla libera circolazione delle merci

78.

Occorre preliminarmente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, ogni normativa commerciale degli Stati membri idonea a ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio nell’ambito dell’Unione deve essere considerata come una misura d’effetto equivalente a restrizioni quantitative ai sensi dell’articolo 28 CE ( 25 ). Occorre quindi esaminare quale impatto possa avere sulla libera circolazione dell’elettricità una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale.

79.

Riconosco che un regime siffatto non impedisce ai distributori di elettricità di importare elettricità verde da altri Stati membri dell’Unione o del SEE. Tale regime può tuttavia ostacolare, quantomeno in modo indiretto, la circolazione dell’elettricità verde.

80.

Da una parte, infatti, il sistema accorda un vantaggio economico ai produttori di elettricità verde stabiliti nella Regione delle Fiandre rispetto agli altri produttori di elettricità verde, dal momento che la vendita di certificati verdi permette loro di beneficiare di entrate supplementari che vanno ad aggiungersi a quelle tratte dalla vendita dell’elettricità.

81.

Dall’altra, questo sistema può dissuadere i distributori di elettricità dall’importare elettricità verde la cui provenienza sia stabilita dalle garanzie di origine, dal momento che l’importazione di tale elettricità non potrà essere presa in considerazione ai fini del raggiungimento delle quote loro imposte, con la conseguenza che essi, in parallelo all’acquisto di detta elettricità il cui prezzo può essere già superiore rispetto a quello dell’elettricità prodotta da fonti convenzionali, devono acquistare i certificati verdi fiamminghi.

82.

Ne consegue che la disciplina nazionale controversa, che favorisce la vendita di elettricità verde prodotta nella Regione delle Fiandre e limita in pari misura l’importazione potenziale di elettricità verde, deve essere considerata come una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’importazione.

83.

La misura in parola determina, inoltre, effetti discriminatori poiché essa riserva il vantaggio derivante dalla cessione dei certificati verdi alla produzione di elettricità fiamminga a danno della produzione di elettricità verde proveniente da altri Stati membri dell’Unione o del SEE.

84.

Anche ammettendo che le argomentazioni dedotte da VREG e a. debbano essere interpretate come volte a mettere in discussione l’identità tra l’elettricità verde importata da altri Stati membri, la cui provenienza è specificata in una garanzia di origine, e l’elettricità verde prodotta nella Regione delle Fiandre, la cui provenienza è garantita da un certificato verde, occorre sottolineare che VREG e a. non affermano che i certificati verdi fiamminghi offrano una garanzia aggiuntiva quanto alla dimostrazione dell’origine verde dell’elettricità prodotta. La normativa fiamminga, che definisce il certificato verde come un documento attestante che un produttore ha prodotto, nel corso di un determinato anno, una determinata quantità di elettricità verde ( 26 ), ammette che i certificati possano essere utilizzati come garanzia di origine. Come riconosciuto dalla stessa VREG e a. in udienza, la sola differenza tra i certificati verdi e le garanzie di origine consiste nel fatto che i certificati verdi sono rilasciati a produttori che producono nella Regione delle Fiandre. In altre parole, l’elettricità verde garantita da un certificato verde non è «più verde» dell’energia elettrica certificata da una garanzia di origine, dal momento che la sola differenza tra le due è data dalla provenienza geografica.

85.

Resta da verificare se l’ostacolo discriminatorio di cui trattasi sia giustificato o meno.

c) Giustificazione dell’ostacolo alla libera circolazione delle merci

i) Principio

86.

La Corte ha già avuto modo di affermare, in più occasioni, che la protezione dell’ambiente rappresenta un obiettivo di interesse generale idoneo a giustificare restrizioni alle libertà fondamentali sancite dai Trattati. Essa ha persino sviluppato una giurisprudenza autonoma in tale materia, favorendo fortemente la protezione dell’ambiente.

87.

