SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

19 aprile 2013 ( *1 )

«FESR — Programma operativo regionale (POR) 2000-2006 per la regione Campania — Regolamento (CE) n. 1260/1999 — Articolo 32, paragrafo 3, lettera f) — Decisione di non procedere ai pagamenti intermedi attinenti alla misura del POR relativa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti — Procedura d’infrazione contro l’Italia»

Nelle cause riunite T-99/09 e T-308/09,

Repubblica italiana, rappresentata da P. Gentili e, nella causa T-99/09, anche da G. Palmieri, avvocati dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da D. Recchia e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

convenuta,

vertenti su domande di annullamento delle decisioni contenute nelle lettere della Commissione del 22 dicembre 2008, del 2 e 6 febbraio 2009 (nn. 012480, 000841 e 001059 – causa T-99/09) e del 20 maggio 2009 (n. 004263 – causa T-308/99), le quali dichiaravano inammissibili, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, lettera f), del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1), le domande di pagamenti intermedi delle autorità italiane dirette ad ottenere il rimborso delle spese effettuate, dopo il 29 giugno 2007, relativamente alla misura 1.7 del programma operativo «Campania»,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da J. Azizi (relatore), presidente, F. Dehousse e S. Frimodt Nielsen, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 settembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

Procedura di approvazione del sostegno al programma operativo «Campania»

1

Con decisione C (2000) 2347, dell’8 agosto 2000, la Commissione delle Comunità europee ha approvato il programma operativo «Campania» (in prosieguo: il «PO Campania»), che si integra nel quadro del sostegno per gli interventi strutturali comunitari nelle regioni interessate dall’obiettivo n. 1 in Italia. L’articolo 5 di tale decisione stabilisce come data di inizio e termine ultimo dell’ammissibilità delle spese, rispettivamente, il 5 ottobre 1999 e il 31 dicembre 2008. La menzionata decisione è stata successivamente modificata svariate volte.

2

Con lettera del 20 marzo 2001 il presidente della Regione Campania ha notificato alla Commissione un «complemento di programmazione definitivo».

3

Il 23 maggio 2006 la Commissione ha adottato la decisione C (2006) 2165, recante modifica della decisione C (2000) 2347, cui era allegata una versione modificata del PO Campania che descriveva la misura 1.7 di quest’ultimo (in prosieguo: la «misura 1.7»).

4

Il 22 aprile 2008 le autorità italiane hanno notificato alla Commissione una versione modificata del complemento di programmazione contenente una descrizione modificata della misura 1.7, che la Commissione ha approvato con lettera del 30 maggio 2008.

5

La Commissione ha da ultimo modificato la decisione C (2000) 2347 con la decisione C (2009) 1112 def., del 18 febbraio 2009, che ha esteso il periodo di ammissibilità delle spese fino al 30 giugno 2009.

6

La versione del PO Campania, quale notificata alla Commissione il 22 aprile 2008, descriveva gli interventi relativi alla misura 1.7, in particolare, come segue:

«a)

Realizzazione di impianti di compostaggio di qualità e isole ecologiche

(…)

b)

Interventi di realizzazione di discariche per lo smaltimento del rifiuto residuale rispetto alla raccolta differenziata, in condizioni di sicurezza, conformemente alle disposizioni del D.Lgs. 36/03 e di sistemazione finale e/o ripristino ambientale delle discariche autorizzate e non più attive, con particolare riferimento all’adeguamento delle stesse al D.Lgs. 36/03

Con tale azione verranno finanziati interventi di realizzazione di discariche per lo smaltimento del rifiuto residuale rispetto alla raccolta differenziata, in condizioni di sicurezza, conformemente alle disposizioni del D.Lgs. 36/03, interventi di sistemazione finale e/o ripristino ambientale delle discariche autorizzate e non più attive, previsti dalla pianificazione di settore, privilegiando, nel rispetto delle priorità del piano di gestione dei rifiuti, le discariche già esistenti e gli interventi di riqualificazione ambientale di aree mediante abbancamento di particolari tipologie di rifiuti residuali (...). Le discariche devono essere considerate esclusivamente a servizio del sistema integrato di gestione dei rifiuti.

(…)

c)

Attivazione degli Ambiti Territoriali Ottimali e dei relativi piani di gestione e di trattamento (assistenza tecnica per la redazione di piani e programmi, acquisto di attrezzature tecniche e assistenza per il monitoraggio dei sistemi e lo sviluppo della conoscenza del settore, seminari di aggiornamento del personale, azioni di comunicazione e informazione)

(…)

d)

Sostegno ai Comuni associati per la gestione del sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani

Con tale azione potrà essere finanziato l’acquisto, da parte dei Comuni associati e, con impegni giuridicamente vincolanti assunti entro il 31/12/2004, anche da parte del [commissariato delegato], nelle forme e modalità previste dal D.Lgs. 267/2000, delle attrezzature tecniche necessarie per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati e per l’allestimento di aree e punti di raccolta ad esse adibite (campane, composter, bidoni, automezzi per la raccolta, etc.), nell’ottica di assicurare l’effettiva cooperazione tra gli Enti Locali ricadenti in un medesimo ambito ottimale, nelle forme e nei modi previsti dalla normativa vigente.

(…)

e)

Regime di aiuto alle imprese per l’adeguamento degli impianti destinati al recupero di materia derivata dai rifiuti (trattamento di inerti, autoveicoli, beni durevoli, ingombranti, compostaggio di qualità, recupero di materie plastiche) sulla base di strategie pubbliche mirate a implementare le attività di recupero e a migliorare gli standard di qualità

(…)

f)

Attività su scala regionale, di coordinamento, logistica e supporto alle imprese di raccolta e recupero di rifiuti provenienti da particolari categorie produttive

L’azione promuove attività di supporto alle imprese produttrici di particolari categorie di rifiuti che altrimenti non potrebbero raggiungere economie di scala tali da permettere o agevolare il loro recupero in luogo del semplice smaltimento.

(…)

L’azione prevede, inoltre, la costituzione di un catasto-osservatorio con funzione di sistema di monitoraggio quali-quantitativo dei rifiuti, in coordinamento con gli interventi cofinanziati dalla misura 1.1 così come previsti dallo studio di fattibilità di cui alla DGR n. 1508, del 12.04.2002, e sue eventuali modifiche e integrazioni, nonché azioni di sensibilizzazione e di promozione della raccolta differenziata, del recupero e del riciclaggio. L’azione prevede la realizzazione di campagne di sensibilizzazione sulla raccolta differenziata, sul recupero e sul riciclaggio anche mirate alla facilitazione dei processi di attuazione dei piani regionali.

(…)

g)

Regimi di aiuto alle imprese per la realizzazione di impianti destinati al recupero di materia da rifiuti provenienti da particolari categorie produttive e per la realizzazione di impianti di recupero energetico per quei rifiuti non altrimenti recuperabili

Obiettivo di tale azione è favorire lo sviluppo di attività industriali a valle della raccolta differenziata per la valorizzazione economica delle frazioni selezionate.

Con tale azione verrà finanziata la realizzazione di impianti destinati alle attività di recupero di rifiuti di cui agli artt. 31 e 33 del D.Lgs. 22/97. Nello specifico, verranno finanziate le attività di recupero disciplinate dall’Allegato l - Suballegato l del D.M. 5/02/98, ad esclusione delle categorie 14 (Rifiuti recuperabili da RU e da rifiuti speciali non pericolosi assimilati per la produzione di [combustibili di qualità derivati da rifiuti]), 16 (Rifiuti compostabili) e 17 (Rifiuti recuperabili con processi di pirolisi e gassificazione), e dall’Allegato I - Suballegato I del D.M. 12 giugno 2002 n. 161.

(…)».

7

Le azioni effettuate e destinate a migliorare e a promuovere il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti conformemente alla misura 1.7 hanno dato luogo a esborsi pari a EUR 93 268 731,59, il cui 50% – vale a dire EUR 46 634 365,80 – è stato cofinanziato dai fondi strutturali.

Procedimento d’infrazione nei confronti della Repubblica italiana

8

Nell’ambito di un procedimento d’infrazione avviato nei confronti della Repubblica italiana con il n. 2007/2195, la Commissione, il 29 giugno 2007, ha inviato alle autorità italiane una lettera di costituzione in mora con l’addebito di una violazione degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9), per non aver adottato, in relazione alla regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, per non aver creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento.

9

Il 23 ottobre 2007 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una lettera di costituzione in mora complementare, datata 17 ottobre 2007, diretta ad ampliare gli addebiti oggetto del procedimento d’infrazione. Detto ampliamento degli addebiti verteva su di un’asserita inefficacia del piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania adottato nel 1997 per raggiungere gli obiettivi di cui agli articoli 3, 4, 5 e 7 della direttiva 2006/12.

10

Stante l’approvazione, in data 28 dicembre 2007, di un nuovo piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania, la Commissione ha emesso il 1o febbraio 2008 un parere motivato relativo alle violazioni presunte soltanto degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12.

11

Con atto introduttivo registrato presso la cancelleria della Corte il 4 luglio 2008, con il numero di protocollo C-297/08, la Commissione ha proposto un ricorso ex articolo 226 CE e ha chiesto alla Corte di constatare che, non avendo adottato, in relazione alla regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati e smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, non avendo creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12.

12

Con sentenza del 4 marzo 2010, Commissione/Italia (C-297/08, Racc. pag. I-1749), la Corte ha accolto detto ricorso, constatando l’inadempimento della Repubblica italiana come richiesto dalla Commissione.

Incidenza della procedura d’infrazione sull’attuazione del PO Campania

13

Con lettera del 31 marzo 2008, protocollo n. 002477, la Commissione ha informato le autorità italiane delle conseguenze che intendeva trarre dal procedimento d’infrazione 2007/2195 di cui al punto 8 supra rispetto al finanziamento della misura 1.7 nell’ambito dell’attuazione del PO Campania. In considerazione dell’avvio di detto procedimento e del contenuto del parere motivato, la Commissione ha ritenuto di non poter ulteriormente «procedere a pagamenti intermedi concernenti i rimborsi di spese relative alla misura 1.7 del [PO] Campania», in base all’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1). Infatti, «la misura 1.7 del [PO] Campania (…) a[vrebbe] per oggetto il “Sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti”, cui si riferisce la procedura di infrazione, che rilev[erebbe] l’inefficacia nella messa in opera di una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento». Secondo la Commissione, sarebbe risultato che «[era] la gestione dei rifiuti nel suo complesso a risultare non soddisfacente con riferimento alla necessità di assicurare una corretta raccolta e smaltimento dei rifiuti, e quindi anche le azioni previste dalla misura 1.7, che include azioni inerenti agli impianti di stoccaggio, trattamento e smaltimento rifiuti, gli impianti di valorizzazione frazione secca ed umida, la sistemazione finale di discariche, oltre che la raccolta differenziata (...), nonché i piani e programmi settoriali». Essa ne ha concluso, in sostanza, l’inammissibilità delle domande di pagamento delle spese relative alla misura 1.7 presentate successivamente al momento in cui la regione Campania si sarebbe resa inadempiente rispetto agli obblighi a suo carico derivanti dalla direttiva 2006/12, che è entrata in vigore il 17 maggio 2006. La Commissione ha quindi chiesto alle autorità italiane di dedurre, a partire dalla successiva domanda di pagamento, tutte le spese afferenti alla misura 1.7 sostenute posteriormente al 17 maggio 2006, salvo qualora la Repubblica italiana avesse adottato le disposizioni necessarie per porre rimedio alla «situazione».

14

Con lettera del 9 giugno 2008, protocollo n. 0012819, le autorità italiane hanno contestato la valutazione della Commissione espressa nella lettera del 31 marzo 2008. Esse affermano che la dichiarazione di inammissibilità delle domande di pagamento relative alla misura 1.7 sarebbe sprovvista di fondamento giuridico. I criteri dell’articolo 32, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1260/1999 nel caso di specie non sarebbero soddisfatti. La Commissione non avrebbe «indicato alcuna specifica operazione in violazione del diritto comunitario ma si [sarebbe] limitata a richiamare una procedura d’infrazione nell’ambito della gestione dei rifiuti in modo assolutamente generico per cui non si comprende come la realizzazione della misura 1.7 del [PO] Campania comporti la violazione del diritto comunitario». La posizione della Commissione equivarrebbe dunque a sanzionare la Repubblica italiana in via «anticipata e automatica», prima che il procedimento d’infrazione sia stato condotto a termine nel pieno rispetto dei diritti della difesa e del principio del contraddittorio. Peraltro, la valutazione della Commissione sarebbe paradossale, in quanto gli interventi finanziati sulla base della misura 1.7 erano precisamente destinati a risolvere i problemi concernenti la raccolta ed il trattamento dei rifiuti in Campania e una sospensione del loro finanziamento non potrebbe che ritardare la soluzione della crisi attuale. Le autorità italiane hanno quindi invitato la Commissione a riconsiderare la posizione espressa nella lettera del 31 marzo 2008.

15

Con lettera del 20 ottobre 2008, avente ad oggetto la «valutazione ambientale strategica (VAS) sul piano di gestione dei rifiuti di Regione Campania», la Commissione ha manifestato alle autorità italiane le proprie preoccupazioni relativamente al piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania quale adottato il 28 dicembre 2007. In sostanza, la Commissione ha esortato dette autorità a provvedere all’aggiornamento di tale piano alla luce delle disposizioni legislative di recente adozione, nonché alla realizzazione di uno studio d’impatto strategico. Riguardo all’aggiornamento del piano in discussione, la Commissione ha chiesto l’inclusione di misure idonee a creare una gestione valida e sostenibile dei rifiuti, in grado di sostituire l’attuale gestione straordinaria. Infine, la Commissione ha ricordato che, a causa del procedimento d’infrazione 2007/2195 in corso, le domande di pagamenti intermedi relative alla misura 1.7 non sarebbero più state ammissibili.

16

Con lettera del 22 dicembre 2008, protocollo n. 012480 e avente ad oggetto «POR Campania 2000-2006 (CCI n. 1999 IT 16 1 PO 007) - Conseguenze della procedura di infrazione 2007/2195 sulla gestione dei rifiuti in Campania», la Commissione ha risposto alla lettera delle autorità italiane del 9 giugno 2008, ribadendo la posizione espressa nella lettera del 31 marzo 2008. L’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999 sarebbe la base giuridica pertinente nella fattispecie, poiché l’ammissibilità dei pagamenti intermedi è subordinata a svariate condizioni, fra cui «l’assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento di infrazione in forza dell’articolo 226 [CE]». La Commissione ha inoltre rilevato che la procedura d’infrazione 2007/2195 rimetteva in discussione l’intero sistema di gestione dei rifiuti in Campania alla luce degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12, ricordando parimenti le preoccupazioni e le riserve espresse mediante la lettera del 20 ottobre 2008. La Commissione ne ha concluso che non vi fossero «garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni cofinanziate dal FESR nell’ambito della misura 1.7, che, stante l’enunciato della misura stessa, afferi[va]no all’intero sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti, la cui efficacia e idoneità [erano] oggetto della procedura di infrazione» in parola. Infine, si precisava che la data a partire dalla quale la Commissione considerava inammissibili le spese relative alla misura 1.7 era il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006.

17

Con lettera del 2 febbraio 2009, protocollo n. 000841 e avente ad oggetto i «[p]agamenti della Commissione differenti dall’ammontare richiesto», la Commissione, richiamando le proprie lettere del 31 marzo e del 22 dicembre 2008, ha dichiarato inammissibile una domanda di pagamento delle autorità italiane del 18 novembre 2008 perché si riferiva a spese di importo pari ad EUR 12 700 931,62 sostenute nell’ambito della misura 1.7 successivamente al 17 maggio 2006 e relative ad azioni connesse alla procedura d’infrazione 2007/2195. La Commissione ha tuttavia precisato di aver notificato alla Repubblica italiana la decisione di avviare detta procedura d’infrazione il 29 giugno 2007. Pertanto, come fatto presente nella lettera del 22 dicembre 2008, la data a partire dalla quale la Commissione considerava inammissibili le spese relative alla misura 1.7 sarebbe stata il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006. Infine, qualora fosse risultato un «saldo positivo rispetto all’importo dei 12700931,62 [EUR]», la Commissione invitava le autorità italiane a tenerne conto nel quadro della successiva domanda di pagamento.

18

Il 14 gennaio 2009 le autorità italiane hanno presentato una nuova domanda di pagamento, segnatamente per un importo di EUR 18 544 968,76, a titolo di spese effettuate nell’ambito della misura 1.7.

19

Con lettera del 6 febbraio 2009, protocollo n. 001059 e avente ad oggetto l’«[i]nterruzione della domanda di pagamento e [la] richiesta [di] informazioni relative alle rettifiche finanziarie a norma dell’art. 39 del Reg. 1260/99», la Commissione ha ripetuto, come indicato ai punti 16 e 17 supra, che la data a partire dalla quale considerava inammissibili le spese effettuate nell’ambito della misura 1.7 era il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006. Qualora ne fosse risultata una «modifica rispetto all’importo di 18544968,76 [EUR]», la Commissione invitava le autorità italiane a correggere la domanda di pagamento in questione.