In base all’approccio tradizionale generalmente seguito dalla Corte riguardo alla possibilità di giustificare restrizioni del commercio all’interno dell’Unione, solo le misure indistintamente applicabili ai prodotti o ai servizi a prescindere dalla loro origine possono essere giustificate sulla base di motivi cogenti di interesse generale. Se invece la misura è discriminatoria, essa può essere giustificata solo in forza di una disposizione derogatoria espressa ( 27 ). Orbene, la protezione dell’ambiente, che è stata riconosciuta di recente nel diritto dell’Unione, non figura tra i motivi di interesse generale enunciati all’articolo 30 CE che non possono essere estesi a casi diversi da quelli ivi tassativamente previsti, ma costituisce un motivo imperativo di interesse generale riconosciuto dalla Corte. Detto obiettivo potrà, quindi, in linea di principio giustificare soltanto misure non discriminatorie.

88.

La giurisprudenza è però mutata nel senso di ampliare la possibilità di invocare obiettivi che non figurano nell’articolo 30 CE per giustificare restrizioni a livello nazionale alla libera circolazione delle merci ( 28 ). Questa evoluzione della giurisprudenza si è compiuta essenzialmente in due tappe.

89.

La prima è rappresentata dalla causa riguardante i cosiddetti «rifiuti della Vallonia» ( 29 ) relativa a una normativa belga che impediva di trattare in Vallonia i rifiuti provenienti da altri Stati membri o da una regione diversa dalla Regione vallona. In tale causa, la Corte, dopo aver qualificato i rifiuti come merce e ricordato che le esigenze imperative vanno prese in considerazione solo quando si tratta di misure indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli importati, ha statuito che, tenuto conto della «peculiarità dei rifiuti» ( 30 ) che devono essere smaltiti nei limiti del possibile nel luogo della loro produzione in forza del principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all’ambiente, «le misure contestate non possono considerarsi discriminatorie» ( 31 ).

90.

Una seconda tappa è segnata dalle sentenze del 14 luglio 1998, Aher‑Waggon ( 32 ) e Preussen Elektra, già citata. Quest’ultima sentenza riguardava l’obbligo previsto in capo ai fornitori di elettricità di acquistare elettricità prodotta a partire da fonti rinnovabili a prezzi minimi. Dal momento che la misura in parola non sembrava applicarsi indistintamente, favorendo chiaramente i produttori nazionali di energia elettrica verde presso i quali gli operatori economici erano tenuti ad approvvigionarsi, la Corte, senza esaminare se la misura fosse direttamente discriminatoria, ha ritenuto che essa fosse giustificata dai suoi obiettivi ambientali, contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, dal suo obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali nonché della conservazione delle specie vegetali, e dalle caratteristiche peculiari dell’elettricità.

91.

Il perseguimento di un obiettivo ambientale può quindi avere quale conseguenza sia di neutralizzare il carattere discriminatorio, già dimostrato, di una misura nazionale, sia di dispensare semplicemente da ogni verifica circa il carattere discriminatorio o meno della misura.

92.

Pur dovendomi rallegrare di questa evoluzione che sancisce l’integrazione delle questioni ambientali nell’ambito del mercato interno, ciò non toglie che mi rammarico del fatto che l’eccezione alla regola secondo cui solo disposizioni derogatorie espresse possono giustificare una misura discriminatoria non emerge in modo esplicito nella giurisprudenza della Corte, ma consegue piuttosto, surrettiziamente, a ragionamenti che rispondono di volta in volta a logiche diverse. È necessario, a mio avviso, chiarire la situazione riconoscendo formalmente la possibilità di invocare la protezione dell’ambiente a giustificazione di misure che ostacolano la libera circolazione delle merci, benché discriminatorie. Ritengo che un siffatto esplicito riconoscimento comporti tre categorie di vantaggi.

93.

In primo luogo, ritengo che un siffatto riconoscimento sia dettato da esigenze di certezza del diritto, dal momento che esso avrebbe il vantaggio di fugare ogni dubbio che possa sussistere quanto alla possibilità di invocare, a giustificazione di una misura discriminatoria, la protezione dell’ambiente quale esigenza imperativa di interesse generale.

94.

In secondo luogo, la mancata verifica del carattere discriminatorio delle misure che costituiscono un ostacolo presenta l’inconveniente ben maggiore di non permettere di variare l’intensità del controllo giurisdizionale cui dette misure sono sottoposte al fine di verificare se esse siano idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedano quanto necessario per conseguirlo. Ora, ritengo che le misure discriminatorie, in particolare quelle che violano un principio fondamentale come quello del divieto di discriminazione diretta fondata sulla nazionalità, debbano soddisfare un requisito di proporzionalità più rigoroso.

95.

In terzo luogo, ravviso in un siffatto riconoscimento esplicito soprattutto l’occasione di sancire il ruolo fondamentale che riveste la protezione dell’ambiente all’interno dell’ordinamento giuridico dell’Unione e di proseguire così nell’evoluzione avviata con la sentenza del 7 febbraio 1985, ADBHU ( 33 ), che aveva indicato nella protezione dell’ambiente «uno degli scopi essenziali della Comunità». Lo sviluppo sostenibile figura ormai tra gli obiettivi dell’Unione enunciati all’articolo 3 TUE ( 34 ), il cui punto 3 sancisce che «l’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su (...) un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente». L’articolo 191 TFUE, cui corrisponde l’articolo 174 CE, e l’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea hanno fatto altresì della ricerca di un livello elevato di protezione dell’ambiente un obiettivo dell’Unione. Inoltre, a norma dell’articolo 11 TFUE, cui corrisponde l’articolo 6 CE, «[l]e esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile».

96.

Elevare esplicitamente la protezione dell’ambiente al rango di ragione imperativa di interesse generale che può essere invocata per giustificare misure restrittive delle libertà di circolazione, quand’anche discriminatorie, contribuirebbe, a mio avviso, a garantire la sua prevalenza rispetto a considerazioni di altra natura.

97.

Ritengo che la giustificazione teorica di una siffatta soluzione possa essere rinvenuta nel principio di integrazione, il quale comporta che gli obiettivi ambientali, di cui la Corte ha sottolineato il carattere nel contempo trasversale e fondamentale ( 35 ), debbano essere presi in considerazione nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione. Benché questo principio non imponga di privilegiare sistematicamente la protezione dell’ambiente, esso implica invece che l’obiettivo ambientale possa sempre essere contemperato con gli altri obiettivi fondamentali dell’Unione ( 36 ).

98.

Occorre quindi verificare se la normativa fiamminga che, a mio avviso, integra un ostacolo discriminatorio alla libertà di circolazione delle merci, possa essere giustificata da esigenze imperative di protezione dell’ambiente.

ii) Applicazione alla normativa nazionale controversa

99.

Esaminerò qui di seguito ciascuna delle giustificazioni indicate.

100.

Inizio con le giustificazioni che si ricollegano alla sentenza Preussen Elektra, già citata. In detta sentenza la Corte si è basata sul carattere progressivo della liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica che «lascia permanere ostacoli agli scambi di energia elettrica tra Stati membri» ( 37 ) e anche sulla natura dell’energia elettrica che è tale per cui, «una volta immessa nella rete di trasporto o di distribuzione, è difficile determinarne l’origine e in particolare la fonte di energia dalla quale è stata prodotta» ( 38 ). La Corte ha altresì tenuto conto del fatto che la normativa tedesca contribuiva a ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

101.

A mio avviso, l’evoluzione del contesto giuridico sotteso sia al mercato interno dell’energia elettrica sia alla promozione delle energie rinnovabili non permette di prendere in considerazione le prime due giustificazioni.

102.