20

Con lettera del 20 maggio 2009, protocollo n. 004263 e avente ad oggetto i «[p]agamenti della Commissione differenti dall’ammontare richiesto», indirizzata alle autorità italiane, la Commissione ha riaffermato, con riferimento alle lettere del 31 marzo e del 22 dicembre 2008, che l’importo di EUR 18 544 968,76 afferente alle spese effettuate dopo il 17 maggio 2006 nell’ambito della misura 1.7 e relative al sistema regionale di gestione e smaltimento di rifiuti era inammissibile. In attesa dell’esito della causa T-99/09 pendente dinanzi al Tribunale la Commissione avrebbe decurtato tale importo dalla domanda di pagamento. Tuttavia, come già fatto presente nella lettera del 6 febbraio 2009, la data a partire dalla quale la Commissione considerava inammissibili le spese effettuate nell’ambito della misura 1.7 era il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006. Qualora ne fosse risultata una «modifica rispetto all’importo di 18544968,76 [EUR]», la Commissione invitava le autorità italiane ad indicarlo nella successiva domanda di pagamento intermedio.

21

Le lettere della Commissione del 22 dicembre 2008, del 2 e 6 febbraio 2009 nonché del 20 maggio 2009 (v. punti da 16 a 20 supra) saranno congiuntamente designate, in prosieguo, come gli «atti impugnati».

Procedimento e conclusioni delle parti

22

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 marzo 2009 la Repubblica italiana ha proposto il ricorso registrato con il numero di ruolo T-99/09 contro le decisioni contenute nelle lettere del 22 dicembre 2008, del 2 e del 6 febbraio 2009.

23

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 giugno 2009 la Repubblica italiana ha proposto il ricorso registrato con il numero di ruolo T-308/09 contro la decisione contenuta nella lettera del 20 maggio 2009.

24

Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 25 agosto 2009 la Commissione ha chiesto la sospensione del procedimento nella causa T-308/09, ai sensi dell’articolo 77, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, in attesa della decisione definitiva del Tribunale nella causa T-99/09, nella quale la maggior parte dei motivi dedotti risulterebbero identici a quelli fatti valere nella causa T-308/09. In subordine, la Commissione ha chiesto che le cause T-99/09 e T-308/09 fossero riunite ai fini della fase orale del procedimento, ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

25

Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 17 settembre 2009 la Repubblica italiana si è opposta alla domanda di sospensione, ma si è espressa a favore della riunione delle due cause ai fini della fase orale del procedimento.

26

Sulla base dei capi della domanda nelle cause T-99/09 e T-308/09 la Repubblica italiana conclude che il Tribunale voglia annullare gli atti impugnati.

27

Riguardo ai capi della domanda nelle cause T-99/09 e T-308/09 la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la Repubblica italiana alle spese.

28

Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

29

A causa dell’impedimento di un membro del collegio a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale ha designato un altro giudice per integrare la sezione, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

30

Nell’ambito di misure di organizzazione del procedimento ai sensi dell’articolo 64 del regolamento di procedura, il Tribunale ha chiesto alle parti di produrre taluni documenti e di rispondere per iscritto a quesiti. Le parti hanno ottemperato a tali misure di organizzazione del procedimento nei termini impartiti.

31

Le parti hanno svolto le loro allegazioni e risposto ai quesiti orali del Tribunale nel corso dell’udienza svoltasi il 12 settembre 2012. All’udienza, ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento di procedura, sentite le parti, il presidente ha disposto la riunione delle cause T-99/09 e T-308/09 ai fini della sentenza definitiva, circostanza messa agli atti nel verbale dell’udienza.

In diritto

Sintesi dei motivi dedotti nelle cause T-99/09 e T-308/09

32

Con il primo motivo, dedotto nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana contesta alla Commissione di aver violato l’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999. Con il secondo motivo, fatto valere nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana addebita alla Commissione di non avere considerato l’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999 e di avere snaturato i fatti. Con il terzo motivo, dedotto nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana lamenta una violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999 e uno sviamento di potere. Con il quarto motivo, invocato nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana ha fatto valere una violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, e dell’articolo 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999, una violazione del principio del contraddittorio nonché uno sviamento di potere. Con il quinto motivo, dedotto nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana lamenta la carenza di motivazione ai sensi dell’articolo 253 CE. Con il sesto motivo, fatto valere nella causa T-308/09, la Repubblica italiana addebita alla Commissione di avere violato gli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999. Con il settimo motivo, dedotto nella causa T-308/09, la Repubblica italiana lamenta una violazione dell’articolo 230 CE.

33

In considerazione dell’ampia coincidenza dei primi quattro motivi, in quanto basati sulla censura relativa alla circostanza che la Commissione non avrebbe correttamente tenuto conto dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, è d’uopo valutare detta censura in primo luogo.

Sulla pretesa violazione della seconda ipotesi dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999

Osservazioni preliminari

34

Nell’ambito del primo motivo la Repubblica italiana addebita alla Commissione di non aver correttamente considerato l’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, sul quale essa ha basato la propria prospettiva negli atti impugnati. Ai sensi della menzionata disposizione una domanda di pagamento può essere dichiarata inammissibile solamente in due ipotesi, fra le quali quella in cui la Commissione ha deciso di avviare un procedimento d’infrazione «riguardo alla misura o alle misure oggetto della domanda di cui trattasi» (in prosieguo: la «seconda ipotesi»). Pertanto, occorre che l’oggetto specifico della procedura di infrazione si identifichi precisamente con l’oggetto della domanda di pagamento. Ora, secondo la Repubblica italiana, alla luce delle definizioni delle nozioni di «misura» e di «operazione» quali risultano dall’articolo 9, lettere j) e k), del regolamento n. 1260/1999, una procedura di infrazione «riguarda» una «misura» quando la violazione del diritto dell’Unione denunciata dalla Commissione consiste proprio nell’avere adottato in un certo modo, ritenuto contrario al diritto dell’Unione, una determinata misura o nell’avere attuato la medesima attraverso operazioni non conformi ad essa o al diritto dell’Unione. Pertanto, una corretta applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, il cui obiettivo sarebbe di evitare che i fondi strutturali contribuiscano al finanziamento di azioni condotte in violazione del diritto dell’Unione, presupporrebbe d’identificare, innanzitutto, le misure e le operazioni oggetto della domanda di pagamento e di verificare, in seguito, se la loro messa in esecuzione costituisca oggetto di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione. Orbene, nel caso di specie, la Commissione avrebbe capovolto la logica di tale ottica.

35

Negli atti impugnati, contrariamente alle suesposte esigenze, la Commissione non avrebbe tenuto conto del rapporto specifico, se non dell’identità, fra l’oggetto della domanda di pagamento e quello dell’inadempimento denunciato. Siffatta valutazione troverebbe conferma nel riferimento generale, negli atti in questione, all’oggetto del parere motivato, nella fattispecie l’«intero sistema di gestione dei rifiuti», e a quello delle domande di pagamento, nella fattispecie «operazioni cofinanziate dal FESR (…) che (…) afferiscono all’intero sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti». Orbene, i pagamenti intermedi richiesti avrebbero avuto precisamente quale fine il miglioramento della raccolta differenziata e del recupero dei rifiuti, che sarebbero momenti oggettivamente e funzionalmente ben distinti dallo smaltimento generale in discarica dei rifiuti indifferenziati considerato nel procedimento di infrazione.

36

Nel contesto del secondo motivo la Repubblica italiana afferma che la causa con numero di ruolo C-297/08 riguardava, in sostanza, un’infrazione relativa al sistema di smaltimento dei rifiuti. Difatti, ai punti 86, 87 e 90 del suo ricorso per inadempimento, la Commissione avrebbe criticato la situazione dello smaltimento finale dei rifiuti che non potevano essere altrimenti smaltiti o riciclati perché mancavano le strutture necessarie (termovalorizzatori, discariche) per svolgere questa fase della «filiera» dei rifiuti in modo conforme alla direttiva 2006/12. Per contro, altre fasi di tale «filiera» e altre modalità di gestione dei rifiuti, diverse dallo smaltimento finale, quali le varie modalità di recupero dei rifiuti dopo la loro selezione tramite la raccolta differenziata, e l’organizzazione di quest’ultima, sarebbero state palesemente estranee all’oggetto specifico della procedura di infrazione, come risulta dai punti 48 e 49 del menzionato ricorso. Difatti, alla luce dell’adozione, il 28 dicembre 2007, di un nuovo piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania, la Commissione non avrebbe ritenuto opportuno proseguire con le censure formulate in proposito. Sennonché la misura 1.7, così come le operazioni, sotto forma di progetti, in essa incluse, si riferirebbero proprio alla fase del recupero dei rifiuti e della raccolta differenziata ad esso presupposta. In particolare, sarebbe errato ritenere che la lettera del 22 dicembre 2008 faccia riferimento al parere motivato del 1o febbraio 2008 e addebiti alla Repubblica italiana di avere violato la direttiva 2006/12 «non avendo stabilito una rete adeguata e integrata di impianti di smaltimento e non avendo istituito un piano di gestione dei rifiuti adeguato ed efficace finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di cui agli articoli 4 e 5 della [detta] direttiva», visto che la stessa Commissione avrebbe eliminato la censura relativa alla mancanza di un piano generale di gestione dei rifiuti, limitandosi a censurare l’inadeguatezza degli impianti di smaltimento finale.

37

Nella replica la Repubblica italiana contesta che l’oggetto della procedura d’infrazione e quello delle domande di pagamento coincidano obiettivamente, in quanto la presunta coincidenza riguarderebbe, a tutto concedere, il recupero, ma non la raccolta differenziata, dei rifiuti che è l’oggetto principale della misura 1.7. Conseguentemente gli atti impugnati sarebbero quantomeno «eccessivi», poiché hanno dichiarato integralmente inammissibili le domande di pagamento fondate su detta misura. A tale riguardo la Repubblica italiana propone, in via subordinata, un nuovo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità. Difatti sarebbe manifestamente sproporzionato dichiarare integralmente inammissibili i pagamenti relativi ad una misura concernente la raccolta differenziata, il compostaggio e il recupero dei rifiuti per il fatto che è stata iniziata una procedura di infrazione che riguarderebbe, a tutto concedere e marginalmente, il solo recupero. Secondo la Repubblica italiana, soprattutto, la procedura d’infrazione non avrebbe riguardato, in realtà, neppure il recupero dei rifiuti, poiché questo sarebbe stato menzionato solamente nelle «conclusioni» del parere motivato e in quelle del ricorso ex articolo 226 CE. Per contro, nelle motivazioni del parere motivato e del summenzionato ricorso non si parlerebbe mai del recupero ed apparrebbe palese che il solo oggetto della procedura di infrazione era lo smaltimento nelle discariche generali dei rifiuti indifferenziati. Infatti, dopo essere inizialmente comparso nell’oggetto della procedura d’infrazione, il recupero ne sarebbe stato definitivamente escluso per iniziativa della stessa Commissione.

38

Nell’ambito del terzo motivo la Repubblica italiana afferma, in sostanza, che nella lettera del 22 dicembre 2008 la Commissione ha tentato di integrare le proprie censure e di rafforzare l’argomento della presunta relazione di corrispondenza tra l’oggetto della procedura d’infrazione e l’oggetto delle domande di pagamento richiamando talune «preoccupazioni» espresse nella lettera del 20 ottobre 2008 relativamente al piano di gestione dei rifiuti della regione Campania del 28 dicembre 2007 e precisando, in particolare, che, in assenza di un piano regionale di gestione dei rifiuti adeguato, non sussisterebbero garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni co-finanziate dal FESR nell’ambito della misura 1.7. Tuttavia, nessuno di questi argomenti di critica al piano di gestione dei rifiuti della regione Campania del 28 dicembre 2007 avrebbe mai fatto parte dell’oggetto della procedura d’infrazione che si basava sulla situazione esistente alla data del 1o marzo 2008, mentre le disposizioni legislative in parola sarebbero state adottate il 23 maggio 2008. Al contrario, l’adozione di siffatto piano avrebbe determinato l’abbandono da parte della Commissione, in sede di ricorso per inadempimento, di ogni censura relativa alla pianificazione della gestione dei rifiuti, con particolare riferimento proprio ai profili della raccolta differenziata, del riciclaggio e del recupero. La Repubblica italiana ne conclude che la Commissione non poteva legittimamente dichiarare inammissibili talune domande di pagamento per i motivi dedotti e sulla base dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999, dal momento che questi non avevano condotto all’avvio di una procedura d’infrazione.

39

Nell’ambito del quarto motivo la Repubblica italiana fa valere, in sostanza, che la dichiarazione di inammissibilità delle domande di pagamento in quanto «non sussistono garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni co-finanziate dal FESR nell’ambito della misura 1.7» sarebbe contraria alla seconda ipotesi di cui all’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 e che essa avrebbe al più potuto essere adottata in applicazione della prima ipotesi formulata da questa disposizione, ossia la sospensione dei pagamenti ex articolo 39, paragrafo 2, del medesimo regolamento. Nella fattispecie, la Commissione avrebbe evitato la procedura in contraddittorio di cui all’articolo 39, paragrafo 2, del regolamento n. 1260/1999 per giungere al medesimo effetto di una sospensione disposta ai sensi della prima ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento citato. In tal modo essa avrebbe non soltanto violato tali disposizioni e il principio del contraddittorio a scapito della Repubblica italiana, cui non sarebbe stato consentito presentare le proprie osservazioni sulle ragioni della sospensione e raggiungere un accordo che portasse in tutto o in parte a superarle, ma avrebbe altresì evitato di introdurre la procedura prevista dall’articolo 39, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999, che l’avrebbe vincolata a prendere una decisione motivata definitiva entro tre mesi, pena la cessazione di diritto della sospensione dei pagamenti.

40

La Commissione contesta le argomentazioni della Repubblica italiana addotte complessivamente a sostegno di detti motivi.

41

Il Tribunale constata che i summenzionati motivi sono basati, in via principale, sul presupposto per cui la Commissione, nella fattispecie, non avrebbe tenuto correttamente conto dei criteri d’applicazione della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999. È pertanto d’uopo verificare, da un lato, se gli atti impugnati si fondino o meno su di una corretta interpretazione di tali criteri e, dall’altro, se la Commissione li abbia o meno adeguatamente applicati nel caso di specie.

Sulla portata dei criteri d’applicazione della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999

42

Al fine di esaminare nel merito le censure dedotte dalla Repubblica italiana nell’ambito dei motivi dal primo al quarto, occorre procedere ad un’interpretazione letterale, contestuale, teleologica e storica della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, considerata la circostanza che tale metodologia è stata riconosciuta da una giurisprudenza costante (v., per analogia, sentenze del Tribunale del 20 novembre 2002, Lagardère e Canal+/Commissione, T-251/00, Racc. pag. II-4825, punti da 72 a 83, e del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T-22/02 e T-23/02, Racc. pag. II-4065, punti da 41 a 60). La disposizione in parola prevede segnatamente quanto segue:

«I pagamenti intermedi sono effettuati da parte della Commissione per rimborsare le spese effettivamente sostenute a titolo dei Fondi e certificate dall’autorità di pagamento. Essi sono eseguiti per ogni singolo intervento e calcolati per le misure contenute nel piano di finanziamento del complemento di programmazione. Essi devono rispettare le seguenti condizioni:

(…)

f)

assenza di sospensione di pagamenti, a norma dell’articolo 39, paragrafo 2, primo comma, e assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento d’infrazione in forza dell’articolo 226 [CE], riguardo alla misura o alle misure oggetto della domanda di cui trattasi.

Se una delle condizioni non è rispettata e la domanda di pagamento non è pertanto ammissibile, lo Stato membro e l’autorità di pagamento ne sono informati senza indugio dalla Commissione e adottano le disposizioni necessarie per porre rimedio alla situazione».

43

L’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1260/1999 autorizza dunque la Commissione a effettuare pagamenti intermedi per rimborsare le spese sostenute a titolo dei fondi che soddisfano le condizioni positive e negative di ammissibilità ivi precisate. Ai sensi della seconda frase della menzionata disposizione, detti pagamenti «sono eseguiti per ogni singolo intervento e calcolati per le misure contenute nel piano di finanziamento del complemento di programmazione». Inoltre, la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del medesimo regolamento prevede, come condizione negativa di ammissibilità, l’«assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento d’infrazione in forza dell’articolo 226 [CE], riguardo alla misura o alle misure oggetto della domanda [di rimborso/pagamento] di cui trattasi».