Osservo anzitutto che la citata sentenza Preussen Elektra è stata emanata prima dell’adozione della direttiva 2003/54, la quale ha rappresentato un’ulteriore tappa nella liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica al fine di contrastare, in particolare, la compartimentazione dei mercati.

103.

Osservo, in secondo luogo, che la giustificazione fondata sull’impossibilità di determinare l’origine dell’energia elettrica non può più oggi essere validamente dedotta, dato che la previsione, con la direttiva 2001/77, delle garanzie di origine è volta, per l’appunto, a fare in modo che sia garantita la provenienza dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili ( 39 ).

104.

La giustificazione connessa al contributo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra non mi sembra più convincente dato che l’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili in un altro Stato membro dell’Unione o del SEE contribuirebbe alla diminuzione delle emissioni di gas nella Regione delle Fiandre nella stessa misura dell’elettricità prodotta in tale regione da fonti energetiche rinnovabili ( 40 ).

105.

La Commissione invoca altresì la necessità di rispettare il principio di correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all’ambiente. Tuttavia, a mio avviso, detto principio, che impone, con l’obiettivo di prevenire danni all’ambiente, di fronteggiare l’inquinamento alla fonte, utilizzando procedure e prodotti meno nocivi e che giustifica, di conseguenza, uno smaltimento locale dei rifiuti ( 41 ), non può essere validamente invocato per giustificare una discriminazione a danno dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili in altri Stati membri.

106.

La ratio dell’impossibilità per i distributori di presentare garanzie di origine provenienti dall’estero non sembra poter più essere individuata nell’obiettivo di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Dal suo punto di vista esterno, vale a dire per quanto attiene alle fonti di energia convenzionali provenienti da Stati terzi, la sicurezza dell’approvvigionamento non è evidentemente in discussione. Non è neppure provato che la sicurezza dell’approvvigionamento interno rischierebbe di esserne compromessa, tanto più che il miglioramento di quest’ultimo può passare per lo sviluppo di interconnessioni fra le reti che, favorendo la diversificazione degli approvvigionamenti, permettono di compensare i limiti che le energie rinnovabili presentano rispetto all’obiettivo di garantire la continuità della fornitura di elettricità ( 42 ).

107.

Non mi sembra convincente neppure l’argomento secondo cui la direttiva 2001/77 avrebbe definito obiettivi nazionali il cui rispetto potrebbe essere compromesso in caso di riconoscimento del sostegno pubblico a tutti i produttori stranieri di elettricità verde.

108.

Nella sua comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla quota di fonti energetiche rinnovabili nell’Unione europea ( 43 ), la Commissione, dopo aver precisato che, mentre gli obiettivi nazionali erano definiti con riferimento al consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, il consumo di elettricità era definito come la produzione nazionale con l’aggiunta delle importazioni e la sottrazione delle esportazioni, ha rilevato che uno Stato membro poteva includere un contributo da importazioni da un altro Stato membro, a condizione che lo Stato esportatore avesse accettato esplicitamente e che non si verificasse un doppio conteggio.

109.

La Commissione ha quindi riconosciuto la possibilità di prendere in considerazione l’elettricità verde importata al fine di verificare il raggiungimento dell’obiettivo dello Stato membro di importazione. Date le circostanze, non vedo come l’importazione di elettricità verde proveniente dall’estero possa compromettere il raggiungimento degli obiettivi nazionali.

110.

Pur comprendendo la preoccupazione di evitare una ripartizione iniqua degli impianti di produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili fra gli Stati membri, ritengo tuttavia che la protezione dell’ambiente rientri nell’ambito di una politica comune dell’Unione. La protezione dell’ambiente non è d’altronde oggetto soltanto di preoccupazione a livello nazionale, ma beneficia di una dinamica a livello europeo, specialmente in materia di lotta ai cambiamenti climatici ( 44 ). Occorre quindi tener conto anche dei vantaggi che possono derivare dagli scambi di elettricità verde all’interno dell’Unione. Benché il reale impatto di tali scambi sia difficilmente misurabile, è tuttavia ragionevole ritenere che essi potrebbero contribuire a ridurre il costo delle energie rinnovabili permettendo una collocazione più razionale della produzione.