44

Quanto al contesto regolamentare in cui le disposizioni in parola si collocano, occorre rilevare che la portata della nozione di «misura» è ulteriormente chiarita dalla definizione normativa di cui all’articolo 9, lettera j), del regolamento n. 1260/1999, dal quale risulta che una siffatta misura costituisce «lo strumento tramite il quale un asse prioritario trova attuazione su un arco di tempo pluriennale e che consente il finanziamento delle operazioni». La nozione di «operazioni», dal canto suo, è definita all’articolo 9, lettera k), come «ogni progetto o azione realizzato dai beneficiari finali degli interventi». Infine, la nozione di «intervento», definita all’articolo 9, lettera e), concerne «le [varie] forme d’intervento dei Fondi».

45

Ne risulta che la nozione di «misura» assume una portata generale, collegata ad una priorità di strategia definita da un «asse prioritario», di cui essa costituisce lo strumento di attuazione su di una base pluriennale che consente di finanziare «operazioni». Siccome una pluralità di «operazioni» può essere riferita ad una siffatta «misura», quest’ultima nozione ha dunque una portata più ampia rispetto a quella di «operazione» che, dal canto suo, riflette progetti o azioni che possono beneficiare di un intervento dei fondi. Detta accezione della portata della nozione di «misura» corrisponde a quella che va attribuita al contenuto della misura 1.7, la quale, a sua volta, si riferisce a svariati interventi e operazioni diretti a raggiungere taluni obiettivi o sotto-obiettivi nell’ambito della realizzazione di un sistema di gestione dei rifiuti in Campania (v., in particolare, punto 6 supra).

46

Di conseguenza, al fine di poter concludere per l’inammissibilità di una domanda di pagamento, la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 impone di paragonare l’oggetto della procedura d’infrazione avviata dalla Commissione con quello «[della] o [delle] misure» – e non delle «operazioni» – «oggetto della domanda di cui trattasi». Pertanto non può essere accolto l’argomento della Repubblica italiana secondo cui sarebbe necessario porre a raffronto l’oggetto della procedura d’infrazione, se non le varie censure dedotte nel suo ambito, con le «operazioni» oggetto delle domande di pagamento dichiarate inammissibili. Del pari, è inconferente l’argomento secondo cui, tenuto conto della definizione normativa della nozione di «misura», la Commissione, nell’ambito di un raffronto del genere, dovrebbe necessariamente conoscere e includere nella propria valutazione le «operazioni» concrete coperte dalla «misura» in discussione. Difatti, la sola circostanza che una domanda di pagamento possa riferirsi a svariate operazioni concrete, realizzate nell’ambito di una misura (pluriennale), nella fattispecie la misura 1.7, non consente di interpretare contra legem la formulazione letterale chiara e precisa della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, nel senso che sarebbe necessario effettuare un paragone del genere rispetto all’oggetto di ognuna delle varie operazioni in quanto tali, piuttosto che rispetto alla «misura» e/o alle «misure» di cui trattasi. Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, l’espressione «riguardo alla misura (...) oggetto della domanda [di pagamento]», nelle altre versioni linguistiche di tale disposizione, non esprime nemmeno l’esigenza di un rapporto specifico o di una perfetta coincidenza, ma, tutt’al più, richiama un semplice rapporto con detta o dette misure o un riferimento generale a questa(e).

47

Peraltro, dal punto di vista contestuale, la valutazione effettuata supra è confermata sia dall’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, seconda frase, che dall’articolo 18, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento n. 1260/1999. Ai sensi del suddetto articolo 32, paragrafo 3, primo comma, seconda frase, i pagamenti intermedi – che devono essere erogati a fronte di una domanda di rimborso concreta – sono «calcolati per le misure contenute nel piano di finanziamento del complemento di programmazione» e non al livello delle «operazioni» afferenti alle citate misure. Siffatta interpretazione concorda con il principio secondo cui il piano di finanziamento indicativo, menzionato all’articolo 18, paragrafo 2, lettera c), del medesimo regolamento, che si riferisce agli «assi prioritari», può essere basato soltanto sulla descrizione delle misure in discussione, mentre le «operazioni» non devono soddisfare tale requisito. Infatti, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1260/1999, «[o]gni programma operativo comprende (…) la descrizione sintetica delle misure previste per attuare gli assi prioritari». Di conseguenza, se il legislatore non ha ritenuto necessario precisare ulteriormente la portata di tali «misure», che sono le sole che devono essere poste a raffronto con l’oggetto della procedura d’infrazione, in base alla seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, un simile requisito di precisione non è del pari necessario, a maggior ragione, relativamente alle varie «operazioni» comprese in una siffatta «misura». Infine, l’articolo 31, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1260/1999 non è idoneo a rimettere in discussione la menzionata valutazione, considerato che l’impegno di bilancio comunitario non è collegato alla nozione di «operazione», ma piuttosto a quella di «intervento», come risulta altresì dall’articolo 31, paragrafo 2, primo comma, del medesimo regolamento.

48

In tale contesto l’articolo 86, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento n. 1260/1999 (GU L 210, pag. 25), è privo di rilevanza. Detta nuova disposizione, che sostituisce la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, non ha effetto retroattivo e, pertanto, non è né applicabile al caso di specie né pertinente per la soluzione della presente controversia. Quindi, la condizione negativa di ammissibilità dei pagamenti in essa stabilita, ai sensi della quale «[c]iascun pagamento intermedio effettuato dalla Commissione è soggetto al rispetto [della condizione del]l’assenza di un parere motivato della Commissione per infrazione ai sensi dell’articolo 226 [CE], in relazione ad operazioni le cui spese sono dichiarate nella domanda di pagamento in questione», non può incidere sull’interpretazione della disposizione precedente. Peraltro, ad abundantiam, è d’uopo rilevare che, da un lato, detta nuova disposizione apporta una precisazione non prevista nella disposizione precedente, senza che la Commissione abbia fornito una motivazione su tale punto nella sua proposta iniziale del 14 luglio 2004 [COM(2004)492 def.], la quale è stata accolta, in sostanza, nella versione definitiva del regolamento, e che, dall’altro, il regolamento n. 1083/2006 ha completamente abbandonato la nozione di «misura», atteso che il suo articolo 2 si limita a definire le nozioni di «asse prioritario» («ciascuna delle priorità della strategia contenuta in un programma operativo comprendente un gruppo di operazioni connesse tra loro e aventi obiettivi specifici misurabili») e di «operazione» («un progetto o un gruppo di progetti (...) che consente il conseguimento degli scopi dell’asse prioritario a cui si riferisce»), così come il collegamento fra dette due nozioni. All’interno di questo nuovo ambito regolamentare la nozione di «operazione» sostituisce, quindi, al tempo stesso, sia quella di «misura» che quella di «operazione» ai sensi del precedente regolamento n. 1260/1999 ed è direttamente collegata a quella di «asse prioritario». Nelle suesposte condizioni la Repubblica italiana non può utilizzare il regolamento n. 1083/2006 per corroborare la sua tesi principale vertente sulla necessità di una coincidenza fra l’oggetto della procedura d’infrazione e le operazioni cui si riferiscono le domande di pagamento dichiarate inammissibili.

49

Pertanto, l’argomentazione della Repubblica italiana relativa alla sussistenza di un rapporto specifico fra l’oggetto della procedura d’infrazione e quello dell’operazione oggetto della domanda di pagamento deve essere respinta. A maggior ragione non può prosperare l’argomento per cui la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 richiederebbe una perfetta coincidenza o identità fra le operazioni, che si tratti di progetti o di azioni, costituenti l’oggetto delle domande di pagamento dichiarate inammissibili e le censure dedotte dalla Commissione nell’ambito della procedura d’infrazione 2007/2195. Ciò nondimeno, è senz’altro necessario che la Commissione stabilisca un nesso sufficientemente diretto fra la «misura» di cui trattasi, nella fattispecie la misura 1.7, da un lato, e l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195, dall’altro, requisito di cui le parti hanno infine riconosciuto la rilevanza in udienza.

50

Siffatte considerazioni corrispondono alla finalità delle pertinenti disposizioni del regolamento n. 1260/1999. Sebbene sia pur vero, come affermato dalla Repubblica italiana, che la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 intende evitare che i fondi strutturali finanzino operazioni degli Stati membri in violazione del diritto dell’Unione, ciò nondimeno non ne risulta che il rischio concomitante di perdita inammissibile di fondi comunitari sia da imputarsi specificamente all’illegittimità o all’attuazione illegittima di operazioni (progetti o azioni) precise costituenti l’oggetto della domanda di pagamento, né che la Commissione sia tenuta a dimostrare che tale rischio risulti precisamente e direttamente da tali operazioni illegittime, contestate nell’ambito di una procedura d’infrazione. Una siffatta interpretazione restrittiva ridurrebbe difatti l’effetto utile delle disposizioni in questione, che attribuiscono alla Commissione, unicamente in via provvisoria, un potere di sospendere pagamenti a titolo di impegni finanziari dei fondi strutturali assunti nell’ambito di un programma operativo, qualora riscontri, da parte dello Stato membro beneficiario, una presunta infrazione al diritto dell’Unione che presenti un collegamento sufficientemente diretto con la misura oggetto del finanziamento considerato, fino al momento in cui la constatazione di siffatta infrazione sia confermata o respinta in modo definitivo mediante una sentenza della Corte.

51

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, tale valutazione non è rimessa in discussione neppure dalla prima ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, che prevede, analogamente, la possibilità per la Commissione di provocare una sospensione dei pagamenti intermedi attraverso lo strumento della procedura di sospensione a titolo dell’articolo 39, paragrafo 2, del medesimo regolamento, ossia al di fuori dell’ambito di una procedura d’infrazione. Infatti, a parte la circostanza che neanche quest’ultima disposizione concerne la nozione di «operazione», la prima ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 prevede, analogamente alla seconda ipotesi, che l’«assenza di sospensione di pagamenti» afferisca «alla misura o alle misure oggetto della domanda [di pagamento]». Detta prima ipotesi deve pertanto ricevere la medesima interpretazione di quella elaborata ai punti 43 e segg. supra, e non dimostra appunto che occorra stabilire un nesso specifico con talune «operazioni». Infine, dalla formulazione letterale delle due ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 risulta chiaramente che per la Commissione è sufficiente fare riferimento ad uno solo di tali due casi per potere rifiutare provvisoriamente un pagamento intermedio.

52

Dal punto di vista della genesi dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, occorre rilevare che la proposta legislativa presentata dalla Commissione e recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU 1998, C 176, pag. 1) conteneva un articolo 31, paragrafo 3, primo comma, lettera f), relativo a due ipotesi, la formulazione della seconda delle quali concerneva l’«assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento d’infrazione in forza dell’articolo 169 del trattato, relativ[a] all’intervento e alla misura di cui trattasi». Orbene, la soppressione ulteriore, nel corso dell’iter decisionale, del riferimento alla nozione più concreta di «intervento» dimostra a contrario che alla fine il legislatore si è limitato a richiedere la sussistenza di un collegamento sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione, da un lato, e la misura o le «misure» di cui trattasi nella domanda di pagamento in causa, dall’altro, le cui definizioni normative proposte corrispondevano a quelle infine accolte all’articolo 9 del regolamento n. 1260/1999.

53

Pertanto, la formulazione letterale, il contesto regolamentare, l’obiettivo e la genesi delle disposizioni rilevanti indicano chiaramente che, per giustificare la dichiarazione di inammissibilità di pagamenti intermedi riguardo a una procedura d’infrazione in corso, è sufficiente che la Commissione dimostri che l’oggetto di tale procedura presenta un collegamento sufficientemente diretto con la «misura» cui si riferiscono le «operazioni» di cui alle domande di pagamento in questione.

54

Conseguentemente, da un lato, la Commissione poteva legittimamente fondare gli atti impugnati sulla seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 e, dall’altro, tenuto conto del potere ad essa in tal modo attribuito di rifiutare provvisoriamente pagamenti intermedi, non era tenuta a seguire la procedura prevista dalla prima ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, letto in combinato disposto con l’articolo 39, paragrafi 2 e 3, del medesimo regolamento. Non può essere pertanto addebitato alla Commissione di avere evitato tale procedura.

55

È quindi d’uopo verificare se, nella fattispecie, la Commissione abbia correttamente valutato la sussistenza di un collegamento sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 e quello della misura 1.7, da cui dipendevano le domande di pagamento dichiarate inammissibili.

Sull’applicazione alla fattispecie della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999

56

In primo luogo, nella fattispecie è pacifico che, nell’ambito della procedura d’infrazione 2007/2195, la Commissione ha inviato alle autorità italiane, il 29 giugno 2007, una lettera di costituzione in mora e, il 1o febbraio 2008, un parere motivato con cui addebitava loro una violazione degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12 per la mancata adozione, relativamente alla regione Campania, di tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti fossero smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, per non aver creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, successivamente al quale ha depositato, il 4 luglio 2008, un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte (v. punti da 8 a 11 supra e sentenza Commissione/Italia, punto 12 supra, punti 20 e segg.).

57

Si deve constatare che la Repubblica italiana non contesta che, nella fattispecie, la condizione di applicazione relativa all’esistenza di una «decisione della Commissione di avviare un procedimento d’infrazione in forza dell’articolo 226 [CE]», in virtù della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, fosse soddisfatta, né d’altronde la rilevanza della data, ossia il 29 giugno 2007, a partire dalla quale la Commissione ha dichiarato inammissibili le domande di pagamento in causa, elemento di cui si dà atto nel verbale dell’udienza. In ogni caso, considerato che gli atti impugnati erano stati tutti adottati dopo il deposito del ricorso per inadempimento, non occorre verificare quale fra le misure citate al punto 56 supra costituisca una «decisione della Commissione» a titolo della disposizione summenzionata.

58

In secondo luogo, relativamente alla pretesa violazione degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12 oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195, sia dalla sentenza Commissione/Italia, punto 12 supra (in particolare, punti 35, 36, 41, 76, 100 e 113, nonché punto 1 del dispositivo) sia dal ricorso per inadempimento della Commissione (punto 58, trattini quarto e quinto, e punti 82, 84, 86, 87 e 102) risulta chiaramente che detta procedura riguardava l’intero sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, inclusi quindi, da un lato, il recupero o raccolta e, dall’altro, l’inefficacia della raccolta differenziata, addebiti che la Repubblica italiana asserisce non esserle stati mossi (v. punti 36 e 37 supra). Riguardo più specificamente alla violazione dell’articolo 4 della direttiva 2006/12, occorre rilevare che, al punto 76 della sentenza Commissione/Italia, punto 12 supra, la Corte ha espressamente constatato che il basso tasso di raccolta differenziata dei rifiuti nella regione Campania, rispetto alla media nazionale e comunitaria, aveva ulteriormente aggravato la situazione, e, al punto 78 della citata sentenza, ne ha in particolare tratto la conclusione che gli impianti esistenti e in funzione in tale regione erano ben lontani dal soddisfare le esigenze reali in termini di smaltimento dei rifiuti. Ne deriva che, contrariamente a quanto fatto valere dalla Repubblica italiana, l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 comprendeva effettivamente l’insufficienza della raccolta differenziata come un elemento a monte che aggravava le carenze del sistema di gestione dei rifiuti nel complesso. Del pari, al punto 1 del dispositivo della sentenza Commissione/Italia, punto 12 supra, la Corte ha espressamente constatato, conformemente al primo capo delle conclusioni del ricorso della Commissione, un inadempimento della Repubblica italiana, segnatamente per non aver adottato tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente. È pertanto a torto che la Repubblica italiana pretende che il recupero e la raccolta differenziata fossero estranei all’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 e che non sussistesse un collegamento sufficientemente diretto fra detto oggetto e quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili. A tale riguardo è necessario osservare che la stessa Repubblica italiana ha riconosciuto, nella replica, che l’oggetto della procedura d’infrazione e quello delle domande di pagamenti intermedi in discussione si sovrapponevano, a tutto concedere, quanto al recupero, circostanza che l’ha indotta a dedurre, in via subordinata, un nuovo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità (v. punto 37 supra e punto 63 infra).

59

In terzo luogo, occorre rilevare che gli interventi previsti sulla base della misura 1.7, come esposti nella descrizione di tale misura nella versione modificata del PO Campania, oltre ad una serie di interventi a sostegno del recupero dei rifiuti in correlazione alla raccolta differenziata [paragrafo 5, lettere da e) a f), della descrizione della misura 1.7], includevano altresì interventi relativi ad aiuti per la creazione di un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani [paragrafo 5, lettera d), della descrizione della misura 1.7] e concernenti la realizzazione di discariche per lo smaltimento del rifiuto residuale in seguito alla raccolta differenziata [paragrafo 5, lettera b), della descrizione della misura 1.7]. Orbene, come è stato ricordato al punto 56 supra, la procedura d’infrazione 2007/2195 concerneva espressamente inadempimenti riguardanti sia il recupero che l’inefficacia della raccolta differenziata. Pertanto la Repubblica italiana non può legittimamente contestare alla Commissione la circostanza che l’oggetto della misura 1.7 e, di conseguenza, talune domande di pagamento dichiarate inammissibili non abbiano presentato un collegamento sufficiente con quello della procedura d’infrazione. Inoltre, anche se la Repubblica italiana non è stata in grado di spiegare adeguatamente se ed in quale misura le operazioni relative alle menzionate domande di pagamento erano specificamente collegate ad interventi previsti al paragrafo 5, lettere da b) a g), della descrizione della misura 1.7, essa ha non di meno riconosciuto che i pagamenti intermedi richiesti si proponevano precisamente di migliorare, in particolare, la raccolta differenziata a titolo del paragrafo 5, lettera d), della descrizione della misura 1.7.