111.

Altre due considerazioni fondamentali suffragano la mia convinzione che la protezione dell’ambiente non possa giustificare la normativa controversa.

112.

In primo luogo, la distinzione tra garanzie di origine e certificati verdi, di cui VREG e a. si sono sforzati di dimostrare l’evidenza e l’importanza è, in realtà, oltremodo vaga, sia nella normativa che nella prassi fiamminga ( 45 ). Il certificato verde vale, infatti, come garanzia di origine poiché può essere utilizzato nella vendita di elettricità ai consumatori finali. Inoltre, come hanno riconosciuto VREG e a. stessi in udienza, la garanzia di origine può, come il certificato verde, essere venduta separatamente dall’elettricità. Il certificato verde e la garanzia d’origine sono quindi opportunamente considerati come due parti di uno stesso strumento, secondo una concezione molto lontana della ratio originaria della direttiva 2001/77. Paradossalmente, il certificato, che sia o meno ridenominato come garanzia di origine, può essere liberamente esportato e si può inserire anche nei sistemi stranieri di aiuto alle energie rinnovabili, mentre, al contrario, l’importazione di strumenti stranieri è vietata.

113.

Occorre d’altronde osservare quanto la prassi adottata dalla VREG risulti criticabile poiché essa consiste, in realtà, nel trasformare, per la sola utilità del sistema regionale controverso, una garanzia di origine in un certificato verde, dato che essa li registra come certificati verdi allo scopo di utilizzarli eventualmente come tali se se ne presenta la necessità e solo in base a una sua decisione. Resta il fatto però che detti certificati verdi, potenzialmente utilizzabili, hanno un prezzo, quello che essi avevano quali garanzie di origine, il cui ammontare, come è stato osservato all’udienza, è, a parità di condizioni, molto inferiore rispetto a quello di un certificato verde «normale». Ne consegue che questa modalità di determinazione del prezzo sfugge a quella che avrebbe dovuto essere la sua normale modalità di determinazione: vale a dire il confronto tra offerta e domanda sul mercato secondario dei certificati verdi il cui regolare svolgimento viene a essere perturbato da una tale pratica. La Commissione ha osservato nelle sue memorie e ha confermato in udienza che sono otto gli Stati membri che hanno adottato il meccanismo dei certificati verdi. Ciò dà un’idea della portata della perturbazione causata dal sistema in esame.

114.

In secondo luogo, dalla lettera inviata il 25 luglio 2001 dalla Commissione al Regno del Belgio, indipendentemente dalla lettura sorprendente che ne dà la Commissione in udienza, emerge in modo evidente che l’attuale normativa fiamminga non è conforme agli accordi presi dal governo della Fiandre in occasione della notifica di detta normativa ai sensi delle disposizioni dei Trattati relative agli aiuti di Stato. Dal canto mio, sono molto restio ad appoggiare una simile violazione della parola data che non può essere giustificata in base alla protezione dell’ambiente.

115.

Sulla scorta delle suddette ragioni ritengo che l’articolo 5 della direttiva 2001/77 debba essere interpretato nel senso che non osta a una normativa interna di sostegno alle energie rinnovabili, come quella oggetto del procedimento principale, che esclude che possano essere prese in considerazione le garanzie di origine rilasciate in un altro Stato membro dell’Unione o del SEE, mentre l’articolo 28 CE e l’articolo 11 dell’accordo SEE ostano invece ad una normativa siffatta, che ostacola, in modo discriminatorio, il commercio tra gli Stati membri, senza essere giustificata da esigenze imperative di protezione dell’ambiente ( 46 ).