60

La Repubblica italiana non può quindi sostenere che le operazioni oggetto delle domande di pagamento dichiarate inammissibili non fossero né specificamente interessate dalla procedura d’infrazione 2007/2195 né, in quanto tali, contrarie agli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12 e che gli atti impugnati rischiavano di compromettere l’obiettivo di finanziamento della misura 1.7 giacché i pagamenti richiesti avrebbero avuto appunto lo scopo di porre rimedio all’inadempimento addebitato. Come, infatti, è stato constatato ai punti da 43 a 54 supra, conformemente alla seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, è sufficiente che la Commissione stabilisca un collegamento sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione e quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili, ciò che essa ha fatto nel caso di specie indicando, in sostanza, che le azioni o operazioni oggetto delle domande di pagamento in questione erano dirette a raggiungere alcuni degli obiettivi o dei sotto-obiettivi previsti dalla misura 1.7 e che l’attuazione di tale misura era in discussione nella procedura d’infrazione 2007/2195. In particolare, a tale riguardo, la Commissione non era tenuta a dimostrare che il finanziamento delle operazioni di cui alla misura 1.7 e oggetto delle summenzionate domande di pagamento rischiasse effettivamente di incidere sul bilancio dell’Unione (v. punto 50 supra).

Conclusioni relative ai primi quattro motivi

61

Alla luce del complesso delle considerazioni precedenti, il primo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

62

Riguardo al secondo e al terzo motivo, relativi a una violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999, da un lato, e ad un travisamento dei fatti così come ad uno sviamento di potere, dall’altro, risulta sufficiente constatare che, alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 56 a 60 supra, la Repubblica italiana non ha dimostrato che la Commissione abbia scorrettamente interpretato, se non addirittura travisato, i fatti o che abbia utilizzato la procedura prevista dalla summenzionata disposizione per uno scopo diverso da quello considerato dai relativi criteri rilevanti, in particolare quelli considerati dalla seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999. In proposito risulta inoperante la censura formulata dalla Repubblica italiana secondo cui la Commissione avrebbe erroneamente incluso, nella valutazione alla base degli atti impugnati, la mancanza di un piano generale di gestione dei rifiuti (v. punto 38 supra). Tale mancanza è del resto stata ammessa dalla Commissione, che ne sottolinea il carattere trascurabile ai fini della soluzione della presente controversia. Siffatta censura, difatti, non è idonea a rimettere in discussione la dimostrazione da parte della Commissione della sussistenza di un collegamento sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 e quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili, giustificando detto collegamento di per sé l’applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999. Ciò considerato, non è possibile addebitare alla Commissione di avere tentato di raggiungere, nella fattispecie, un risultato che essa avrebbe potuto ottenere unicamente attivando o la procedura d’infrazione o la procedura di sospensione ex articolo 39, paragrafi 2 e 3, del medesimo regolamento.

63

Inoltre, in tale contesto, come giustamente affermato dalla Commissione, la Repubblica italiana non può essere autorizzata a dedurre, nella replica, un nuovo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità (v. punto 37 supra), poiché le condizioni eccezionali di cui all’articolo 48, paragrafo 2, primo comma, del regolamento di procedura manifestamente non ricorrono nella fattispecie. La Repubblica italiana, difatti, non adduce alcun elemento rilevante di fatto o di diritto emerso soltanto in corso di giudizio, considerato che tutti gli elementi sui quali la Commissione ha basato la propria difesa erano già presenti e noti a detto Stato al momento del procedimento amministrativo. Al riguardo, contrariamente a quanto fatto valere dalla Repubblica italiana in udienza, il mero modo in cui la Commissione ha presentato tali medesimi elementi di fatto e di diritto nell’ambito del suo controricorso non può giustificare una deroga alla citata disposizione, discendendone che tale nuovo motivo deve essere respinto in quanto inammissibile (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 ottobre 1999, Atlanta/Comunità europea, C-104/97 P, Racc. pag. I-6983, punto 29).

64

Di conseguenza il secondo e il terzo motivo, così come il nuovo motivo dedotto in subordine e relativo alla violazione del principio di proporzionalità, devono parimenti essere respinti.

65

Riguardo al quarto motivo, relativo alla violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, e dell’articolo 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999, nonché alla violazione del principio del contraddittorio e a uno sviamento di potere, dalle considerazioni esposte ai punti da 43 a 60 supra risulta che la prima di tali disposizioni costituiva una base normativa adeguata per l’adozione degli atti impugnati. Pertanto la Repubblica italiana non può addebitare alla Commissione uno sviamento della procedura di sospensione ex articolo 39, paragrafi 2 e 3, del medesimo regolamento, né di avere ignorato i diritti della difesa relativamente ai motivi controversi esposti e diretti all’inammissibilità delle domande di pagamenti intermedi, nella lettera del 31 marzo 2008, prima, e negli atti impugnati, poi. Come fatto valere dalla Commissione, da una lettura congiunta di detta lettera e degli atti impugnati risulta che talune delle preoccupazioni e riserve attinenti al piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania del 28 dicembre 2007, riportate nella lettera del 20 ottobre 2008 e sinteticamente ripetute nella lettera del 22 dicembre 2008, non costituivano, a differenza dei motivi di inammissibilità controversi, l’oggetto di una contestazione formale, né nell’ambito della procedura d’infrazione 2007/2195 né in quello della procedura di attuazione del PO Campania che ha condotto all’adozione degli atti impugnati. Non si può pertanto ritenere che gli atti impugnati siano inficiati da una violazione dei diritti della difesa della Repubblica italiana o da un altro vizio di forma o di sostanza che incida sulla loro legittimità laddove esprimono dette preoccupazioni e riserve.

66

Di conseguenza, anche il quarto motivo deve essere respinto.

Sul quinto motivo, relativo a un difetto di motivazione ex articolo 253 CE

67

Nell’ambito del presente motivo la Repubblica italiana lamenta, in sostanza, che la lettera del 22 dicembre 2008 sarebbe inficiata da una carenza di motivazione su punti di fatto essenziali, poiché la Commissione avrebbe omesso di rispondere in maniera adeguata alle osservazioni presentate dalle autorità italiane nella lettera del 9 giugno 2008. Difatti, la lettera del 22 dicembre 2008 non avrebbe tenuto conto della circostanza che i progetti collegati alla misura 1.7 avevano contribuito e avrebbero potuto contribuire in futuro alla soluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti, in quanto progetti volti a potenziare la raccolta differenziata e il recupero di materiali e di energia dai rifiuti così trattati. Orbene, tale aspetto avrebbe costituito un elemento essenziale del rapporto, addirittura della perfetta concordanza, fra l’oggetto e le finalità della procedura di infrazione, e l’oggetto e le finalità dei progetti compresi nella misura 1.7. Inoltre, dato che gli obiettivi e i progetti della misura 1.7 erano definiti in dettaglio nel PO Campania, la Commissione avrebbe dovuto basare la propria decisione su un adeguato esame al riguardo e spiegare perché riteneva che la situazione che aveva dato origine alla procedura di infrazione fosse di ostacolo all’efficace realizzazione della misura in parola.

68

La Commissione conclude per il rigetto del presente motivo.

69

In via preliminare è d’uopo ricordare che, nella lettera del 31 marzo 2008, non impugnata nell’ambito dei presenti ricorsi, la Commissione ha informato le autorità italiane delle conseguenze che intendeva trarre dalla procedura d’infrazione 2007/2195 sul finanziamento della misura 1.7 nell’ambito dell’attuazione del PO Campania (v. punto 13 supra). In detta lettera la Commissione ha fatto presente di non poter procedere, in applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999, «a pagamenti intermedi concernenti i rimborsi di spese relative alla misura 1.7» che «[avrebbe] per oggetto il “Sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti”, cui si riferisce la procedura di infrazione» in causa. Al riguardo la Commissione ha precisato che «[era] la gestione dei rifiuti in Campania nel suo complesso a risultare non soddisfacente con riferimento alla necessità di assicurare una corretta raccolta e smaltimento dei rifiuti, e quindi anche le azioni previste dalla Misura 1.7, che include azioni inerenti gli impianti di stoccaggio, trattamento e smaltimento rifiuti, gli impianti di valorizzazione frazione secca ed umida, la sistemazione finale di discariche, oltre che la raccolta differenziata (...), nonché i piani e programmi settoriali». La Commissione ha dunque concluso, in sostanza, che sarebbero state inammissibili domande di pagamento per spese relative alla misura 1.7 presentate successivamente al momento in cui la Regione Campania era venuta meno ai suoi obblighi in base alla direttiva 2006/12.

70

La Commissione ha fatto riferimento a detta motivazione (v. punti da 13 a 21 supra) in tutti gli atti impugnati, cosicché deve considerarsi che tale motivazione faccia parte integrante dei motivi degli atti in parola ai fini del controllo della loro legittimità, circostanza che le parti hanno riconosciuto in udienza e di cui è dato atto nel verbale d’udienza. Inoltre, nella lettera del 22 dicembre 2008, la Commissione ha fatto presente che la procedura d’infrazione 2007/2195 rimetteva in discussione l’intero sistema di gestione dei rifiuti in Campania alla luce degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12 per concluderne che non sussistevano «garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni cofinanziate dal FESR nell’ambito della misura 1.7, che, stante l’enunciato della misura stessa, afferi[va]no all’intero sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti, la cui efficacia e idoneità [erano] oggetto della procedura di infrazione» in parola.

71

Come riconosciuto da costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata, oppure se sia eventualmente inficiata da un vizio che permette di contestarne la validità, e di consentire al giudice dell’Unione di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla stessa. La portata di quest’obbligo dipende dalla natura dell’atto in questione e dal contesto nel quale è stato adottato. Considerata la circostanza che da una decisione della Commissione, adottata nell’ambito dell’attuazione del FESR e vertente sull’inammissibilità, provvisoria, di domande intermedie di pagamento, derivano conseguenze finanziarie negative sia per lo Stato membro richiedente che per i beneficiari finali di detti pagamenti, tale decisione deve fare apparire in forma chiara i motivi che giustificano la dichiarazione di inammissibilità (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 13 luglio 2011, Grecia/Commissione, T-81/09, non pubblicata nella Raccolta, punto 41; v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale del 17 settembre 2003, Stadtsportverband Neuss/Commissione, T-137/01, Racc. pag. II-3103, punti da 52 a 54). Tuttavia la motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione, degli obblighi imposti dall’articolo 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (sentenza della Corte del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C-89/08 P, Racc. pag. I-11245, punto 77).

72

Tenuto conto del fatto che la motivazione degli atti impugnati comprende quella riportata nella lettera del 31 marzo 2008, è sufficiente constatare che, alla luce di tale motivazione e dell’esposizione di tutti gli elementi rilevanti che giustificano l’applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, non soltanto la Repubblica italiana ha potuto contestare utilmente la legittimità nel merito degli atti impugnati, ma il Tribunale è del pari perfettamente in grado di svolgere il proprio controllo (v. punti da 42 a 66 supra). Inoltre, alla luce della giurisprudenza citata al punto 71 supra, la Commissione non era tenuta a rispondere espressamente, negli atti impugnati, a tutti gli argomenti riportati nella lettera della Repubblica italiana del 9 giugno 2008, nella misura in cui gli elementi essenziali a sostegno di tali atti vi erano sufficientemente illustrati. Quanto al contesto in cui gli atti impugnati sono stati adottati, occorre precisare che le autorità italiane, quali destinatarie della procedura d’infrazione 2007/2195, avevano contezza dell’oggetto della contestazione effettuata dalla Commissione ed erano pertanto in grado di procedere a un raffronto fra l’oggetto della misura 1.7, quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili e quello delle dichiarazioni di inammissibilità pronunciate negli atti impugnati, ragion per cui una motivazione più dettagliata di quella esposta in tali atti non risultava necessaria. In proposito è d’uopo precisare che il solo fatto che la Repubblica italiana abbia erroneamente considerato essenziali taluni elementi, quali l’asserita perfetta coincidenza fra l’oggetto delle domande di pagamento dichiarate inammissibili e quello della procedura d’infrazione (v. punti da 42 a 54 supra), punto che compete a una valutazione nel merito, non è idoneo a modificare la portata dell’obbligo formale di motivazione della Commissione.

73

Ne consegue che il quinto motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

Sul sesto e sul settimo motivo, dedotti nella causa T-308/09 e relativi, rispettivamente, alla violazione degli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999 e a quella dell’articolo 230 CE

74

Nell’ambito del sesto motivo la Repubblica italiana sostiene che il motivo aggiuntivo di inammissibilità dedotto dalla Commissione nella lettera del 20 maggio 2009 nei confronti della domanda di pagamento di cui trattasi, che sarebbe relativo a una situazione di litispendenza tenuto conto della pendenza della causa T-99/09, sarebbe contrario agli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999, che elencano in maniera tassativa le ipotesi nelle quali la Commissione è autorizzata a sospendere un pagamento intermedio e a dichiarare inammissibile una domanda di pagamento. In effetti, la presenza di un ricorso basato sull’articolo 230 CE e diretto verso misure analoghe già adottate dalla Commissione non compare fra tali ipotesi.

75

Nell’ambito del settimo motivo la Repubblica italiana lamenta che, nella misura in cui la Commissione rifiuta il pagamento intermedio per il fatto che pende un ricorso ex articolo 230 CE, la lettera del 20 maggio 2009 sia viziata inoltre da violazione proprio di tale medesima disposizione, costituendo quest’ultima un’espressione del fondamentale diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva da parte del giudice dell’Unione. L’atteggiamento della Commissione scoraggerebbe gli Stati membri dal proporre ricorsi avverso decisioni di rifiuto di domande di pagamento, tenuto conto del rischio di vedere i pagamenti intermedi sospesi nell’attesa della decisione da pronunciarsi nell’ambito del ricorso e, pertanto, sarebbe una limitazione inammissibile dell’esercizio del loro diritto a una tutela giurisdizionale.

76

La Commissione conclude per il rigetto di tali motivi.

77

Quanto al sesto motivo, relativo alla violazione degli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999, è sufficiente constatare che detto motivo è basato su di un’errata interpretazione della lettera del 20 maggio 2009, impugnata nella causa T-308/09, che deduce i medesimi motivi di inammissibilità esposti nelle lettere del 31 marzo e del 22 dicembre 2008. Difatti, come sostenuto dalla Commissione, il riferimento alla litispendenza nella causa connessa T-99/09 è soltanto una descrizione della situazione giuridica in questa fase del procedimento e non può essere inteso come un motivo di inammissibilità aggiuntivo, non previsto dagli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999. Agendo in tal modo la Commissione si è limitata ad attirare l’attenzione della Repubblica italiana sul fatto che, da un lato, l’esito del procedimento nella causa T-99/09, avente ad oggetto la legittimità dei medesimi motivi di inammissibilità, è necessariamente tale da incidere sull’esito di quello nella causa T-308/09 e che, dall’altro, essa continuerà a considerare le domande intermedie di pagamento in parola come inammissibili fino a che il giudice dell’Unione abbia statuito definitivamente in proposito.

78

Analogamente, riguardo al settimo motivo, relativo a una violazione dell’articolo 230 CE, è sufficiente rilevare che la Commissione non ha fatto riferimento all’articolo 230 CE per invocare un motivo di inammissibilità aggiuntivo in base agli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999 o per dissuadere la Repubblica italiana dal proporre un ricorso giurisdizionale, ma unicamente al fine di tenere conto dell’esistenza della causa connessa T-99/09 e della circostanza che il suo esito era tale da incidere su quello della causa T-308/09.

79

Di conseguenza il sesto e settimo motivo devono essere respinti in quanto manifestamente infondati.

80

Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, occorre respingere integralmente i presenti ricorsi.

Sulle spese

81

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

82

Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente in tutti i suoi motivi, va condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

I ricorsi sono respinti.

 

2)

La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

 

Azizi

Dehousse

Frimodt Nielsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 aprile 2013.

Firme

Indice

 

Fatti

 

Procedura di approvazione del sostegno al programma operativo «Campania»

 

Procedimento d’infrazione nei confronti della Repubblica italiana

 

Incidenza della procedura d’infrazione sull’attuazione del PO Campania

 

Procedimento e conclusioni delle parti

 

In diritto

 

Sintesi dei motivi dedotti nelle cause T-99/09 e T-308/09

 

Sulla pretesa violazione della seconda ipotesi dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999

 

Osservazioni preliminari

 

Sulla portata dei criteri d’applicazione della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999

 

Sull’applicazione alla fattispecie della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999

 

Conclusioni relative ai primi quattro motivi

 

Sul quinto motivo, relativo a un difetto di motivazione ex articolo 253 CE

 

Sul sesto e sul settimo motivo, dedotti nella causa T-308/09 e relativi, rispettivamente, alla violazione degli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999 e a quella dell’articolo 230 CE

 

Sulle spese


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.


Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nelle cause riunite T-99/09 e T-308/09,

Repubblica italiana, rappresentata da P. Gentili e, nella causa T-99/09, anche da G. Palmieri, avvocati dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da D. Recchia e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

convenuta,

vertenti su domande di annullamento delle decisioni contenute nelle lettere della Commissione del 22 dicembre 2008, del 2 e 6 febbraio 2009 (nn. 012480, 000841 e 001059 – causa T-99/09) e del 20 maggio 2009 (n. 004263 – causa T-308/99), le quali dichiaravano inammissibili, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, lettera f), del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1), le domande di pagamenti intermedi delle autorità italiane dirette ad ottenere il rimborso delle spese effettuate, dopo il 29 giugno 2007, relativamente alla misura 1.7 del programma operativo «Campania»,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da J. Azizi (relatore), presidente, F. Dehousse e S. Frimodt Nielsen, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 settembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

Fatti

Procedura di approvazione del sostegno al programma operativo «Campania»

1. Con decisione C (2000) 2347, dell’8 agosto 2000, la Commissione delle Comunità europee ha approvato il programma operativo «Campania» (in prosieguo: il «PO Campania»), che si integra nel quadro del sostegno per gli interventi strutturali comunitari nelle regioni interessate dall’obiettivo n. 1 in Italia. L’articolo 5 di tale decisione stabilisce come data di inizio e termine ultimo dell’ammissibilità delle spese, rispettivamente, il 5 ottobre 1999 e il 31 dicembre 2008. La menzionata decisione è stata successivamente modificata svariate volte.

2. Con lettera del 20 marzo 2001 il presidente della Regione Campania ha notificato alla Commissione un «complemento di programmazione definitivo».

3. Il 23 maggio 2006 la Commissione ha adottato la decisione C (2006) 2165, recante modifica della decisione C (2000) 2347, cui era allegata una versione modificata del PO Campania che descriveva la misura 1.7 di quest’ultimo (in prosieguo: la «misura 1.7»).

4. Il 22 aprile 2008 le autorità italiane hanno notificato alla Commissione una versione modificata del complemento di programmazione contenente una descrizione modificata della misura 1.7, che la Commissione ha approvato con lettera del 30 maggio 2008.

5. La Commissione ha da ultimo modificato la decisione C (2000) 2347 con la decisione C (2009) 1112 def., del 18 febbraio 2009, che ha esteso il periodo di ammissibilità delle spese fino al 30 giugno 2009.

6. La versione del PO Campania, quale notificata alla Commissione il 22 aprile 2008, descriveva gli interventi relativi alla misura 1.7, in particolare, come segue:

«a) Realizzazione di impianti di compostaggio di qualità e isole ecologiche

(…)

b) Interventi di realizzazione di discariche per lo smaltimento del rifiuto residuale rispetto alla raccolta differenziata, in condizioni di sicurezza, conformemente alle disposizioni del D.Lgs. 36/03 e di sistemazione finale e/o ripristino ambientale delle discariche autorizzate e non più attive, con particolare riferimento all’adeguamento delle stesse al D.Lgs. 36/03

Con tale azione verranno finanziati interventi di realizzazione di discariche per lo smaltimento del rifiuto residuale rispetto alla raccolta differenziata, in condizioni di sicurezza, conformemente alle disposizioni del D.Lgs. 36/03, interventi di sistemazione finale e/o ripristino ambientale delle discariche autorizzate e non più attive, previsti dalla pianificazione di settore, privilegiando, nel rispetto delle priorità del piano di gestione dei rifiuti, le discariche già esistenti e gli interventi di riqualificazione ambientale di aree mediante abbancamento di particolari tipologie di rifiuti residuali (...). Le discariche devono essere considerate esclusivamente a servizio del sistema integrato di gestione dei rifiuti.

(…)

c) Attivazione degli Ambiti Territoriali Ottimali e dei relativi piani di gestione e di trattamento (assistenza tecnica per la redazione di piani e programmi, acquisto di attrezzature tecniche e assistenza per il monitoraggio dei sistemi e lo sviluppo della conoscenza del settore, seminari di aggiornamento del personale, azioni di comunicazione e informazione)

(…)

d) Sostegno ai Comuni associati per la gestione del sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani

Con tale azione potrà essere finanziato l’acquisto, da parte dei Comuni associati e, con impegni giuridicamente vincolanti assunti entro il 31/12/2004, anche da parte del [commissariato delegato], nelle forme e modalità previste dal D.Lgs. 267/2000, delle attrezzature tecniche necessarie per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati e per l’allestimento di aree e punti di raccolta ad esse adibite (campane, composter, bidoni, automezzi per la raccolta, etc.), nell’ottica di assicurare l’effettiva cooperazione tra gli Enti Locali ricadenti in un medesimo ambito ottimale, nelle forme e nei modi previsti dalla normativa vigente.

(…)

e) Regime di aiuto alle imprese per l’adeguamento degli impianti destinati al recupero di materia derivata dai rifiuti (trattamento di inerti, autoveicoli, beni durevoli, ingombranti, compostaggio di qualità, recupero di materie plastiche) sulla base di strategie pubbliche mirate a implementare le attività di recupero e a migliorare gli standard di qualità

(…)

f) Attività su scala regionale, di coordinamento, logistica e supporto alle imprese di raccolta e recupero di rifiuti provenienti da particolari categorie produttive

L’azione promuove attività di supporto alle imprese produttrici di particolari categorie di rifiuti che altrimenti non potrebbero raggiungere economie di scala tali da permettere o agevolare il loro recupero in luogo del semplice smaltimento.

(…)

L’azione prevede, inoltre, la costituzione di un catasto-osservatorio con funzione di sistema di monitoraggio quali-quantitativo dei rifiuti, in coordinamento con gli interventi cofinanziati dalla misura 1.1 così come previsti dallo studio di fattibilità di cui alla DGR n. 1508, del 12.04.2002, e sue eventuali modifiche e integrazioni, nonché azioni di sensibilizzazione e di promozione della raccolta differenziata, del recupero e del riciclaggio. L’azione prevede la realizzazione di campagne di sensibilizzazione sulla raccolta differenziata, sul recupero e sul riciclaggio anche mirate alla facilitazione dei processi di attuazione dei piani regionali.

(…)

g) Regimi di aiuto alle imprese per la realizzazione di impianti destinati al recupero di materia da rifiuti provenienti da particolari categorie produttive e per la realizzazione di impianti di recupero energetico per quei rifiuti non altrimenti recuperabili

Obiettivo di tale azione è favorire lo sviluppo di attività industriali a valle della raccolta differenziata per la valorizzazione economica delle frazioni selezionate.

Con tale azione verrà finanziata la realizzazione di impianti destinati alle attività di recupero di rifiuti di cui agli artt. 31 e 33 del D.Lgs. 22/97. Nello specifico, verranno finanziate le attività di recupero disciplinate dall’Allegato l - Suballegato l del D.M. 5/02/98, ad esclusione delle categorie 14 (Rifiuti recuperabili da RU e da rifiuti speciali non pericolosi assimilati per la produzione di [combustibili di qualità derivati da rifiuti]), 16 (Rifiuti compostabili) e 17 (Rifiuti recuperabili con processi di pirolisi e gassificazione), e dall’Allegato I - Suballegato I del D.M. 12 giugno 2002 n. 161.

(…)».

7. Le azioni effettuate e destinate a migliorare e a promuovere il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti conformemente alla misura 1.7 hanno dato luogo a esborsi pari a EUR 93 268 731,59, il cui 50% – vale a dire EUR 46 634 365,80 – è stato cofinanziato dai fondi strutturali.

Procedimento d’infrazione nei confronti della Repubblica italiana

8. Nell’ambito di un procedimento d’infrazione avviato nei confronti della Repubblica italiana con il n. 2007/2195, la Commissione, il 29 giugno 2007, ha inviato alle autorità italiane una lettera di costituzione in mora con l’addebito di una violazione degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9), per non aver adottato, in relazione alla regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, per non aver creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento.

9. Il 23 ottobre 2007 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una lettera di costituzione in mora complementare, datata 17 ottobre 2007, diretta ad ampliare gli addebiti oggetto del procedimento d’infrazione. Detto ampliamento degli addebiti verteva su di un’asserita inefficacia del piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania adottato nel 1997 per raggiungere gli obiettivi di cui agli articoli 3, 4, 5 e 7 della direttiva 2006/12.

10. Stante l’approvazione, in data 28 dicembre 2007, di un nuovo piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania, la Commissione ha emesso il 1° febbraio 2008 un parere motivato relativo alle violazioni presunte soltanto degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12.

11. Con atto introduttivo registrato presso la cancelleria della Corte il 4 luglio 2008, con il numero di protocollo C-297/08, la Commissione ha proposto un ricorso ex articolo 226 CE e ha chiesto alla Corte di constatare che, non avendo adottato, in relazione alla regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati e smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, non avendo creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12.

12. Con sentenza del 4 marzo 2010, Commissione/Italia (C-297/08, Racc. pag. I-1749), la Corte ha accolto detto ricorso, constatando l’inadempimento della Repubblica italiana come richiesto dalla Commissione.

Incidenza della procedura d’infrazione sull’attuazione del PO Campania

13. Con lettera del 31 marzo 2008, protocollo n. 002477, la Commissione ha informato le autorità italiane delle conseguenze che intendeva trarre dal procedimento d’infrazione 2007/2195 di cui al punto 8 supra rispetto al finanziamento della misura 1.7 nell’ambito dell’attuazione del PO Campania. In considerazione dell’avvio di detto procedimento e del contenuto del parere motivato, la Commissione ha ritenuto di non poter ulteriormente «procedere a pagamenti intermedi concernenti i rimborsi di spese relative alla misura 1.7 del [PO] Campania», in base all’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1). Infatti, «la misura 1.7 del [PO] Campania (…) a[vrebbe] per oggetto il “Sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti”, cui si riferisce la procedura di infrazione, che rilev[erebbe] l’inefficacia nella messa in opera di una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento». Secondo la Commissione, sarebbe risultato che «[era] la gestione dei rifiuti nel suo complesso a risultare non soddisfacente con riferimento alla necessità di assicurare una corretta raccolta e smaltimento dei rifiuti, e quindi anche le azioni previste dalla misura 1.7, che include azioni inerenti agli impianti di stoccaggio, trattamento e smaltimento rifiuti, gli impianti di valorizzazione frazione secca ed umida, la sistemazione finale di discariche, oltre che la raccolta differenziata (...), nonché i piani e programmi settoriali». Essa ne ha concluso, in sostanza, l’inammissibilità delle domande di pagamento delle spese relative alla misura 1.7 presentate successivamente al momento in cui la regione Campania si sarebbe resa inadempiente rispetto agli obblighi a suo carico derivanti dalla direttiva 2006/12, che è entrata in vigore il 17 maggio 2006. La Commissione ha quindi chiesto alle autorità italiane di dedurre, a partire dalla successiva domanda di pagamento, tutte le spese afferenti alla misura 1.7 sostenute posteriormente al 17 maggio 2006, salvo qualora la Repubblica italiana avesse adottato le disposizioni necessarie per porre rimedio alla «situazione».

14. Con lettera del 9 giugno 2008, protocollo n. 0012819, le autorità italiane hanno contestato la valutazione della Commissione espressa nella lettera del 31 marzo 2008. Esse affermano che la dichiarazione di inammissibilità delle domande di pagamento relative alla misura 1.7 sarebbe sprovvista di fondamento giuridico. I criteri dell’articolo 32, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1260/1999 nel caso di specie non sarebbero soddisfatti. La Commissione non avrebbe «indicato alcuna specifica operazione in violazione del diritto comunitario ma si [sarebbe] limitata a richiamare una procedura d’infrazione nell’ambito della gestione dei rifiuti in modo assolutamente generico per cui non si comprende come la realizzazione della misura 1.7 del [PO] Campania comporti la violazione del diritto comunitario». La posizione della Commissione equivarrebbe dunque a sanzionare la Repubblica italiana in via «anticipata e automatica», prima che il procedimento d’infrazione sia stato condotto a termine nel pieno rispetto dei diritti della difesa e del principio del contraddittorio. Peraltro, la valutazione della Commissione sarebbe paradossale, in quanto gli interventi finanziati sulla base della misura 1.7 erano precisamente destinati a risolvere i problemi concernenti la raccolta ed il trattamento dei rifiuti in Campania e una sospensione del loro finanziamento non potrebbe che ritardare la soluzione della crisi attuale. Le autorità italiane hanno quindi invitato la Commissione a riconsiderare la posizione espressa nella lettera del 31 marzo 2008.

15. Con lettera del 20 ottobre 2008, avente ad oggetto la «valutazione ambientale strategica (VAS) sul piano di gestione dei rifiuti di Regione Campania», la Commissione ha manifestato alle autorità italiane le proprie preoccupazioni relativamente al piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania quale adottato il 28 dicembre 2007. In sostanza, la Commissione ha esortato dette autorità a provvedere all’aggiornamento di tale piano alla luce delle disposizioni legislative di recente adozione, nonché alla realizzazione di uno studio d’impatto strategico. Riguardo all’aggiornamento del piano in discussione, la Commissione ha chiesto l’inclusione di misure idonee a creare una gestione valida e sostenibile dei rifiuti, in grado di sostituire l’attuale gestione straordinaria. Infine, la Commissione ha ricordato che, a causa del procedimento d’infrazione 2007/2195 in corso, le domande di pagamenti intermedi relative alla misura 1.7 non sarebbero più state ammissibili.

16. Con lettera del 22 dicembre 2008, protocollo n. 012480 e avente ad oggetto «POR Campania 2000-2006 (CCI n. 1999 IT 16 1 PO 007) - Conseguenze della procedura di infrazione 2007/2195 sulla gestione dei rifiuti in Campania», la Commissione ha risposto alla lettera delle autorità italiane del 9 giugno 2008, ribadendo la posizione espressa nella lettera del 31 marzo 2008. L’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999 sarebbe la base giuridica pertinente nella fattispecie, poiché l’ammissibilità dei pagamenti intermedi è subordinata a svariate condizioni, fra cui «l’assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento di infrazione in forza dell’articolo 226 [CE]». La Commissione ha inoltre rilevato che la procedura d’infrazione 2007/2195 rimetteva in discussione l’intero sistema di gestione dei rifiuti in Campania alla luce degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12, ricordando parimenti le preoccupazioni e le riserve espresse mediante la lettera del 20 ottobre 2008. La Commissione ne ha concluso che non vi fossero «garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni cofinanziate dal FESR nell’ambito della misura 1.7, che, stante l’enunciato della misura stessa, afferi[va]no all’intero sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti, la cui efficacia e idoneità [erano] oggetto della procedura di infrazione» in parola. Infine, si precisava che la data a partire dalla quale la Commissione considerava inammissibili le spese relative alla misura 1.7 era il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006.

17. Con lettera del 2 febbraio 2009, protocollo n. 000841 e avente ad oggetto i «[p]agamenti della Commissione differenti dall’ammontare richiesto», la Commissione, richiamando le proprie lettere del 31 marzo e del 22 dicembre 2008, ha dichiarato inammissibile una domanda di pagamento delle autorità italiane del 18 novembre 2008 perché si riferiva a spese di importo pari ad EUR 12 700 931,62 sostenute nell’ambito della misura 1.7 successivamente al 17 maggio 2006 e relative ad azioni connesse alla procedura d’infrazione 2007/2195. La Commissione ha tuttavia precisato di aver notificato alla Repubblica italiana la decisione di avviare detta procedura d’infrazione il 29 giugno 2007. Pertanto, come fatto presente nella lettera del 22 dicembre 2008, la data a partire dalla quale la Commissione considerava inammissibili le spese relative alla misura 1.7 sarebbe stata il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006. Infine, qualora fosse risultato un «saldo positivo rispetto all’importo dei 12 700 931,62 [EUR]», la Commissione invitava le autorità italiane a tenerne conto nel quadro della successiva domanda di pagamento.

18. Il 14 gennaio 2009 le autorità italiane hanno presentato una nuova domanda di pagamento, segnatamente per un importo di EUR 18 544 968,76, a titolo di spese effettuate nell’ambito della misura 1.7.

19. Con lettera del 6 febbraio 2009, protocollo n. 001059 e avente ad oggetto l’«[i]nterruzione della domanda di pagamento e [la] richiesta [di] informazioni relative alle rettifiche finanziarie a norma dell’art. 39 del Reg. 1260/99», la Commissione ha ripetuto, come indicato ai punti 16 e 17 supra, che la data a partire dalla quale considerava inammissibili le spese effettuate nell’ambito della misura 1.7 era il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006. Qualora ne fosse risultata una «modifica rispetto all’importo di 18 544 968,76 [EUR]», la Commissione invitava le autorità italiane a correggere la domanda di pagamento in questione.