IV – Conclusione

116.

Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo si debba rispondere al rechtbank van eerste aanleg te Brussel (Belgio) come segue:

L’articolo 5 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa interna di sostegno alle energie rinnovabili, come quella oggetto del procedimento principale, che riconosce certificati verdi ai produttori di elettricità verde stabiliti in una determinata regione e impone ai distributori di elettricità di presentare ogni anno un numero di certificati verdi corrispondenti a una determinata quota, escludendo che possano essere prese in considerazione le garanzie di origine rilasciate in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo. L’articolo 28 CE e l’articolo 11 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992, ostano invece a una normativa siffatta, che ostacola, in modo discriminatorio, il commercio tra gli Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo senza essere giustificata da esigenze imperative di protezione dell’ambiente.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU L 283, pag. 33.

( 3 ) GU L 176, pag. 37.

( 4 ) GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE».

( 5 ) Decisione 1/CP.3 «Adozione del Protocollo di Kyoto sulla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici», in prosieguo: il «protocollo di Kyoto».

( 6 ) Decisione del Consiglio, del 25 aprile 2002, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130, pag. 1).

( 7 ) GU L 306, pag. 34.

( 8 ) GU L 140, pag. 16.

( 9 ) GU 2006, L 53, pag. 43.

( 10 ) In prosieguo: il «decreto sull’elettricità».

( 11 ) In prosieguo: la «VREG».

( 12 ) In prosieguo: il «governo della Fiandre».

( 13 ) In prosieguo: l’«Essent».

( 14 ) La VREG afferma che Essent ha ricevuto nel 2007 anche garanzie di origine di produttori stabiliti in Svezia.

( 15 ) In prosieguo, congiuntamente, la «VREG e a.».

( 16 ) V., in particolare, sentenza del 21 giugno 2012, Elsacom (C‑294/11, punto 21, e giurisprudenza citata).

( 17 ) V., in particolare, sentenza del 16 febbraio 2012, Varzim Sol (C‑25/11, punto 28, e giurisprudenza citata).

( 18 ) V., in particolare, sentenza del 28 giugno 2012, Caronna (C‑7/11, punto 54).

( 19 ) V., in particolare, sentenze del 19 novembre 2009, Commissione/Italia (C-540/07, Racc. pag. I-10983, punto 65); del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud (C-72/09, Racc. pag. I-10659, punto 20), e del 19 luglio 2012, A (C‑48/11, punto 15).

( 20 ) C-379/98, Racc. pag. I-2099, punto 70.

( 21 ) L’Essent cita la sentenza del 27 aprile 1994, Almelo (C-393/92, Racc. pag. I-1477, punto 28).

( 22 ) V., quanto a detti diversi meccanismi e alla loro compatibilità con i principi che regolano il mercato interno, Rousseau, S., «L’emprise de la logique marchande sur la promotion des énergies renouvelables au niveau communautaire», Revue internationale de droit économique, 2005, pag. 231.

( 23 ) Nella sua sentenza del 10 dicembre 1968, Commissione/Italia (7/68, Racc. pag. 617, pag. 626), la Corte ha definito i beni commerciabili come «i beni pecuniariamente valutabili e [suscettibili] di poter quindi costituire oggetto di negozi commerciali». V., altresì, nello stesso senso, sentenza del 14 aprile 2011,Vlaamse Dierenartsenvereniging e Janssens (C-42/10, C-45/10 e C-57/10, Racc. pag. I-2975, punto 68).

( 24 ) V., in questo senso, sentenza del 17 luglio 2008, Essent Netwerk Noord e a. (C-206/06, Racc. pag. I-5497, punto 43 e giurisprudenza citata).

( 25 ) V. in particolare sentenze dell’11 luglio 1974, Dassonville (8/74, Racc. pag. 837, punto 5), e del 2 dicembre 2010, Ker‑Optika (C-108/09, Racc. pag. I-12213, punto 47).