20. Con lettera del 20 maggio 2009, protocollo n. 004263 e avente ad oggetto i «[p]agamenti della Commissione differenti dall’ammontare richiesto», indirizzata alle autorità italiane, la Commissione ha riaffermato, con riferimento alle lettere del 31 marzo e del 22 dicembre 2008, che l’importo di EUR 18 544 968,76 afferente alle spese effettuate dopo il 17 maggio 2006 nell’ambito della misura 1.7 e relative al sistema regionale di gestione e smaltimento di rifiuti era inammissibile. In attesa dell’esito della causa T-99/09 pendente dinanzi al Tribunale la Commissione avrebbe decurtato tale importo dalla domanda di pagamento. Tuttavia, come già fatto presente nella lettera del 6 febbraio 2009, la data a partire dalla quale la Commissione considerava inammissibili le spese effettuate nell’ambito della misura 1.7 era il 29 giugno 2007 e non il 17 maggio 2006. Qualora ne fosse risultata una «modifica rispetto all’importo di 18 544 968,76 [EUR]», la Commissione invitava le autorità italiane ad indicarlo nella successiva domanda di pagamento intermedio.

21. Le lettere della Commissione del 22 dicembre 2008, del 2 e 6 febbraio 2009 nonché del 20 maggio 2009 (v. punti da 16 a 20 supra) saranno congiuntamente designate, in prosieguo, come gli «atti impugnati».

Procedimento e conclusioni delle parti

22. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 marzo 2009 la Repubblica italiana ha proposto il ricorso registrato con il numero di ruolo T-99/09 contro le decisioni contenute nelle lettere del 22 dicembre 2008, del 2 e del 6 febbraio 2009.

23. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 giugno 2009 la Repubblica italiana ha proposto il ricorso registrato con il numero di ruolo T-308/09 contro la decisione contenuta nella lettera del 20 maggio 2009.

24. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 25 agosto 2009 la Commissione ha chiesto la sospensione del procedimento nella causa T-308/09, ai sensi dell’articolo 77, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, in attesa della decisione definitiva del Tribunale nella causa T-99/09, nella quale la maggior parte dei motivi dedotti risulterebbero identici a quelli fatti valere nella causa T-308/09. In subordine, la Commissione ha chiesto che le cause T-99/09 e T-308/09 fossero riunite ai fini della fase orale del procedimento, ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

25. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 17 settembre 2009 la Repubblica italiana si è opposta alla domanda di sospensione, ma si è espressa a favore della riunione delle due cause ai fini della fase orale del procedimento.

26. Sulla base dei capi della domanda nelle cause T-99/09 e T-308/09 la Repubblica italiana conclude che il Tribunale voglia annullare gli atti impugnati.

27. Riguardo ai capi della domanda nelle cause T-99/09 e T-308/09 la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la Repubblica italiana alle spese.

28. Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

29. A causa dell’impedimento di un membro del collegio a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale ha designato un altro giudice per integrare la sezione, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

30. Nell’ambito di misure di organizzazione del procedimento ai sensi dell’articolo 64 del regolamento di procedura, il Tribunale ha chiesto alle parti di produrre taluni documenti e di rispondere per iscritto a quesiti. Le parti hanno ottemperato a tali misure di organizzazione del procedimento nei termini impartiti.

31. Le parti hanno svolto le loro allegazioni e risposto ai quesiti orali del Tribunale nel corso dell’udienza svoltasi il 12 settembre 2012. All’udienza, ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento di procedura, sentite le parti, il presidente ha disposto la riunione delle cause T-99/09 e T-308/09 ai fini della sentenza definitiva, circostanza messa agli atti nel verbale dell’udienza.

In diritto

Sintesi dei motivi dedotti nelle cause T-99/09 e T-308/09

32. Con il primo motivo, dedotto nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana contesta alla Commissione di aver violato l’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999. Con il secondo motivo, fatto valere nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana addebita alla Commissione di non avere considerato l’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999 e di avere snaturato i fatti. Con il terzo motivo, dedotto nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana lamenta una violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999 e uno sviamento di potere. Con il quarto motivo, invocato nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana ha fatto valere una violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, e dell’articolo 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999, una violazione del principio del contraddittorio nonché uno sviamento di potere. Con il quinto motivo, dedotto nelle cause T-99/09 e T-308/09, la Repubblica italiana lamenta la carenza di motivazione ai sensi dell’articolo 253 CE. Con il sesto motivo, fatto valere nella causa T-308/09, la Repubblica italiana addebita alla Commissione di avere violato gli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999. Con il settimo motivo, dedotto nella causa T-308/09, la Repubblica italiana lamenta una violazione dell’articolo 230 CE.

33. In considerazione dell’ampia coincidenza dei primi quattro motivi, in quanto basati sulla censura relativa alla circostanza che la Commissione non avrebbe correttamente tenuto conto dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, è d’uopo valutare detta censura in primo luogo.

Sulla pretesa violazione della seconda ipotesi dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999

Osservazioni preliminari

34. Nell’ambito del primo motivo la Repubblica italiana addebita alla Commissione di non aver correttamente considerato l’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, sul quale essa ha basato la propria prospettiva negli atti impugnati. Ai sensi della menzionata disposizione una domanda di pagamento può essere dichiarata inammissibile solamente in due ipotesi, fra le quali quella in cui la Commissione ha deciso di avviare un procedimento d’infrazione «riguardo alla misura o alle misure oggetto della domanda di cui trattasi» (in prosieguo: la «seconda ipotesi»). Pertanto, occorre che l’oggetto specifico della procedura di infrazione si identifichi precisamente con l’oggetto della domanda di pagamento. Ora, secondo la Repubblica italiana, alla luce delle definizioni delle nozioni di «misura» e di «operazione» quali risultano dall’articolo 9, lettere j) e k), del regolamento n. 1260/1999, una procedura di infrazione «riguarda» una «misura» quando la violazione del diritto dell’Unione denunciata dalla Commissione consiste proprio nell’avere adottato in un certo modo, ritenuto contrario al diritto dell’Unione, una determinata misura o nell’avere attuato la medesima attraverso operazioni non conformi ad essa o al diritto dell’Unione. Pertanto, una corretta applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, il cui obiettivo sarebbe di evitare che i fondi strutturali contribuiscano al finanziamento di azioni condotte in violazione del diritto dell’Unione, presupporrebbe d’identificare, innanzitutto, le misure e le operazioni oggetto della domanda di pagamento e di verificare, in seguito, se la loro messa in esecuzione costituisca oggetto di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione. Orbene, nel caso di specie, la Commissione avrebbe capovolto la logica di tale ottica.

35. Negli atti impugnati, contrariamente alle suesposte esigenze, la Commissione non avrebbe tenuto conto del rapporto specifico, se non dell’identità, fra l’oggetto della domanda di pagamento e quello dell’inadempimento denunciato. Siffatta valutazione troverebbe conferma nel riferimento generale, negli atti in questione, all’oggetto del parere motivato, nella fattispecie l’«intero sistema di gestione dei rifiuti», e a quello delle domande di pagamento, nella fattispecie «operazioni cofinanziate dal FESR (…) che (…) afferiscono all’intero sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti». Orbene, i pagamenti intermedi richiesti avrebbero avuto precisamente quale fine il miglioramento della raccolta differenziata e del recupero dei rifiuti, che sarebbero momenti oggettivamente e funzionalmente ben distinti dallo smaltimento generale in discarica dei rifiuti indifferenziati considerato nel procedimento di infrazione.

36. Nel contesto del secondo motivo la Repubblica italiana afferma che la causa con numero di ruolo C-297/08 riguardava, in sostanza, un’infrazione relativa al sistema di smaltimento dei rifiuti. Difatti, ai punti 86, 87 e 90 del suo ricorso per inadempimento, la Commissione avrebbe criticato la situazione dello smaltimento finale dei rifiuti che non potevano essere altrimenti smaltiti o riciclati perché mancavano le strutture necessarie (termovalorizzatori, discariche) per svolgere questa fase della «filiera» dei rifiuti in modo conforme alla direttiva 2006/12. Per contro, altre fasi di tale «filiera» e altre modalità di gestione dei rifiuti, diverse dallo smaltimento finale, quali le varie modalità di recupero dei rifiuti dopo la loro selezione tramite la raccolta differenziata, e l’organizzazione di quest’ultima, sarebbero state palesemente estranee all’oggetto specifico della procedura di infrazione, come risulta dai punti 48 e 49 del menzionato ricorso. Difatti, alla luce dell’adozione, il 28 dicembre 2007, di un nuovo piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania, la Commissione non avrebbe ritenuto opportuno proseguire con le censure formulate in proposito. Sennonché la misura 1.7, così come le operazioni, sotto forma di progetti, in essa incluse, si riferirebbero proprio alla fase del recupero dei rifiuti e della raccolta differenziata ad esso presupposta. In particolare, sarebbe errato ritenere che la lettera del 22 dicembre 2008 faccia riferimento al parere motivato del 1° febbraio 2008 e addebiti alla Repubblica italiana di avere violato la direttiva 2006/12 «non avendo stabilito una rete adeguata e integrata di impianti di smaltimento e non avendo istituito un piano di gestione dei rifiuti adeguato ed efficace finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di cui agli articoli 4 e 5 della [detta] direttiva», visto che la stessa Commissione avrebbe eliminato la censura relativa alla mancanza di un piano generale di gestione dei rifiuti, limitandosi a censurare l’inadeguatezza degli impianti di smaltimento finale.

37. Nella replica la Repubblica italiana contesta che l’oggetto della procedura d’infrazione e quello delle domande di pagamento coincidano obiettivamente, in quanto la presunta coincidenza riguarderebbe, a tutto concedere, il recupero, ma non la raccolta differenziata, dei rifiuti che è l’oggetto principale della misura 1.7. Conseguentemente gli atti impugnati sarebbero quantomeno «eccessivi», poiché hanno dichiarato integralmente inammissibili le domande di pagamento fondate su detta misura. A tale riguardo la Repubblica italiana propone, in via subordinata, un nuovo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità. Difatti sarebbe manifestamente sproporzionato dichiarare integralmente inammissibili i pagamenti relativi ad una misura concernente la raccolta differenziata, il compostaggio e il recupero dei rifiuti per il fatto che è stata iniziata una procedura di infrazione che riguarderebbe, a tutto concedere e marginalmente, il solo recupero. Secondo la Repubblica italiana, soprattutto, la procedura d’infrazione non avrebbe riguardato, in realtà, neppure il recupero dei rifiuti, poiché questo sarebbe stato menzionato solamente nelle «conclusioni» del parere motivato e in quelle del ricorso ex articolo 226 CE. Per contro, nelle motivazioni del parere motivato e del summenzionato ricorso non si parlerebbe mai del recupero ed apparrebbe palese che il solo oggetto della procedura di infrazione era lo smaltimento nelle discariche generali dei rifiuti indifferenziati. Infatti, dopo essere inizialmente comparso nell’oggetto della procedura d’infrazione, il recupero ne sarebbe stato definitivamente escluso per iniziativa della stessa Commissione.

38. Nell’ambito del terzo motivo la Repubblica italiana afferma, in sostanza, che nella lettera del 22 dicembre 2008 la Commissione ha tentato di integrare le proprie censure e di rafforzare l’argomento della presunta relazione di corrispondenza tra l’oggetto della procedura d’infrazione e l’oggetto delle domande di pagamento richiamando talune «preoccupazioni» espresse nella lettera del 20 ottobre 2008 relativamente al piano di gestione dei rifiuti della regione Campania del 28 dicembre 2007 e precisando, in particolare, che, in assenza di un piano regionale di gestione dei rifiuti adeguato, non sussisterebbero garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni co-finanziate dal FESR nell’ambito della misura 1.7. Tuttavia, nessuno di questi argomenti di critica al piano di gestione dei rifiuti della regione Campania del 28 dicembre 2007 avrebbe mai fatto parte dell’oggetto della procedura d’infrazione che si basava sulla situazione esistente alla data del 1° marzo 2008, mentre le disposizioni legislative in parola sarebbero state adottate il 23 maggio 2008. Al contrario, l’adozione di siffatto piano avrebbe determinato l’abbandono da parte della Commissione, in sede di ricorso per inadempimento, di ogni censura relativa alla pianificazione della gestione dei rifiuti, con particolare riferimento proprio ai profili della raccolta differenziata, del riciclaggio e del recupero. La Repubblica italiana ne conclude che la Commissione non poteva legittimamente dichiarare inammissibili talune domande di pagamento per i motivi dedotti e sulla base dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999, dal momento che questi non avevano condotto all’avvio di una procedura d’infrazione.

39. Nell’ambito del quarto motivo la Repubblica italiana fa valere, in sostanza, che la dichiarazione di inammissibilità delle domande di pagamento in quanto «non sussistono garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni co-finanziate dal FESR nell’ambito della misura 1.7» sarebbe contraria alla seconda ipotesi di cui all’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 e che essa avrebbe al più potuto essere adottata in applicazione della prima ipotesi formulata da questa disposizione, ossia la sospensione dei pagamenti ex articolo 39, paragrafo 2, del medesimo regolamento. Nella fattispecie, la Commissione avrebbe evitato la procedura in contraddittorio di cui all’articolo 39, paragrafo 2, del regolamento n. 1260/1999 per giungere al medesimo effetto di una sospensione disposta ai sensi della prima ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento citato. In tal modo essa avrebbe non soltanto violato tali disposizioni e il principio del contraddittorio a scapito della Repubblica italiana, cui non sarebbe stato consentito presentare le proprie osservazioni sulle ragioni della sospensione e raggiungere un accordo che portasse in tutto o in parte a superarle, ma avrebbe altresì evitato di introdurre la procedura prevista dall’articolo 39, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999, che l’avrebbe vincolata a prendere una decisione motivata definitiva entro tre mesi, pena la cessazione di diritto della sospensione dei pagamenti.

40. La Commissione contesta le argomentazioni della Repubblica italiana addotte complessivamente a sostegno di detti motivi.

41. Il Tribunale constata che i summenzionati motivi sono basati, in via principale, sul presupposto per cui la Commissione, nella fattispecie, non avrebbe tenuto correttamente conto dei criteri d’applicazione della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999. È pertanto d’uopo verificare, da un lato, se gli atti impugnati si fondino o meno su di una corretta interpretazione di tali criteri e, dall’altro, se la Commissione li abbia o meno adeguatamente applicati nel caso di specie.

Sulla portata dei criteri d’applicazione della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999

42. Al fine di esaminare nel merito le censure dedotte dalla Repubblica italiana nell’ambito dei motivi dal primo al quarto, occorre procedere ad un’interpretazione letterale, contestuale, teleologica e storica della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, considerata la circostanza che tale metodologia è stata riconosciuta da una giurisprudenza costante (v., per analogia, sentenze del Tribunale del 20 novembre 2002, Lagardère e Canal+/Commissione, T-251/00, Racc. pag. II-4825, punti da 72 a 83, e del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T-22/02 e T-23/02, Racc. pag. II-4065, punti da 41 a 60). La disposizione in parola prevede segnatamente quanto segue:

«I pagamenti intermedi sono effettuati da parte della Commissione per rimborsare le spese effettivamente sostenute a titolo dei Fondi e certificate dall’autorità di pagamento. Essi sono eseguiti per ogni singolo intervento e calcolati per le misure contenute nel piano di finanziamento del complemento di programmazione. Essi devono rispettare le seguenti condizioni:

(…)

f) assenza di sospensione di pagamenti, a norma dell’articolo 39, paragrafo 2, primo comma, e assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento d’infrazione in forza dell’articolo 226 [CE], riguardo alla misura o alle misure oggetto della domanda di cui trattasi.

Se una delle condizioni non è rispettata e la domanda di pagamento non è pertanto ammissibile, lo Stato membro e l’autorità di pagamento ne sono informati senza indugio dalla Commissione e adottano le disposizioni necessarie per porre rimedio alla situazione».

43. L’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1260/1999 autorizza dunque la Commissione a effettuare pagamenti intermedi per rimborsare le spese sostenute a titolo dei fondi che soddisfano le condizioni positive e negative di ammissibilità ivi precisate. Ai sensi della seconda frase della menzionata disposizione, detti pagamenti «sono eseguiti per ogni singolo intervento e calcolati per le misure contenute nel piano di finanziamento del complemento di programmazione». Inoltre, la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del medesimo regolamento prevede, come condizione negativa di ammissibilità, l’«assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento d’infrazione in forza dell’articolo 226 [CE], riguardo alla misura o alle misure oggetto della domanda [di rimborso/pagamento] di cui trattasi».

44. Quanto al contesto regolamentare in cui le disposizioni in parola si collocano, occorre rilevare che la portata della nozione di «misura» è ulteriormente chiarita dalla definizione normativa di cui all’articolo 9, lettera j), del regolamento n. 1260/1999, dal quale risulta che una siffatta misura costituisce «lo strumento tramite il quale un asse prioritario trova attuazione su un arco di tempo pluriennale e che consente il finanziamento delle operazioni». La nozione di «operazioni», dal canto suo, è definita all’articolo 9, lettera k), come «ogni progetto o azione realizzato dai beneficiari finali degli interventi». Infine, la nozione di «intervento», definita all’articolo 9, lettera e), concerne «le [varie] forme d’intervento dei Fondi».

45. Ne risulta che la nozione di «misura» assume una portata generale, collegata ad una priorità di strategia definita da un «asse prioritario», di cui essa costituisce lo strumento di attuazione su di una base pluriennale che consente di finanziare «operazioni». Siccome una pluralità di «operazioni» può essere riferita ad una siffatta «misura», quest’ultima nozione ha dunque una portata più ampia rispetto a quella di «operazione» che, dal canto suo, riflette progetti o azioni che possono beneficiare di un intervento dei fondi. Detta accezione della portata della nozione di «misura» corrisponde a quella che va attribuita al contenuto della misura 1.7, la quale, a sua volta, si riferisce a svariati interventi e operazioni diretti a raggiungere taluni obiettivi o sotto-obiettivi nell’ambito della realizzazione di un sistema di gestione dei rifiuti in Campania (v., in particolare, punto 6 supra).

46. Di conseguenza, al fine di poter concludere per l’inammissibilità di una domanda di pagamento, la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 impone di paragonare l’oggetto della procedura d’infrazione avviata dalla Commissione con quello «[della] o [delle] misure» – e non delle «operazioni» – «oggetto della domanda di cui trattasi». Pertanto non può essere accolto l’argomento della Repubblica italiana secondo cui sarebbe necessario porre a raffronto l’oggetto della procedura d’infrazione, se non le varie censure dedotte nel suo ambito, con le «operazioni» oggetto delle domande di pagamento dichiarate inammissibili. Del pari, è inconferente l’argomento secondo cui, tenuto conto della definizione normativa della nozione di «misura», la Commissione, nell’ambito di un raffronto del genere, dovrebbe necessariamente conoscere e includere nella propria valutazione le «operazioni» concrete coperte dalla «misura» in discussione. Difatti, la sola circostanza che una domanda di pagamento possa riferirsi a svariate operazioni concrete, realizzate nell’ambito di una misura (pluriennale), nella fattispecie la misura 1.7, non consente di interpretare contra legem la formulazione letterale chiara e precisa della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, nel senso che sarebbe necessario effettuare un paragone del genere rispetto all’oggetto di ognuna delle varie operazioni in quanto tali, piuttosto che rispetto alla «misura» e/o alle «misure» di cui trattasi. Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, l’espressione «riguardo alla misura (...) oggetto della domanda [di pagamento]», nelle altre versioni linguistiche di tale disposizione, non esprime nemmeno l’esigenza di un rapporto specifico o di una perfetta coincidenza, ma, tutt’al più, richiama un semplice rapporto con detta o dette misure o un riferimento generale a questa(e).

47. Peraltro, dal punto di vista contestuale, la valutazione effettuata supra è confermata sia dall’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, seconda frase, che dall’articolo 18, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento n. 1260/1999. Ai sensi del suddetto articolo 32, paragrafo 3, primo comma, seconda frase, i pagamenti intermedi – che devono essere erogati a fronte di una domanda di rimborso concreta – sono «calcolati per le misure contenute nel piano di finanziamento del complemento di programmazione» e non al livello delle «operazioni» afferenti alle citate misure. Siffatta interpretazione concorda con il principio secondo cui il piano di finanziamento indicativo, menzionato all’articolo 18, paragrafo 2, lettera c), del medesimo regolamento, che si riferisce agli «assi prioritari», può essere basato soltanto sulla descrizione delle misure in discussione, mentre le «operazioni» non devono soddisfare tale requisito. Infatti, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1260/1999, «[o]gni programma operativo comprende (…) la descrizione sintetica delle misure previste per attuare gli assi prioritari». Di conseguenza, se il legislatore non ha ritenuto necessario precisare ulteriormente la portata di tali «misure», che sono le sole che devono essere poste a raffronto con l’oggetto della procedura d’infrazione, in base alla seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, un simile requisito di precisione non è del pari necessario, a maggior ragione, relativamente alle varie «operazioni» comprese in una siffatta «misura». Infine, l’articolo 31, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1260/1999 non è idoneo a rimettere in discussione la menzionata valutazione, considerato che l’impegno di bilancio comunitario non è collegato alla nozione di «operazione», ma piuttosto a quella di «intervento», come risulta altresì dall’articolo 31, paragrafo 2, primo comma, del medesimo regolamento.

48. In tale contesto l’articolo 86, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento n. 1260/1999 (GU L 210, pag. 25), è privo di rilevanza. Detta nuova disposizione, che sostituisce la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, non ha effetto retroattivo e, pertanto, non è né applicabile al caso di specie né pertinente per la soluzione della presente controversia. Quindi, la condizione negativa di ammissibilità dei pagamenti in essa stabilita, ai sensi della quale «[c]iascun pagamento intermedio effettuato dalla Commissione è soggetto al rispetto [della condizione del]l’assenza di un parere motivato della Commissione per infrazione ai sensi dell’articolo 226 [CE], in relazione ad operazioni le cui spese sono dichiarate nella domanda di pagamento in questione», non può incidere sull’interpretazione della disposizione precedente. Peraltro, ad abundantiam, è d’uopo rilevare che, da un lato, detta nuova disposizione apporta una precisazione non prevista nella disposizione precedente, senza che la Commissione abbia fornito una motivazione su tale punto nella sua proposta iniziale del 14 luglio 2004 [COM(2004)492 def.], la quale è stata accolta, in sostanza, nella versione definitiva del regolamento, e che, dall’altro, il regolamento n. 1083/2006 ha completamente abbandonato la nozione di «misura», atteso che il suo articolo 2 si limita a definire le nozioni di «asse prioritario» («ciascuna delle priorità della strategia contenuta in un programma operativo comprendente un gruppo di operazioni connesse tra loro e aventi obiettivi specifici misurabili») e di «operazione» («un progetto o un gruppo di progetti (...) che consente il conseguimento degli scopi dell’asse prioritario a cui si riferisce»), così come il collegamento fra dette due nozioni. All’interno di questo nuovo ambito regolamentare la nozione di «operazione» sostituisce, quindi, al tempo stesso, sia quella di «misura» che quella di «operazione» ai sensi del precedente regolamento n. 1260/1999 ed è direttamente collegata a quella di «asse prioritario». Nelle suesposte condizioni la Repubblica italiana non può utilizzare il regolamento n. 1083/2006 per corroborare la sua tesi principale vertente sulla necessità di una coincidenza fra l’oggetto della procedura d’infrazione e le operazioni cui si riferiscono le domande di pagamento dichiarate inammissibili.

49. Pertanto, l’argomentazione della Repubblica italiana relativa alla sussistenza di un rapporto specifico fra l’oggetto della procedura d’infrazione e quello dell’operazione oggetto della domanda di pagamento deve essere respinta. A maggior ragione non può prosperare l’argomento per cui la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 richiederebbe una perfetta coincidenza o identità fra le operazioni, che si tratti di progetti o di azioni, costituenti l’oggetto delle domande di pagamento dichiarate inammissibili e le censure dedotte dalla Commissione nell’ambito della procedura d’infrazione 2007/2195. Ciò nondimeno, è senz’altro necessario che la Commissione stabilisca un nesso sufficientemente diretto fra la «misura» di cui trattasi, nella fattispecie la misura 1.7, da un lato, e l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195, dall’altro, requisito di cui le parti hanno infine riconosciuto la rilevanza in udienza.

50. Siffatte considerazioni corrispondono alla finalità delle pertinenti disposizioni del regolamento n. 1260/1999. Sebbene sia pur vero, come affermato dalla Repubblica italiana, che la seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 intende evitare che i fondi strutturali finanzino operazioni degli Stati membri in violazione del diritto dell’Unione, ciò nondimeno non ne risulta che il rischio concomitante di perdita inammissibile di fondi comunitari sia da imputarsi specificamente all’illegittimità o all’attuazione illegittima di operazioni (progetti o azioni) precise costituenti l’oggetto della domanda di pagamento, né che la Commissione sia tenuta a dimostrare che tale rischio risulti precisamente e direttamente da tali operazioni illegittime, contestate nell’ambito di una procedura d’infrazione. Una siffatta interpretazione restrittiva ridurrebbe difatti l’effetto utile delle disposizioni in questione, che attribuiscono alla Commissione, unicamente in via provvisoria, un potere di sospendere pagamenti a titolo di impegni finanziari dei fondi strutturali assunti nell’ambito di un programma operativo, qualora riscontri, da parte dello Stato membro beneficiario, una presunta infrazione al diritto dell’Unione che presenti un collegamento sufficientemente diretto con la misura oggetto del finanziamento considerato, fino al momento in cui la constatazione di siffatta infrazione sia confermata o respinta in modo definitivo mediante una sentenza della Corte.

51. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, tale valutazione non è rimessa in discussione neppure dalla prima ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, che prevede, analogamente, la possibilità per la Commissione di provocare una sospensione dei pagamenti intermedi attraverso lo strumento della procedura di sospensione a titolo dell’articolo 39, paragrafo 2, del medesimo regolamento, ossia al di fuori dell’ambito di una procedura d’infrazione. Infatti, a parte la circostanza che neanche quest’ultima disposizione concerne la nozione di «operazione», la prima ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 prevede, analogamente alla seconda ipotesi, che l’«assenza di sospensione di pagamenti» afferisca «alla misura o alle misure oggetto della domanda [di pagamento]». Detta prima ipotesi deve pertanto ricevere la medesima interpretazione di quella elaborata ai punti 43 e segg. supra, e non dimostra appunto che occorra stabilire un nesso specifico con talune «operazioni». Infine, dalla formulazione letterale delle due ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 risulta chiaramente che per la Commissione è sufficiente fare riferimento ad uno solo di tali due casi per potere rifiutare provvisoriamente un pagamento intermedio.

52. Dal punto di vista della genesi dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, occorre rilevare che la proposta legislativa presentata dalla Commissione e recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU 1998, C 176, pag. 1) conteneva un articolo 31, paragrafo 3, primo comma, lettera f), relativo a due ipotesi, la formulazione della seconda delle quali concerneva l’«assenza di decisione della Commissione di avviare un procedimento d’infrazione in forza dell’articolo 169 del trattato, relativ[a] all’intervento e alla misura di cui trattasi». Orbene, la soppressione ulteriore, nel corso dell’iter decisionale, del riferimento alla nozione più concreta di «intervento» dimostra a contrario che alla fine il legislatore si è limitato a richiedere la sussistenza di un collegamento sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione, da un lato, e la misura o le «misure» di cui trattasi nella domanda di pagamento in causa, dall’altro, le cui definizioni normative proposte corrispondevano a quelle infine accolte all’articolo 9 del regolamento n. 1260/1999.

53. Pertanto, la formulazione letterale, il contesto regolamentare, l’obiettivo e la genesi delle disposizioni rilevanti indicano chiaramente che, per giustificare la dichiarazione di inammissibilità di pagamenti intermedi riguardo a una procedura d’infrazione in corso, è sufficiente che la Commissione dimostri che l’oggetto di tale procedura presenta un collegamento sufficientemente diretto con la «misura» cui si riferiscono le «operazioni» di cui alle domande di pagamento in questione.

54. Conseguentemente, da un lato, la Commissione poteva legittimamente fondare gli atti impugnati sulla seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999 e, dall’altro, tenuto conto del potere ad essa in tal modo attribuito di rifiutare provvisoriamente pagamenti intermedi, non era tenuta a seguire la procedura prevista dalla prima ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, letto in combinato disposto con l’articolo 39, paragrafi 2 e 3, del medesimo regolamento. Non può essere pertanto addebitato alla Commissione di avere evitato tale procedura.

55. È quindi d’uopo verificare se, nella fattispecie, la Commissione abbia correttamente valutato la sussistenza di un collegamento sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 e quello della misura 1.7, da cui dipendevano le domande di pagamento dichiarate inammissibili.

Sull’applicazione alla fattispecie della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999

56. In primo luogo, nella fattispecie è pacifico che, nell’ambito della procedura d’infrazione 2007/2195, la Commissione ha inviato alle autorità italiane, il 29 giugno 2007, una lettera di costituzione in mora e, il 1° febbraio 2008, un parere motivato con cui addebitava loro una violazione degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12 per la mancata adozione, relativamente alla regione Campania, di tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti fossero smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, per non aver creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, successivamente al quale ha depositato, il 4 luglio 2008, un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte (v. punti da 8 a 11 supra e sentenza Commissione/Italia, punto 12 supra, punti 20 e segg.).

57. Si deve constatare che la Repubblica italiana non contesta che, nella fattispecie, la condizione di applicazione relativa all’esistenza di una «decisione della Commissione di avviare un procedimento d’infrazione in forza dell’articolo 226 [CE]», in virtù della seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, fosse soddisfatta, né d’altronde la rilevanza della data, ossia il 29 giugno 2007, a partire dalla quale la Commissione ha dichiarato inammissibili le domande di pagamento in causa, elemento di cui si dà atto nel verbale dell’udienza. In ogni caso, considerato che gli atti impugnati erano stati tutti adottati dopo il deposito del ricorso per inadempimento, non occorre verificare quale fra le misure citate al punto 56 supra costituisca una «decisione della Commissione» a titolo della disposizione summenzionata.

58. In secondo luogo, relativamente alla pretesa violazione degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12 oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195, sia dalla sentenza Commissione/Italia, punto 12 supra (in particolare, punti 35, 36, 41, 76, 100 e 113, nonché punto 1 del dispositivo) sia dal ricorso per inadempimento della Commissione (punto 58, trattini quarto e quinto, e punti 82, 84, 86, 87 e 102) risulta chiaramente che detta procedura riguardava l’intero sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, inclusi quindi, da un lato, il recupero o raccolta e, dall’altro, l’inefficacia della raccolta differenziata, addebiti che la Repubblica italiana asserisce non esserle stati mossi (v. punti 36 e 37 supra). Riguardo più specificamente alla violazione dell’articolo 4 della direttiva 2006/12, occorre rilevare che, al punto 76 della sentenza Commissione/Italia, punto 12 supra, la Corte ha espressamente constatato che il basso tasso di raccolta differenziata dei rifiuti nella regione Campania, rispetto alla media nazionale e comunitaria, aveva ulteriormente aggravato la situazione, e, al punto 78 della citata sentenza, ne ha in particolare tratto la conclusione che gli impianti esistenti e in funzione in tale regione erano ben lontani dal soddisfare le esigenze reali in termini di smaltimento dei rifiuti. Ne deriva che, contrariamente a quanto fatto valere dalla Repubblica italiana, l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 comprendeva effettivamente l’insufficienza della raccolta differenziata come un elemento a monte che aggravava le carenze del sistema di gestione dei rifiuti nel complesso. Del pari, al punto 1 del dispositivo della sentenza Commissione/Italia, punto 12 supra, la Corte ha espressamente constatato, conformemente al primo capo delle conclusioni del ricorso della Commissione, un inadempimento della Repubblica italiana, segnatamente per non aver adottato tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente. È pertanto a torto che la Repubblica italiana pretende che il recupero e la raccolta differenziata fossero estranei all’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 e che non sussistesse un collegamento sufficientemente diretto fra detto oggetto e quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili. A tale riguardo è necessario osservare che la stessa Repubblica italiana ha riconosciuto, nella replica, che l’oggetto della procedura d’infrazione e quello delle domande di pagamenti intermedi in discussione si sovrapponevano, a tutto concedere, quanto al recupero, circostanza che l’ha indotta a dedurre, in via subordinata, un nuovo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità (v. punto 37 supra e punto 63 infra).

59. In terzo luogo, occorre rilevare che gli interventi previsti sulla base della misura 1.7, come esposti nella descrizione di tale misura nella versione modificata del PO Campania, oltre ad una serie di interventi a sostegno del recupero dei rifiuti in correlazione alla raccolta differenziata [paragrafo 5, lettere da e) a f), della descrizione della misura 1.7], includevano altresì interventi relativi ad aiuti per la creazione di un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani [paragrafo 5, lettera d), della descrizione della misura 1.7] e concernenti la realizzazione di discariche per lo smaltimento del rifiuto residuale in seguito alla raccolta differenziata [paragrafo 5, lettera b), della descrizione della misura 1.7]. Orbene, come è stato ricordato al punto 56 supra, la procedura d’infrazione 2007/2195 concerneva espressamente inadempimenti riguardanti sia il recupero che l’inefficacia della raccolta differenziata. Pertanto la Repubblica italiana non può legittimamente contestare alla Commissione la circostanza che l’oggetto della misura 1.7 e, di conseguenza, talune domande di pagamento dichiarate inammissibili non abbiano presentato un collegamento sufficiente con quello della procedura d’infrazione. Inoltre, anche se la Repubblica italiana non è stata in grado di spiegare adeguatamente se ed in quale misura le operazioni relative alle menzionate domande di pagamento erano specificamente collegate ad interventi previsti al paragrafo 5, lettere da b) a g), della descrizione della misura 1.7, essa ha non di meno riconosciuto che i pagamenti intermedi richiesti si proponevano precisamente di migliorare, in particolare, la raccolta differenziata a titolo del paragrafo 5, lettera d), della descrizione della misura 1.7.