( 26 ) V. articolo 25 della legge sull’elettricità.

( 27 ) V., in particolare, sentenza del 4 maggio 1993, Distribuidores Cinematográficos (C-17/92, Racc. pag. I-2239, punto 16, e giurisprudenza citata).

( 28 ) Per un’analisi approfondita della questione, si veda Vial, C., Protection de l’environnement et libre circulation des marchandises, Collection droit de l’Union européenne, Thèse, Bruylant, Bruxelles, 2006, pagg. 225 e segg.

( 29 ) Sentenza del 9 luglio 1992, Commissione/Belgio (C-2/90, Racc. pag. I-4431).

( 30 ) Punto 34.

( 31 ) Punto 36.

( 32 ) C-389/96, Racc. pag. I-4473, punto 34.

( 33 ) 240/83, Racc. pag. 531, punto 13.

( 34 ) V. altresì il nono paragrafo del preambolo del Trattato UE.

( 35 ) V. sentenza del 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio (C-176/03, Racc. pag. I-7879, punti 41 e 42).

( 36 ) V., in questo senso, Jans, H. J., e Vedder, H. H. B., European Environmental Law, 4a edizione, European Law Publishing, Groninga, 2011, pag. 23.

( 37 ) Punto 78.

( 38 ) Punto 79.

( 39 ) Anche se, una volta immessa nella rete, la sua origine non è più riconoscibile.

( 40 ) V., in questo stesso senso, paragrafo 236 delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa sfociata nelle sentenza Preussen Elektra, cit.

( 41 ) Ciò «comporta che spetti a ciascuna regione, comune o altro ente locale adottare le misure adeguate per garantire la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti». V. anche le sentenze Commissione/Belgio, cit. (punto 34), e del 21 gennaio 2010, Commissione/Germania (C-17/09, Racc. pag. I-4, punto 16).

( 42 ) V., in particolare, per quanto attiene alla disponibilità incerta delle fonti di energie rinnovabili, sia dal punto di vista geografico che temporale, Le Baut‑Ferrarese, B., e Michallet, I., Droit des énergies renouvelables, Editions Le Moniteur, 2008, pagg. 56 e 57.

( 43 ) COM(2004) 366 def.

( 44 ) Il protocollo di Kyoto prevede così, per il periodo dal 2008 al 2012, un impegno globale a ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell’8 % rispetto al livello del 1990 (v. articolo 3, paragrafo 1, del protocollo, e gli allegati I B e II di detto protocollo).

( 45 ) La direttiva 2009/28 non contribuisce a chiarire lo stato del diritto. A norma del considerando 52 di detta direttiva, «[u]na garanzia d’origine può essere trasferita, a prescindere dall’energia cui si riferisce, da un titolare all’altro». V.,altresì, Van der Elst, R., «Les défis de la nouvelle directive sur les énergies renouvelables et son impact sur le commerce intra et extracommunautaire», Droit européen de l’énergie, Helbing Lichtenhahn, Basilea, 2011, pag. 179. Secondo detto autore, «la principale distinzione tra le garanzie di origine e i certificati verdi consiste nel fatto che una garanzia di origine rilasciata in uno Stato membro deve essere riconosciuta da tutti gli altri Stati membri, il che non accade nel caso dei certificati verdi».

( 46 ) Ritengo che il fatto che le direttive 2001/77 e 2003/54 siano entrate in vigore, per quanto riguarda il SEE, soltanto, rispettivamente, il 1o settembre 2006 e il 1o giugno 2007, non incida sulla risposta proposta. Spetterà soltanto al giudice nazionale verificare, per quanto riguarda le garanzie norvegesi presentate dall’Essent prima del 1o settembre 2006, se esse permettano di identificare l’elettricità verde secondo condizioni equivalenti a quelle delle garanzie di origine previste dalla direttiva 2001/77.