60. La Repubblica italiana non può quindi sostenere che le operazioni oggetto delle domande di pagamento dichiarate inammissibili non fossero né specificamente interessate dalla procedura d’infrazione 2007/2195 né, in quanto tali, contrarie agli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12 e che gli atti impugnati rischiavano di compromettere l’obiettivo di finanziamento della misura 1.7 giacché i pagamenti richiesti avrebbero avuto appunto lo scopo di porre rimedio all’inadempimento addebitato. Come, infatti, è stato constatato ai punti da 43 a 54 supra, conformemente alla seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, è sufficiente che la Commissione stabilisca un collegamento sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione e quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili, ciò che essa ha fatto nel caso di specie indicando, in sostanza, che le azioni o operazioni oggetto delle domande di pagamento in questione erano dirette a raggiungere alcuni degli obiettivi o dei sotto-obiettivi previsti dalla misura 1.7 e che l’attuazione di tale misura era in discussione nella procedura d’infrazione 2007/2195. In particolare, a tale riguardo, la Commissione non era tenuta a dimostrare che il finanziamento delle operazioni di cui alla misura 1.7 e oggetto delle summenzionate domande di pagamento rischiasse effettivamente di incidere sul bilancio dell’Unione (v. punto 50 supra).

Conclusioni relative ai primi quattro motivi

61. Alla luce del complesso delle considerazioni precedenti, il primo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

62. Riguardo al secondo e al terzo motivo, relativi a una violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999, da un lato, e ad un travisamento dei fatti così come ad uno sviamento di potere, dall’altro, risulta sufficiente constatare che, alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 56 a 60 supra, la Repubblica italiana non ha dimostrato che la Commissione abbia scorrettamente interpretato, se non addirittura travisato, i fatti o che abbia utilizzato la procedura prevista dalla summenzionata disposizione per uno scopo diverso da quello considerato dai relativi criteri rilevanti, in particolare quelli considerati dalla seconda ipotesi ex articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999. In proposito risulta inoperante la censura formulata dalla Repubblica italiana secondo cui la Commissione avrebbe erroneamente incluso, nella valutazione alla base degli atti impugnati, la mancanza di un piano generale di gestione dei rifiuti (v. punto 38 supra). Tale mancanza è del resto stata ammessa dalla Commissione, che ne sottolinea il carattere trascurabile ai fini della soluzione della presente controversia. Siffatta censura, difatti, non è idonea a rimettere in discussione la dimostrazione da parte della Commissione della sussistenza di un collegamento sufficientemente diretto fra l’oggetto della procedura d’infrazione 2007/2195 e quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili, giustificando detto collegamento di per sé l’applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, del regolamento n. 1260/1999. Ciò considerato, non è possibile addebitare alla Commissione di avere tentato di raggiungere, nella fattispecie, un risultato che essa avrebbe potuto ottenere unicamente attivando o la procedura d’infrazione o la procedura di sospensione ex articolo 39, paragrafi 2 e 3, del medesimo regolamento.

63. Inoltre, in tale contesto, come giustamente affermato dalla Commissione, la Repubblica italiana non può essere autorizzata a dedurre, nella replica, un nuovo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità (v. punto 37 supra), poiché le condizioni eccezionali di cui all’articolo 48, paragrafo 2, primo comma, del regolamento di procedura manifestamente non ricorrono nella fattispecie. La Repubblica italiana, difatti, non adduce alcun elemento rilevante di fatto o di diritto emerso soltanto in corso di giudizio, considerato che tutti gli elementi sui quali la Commissione ha basato la propria difesa erano già presenti e noti a detto Stato al momento del procedimento amministrativo. Al riguardo, contrariamente a quanto fatto valere dalla Repubblica italiana in udienza, il mero modo in cui la Commissione ha presentato tali medesimi elementi di fatto e di diritto nell’ambito del suo controricorso non può giustificare una deroga alla citata disposizione, discendendone che tale nuovo motivo deve essere respinto in quanto inammissibile (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 ottobre 1999, Atlanta/Comunità europea, C-104/97 P, Racc. pag. I-6983, punto 29).

64. Di conseguenza il secondo e il terzo motivo, così come il nuovo motivo dedotto in subordine e relativo alla violazione del principio di proporzionalità, devono parimenti essere respinti.

65. Riguardo al quarto motivo, relativo alla violazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), e secondo comma, e dell’articolo 39, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999, nonché alla violazione del principio del contraddittorio e a uno sviamento di potere, dalle considerazioni esposte ai punti da 43 a 60 supra risulta che la prima di tali disposizioni costituiva una base normativa adeguata per l’adozione degli atti impugnati. Pertanto la Repubblica italiana non può addebitare alla Commissione uno sviamento della procedura di sospensione ex articolo 39, paragrafi 2 e 3, del medesimo regolamento, né di avere ignorato i diritti della difesa relativamente ai motivi controversi esposti e diretti all’inammissibilità delle domande di pagamenti intermedi, nella lettera del 31 marzo 2008, prima, e negli atti impugnati, poi. Come fatto valere dalla Commissione, da una lettura congiunta di detta lettera e degli atti impugnati risulta che talune delle preoccupazioni e riserve attinenti al piano di gestione dei rifiuti per la regione Campania del 28 dicembre 2007, riportate nella lettera del 20 ottobre 2008 e sinteticamente ripetute nella lettera del 22 dicembre 2008, non costituivano, a differenza dei motivi di inammissibilità controversi, l’oggetto di una contestazione formale, né nell’ambito della procedura d’infrazione 2007/2195 né in quello della procedura di attuazione del PO Campania che ha condotto all’adozione degli atti impugnati. Non si può pertanto ritenere che gli atti impugnati siano inficiati da una violazione dei diritti della difesa della Repubblica italiana o da un altro vizio di forma o di sostanza che incida sulla loro legittimità laddove esprimono dette preoccupazioni e riserve.

66. Di conseguenza, anche il quarto motivo deve essere respinto.

Sul quinto motivo, relativo a un difetto di motivazione ex articolo 253 CE

67. Nell’ambito del presente motivo la Repubblica italiana lamenta, in sostanza, che la lettera del 22 dicembre 2008 sarebbe inficiata da una carenza di motivazione su punti di fatto essenziali, poiché la Commissione avrebbe omesso di rispondere in maniera adeguata alle osservazioni presentate dalle autorità italiane nella lettera del 9 giugno 2008. Difatti, la lettera del 22 dicembre 2008 non avrebbe tenuto conto della circostanza che i progetti collegati alla misura 1.7 avevano contribuito e avrebbero potuto contribuire in futuro alla soluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti, in quanto progetti volti a potenziare la raccolta differenziata e il recupero di materiali e di energia dai rifiuti così trattati. Orbene, tale aspetto avrebbe costituito un elemento essenziale del rapporto, addirittura della perfetta concordanza, fra l’oggetto e le finalità della procedura di infrazione, e l’oggetto e le finalità dei progetti compresi nella misura 1.7. Inoltre, dato che gli obiettivi e i progetti della misura 1.7 erano definiti in dettaglio nel PO Campania, la Commissione avrebbe dovuto basare la propria decisione su un adeguato esame al riguardo e spiegare perché riteneva che la situazione che aveva dato origine alla procedura di infrazione fosse di ostacolo all’efficace realizzazione della misura in parola.

68. La Commissione conclude per il rigetto del presente motivo.

69. In via preliminare è d’uopo ricordare che, nella lettera del 31 marzo 2008, non impugnata nell’ambito dei presenti ricorsi, la Commissione ha informato le autorità italiane delle conseguenze che intendeva trarre dalla procedura d’infrazione 2007/2195 sul finanziamento della misura 1.7 nell’ambito dell’attuazione del PO Campania (v. punto 13 supra). In detta lettera la Commissione ha fatto presente di non poter procedere, in applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 1260/1999, «a pagamenti intermedi concernenti i rimborsi di spese relative alla misura 1.7» che «[avrebbe] per oggetto il “Sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti”, cui si riferisce la procedura di infrazione» in causa. Al riguardo la Commissione ha precisato che «[era] la gestione dei rifiuti in Campania nel suo complesso a risultare non soddisfacente con riferimento alla necessità di assicurare una corretta raccolta e smaltimento dei rifiuti, e quindi anche le azioni previste dalla Misura 1.7, che include azioni inerenti gli impianti di stoccaggio, trattamento e smaltimento rifiuti, gli impianti di valorizzazione frazione secca ed umida, la sistemazione finale di discariche, oltre che la raccolta differenziata (...), nonché i piani e programmi settoriali». La Commissione ha dunque concluso, in sostanza, che sarebbero state inammissibili domande di pagamento per spese relative alla misura 1.7 presentate successivamente al momento in cui la Regione Campania era venuta meno ai suoi obblighi in base alla direttiva 2006/12.

70. La Commissione ha fatto riferimento a detta motivazione (v. punti da 13 a 21 supra) in tutti gli atti impugnati, cosicché deve considerarsi che tale motivazione faccia parte integrante dei motivi degli atti in parola ai fini del controllo della loro legittimità, circostanza che le parti hanno riconosciuto in udienza e di cui è dato atto nel verbale d’udienza. Inoltre, nella lettera del 22 dicembre 2008, la Commissione ha fatto presente che la procedura d’infrazione 2007/2195 rimetteva in discussione l’intero sistema di gestione dei rifiuti in Campania alla luce degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12 per concluderne che non sussistevano «garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni cofinanziate dal FESR nell’ambito della misura 1.7, che, stante l’enunciato della misura stessa, afferi[va]no all’intero sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti, la cui efficacia e idoneità [erano] oggetto della procedura di infrazione» in parola.

71. Come riconosciuto da costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata, oppure se sia eventualmente inficiata da un vizio che permette di contestarne la validità, e di consentire al giudice dell’Unione di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla stessa. La portata di quest’obbligo dipende dalla natura dell’atto in questione e dal contesto nel quale è stato adottato. Considerata la circostanza che da una decisione della Commissione, adottata nell’ambito dell’attuazione del FESR e vertente sull’inammissibilità, provvisoria, di domande intermedie di pagamento, derivano conseguenze finanziarie negative sia per lo Stato membro richiedente che per i beneficiari finali di detti pagamenti, tale decisione deve fare apparire in forma chiara i motivi che giustificano la dichiarazione di inammissibilità (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 13 luglio 2011, Grecia/Commissione, T-81/09, non pubblicata nella Raccolta, punto 41; v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale del 17 settembre 2003, Stadtsportverband Neuss/Commissione, T-137/01, Racc. pag. II-3103, punti da 52 a 54). Tuttavia la motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione, degli obblighi imposti dall’articolo 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (sentenza della Corte del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C-89/08 P, Racc. pag. I-11245, punto 77).

72. Tenuto conto del fatto che la motivazione degli atti impugnati comprende quella riportata nella lettera del 31 marzo 2008, è sufficiente constatare che, alla luce di tale motivazione e dell’esposizione di tutti gli elementi rilevanti che giustificano l’applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, primo comma, lettera f), del regolamento n. 1260/1999, non soltanto la Repubblica italiana ha potuto contestare utilmente la legittimità nel merito degli atti impugnati, ma il Tribunale è del pari perfettamente in grado di svolgere il proprio controllo (v. punti da 42 a 66 supra). Inoltre, alla luce della giurisprudenza citata al punto 71 supra, la Commissione non era tenuta a rispondere espressamente, negli atti impugnati, a tutti gli argomenti riportati nella lettera della Repubblica italiana del 9 giugno 2008, nella misura in cui gli elementi essenziali a sostegno di tali atti vi erano sufficientemente illustrati. Quanto al contesto in cui gli atti impugnati sono stati adottati, occorre precisare che le autorità italiane, quali destinatarie della procedura d’infrazione 2007/2195, avevano contezza dell’oggetto della contestazione effettuata dalla Commissione ed erano pertanto in grado di procedere a un raffronto fra l’oggetto della misura 1.7, quello delle domande di pagamento dichiarate inammissibili e quello delle dichiarazioni di inammissibilità pronunciate negli atti impugnati, ragion per cui una motivazione più dettagliata di quella esposta in tali atti non risultava necessaria. In proposito è d’uopo precisare che il solo fatto che la Repubblica italiana abbia erroneamente considerato essenziali taluni elementi, quali l’asserita perfetta coincidenza fra l’oggetto delle domande di pagamento dichiarate inammissibili e quello della procedura d’infrazione (v. punti da 42 a 54 supra), punto che compete a una valutazione nel merito, non è idoneo a modificare la portata dell’obbligo formale di motivazione della Commissione.

73. Ne consegue che il quinto motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

Sul sesto e sul settimo motivo, dedotti nella causa T-308/09 e relativi, rispettivamente, alla violazione degli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999 e a quella dell’articolo 230 CE

74. Nell’ambito del sesto motivo la Repubblica italiana sostiene che il motivo aggiuntivo di inammissibilità dedotto dalla Commissione nella lettera del 20 maggio 2009 nei confronti della domanda di pagamento di cui trattasi, che sarebbe relativo a una situazione di litispendenza tenuto conto della pendenza della causa T-99/09, sarebbe contrario agli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999, che elencano in maniera tassativa le ipotesi nelle quali la Commissione è autorizzata a sospendere un pagamento intermedio e a dichiarare inammissibile una domanda di pagamento. In effetti, la presenza di un ricorso basato sull’articolo 230 CE e diretto verso misure analoghe già adottate dalla Commissione non compare fra tali ipotesi.

75. Nell’ambito del settimo motivo la Repubblica italiana lamenta che, nella misura in cui la Commissione rifiuta il pagamento intermedio per il fatto che pende un ricorso ex articolo 230 CE, la lettera del 20 maggio 2009 sia viziata inoltre da violazione proprio di tale medesima disposizione, costituendo quest’ultima un’espressione del fondamentale diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva da parte del giudice dell’Unione. L’atteggiamento della Commissione scoraggerebbe gli Stati membri dal proporre ricorsi avverso decisioni di rifiuto di domande di pagamento, tenuto conto del rischio di vedere i pagamenti intermedi sospesi nell’attesa della decisione da pronunciarsi nell’ambito del ricorso e, pertanto, sarebbe una limitazione inammissibile dell’esercizio del loro diritto a una tutela giurisdizionale.

76. La Commissione conclude per il rigetto di tali motivi.

77. Quanto al sesto motivo, relativo alla violazione degli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999, è sufficiente constatare che detto motivo è basato su di un’errata interpretazione della lettera del 20 maggio 2009, impugnata nella causa T-308/09, che deduce i medesimi motivi di inammissibilità esposti nelle lettere del 31 marzo e del 22 dicembre 2008. Difatti, come sostenuto dalla Commissione, il riferimento alla litispendenza nella causa connessa T-99/09 è soltanto una descrizione della situazione giuridica in questa fase del procedimento e non può essere inteso come un motivo di inammissibilità aggiuntivo, non previsto dagli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999. Agendo in tal modo la Commissione si è limitata ad attirare l’attenzione della Repubblica italiana sul fatto che, da un lato, l’esito del procedimento nella causa T-99/09, avente ad oggetto la legittimità dei medesimi motivi di inammissibilità, è necessariamente tale da incidere sull’esito di quello nella causa T-308/09 e che, dall’altro, essa continuerà a considerare le domande intermedie di pagamento in parola come inammissibili fino a che il giudice dell’Unione abbia statuito definitivamente in proposito.

78. Analogamente, riguardo al settimo motivo, relativo a una violazione dell’articolo 230 CE, è sufficiente rilevare che la Commissione non ha fatto riferimento all’articolo 230 CE per invocare un motivo di inammissibilità aggiuntivo in base agli articoli 32 e 39 del regolamento n. 1260/1999 o per dissuadere la Repubblica italiana dal proporre un ricorso giurisdizionale, ma unicamente al fine di tenere conto dell’esistenza della causa connessa T-99/09 e della circostanza che il suo esito era tale da incidere su quello della causa T-308/09.

79. Di conseguenza il sesto e settimo motivo devono essere respinti in quanto manifestamente infondati.

80. Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, occorre respingere integralmente i presenti ricorsi.

Sulle spese

81. Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

82. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente in tutti i suoi motivi, va condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Dispositivo

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1) I ricorsi sono respinti.

2) La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.